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REDAZIONE

Direttori: Valeria Bizzari, Timothy Tambassi. Vicedirettore: Anna Maria Ricucci. Redazione: Valeria Bizzari, Antonio Freddi, Giulia Lasagni, Sandra Manzi-Manzi, Giacomo Miranda, Teresa Paciariello, Lavinia Pesci, Corrado Piroddi, Anna Maria Ricucci, Timothy Tambassi. Collaboratori esterni: Marco Anzalone, Simona Bertolini, Mara Fornari, Donatella Gorreta, Federica Gregoratto, Francesco Mazzoli, Giovanna Maria Pileci, Marina Savi, Cristina Travanini. Direttore responsabile: Ferruccio Andolfi.


SOMMARIO

Figure dell’individualismo..............................................................................................................................................p. 4 I limiti del contrattualismo. Efficienza e capacità dell’individuo tra John Rawls and Martha Nussbaum di Ilaria Resto...........................p. 5

Meditazioni filosofiche..................................................................................................................................................p. 26 The Self in Schizofrenia di Mads Gram Henriksen e Josef Parnas..................................................................................................p. 27 Individuo e società.: il fissarsi di regolarità sociali nell’individuo secondo l’opera di Philip Pettit di Guido Seddone................................p. 34

Cinema e filosofia .........................................................................................................................................................p. 42 «Belief in the existence of other human beings as such is love». The individuality and reality of persons in Andrei Tarkovsky’s «Solaris» di Jaakko Vuori.....................................................................................................................................................................................................p. 43


Arti e filosofia...............................................................................................................................................................p. 52 Fight Club. Metafisica e illusione di Elisa Zimarri...............................................................................................................................p. 53

Didattica e filosofia......................................................................................................................................................p. 60 La mia realtà: tra l’io e il mondo di Filippo Chiappari........................................................................................................................p. 61

Libri in discussione....................................................................................................................................................p. 64 Viaggio verso l’Utopia di Emma Nanetti..............................................................................................................................................p. 65 Una critica immanente e trasformativa delle forme di vita di Eleonora Piromalli....................................................................................p. 68 Evoluzione, matematica, mondo di Alessandra Sofisti...........................................................................................................................p. 71



Figure dell’individualismo

I LIMITI DEL CONTRATTUALISMO. EFFICIENZA E CAPACITÀ DELL’INDIVIDUO TRA JOHN RAWLS E MARTHA NUSSBAUM

dei disabili. La cornice teorica, quindi, è ben lontana dall’essere marginale o, peggio ancora, accessoria, in quanto al suo interno si apre uno spazio d’intersezione e confronto tra discipline che rispecchiano,

S

ciascuna con un metodo e finalità specifiche, la complessità econdo una forma di riduzionismo oggi ancora prevalente nel

dell’argomento.

linguaggio comune, parlare di disabilità vuol dire riferirsi

Nel presente lavoro mi concentrerò anzitutto sul capability approach,

all’inabilità di fare qualcosa. Alla vaghezza sottesa a questa concezione

originariamente sviluppato da Amartya Sen come punto di convergenza

fa riscontro, del resto, l’assenza di consenso sulle condizioni della

di tesi economiche attinenti al welfare, alla povertà e alla diseguaglianza,

disabilità stessa, su una sua definizione univoca e sui criteri più idonei –

e ripreso da Martha Nussbaum. Mostrerò, in un secondo tempo, come

e possibilmente altrettanto univoci – per misurarla. Non si tratta

appunto l’approccio basato sulle capacità accentri il discorso sull’uomo

neppure di una questione riservata al solo ambito della medicina1, bensì

e sui diritti connessi alla sua dignità e prenderò in esame, attraverso una

investe in maniera certamente non marginale la politica, le scienze

panoramica generale su due capitoli de Le nuove frontiere della disabilità, il

sociali e la filosofia. La disabilità, infatti, è stata descritta adottando una

contributo della stessa Nussbaum a completamento e correzione delle

pluralità di prospettive e in relazione ad altrettanti contesti di significato,

tesi di John Rawls.

attraverso un alternarsi di definizioni operazionali – funzionali in ambito clinico o ai fini di programmi amministrativi – e formulazioni teoriche

1. Il capabilities approach come teoria della giustizia

che, tracciando un bilancio degli ultimi decenni, non si sono affatto

Sen attribuisce alla sua concezione della giustizia il nome di capabilities

rivelate un mero esercizio retorico: anche la minima modifica

approach con un riferimento esplicito, seppur prevalentemente limitato

concettuale della definizione, o dei suoi termini, ha implicato

alla terminologia, alla concezione aristotelica del bene come capacità

conseguenze sensibili a livello di scelte politiche, atti legislativi e

dell’individuo di realizzarsi in quanto tale. Tale teoria delle capacità, pur

programmi d’intervento, condizionando inevitabilmente la qualità di vita

inserendosi nell’orizzonte del pensiero liberale e democratico, si

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Quaderni della Ginestra

caratterizza – rispetto ad altre teorie concorrenti – come un tentativo di

attivo di un contesto sociale e culturale che la identifica, e non tale da

estendere la sua portata oltre i confini stessi dello stato-nazione liberale.

godere di un benessere commisurato soltanto alla quantità di beni

Solo l’idea della libertà come capacità della persona di mettere in atto la

posseduti. I diritti stessi di cittadinanza, definiti da Rawls come capacità

vita che ritiene degna di essere vissuta, avendo a disposizione una

di esercitare il proprio ruolo di cittadino nella democrazia costituzionale,

molteplicità qualitativa e non solo numerica di possibilità rilevanti, può

vengono intesi da Sen come diritti della persona di essere libera di

rendere ragione della fondamentale assunzione liberale dell’eguaglianza

scegliere di stare bene. Il modello normativo di eguaglianza di benessere

morale degli individui. La formula elaborata da Sen supera così le

può essere perciò considerato un progetto globale di teoria della

soluzioni tradizionali, generalmente di tipo paternalista, al problema

giustizia, identificando nei diritti scopi da realizzare.

dello svantaggio naturale e sociale in termini di quantità di beni

All’interrogativo “eguaglianza di che cosa?” può essere poi connessa

disponibili, focalizzando l’attenzione sull’estensione della libertà reale

la questione di quale libertà spetti a individui e gruppi degni di eguale

della persona, sulla sua capacità di scegliere di stare bene nel contesto di

considerazione e rispetto: la risposta è una concezione sostantiva del

vita.

bene, alla luce di un’idea di giustizia in cui sia centrale la diversità degli

Secondo l’economista indiano, per esempio, l’unica risposta

esseri umani, e che tenga conto della pluralità dei criteri di valutazione.

convincente alla domanda “eguaglianza di che cosa?” si deve sviluppare

La libertà è intesa come capacità dell’essere umano di esistere con

come una teoria della libertà intesa come capacità degli individui e dei

dignità e consapevolezza nella comunità in cui vive. Nonostante le

popoli di realizzare la vita ritenuta più degna di essere vissuta, in

perplessità che questa formula solleva per la sua vaghezza, Sen chiarisce

rapporto ad una visione globale dello sviluppo economico e sociale.

ripetutamente che l’idea di capacità non ha in sé alcun contenuto

Questo significa indicare un insieme di strategie di valutazione del

descrittivo né sostanziale, ma rimanda esclusivamente ad un insieme di

benessere delle persone, riconoscibile da una pluralità di individui. La

strategie di valutazione finalizzate a definire la qualità della vita di

prospettiva delle capacità collega la valutazione del benessere alla

individui e comunità, secondo l’esercizio della libertà di scegliere di stare

persona quanto al suo essere e quanto all’agire: persona come membro

bene.

