Finale

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REDAZIONE

Direttore: Corrado Piroddi. Vicedirettore: Anna Maria Ricucci Redazione: Valeria Bizzari, Antonio Freddi, Giacomo Miranda, Teresa Paciariello, Lavinia Pesci, Corrado Piroddi, Anna Maria Ricucci, Timothy Tambassi. Collaboratori esterni: Marco Anzalone, Simona Bertolini, Mara Fornari, Donatella Gorreta, Federica Gregoratto, Francesco Mazzoli, Giovanna Maria Pileci, Marina Savi, Cristina Travanini. Direttore responsabile: Ferruccio Andolfi.


SOMMARIO

Figure dell’individualismo................................................................................................................................................p. 4 Immaginazione e identità di Silvano Allasia.............................................................................................................................................p. 5

Meditazioni filosofiche...................................................................................................................................................p. 12 Il problema del rapporto fenomenologico tra pre-delineazione e attesa percettiva di Roberto Sifanno........................................................p. 13

Cinema e filosofia............................................................................................................................................................p. 38 La forza persuasiva delle teorie del complotto di Roberta Martina Zagarella........................................................................................p. 39 Enemy di Sofia Bonicalzi................... ..................................................................................................................................................p. 45


Letteratura e filosofia...................................................................................................................................................p. 50 Giardini epicurei di Elisa Zimarri........................................................................................................................................................p. 51

Libri in discussione....................................................................................................................................................p. 56 La contradizion che sol consente di Alessandro De Cesaris...................................................................................................................p. 57 Il risveglio del riccio di Giulia Costi.........................................................................................................................................................p. 61 La critica come esercizio etico di libertĂ . Il dispositivo vittimario secondo D. Giglioli di Silvia Ferrari.......................................................p. 63



Figure dell’individualismo

IMMAGINAZIONE E IDENTITÀ

immaginaria, che ai suoi occhi appare «fittizia, coagulata, rallentata», asfittica, degradata1.

D

I

Una posizione analoga compare negli stessi anni negli scritti di

ell’immaginazione apprezziamo in genere la creatività, la libertà,

Simone

la capacità di conquistare una distanza rispetto al reale. Tuttavia

consolazione, ad un prezzo però molto elevato: gravare i soggetti di

si può dubitare della sua capacità di integrare in modo positivo la nostra

illusioni, impedendo loro di accettare la realtà, di vedere il mondo e loro

concezione del mondo e di noi stessi. L’immaginazione, infatti, può

stessi per quello che sono veramente2.

apparire una fuga, un espediente per non affrontare la realtà e per rifugiarci

in

una

dimensione

fantastica,

per

non

assumerci

responsabilità.

Weil,

che ritiene

l’immaginazione

capace

di portare

Tornando a Sartre, è curioso che nel saggio del 1940 il giudizio subisca un’improvvisa inversione e l'immaginazione, con un cambio di prospettiva davvero vertiginoso, venga tutt’a un tratto interpretata come

In uno scritto del 1940, tradotto in Italia con il titolo Immagine e

l’atteggiamento più adeguato per una coscienza che si vuole libera. Cosa

coscienza, Sartre sottolinea la miseria della coscienza che si rifugia

deve infatti accadere perché ci sia una produzione di immaginario? La

nell’immaginazione e insiste sulla povertà dell’oggetto immaginato

coscienza deve annullare la realtà e deve far sorgere, in luogo della

rispetto all’oggetto percepito: l’oggetto dell’immaginazione è costruito

realtà, l’oggetto immaginato. Ed è proprio in questo modo che la

dalla coscienza che immagina, che non può pertanto trovarvi nulla di

coscienza si dimostra libera, non vincolata al solo dato reale. È

nuovo, di inaspettato, nulla che le insegni qualcosa. Le cose stanno

significativo che nella sua conclusione Sartre insista sul fatto che

diversamente con l’oggetto della percezione, perché quest’ultimo non è

l’immaginazione non è una facoltà tra le altre della coscienza, ma è la

un costrutto della coscienza ed è pertanto imprevedibile, nuovo, ricco di

sua forma più propria: «l’immaginazione […] è la coscienza tutta intera

aspetti sconosciuti e quindi fonte inesauribile di conoscenza. Sartre

in quanto realizza la sua libertà». E aggiunge: agli occhi della coscienza,

arriva a sostenere che gli uomini vanno divisi in due grandi categorie, a

ogni situazione concreta dell’esistenza è sempre gravida di immaginario,

seconda che preferiscano condurre una vita reale o una vita

in quanto prevede molto più del dato reale3.

5


Quaderni della Ginestra

II

una distanza, un intervallo, rispetto al cieco procedere biologico

Proviamo a seguire Sartre su questa strada: la vita della coscienza

dell’esistenza e sono diventati quei particolari animali che non si

caratterizzata

dall’immaginazione,

l’uomo

come

“animale

limitano a nascere, vivere e morire, ma sulla nascita, sulla vita e sulla

immaginativo”. Definiamo innanzitutto che cosa sia l’immaginazione:

morte raccontano storie e così facendo riflettono su quelle esperienze e

tradizionalmente è stata identificata con l’attività capace di produrre,

conferiscono a quelle esperienze una serie di sensi e di significati. È in

conservare, riprodurre e combinare immagini, anche e soprattutto in

virtù di quel primo passo che noi possiamo chiederci, rispetto alla

assenza dell’oggetto della percezione. L’immaginazione è allora, in

nascita e alla morte, quali siano gli atteggiamenti umani più opportuni,

breve, la capacità di rendere presente ciò che è assente4, integrando il dato reale

se la riconoscenza o la ribellione6.

dell’esperienza immediata con qualcosa di ulteriore.

Ecco perché il reale – agli occhi della coscienza - è sempre “gravido

Gli uomini hanno iniziato assai presto a restituire la propria

di immaginario”, come scrive Sartre: perché noi ci avventuriamo nel

esperienza in immagini: l’animale che veniva cacciato durante il giorno è

mondo certo ponendo attenzione a ciò che abbiamo davanti nella

stato dipinto sulle pareti della caverna; l’episodio cruento che ha visto la

situazione concreta, ma subito strutturandolo, interpretandolo e

morte di un cacciatore è stato riprodotto con pigmenti sulla roccia5; più

cogliendolo alla luce di tutte le immagini della vita e del mondo che

tardi, la tormenta di neve che ha colpito il villaggio durante l’inverno è

abbiamo acquisito durante la nostra esperienza, lungo il processo di

stata messa in forma di racconto. Così facendo gli esseri umani hanno

educazione e di acculturazione. Possiamo cogliere qui l’importanza

introdotto una complicazione nella loro esistenza: hanno affiancato al

decisiva dell’immaginazione. Se essa è la capacità di rendere presente

mondo naturale un mondo culturale che si è via via popolato di figure,

l’assente trattenendo ciò che non c’è più, e quindi facendo tesoro

parole, racconti, teorie, istituzioni, un mondo che ha permesso loro di

dell’esperienza - non solo nostra, ma delle generazioni precedenti, nella

emanciparsi da una vita puramente irriflessa, spontanea. È in virtù di

misura in cui queste esperienze si sono sedimentate nella cultura; e

quei primi passi – dipingere l’animale, mettere in immagine la morte,

ancora: se l’immaginazione è la capacità di rendere presente l’assente

riprodurre il vissuto in un racconto – che gli uomini si sono garantiti

anticipando ciò che non è ancora, e quindi tutti i possibili sviluppi della 6


Figure dell’individualismo

situazione concreta in cui ci muoviamo, allora questo è esattamente il

produce una discontinuità nel continuum dell’esperienza e induce nel

modo che hanno gli uomini di stare nel mondo, popolandolo di

soggetto un’eccitazione che provoca un’emissione vocale, la quale poi si

significati, valori, aspettative, timori e superando il dato concreto con

traduce in “rappresentazione”, parola mitica (“mitica” perché indica la

una serie ulteriore di dimensioni “in immagine”.

divinità identificata con il fenomeno/evento). Il mondo dell’esperienza inizia così a perdere l’omogeneità precedente, grazie al linguaggio inizia

III

a strutturarsi in figure; dalla parola mitica emerge in seguito il linguaggio

Su come sia iniziata “la messa in immagine” dell’esperienza umana

non mitico, nascono quindi i concetti, e sui concetti si costruiscono in

nella dimensione della cultura abbiamo resoconti e ipotesi diverse.

seguito tutte le istituzioni della cultura umana: etica, politica, diritto,

Arnold Gehlen, filosofo e antropologo tedesco del secolo scorso, ritiene

filosofia, scienza, ecc.8.

gli uomini poveri di istinti, vale a dire carenti di risposte automatiche al

Queste posizioni appaiono oggi segnate da limiti gravi. La tesi di

mondo. Come reagiscono, allora, gli esseri umani agli stimoli ambientali,

Gehlen relativa alla carenza biologica dell’uomo è priva di conferme

che pure inducono in loro una spinta ad agire, uno stato di eccitazione?

empiriche – come può il sistema nervoso umano essere considerato un

Rispondono con un fare rappresentativo: mettono in immagine l’oggetto, il

insuccesso dal punto di vista dell’evoluzione? – ed è apparsa con buone

fenomeno, che ha prodotto lo stimolo7.

ragioni ai filosofi postumanisti come un tentativo estremo e disperato di

Un’altra suggestiva descrizione di come possono essere andate le

mantenere gli esseri umani al di fuori dell’ordine naturale anche dopo (e

cose è offerta da Ernst Cassirer e dalla sua filosofia delle forme

nonostante) Darwin9. La tesi di Cassirer relativa alla nascita del

simboliche.

quando

linguaggio trascura la dimensione intersoggettiva, oggi ritenuta decisiva:

nell’indifferenziato dell’esperienza si produce un punto, un episodio di

è dall’interazione sociale, dal confronto tra uomo e uomo, piuttosto che

particolare intensità verso il quale si proietta tutta l’attenzione del

dal confronto uomo-mondo, che sono emerse le lingue. Nonostante

soggetto: la scoperta di una fonte d’acqua, il cadere del fulmine, l’alzarsi

questi limiti, è comunque interessante e significativo che tanto Gehlen

improvviso del vento nel folto della foresta. L’intensità del momento

che

7

Egli

ritiene

che

il

linguaggio

emerga

Cassirer identifichino l’origine

della cultura in

un fare


Quaderni della Ginestra

rappresentativo che mette il mondo in immagine.

Ma cosa significa essere un animale che immagina? Significa muoversi in una realtà che al fianco degli oggetti fisici comprende tutte

IV

le componenti immaginifiche relative a questi oggetti. Significa muoversi

Comunque sia sorto questo modo particolare dell’animale uomo di

nel mondo alla luce di una serie vastissima di immagini del mondo e di

stare al mondo – attraverso la mediazione della cultura – è evidente che

noi stessi, che conferiscono al mondo, a noi e agli altri una serie di

l’immaginazione e i prodotti dell’immaginazione ne sono la componente

significati e in cui si incarnano valori, aspettative, speranze, possibilità,

fondamentale. Oggi siamo propensi a riconoscere che l’immaginazione

timori. Si delineano così strade e percorsi, aperti o sbarrati. È chiaro

non ha il suo campo d’azione soltanto nell’arte e nella letteratura, ma è

che in buona parte acquisiamo queste immagini inconsapevolmente,

altrettanto importante nell’etica, nella politica, nella scienza.

attraverso il processo di socializzazione e acculturazione. Manteniamo

Più in generale, possiamo affermare che il pensiero concettuale non

però un margine di libertà e autonomia, restiamo almeno in parte

sarebbe possibile senza il contributo dell’immaginazione. Aristotele

soggetti attivi, con la possibilità di accettare o rifiutare il patrimonio

riteneva che tra l’immagine generale che l’immaginazione ricava

culturale in cui siamo immersi, di contribuire alla sua trasformazione, di

dall’esperienza e il concetto prodotto dall’intuizione intellettuale vi fosse

proporre immagini e prospettive nuove rispetto a noi stessi, al mondo e

un

alle possibilità che nel mondo si dischiudono.

salto

logico

decisivo:

il

concetto

coglie

l’essenza,

che

all’immaginazione resta negata. Oggi parlare di intuizione intellettuale risulta piuttosto oscuro e la differenza tra immagine generale e concetto sfuma nelle nebbie. Scrive in proposito Maurizio Ferraris:

V Tra tutte le immagini con cui gli umani popolano il mondo, l’idea e l’immagine che ognuno ha e propone di se stesso – il senso di sé,

«La differenza tra immagine e concetto […], con un briciolo di

l’identità personale soggettivamente costruita – riveste un ruolo

analisi, risulta introvabile», così che «l’estetica è […] già sempre nella

particolare. Si tratta di un campo che inizia a delinearsi sin dalle

logica e la logica

nell’estetica»10.

primissime esperienze sensoriali ed emotive del bambino; cresce con 8


Figure dell’individualismo

l’apprendimento del linguaggio, quindi con la possibilità di indicare se

tuttavia, come abbiamo detto, il lavoro non è mai concluso e la

stessi mediante il nome proprio e il pronome “io”; in seguito matura

costruzione di un’immagine di noi con cui rapportarci positivamente – e

con la capacità di vedersi attraverso gli occhi degli altri e di integrare

da proporre ai nostri interlocutori con un minimo di orgoglio – è un

nella propria immagine lo sguardo dell’altro, vale a dire quei dati relativi

compito che ci accompagna sempre.

11

a noi stessi che gli altri ci rimandano . Il processo della costruzione del

Nella prima pagina di Benedizione13, romanzo dell’americano Kent

senso di sé e dell’identità muove quindi i primi difficili passi

Haruf recentemente scomparso, il protagonista Dad Lewis scopre in

nell’infanzia,

anni

uno studio medico che il tempo a sua disposizione sta finendo. È la sua

dell’adolescenza e della giovinezza, e continua poi per tutta la vita, dal

ultima estate. In casa, intontito dagli analgesici, riceve le visite dei vicini,

momento che la nostra identità è sempre soggetta a mutamenti.

del reverendo locale, dei conoscenti. Ma soprattutto pensa ad alcune

acquista

una

particolare

tensione

negli

La diaristica e la letteratura in genere offrono innumerevoli

figure e momenti della vita: il figlio omosessuale, che lui con i suoi modi

testimonianze di questo percorso, delle sue difficoltà e delle sue

bruschi ha allontanato dalla famiglia; un commesso del negozio che ha

conquiste. Scrive Claudio Pavone nell’introduzione a un libro di

licenziato dopo averlo sorpreso a rubare e che qualche tempo dopo si è

memorie relative agli anni nella guerra:

ucciso. Il ritorno della memoria su questi episodi è sollecitato dal rimorso, ma soprattutto dalla difficoltà di riconoscersi come autore di

«Si tratta di ricordi connotati […] da una particolare intensità dovuta

quei comportamenti: dalla difficoltà e al tempo stesso dalla necessità di

a quella ricerca insieme di se stessi e dei rapporti con gli altri che

integrarli nella propria storia, nella propria soggettività. Soggettività che,

caratterizza la giovinezza»12 .

nel profondo, rimane oscura a lui stesso: “Credi che io sia così?” chiede alla figlia; «Sì» risponde lei; «Be’. Non lo so. Non lo so proprio»14.

Sono parole semplici e precise, che mi sembra esprimano

Scrive Baudelaire: “Della vaporizzazione e della centralizzazione

meravigliosamente l’urgenza che il tema dell’identità assume nel

dell’Io. Tutto sta qui”15. Possiamo intendere queste parole come un

passaggio cruciale dall’adolescenza all’età adulta. Su questo terreno,

invito a disperdere e ricostituire continuamente chi siamo, sfuggendo a

9


Quaderni della Ginestra

ogni configurazione del sé che si pretenda definitiva.

proteiforme

e

diversificata,

di

conseguenza

il

libero

gioco

VI

dell’immaginazione ha accesso a una grande pluralità di modelli e stili di

Noi costruiamo la nostra identità nella relazione con l’altro: il

vita con i quali ampliare l’esperienza e «impollinare» il carattere dell’io.

bambino nel confronto con la madre, l’adulto con l’interlocutore che si

Senza considerare che nuovi apparati tecnologici rendono possibile

trova di fronte. In questo processo l’imitazione e l’immaginazione

giocare la propria identità su più tavoli: le comunità del web, i social

svolgono un ruolo fondamentale. Noi scopriamo negli altri e

network, le realtà virtuali17.

assumiamo dagli altri aspetti e caratteristiche che integrano la nostra

Bodei è propenso a valorizzare le possibilità aperte da questi scenari,

personalità, l’immagine di noi stessi che proponiamo 16. Nel contempo

ma è legittimo chiedersi se identità costruite in contesti tanto fluidi non

ci immaginiamo visti dagli altri e sottoponiamo a controllo il risultato

siano troppo sbilanciate sul fronte della dispersione e non rischino

via via ottenuto. Si tratta di un processo nel quale interiorità ed

pertanto di mancare di responsabilità e di non riuscire a sollecitare

esteriorità, familiarità ed estraneità, si alternano sulla scena cercando

nell’interlocutore la fiducia corrispondente (responsabilità e fiducia sono

ogni volta un equilibrio diverso. Je est un autre, scrive Rimbaud, ma al

due risorse che oggi appaiono tanto preziose quanto scarse e che quindi

tempo stesso – se dall’altro proviene la sollecitazione a trasformarmi -

tutti dovremmo cercare di incrementare18).

l’altro è io. A questo proposito, in un saggio recente dal titolo emblematico –

VII

Immaginare altre vite – Remo Bodei sottolinea le nuove condizioni nelle

Abbiamo definito l’immaginazione come la capacità di rendere

quali i soggetti costruiscono la propria vita: da un lato i modelli e i

presente l’assente. Ora, gli apparati tecnologici nei quali siamo immersi

vincoli tradizionali si dissolvono, dall’altro le figure a cui ispirarsi per

– web, sistema dei media – sembrano assolvere egregiamente questa

plasmare se stessi – in seguito alla globalizzazione, al web, all’integrarsi

funzione, sommergendoci di immagini, testimonianze, racconti, realtà

delle culture – si moltiplicano a dismisura. L’altro di fronte al quale

virtuali, giochi di ruolo e così via. Per concludere, possiamo chiederci se

diventiamo ciò che siamo si presenta come un’entità sempre più

in un orizzonte tanto saturo di immagini, di livelli ulteriori di realtà, resti 10


Figure dell’individualismo

ancora spazio all’immaginazione individuale o se per noi tutti non si prospetti altro ruolo che quello di fruitori passivi di immaginari costruiti altrove. Laura Boella osservava qualche anno fa che spesso, di fronte a fenomeni come la Shoah e l’attacco alle Torri gemelle, si è detto: «è accaduto ciò che non si poteva immaginare» (un’espressione che sorge spontanea davanti a molti sviluppi tecnologici). Ora che la realtà ha dunque superato l’immaginazione, sostiene Boella, soltanto un supplemento di immaginazione può ricondurci alla realtà «scavalcando l’ipertrofia di immagini, di riproduzioni, di simulazioni»19. Possiamo pensare a un movimento simile anche rispetto agli scenari dell’identità: un supplemento di immaginazione è necessario per emanciparci dagli apparati tecnologici che immaginano per noi, almeno per non esserne dei fruitori passivi, per cogliere quello che questi apparati non vedono, «per “vedere” di più, e altrimenti»20. Anche rispetto a noi stessi.

SILVANO ALLASIA J. P. Sartre, L’imaginaire. Psychologie phénoménologique de l’imagination, trad. italiana di Enzo Bottasso, Immagine e coscienza, Einaudi, Torino 1976, pp. 227-8. 2 Cfr. S. Cardini e P. Costa, Speranza, piani di vita e infanzie tradite, in Vite che cambiano, a cura di Ferruccio Andolfi, Diabasis, Parma 2015, p. 120. Anche Laura Boella ricorda 1

11

«l’aspra critica dell’immaginazione in Simone Weil, disseminata in tutti i Quaderni», Il coraggio dell’etica, Cortina, Milano 2012, p. 218, nota 42. 3 Sartre, Immagine e coscienza, cit., pp. 286-7. 4 Cfr., a titolo di esempio, la Enciclopedia filosofica Bompiani, vol. 8, p. 5524: “Immaginazione: termine costantemente associato, nella storia del pensiero, a quello di fantasia nel significato di facoltà o attività mentale che produce, conserva, riproduce, combina e crea immagini, anche in assenza degli oggetti percepiti”. 5 Vite che cambiano, p. 31; è qui riprodotto un graffito di Lascaux che viene considerato la prima raffigurazione della morte della storia umana. Per un commento a quella immagine confronta l’intervento in quel volume di Carlo Brosio. 6 È la questione affrontata da Ferruccio Andolfi in Gli estremi della vita: nascita e morte, in Vite che cambiano, cit. 7 La tesi di Gehlen è discussa da Roberto Escobar in Immaginazione e mondi possibili, in Vite che cambiano, cit. Vedi in particolare le pp. 103-5. 8 E. Cassirer, Linguaggio e mito, trad. di Vittorio Enzo Alfieri, Il Saggiatore, Milano 1961. 9 Cfr. in proposito R. Marchesini, Alla fonte di Epimeteo, Aut-aut nr. 361, 2014, pp. 48-9. 10 M. Ferraris, L’immaginazione, Il Mulino, Bologna 1996, p. 14. 11 Una descrizione analitica di questo percorso in G. L. Barbieri, Il laboratorio delle identità. Dire io nell’epoca di internet, Mimesis, Milano 2014. 12 C. Pavone, La mia resistenza, Donzelli, Roma 2015, p. 7. 13 K. Haruf, Benedizione, traduzione di Fabio Cremonesi, NN editore, Milano 2015. 14 Ibidem, p. 171. 15 C. Baudelaire, Il mio cuore messo a nudo, a cura di Diana Grange Fiori, Adelphi, Milano 1983, p. 51. 16 Suggestiva a questo proposito la tesi di Freud contenuta il L’Io e l’Es, in Opere, 9, Bollati-Boringhieri, 1980: l’Io costruisce la sua personalità assumendo i caratteri degli oggetti di cui l’Es si è via via innamorato e che poi ha dovuto abbandonare. 17 R. Bodei, Immaginare altre vite, Feltrinelli, Torino 2013. 18 Sui guasti che la mancanza di reciproca fiducia può generare in un contesto sociale specifico come la sanità, cfr. C. Flamigni – M. Mengarelli, Nelle mani del dottore?, Franco Angeli, 2014, soprattutto pp. 88-98. Sulle molteplici forme e figure della responsabilità, cfr. V. Franco, Responsabilità, Donzelli, Roma 2015. 19 L. Boella, Il coraggio dell’etica, Cortina, Milano 2012, p. 175. 20 Ancora Laura Boella, che cita Iris Murdoch, in Il coraggio dell’etica, cit. p. 185.


Meditazioni filosofiche


Meditazioni filosofiche

IL PROBLEMA DEL RAPPORTO FENOMENOLOGICO TRA PRE-DELINEAZIONE E ATTESA PERCETTIVA

1. Predelineazione e anticipazione

C

’è un concetto che nell’opera matura di Husserl emerge come centrale per definire lo sviluppo dell’esperienza percettiva nel suo

insieme: la predelineazione (Vorzeichnung). Per seguire l’emergere di questo «Ogni serio dubbio riguardo il carattere intenzionale della percezione, vale a dire

fenomeno bisogna partire da quella che è la caratteristica costitutiva

se essa può o non può, deve o non deve essere caratterizzata dal suo orientamento co-

dell’esperienza percettiva: la strutturale lateralità di ogni percezione

stitutivo verso un oggetto, non può evitare un confronto con la teoria della percezione

esterna. Ogni percezione esterna è costitutivamente laterale. Non esiste,

difesa dall’autore che ha dato nella filosofia della percezione del pensiero contempora-

infatti, nessuna manifestazione percettiva che consenta al soggetto di

neo, consacrazione ufficiale al concetto di intenzionalità: Husserl, ideatore della tra-

percepire la cosa per intero, da tutti i lati contemporaneamente. Husserl fa

dizione fenomenologica»

l’esempio della percezione di una sfera rossa. La percezione di una cosa spaziale come una sfera rossa lascia apparire la cosa solamente da un la-

Jocelyn Benoist, Sens et Sensibilité. L’intentionalité en contexte, Paris, Cerf

to, da una prospettiva, per esempio quella del lato anteriore. Tuttavia,

2009, p. 15.

afferma Husserl, «prima che il lato posteriore sia percepito, la percezione nel suo decorso vivente aveva una sua predelineazione intenzionale [intentionale Vorzeichnung] e rinvii orientati in modo determinato verso il rosso e lo sferico»1. In questo esempio, la predelineazione intenzionale è descritta come una caratteristica costitutiva della conoscenza percettiva e specificatamente come una capacità che la coscienza ha di anticipare la parte nascosta della cosa in connessione a una norma che cambia da oggetto a oggetto. Così, la predelineazioni intenzionali che possiamo attivare, poniamo,

13


Quaderni della Ginestra

in relazione al lato nascosto di un oggetto a forma sferica sono diverse

venga dopo quella che attualmente percepisco, e tuttavia il passaggio alla

rispetto alle predelineazioni che possiamo attivare in riferimento al lato

nuova lettera non è segnato da una indeterminatezza assoluta.

nascosto di un oggetto forma rettangolare o ad un oggetto a forma

«L’indeterminatezza – scrive Husserl – non è mai assoluta, una comple-

romboidale2 ecc. Nella struttura d’atto dell’intenzione predelineante

ta indeterminatezza, poiché la completa indeterminatezza è un nonsens,

(vorzeichnenden Intention) si inscrive, di volta in volta, una norma che di-

ma è una indeterminatezza delimitata [umgrenzte Unbestimmtheit] in questo

pende dal tipo di oggetto che andiamo a considerare.

o quel modo»3.

Ora, questo carattere predelineante della percezione non si manifesta

La coscienza non prosegue mai una percezione, per così dire, “alla

solamente in direzione della parte nascosta della cosa ma, secondo la fe-

cieca” ma la prosegue sempre secondo una indeterminatezza delimitata.

nomenologia, si manifesta anche in quelle percezioni che si sviluppano

Gli adombramenti percettivi che, di volta in volta, circondano l’atto di

esclusivamente all’interno della sola superficie visibile dell’oggetto. Poniamo

focalizzazione si manifestano in una indeterminatezza oggettualmente delimi-

di stare percependo la tastiera di un computer. In una percezione di

tata che concerne la loro forma, colore e posizione spaziale. E questo

questo tipo è impossibile per il soggetto focalizzare contemporanea-

perché negli atti di focalizzazione (in una progressione di atti percettivi)

mente nel dettaglio tutte le lettere della tastiera. Una percezione di que-

la predelineazione può contare sull’apporto delle apprensioni di sfondo

sto tipo si articolerà necessariamente in una serie di atti di focalizzazione

(Hintergrundauffassungen) che, trattenendo oggettualmente gli adom-

che progressivamente sveleranno le fattezze oggettuali dei vari tasti che

bramenti percettivi che circondano l’atto di focalizzazione, rendono più

compongono la tastiera. Ebbene, questo spostamento progressivo della foca-

efficace la capacità predelineante dell’intenzione4.

lizzazione da tasto a tasto non è – secondo la fenomenologia – un pas-

Ora, il fatto che la percezione sia strutturalmente predelineante non signi-

saggio segnato da una tendenza cieca. La manifestazione percettiva in

fica che tutto nel «campo percettivo [Wahrnehmungsfelde]»5 sia predelinea-

cui di volta in volta trasloca l’atto di focalizzazione è, infatti, direbbe

to. Ciò che il soggetto percipiente predelinea di volta in volta è infatti

Husserl, predelineata prima che questa sia effettivamente appresa nel detta-

solamente un piccolo tratto dell’orizzonte che si allaccia all’atto percetti-

glio. Non so esattamente quale lettera della tastiera (se una T, una Y ecc.)

vo. Come afferma Piana «nel percepire andiamo un poco oltre ciò che 14


Meditazioni filosofiche

vediamo»6. Ovverosia, il soggetto percipiente è leggermente in anticipo su

lineare il lato posteriore di un libro come rettangolarmente blu sarebbe

ciò che sta per percepire «mentre il restante orizzonte permane in una

equivalente a dire che io mi aspetto che, ad una successiva percezione,

morta potenzialità»7. Quanto a dire che l’orizzonte che continuamente si

questo apparirà come rettangolarmente blu. Lo stesso dicasi per quanto

allaccia all’orizzonte predelineato non è a sua volta predelineato8. Così, scri-

riguarda l’intenzione predelineante che si sviluppa all’interno del solo

ve Husserl, «dovremmo distinguere da un lato l’attuale orizzonte vuoto

lato visibile della cosa. In una serie coordinata di riempimenti che svela-

che è predelineato dal processo decorso e che, insieme a questa predeli-

no progressivamente le determinatezze oggettuali di una tastiera il pas-

neazione, è connesso alla fase percettiva attuale, dall’altro un orizzonte

saggio da tasto a tasto sarebbe segnato da un’intenzione d’attesa (io mi

di possibilità vuote prive di predelineazione»9.

aspetto di percepire un altro tasto…). Scrive Husserl:

Ciò che cade al di fuori del raggio attenzionale dell’intenzione predelineante è dunque da considerarsi come un orizzonte attualmente inattivo.

«Se in una percezione la serie delle manifestazioni decorre nella sua

Considerando l’intero campo percettivo bisogna quindi rilevare che la

unità continua, ciò determina già il primo accenno di mutamento, per

predelineazione ha sempre un raggio d’azione limitato poiché coincide

così dire il differenziale del movimento, la “direzione” del decorso, e

con l’azione dell’intenzione percettiva in primo piano. La predelineazione

con ciò è dato un sistema di intenzioni che si pongono e si riempiono

è la modalità di articolazione dell’intenzione percettiva. «Una predeli-

continuamente. Esse, nella percezione normale, sono intenzioni d’attesa

neazione – scrive Husserl – che prescrive una regola al passaggio verso

[Erwartungsintentionen]. (La serie delle manifestazioni è dominata da una

nuove manifestazioni attualizzanti»10.

certa teleologia). Ogni fase rimanda alla seguente»11.

Nasce però un problema concettuale nell’interpretazione fenomenologica dell’intenzione predelineante. In molti testi fondamentali per la teoria

Una tale affermazione è senza dubbio falsa. È vero che in una serie

fenomenologica della percezione (come La Cosa e lo Spazio, Lezioni sulla

continuata di focalizzazioni «ogni fase rimanda alla seguente» ma ciò

Sintesi Passiva, Filosofia Prima) Husserl equipara l’intenzione predelineante

non può essere in alcun modo essere interpretato come un’attesa percetti-

ad un’intenzione d’attesa (Erwartungsintention). Così, per esempio, prede-

va. L’intenzione predelineante non è sinonimo di un’intenzione d’attesa. Predeli-

15


Quaderni della Ginestra

neare il lato nascosto della cosa non vuol dire che io sia in attesa di per-

di utilizzare (a partire dal 1907 circa) un concetto allargato di attesa da usare

cepire questo lato mancante. Lo stesso dicasi per una percezione che si

in senso ampio. Tuttavia il problema è che parlando di un’attesa che non è

sviluppa esclusivamente all’interno della sulla superficie visibile della co-

un’attesa si rischia, come vedremo, di generare una serie di fraintendi-

sa. Nel passaggio dalla focalizzazione di un tasto all’altra non significa

menti di natura concettuale.

che io sia in attesa di percepire un’altra determinazione oggettuale della

Ora, se in molti testi fondamentali per la teoria fenomenologica della

cosa. Può sicuramente capitare che, in alcune situazioni percettive, il

percezione come La Cosa e lo Spazio, Lezioni sulla Sintesi Passiva, Filosofia

soggetto sia in questa modalità intenzionale. Ma questo non vuol dire

Prima, Husserl tende ad associare questi due fenomeni, nelle Ricerche Lo-

che necessariamente la predelineazione debba assumere la forma di

giche, invece, si trova un passo in cui egli sembrerebbe intenzionato a disso-

un’attesa percettiva. Perché allora Husserl associa la predelineazione

ciarli concettualmente. Husserl fa l’esempio della percezione di un tap-

all’attesa percettiva?

peto e scrive:

La scelta è motivata dal fatto di voler utilizzare il concetto di «attesa» anche in una modalità passiva. Cioè quando Husserl usa come sinonimi i

«L’intenzione non è un’aspettazione, ad essa non è essenziale un

concetti di predelineazione e attesa lo fa perché a suo modo di vedere in

orientamento verso qualcosa che deve intervenire in futuro. Quando

un’accezione passiva il fenomeno dell’attesa coincide con il fenomeno

vedo un disegno incompleto, ad esempio, quello di questo tappeto che è

della predelineazione12. Non sembra infatti del tutto insensato affermare

parzialmente ricoperto di mobilia, la parte che io vedo è per così dire af-

che intenzionare il lato nascosto di una cosa come sfericamente rosso sia come dire che io mi aspetto che ad una successiva percezione esso sarà sfericamente rosso. L’unico problema è che in questo caso il fenomeno dell’attesa è assunto in un senso metaforico e non significa che il sog-

fetta da intenzioni che rinviano a certe integrazioni (noi sentiamo, in certo senso, che le linee e le forme colorate proseguono nel ‘senso’ di ciò che si vede); ma non aspettiamo nulla. Ci potrebbe essere un’aspettazione, se ci si ripromettesse di vedere di più compiendo un movimento [Bewegung].»13

getto sia effettivamente in attesa. Malgrado ciò Husserl però deciderà di utilizzare predelineazione e attesa come sinonimi. Husserl deciderà cioè 16


Meditazioni filosofiche

Atteniamoci per il momento a quella che è l’evidenza fenomenologi-

ta a emettere un atto di predelineazione verso la metà mancante così

ca dell’esempio proposto da Husserl. Ebbene, da questo punto di vista,

come essa lo sarebbe se ad essere percepito fosse la metà di un volto. La

va detto subito che questo esempio deve essere valutato alla luce di due

metà di un quadrato potrebbe infatti benissimo essere scambiata come

distinte casistiche di esperienze percettive. Nella prima casistica che an-

una forma rettangolare completa – cioè essere una percezione piena che

diamo considerare rientrano tutte quelle esperienze in cui nella perce-

per valere come tale non necessita per forza di un’integrazione. In que-

zione di qualcosa sono presenti alcune manifestazioni percettive che sol-

sto caso si potrebbe essere sollecitati ad mettere un atto di predelinea-

lecitano la coscienza a emettere un atto di predelineazione. Poniamo, per

zione solamente nel caso in cui l’osservatore dovesse accorgersi che ciò

esempio, che la metà percepita del disegno sia la metà di un volto. È

che sta percependo è incompleto. È possibile allora che, nel caso della

chiaro che, in questo caso, la predelineazione verso la metà mancante

percezione della metà del quadrato, l’interesse si plachi alla vista di una sola

del disegno diventa quasi un atto automatico. Il fatto di percepire solo

metà del disegno e che ciò che si percepisca sia una forma rettangolare

una metà del volto fa scattare nell’intenzione una richiesta pendente di

compiuta. L’interesse placato può agire in questo come un punto di chiu-

riempimento, ovvero una predelineazione. Percepire un volto a metà si-

sura della percezione. Non è che siccome il disegno è in se stesso incompleto

gnifica che l’intenzione è indotta a emettere un atto di completamento

allora il soggetto percipiente debba necessariamente emettere un atto di

verso la metà mancante. Quanto a dire che ci sono delle manifestazioni

integrazione, ovvero di predelineazione.

percettive proprie di particolari forme incomplete di oggetto in cui la

Ora, l’esempio di Husserl deve essere correttamente inquadrato alla

coscienza è “gestalticamente indotta” a emettere un atto di predelineazio-

luce della prima casistica di esperienze percettive. Ne è la prova il fatto

ne.

che Husserl dice che la coscienza percettiva in questo caso sente «che le Nella seconda casistica, invece, non è presente questo richiamo au-

linee e le forme colorate proseguono nel ‘senso’ di ciò che si vede». Eb-

tomatico ad integrare la parte mancante dell’oggetto. Poniamo che la

bene, questa sensazione di «proseguimento» del disegno oltre la metà

parte percepita del disegno sia la metà di un quadrato. Ora, alla vista di

percepita non può che essere identificata con una predelineazione. Una

una sola metà del quadrato la coscienza non è necessariamente sollecita-

predelineazione che non è certamente un atto di anticipazione comple-

17


Quaderni della Ginestra

tamente dispiegato bensì una sorta di tendenza gestaltica, ovverosia un prin-

debba essere una, anche minima, forma di attesa. Predelineare la parte

cipio di predelineazione (il che non significa, come abbiamo detto, una prede-

mancante del disegno non significa necessariamente che io stia aspettando

lineazione di principio). L’intenzione, dice così Husserl, è «affetta da certe

di vedere questa metà mancante. L’attesa è un atto intenzionale assolu-

integrazioni». Al di là dell’uso concettuale del verbo fühlen (sentire) nel

tamente specifico, non assimilabile genericamente ad una predelineazio-

contesto delle Ricerche Logiche, ci sembra che l’evidenza fenomenologica (per

ne percettiva.

non dire empirica) del fatto che il soggetto percipiente avverta il proseguire

La differenza tra attesa e predelineazione è ben visibile se rapportata

del disegno oltre la metà percepita non possa essere intrepretata come

alla percezione di una cosa in movimento. Vedo, per esempio, la mia amica alla

una sensazione “senza oggetto” vale a dire come una sorta di affezione

guida di un’automobile che passa sulla strada. Uno stato intenzionale di

priva di predelineazione. Se si dice, come fa Husserl, che il soggetto

attesa percettiva presuppone che io stia attendendo che, da un momen-

percipiente avverte che «le linee e le forme colorate proseguono nel

to all’altro, debba accadere qualcosa relativamente a ciò che sto intenzio-

‘senso’ di ciò che si vede» si ammette necessariamente una predelinea-

nando (per esempio che la mia amica giri la testa verso di me). Il conte-

zione. Diversamente, si sarebbe potuto dire che la coscienza non avver-

nuto dell’attesa può naturalmente anche manifestarsi a livello più generale:

te questo proseguimento e che, dunque, la percezione si chiude, senza una

“non so esattamente che cosa sto aspettando percependo la mia amica

predelineazione, alla vista della sola metà del disegno.