6


Figure dell’individualismo

L’idea di capacità definisce la combinazione di diversi funzionamenti,

nella realizzazione del proprio progetto esistenziale, mentre la libertà di

dei “modi di essere e di fare” ritenuti di valore dalla persona: «Capacità è

agire concerne le opportunità concrete funzionali al perseguimento di

un insieme di vettori di funzionamenti che riflettono la libertà della

quegli obiettivi.

persona di condurre un certo tipo di vita o un altro»2. L’esercizio della

L’approccio delle capacità di Sen appare, in definitiva, come una

libertà si misura sulla base di confronti d’eguaglianza o disuguaglianza,

concezione dei diritti modellata a partire da un assunto fondamentale di

condotti con criteri diversi quali reddito, utilità, ricchezza, beni primari.

eguaglianza. Tali diritti sono “da realizzare” e riguardano gli individui e i

Nella sua teoria della giustizia, Sen specifica due motivi fondamentali

popoli nella loro capacità di progettare e tradurre in concreto le

della valutazione, dipendenti dai due aspetti cruciali dell’idea di persona

condizioni per una vita degna di essere vissuta.

morale: il benessere e l’agire. L’uno è di tipo individuale e presuppone che

Cadendo l’enfasi non soltanto sul riconoscimento delle libertà

la persona sia beneficiaria di un trattamento i cui interessi e vantaggi

formali dei cittadini, ma anche sulla libertà sostantiva di benessere, le

meritano la debita considerazione; l’altro è invece volto alla

capacità sono da commisurare al grado di realizzazione sociale della

realizzazione di progetti, obiettivi e fini che non dipendono dal

libertà di benessere e della libertà d’azione godute dai singoli. I diritti

vantaggio individuale, ed in cui la persona è agente e giudice, nonché

degli individui a realizzare le suddette libertà vengono identificati da Sen

responsabile delle sue azioni.

come scopi in grado di stabilire relazioni tra beni e persone. Se una

Per quanto riguarda il benessere, ancora, Sen distingue tra libertà di

persona può acquistare gli stessi mezzi di funzionamento di un’altra,

benessere e benessere propriamente detto. Il benessere invoca la qualità dell’essere

avrà a disposizione una possibilità almeno eguale di vivere bene. Se certi

e dell’agire degli individui e dei gruppi in rapporto ai beni a

diritti fondamentali non possono essere esercitati, si produce

disposizione, enfatizzando la capacità effettiva di usarli a proprio

un’esigenza di compensazione sociale. Sen, al riguardo, osserva che, a

vantaggio, mentre la libertà di benessere riguarda l’estensione della libertà a

parità di reddito e di ricchezza, una persona le cui capacità di acquisire

disposizione di ognuno di “scegliere di stare bene”. Simmetricamente si

funzionamenti fondamentali fossero inferiori a quelle normalmente

distingue tra agire e libertà di agire: l’agire individua i risultati già conseguiti

esercitate dagli altri, questa sarebbe legittimata a ricevere maggior

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Quaderni della Ginestra

sostegno. Si tratta dell’assioma debole di equità. In questo modo, il

2. I limiti del contrattualismo e le nuove frontiere della giustizia

diritto di un portatore di handicap ad accedere ad un maggior numero

Grazie al quadro appena delineato, è possibile ora sintetizzare i

di risorse non deriverebbe dall’inferiorità della sua funzione di utilità, né

capitoli che Nussbaum dedica al confronto con Rawls. È opportuno

dalla disponibilità inferiore di beni primari, ma dalla «deprivazione della

rilevare, in via preliminare, che gli argomenti addotti dalla filosofa

sua capacità di muoversi se non gli accade di avere più reddito o beni

prediligono il terreno della nozione di giustizia, in particolare della sua

specialistici al suo comando»3. I diritti come scopi assumono la forma di

elaborazione teorica e della pretesa ad essa sottostante: la fondazione,

diritti a certe capacità, focalizzando la relazione tra la persona e le

cioè, di una teoria liberale della giustizia medesima sul contrattualismo,

capacità a cui essa stessa ha diritto, definite in base alla tipologia della

una volta prese le distanze dalla tradizione utilitarista. Come

comunità in cui vive, ma anche di una visione complessiva di sviluppo.

efficacemente ha evidenziato Sebastiano Maffettone, il contrattualismo

Per come lo intende Sen, il processo di sviluppo dovrebbe essere

rawlsiano si ispira ai modelli classici rappresentati da Hobbes, Locke,

considerato come un processo di espansione delle capacità personali,

Rousseau e Kant, ma presenta elementi innovativi in termini di metodo

ovvero dei cosiddetti «titoli validi»4. L’approccio per intersezione

e contenuto: il metodo, prosegue Maffettone nella voce dedicata al

consente poi di identificare di volta in volta una mappa dei

filosofo politico americano presso l’Enciclopedia filosofica, «basato sulla

funzionamenti rilevanti, che possa condurre a selezionare modi di essere

ormai celebre ‘posizione originaria’, tiene conto delle più sofisticate

e di agire della persona adatti a valutarne le capacità indipendentemente da

teorie della scelta razionale che sono adoperate all’interno di un

quelle forme di funzionamento come i bisogni di base (fame, sete,

argomento etico normativo nell’ambito di una versione kantiana della

salute, ecc.), il grado di stima di sé della persona e il suo livello di

giustificazione»6; il contenuto, invece, riguarda la tesi della supremazia

integrazione sociale. La valutazione può cambiare a seconda del

della giustizia sull’efficienza, secondo una visione egualitarista che

contesto, ma non oltre un determinato limite dettato dalla capacità di

prevede che valori sociali come opportunità, libertà, ricchezza e

acquistare modi di fare e di essere che “normalmente” tutti possono e

fondamenti del rispetto di sé siano equamente fruibili per la collettività,

sono liberi di acquistare5.

a meno che la distribuzione non egualitaria di uno di essi ricada a

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Figure dell’individualismo

vantaggio dei più deboli. Il giusto risulta prioritario rispetto al bene7,

concezione del proprio bene; c. per quanto detto poc’anzi, individui

prospettiva peraltro coerente con l’orientamento liberale dell’autore e, al

capaci di un senso di giustizia. In queste condizioni, cui si aggiunge

tempo stesso, con la sua propensione ad enfatizzare la tematica

quella del velo di ignoranza circa il ruolo che spetterà a ciascun attore

dell’eguaglianza in maniera più marcata rispetto ad altri autori della

sociale, i principi di giustizia emergenti sono quelli che degli esseri

stessa corrente: «in sostanza, Rawls propone una sintesi tra mercato e

razionali accetterebbero in mancanza di interessi particolari, ovvero

democrazia orientata a favorire gli interessi degli svantaggiati,

quando contingenze sociali o naturali non intervenissero a creare

nell’ambito di una costituzione liberale basata sul primato di alcuni

diseguaglianze tra categorie svantaggiate e avvantaggiate.

diritti individuali fondamentali»8. Questa priorità, che in Una teoria della

Concentrando l’attenzione sulle parti del contratto sociale,

giustizia (1971) costituisce uno dei cardini del discorso rawlsiano, tende

operazione che Nussbaum compie nel terzo capitolo di Le nuove frontiere

quindi ad ancorare il perseguimento dell’utile e la realizzazione delle

della giustizia, si nota come un errore ricorrente accomuni i teorici

aspirazioni personali al concetto di right, tanto più quando i contraenti

moderni e contemporanei – dunque anche Rawls – del contrattualismo:

del patto o, altrimenti detto, le parti coinvolte nella posizione originaria

quello di non concepire i contraenti come esseri bisognosi, dipendenti

vedono sì nelle istituzioni nasciture uno strumento di realizzazione dei

gli uni dagli altri, bensì come razionalmente indipendenti, competenti e

propri fini, ma sempre in subordine alla giustizia. Quando Rawls

adeguati alle implicazioni morali e sociali del contratto. La gamma delle

descrive le parti nella posizione originaria ritiene “ragionevole” supporre

proprietà dei membri del futuro corpo sociale, secondo Nussbaum

che esse siano uguali, ovvero che tutti godano degli stessi diritti nel

lettrice critica di Rawls, si uniforma allo standard di una normalità

presentare istanze, nel sostenerle e nel cercare la loro approvazione a

artificiale. Nella posizione originaria, insomma, il presupposto di fondo

livello collettivo. La supposizione che segue immediatamente a questa

è che i cittadini siano «membri pienamente cooperativi per l’intero corso

forma di libertà d’espressione riguarda lo statuto dei contraenti: se

della vita»9, così che fattori di turbamento dell’equilibrio, tali cioè da

ognuno fa proposte e cerca di suffragarle razionalmente è perché gli

violare l’accordo cooperativo originario e le garanzie di vantaggio

esseri umani sono a. persone morali; b. individui dotati di una

reciproco, sono percepiti come estranei al patto e alla sua logica. Come

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Quaderni della Ginestra

rileva Nussbaum, David Gauthier ha parlato di “persone che abbassano

indefinitamente a ricevere. Tuttavia, i maggiori squilibri a danno della

il livello medio” riferendosi ai disabili, ossia a coloro i cui bisogni

distribuzione di ricchezza non dipendono tanto dall’anzianità dei

inconsueti e le cui menomazioni fisiche e psichiche infrangono gli

normodotati, nonostante l’aumento dell’aspettativa di vita, bensì dai

equilibri

teoria

disabili, ed è secondo Gauthier un mero eufemismo ritenerli capaci di

contrattualista. Da questo punto di vista, Rawls non fa eccezione, anzi,

vivere vite produttive, a fronte di una richiesta di servizi assistenziali che

Nussbaum rileva una forte somiglianza tra l’opinione di Gauthier e la

sarà sempre eccedente.

di

collaborazione

paritaria

postulati

da

ogni

“società ben ordinata” quale traspare dalle pagine di Una teoria della giustizia.

In reazione a Gauthier, e spostando sensibilmente il focus della polemica verso Rawls, Nussbaum sottolinea, in primo luogo, la

Già in apertura del suddetto capitolo Nussbaum propone esempi di

connessione tra bisogno di cura e giustizia. Sesha è una giovane dai

presunti “esclusi” dalla cooperazione sancita contrattualmente, quegli

modi gentili, affettuosa con i genitori, che sa apprezzare a suo modo i

“esclusi” cui apertamente rinviano le parole di Gauthier tratte da Morals

vestiti e la musica, ma – puntualizza Nussbaum – la paralisi cerebrale

by Agreement e offerte, in esergo, all’amara riflessione del lettore. Nella

congenita da cui è affetta, con ritardo mentale grave associato, le

citazione riportata dall’autrice, infatti, Gauthier sostiene che non è un

impedirà di condurre una vita in-dipendente, segnando, in larga misura,

problema la cura degli anziani, verso i quali il debito di gratitudine

il suo destino: «essere vestita, lavata, nutrita, portata a Central Park su

deriva da una vita di sacrifici a vantaggio della comunità di

una sedia a rotelle»10, costringendo i genitori a dispensarle continue cure

appartenenza: in questo caso, infatti, sarebbe riconoscibile un equilibrio

in prima persona o attraverso un’altra persona che si occupi di lei. Le

virtuoso tra i benefici apportati alla società in età lavorativa e quelli

figure assistenziali, poi, possono aumentare di numero quando Sesha è

richiesti una volta cessato il lavoro stesso. È doveroso precisare, tuttavia,

malata o, pur avvertendo dolore, non è in grado di localizzarlo con

che sulle dinamiche di tale equilibrio possono influire negativamente le

esattezza. La ragazza, pertanto, necessita di un livello “ordinario” di

terapie che allungano la vita, e che quindi turbano il meccanismo di

pratiche assistenziali cui si aggiungono interventi “straordinari”, ma le

compensazione tra quanto un uomo ha prodotto e quanto si appresta

condizioni per la sua fioritura, per il suo flourishing personale, non si

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Figure dell’individualismo

limitano a supporti come la sedia a rotelle o al responso degli specialisti:

debba prevenire.

«Per poter fiorire nelle sue potenzialità ha bisogno di amicizia e di

Di fronte all’handicap di Sesha, così come nel caso di Arthur,

amore e di vedere corrisposte le sue capacità di affetto e di piacere, che

ragazzo autistico ad alto funzionamento con sindrome di Tourette

sono il mezzo più efficace in suo possesso per porsi in contatto con gli

concomitante, e di Jamie Berubé, affetto da sindrome di Down, la

altri»11.

prospettiva dei teorici del contratto sociale si rivela deficitaria perché

La netta divergenza tra Gauthier e Nussbaum si può riassumere

radicalizza la razionalità dei contraenti fino a renderla, di fatto, un

intorno a due punti, in definitiva: a. la disabilità non rappresenta un

principio di esclusione. Per essere “decente”, e Nussbaum non usa

problema né dev’essere “misurata” in termini di pura produttività,

mezzi termini, ogni società dovrebbe farsi carico dei reali bisogni di tutti

giudicando chi ne è affetto al pari di un escluso, a priori, da livelli di

i cittadini, promuovendone lo sviluppo in un’ottica di integralità: dalla

efficienza socialmente attesi; b. la staticità dello stigma sociale sotteso

cura all’istruzione, dal rispetto di sé alle attività quotidianamente svolte,

alla posizione di Gauthier si scontra con il dinamismo del flourishing di

fino all’amicizia. Se, al contrario, la struttura di base della società è

Nussbaum, che riguarda da vicino il ruolo e la specificità delle capacità

immaginata come una comunità di uomini liberi, eguali e indipendenti,

personali. «Bambini e adulti con menomazioni mentali sono cittadini»12,

ciascuno idealisticamente proiettato verso la realizzazione di sé previa la

infatti, e dunque portatori di una specifica dignità e di diritti inalienabili,

collaborazione tra le parti, ecco che l’idealizzazione in questione anticipa

per cui anche la terminologia dovrà necessariamente adeguarsi al

e condiziona la realtà di “cittadini meno cittadini di altri”, parafrasando

rispetto delle caratteristiche del loro stato. Converrà perciò distinguere la

una nota espressione di George Orwell: «Tali teorie devono trattare le

“menomazione” come impairment o perdita delle normali funzioni

menomazioni mentali gravi e le relative disabilità come un problema in

corporee; la “disabilità” come impossibilità di fare qualcosa in un dato

seconda battuta, dopo che le istituzioni fondamentali della società sono

contesto; l’“handicap” in quanto svantaggio risultante, ovvero non

state progettate»13. Ne consegue che, secondo il contrattualismo classico

originario, il che rimanda alla convinzione radicata nella filosofa che,

e contemporaneo, «le persone con menomazioni mentali non sono, in

riguardo ai diritti di base, non la disabilità bensì l’handicap si possa e

effetti, fra quelle per le quali e in reciprocità con le quali le istituzioni

11


Quaderni della Ginestra

fondamentali della società sono strutturate»14, passo, quest’ultimo, in cui

tipologie di menomazioni, disabilità, bisogni e forme di dipendenza che

figurano e si intrecciano i concetti di strutturazione progettuale e

sperimentano i «normali» esseri umani, e quindi della stretta continuità

reciprocità, come a sottolineare che la razionalità astratta delle parti non

fra le vite «normali» e quelle delle persone con menomazioni

è garanzia a priori di equità, e dunque di giustizia.

permanenti. […] L’approccio delle capacità può fare di meglio:

Che Nussbaum stia pensando a Rawls prima ancora di chiamarlo direttamente in causa, è evidente dall’insistenza sull’inadeguatezza di ogni teoria della giustizia costruita a prescindere dalle vere necessità delle persone con disabilità, o che le includa in una considerazione vaga,

partendo da una concezione della persona come animale sociale, la cui dignità non deriva da una razionalità idealizzata, esso offre una concezione più adeguata della piena ed eguale cittadinanza delle persone con menomazioni fisiche e mentali e di quella di coloro che si occupano di esse15.

quando non timorosa della loro eccezionalità in negativo per gli equilibri del welfare. Vale la pena citare per esteso la pagina di Le nuove frontiere

Non si tratta quindi di un problema che colpisce una categoria

della giustizia, dove peraltro Nussbaum rimarca la specificità del capability

ristretta di “esclusi”, bensì invoca un orizzonte più esteso, quello della

approach non solo in quanto sensibilità alle esigenze autentiche del

giustizia sociale. In questo contesto sorgono due questioni “urgenti”,

soggetto con menomazione psichica o fisica, ma anche come garanzia di

secondo l’autrice: da un lato il trattamento equo dei disabili nella

esercizio di una cittadinanza completa ed eguale per tutti, disabili

prospettiva di una loro piena integrazione e della realizzazione della

compresi:

fioritura personale in condizioni idonee; dall’altro gli oneri che gravano su quanti assistono i disabili medesimi, quei “dipendenti” per eccellenza