in auto, so solamente che sto aspettando che qualcosa accada relativa-

Abbiamo dunque a che fare con un atto di predelineazione. Tuttavia,

mente a questi oggetti in movimento”. Diversamente starebbero le cose

specifica Husserl, questa predelineazione non è associabile a un’attesa

se io percepissi l’automobile intenzionalmente privo di un atto d’attesa. In

percettiva. La tensione che accompagna la predelineazione non assume

questo caso posso emettere tutta una serie di atti percettivi che tra loro

necessariamente assumere la forma della tensione dell’attesa. Ci può es-

hanno un rapporto di predelineazione (alcune manifestazioni percettive

sere predelineazione di qualche cosa, dunque tensione verso qualche cosa, senza

del cofano dell’automobile predelineano il lato nascosto della fiancata,

che per questo ci debba essere necessariamente attesa di qualche cosa. Pos-

un dettaglio percettivo del profilo visibile del volto della mia amica pre-

so predelineare la parte mancante del disegno senza che in questo atto ci

delinea il lato nascosto del profilo non visibile ecc.) senza che questi atti 18


Meditazioni filosofiche

debbano essere necessariamente supportati da delle attese. Vale a dire,

Questo naturalmente non significa che ogni attesa chiami necessa-

queste predelineazioni non sono affatto assimilabili, se non metaforicamente,

riamente in causa un’azione. Piuttosto essa chiama in causa un certo de-

a delle attese.

siderio di azione che, in quanto tale, può anche inibirsi e cadere al livello

Ora, nell’esempio proposto da Husserl non abbiamo a che fare con

della coscienza latente. Se, poniamo, percepisco una scatola-regalo e so-

la percezione di una cosa in movimento bensì con la percezione di una cosa in quie-

no in attesa di percepire il suo lato interno, questa attesa porta sponta-

te. La differenza tra un’intenzione d’attesa rivolta ad un oggetto in mo-

neamente con sé un desiderio di azione (mi viene voglia di scartare il re-

vimento e un’intenzione d’attesa rivolta ad un oggetto in quiete è che, in

galo) che può anche manifestarsi al livello della coscienza latente (per

questo secondo caso, la cognizione (pre-riflessiva) del fatto che

esempio nella consapevolezza che non è ancora l’orario di aprirlo, che

l’oggetto non possa muoversi da solo, e dunque soddisfare l’attesa facendo

non sono io il destinatario del regalo ecc.). Diversamente (per esempio

apparire ciò che si attende (il lato nascosto del tappeto), chiama in causa

se conosco già il contenuto della scatola-regalo) potrei emettere degli

un certo desiderio di azione. Nella percezione di una cosa in quiete ci po-

atti di predelineazione verso il lato interno della scatola senza per questo

trebbe essere attesa se, come dice giustamente Husserl, «ci si ripromet-

essere in attesa di qualche cosa.

tesse di vedere di più compiendo un movimento». In relazione alla per-

Da questi esempi emerge chiaramente che predelineazione e attesa

cezione di una cosa in quiete, l’attesa di percepire un suo lato non visibi-

presuppongono due strutture intenzionali differenti. Se entrambi questi

le dovrebbe coincidere con il desiderio di compiere un’azione per soddisfare

atti si avvalgono del supporto della struttura della tensione è anche vero

questa aspettazione. Se nell’esempio proposto da Husserl il soggetto

che, attraverso essi, la coscienza è diretta verso qualcosa secondo un

fosse percettivamente in attesa, il desiderio sarebbe quello di voler veri-

orientamento cognitivo che si manifesta differentemente a seconda se si

ficare la metà mancante del disegno. Ma questa attesa non potrebbe, in

tratta di una predelineazione o di un’attesa percettiva. In sintesi: l’attesa

questo caso, mai essere soddisfatta se non compiendo un movimento (solle-

percettiva presuppone un atto di predelineazione mentre la predelinea-

vando personalmente il mobile o al massimo facendocelo sollevare da

zione non presuppone necessariamente un’attesa14. A tale proposito va

qualcuno).

segnalata un’interpretazione che, proprio su questo problema, emerge

19


Quaderni della Ginestra

da quella che, nell’epoca recente, è stata e continua ad essere la più im-

Qui la ‘finalità’ (l’essere orientati verso una meta) dell’intenzione dà vita

portante analisi decostruttiva della teoria husserliana dell’intenzionalità.

a una pulsione divergente. Ciò che Husserl ci vuole suggerire è una teleo-

Si tratta dell’analisi decostruttiva elaborata da Jocelyn Benoist. Uno dei

logia senza tensione nella quale, se è vero che il mio atto si definisce solo in

pilastri concettuali di tale ipotesi decostruttiva si edifica proprio a partire

virtù del suo rapporto (logico) possibile con una forma di ‘soddisfaci-

da una critica del concetto di intenzione percettiva predelineante che emergerebbe nell’esempio husserliano del tappeto. Il commento di Benoist è il seguente:

mento’, esso va tuttavia riconosciuto privo di una tensione particolare verso tale meta. Questa teleologia, a dire il vero, sembra essere a mala pena intelligibile: essa rappresenta una sorta di trasposizione di un desiderio al quale verrebbe sottratto il proprio elemento motore (precisamente, la pulsione?).»15

«D’altra parte, quando nella Sesta ricerca Husserl ritornerà a quelle intenzionalità che sono anche intenzioni egli opererà una messa a punto decisiva. Husserl insisterà allora sul fatto che, se è vero che molte percezioni […] sono delle intenzioni strutturate teleologicamente, non è tuttavia legittimo identificare le proprietà che esse hanno di essere delle in-

Ora, se ci atteniamo all’evidenza dell’esempio husserliano bisognerebbe dire che la categoria critica di “teleologia senza tensione” non sembra in questo caso concettualmente giustificata. Nell’esempio pro-

tenzioni con un certo qual tipo di sentimento psicologico di attesa: non

posto da Husserl c’è una tensione verso una meta. Certamente, come abbia-

è perché vedo solo una porzione di tappeto che la mia mente “anticipa”

mo detto, l’atto che definisce la localizzazione della meta è, in questo ca-

logicamente, ma perfino percettivamente la parte che resta celata sotto il

so, affidato più ad una “tendenza gestaltica” che ad una predelineazione

mobilio, seguendo la struttura tipica dell’intenzione con la quale si ri-

completamente dispiegata. Sembra però davvero eccessivo identificare

chiede un eventuale “riempimento” e confermando così che “attendo”

questo atto con (è un’altra espressione usata da Benoist) «un’intenzione

questo riempimento per mezzo di questa o quella cosa. Fatti salvi casi

senza tensione»16. È difficile immaginare, come suggerisce Benoist, questa

particolari io non ne ho bisogno, non vi sono orientato, non lo desidero.

sensazione di prolungamento della metà percepita del disegno come una

‘L’intenzione non è aspettazione, non le è essenziale essere orientata verso una realizzazione futura’.

sensazione ad “orientamento statico” priva di una tensione particolare verso una meta. Nel momento in cui sentiamo che le linee e le forme 20


Meditazioni filosofiche

colorate proseguono nel senso di ciò che si vede dobbiamo ammettere

caso non abbiamo a che fare con una predelineazione senza tensione bensì

necessariamente una predelineazione.

con una predelineazione senza attesa.

Ma qual è la ragione che spinge Benoist ad usare in questo caso la categoria di “teleologia senza tensione”? Ciò che Benoist vorrebbe mettere in luce attraverso questa critica è

Quest’idea critica di una teleologia senza tensione o, come anche egli la chiama, di una intenzione senza tensione17, non sembra dunque tener conto dell’evidenza dell’esempio husserliano.

che il rapporto istituito dalla fenomenologia tra intenzione e riempimen-

Tuttavia, l’ipotesi che Husserl avrebbe sviluppato un concetto di «in-

to è un rapporto di natura logica. L’intenzione percettiva potrebbe così

tenzione senza tensione» è corretta ma per analizzarla dobbiamo rifor-

reclamare riempimento (cioè essere intenzione predelineante) senza una

mulare il problema in maniera differente. Ripartiamo allora dalla descri-

tensione che effettivamente supporti questa richiesta.

zione di quelle percezioni che si sviluppano all’interno della sola super-

Ma il fatto che la coscienza sia in questo caso priva di attesa percetti-

ficie visibile della cosa, per esempio la percezione del pavimento di una

va non significa, come sostiene Benoist, che la richiesta pendente

stanza. Percepire il pavimento di una stanza non vuol dire percepire det-

d’integrazione da parte dell’intenzione percettiva sia priva di una tensio-

tagliatamente “d’un colpo solo” tutte le mattonelle che lo compongono.

ne verso la meta e che dunque essa si strutturi su un terreno logico.

Per percepire dettagliatamente tutte le mattonelle del pavimento abbia-

Il problema è che Benoist sembra fondere insieme il fenomeno dell’attesa con quello della predelineazione. Il fatto allora che Husserl

mo necessariamente bisogno di una serie di atti percettivi tra loro coordinati da un rapporto di predelineazione. Scrive Husserl:

affermi che «l’intenzione non è aspettazione» spinge Benoist a credere che, venendo meno la tensione dell’attesa, venga meno anche la tensione

«In questo dirigersi stabilmente verso l’oggetto, nella continuità del suo espe-

della predelineazione. Ora, sia la predelineazione che l’attesa sono sup-

rire, risiede tuttavia un’intenzione che intende un continuo plus ultra, al di

portate dalla struttura della tensione, ma se viene meno la tensione

là di ciò che è dato e al di là del suo momentaneo modo di datità. In ge-

dell’attesa, non viene, per questo, necessariamente meno anche la tensione

nerale non è soltanto un aver-coscienza che si va sviluppando, ma un

della predelineazione. Contrariamente a quanto sostiene Benoist in questo

tendere continuamente verso una nuova forma di coscienza. Questa

21


Quaderni della Ginestra

tensione è fondata in un interesse per l’arricchimento di quel qualcosa di

l’azione dell’interesse che motiva lo spostamento dell’intenzione percet-

in sé stabile che eo ipso si va accumulando con l’afferramento, secondo il

tiva da focalizzazione a focalizzazione 2) il tendere del sentimento (piace-

suo contenuto che affluisce verso l’io. L’interesse è un sentimento e per

re e/o repulsione) che potrebbe accompagnare questa tensione 3)

di più un sentimento positivo; ma questo sentimento è solo apparente-

l’arricchimento della coscienza percettiva scandito dal riempimento di sem-

mente un sentimento di soddisfazione nei confronti dell’oggetto. Può essere che l’oggetto tocchi di per sé anche il nostro sentimento, che abbia per noi un certo valore e che per questa ragione ci rivolgiamo ad esso e ci soffermiamo su di esso. Allo stesso modo, però, può anche esse-

pre nuovi momenti oggettuali della cosa. Di queste tre tipologie di “tensioni” solo la prima e la terza sono caratteristiche permanenti di ogni intenzione percettiva. La tensione del

re che si tratti di un oggetto che possiede un valore negativo, e che pro-

sentimento non è sempre presente o non sempre si manifesta sempre

prio per la sua ripugnanza esso desti il nostro interesse. L’interesse, di

esplicitamente. Ci sono sicuramente percezioni che sono accompagnate

cui qui dobbiamo parlare, è un sentimento; ma è un sentimento che

da un sentimento di piacere o, al contrario, come dice Husserl, da un

possiede una direzionalità del tutto peculiare. Infatti, anche se un'ogget-

sentimento di ripugnanza. Ma questo non vuol dire che tutti gli oggetti

to motiva il nostro rivolgimento per mezzo di un valore che noi avver-

debbano suscitare esplicitamente un sentimento. Nondimeno, quando

tiamo in esso, non appena lo afferriamo, il contenuto di senso

ciò accade, il sentimento può diventare il vero e proprio motore di una

dell’oggetto necessariamente si arricchisce, in parte per il protendersi

percezione. Difatti, Husserl specifica che l’interesse all’esplorazione per-

della sua durata meramente intuitiva nella percezione, in parte per

cettiva potrebbe essere motivato proprio dal sentimento che suscita un

l’avvenuto ridestamento dei suoi orizzonti oscuri: per esempio, per mezzo dei movimenti involontari degli occhi e della testa che compiamo, grazie a cui manifestazioni sempre nuove dell’oggetto ci rendono intuitivamente percettibili sempre nuovi lati dell’oggetto stesso»18.

oggetto (piacevole e/o spiacevole). Non c’è dubbio però che le proprietà fondamentali dell’intenzione percettiva predelineante interna agli atti di focalizzazione sono la tensione verso qualche cosa e il riempimento (l’arricchimento) dell’intenzione percettiva.

Ci sono dunque tre modalità attraverso le quali la coscienza si pone

La prima forma di coscienza è descritta dalla fenomenologia attra-

in rapporto con l’oggetto: 1) la pura tensione verso qualche cosa, cioè

verso la coppia concettuale di tensione/soddisfazione (o appagamento). Se 22


Meditazioni filosofiche

l’interesse teso è descrivibile nei termini di una tensione verso una meta,

disfazione nei confronti dell’oggetto». Ovvero, il riempimento di sempre

l’interesse placato è descrivibile come la scarica di una tensione o il «ri-

nuove determinazioni oggettuali della cosa non è descrivibile attraverso

lassarsi di un tendere»19. L’interesse che spinge verso una meta si placa

la coppia concettuale tensione/soddisfazione. La coppia concettuale di

quando l’intenzione raggiunge il riempimento. L’interesse teso si tra-

riferimento è in questo caso intenzione/riempimento. Il riempimento

sforma in interesse placato quando la meta è stata raggiunta.

non è il punto di soddisfazione dell’interesse bensì il punto di incremento

A livello fenomenologico il concetto di tensione non indica né una

dell’intenzione percettiva. Se attraverso la funzione dell’interesse la co-

«tensione muscolare [Anspannung der Muskeln]»20 né una tensione psi-

scienza sperimenta solamente fasi di tensione e di appagamento, attra-

cologica (sentirsi in ansia, in agitazione emotiva ecc.), bensì il sentirsi di-

verso la struttura dell’intenzione percettiva (Wahrnehmungsmeinen) la co-

retti, risospinti, con lo sguardo verso un oggetto.

scienza sperimenta, invece, «un’acquisizione sintetica di nuove intuizioni

Ora, in una progressione di riempimenti il rapporto tra interesse teso e in-

originalmente offerenti»22. Questa acquisizione sintetica è un incremento

teresse placato non si istituisce una volta solamente ma, al contrario, si

puro di riempimenti intuitivi e nient’altro. In questo caso «si tratta –

rinnova continuamente. Vale a dire, che per ogni singolo riempimento

scrive Benoist – niente meno che di una tensione a un certo tipo di ac-

raggiunto l’interesse teso si trasforma provvisoriamente in interesse pla-

quisizione possibile dell’oggetto»23. Così, in un’esplorazione percettiva,

cato, il quale poi immediatamente ritorna in tensione verso un’altra meta

intenzione riempita e intenzione riempente si avvicendano continuamente

(cioè un altro riempimento) e così via. Abbiamo cioè a che fare con una

(all’intenzione riempita succede un’intenzione riempiente la quale a sua

tensione che continuamente si soddisfa e si rinnova fino al punto limite dei

volta lascia il posto ad un’altra intenzione riempita e così via) in un in-

«campi massimali»21 cioè di quel gruppo di manifestazioni in cui la co-

cremento progressivo sintetico delle determinazioni oggettuali della co-

scienza percettiva raggiunge una meta stabile.

sa.

Un tipo completamente diverso di descrizione concerne invece ciò

Ed è proprio sul significato concettuale da attribuire alla struttura di que-

che nel brano è indicato come arricchimento della coscienza percettiva e

sta acquisizione sintetica che appare il problema dell’«intenzione senza

che «è solo apparentemente – specifica Husserl – un sentimento di sod-

tensione».

23


Quaderni della Ginestra

Il problema è che Husserl definisce la struttura dell’intenzione per-

dell’intenzione nei termini di un incremento sintetico oggettuale. Il pro-

cettiva prendendo concettualmente in prestito il modello dell’interesse: così

blema allora è il seguente: benché lo sviluppo interno dell’intenzione per-

come l’interesse tende verso un punto di soddisfazione, così l’intenzione

cettiva non sia descrivibile in termini statici, esso, però, al contempo,

percettiva tende verso un riempimento. L’intenzione tende sempre verso

non è descrivibile nemmeno in termini dinamici poiché non è associabile

nuovi riempimenti ovvero si arricchisce di sempre nuove determinazio-

alla struttura della tensione. Vale a dire: l’acquisizione dell’intenzione

ni oggettuali della cosa. Tuttavia, questa “tensione” all’acquisizione non

percettiva è disgiunta dalle fasi di tensione e appagamento della struttura

funziona come la tensione dell’interesse. L’acquisizione di sempre nuo-

interesse, e tuttavia «la coscienza teorica, a partire da quella percettiva,

ve determinazioni oggettuali della cosa (intenzione/riempimento) è in-

non è per questo, nel suo ordine proprio, in quanto ‘intenzionale’ priva

dipendente rispetto alla tensione dell’interesse (tensione/soddisfazione).

di tensione»24.

In termini fenomenologici: le variazioni dell’eidos percezione (cioè del

In altri termini, non si può dire né che l’acquisizione sintetica

movimento percettivo) sono strutturalmente diverse rispetto alle varia-

dell’intenzione percettiva sia pensabile sul modello della tensione

zioni dell’eidos interesse. L’incremento dell’intenzione percettiva è una

dell’interesse né che questo modello le sia estraneo. Per questo motivo,

sintesi senza tensione delle determinazioni oggettuali della cosa. Si tratta di

secondo Benoist, lo spazio dell’intenzione predelineante risulta inscritto

un “interesse” che si sviluppa come un’acquisizione sintetica pura di

in un concetto contraddittorio in quanto si tratta di uno spazio “teso” secon-

riempimenti oggettuali. Quando Husserl parla di un interesse che solo

do un modello alternativo di “tensione” concettualmente indefinibile. Bisogna

apparentemente è un interesse ciò a cui fa riferimento è esattamente

pensare il concetto di «intenzione senza tensione», ovvero il concetto di in-

l’intenzione percettiva: un interesse senza tensione.

tenzione percettiva, esattamente come un concetto contraddittorio. Scrive

Ora, il problema concettuale nasce dal fatto che l’intenzione percet-

Benoist: «Il problema della teoria intenzionalista classica è dunque que-

tiva (cioè l’interesse senza tensione) non può essere associata ad un di-

sto: in che modo assumere la “tensione” (di cui la tensione del desiderio

spositivo statico ma al contrario deve essere pensata come un “fenome-

ci fornisce un primo modello) pur disattivandola sotto altri aspetti? È

no articolatorio”. Si tratta infatti di uno sviluppo progressivo

questa la contraddizione costitutiva del concetto e non è certo che, in 24


Meditazioni filosofiche

ultima analisi, quest’ultimo possa sopportarla: ecco la critica che in defi-

ci riporterebbe nuovamente alle contraddizioni soprariportate perché è

nitiva io rivolgerei al paradigma intenzionalista»25.

chiaro che la somiglianza tra i due modelli concettuali è solo apparente e, in

Benoist potrebbe avere ragione. Il fatto di fondare il concetto di intenzione predelineante su un modello “alternativo” di tensione può portare a una contraddizione concettuale di cui l’espressione “intenzione senza tensione” ne sarebbe l’esemplificazione. Così, si domanda Be-

definitiva, la “tensione all’acquisizione” propria dell’intenzione percettiva non è la tensione dell’interesse. 2. Il problema dell’orientamento percettivo al presente

noist: «quale significato può esserci affinché la percezione sia il teatro di “in-

Ciononostante resta il fatto che l’articolazione dell’intenzione percet-

tenzioni” che non sono essenzialmente interessi (cioè che possono essere accom-

tiva è quantomeno accompagnata dalla tensione dell’interesse che, per così

pagnati da tali ‘interessi’, ma non si definiscono per essi?)»26.

dire, spinge al riempimento. La struttura della tensione supporta il lavoro

Riguardo il contenuto di questa nuova tesi critica si potrebbe contro-

dell’intenzione percettiva. È la tensione dell’interesse che spinge

obiettare che la struttura dell’interesse è solo astrattamente separabile

l’intenzione percettiva a riempirsi, a passare da una focalizzazione

dalla struttura dell’intenzione percettiva. In realtà esse lavorano con-

all’altra, e dunque a svilupparsi in un’articolazione progressiva di sempre

giuntamente. Coloro i quali volessero difendere la fenomenologia attra-

nuove determinazioni oggettuali. Il nesso strutturale tra intenzione e

verso questa contro-obiezione dovrebbero però essere pronti a sostene-

riempimento non potrebbe cioè mai avere luogo senza il parallelo svi-

re l’ipotesi di isomorfismo di strutture. Ipotesi che in realtà è caldeggiata da

luppo della tensione dell’interesse. L’intenzione percettiva può solamen-

Husserl stesso. Husserl, infatti, suggerisce che c’è una somiglianza tra il

te essere il reclamo (schreit) eidetico di un riempimento. Ma la richiesta

modello concettuale dell’intenzione percettiva e quello dell’interesse.

pendente di riempimento non potrebbe mai essere eideticamente soddi-

Vale a dire che per concepire intuitivamente il movimento di arricchi-

sfatta senza che ci sia la tensione che, per così dire conduca, l’intenzione

mento della coscienza percettiva bisogna prendere a modello l’interesse

fino al riempimento. L’acquisizione di riempimenti deve essere costituti-

(ma senza tensione). Il modello concettuale più somigliante a quello

vamente accompagnata dalla tensione dell’interesse. Di conseguenza, il

dell’intenzione percettiva sarebbe cioè quello dell’interesse. Questo però

problema concettuale che Husserl si trova a dover gestire nella costru-

25


Quaderni della Ginestra

zione della sua teoria fenomenologica della percezione è quello di una teleologia senza tensione che necessita costitutivamente di tensione. Scrive Husserl:

Si potrebbe replicare che questo rapporto non è universale perché c’è l’eccezione di ciò che Husserl chiama punti ottimali (Optima). Husserl fa l’esempio della percezione di un palazzo e scrive:

«ogni adombramento si rivolge in avanti: nel flusso delle manifestazioni, degli adombramenti oggettuali, ci sentiamo come risospinti da

«Non ogni tratto di una sintesi continuativa, sia in generale sia in

adombramento ad adombramento, ogni adombramento rimanda ogget-

un’attitudine dominante dell’attenzione, possiede la struttura peculiare

tualmente in avanti nella continuità, e nel rimando l’adombramento è

che abbiamo preliminarmente definito come incremento della coscienza

come un sentore di ciò che verrà poi, e questo sentore, l’allusione,

di datità. L’avvicinamento e l’allontanamento offrono esempi di quei

l’intenzione, è riempita. Già per la determinatezza isolata esperiamo ciò

rapporti descritti tra intenzione e riempimento: il primo divenir visibile

che essa è non nel singolo aspetto e nel suo adombramento isolato,

di una determinatezza, come la facciata di un palazzo in lontananza, il

sebbene essa vi sussista come data in se stessa, bensì solo nella succes-

continuo mutamento della manifestazione nell’avvicinamento, finché

sione degli adombramenti che la portano a completa, “onnilaterale”, da-

l’oggetto giunge alla presentazione ottimale [zur besten Darstellung]»28.

tità. E questa datità completa si costituisce nella coscienza dell’unità che costruisce un intreccio continuo tra intenzione e riempimento»27.

Tra le manifestazioni percettive ce ne sono alcune, che la fenomenologia chiama «manifestazioni ottimali [optimale Erscheinungen]»29, nelle

Dunque, Husserl sostiene che vi sarebbe una relazione strutturale tra

quali la cosa stessa appare nel migliore dei modi possibili. L’importanza del

l’acquisizione (senza tensione) di nuove determinazioni oggettuali e la

concetto di punto ottimale, per il nostro problema, consiste nel fatto

tensione verso questa acquisizione intesa come un «sentirsi continua-

che «in tale status – afferma Husserl – l’intenzione non rimanda più al

mente risospinti» in avanti da adombramento ad adombramento. Tanto

riempimento, in questa fase del movimento intenzionale [intentionalen

l’intenzione percettiva può essere descritta come un fenomeno articola-

Bewegung] essa è coscienza del fine raggiunto»30. In altri termini: con la

torio poiché essa è accompagnata dalla tensione dell’interesse.

chiusura dell’interesse nel proseguire l’esplorazione percettiva viene meno

26


Meditazioni filosofiche

anche la predelineazione di un nuovo riempimento. E questo perché nel

mente la tendenza al riempimento. Si sarà dunque costretti ad ammette-

punto ottimale (che è sinonimo di una visuale ottimale) abbiamo la sensa-

re che l’intenzione percettiva, almeno in riferimento agli atti di focaliz-

zione di vedere la cosa “così come essa è”. Quando la cosa appare nel

zazione, è strutturalmente accompagnata da una tendenza immediata alla

migliore dei modi possibili (quando cioè non è possibile perfezionare

«verificazione [Bewahrheitung]»32. Questa tendenza immediata alla verifica-

ulteriormente una percezione) la coscienza non sente più il bisogno di

zione, che «sin dal principio [vornherein] “mira”»33 è chiamata da Husserl

effettuare una nuova predelineazione. La visuale ottimale rimanda dunque

«intenzione tendenziosa [tendenziöse Intention]»34. Con questa espressione

ad una tensione placata, vale a dire ad una coscienza percettiva in stato di quiete.

Husserl si riferisce al fatto che l’intenzione percettiva è segnata da una

Tuttavia l’errore sarebbe di credere che questa coscienza in stato di quie-

strutturale tendenza a fuoriuscire dalla presenza, della focalizzazione di

te della visuale ottimale equivalga ad una coscienza statica. Il motivo è il se-

spostarsi altrove, in un altro adombramento, foss’anche in un adom-

guente:

bramento quasi del tutto sovrapponibile con quello precedente e quindi tale da apparire come lo stesso adombramento. Se prendiamo in considera-

«Se si riflette su questa situazione, se ci si spinge a considerare che la

zione l’intenzione percettiva nel suo grado originario di sviluppo biso-

coscienza del “così è e così è realmente” consiste in un duraturo riem-

gna dire che essa non è dipendente da una verifica volontaria del sogget-

pimento, si potrà allora dubitare della circostanza per cui già una perce-

to percipiente ma al contrario tende ad autoverificarsi. L’intenzione per-

zione assolutamente immodificata possa essere considerata come una

cettiva è dunque tendenziosa vale a dire costitutivamente contrassegnata

coscienza di datità. Essa è certamente una finzione: già l’oscillazione più

da una spontanea tendenza di sviluppo al riempimento.

silente dell’occhio fa entrare in gioco l’intenzione ed il riempimento.»31

Ora, questa tendenza che permanentemente si soddisfa e si rinnova esige però che ogni riempimento (dunque anche il riempimento ottimale) debba

La fase del riempimento ottimale non è propriamente una coscienza

essere inteso nei termini di una pienezza relativa e come tale struttural-

statica bensì una tendenza percettiva. La visuale ottimale è infatti segnata

mente bisognoso di un’integrazione, ovvero sempre di un nuovo “com-

da involontari microspostamenti degli occhi che alimentano continua-

pletamento”. Scrive infatti Husserl:

27


Quaderni della Ginestra

«l’incremento concerne quanto di originario vi è nel contenuto, con-

so di lezioni universitarie) questa convinzione. Scrive Husserl:

cerne il contenuto di verità. Possiamo anche dire: ciò che si manifesta nel modo del se stesso è cosciente come qualcosa che si determina (in un’accezione non predicativa) sempre più precisamente, sempre più compiutamente. Il grado di velamento può essere quindi contrassegnato anche come grado di indeterminatezza relativa, di relativa povertà [Armut], di vuoto che permea ogni datità originale che è quindi sempre pienezza incompleta [unvollkommene Fülle], cioè pienezza annacquata [ver-

«in ogni procedere della percezione esterna la protenzione ha la forma di continue attese anticipatrici [Vorerwartungen] che si riempiono, vale a dire: del sistema di rinvii dell’orizzonte si attualizzano continuamente certe linee di rinvio in quanto attese che si riempiono continuamente in aspetti più precisamente determinati»37.

dünnt] dal vuoto. Essa ha un orizzonte interno vuoto nella forma di questo annacquamento [Verdünnung].»35

E ancora: «ogni riempimento, nello sviluppo, si compie dunque di norma in quanto riempimento di attese. Si tratta di attese ordinate in un

In altri termini, la percezione deve essere intesa come la perenne sop-

sistema, di sistemi a raggiera di attese che, riempiendosi, al tempo stesso

pressione di una mancanza. «Come se il pieno – scrive su questo problema

si arricchiscono. Il senso vuoto diviene cioè più ricco di quel senso che

Benoist – si manifestasse sempre sul fondo di negatività della sua “man-

si inquadra nella predelineazione di senso»38.

canza” possibile»36.

Per rendere universalmente intelligibile il dispositivo del riempimen-

Ogni manifestazione percettiva esige strutturalmente un’integrazione

to bisogna imporre il più possibile l’immagine di un soggetto percipiente

e dunque essa è sempre una «pienezza annacquata». Diventa adesso an-

orientato verso il futuro e parlare, come fa Husserl, di un soggetto costi-

che più comprensibile la scelta concettuale di Husserl di usare come si-

tutivamente in attesa. Il meccanismo del riempimento (dispositivo con-

nonimi attesa e predelineazione. Se il problema è quello di postulare un

cettuale fondante dell’intera teoria husserliana della percezione) deve es-

soggetto percipiente costitutivamente «teso verso» è chiaro che fondere

sere, per così dire, “intuitivamente motivato”. E il fatto di parlare di un

il fenomeno della predelineazione con quello dell’attesa rafforza nel let-

sistema generalizzato di attese percettive serve per individuare quella di-

tore (o nell’uditore, visto che in questo caso stiamo parlando di un cor-

stanza (tra un’intuizione e l’altra) rispetto alla quale l’intenzione può co28


Meditazioni filosofiche

stitutivamente reclamare un riempimento. L’intenzione può essere defi-

mento (ovvero ciò che al soggetto percipiente appare continuamente,

nita come intenzione riempiente proprio in virtù di questo sistema gene-

fintanto che dura quella percezione, come la stessa manifestazione percettiva)?

ralizzato di attese che permeerebbero l’attività percettiva.

Se «ogni percezione, in quanto percezione di cosa, è sempre anticipa-

Un simile approccio ha però come risultato l’immagine di un soggetto percipiente vincolato ad una tensione costitutiva verso il futuro nella modalità di una anticipazione che continuamente tende ad integrare una mancanza. La percezione diventa cioè quasi sinonimo di anticipazione:

zione»41 come bisogna descrivere una focalizzazione che tende insistentemente al presente sempre sulla stessa manifestazione percettiva? La descrizione di questo fenomeno ci riporta alla tematica dei punti ottimali ma questa volta interpretati da una prospettiva. Non si tratta solamente di riconoscere la visuale ottimale come il culmine di un proces-

«Secondo questo suo senso proprio, essa [la percezione] è tuttavia

so percettivo bensì di isolare l’atteggiamento intenzionale che la coscienza

appunto anticipante – l’anticipazione riguarda qualcosa che è co-

manifesta in questo atto e di descriverlo come un orientamento conoscitivo

intenzionato – e in modo così radicale che, perfino nel contenuto di ciò

autonomo. Si tratta di un orientamento intenzionale al presente inteso come una

che è colto in se stesso in un dato momento percettivo, guardando più

focalizzazione continua di un singolo punto dell’oggetto. Poniamo di

attentamente, si trovano momenti dell’anticipazione. Fondamentalmen-

star percependo la tastiera di un laptop. Ora, non è detto che se, per

te, nulla, in ciò che è percepito, è percepito in modo puro e adeguato.

esempio, focalizziamo il tasto “H” dobbiamo necessariamente sentirci

Siamo sempre rimandati alla conferma percettiva

continua.»39

diretti o risospinti verso il tasto “J” ad esso contiguo. Al contrario, l’intenzione percettiva può benissimo continuare a focalizzare sempre lo stesso

Ora, questo «dominio dell’anticipazione in generale [Reich der Antizi-

punto, vale a dire ciò che al soggetto percipiente appare come la stessa

pation überhaupt]»40, come Husserl lo chiamerà nelle Lezioni Sulla Sintesi

manifestazione percettiva. Come descrivere dunque la fisionomia di

Passiva, apre certamente un problema: come descrivere fenomenologi-

un’intenzione che manifesta la pretesa di orientarsi al presente? Secondo la fe-

camente quei casi percettivi in cui l’intenzione percettiva manifesta la

nomenologia questa focalizzazione al presente non può essere descritta

pretesa (Prätention) di orientarsi al presente sempre sullo stesso adombra-

come una percezione statica ma, al contrario, deve essere descritta come

29


Quaderni della Ginestra

un’intenzione che ha una sua dinamica di sviluppo intenzionale. In altri ter-

problema è che nel caso di un’intenzione che manifesta la pretesa di

mini, la continua focalizzazione del solo tasto “H” della tastiera non

orientarsi al presente la coscienza tenderebbe a riguadagnare nella pre-

può essere descritta come la percezione di una semplice presenza. Que-

senza ciò che in realtà è continuamente presente. Ciò che la coscienza tende-

sta focalizzazione al presente deve essere descritta, invece, nei termini di

rebbe continuamente a perdere è in realtà già presente in quanto fissato

una tendenza costante al riempimento cioè come una continua riappropria-

dalla percezione. Se in una percezione multilaterale il contenuto della

zione della meta. Una percezione che si configura quindi come una con-

ritenzione cambia in continuazione in questo caso, invece, il contenuto

tinua (fintanto che dura questa percezione) fuoriuscita dell’intenzione dal

della ritenzione è sempre lo stesso, vale a dire sempre la stessa immagi-

riempimento (dall’aver guadagnato la presenza) in direzione di un nuo-

ne vuota. Il supporto con cui avanza questa intenzione protenzionale sarà

vo ritorno sulla meta appena raggiunta.

dunque quello di un’immagine originaria (Urbild) appena sprofondata

Si dirà: ma perché l’intenzione percettiva dovrebbe tendere nuovamente al riempimento se la meta è già stata da subito raggiunta? Come giustificare

nella ritenzione che deve essere continuamente riportata ad una nuova coincidenza (Deckung) nel riempimento presente.

concettualmente il fatto che la coscienza sperimenti nella presenza una

Se descrivere una percezione che si orienta al presente nei termini di

continua mancanza? Da un lato come sappiamo c’è una tendenza auto-

una dinamica di sviluppo intenzionale ha il merito di voler mostrare che

matica alla verificazione che agisce anche senza la volontà esplicita del

anche questa semplice focalizzazione non è mai una mera presenza,

soggetto percipiente. Dall’altro lato c’è l’azione della ritenzione che tende

dall’altro lato c’è un prezzo concettuale che questa analisi paga. Questa

a far scivolare nel passato ciò che è stato appena raggiunto. L’intenzione

tendenza universale alla verificazione suggerisce, infatti, che sono segna-

tende continuamente a ritornare al presente (dunque ad un «nuovo» riempi-

te da una costitutiva insoddisfazione perfino quelle percezioni in cui la

mento) anche perché la coscienza percettiva tende a perdere il riempi-

meta dell’intenzione è stata già da subito raggiunta44. Quanto a dire che è

mento appena raggiunto nel processo della ritenzione. È «l’intenzione pro-

proprio nel «vissuto dell’essere-presso-la-meta [in dem Erlebnis des Beim-

42

tenzionale [protentionale Intention]» che continuamente riporta al presente ciò

Ziel-selbst-Seins]»45

che costantemente tende a sprofondare nel processo ritenzionale43. Il

dell’intenzione percettiva. L’intenzione percettiva si appaga solamente

che

si

annida

il

germe

dell’insoddisfazione

30


Meditazioni filosofiche

rinnovandosi nella sua insoddisfazione eidetica. Ciò che contraddistin-

mento verso ciò che già è stato raggiunto. La scarica dell’interesse non

gue l’effettivo compimento di questa intenzione, vale a dire l’avvenuto

deve essere allora compresa solamente come il compimento di una ten-

riempimento (simultaneo all’interesse soddisfatto), è descrivibile allora

sione precedente ma anche come ciò che alimenta continuamente que-

nei termini di una costante insoddisfazione eidetica. Ogni percezione

sta stessa tensione. Si tratta di una tensione che si soddisfa rinnovandosi e

permane in una costante insoddisfazione eidetica che per principio non

che perciò consente all’intenzione di reclamare sempre un “nuovo”

può essere mai definitivamente appagata. Sta di fatto che, secondo que-

riempimento. L’intenzione percettiva si soddisfa esattamente nella mo-

sta tesi, il significato dell’esser presente della cosa coincide con questa

dalità in cui l’interesse rinnova continuamente una tensione verso la me-

continua ripresa del presente in una nuova anticipazione. L’intenzione

ta. Quanto a dire che non è possibile in generale concepire la percezione

percettiva tende ad anticipare ciò che contemporaneamente è stato già raggiun-

separandola dall’idea di un «tendere verso».

to. Più esattamente si tratta di pensare alla manifestazione percettiva

Eppure una tale determinazione non è universale. Cosa succedereb-

presente come una anticipazione costantemente riempita. È questo la

be infatti se questa intenzione al presente accadesse senza la partecipazione

direttiva che Husserl presenta nei Manoscritti di Bernau sul tempo: «la pre-

dell’io? Potrebbero verificarsi due tipi di fenomeni la cui descrizione è

sentazione originaria è costantemente non un semplice comparire di

nascosta da Husserl nelle pieghe delle Lezioni sulla Sintesi Passiva. Scrive

presenze originarie, che solo in un secondo tempo riceverebbero

Husserl:

l’intenzionalità, ma costante far ingresso delle stesse nel modo del riempimento d’intenzioni d’attesa»46. Sicuramente se di anticipazione si vuole

«D’altro lato, non possiamo abbandonare la nostra descrizione fe-

ancora parlare nel nostro caso bisognerà indicarla come una anticipazione

nomenologica, secondo cui ogni intenzionare conoscitivo che intenda è

del presente. Paradossalmente, il fatto che l’intenzione percettiva abbia

appunto un in-tendere verso, una tendenza.[…]. Se la tendenza conosci-

guadagnato una meta ha come risultato il fatto di alimentare

tivamente intenzionante non è diretta verso l’essere, se non è diretta

l’insoddisfazione eidetica dell’intenzione percettiva. Insoddisfazione che, nel

nell’attesa verso l’essere futuro e nel ricordo verso l’essere passato, allo-

nostro caso, si manifesta come un reclamare continuamente il riempi-

ra essa è piuttosto diretta verso il contemplare nell’originale che esperi-

31


Quaderni della Ginestra

sce ciò che è considerato esistente o addirittura verso l’esperire stesso [das Erfahren selbst]»47.