Una teoria soddisfacente della giustizia umana richiede di

il cui accudimento impone un dispendio di risorse fisiche ed

riconoscere l’eguale cittadinanza delle persone con menomazioni,

economiche ancora privo di un giusto riconoscimento collettivo. Il

incluse le menomazioni mentali, e di supportare adeguatamente il compito di amare e di istruire queste persone, in un modo che si rivolga alle loro disabilità. Richiede, inoltre, il riconoscimento delle varie

disabile, infatti, non assorbe solo tempo e denaro direttamente, rimarca Nussbaum, ma incide anche, seppur in maniera indiretta, sulle attività lavorative di coloro che quotidianamente sono in prima linea nella loro 12


Figure dell’individualismo

assistenza: i quali, a loro volta, se pensiamo ai genitori di Sesha, non

invece, non dimentica la lezione humeana del patto alle condizioni

potranno non pensare alla vecchiaia loro e dei genitori, e quindi al

“normali” che rendono possibile e necessaria la cooperazione tra le

confronto inevitabili con nuove forme di dipendenza, più o meno

parti, ma integra – ibridamente, a detta di Nussbaum – Hume con Kant

pesante, in aggiunta a quella della figlia.

rivendicando l'aspetto dell'agire autonomo. Kant, argomenta Rawls,

Un importante corollario della seconda questione è la posizione

sostiene che un individuo agisce autonomamente quando i principi

sociale della donna. Se un tempo, nelle famiglie di stampo patriarcale, il

guida del suo agire sono scelti in quanto manifestazione più adeguata

lavoro di cura spettava alla moglie e madre in quanto scelta obbligata,

possibile della sua natura di essere razionale in cui sono coniugate

oggi, in una società di “liberi ed eguali” per citare il titolo di un saggio di

libertà ed eguaglianza. Se, al contrario, tali principi fossero assunti in

Nadia Urbinati, ci si aspetterebbe un margine ben più ampio di

funzione di una posizione sociale o di un certo assetto della società, di

autodeterminazione per le donne. In realtà, è ancora ben lontano

doti naturali particolari o delle preferenze più contingenti espresse dalla

dall’essere sradicato lo stereotipo che vincola la figura femminile alle sue

volontà, ecco che si produrrebbe un agire eteronomo. Il velo

mansioni tradizionali, per cui, a differenza dell’uomo, la donna deve

d'ignoranza priva le parti, poste nella posizione originaria, delle

dedicarsi per amore e gratuitamente all’assistenza dei più deboli in seno

conoscenze che le indurrebbero a scegliere secondo princìpi eteronomi,

alla famiglia, rinunciando forzatamente a mestieri full-time o ad

in modo tale che pervengano invece ad un accordo conforme a persone

aspettative di carriera.

razionali, libere ed eguali, conoscendo solo quelle circostanze che

Ma torniamo alle obiezioni a Rawls, che costituiscono la cornice

generano il bisogno di principi di giustizia.

teorica in cui si colloca il riferimento ai casi di Sesha, Arthur e Jamie

Ora, se la questione cruciale della filosofia politica è la specificazione

Berubé. Pur distinguendo aspetti ricorrenti, Nussbaum differenzia

delle modalità di cooperazione equa interindividuale, e se, come detto

Rawls dai contrattualisti classici: Hobbes, per esempio, è fautore di un

all’inizio del presente paragrafo, il contrattualismo rawlsiano mostra di

modello antropologico egoistico in cui la moralità risulta dalle restrizioni

non aver dimenticato le parti più deboli nella stipula del patto, ovvero

che interessano i contraenti all’atto della stipula del contratto; Rawls,

quelle esposte ai rischi più elevati di svantaggio una volta abbandonata

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Quaderni della Ginestra

la posizione originaria, è corretto, da un lato, riconoscere a Rawls, come

una riprogettazione dello spazio pubblico (rampe negli edifici, accessi

fa Nussbaum lucidamente, il fatto di aver tematizzato il problema

per sedie a rotelle sugli autobus, segnali tattili e così via) – non

dell’inclusione dei cittadini affetti da menomazioni gravi; dall’altro,

sembrano essere inclusi», ribadisce Nussbaum, «in questa fase iniziale,

tuttavia, il punto debole del pensiero del filosofo americano, su cui fa

quando si scelgono i principi politici fondamentali»16.

leva l’autrice, è la dilazione della questione stessa. Rawls, infatti, non

Può essere illuminante, a questo punto, passare in rassegna le aporie

sostiene che l’inclusione di persone come Sesha sia un tema di scarso

che Eva Kittay, madre di Sesha e frequente interlocutrice di Nussbaum

rilievo, ma ne rinvia la soluzione ad una fase successiva, a quando cioè i

in Le nuove frontiere della giustizia, ha rilevato in Rawls: a. La presenza di

principi politici fondamentali saranno stati stabiliti.

un’eguaglianza approssimativa fra le persone; b. la piena cooperatività

Nussbaum insiste sulla intenzionalità di questo rinvio. Non è un caso,

interindividuale come condizione idealizzata, al punto tale da far passare

insomma, che Rawls concepisca l’inclusione ex parte post e non ex parte

sostanzialmente in secondo piano la disabilità o, in generale, tutto ciò

ante. E non è neppure un caso il fatto che alla base di questa scelta si

che possa introdurre rapporti di dipendenza, a danno di una

ponga una concezione della persona pre-contrattuale ben delineata,

cooperazione equilibrata; c. il presupposto rigido della reciprocità tra

concezione che riporta direttamente alle considerazioni finora svolte:

eguali, ancora una volta indicato come fondamento della teoria

occorre una prospettiva nitida per individuare la domanda fondamentale

contrattualista; d. l’incompatibilità tra la nozione astratta di “bene

relativa alla giustizia politica, cuore della dottrina di Rawls, e questa

primario” e i bisogni reali di cura avanzati da individui altrettanto reali;

domanda, che di fatto traduce la giustizia stessa in termini di

e. il rapporto tra disabilità e godimento della libertà personale.

cooperazione sociale, prevede uno standard di normalità e di piena

Le conclusioni tratte a sua volta da Nussbaum delineando un

capacità cooperativa per tutta la vita. Quale posizione occupano, allora, i

bilancio generale della posizione rawlsiana in materia di disabilità sono

bisogni contrari alla cooperazione, tali cioè da ostacolarne la piena

le seguenti: a. la progettazione adeguata dei principi politici

realizzazione? «I bisogni inusuali dei cittadini con menomazioni e

fondamentali può avvenire escludendo le menomazioni “anormali”, non

associate disabilità – bisogni di uno speciale trattamento educativo e di

importa se psichiche o fisiche, permanenti o temporanee, e da qui

14


Figure dell’individualismo

consegue che tra i bisogni primari non rientrano quelli specificamente e

e non possono fare, ma si sottovaluta astrattamente un potenziale

realisticamente connessi alla disabilità; b. secondo una ben riconoscibile

viceversa concreto e produttivo:

simmetria semantica, “normale”, “tipico” e “cooperante” vengono a contrapporsi a “menomato”, “atipico” e “non cooperante”, valendo

Infatti, le persone con menomazioni di questo tipo possono di solito

peraltro l’assunto della non modificabilità del contesto sociale. Il

essere membri della società altamente produttivi nel senso economico

disabile, infatti, non coopera – sembra domandarsi l’autrice – solo ed

usuale, svolgendo una varietà di lavori ad un livello sufficientemente

esclusivamente perché è incapace di cooperare o perché è anche, e forse

alto, se solo la società modifica le sue condizioni di base al fine di

al contempo, impedito a farlo da ostacoli estranei alla sua menomazione? La massa astratta di uomini indifferenziati cui pensa Rawls, in ultima analisi, prescinde dalla tipologia delle disabilità da cui sono affetti, tralascia completamente, e colpevolmente, la gamma di

includerli. La loro relativa mancanza di produttività alle condizioni attuali non è «naturale»: è il prodotto di misure sociali discriminatorie. Le persone in sedia a rotelle possono spostarsi bene e svolgere il proprio lavoro, nella misura in cui gli edifici hanno le rampe, gli autobus hanno l’accesso adeguato, e così via. Le persone cieche possono

specificità connesse alle risposte individuali, soprattutto se favorite dalla

lavorare più o meno ovunque in questa epoca di tecnologia audio e di

connessione tra più agenti in un’ottica sistematica e, appunto,

segnaletica tattile, se i posti di lavoro includono queste tecnologie. Le

contestuale.