sul presente in cui il campo percettivo appare sfocato. Tuttavia, anche in questo caso, così come nel precedente, questa durata appiattita sul presente non coincide mai con una pura presenza. Ci

Il fenomeno in questione è quello che qui Husserl descrive nei ter-

sono gli stimoli affettivi di sfondo che, svolgendo un’azione di disturbo,

mini di un’intenzione che si orienta «verso l’esperire stesso». Si tratta di

tendono a fendere questa pura presenza (la quale infatti dura sempre per

tutti quei casi in cui il soggetto percipiente rimane imbambolato 48 sulla co-

un lasso di tempo molto limitato) 49.

sa percepita. Il punto interessante è che, da una prospettiva fenomeno-

Si ribatterà che al di là della frequenza con la quale possiamo imbat-

logica, non si può trattare questo caso come un caso di passività pura

terci in questi fenomeni percettivi, è evidente che essi non possono va-

bensì lo si deve trattare come un caso di passività in atto. Atto intenziona-

lere come una prova contro la tesi della predelineazione generalizzata.

le che, ipnotizzato sulla cosa, occlude la tensione costitutiva della perce-

Forse qualcuno potrebbe addirittura argomentare che questi fenomeni

zione. Il che vuol dire che questa passività in atto è da leggere negativa-

confermano proprio questa tesi, ovvero che la tendenza alla verificazio-

mente come un’occlusione della tensione piuttosto che come uno stadio

ne, la tendenza dell’intenzione ad essere predelineante, rappresenti il

nel quale questa deve ancora manifestarsi. Ancora è possibile (e con

tratto fondamentale dell’intenzionalità percettiva. Conseguentemente, la

questo arriviamo all’analisi del secondo fenomeno in questione) che

tensione al presente potrebbe essere rappresentata come un momentanea

questa tensione risulti ancora “più occlusa” di così. Si tratta del caso in

limitazione della tensione mentre i fenomeni dell’“imbambolamento” po-

cui la tensione non è solo occlusa ma addirittura ritratta “verso l’esperire

trebbero essere rappresentati come una momentanea occlusione della

stesso”. Ci sono due modi rimanere imbambolati. Il primo è di rimanere

tensione. Quanto a dire che la tendenza di principio sarebbe quella della ve-

imbambolati sulla cosa percepita mentre il secondo è di rimanere imbambolati

rificazione e non quella di sostare percettivamente sempre sullo stesso

sull’atto percettivo stesso. La differenza è che in questo secondo caso l’essere

adombramento o di rimanere “incantati” sull’atto stesso ed essere così

“imbambolati” sull’atto stesso fa scivolare tutto il campo percettivo nello

incatenati all’attualità dell’atto. Nella maggior parte dei casi, si dirà, la

sfondo. Si tratta di una sorta di continuo presente, di una durata appiattita

percezione (in senso stretto, come focalizzazione) è accompagnata da 32


Meditazioni filosofiche

uno spostamento da adombramento ad adombramento ovvero da

ricondotta al significato tecnico di aspettazione primaria (primäre Erwar-

un’intenzione predelineante.

tung). Allo stesso modo Husserl usa l’espressione ricordo primario

Ammettiamo pure la ragionevolezza di queste osservazioni. Ciò su

(primäre Erinnerung) per indicare il ricordo vivente e, perciò, non anco-

cui vorremmo nuovamente soffermarci è però la tacita assimilazione,

ra del tutto passato52. Nella sfera del mondo percettivo si potrebbe meta-

messa in campo dalla fenomenologia, dell’intenzione predelineante ad

foricamente parlare di «attese passive» e assimilare queste ultime alla strut-

un’intenzione d’attesa rivolta al futuro. Husserl fa un uso massiccio

tura della predelineazione che, in questo stadio, si manifesta ancora a li-

dell’espressione intenzione predelineante utilizzandola come sinonimo

vello fantasmatico. Ma un’attesa scarica (cioè un’attesa che non è

di intenzione d’attesa. Anche qui si potrebbe replicare che bisogna esse-

un’attesa) non è forse una contraddizione in termini? Scrive Husserl: «a

re più flessibili concettualmente riguardo l’assimilazione fenomenologica

dispetto della pura passività a proposito delle protenzioni abbiamo par-

di queste due strutture d’atto. Il fatto è che ambedue queste tipologie di

lato di attese e, metaforicamente, abbiamo detto che il presente va verso

atti si manifestano all’interno di una gamma di sfumature intenzionali.

il futuro a braccia aperte»53.

Predelineazione e attesa potrebbero non essere, per così dire, feno-

Si potrebbe anche essere tolleranti e compresivi verso questo tipo di

meni monolitici. Da questo punto di vista, si capisce bene cosa Husserl

linguaggio “metaforico”. L’unico problema è che in questo modo si

intende, per esempio, quando con una contraddizione in termini parla di

spinge a credere che ogni «tendenza protenzionale [protentionale Ten-

«intenzioni di attesa passive [der passiven Erwartungsintentionen]»50. Nel

denz]»54 debba necessariamente essere esperita dalla coscienza come un

contesto delle Lezioni sulla Sintesi Passiva si tratta, come afferma Lohmar,

orientamento al futuro. Pur ammettendo che, nella maggior parte dei ca-

di quelle «fragili attese proprie della predelineazione fantasmatica»51. Le

si, la percezione sia diretta in avanti verso un nuovo adombramento è

aspettazioni sono qui intese come delle credenze semplici immediata-

proprio vero che essa sia sinonimo di un’intenzione diretta al futuro? Il

mente votate all’oggetto. Per cui, poniamo, se sto percependo un tavolo

riferimento in questo caso non è soltanto ai casi precedentemente analiz-

uniformemente blu io mi aspetto che esso anche nel lato posteriore si

zati in cui la tendenza protenzionale è piegata al presente ma anche

manifesti come blu. L’espressione aspettazione dovrebbe essere quindi

all’intenzione predelineante che si sposta da adombramento ad adom-

33


Quaderni della Ginestra

bramento. Che la percezione preveda una continua messa in campo di

remmo contestare è proprio questa immagine. Non è detto che la co-

predelineazioni è un conto. Che queste predelineazioni debbano rinviare

scienza sia costretta ad interpretare i movimenti (volontari o involontari,

ad una coscienza necessariamente orientata al futuro è un altro. È vero

distratti o attenti) del corpo e/o dello sguardo necessariamente come

che le predelineazioni sono sempre rivolte in avanti ma questo non vuol

una un’attesa rivolta al futuro. Vale a dire, non è sempre vero che gli

dire che per questo la coscienza debba sentirsi rivolta verso il futuro. Scrive

spostamenti dell’intenzione predelineante in avanti, da focalizzazione a

Husserl:

focalizzazione, debbano essere interpretati dalla mente (secondo un’interpretazione immediata degli stimoli sensoriali) come un orienta-

«dipende dalla direzione del processo percettivo quali siano le linee

mento al futuro. Una sequenza di atti percettivi legati tra loro da un rappor-

del sistema delle intenzioni non riempite che saranno portate a riempi-

to di predelineazione non devono muoversi necessariamente in direzione

mento, e quindi anche quale sia la serie continua di manifestazioni pos-

del futuro ma possono muoversi anche all’interno del presente. La coscienza

sibili dell’intero sistema delle possibili manifestazioni dell’oggetto che si

può benissimo interpretare (entro alcuni limiti) i movimenti dello sguardo

realizzerà. Nel procedere lungo questa linea le corrispettive intenzioni vuote si trasformano in attese. Una volta che tale linea sia stata imboccata, la serie di manifestazioni scorre nel senso delle attese che di continuo si ridestano a causa delle cinestesi attuali e che continuamente si riempiono, mentre il restate orizzonte permane in una morta potenzialità»55.

e del corpo come un orientamento al presente privo di una tensione particolare verso il futuro. Il che significa che l’orientamento dei movimenti del corpo e l’orientamento dell’intenzionalità non sono, al contrario di quanto si potrebbe credere seguendo alcune analisi della fenomenologia, necessariamente connessi.

ROBERTO SIFANNO

La fenomenologia spiega l’assimilazione dell’intenzione d’attesa all’intenzione predelineante chiamando in causa i movimenti del corpo. Il che sarebbe come dire che il movimento del corpo e/o i movimenti del-

1

E. Husserl, Analysen zur passiven Synthesis. Aus Vorlesungs-und-Forschunsmanuskripten 1918-1926, a cura di M. Fleischer, 1966 (Hua XI) p. 26; traduzione italiana parziale di

lo sguardo costringano la mente ad essere rivolta al futuro. Ciò che vor34


Meditazioni filosofiche

V. Costa in Lezioni sulla sintesi passiva, Guerini e Associati, Milano 1993 p. 61; da ora in poi Hua XI 2 Cfr. Hua XI, pp. 19-20; trad. it p. 51 3 E. Husserl, Ding und Raum: Vorlesungen 1907, a cura di U. Claesges, M. Nijhoff, Den Haag 1973 (Hua XVI) p. 59; traduzione italiana di A. Caputo in La Cosa e lo Spazio, Rubbettino, Catanzaro 2009 p. 72; da ora in poi Hua XVI 4 Cfr. E. Husserl, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie. Erstes Buch: allgemeine Einführung in die reine Phänomenologie, Text der 1.-3. Auflage, a cura di K. Schumann, Nijhoff, Den Haag 1976 (Hua, III/1) p. 62; trad. it. Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica, a cura di V. Costa, Einaudi, Torino 2002 p. 81 5 Ivi p. 48; trad. it. p. 61 6 G. Piana, Elementi di una dottrina dell’esperienza, Il Saggiatore, Milano 1979 p. 156 7 Hua XI p. 13; trad. it. p. 44 8 È importante rimarcare il fatto che il concetto di “orizzonte” non equivale a quello di “predelineazione intenzionale”. Per un approfondimento sui diversi tipi d’uso del concetto fenomenologico di orizzonte (esterno intuitivo, esterno non intuitivo, interno intuitivo, interno non intuitivo) si veda E. Husserl, Erste Philosophie II: Theorie der phänomenologischen Reduktion, a cura di R. Bohem, Den Haag, M.Nijhoff 1959 (Hua VIII) p. 147; traduzione italiana parziale di A. Staiti in Filosofia prima. Teoria della riduzione fenomenologica; Catanzaro, Rubbettino 2007 p. 190 9 Hua XI p. 22; trad. it. p. 53 10 Ivi p. 6; trad. it. p. 36 11 Hua XVI, p. 103; trad. it. p. 125 12 A titolo esemplificativo si veda Hua XI, p. 41; trad. it. p. 79. Hua XVI, p. 103; trad. it. p. 125 13 E. Husserl, Logische Untersuchungen. Zweiter Band: Untersuchungen zur Phänomenologie und Theorie der Erketntnis. Erster Teil, a cura di U. Panzer, Halle: 1901; rev. ed. 1922. The Hague, Netherlands: Martinus Nijhoff, 1984 (Hua XIX/2) p. 573; traduzione italiana di G. Piana, Ricerche logiche, (secondo volume) Il Saggiatore, Milano 2005 p. 338 14 Ci si potrebbe chiedere, parafrasando Minkowski, se un’attesa ansiosa non funga invece da impedimento per la predelineazione. In questo caso l’attesa impedirebbe all’atto predelineazione di svolgere il suo compito. L’attesa di cui stiamo parlando è comunque un’attesa percettiva e non un’aspettazione generalmente intesa (per esempio l’attesa di un avvenimento che accadrà domani). Cfr. E. Minkowski, Il tempo vissuto fenomenologia e psicopatologia, Einaudi, Torino 2004 pp. 78-87

35

J. Benoist, I confini dell’intenzionalità. Ricerche fenomenologiche e analitiche, Mondadori, Milano 2008, pp. 102-103 16 Ivi, p. 104 17 J. Benoist, I confini dell’intenzionalità. Ricerche fenomenologiche e analitiche, Mondadori, Milano 2008, p. 104 18 E. Husserl, Aktive Synthesen: aus der Vorlesung Transzendentale Logik, 1920/21: Erganzungsband zu Analysen zur passiven Synthesis, a cura di R. Breeur, Kluwer, Dordrecht 2000 (Hua XXXI) pp. 16-17. traduzione italiana di L. Pastore in Lezioni sulla Sintesi Attiva, Mimesis, Milano 2007 p. 63 19 Hua XI p. 84; trad. it. p. 129 20 Hua XVI p. 88; trad. it. p. 108 21 Ivi p. 126; trad. it. p. 153 22 Hua XI p. 201; trad. it. p. 266 23 J. Benoist, I confini dell’intenzionalità. Ricerche fenomenologiche e analitiche, Mondadori, Milano 2008, p. 97 24 J. Benoist, Sens et Sensibilité. L’intentionalité en contexte, Paris, Cerf 2009, p. 28 25 J. Benoist, I confini dell’intenzionalità. Ricerche fenomenologiche e analitiche, Mondadori, Milano 2008, p. 97 26 J. Benoist, Sens et Sensibilité. L’intentionalité en contexte, Paris, Cerf 2009, p. 30 27 Hua XVI p. 103; trad. it. p. 125 28 Ivi pp. 108-109; trad. it. pp. 132-133 29 Hua XI, p. 383 30 Hua XVI, p. 108; trad. it. p. 132 31 Hua XVI p. 103 (in nota); trad. it. p. 125 32 Hua XI pp. 83-84; trad. it. p. 129 33 Ivi p. 83; trad. it. p. 128 34 Ivi p. 84; trad. it. p. 129 35 Hua XI p. 206; trad. it. p. 271 36 J. Benoist, Sens et Sensibilité. L’intentionalité en contexte, Paris, Cerf 2009, p. 19 37 Hua XI p. 7; trad. it. p. 38 38 Ivi p. 26; trad. it. p. 60 39 Hua VIII p. 45; trad. it. pp. 58-59 40 Hua XI p. 95; trad. it. p. 142 41 Hua VIII p. 51; trad. it. p. 65 42 Hua XI, p. 87; trad. it. p. 133 15


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Per un approfondimento su questo punto si veda J. Benoist, I confini dell’intenzionalità. Ricerche fenomenologiche e analitiche, Mondadori, Milano 2008 pp. 91-92 44 Cfr. Hua XI, p. 83; trad. it. p. 128 45 Hua XI, p. 84; trad. it. p. 129 46 E. Husserl, Die 'Bernauer Manuskripte' über das Zeitbewußtsein (1917/18), a cura di Rudolf Bernet e Dieter Lohmar, Dordrecht, Netherlands: Kluver Academic Publishers, 2001 (Hua XXXIII) p. 4 47 Hua XI, p. 88; trad. it. pp. 133-134 (corsivo nostro) 48 Imbambolato: “di persona che, per stupore o perché assorta in qualche pensiero, sta immobile, con gli occhi fissi, incantata” (vocabolario della lingua italiana Treccani). 49 Pur immaginando di stare in un ambiente isolato da ogni tipo di condizionamento “esterno” c’è sempre qualcosa che funge da azione di disturbo. Gli stimoli stessi del corpo fungono da “azione di disturbo” (principi di acufene ecc.) 50 Hua XI, p. 52; trad. it. p. 91 51 Dieter Lohmar Presentazione a “E. Husserl, Lezioni sulla Sintesi Attiva” in E. Husserl, Lezioni sulla Sintesi Attiva, Milano, Mimemis 2007, p. 14 52 E. Husserl, Zur Phänomenologie des inneren Zeitbewuβteins (1893-1917), a cura di R. Boehm, The Hague, Netherlands: Martinus Nijhoff, 1969 (Hua X) p. 39; traduzione italiana di A. Marini, Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo, Franco Angeli, Milano 2004 p. 73 53 Hua XI, p. 74; trad. it. p. 116 54 Ivi, p. 86; trad. it. p. 132 55 Ivi, pp. 12-13; trad. it. pp. 43-44 43

36




Cinema e filosofia

LA FORZA PERSUASIVA DELLE TEORIE DEL

quale le persone più vulnerabili sembrerebbero appartenere alla fascia di

COMPLOTTO

età tra i 18 e i 34 anni2. Analizzato negli ultimi anni soprattutto in Francia – anche attraverso il Conspiracy Watch: l’Observatoire du conspirationnisme et des théories du complot 3

1. Le teorie del complotto nella società contemporanea

L

e descrizioni e le interpretazioni cospirazioniste del mondo non

–, il cospirazionismo non può essere facilmente etichettato come un

sono

società

discorso irrazionale o come un mero prodotto della fantasia. Non va

contemporanea: la pubblicazione dei Protocolli dei Savi di Sion, i processi

cioè esaminato esclusivamente quanto alla validità delle sue narrazioni,

per stregoneria o il cesaricidio ebbero luogo ben prima che Karl Popper

ma soprattutto dal punto di vista della loro forza persuasiva. Il discorso

utilizzasse l’espressione conspiracy theory of society per riferirsi alla

cospirazionista produce, infatti, rilevanti effetti sociali: è un modo di

«convinzione che la spiegazione di un fenomeno sociale consista nella

espressione che si pone l’obiettivo di produrre e imporre conoscenze

scoperta degli uomini o dei gruppi che sono interessati al verificarsi di

alternative a quelle ufficiali e di pesare sull’agenda politica 4.

certamente

appannaggio

esclusivo

della

tale fenomeno (talvolta si tratta di un interesse nascosto che dev’essere

Tali obiettivi possono ritenersi in gran parte raggiunti se si pensa che

prima rivelato) e che hanno progettato e congiurato per promuoverlo» 1.

la politica inizia a vedersi in qualche modo costretta a confrontarsi con

Caratteristico della contemporaneità è invece il dilagare epidemico delle

questo fenomeno. Sempre in Francia, ad esempio, il Ministro

teorie del complotto attraverso il web e i social media nonché tramite la

dell’Istruzione, Najat Vallaud-Belkacem, ha recentemente lanciato una

diffusione di film, serial e videogiochi, cui consegue una diffidenza

campagna volta a trovare argomenti per combattere il cospirazionismo.

crescente nei confronti della versione cosiddetta “ufficiale” di alcuni

Il movimento del governo è diretto in particolar modo ai teenager,

avvenimenti politici o scientifici – l’11 settembre, gli attentati di Parigi e

considerati i più esposti alla disinformazione e alle pseudo-teorie che

Bruxelles, le missioni Apollo, le campagne di vaccinazione, il

cercano di mettere in guardia i cittadini dalla manipolazione di Stati,

cambiamento climatico e così via. Il fascino esercitato dalle teorie del

istituzioni e media – ecco spiegato il titolo dell’iniziativa On te Manipule e

complotto è tale da poter parlare di una sindrome del complotto, rispetto alla

del sito corrispondente www.ontemanipule.fr, messo in rete nel mese di

39


Quaderni della Ginestra

febbraio 20165 –, con il risultato di alimentare la sfiducia nelle

nemico. La segretezza del complotto fa sì che la dimostrazione proposta

istituzioni, nella scienza e nelle sue applicazioni e di seminare la

e la sua forza persuasiva si basino soprattutto su un cumulo di indici,

confusione, la disinformazione nonché l’odio nei confronti degli

prove eterogenee, ipotesi e relazioni tra fatti potenzialmente fortuiti o

individui o dei gruppi accusati di agire segretamente e illegalmente per

contingenti, che valgono non sempre per la loro qualità ma assai spesso

modificare il corso degli eventi a scapito dell’interesse pubblico.

per la quantità7, rendendo difficile la distinzione tra asserzioni credibili e ipotesi azzardate.

2. Alcune peculiarità del discorso cospirazionista

A complicare la situazione vi è un secondo fattore. L’etichetta “teoria

La principale complicazione che si incontra nell’analisi di una teoria

del complotto” rappresenta un marchio infamante: qualificare come

del complotto è la sua difficile identificazione. L’aggettivo cospirazionista

teoria del complotto la spiegazione di un fatto sociale o politico (o

non è mai utilizzato in riferimento a se stessi perché a cospirare, per

l’interpretazione di dati scientifici)

definizione, sono sempre altri. Il discorso cospirazionista ha perciò, di

immediatamente illegittima8.

ha il potere

di renderla

solito, la peculiarità di autodefinirsi anti-cospirazionista; si presenta,

Da una parte, cioè, una teoria della cospirazione, per essere accettata,

piuttosto, come la denuncia veemente di una cospirazione, come un

deve innanzitutto possedere un’etichetta diversa, giudicata positivamente

modo di decifrare una serie di avvenimenti, come l’analisi politica di una

(inchiesta, accusa, analisi critica, ecc.) – che la rende oltretutto

situazione data, come la rivelazione di un complotto che qualcuno ha

potenzialmente infalsificabile per via della segretezza che invoca –;

cercato di tenere rigorosamente nascosto6.

dall’altra, la denuncia di un effettivo complotto (si pensi, ad esempio,

Centrato sulla scoperta della verità, il pensiero cospiratorio invoca e

alle rivelazioni del caso Snowden su cui si incentra anche il

richiede uno sforzo critico e l’esercizio del dubbio metodico, che

documentario CitizenFour di Laura Poitras) corre il rischio di essere

culmina nell’identificazione di una causa unica e di una spiegazione

screditata proprio attraverso la sua categorizzazione all’interno

semplice e compatta per gli avvenimenti analizzati, nel disvelamento di

dell’immaginario complottista. Va da sé che diviene assai complicato

un meccanismo doloso e nella produzione di un odio legittimo verso un

distinguere una narrazione dei fatti rigorosa e scientificamente valida da 40


Cinema e filosofia

una che ne imita e ne importa esclusivamente lo stile. Riassumendo, è importante tenere a mente almeno tre fattori. Il

che molte persone sono tentate di assumere un atteggiamento o di aderire a qualche visione cospirazionista.

primo è che il complottismo non è visto di buon occhio né socialmente né mediaticamente; ciò nonostante, il numero dei suoi sostenitori è

3. Complotto e narrazione cinematografica

parecchio elevato. Il secondo elemento rilevante è che le cospirazioni

Come accennato, il cinema rappresenta oggi uno dei principali veicoli

avvengono e sono sempre avvenute, pertanto risulterebbe semplicistico

per il dilagare di narrazioni su fatti controversi, sintonizzandosi di volta

sia dismettere tutte le visioni complottiste definendole intrinsecamente

in volta con i temi che suscitano maggiore curiosità. Per ogni complotto

false a priori, sia considerare fanatici, irrazionali o superficiali i loro

vero o presunto, il cinema ci consegna almeno una trama che trae

seguaci.

ispirazione dall’accaduto o un documentario. È possibile, dunque,

Ma il punto più importante riguarda il fenomeno della credenza che sottostà ai complotti: la questione generale del cospirazionismo è

identificare alcune delle tematiche più discusse e più spinose proprio attraverso una panoramica di tali produzioni.

connessa alla confusione – propria della società contemporanea e

Un esempio recente è il film di Thomas McCarthy (Il caso Spotlight,

aggravata dall’avvento di internet – nel distinguere una notizia credibile

2015) che ricostruisce l’inchiesta del Boston Globe sui preti pedofili. Un

da una bufala e alla difficoltà di orientarsi tra ciò che è vero e ciò che è

caso ancor più interessante è CitizenFour, il documentario di Laura

falso. La ragione principale di questo nesso risiede probabilmente nel

Poitras (2014) sui programmi segreti di sorveglianza della National

fatto che il cospirazionismo testimonia l’ambivalenza della società

Security Agency, nel quale la regista viene coinvolta in prima persona

contemporanea, situandosi tra la coscienza della complessità del mondo

non tanto per ricostruire un fatto già accaduto, ma per mostrare in

– cui consegue la possibilità di commettere errori interpretativi – e il

tempo reale e per prendere parte alla rivelazione stessa dello scandalo.

bisogno umano di dare un senso unico e rassicurante ad avvenimenti 9

Di gran lunga meno riuscito è il documentario Zero – Inchiesta sull’11

difficili da assimilare da parte di una società . Al di là delle tesi classiche

settembre (di Franco Fracassi e Francesco Trento, 2007) che, pur

del complotto, uno dei problemi più rilevanti consiste perciò nel fatto

proponendosi come reportage giornalistico, si limita in realtà a

41


Quaderni della Ginestra

presentare una serie di opinioni, indizi ed eventi che contribuiscono

studio il filmato dell’Apollo (2001: Odissea nello Spazio sarebbe in parte

esclusivamente a insinuare il sospetto sull’esistenza di un intrigo.

una ricerca e un progetto di sviluppo per tali false riprese) e che tramite

Per quanto riguarda il campo della scienza, uno degli argomenti

Shining volesse rivelare la verità attraverso una serie di indizi: il maglione

complottisti utilizzati con più frequenza in ambito cinematografico è

di Danny raffigurante l’Apollo 11 con il razzo in fase di decollo; il

quello del falso allunaggio, secondo cui lo sbarco americano sulla Luna

numero della stanza modificato rispetto al libro di Stephen King (da 217

sembrerebbe solo una messa in scena. Il regista di Capricorn One (1978),

in 237, per richiamare le 237.000 miglia di distanza media della Luna

Peter Hyams, ne trae ad esempio ispirazione per costruire la trama del

dalla Terra); l’invettiva di Jack contro Wendy che rispecchierebbe ciò che

film, che narra di una spedizione spaziale su Marte. All’inizio di

accadde a Kubrick quando la moglie scoprì cosa stava nascondendo;

Interstellar (di Christopher Nolan, 2014) è invece citata brevemente – in

infine, il portachiavi della camera 237 con su scritto “ROOM N° 237”,

un contesto futuristico e fantascientifico – l’idea che le missioni Apollo

per far intendere che si trattava proprio della stanza della Luna (con

fossero solo finzioni per far fallire i sovietici. Esistono, inoltre, una serie

quelle lettere maiuscole è, infatti, possibile formare solo due parole:

di documentari che si spingono sul vero e proprio terreno del

moon e room).

complotto, presentando elementi in favore di un’altra verità possibile.

Più recentemente, è il cospirazionismo applicato alla medicina a

Uno di essi è Conspiracy Theory: Did We Land on the Moon? (2001),

destare l’entusiasmo del grande pubblico. Il tema dei vaccini è uno dei

costruito su tre prove in favore della teoria del complotto lunare:

più diffusi, anch’esso divenuto oggetto di narrazione filmica. È proprio

l’assenza di stelle nelle foto e nei video, lo sventolio della bandiera

di questi giorni la polemica su Vaxxed: from Cover-Up to Catastrophe, il

nonostante la mancanza di aria sulla Luna e l’assenza di un cratere sotto

documentario che accusa le autorità americane di aver nascosto e

la capsula lunare. Un secondo documentario, Room 237 – un

distrutto i dati di uno studio che mostrava la connessione tra le

approfondimento su Shining diretto da Rodney Ascher (2012) –, affronta

vaccinazioni MMR e l’aumento dei casi di autismo, realizzato da

il tema da un altro punto di vista, sostenendo che fu Kubrick il regista

Andrew Wakefield (l’autore – successivamente accusato di frode – della

segretamente coinvolto nel falso allunaggio con l’incarico di realizzare in

pubblicazione scientifica che sosteneva l’esistenza di una correlazione 42


Cinema e filosofia

tra vaccini e autismo). Il film, inizialmente inserito nel programma del

di persone coinvolte nell’occultamento della verità ammonterebbe a

Tribeca Film Festival (13-24 aprile 2016), è stato successivamente

411.000 e il complotto sarebbe venuto a galla in poco più di tre anni e

ritirato da Robert De Niro – uno dei fondatori del festival – in seguito

mezzo; un presunto segreto sulla sicurezza dei vaccini che coinvolgesse

alle aspre critiche sollevate dalla comunità scientifica.

anche le più importanti case farmaceutiche verrebbe invece scoperto in

Episodi del genere testimoniano, da una parte, che film di questo

poco più di tre anni.

tipo sono importanti perché rispondono al diffuso sentimento di

È lo stesso Grimes ad affermare che non sarà certo il suo studio a far

insicurezza e a un bisogno di senso rispetto a certe questioni; dall’altra,

cambiare opinione ai sostenitori del complottismo. Eppure, iniziative

mostrano che il limite tra verità e finzione è sempre più complesso da

come questa o come la campagna del governo francese si rivelano

individuare e, al contempo, che la sensazione di dubbio nei confronti

comunque importanti per aumentare la consapevolezza che il fenomeno

della medicina o della politica si fa sempre più forte10.

non va sottovalutato, soprattutto perché danneggia la credibilità del

Per tale ragione, sulla attendibilità o l’infondatezza di una ipotesi di

sapere. Sono inoltre utili per invitare a riconsiderare alcune delle proprie

complotto inizia a interrogarsi anche la scienza. Un recentissimo studio

convinzioni e per mettere all’erta sul non superare la linea di

di David Robert Grimes11 propone, ad esempio, un’equazione

demarcazione tra ciò che si vede e ciò che si vuol vedere.

matematica che, prendendo in considerazione il principale requisito di un complotto – il segreto – e correlando il numero delle persone

ROBERTA MARTINA ZAGARELLA

coinvolte alla probabilità che una cospirazione venga scoperta, mostra quanto sarebbe difficile nascondere un complotto di grandi dimensioni all’opinione pubblica per lungo tempo. Lo studio mira in tal modo a falsificare alcune teorie classiche del complotto, tra cui proprio quella del falso sbarco sulla Luna e quella dei vaccini: stando al modello di Grimes, se le teorie sul finto allunaggio del 1969 fossero vere, il numero 43

K. R. Popper, 1945, The Open Society and Its Enemies, Abingdon (UK), Routledge, trad. it. di R. Pavetto, La società aperta e i suoi nemici (vol. II), a cura di D. Antisteri,, Armando, Roma 1974, 125. 2 È quanto emerge, per esempio, dal sondaggio OpinionWay per l’UEJF del 18 e 19 febbraio 2015, (http://uejf.org/blog/2015/02/21/sondage-opinion-way-pour-luejfles-resultats/) e dal rapporto di Counterpoint sulle teorie della cospirazione in Francia 1


Quaderni della Ginestra

del 3 maggio 2013 (http://counterpoint.uk.com/publications/6611/). Altri rilevanti sondaggi sulla credenza nelle teorie della cospirazione da parte dell’opinione pubblica sono stati realizzati dalla società americana Public Policy Polling. 3 Il sito www.conspiracy-watch.info è stato fondato nel 2007 da Rudy Reichstadt con l’obiettivo di fornire un’analisi critica sulle teorie del complotto. 4 Cfr. E. Taïeb., 2010, « Logiques politiques du conspirationnisme », Sociologie et sociétés, vol. 42, n° 2, p. 265-289 ; e dello stesso autore 22/01/2015, «La théorie du complot est l’arme politique du faible», Le Figaro. 5 OnTeManipule è sia un sito internet sia un hashtag sui social network. 6 V. Campion-Vincent, La société parano. Théories du complot, menaces, incertitudes, Payot, Paris 2005, p.13; E Taïeb., op. cit., pp. 268-270. Si badi, tuttavia, che travestirsi da contro-expertise non costituisce una strategia esplicita di manipolazione, poiché il cospirazionista crede realmente all’esistenza del complotto che denuncia. 7 M. Angenot, Le dialogue de sourd. Traité de rhétorique antilogique, Mille et une Nuits, Paris 2008, p. 336ssg. 8 E. Danblon, L. Nicolas, Les Rhétoriques de la conspiration, CNRS Éditions, Paris 2010, p.133. 9 Cfr. E. Danblon, L. Nicolas, op. cit., pp. 57-72 ; e E. Taïeb, «La théorie du complot est l’arme politique du faible». 10 Esistono, inoltre, studi che associano il rifiuto di proposizioni scientifiche su temi controversi alla adesione a qualche teoria della cospirazione. Cfr. S. Lewandowsky, G. E. Gignac, K. Oberauer, «The Role of Conspiracist Ideation and Worldviews in Predicting Rejection of Science », PLoS ONE, 2013, 10(8): e0134773. doi: 10.1371/journal.pone.0134773. 11 Grimes D. R., «On the Viability of Conspiratorial Beliefs», PLoS ONE, 2016, 11(1): e0147905, doi:10.1371/journal.pone.0147905.

44


Cinema e filosofia

ENEMY DI DENIS VILLENUEVE

U

fidanzata, Mary, che non lo impegna troppo, e si è appena trasferito in una casa nuova. Anthony ha un appartamento in un complesso residenziale. È un attore di secondo piano. Sua moglie Helen è incinta al

n uomo entra in una stanza. Una donna nuda schiaccia un

sesto mese. Eppure le loro vite si intrecciano e si avvitano, cominciando

ragno. Diversi uomini la guardano. Inizia con un enigma, il

pericolosamente a fondersi. Anthony promette ad Adam che uscirà di

riflesso di una scena orgiastica che ricorda l’ultimo Kubrick (Eyes wide

scena, ma solo dopo aver trascorso un week end romantico con Mary,

Shut), Enemy, adattamento cinematografico – prosciugato – del romanzo

ignara di tutto. Adam accetta. Mentre Anthony è con Mary, Adam fa

di José Saramago L’uomo duplicato. Nelle mani di Villeneuve il materiale

visita a Helen e passa la notte con lei. Quando Mary nota il segno di una

letterario dello scrittore portoghese è condensato in un thriller

fede nuziale al dito di Anthony, si accorge che qualcosa non va. Sulla via

psicologico ansiogeno, un gioco di scatole cinesi che lascia spazio al

del ritorno, Anthony e Mary sono coinvolti in un incidente

dubbio e al caos.

automobilistico. Il giorno dopo, Adam si sveglia tranquillo a casa di

Su consiglio di un collega, Adam Bell, stropicciato professore di storia alla University of Toronto, guarda un film (fittizio) dal titolo

Helen. In una busta trova la chiave di una stanza misteriosa. Una smorfia di malizia gli si dipinge sul volto. Segue brusco finale.

evocativo, Where there is a will there is way. Improvvisamente, sullo sfondo

Ci sono diverse ragioni per cui la visione di Enemy provoca un

di un’inquadratura sovraffollata, compare un attore identico a lui. Prima

inevitabile senso di smarrimento e malessere. Quella principale è che il

incuriosito, poi spaventato, Adam lo cerca, lo insegue al telefono, scopre

copione percorre consapevolmente due piste differenti, intersecandole

con un brivido che le loro voci sono identiche. I due uomini decidono

in modo inestricabile. Questo rende ogni interpretazione, ogni

di incontrarsi e scoprono di essere la stessa persona. Daniel St. Claire,

attribuzione di senso, sempre suscettibile di revisione. C’è una prima

pseudonimo attoriale sotto il quale si cela Anthony Claire, non è il suo

versione per cui tutto ciò che accade, e in primis l’esistenza stessa di due

sosia, ma il suo doppelgänger, il suo doppio speculare. Per il resto, le loro

figure contrapposte e alla fine rivali, è frutto della follia di Adam – preda

vite paiono radicalmente diverse. Adam è divorziato. Ha una specie di

di una sorta di schizofrenia – o vittima della materializzazione simbolica

45


Quaderni della Ginestra

delle sue paure più viscerali. Sposato con Helen, Adam la tradisce con

simbolicamente schiacciava quelle costrizioni cui Adam è (forse)

Mary.

incapace di sottrarsi.

Divorzia

e

torna

dalla

moglie

dopo

l’uscita

di

scena/morte/incidente dell’amante. Secondo questa versione, Adam è

Villeneuve dissemina indizi, fotografie, frammenti di conversazione.

un professore di storia frustrato, e un aspirante attore fallito. Sfugge (per

C’è spesso un senso di déjà-vu, di ripetizione dell’identico – come nella

poi tornare) ai doveri coniugali, alla moglie incinta-ragno che ne soffoca

lezione di Adam (che si sente due volte) sulle forme del potere

le velleità e i vizi. Anthony è ciò che Adam è stato, o che vorrebbe

attraverso i secoli. Se è tale, quella di Adam è una follia in cui anche lo

essere.

spettatore finisce per smarrirsi. Sarà davvero solo questo? La storia di

Questa versione è probabilmente vera. Però le cose, da subito, si

uno schizofrenico e del suo doppio malvagio? Villeneuve depista lo

complicano incredibilmente. E questo è dovuto in gran parte al modo in

spettatore. Cambia strada e torna sui suoi passi. Come spiegare

cui la storia è raccontata. Non solo Adam incontra il suo doppio. Più

altrimenti la sequenza sospesa e surreale in cui Helen, dopo una visita al

radicalmente, le esperienze personali di Adam/Anthony prendono

campus dell’Università, scopre con sgomento che il professor Bell è

forma in parallelo, quando invece, molto più probabilmente, sarebbero

identico al marito perfino nella voce? Enemy diventa, anche, un’allegoria

dislocate su piani temporali e spaziali diversi. La linea fra passato e

degli strumenti del potere (come controllo) e della sottomissione (come

presente si trasforma in un insieme di rette sovrapposte o di binari

debolezza). A lezione, Adam cita Karl Marx: “Hegel osserva da qualche

paralleli. Anthony – la raffigurazione presente o futura di Adam, dopo la

parte che tutti i grandi avvenimenti e i grandi personaggi della storia

riconciliazione con la moglie – diventa semplicemente un altro da sé,

universale si presentano, per così dire due volte. Ha dimenticato di

che il protagonista deve fronteggiare, un nemico da abbattere o di cui

aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa” (Il 18

prendere definitivamente le sembianze. L’espressione di Adam, più di

brumaio di Luigi Bonaparte). In questo senso più politico/simbolico che

rassegnazione che di terrore, nell’inquadratura finale è il segno della resa

psicologico il film scopre un po’ la corda, si rivela troppo ambizioso per

o, forse, della presa di coscienza dell’impossibilità di far fronte ai propri

ciò che è. Torniamo invece al doppio, la ritorno come farsa. Il serio e

impegni. La memoria torna all’inizio, con la donna/prostituta che

posato, a tratti noioso, Adam si duplica e diventa, appunto, un

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Cinema e filosofia

personaggio farsesco: un lussurioso e un attorucolo che recita in film di

L’anonimo professore di storia sogna di fare l’attore (l’improbabile

quart’ordine – impagabile, così kitsch e grottesca com’è, la sequenza di

carriera di cui si parla nell’incontro conclusivo).

Where there is a will there is way in cui Adam individua Anthony.