persone sorde possono essere avvantaggiate dalle e-mail al posto del

Prendiamo ad esempio cittadini colpiti da menomazioni fisiche. Un

telefono e da molte delle altre tecnologie visive — sempre a patto che i

sordo, un cieco o un disabile in sedia a rotelle non solo esulerebbero

luoghi di lavoro si strutturino in modo da includerle. Come è

dagli indici di produttività, ma addirittura rappresenterebbero fattori di

discriminazione sessuale non fornire alle donne il congedo di maternità,

abbassamento degli stessi. Nussbaum dimostra, invece, che qui è in

nonostante sia un fatto biologico che solo le donne rimangono incinte,

gioco una questione molto prossima a quelle di razza o genere, nel senso che non solo è operante lo stereotipo dell’equivalenza tra una categoria di individui e la distinzione artificiosa tra ciò che essi possono

15

allo stesso modo è una discriminazione contro le persone con menomazioni non fornire tali supporti per la loro produttività, anche se è un fatto biologico che solo loro ne avranno bisogno17.


Quaderni della Ginestra

Nussbaum ritiene, pertanto, di poter individuare tre ragioni profonde

rotelle possa guadagnare allo stesso modo di un normodotato,

che costituiscono il tessuto connettivo del discorso rawlsiano: in primo

nonostante le ridotte possibilità di movimento e, di conseguenza, il

luogo, pur affermando la priorità della libertà, nella dottrina dei beni

minor benessere dovuto alla difficoltà degli spostamenti. La proposta di

primari – cioè dei massimi desiderata cui possa rivolgersi la razionalità di

Sen, che focalizza l’attenzione sulle capacità, mira proprio a sostituire

un uomo libero – Rawls finisce per assolutizzare il reddito e la

queste ultime, evidenzia Nussbaum, all’elenco dei beni primari. Se Rawls

ricchezza; in secondo luogo, questa opzione garantisce certamente la

si mostra favorevole nei confronti di Sen, non è tuttavia altrettanto

possibilità di misurare le posizioni sociali relative in maniera lineare e

disponibile ad accoglierne la posizione fino in fondo, anzi, la respinge:

univoca, ma al prezzo di subordinare a due criteri – reddito e ricchezza,

in altre parole, sarebbe plausibile identificare i beni primari con capacità

appunto – una molteplicità di caratteristiche individuali che

multivaloriali, ma questo turberebbe l’univocità della misurazione delle

meriterebbero una posizione di primato senza essere sacrificate all’idea

posizioni sociali relative e delle indicizzazioni corrispondenti. Nella

della frequenza statistica della normalità; in terzo luogo, per quanto i

critica di Nussbaum a Rawls, quindi, è facile arguire come il cosiddetto

contrattualisti possano concedere che un disabile, ad esempio un sordo,

“problema delle disabilità/beni primari” sia centrale e faccia emergere,

corrisponda ad aspettative di produttività se posto in condizioni di

in tutta la loro gamma d’implicazioni, alcune incongruenze contenute in

lavoro idonee, lo stesso non vale per disabilità più gravi, che in ultima

Una teoria della giustizia: una di queste riguarda le basi sociali del rispetto

istanza fanno pendere il piatto della bilancia a favore di una valutazione

di sé, da Rawls ritenuto il bene primario più importante. Questa

complessiva e generalizzante dell’improduttività dei disabili stessi.

posizione apicale nella gerarchia dei beni trova il suo riscontro ultimo in

Quanto al primo punto, Nussbaum prende le distanze da

Kant, per il quale, in campo deontologico, il rispetto di sé apparteneva ai

un’equiparazione troppo rigida tra benessere, da un lato, e reddito e

moventi della ragion pura pratica, inclinando pertanto il singolo ad agire

ricchezza dall’altro, come a sottolineare il fatto che questi indicatori

in considerazione della pluralità delle persone e dei contratti sociali alla

sono ampiamente insufficienti nel rendere ragione di determinati

base delle istituzioni. Quando, tuttavia, Rawls si appresta a misurare lo

fenomeni sociali. Accade, infatti, che chi è costretto su una sedia a

status delle parti sociali meno agiate non è sul rispetto di sé che si

16


Figure dell’individualismo

concentra, bensì su reddito e ricchezza.

accetterebbero senza opporre resistenza. Basta ricordare che,

Entrambi gli indicatori, in fondo, sono implicati anche nel secondo

commisurati ai parametri di ricchezza e di reddito, ai costi dell’inclusione

punto, dove appare con particolare evidenza la tematica della normalità

– dalla facilitazione degli accessi ai luoghi pubblici ai supporti per ciechi

e dello standard di normalizzazione. Se per “normale” si intende ciò che

e sordi – può non corrispondere l’effettiva quantità di ricchezza

statisticamente ricorre con maggior frequenza, argomenta Nussbaum,

prodotta, il che ci riporta, ancora una volta20, ai requisiti del modello

qualunque anomalia funzionale temporanea devia dalla definizione

cooperativo e alla razionalità come principio che opera in funzione

stessa della normalità tout-court, pur risultando perfettamente normali i

normalizzante nel contesto delle relazioni pre- e post-contrattuali.

limiti fisici con cui si convive nel quotidiano o che vengono sperimentati

Il terzo punto, allora, si presenta come emanazione diretta del

occasionalmente. Un udito poco fine o un mal di schiena al lavoro non

secondo: se alcuni disabili possono essere integrati nel mondo del

restituiscono, a questo proposito, la normalità nella completezza della

lavoro tenendo conto del loro potenziale di produttività come fattore

sua nozione, ma nessuno sosterrebbe che siano condizioni anormali,

equilibrante della spesa pubblica per l’inclusione, altre forme di

anzi, proprio il posto di lavoro dovrebbe essere attrezzato per

menomazione fisica pregiudicano da subito qualunque idea di

rispondere alle esigenze di deficit “normali”. «La differenza rispetto alle

bilanciamento. Con questa aporia si misura il contrattualismo ibrido di

persone cieche e sorde e sulla sedia a rotelle è che non si provvede alle

Rawls: l’ispirazione kantiana21, che proviene dalla Critica della ragion

necessità tipiche delle loro abilità, perché sono menomati in modo

pratica, lo spinge, come detto, ad accordare la priorità della giustizia

inusuale»18, precisa Nussbaum, e l’organizzazione delle strutture sociali

sull’efficienza, a collocare il rispetto di sé al vertice dei beni primari, a

non è ancora in grado di soddisfare pienamente esigenze tanto

considerare ciascun uomo, indistintamente, come fine in sé; di contro, la

diversificate. Tuttavia «le cose cambiano quando è permesso loro», vale

cooperazione già postulata dalle teorie contrattualiste classiche mescola

a dire alle persone con le disabilità sopra indicate, «di competere su un

a questo substrato elementi humeani, ponendo le premesse perché

19

terreno di gioco che non sia in tal senso sfavorevole» , ma ancora non

l’interrogativo rawlsiano su che cosa sia dovuto ai membri non

si tratta, avverte la filosofa, di un cambiamento che i contrattualisti

cooperativi non possa ricevere un’agevole risposta.