Uno degli elementi più interessanti di Enemy è però l’uso che

Adam, Helen e i loro rispettivi doppi sono pressoché gli unici

Villeneuve fa degli spazi urbani. Toronto è la città canadese che più

personaggi in gioco. Si muovono in una specie di bolla, continuamente

somiglia a New York. Un doppio costruito in verticale, con uno skyline

stupefatti – a eccezione di Mary, pragmatica e svelta. Senza fattezze

che ricorda quello newyorchese, ma è inevitabilmente più scialbo, meno

fisiche a differenziarli, Adam e Anthony scoprono un’identità liquida, un

evocativo. C’è qualcosa nell’impiego delle periferie cittadine, delle strade

io debole e frammentato. Si insinuano l’uno nelle pieghe della vita

percorse in auto, che ricorda Cronemberg (Crash, con l’incidente in auto

dell’altro. Le musiche – invasive, dissonanti, ansiogene – di Danny Bensi

a fare da chiaro riferimento), ma la Toronto di Villeneuve è virata al

e Saunder Jurrianns enfatizzano i passaggi chiave. L’indecisione di

seppia, giallastra e greve. Mostro tentacolare – con i suoi grattacieli

Adam (professore solitario o attore mancato? Scapolo o padre di

anonimi, le arterie extraurbane, le architetture brutaliste dell’università –,

famiglia?) è radicale. E così che l’identità personale scolora.

è (forse) una riproduzione in formato gigante del ragno che affligge

Le conversazioni, fra frammenti di consapevolezza e attimi di buio

Adam/Anthony. La città diventa, nel suo complesso, il correlativo

improvviso, assumono toni surreali. La figura della madre di Adam, solo

oggettivo degli stati di coscienza alterati di Adam: avvolto in una specie

apparentemente secondaria, è un campanello d’allarme, un brusco

di nebbia (fisica e mentale), trascina le sue giornate fino al punto in cui,

ritorno alla realtà. Si sente conversare con il figlio all’inizio, al telefono.

nella trama anonima della sua esistenza, si apre uno squarcio,

Si incontrano alla fine. È quel che dice la madre a riportarci sulla pista

un’inquietante falla. Un frammento di caos che stravolge lo stato delle

giusta, contrastando i segnali contraddittori. Adam e Anthony sarebbero

cose. Ma (di nuovo, forse), come suggerisce la citazione in apertura, “il

davvero la medesima persona, l’uno la proiezione delle frustrazioni

caos è [solo] ordine non ancora decifrato”.

dell’altro. Lo sposato Anthony invidia la libertà dello scapolo Adam (l’appartamento da single cui accenna la madre nella prima sequenza).

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SOFIA BONICALZI


Quaderni della Ginestra

SCHEDA FILM Anno: 2013 Regia: Denis Villeneuve Soggetto: José Saramago Sceneggiatura: Javier Gullón Fotografia: Nicolas Bolduc Montaggio: Matthew Hannam Musica: Danny Bensi, Saunder Jurriaans Scenografia: Patrice Vermette Interpreti e personaggi: Jake Gyllenhaal (Adam Bell / Anthony St. Claire), Mélanie Laurent (Mary), Sarah Gadon (Helen Bell), Isabella Rossellini (madre di Adam), Joshua Peace (Carl) Produzione: Rhombus Media, Roxbury Pictures, micro_scope. Mecanismo Films Origine: Canada, Spagna Durata: 90’

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Letteratura e filosofia

GIARDINI EPICUREI

«Questo stallone, non appena sentì che il piacere era posto così in alto da un filosofo, non guardò più avanti; scatenò tutti i suoi istinti di piacere, nitrì ai discorsi del suo amico, in modo tale che si vedeva bene

A

ll’estremità settentrionale degli scavi di Ercolano si trova sotto 30 metri di lava tufacea, la cosiddetta Villa dei Papiri, un complesso

che pensava di aver trovato in lui non un maestro di virtù, ma un garante della sua dissolutezza» 1 .

edilizio di gigantesche dimensioni. Durante gli scavi furono scoperte

luna novantina di statue, copie della seconda metà del I secolo a.C. di

La comparazione del giovane avventato con uno stallone è stata

originali greci, e un tesoro di 1800 rotoli carbonizzati di papiro. Molti di

utilizzata da Filodemo stesso nel suo trattato Perì parrhesias, Sulla libertà di

essi contenevano testi greci di filosofia epicurea a opera di Filodemo,

parola, ritrovato nella Villa dei Papiri perciò è possibile che Cicerone si

filosofo del I a.C. Filodemo di Gadara, fu attivo a Roma intorno al 70

sia divertito a ritorcere ironicamente contro Pisone l’insegnamento del

a.C. e visse tra Ercolano e Napoli, dove, protetto dalla famiglia dei

maestro stesso. Una delle prime opere di Folodemo fu la Storia della

Pisoni, diresse una scuola epicurea. Filodemo non aveva lasciato

filosofia. Le questioni relative all’etica occupavano un posto importante

precedenti tracce nella tradizione manoscritta se non negli epigrammi

per Filodemo; si sono recuperati trattati Sui modi di vita, di cui faceva

dell’Antologia Palatina. Dai papiri ritrovati emerge che fu commentatore

parte il libro Sulla libertà di parola, che riguarda un aspetto essenziale del

di Epicuro e scrisse trattati di logica, musica, etica, storia, filosofia, fu

vivere epicureo, la franchezza all’interno della comunità, e il libro Sulla

contrario alla politica di Antonio e influenzò in senso repubblicano gli

collera. Un’altra opera, ma molto più tarda, il trattato Sui vizi e le virtù

intellettuali romani che lo frequentarono come maestro. Cicerone

opposte, riguardava la vita degli uomini, comprendeva due libri,

descrive dapprima l’incontro tra Lucio Calpurnio Pisone Cesonino,

sull’arroganza (hyperephania) e sulla lusinga (kolakeia). Restano inoltre

suocero di Cesare e proprietario della villa e Filodemo e dopodiché

trattati riguardanti questioni estetiche, come un’opera Sulla musica e un

mostra ai senatori romani come l’allievo comprendesse le lezioni del

trattato Sulla retorica. Questo interesse per tutti i campi del sapere doveva

maestro:

rispondere al bisogno formativo della nobiltà romana senatoria per la

51


Quaderni della Ginestra

quale tutto era riducibile a politica. Filodemo affronta vari temi di cui

all’inimicizia dei propri simili e compromette l’ataraxía. Le posizioni

alcuni non previsti da Epicuro perché si rivolgeva ad allievi romani che

filosofiche assunte, dunque, in questo periodo dagli epicurei non

non volevano sentire parlare solo di Epicuro, dei suoi contemporanei e

sembrano

avversari, ma pretendevano attraverso i suoi insegnamenti di penetrare

all’epicureismo. Né convincono le ragioni addotte da Cicerone, ossia la

nel cuore stesso della cultura greca. Filodemo ha anche scritto un

divulgazione in latino delle opere degli epicurei e la facilità della dottrina

trattato Sugli dei, di cui il terzo libro, tipico delle speculazioni epicuree,

etica, che propaganda il piacere. Innanzitutto perché l’epicureismo nella

presenta una riflessione Sul modo in cui vivono gli dei e un’altra Sulla pietà.

seconda metà del I secolo a.C. era la filosofia delle classi colte e quindi

Sono stati ritrovati inoltre numerosi frammenti di un trattato Sul buon re

la divulgazione della dottrina in lingua latina non costituiva la causa

secondo Omero dove Filodemo scrive che «Omero combatte gli amanti

principale del favore goduto presso di esse. In secondo luogo la facilità

della guerra e della contesa» e che «occorre che il buon re sia

della dottrina etica non può essere considerata responsabile del successo

innamorato della vittoria, ma non della guerra e dello scontro» e deve

dell’epicureismo, dal momento che oggetto della riflessione filosofica

«condurre gli affari lontano dalle armi e servirsi di un potere moderato».

epicurea è soprattutto la fisica come dimostrano gli scritti di Amafinio e

Filodemo pur avendo proposto un programma politico nell’operetta Il

Catio quanto il poema di Lucrezio. L’evento-chiave che spiega il fascino

buon re secondo Omero, non si distaccava dalla tradizione della scuola nel

esercitato dall’epicureismo e che contribuisce nello stesso tempo a

considerare lo stato come condizione della pace del filosofo. Egli

determinarlo, è la composizione del De rerum natura di Lucrezio. La

sosteneva la monarchia come unica forma di governo «compatibile con

società oligarchica romana con i suoi strumenti politici è il contesto nel

la posizione del saggio». Tuttavia, Filodemo nel riprendere temi già

quale Lucrezio colloca il suo poema. Quando gli uomini vivevano

svolti da Epicuro nell’opera perduta Sul regno, invoca Omero come

secondo natura la concordia poteva regnare, ma, dal momento in cui è

autorità, e questo contro la tendenza comune della scuola a svalutare

stata inventata la ricchezza, gli uomini hanno cercato, procurandosela, di

l’importanza dei classici dell’educazione greca e di Omero in particolare.

vincere la corruzione del tempo e la paura della morte. Essi sono

L’attività politica è ciò che nuoce all’amicizia, anzi essa conduce

divorati dal desiderio del potere, che è simile al macigno di Sisifo e

giustificare

l’adesione

degli

aristocratici

romani

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Letteratura e filosofia

l’invidia li fulmina precipitandoli nel Tartaro. Per evitare disordini e

officium, aequitas, dignitas, fides, non a voluptas.

anarchia gli uomini si sono dati leggi uguali per tutti. I magistrati e le

Ritorniamo a Ercolano: la pianta strutturale della villa dei Papiri è

leggi, non i re, sono in grado quindi di assicurare una pace durevole.

riconducibile a quella di un ginnasio greco. Un peristilio rappresenta la

Lucrezio vive in un periodo di degenerazione politica e non è a favore

palestra con una sala che riproduce un Ephebion (sala degli efebi) del

della repubblica più di quanto non lo fosse Epicuro della monarchia. Le

sistema di educazione pubblico delle città greche. L’allusione al ginnasio,

magistrature e il governo sorgono perché gli uomini sono stanchi della

cioè al luogo di trasmissione della cultura ellenica, era sottolineata da

violenza e perché non sono rispettati i comuni patti di pace, ma non

una statua di Atena posta sul punto focale di tutte le prospettive del

rappresentano lo stato ideale della società umana. Gli stessi falsi valori

complesso. Si trattava di evocare un ginnasio di Atene, dove l’attività

che distruggono l’atarassia del filosofo epicureo sono responsabili della

pedagogica riservata agli efebi sotto la guida del ginnasiarca si

corruzione e dell’anarchia dello stato: soltanto i valori propugnati

moltiplicava per l’attività delle diverse scuole filosofiche che si erano

dall’epicureismo possono assicurare una pace stabile e duratura. In

ripartite i loro rispettivi scolarchi. Tutta la serie semidivina e di animali

questo senso la filosofia epicurea e la politica diventano alleate. La

scolpiti nel giardino evoca nell’interpretazione di Sauron2 la vita gioiosa

dottrina epicurea concede dunque la possibilità di partecipare alla vita

degli esseri che abitano il mondo immobile della natura selvaggia non

politica come un’azione di emergenza in momenti eccezionali, per

raggiunta dal lusso e dalle guerre civili. Si tratta di un’evocazione della

esempio durante la tirranide. Ma la politica attiva non era coerente con i

felicità attraverso l’immaginario mitologico e iconografico dei Greci. Un

principi dottrinali, tanto che gli epucurei romani tornarono, di fatto, alla

altro tema fittizio e di singolare forza per un epicureo rintracciato da

filosofia dopo l’uccisione di Cesare. Cicerone stigmatizza a più riprese

Sauron negli spazi aperti della villa è quello del Giardino dei Beati con il

l’incoerenza manifestata dai suoi contemporanei epicurei tra la

parco attraversato da un bacino e i numerosi pilastri sormontati da

concezione filosofica e la condotta politica. Egli rimprovera a Torquato

ritratti di divinità, di eroi, di pensatori e di uomini politici del mondo

nel De Finibus di perseguire nel suo programma d’azione il proprio utile,

greco, forme di omaggio divinizzanti. L’allestimento scultoreo del

ma di non dichiararlo in pubblico, dove si richiama a parole come

grande peristilio sarebbe la rievocazione del Giardino di Epicuro stesso

53


Quaderni della Ginestra

che si presentava in realtà come una dimora di Atene, piuttosto

possibile la nascita della filosofia di Epicuro.

modesta, ma con un giardino attiguo. Il Giardino di Epicuro è evocato

Come i pitagorici e i platonici, gli epicurei ricorrevano al mito, alla

dalla riproduzione di un ginnasio dedicato ad Atena, rappresentata tra le

poesia epica, tragica, satirica o idilliaca. Lucrezio stesso ammetteva il

statue. Il ginnasio ateniese, riallestito nei giardini delle residenze di

ricorso a un linguaggio allegorico, ma senza lasciarsi prendere dalle

romani illustri, simboleggiava spesso le scuole filosofiche ateniesi.

credenze che poteva trascinare con sé.

Cicerone chiede in un’epistola ad Attico, allora residente ad Atene, di spedirgli “ornamenti per il ginnasio” e un’erma di Atena destinati alla

«Qui se qualcuno vorrà chiamare Nettuno il mare, Cerere le messi e

sua “Accademia” di Tuscolo che era, come indica il nome,

preferirà il nome Bacco piuttosto che il vocabolo proprio dell’umore

un’evocazione del ginnasio ateniese dove Platone aveva installato la sua

della vite, concediamogli di denominare la terra Madre degli dei, purché

scuola filosofica. La villa di Cicerone a Tuscolo e quella di Pisone a

tuttavia nella veridica realtà eviti di contaminare il suo animo con la

Ercolano si avvicinano per la loro architettura e decorazione: entrambe

turpe superstizione religiosa» 3 .

evocano un ginnasio ateniese con un’immagine di Atena, ma per la prima si trattava d’evocare l’Accademia di Platone, per l’altra il Giardino

Ciò che è divino non agisce, né patisce: per questo è assoluta

di Epicuro. La presenza degli dei e dei semidei della natura può

beatitudine e perfezione senza turbamento. Il timore superstizioso non

sembrare strano per un epicureo, che doveva credere che i veri dei

ha dunque alcun fondamento, come la paura della morte, poiché questa

vivessero separati dagli uomini e indifferenti alla sorte di questi ultimi,

non è che il disgregarsi degli atomi di un corpo, compresi quelli più

così come l’evocazione del giardino dei Beati può apparire incompatibile

sottili e incandescenti dell’anima e della mente, e quindi mera sensibilità

con una dottrina che nega l’immortalità dell’anima. Probabilmente tutta

(anaisthesía). Il vero sapere è sapere dei principi, e solo esso è il

la decorazione doveva funzionare come un’allegoria e fornire

fondamento di un’etica della serenità. Come afferma Epicuro4 si tratta

l’immagine della beatitudine, dimostrando che la possibilità per gli

di rifuggire dal mito, insieme alla conoscenza della vera natura della

uomini di accedervi era sopraggiunta all’epoca e nel contesto che resero

morte e degli dei, si richiede anche quella dei propri desideri, del piacere 54


Letteratura e filosofia

e del dolore: il fine della vita beata è la privazione del dolore fisico e di quello morale (aponía e ataraxía). Tali piaceri privativi, naturali e necessari, sono detti da Epicuro catastemetici o della fermezza d’animo (katástasis). Collegato al peristilio della villa, in un punto che dominava sul mare, si trovava un belvedere evocativo del prologo del II libro del De rerum natura in cui Lucrezio compara il piacere effimero che c’è nell’assistere al naufragio di altri quando si è al riparo sulla riva e alla beatitudine stabile che si può guadagnare occupando i “templa serena” della filosofia.

ELISA ZIMARRI Cicerone, In Pisonem, 68-69, in Opere, vol. I., L. Ferrero, N. Zorzetti (a cura di), Utet, Torino 2009, pp.108-110. 2 G. Sauron, Il volto segreto di Roma, Jaca Book, Milano 2009, pp. 63-97. 3 Lucrezio, De rerum natura, II, 655-660, in La natura delle cose, I. Dionigi (a cura di), Bur Rizzoli, Milano 1994 pp.138-140. 4 Epicuro, Ad Pythoclem Epistilam, 3, 104, in G. Arrighetti, “Epicuro. Opere”, Einaudi, Torino 1960, pp.280-281. 1

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Libri in discussione

LA CONTRADIZION CHE SOL CONSENTE

L

riconosce la verità. Il senso in cui la contraddizione non è più regula falsi, bensì regula veri, è stato oggetto di un lungo dibattito tra gli interpreti di

a contraddizione non è certo un tema tra gli altri quando si

Hegel, dibattito che negli ultimi decenni si è ulteriormente esteso grazie

discute di filosofia. Se il testo fondativo dell'ontologia occidentale,

al ravvivato interesse dei filosofi di area anglosassone per diversi aspetti

il libro IV della Metafisica di Aristotele, pone in stretta relazione la

della filosofia hegeliana, tra cui la logica.

possibilità di istituire una filosofia prima e l'esistenza del cosiddetto

In questo contesto, il libro di Michela Bordignon ha un doppio

Principio di non-contraddizione (d'ora in avanti PNC), l'intera

merito. Da un lato fa il punto su una controversia storiografica che

tradizione filosofica successiva si è sviluppata a partire da questo nesso,

interessa gli interpreti almeno da subito dopo la morte di Hegel. La

per accordo o per contrapposizione. Il monito aristotelico è noto: la

domanda, come sempre, è quale sia la portata effettiva della accettazione

contraddizione non è né reale né pensabile, ma sussiste solo nell'ambito

hegeliana della contraddizione. Se il vero scandalo della nuova dialettica

del discorso. In seguito a questa posizione, “contraddittorio” è diventato

è l'ammissione di ciò che da sempre era stato per eccellenza considerato

– già nel discorso aristotelico – pressoché sinonimo di “impossibile”,

impossibile, allora occorre domandarsi se ciò implichi – e in che misura

facendo da contrassegno a ciò che di per sé è massimamente distante

– un effettivo allontanamento della formulazione aristotelica del PNC. Il

dalla verità. Da qui l'importanza centrale del PNC, strumento della

lavoro di Bordignon fa luce sulla questione ricorrendo a tutta la

verità nella misura in cui aiuta a riconoscere ciò che certamente non può

letteratura critica disponibile fino a oggi, discutendo comparativamente

essere verità, ponendo al pensiero il compito di dimostrare la falsità di

diverse tradizioni critico-storiografiche e bilanciando il peso e la

ciò che si mostra all'esperienza sotto la veste della contraddizione.

rilevanza delle diverse proposte di soluzione.