17


Quaderni della Ginestra

Né una soluzione efficace può venire dalla benevolenza, intesa come

rappresenta una costante ancora più decisiva quando Nussbaum

l’atteggiamento di astensione dall’assumere un criterio di efficienza

introduce le disabilità mentali e ritorna sulla nozione di fine in sé

puramente economica. In questo caso, infatti, sarebbe più marcata

arricchendola di ulteriori spunti critici. L’assunto di base, infatti, è che

l’adesione alla posizione di Kant sull’uomo come fine in sé,

tutti i problemi in cui si è imbattuta la teoria rawlsiana rispetto alle

indipendentemente dal suo essere mezzo idoneo ad una certa

menomazioni fisiche valgano anche per quelle psichiche, con la

occupazione, e, per annesso, al mantenimento di un regime produttivo

differenza che i motivi kantiani addotti a sostegno dell’inclusione di

dettato dalle aspettative sociali. Si tratterebbe di un assunto, questo,

disabili fisici – il rispetto e l’essere fine in sé – divengono ora forieri di

lontano dalle esigenze del Rawls di Una teoria della giustizia, dove invece

complicazioni degne di nota. Se si riflette sulle vite non di ciechi, sordi,

prevale un’istanza di semplificazione, o meglio, obiettivi sociali

o di cittadini immobilizzati su una sedia a rotelle, bensì di Sesha, Jaime o

particolari come l’inclusio-ne cedono di fronte ai principi generali su cui

Arthur, emerge con immediata evidenza come nessuno di loro potrà

si accordano le parti nella posizione originaria. Se non dopo ma durante

risarcire le spese mediche, assicurative e relative all’istruzione, che sono

il processo di definizione di tali principi si aggiungessero ulteriori finalità

state sostenute a fronte della loro condizione; nessuno, in altre parole,

sociali moralizzate come la cura di bisogni speciali, quando non

potrà restituire l’equivalente dei costi sociali finalizzati alla cura e alla

altamente specifici, ciò entrerebbe in contrasto con il velo d’ignoranza e

soddisfazione di bisogni speciali. Come già ribadito a più riprese,

obbligherebbe ad un’ovvia riprogettazione della razionalità dei

nemmeno la versione più moralizzata del contrattualismo è in grado di

contraenti. E poiché allora solo dopo, cioè nella fase legislativa, le parti

nascondere questo aspetto, ma è proprio la malcelata preoccupazione

possono dedicare attenzione agli interessi dei portatori di disabilità, ne

per la spesa sociale, e le questioni ad essa connesse, ad impoverire il

consegue, secondo Nussbaum, che essi sono a margine del disegno

modello teorico precludendo almeno quattro vantaggi così presentati da

razionale di realizzare una giustizia sociale, ricevendo invece solo una

Nussbaum: a. la configurazione di un’idea di “utilità” non più in senso

considerazione benevola, appunto, ex parte post.

stretto, tale cioè da comprendere il rispetto della dignità dei disabili e

Il confronto con il retroterra kantiano del pensiero di Rawls

promuovere lo sviluppo del loro potenziale umano indipendentemente

18


Figure dell’individualismo

da parametri di rendimento astratti e arbitrari; b. la “lezione viva” che

laddove è posta la base della dignità e del rispetto della persona

proviene dalla disabilità e che invita i normodotati ad un incessante

propriamente detta; ma, soprattutto, laddove è posto il fondamento

esercizio del riconoscimento della dignità propria e altrui; c.

della differenza tra l’essere razionale in quanto fine e l’essere animale in

l’assunzione di una prospettiva antropologica corretta, ancorata ai limiti

quanto mezzo. Verso gli animali, peraltro, non si hanno doveri morali,

e alla debolezza della natura umana in generale, che induca chiunque a

perché il loro valore dipende strettamente dagli scopi che gli esseri

percepire la dignità del proprio ammalarsi e invecchiare; d. la

razionali si prefiggono di conseguire.

comprensione del valore del disabile in quanto tale, continuamente

È a questo punto che, obiettando contro la dottrina kantiana,

esposto al pericolo di esistenze anonime e isolate, quando non

Nussbaum pare rivolgersi criticamente anche a Rawls denunciando i

tacitamente stigmatizzate – in senso goffmaniano – dall’opinione altrui.

limiti dell’adesione di quest’ultimo ai capisaldi della Critica della ragion

Dato questo quadro, Kant non si colloca certamente in una

pratica, che pure gli avevano consentito di applicare le nozioni di rispetto

posizione di importanza marginale. Kant è l’erede illustre di una

e fine ai portatori di disabilità fisiche. «La scissione kantiana fra l’essere

tradizione che risale alla filosofia stoica greca e romana, e che riconduce

persona e l’essere animale è estremamente problematica», puntualizza

alla razionalità, soprattutto a quella morale, il requisito irrinunciabile

l’autrice, perché anzitutto «nega un fatto che dovrebbe essere evidente a

perché qualcuno22 possa essere definito persona e, pertanto, meriti di

chiunque esamini chiaramente questa questione, cioè che la nostra

essere distinto dagli animali non umani e dalle cose. L’uomo kantiano

dignità è solamente quella di un animale di un certo tipo: è la dignità

porta alle estreme conseguenze la scissione prefigurata dagli stoici tra la

tipica dell’animale, esattamente quella che non potrebbe avere un essere

sfera della libertà, che elabora risposte libere e non soggiacenti

che non fosse mortale e vulnerabile»23, sicché occorre allargare i confini

all’immediatezza meccanica dello schema stimolo-reazione, e la sfera

e la capacità semantica del termine “dignità” per includervi anche

naturale obbediente a relazioni di tipo deterministico. L’essere umano,

quell’ampia gamma di bisogni o diminuzione dell’efficienza fisica e

secondo Kant, si demarca dagli animali non umani nella misura in cui la

mentale che caratterizzano i singoli tanto in situazioni normali quanto in

sua razionalità morale lo fa assurgere alla dimensione di fine in sé,

relazione a forme di disabilità.

19


Quaderni della Ginestra

In secondo luogo, Nussbaum attacca la scissione sul piano della

discorso kantiano, ma il suo concetto di “persona” rimane largamente

negazione perentoria di una dignità agli animali, ma non argomenta più

debitore nei confronti del filosofo di Königsberg, ed è proprio su

di tanto questo punto ancorché, alla prova dei fatti, risulti uno degli

questo riferimento che viene a strutturarsi l’intero impianto della

aspetti decisivi. Di diversa ampiezza, invece, sono le altre obiezioni

reciprocità. «Ma se consideriamo», ribatte Nussbaum, «le esistenze delle

corrispondenti, rispettivamente, al terzo e al quarto argomento: la

persone con menomazioni mentali e di chi vive con essi, ci sembra

scissione, anzitutto, sembra veicolare l’idea che il nucleo della persona

ovvio che le loro vite comportino complesse forme di reciprocità. Jamie

risieda nel non essere bisognosi, in uno status di perfetta autosufficienza

interagisce in modi affettuosi, giocosi e generosi sia con la sua famiglia

in cui predomina l’attività sul piano delle facoltà mentali così come

sia con gli altri bambini; Sesha abbraccia coloro che si prendono cura di

dell’agire morale. Così ragionando, si suppone in maniera fallace

lei, danza con gioia quando sente la musica che le piace e mostra di

un’immaterialità della ragione e della moralità che, viceversa, Nussbaum

apprezzare le cure che riceve»24. Di nuovo, quindi, Nussbaum denuncia

radica nella materialità e nella “animalità” individuale. Inoltre, appare del

la ristrettezza di orizzonte di tutti i riduzionismi latenti o espliciti che

tutto ingenuo ignorare che un qualunque caso fortuito della vita come

figurano in Rawls come in una delle sue fonti principali.

un incidente, una malattia o il deterioramento fisico e psichico che sopraggiunge con l’avanzare dell’età, incida di fatto sull’esercizio della

3. Oltre i limiti del contrattualismo

ragione e della moralità.

A fronte della sterminata letteratura25 sull’argomento, risulta a tutti gli

Infine, l’antropologia delineata da Kant, secondo il quarto

effetti impossibile ridurre a pochi paragrafi una presentazione del

argomento, sottrae artificiosamente la capacità razionale e morale al

capability approach teorizzato da Nussbaum. Del resto, non è neppure la

tempo, restringendo quest’ultimo ai soli eventi naturali. Il nucleo dell’io

finalità del presente lavoro che, fin dall’inizio, si è prefisso di passare in

viene così a contrapporsi all’esterno come atemporalità, prescindendo

rassegna gli spunti critici e gli elementi di superamento della teoria

del tutto dalla caducità che ineludibilmente riguarda l’animale uomo.

rawlsiana quali emergono ne Le nuove frontiere della giustizia. Per

Nussbaum precisa che Rawls si distanzia dagli elementi metafisici del

completare il quadro è opportuno, a questo punto, aggiungere alcune

20


Figure dell’individualismo

osservazioni sulla pars construens della proposta della filosofa americana. Secondo Nussbaum, anzitutto, le capabilities occupano una posizione

partecipazione alla vita pubblica e politica, nel possedere beni di proprietà e nell’esercitare un’attività lavorativa.

di assoluta centralità, al punto che neppure i diritti possono valere come

In questo senso, l’approccio basato sulla capacità non sposa la tesi

sostituti delle medesime, o come pretesto perché le si possa

della priorità della collettività sull'individuo, ma focalizza l'attenzione su

sottomettere al perseguimento di vantaggi sociali. L’autrice, come Sen,

quest’ultimo sganciando la cura dei bisogni particolari da una

offre un elenco delle capacità ma le svincola da un quadro normativo

prospettiva di tipo contrattualista. Nussbaum precisa che il capability

prestabilito e, soprattutto, non ritiene che configurino una dimensione

approach non è una dottrina morale dotata di illimitata capacità

chiusa né immodificabile. La vita, prima capacità umana fondamentale,

comprensiva, commisurabile quindi solo all'alto grado di astrazione che

fa riferimento alla durata normale dell’esistenza di un singolo che sia

potrebbe raggiungere, ma nemmeno una teoria politica completa e

posto nella condizione di godere della salute fisica e di un nutrimento

conclusa. Si tratta, piuttosto, di una dottrina politica relativa ai diritti

adeguato e possa, pertanto, mantenere l’integrità fisica. La capacità di

fondamentali in quanto condizioni necessarie per una giustizia sociale

utilizzare sensi, immaginazione e pensiero, opportunamente istruita e non

adeguata. La predetta lista di capacità non poggia sulla base instabile di

disgiunta da quella di nutrire emozioni, affetto e amore, costituiscono

una tassonomia astratta e arbitraria, né si pone la finalità di elaborare un

rispettivamente la quarta e la quinta della lista stilata da Nussbaum.

modello normativo di interpretazione delle condizioni della giustizia

Seguono infine la ragion pratica, ovvero la capacità di agire in vista di

sociale, bensì nasce da un'idea intuitiva, quella della dignità dell’uomo.

scelte coscienti; l’appartenenza, intesa come capacità di convivenza

Nussbaum non avverte, pertanto, l’esigenza di supporre alcuna

comune con i propri simili, sulla base del rispetto reciproco; la

situazione originaria, ed ammette l’idea di una cooperazione

relazionalità con altre specie, capacità che non merita di essere repressa,

interindividuale di tipo contrattualista a patto, tuttavia, che i moventi

bensì incoraggiata ai fini di una corretta collocazione dell’uomo nella

della

cooperazione

medesima

siano

ampliati

all’amore,

alla

26

natura e nella società; il gioco, ossia la capacità ludica; infine il controllo

compassione , al bisogno di giustizia, al riconoscimento della dignità

dell’ambiente politico e materiale di appartenenza, che si esprime nella

umana come fonte da cui possono scaturire cambiamenti politici anche

21


Quaderni della Ginestra

decisivi. Se dunque Rawls concedeva all’inclusività un ruolo soltanto ex parte

la filosofa, che appartiene alla gamma di funzionamenti degli animali, senza pertanto trascenderla o costituire un’eccezione ad essa. Nel

post, Nussbaum ne rivendica la priorità asserendo che essa possiede il

novero

dei

principi

fondamentali

non

potrà

allora

mancare

valore di fine in sé fin dall’inizio, muovendosi nel contesto della

un’attenzione specifica all’animalità, così potremmo definirla, della

posizione originaria, il che testimonia un mutato paradigma

condizione umana, e quindi a quel corredo di bisogni che rendono

antropologico: se l’inclusività è tale, infatti, significa che il disabile non è

l’uomo debole e vulnerabile, instaurando vincoli di dipendenza di

più vittima della scissione tra natura e ragione, bensì è portatore di una

diversa natura.

dignità a priori in cui i versanti della razionalità e dell’animalità risultano completamente unificati. In Kant la scissione, come detto, si può

Quindi, nell’elaborazione della concezione politica della persona,

avvertire in tutta la sua portata, mentre in Rawls, più implicitamente, si

dalla quale hanno origine e si sviluppano i principi politici fondamentali,

fa strada l’idea che la nozione di persona risieda nella razionalità morale

noi incorporiamo il riconoscimento del nostro essere animali bisognosi

e prudenziale, mentre la sfera dei bisogni sia assorbita nel mondo

e temporali, che iniziano ad esistere come bambini per terminare,

animale. Al contrario Nussbaum, rilevate le aporie dell’uno e dell’altro autore, opta per la definizione aristotelica dell’uomo come animale politico, dove si avverte che i due termini – proprio perché congiunti senza contraddizione – non solo possono coesistere, ma addirittura fare

spesso, la propria vita in altre condizioni di dipendenza. Attiriamo l'attenzione su queste aree di vulnerabilità, insistendo nell’affermare che la razionalità e la socialità sono esse stesse temporali poiché hanno uno sviluppo, una maturità e se il tempo lo permette un declino. Riconosciamo, inoltre, che il tipo di socialità che è pienamente umano

della razionalità uno dei tanti tratti compatibili con l’animalità, e non

include relazioni simmetriche, come quelle che sono centrali per Rawls,

l’unico ed esclusivo allorché si parli di “persona”. In altri termini: nella

ma anche relazioni che presentano un’asimmetria più o meno estrema:

realtà si contemplano vari tipi di dignità animale, e la razionalità non si

noi sosteniamo fermamente che le relazioni non simmetriche possono

aggiunge né contrappone alla natura animale, bensì ne costituisce un

ancora contenere reciprocità e funzionamento veramente umano27.

aspetto: si tratta, infatti, di una modalità di ragionamento pratico, precisa

22


Figure dell’individualismo

Ribadendo i limiti del contrattualismo Nussbaum così prosegue e, per le esigenze del nostro lavoro, conclude: Non è necessario essere produttivi per ottenere il rispetto degli altri: abbiamo diritto al sostegno della dignità del nostro stesso bisogno umano. La società è tenuta insieme da un’ampia gamma di legami e di interessi, solo alcuni dei quali riguardano la produttività: la produttività è necessaria e anche vantaggiosa, ma non è il principale fine della vita sociale28.

ILARIA RESTO Dalla fine degli anni ’40 la sociologia ha elaborato modelli in parte condizionati, ma perlopiù divergenti, dal paradigma medico. Una “sociologia della medicina” è strettamente correlata allo struttural-funzionalismo di Talcott Parsons, ovvero ad una corrente che fin dalle premesse si prefigge la costruzione di un impianto teorico astratto che spieghi come si costruisca, mantenga ed evolva la società. La società, in quanto tale, è l’insieme strutturato, non casuale, di relazioni sociali tra ruoli istituzionali, e l’individuo vi si integra nella misura in cui abbia interiorizzato i valori che caratterizzano il tessuto sociale in cui vive. Centrale, perciò, è il ruolo, che deve raccordare l’autonomia degli individui con l’esigenza di stabilità del sistema sociale, configurato come un insieme integrato di ruoli, appunto, che si conserva solo se i singoli si dimostrano in grado di esaudire determinate attese sociali. Ora, quale ruolo può rivestire il disabile o, in generale, il malato, cioè chi dipende dalle cure altrui e fa esperienza, più o meno consapevolmente, della malattia come “alterazione della normalità”, e quindi delle normali interazioni sociali? L’idea che emerge dagli scritti di Parsons è netta: la malattia interviene a sconvolgere l’ordine sociale, ne costituisce una “devianza” non imputabile alla intenzionalità del soggetto né quanto all’insorgere né quanto al decorso, ma è pur sempre un turbamento dei ruoli oltre che, per il disabile 1