Il pensiero di Hegel, come è noto, non rinuncia alla centralità della

Il punto di partenza del discorso, in particolare, sono le

contraddizione rivendicata da Aristotele. Tuttavia, se nella dialettica

interpretazioni “metaforiche” e quelle “coerentiste” della dialettica

aristotelica la contraddizione serve a confutare il falso, nella dialettica

hegeliana, ovvero quelle letture che rifiutano l'effettiva natura

hegeliana la contraddizione diventa il cuore di un discorso che ne

contraddittoria di ciò che Hegel presenta come contraddizioni, oppure –

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Quaderni della Ginestra

pur riconoscendo che le contraddizioni presentate da Hegel sono

può essere ridotta nel sistema hegeliano alla contraddittorietà della

effettivamente tali – le relegano alla dimensione dell'intelletto astratto,

prospettiva dell'intelletto rispetto a qualcosa di esterno rispetto a esso,

individuandole dunque come un errore dal quale la dialettica hegeliana

ma va individuata al contrario in una forma specifica di autoriferimento

dovrebbe invece salvare il pensiero. Secondo queste due letture, di fatto,

della negazione, attraverso la quale ogni singola forma è in se stessa

Hegel avrebbe, da un lato, semplicemente voluto negare il PNC

contraddittoria. Questo è precisamente il caso di quegli aspetti – l'essere

aristotelico senza effettivamente riuscirci, dall'altro avrebbe invece

finito, il divenire, il limite – che le interpretazioni coerentiste mancano

intrapreso con successo un'operazione di radicalizzazione del PNC

spesso di prendere esplicitamente in contraddizione.

stesso, salvandolo dalle contraddizioni di quell'aristotelismo per difetto

Il problema della negazione, ovviamente, è di centrale importanza

che aveva trasformato il “principio più saldo” in un qualcosa di

nel discorso: se Hegel deve essere riconosciuto come un effettivo

meramente formale.

negatore del principium firmissimum, allora la negazione alla base del suo

L'analisi di Bordignon non nega il valore di queste interpretazioni,

concetto di contraddizione deve conservare i caratteri necessari a non

riconoscendo anzi che il discorso hegeliano spesso si riferisce alla

stravolgerne il senso rispetto al discorso aristotelico. L'autrice individua

contraddizione alludendo alla dimensione del semplice conflitto, e che

in particolare il carattere dell'esclusività, seguendo in questo una

da un certo punto di vista la dialettica hegeliana è effettivamente –

strategia diversa rispetto a quella di alcuni interpreti di Aristotele (si

anche nella sua dimensione genetica, se si pensa alla redazione jenese del

pensi, ad esempio, allo Jan Łukasiewicz critico del PNC). Allo stesso

sistema – una critica alla contraddittorietà delle posizioni dell'intelletto

modo è essenziale il rifiuto dell'equivalenza tra negazione determinata e

astratto. Eppure queste letture non sono sufficienti: soprattutto, l'autrice

incompatibilità

rileva come non sia possibile in Hegel tenere separate la dimensione

L'interpretazione della negazione assoluta come una struttura

dell'intelletto e quella della ragione, senza ammettere che la

contraddittoria è problematica ed è stata a lungo oggetto di dibattito e

contraddizione non riconosciuta e rifiutata dall'intelletto è la stessa che la

appare ancora oggi controversa, ma certamente l'analisi dell'autrice

ragione accetta e impara a sostenere. La contraddizione, inoltre, non

rende conto dell'esigenza di riconoscere la contraddizione come un

materiale,

proposta

da

Robert

Brandom.

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Libri in discussione

elemento interno a ogni singola forma logica, e non come un semplice rapporto contraddittorio tra forme distinte.

motore di ogni singolo passaggio logico, dalla triade iniziale fino all'Idea. La trascategorialità della contraddizione non è dunque una semplice

La proposta di Bordignon, dunque, è di individuare nella dialettica

circostanza, un dato più o meno registrabile nel corso della lettura:

hegeliana una forma ante-litteram di quella posizione dialeteista oggi

essendo al centro stesso della struttura che fa da fondamento a ogni

difesa da filosofi come Graham Priest, la cui tesi centrale è che la

passaggio, la contraddizione ha una natura trascendentale, in quanto è

contraddizione è reale ma non onnipervasiva. La realtà prevede delle

condizione di possibilità dello stesso darsi del movimento in cui il

contraddizioni, ma non ogni contraddizione è vera, per quanto –

pensiero consiste. Invece di essere semplicemente il limite esteriore della

contrariamente

la

verità, la contraddizione è – in questa lettura – ciò che soltanto rende

contraddizione sarebbe impensabile – il discorso hegeliano viri

possibile il darsi della verità in quanto tale: essa è, si potrebbe dire,

decisamente verso l'idea che la contraddizione sia l'oggetto privilegiato

condizione necessaria ma non sufficiente della verità, in quanto ogni

dell'esperienza e del pensiero.

verità è in quanto tale contraddittoria, ma non ogni contraddizione è in

all'affermazione

aristotelica

secondo

cui

Qui emerge il secondo merito del testo. L'autrice mette in luce con

quanto tale vera.

chiarezza e in modo approfondito la centralità della contraddizione

L'autrice evidenzia questo tratto rilevando, al tempo stesso, le diverse

all'interno del discorso hegeliano. Se è vero, come ho scritto all'inizio,

modalità con cui la contraddizione opera nelle varie fasi, a partire dalla

che la contraddizione non è un tema, ma è il tema tanto della filosofia

triplice distinzione tra passaggio, riflessione e sviluppo. In questo modo,

prima quanto, nello specifico, della dialettica, allora non sorprende che

la centralità della contraddizione è messa in luce chiaramente nel

un'analisi attenta come quella di Bordignon si traduca naturalmente in

proprio nesso essenziale con la dinamica interna di ogni sezione della

una lettura complessiva della filosofia prima hegeliana, ovvero della sua

Logica. L'aspetto dirimente, dunque, è l'esigenza di guardare solo a

Scienza della Logica. In prima battuta, la contraddizione viene individuata

quelle contraddizioni prodotte necessariamente nella dinamica interna

come elemento transcategoriale dell'intero impianto logico: pur essendo

dello sviluppo logico: questo nesso tra necessità e contraddizione lascia

tematizzata all'inizio della Logica dell'Essenza, la contraddizione è infatti il

emergere quell'idea di “incontraddittoria contraddittorietà” che era stata

59


Quaderni della Ginestra

suggerita da Franco Chiereghin, e che costituisce forse la posizione più

opposto rispetto a quello aristotelico, ma affine nello spirito e nel fine.

vicina a quella dell'autrice. Ciò che emerge nel corso della trattazione è il tentativo, da parte di

ALESSANDRO DE CESARIS

Hegel, di elaborare un modello razionale ma al tempo stesso dinamico, capace di pensare il movimento e non il mosso, il divenire e non il

Michela Bordignon, Ai limiti della verità. Il problema della contraddizione nella

divenuto, il finire e non il finito. Per questo l'autrice scrive, concludendo,

logica di Hegel, ETS, Pisa 2015, pp. 232.

che la contraddizione appare al tempo stesso come regula veri e regula vitae: se proprio la vita è uno dei punti culminanti dello sviluppo categoriale, la logica hegeliana appare il tentativo radicale di fondare una ontologia dinamica, che permetta di comprendere il vivente nella propria intima motilità. Questo progetto sembra articolarsi, al tempo stesso, nella forma di una ontologia della negazione che non è in nessun modo una ontologia negativa – ovvero una teoria dell'ineffabile in cui classicamente ha preso forma un certo modo di riconoscere l'insufficienza del PNC –, ma piuttosto un superamento della dimensione del dato immediato nel tentativo di pensare il mondo non come una collezione statica di cose e fatti, bensì come una struttura di nessi dinamici, all'interno della quale la natura del finito sia al tempo stesso distinta da quella dell'assoluto e conservata nel proprio diritto. L'ontologia hegeliana della contraddizione, in conclusione, potrebbe apparire come un ulteriore tentativo di salvare i fenomeni, di segno

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Libri in discussione

IL RISVEGLIO DEL RICCIO

Q

stesso sottotitolo del libro: “l'appiattimento del valore sul fatto, della norma sulla normalità, del diritto sulla forza”. Al termine di questo

uella che Roberta de Monticelli porta avanti nella sua più

capitolo, De Monticelli avanza due tesi circa l'origine del male pubblico:

recente opera Al di qua del bene e del male è una riflessione attenta

l'erosione dell'idealità, con tutto ciò che questo comporta, ovvero, la

e minuziosa su uno dei più grandi problemi che affliggono la

cessazione del dualismo tra ideale e reale, che è anche la principale

contemporaneità. L'autrice si interroga, infatti, su un fenomeno

risorsa che può spingerci a cercare di riprodurre l'ideale nel reale e la

dilagante all'interno delle nostre società e, in particolare, all'interno della

conseguente accettazione di una normalità cinica; e l'atrofia

società italiana, ovvero su quale sia l'origine del male pubblico.

dell'esperienza di valore, tema al quale vengono dedicate le restanti

Telegiornali, quotidiani, radio e internet ci mettono quotidianamente al

pagine. “Dov'è Socrate?” si chiede e ci chiede l'autrice, perché Al di qua

corrente di grandi ingiustizie, sprechi e distruzioni eppure, come ci fa

del bene e del male non è una semplice opera di divulgazione, non è un

notare l'autrice, nulla di tutto questo riesce a scuoterci dal nostro stato di

dito puntato verso i ceti dirigenti, non è una constatazione di una realtà

apatia. Non le statistiche che danno l'Italia come prima in Europa, nel

di fatto, ma è un'autoaccusa che dovrebbe risultare propedeutica a

G7 e nell'intero Occidente per corruzione percepita, non gli scandali di

scuotere dallo stato di torpore e di indifferenza ogni singolo lettore.

associazione mafiosa che coinvolgono le più alte cariche dello Stato, non

Dov'è Socrate? Dov'è l'idealità? Secondo l'autrice, Socrate è latitante

la costante e consapevole distruzione dell'ambiente. É un'erosione

nelle nostre esperienze sociali, politiche, ma anche domestiche, perché

dell'idealità, così la definisce De Monticelli nel titolo del quarto

siamo stati proprio noi, uomini del XXI secolo, filosofi, educatori e

paragrafo del primo capitolo, intitolato, in modo evocativo “Unde

cittadini a prenderne le distanze, abbiamo smesso di ricalcare le orme

malum?”. Siamo talmente immersi in una realtà cinica, che non ci

del grande filosofo greco, di andare alla ricerca del vero, anche

accorgiamo di ciò che questo significa, ovvero che l'illegalità e

interrogando faccia a faccia il nostro prossimo circa le sue affermazioni,

l'immoralità sono divenute la prassi, l'abitudine, la norma. E allora, alla

proprio come faceva Socrate ad Atene, per limitarci ad associare idealità

domanda preliminare circa la genesi del male pubblico risponde lo

ed eredità culturale. Ma se davvero l'idealità corrispondesse all'eredità

61


Quaderni della Ginestra

culturale, allora non potrebbero esserci valori di riferimento condivisi, in

avvalersi per favorire un rinnovato interesse verso la ricerca del valore?

quanto ogni gruppo etnico, religioso, nazionale, linguistico e politico

“É questione anzitutto di aiutare al risveglio cognitivo. Di aiutare a

avrebbe i propri e, spesso, questi valori risulterebbero incompatibili con

vivere [...] il piccolo, lento, muto riccio che cammina in noi attaccato a

quelli altrui. Sulla scia del pensiero di Ronald Dworkin, che viene

questa terra [...] Primariamente è una questione di conoscenza”.

definito “il massimo filosofo del diritto contemporaneo e il più noto

L'autrice sembra suggerire che oggi più che mai questa modernità,

esponente

invece

questa società dell'innovazione e della tecnica necessiti di una profonda

un'integrazione dei valori e una loro armonizzazione. Il dibattito circa il

riflessione sui valori cardine che fondano le nostre vite. Oggi più che

pluralismo dei valori e della loro possibile integrazione viene

mai abbiamo bisogno di filosofi, di ricci. Prima che il nostro patrimonio

esemplificata, nella filosofia del diritto contemporanea come la lotta tra

culturale e storico sia irrimediabilmente compromesso, prima che la

il riccio e la volpe. La volpe sa molte cose, non ha un valore di

corruzione si sia portata via tutto, prima che il malaffare diventi la prassi

riferimento che la spinga a perseguire questo o quello scopo, anzi,

c'è bisogno di un risveglio delle coscienze perché “la questione

ammette una pluralità di valori soggettivi e di cui non ha senso

importante è semmai come sia possibile l'apatia, l'indifferenza, la

interrogarsi circa la loro verità. Il riccio, invece, sa solo una cosa, ma

cancellazione stessa dello choc emotivo di fronte a certi aspetti del male

grande, ovvero riesce a sviluppare una visione centrale, un sistema, cui

comune che gridano vendetta al cielo”.

del

neo-costituzionalismo”,

l'autrice

auspica

tutto può essere ricollegato. Ed è proprio al riccio che De Monticelli ci invita a rifarci per tentare, così, di reintrodurre un sistema di valori che

GIULIA COSTI

in questa società del cinismo e della “disperanza” sono stati prima relativizzati e poi svuotati di quei significati capaci di scuotere il cittadino e a portarlo a chiedere ragioni, proprio come Socrate ci ha

Roberta De Monticelli, Al di qua del bene e del male, Einaudi, Torino 2015, pp. 258.

insegnato a fare. Come possiamo fare a invertire questa tendenza? Quali sono gli strumenti di cui gli educatori e i filosofi di oggi possono

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Libri in discussione

LA CRITICA COME ESERCIZIO ETICO DI LIBERTÀ. IL DISPOSITIVO VITTIMARIO SECONDO D. GIGLIOLI

I

l’autonomia etica di ogni individuo, la cui forma è rappresentata dalla propria libertà. I retaggi sono essenzialmente due, l’uno kantiano, l’altro nietzscheano. Il primo si trova nella Risposta alla domanda che cos’è

l titolo che Giglioli affida al suo lavoro è facilmente fraintendibile se

l’Illuminismo del 1784, in cui si descrive l’identikit di un atteggiamento

non si focalizza l'attenzione sul sottotitolo, il cui richiamo all'etica

filosofico critico, cioè un atteggiamento su cui fondare la soggettività

rassicura anche il lettore non troppo abituato a rimandare a memoria il

resistente al modello governamentale di un pensare e di un agire che è

lascito di Michel Foucault: praticare un'ontologia storica del nostro

proprio del XVI secolo. L’altro, invece, risiede nell’inattualità con cui

presente.

Nietzsche definiva se stesso e i filosofi dell’avvenire, esponenti di un

È un esperimento con un'etica dalle trame foucaultiane, quello dell'autore, riconoscibile in una scrittura che si propone come “critica”

momento critico che non è causa bensì effetto di costante rovesciamento di relazioni di potere e discorsive.

di un paradigma che fonda uno dei discorsi di potere che più

In tre capitoli molto condensati, il libro di Giglioli affonda le mani in

caratterizzano il presente, quello della vittima. È bene precisarlo

quello che negli ultimi anni è stato un tema molto presente in Francia –

immediatamente, a scanso di equivoci: i bersagli sono il paradigma

si pensi a Todorov e a Girard, fino al conio della felice espressione

vittimario e uno sfruttamento del vittimismo tali per cui sia possibile da

“concorrenza delle vittime” di Jean-Michel Chaumont – ma pressoché

una parte ammantare di legittimazione le “false coscienze” dall’altra

assente in Italia. Nel primo capitolo, l’autore traccia una “sintomatologia

vestirne i panni consapevolmente e opportunisticamente - e non, allora,

del fenomeno” ricostruendo un contesto che ha reso possibile

una qualche rivalsa di dubbio gusto verso gli ultimi, verso quanti

trasformare le vittime in eroi del nostro tempo. Imbevuto della teoria di

soffrono o hanno sofferto.

Agamben, Badiou, Žižek, Rancièr e Butler, l’autore rintraccia la pietra

Dalla “scatola degli attrezzi”, Giglioli raccoglie due concetti filosofici

miliare di questa trasformazione nel dispositivo testimoniale della Shoah

fondamentali – critica ed etica – e li applica al nostro presente.

– il che aprirebbe tutta una strada, a mio avviso, di una critica al

Foucaultianamente, la critica è un esercizio di vita che caratterizza

testimone e al concetto di testimonianza che, forse, non siamo ancora

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Quaderni della Ginestra

pronti ad accogliere.

aveva già avvertito la storica Wieviorka. Fra il Processo di Gerusalemme ad Eichmann del 1961 e la Guerra dei Sei Giorni del 1967, il testimone

«La vittima è l’eroe del nostro tempo. Essere vittime dà prestigio,

della Shoah diviene non solo l'unico portatore di verità su quella

impone ascolto, promette e promuove riconoscimento, attiva un

“vacanza morale” del Nazismo, ma soprattutto l'unico portatore di

potente generatore di identità, diritto, autostima. […] Come potrebbe la

memoria, la quale, rispetto alla storia, “è soggettiva, intima, vissuta, non

vittima essere colpevole, e anzi responsabile di qualcosa? Non ha fatto,

negoziabile, autentica se non vera a prescindere: assoluta proprio perché

le è stato fatto. Non agisce, patisce. Nella vittima si articolano mancanza

relativa” e, non in ultimo, “configura un rapporto col passato di tipo

e rivendicazione, debolezza e pretesa, desiderio di avere e desiderio di

inevitabilmente proprietario”. Il copywriting della memoria concede dei

essere».

lussi non indifferenti perché, complice un facile populismo, contribuisce a coltivare un risentimento – legittimato dal pensiero di essere in credito

Il paradosso è servito. Le vittime si trasformano, attraverso un

verso la Storia, il Destino, Dio – contro un qualsiasi nemico esterno. La

processo di auto-legittimazione e aiutate dalla “macchina mitologica”

Shoah da evento silente e imbarazzante diventa una trionfalistica

che Giglioli mutua da Jesi, in catalizzatori di crediti verso una memoria

occasione di memoria e, sostiene Giglioli, una vera e propria “religione

collettiva di cui si fanno gelosi custodi, alimentando il peso della colpa e

civile”.

del debito che chiunque ha potenzialmente maturato nei loro riguardi – ai danni delle vere vittime trincerate nel silenzio.

L’ultimo capitolo svela il compito del buon critico, cioè un “interprete di sintomi, ma non […] un medico che diagnostica né un

Nel secondo capitolo, l’autore traccia una “genealogia della

chirurgo che amputa” e delinea l’identikit di una “vittima perfetta”: in

modernità” nella quale impera il “mestiere della critica”, ovvero il

primo luogo, “la vittima promette identità”, ed è quindi uno stagno

discernere, in particolare, le narratologie vittimarie. Il primo momento

felice in cui tutti possiamo riflettere un luogo in cui crogiolarsi della

che ha partecipato alla costruzione del paradigma vittimario affonda

propria impotenza, o meglio, mancanza di agency. In secondo luogo, “la

non casualmente le radici nel trionfo dell'era del testimone, come ci

vittima garantisce l’innocenza”, poiché nella meccanica mitologica quella

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Libri in discussione

vittimaria è “la reazione a una prassi sentita costitutivamente come colpa”. In terzo e ultimo luogo, sussiste un immancabile storytelling che sorregga la retorica vittimaria, necessario per instaurare con un pubblico un’empatia profonda. Il libro di Giglioli andrebbe letto, in questo senso, insieme a quello di Elena Loewenthal, Contro il giorno della memoria (ADD Editore, Torino 2014), in uno di quei giorni che le lois mémorielles hanno consacrato alla retorica commemorativa costituita ormai da un canone ritualizzato irrinunciabile in ogni giornata dedicata al ricordo di qualcun altro: chi si appropria delle parole delle vere vittime, oggi, deve essere consapevole di rivestirne automaticamente l'autorità, rispondendo “io” al “Chi testimonia per il testimone?" di Celan, con una pericolosa presa di potere.

SILVIA FERRARI D. Giglioli, Critica della vittima. Un esperimento con l’etica, Nottetempo, Roma 2014, pp. 124.

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