23

nello specifico, l’impedimento permanente ad assolvere i propri compiti sociali. Il paradigma medico, quindi, e questi aspetti della sociologia parsonsiana che vi si integrano, presuppone che il disabile sia incapace, in-abile a funzionare come una persona normodotata, e che le pratiche riabilitative servano come strumenti di reintegrazione in forza di investimenti statali. 2 A. K. Sen, La diseguaglianza: un riesame critico, il Mulino, Bologna 1992, p. 74. 3 A. K. Sen, Well-being, Agency and Freedom: The Dewey Lectures 1984, in «The Journal of Philosophy», vol. 82, n. 4, apr. 1985, p. 188. 4 A. K. Sen, Commodities and capabilities, Oxford University Press, Oxford 1999, pp. 910. 5 Il riferimento alla “normalità” non dovrebbe creare perplessità sull’approccio di Sen, trattandosi di un’idea riferita a contesti reali e slegata da qualunque valutazione metafisica della natura umana. 6 AA. VV., Enciclopedia filosofica, vol. 10, Bompiani, Milano 2006, p. 9412. 7 «Nella giustizia come equità, non bisogna considerare come date le propensioni e le inclinazioni degli uomini, quali che esse siano, e poi cercare il modo migliore di soddisfarle. Accade piuttosto che i loro desideri e aspirazioni vengano ristretti fin dall’inizio dai principi di giustizia che specificano i confini che il sistema dei fini umani deve rispettare. Possiamo esprimere la stessa cosa dicendo che nella giustizia come equità il concetto di giusto [right] è prioritario rispetto a quello di bene. Un sistema sociale giusto [just] definisce l'ambito all'interno del quale gli individui devono sviluppare i propri scopi, fornisce una struttura di diritti e di opportunità, e i mezzi di soddisfacimento il cui uso e rispetto garantiscono un equo perseguimento di questi fini. La priorità della giustizia è parzialmente espressa dall’affermazione che gli interessi che conducono alla sua violazione sono privi di valore. Essendo direttamente esclusi da ogni valutazione, essi non possono prevalere sulle istanze della giustizia. La priorità del giusto rispetto al bene, all’interno della giustizia come equità, risulta essere una delle caratteristiche centrali di questa concezione». J. Rawls, A Theory of Justice, Belknap Press, Cambridge (Mass.) 1971; trad. it. Una teoria della giustizia, traduzione di U. Santini, a cura di S. Maffettone, Feltrinelli, Milano 1982, in L’idea di giustizia da Platone a Rawls, a cura di S. Maffettone e S. Veca, Editori Laterza, Roma-Bari 2003, p. 347. 8 AA. VV., Enciclopedia filosofica, vol. 10, Bompiani, Milano 2006, p. 9412. 9 M. Nussbaum, Frontiers of Justice. Disability, Nationality, Species Membership, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge, Mass.-London, 2006; trad. it. Le nuove frontiere della giustizia. Disabilità, nazionalità, appartenenza di specie, a cura di C. Faralli, il


Quaderni della Ginestra

Mulino, Bologna 2007, p. 123. 10 Ivi, p. 113. 11 Ibidem. 12 Ivi, p. 115. 13 Ivi, p. 116. 14 Ibidem. 15 Ibidem. 16 Ivi, p. 129. 17 Ivi, p. 132. 18 Ivi, p. 136. 19 Ibidem. 20 Nussbaum ritorna con particolare insistenza su questo punto, per cui vale la pena riportare per esteso il passo: «Qui vediamo il vero volto dell’idea contrattualista: per quanto si possa moralizzare il punto di partenza, ci scontriamo comunque con il fatto che il motivo fondamentale per deviare dallo stato di natura è trarre benefici dalla cooperazione reciproca e i benefici sono definiti da tutti i teorici con termini economici piuttosto noti. Una tale visione della cooperazione è intimamente connessa all'idea che si debba restringere il gruppo iniziale dei contraenti a coloro che posseggono «normali» capacità produttive. Non è indifferente per i contrattualisti stabilire chi mettere «dentro» e chi «fuori» in questa fase iniziale, poiché, come afferma Gauthier, la nostra società ora ha tecnologie mediche “che rendono possibile un sempre crescente trasferimento di benefici a persone che fanno calare [il livello medio di benessere]”». Ivi, p. 138. 21 Cfr.: «Il problema che la teoria di Rawls deve affrontare nasce dall’uso particolare che egli fa della nozione di beni primari e dal suo impegno nei confronti del contratto sociale e delle idee gemelle di «eguaglianza approssimativa» e di «vantaggio reciproco» e non dal suo kantismo. Come ho suggerito, infatti, in quest’ambito l’enfasi kantiana della teoria si pone in tensione con la dottrina del contratto: il kantismo richiede il trattamento di ogni persona come un fine e ciò non permette la subordinazione di nessun individuo alla causa del benessere sociale generale. Inoltre, i cittadini kantiani, nella società ben ordinata, ritengono chiaramente la giustizia e il rispetto beni intrinseci, ed hanno una concezione dei benefici e della cooperazione sociale ricca e multivaloriale. I cittadini kantiani possono vedere, ex post, valide ragioni per aver accordato alle persone con menomazioni pieno rispetto e inclusione; il problema è che ex ante, nella posizione originaria, la struttura del contratto sociale impedisce la scelta di

questo percorso». Ivi, p. 147. 22 Si allude qui esplicitamente al sottotitolo del saggio di Robert Spaemann Persone. Sulla differenza tra «qualcosa» e «qualcuno» a cura di L. Allodi, Laterza, Bari 2007. 23 M. Nussbaum, Frontiers of Justice. Disability, Nationality, Species Membership, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge, Mass.-London, 2006; trad. it. Le nuove frontiere della giustizia. Disabilità, nazionalità, appartenenza di specie, a cura di C. Faralli, il Mulino, Bologna 2007, p. 151. 24 Ivi, p. 153. 25 Cfr. E. Greblo, Dai diritti alle capacità. L’universalismo contestuale di Martha Nussbaum, in «Filosofia politica», 16, pp. 249-273, citato in S. F. MAGNI, Etica delle capacità. La filosofia pratica di Sen e Nussbaum, il Mulino, Bologna 2006. 26 Cfr. ivi, p. 175. Sul tema della compassione rinviamo alle riflessioni conclusive del contributo di Paolo Costa Martha Nussbaum: la compassione entro i limiti della ragione, pubblicato in «La società degli individui», n. 18, anno VI, 2003/3, p. 148: «In conclusione, si può notare come anche l’analisi di Martha Nussbaum non sfoci in verità nella difesa di un’idea di politica compassionevole, se per politica compassionevole si intende una politica guidata esclusivamente dal sentimento di compassione. L’obiettivo che l’autrice si prefigge è piuttosto di rammentare a chi fa politica e, più in particolare, a chi opera all’interno delle istituzioni liberal-democratiche — il cui perno rimane nondimeno il criterio della giustizia — il debito che esse hanno nei confronti delle risorse emotive come la compassione, da cui non possono prescindere, pena il decadimento stesso della loro funzione». E ancora, lo studioso fa risaltare in Nussbaum «il carattere poroso dei confini tra compassione e giustizia e, più in generale, tra emozione e ragione, nel nome di un’idea indulgente e non tetragona di umanità». 27 Ivi, pp. 177-178. 28 Ivi, p. 178.

24



Meditazioni filosofiche


Meditazioni filosofiche

THE SELF IN SCHIZOFRENIA1

I

view, claiming that “Nobody ever was or had a self”4. In Buddhist phi-

n this article, we explore the self and its disturbance in schizophre-

losophy, the self (or the soul) in the form of a stable, enduring, and per-

nia. An accumulating amount of empirical studies testify that the

sistent entity, distinct from the flux of consciousness – e.g., a personal

self is disturbed in schizophrenia spectrum disorders but not in other

self at the receiving pole of phenomenal consciousness – is considered

mental disorders (Parnas & Henriksen 2014). This raises at least two

an illusion. According to many Buddhist schools, attaining nirvana en-

important questions: what concept of self is implied in the self-

tails experientially realizing the truth of the no-self (anâtman), i.e. seeing

disturbance in schizophrenia, and how, more specifically, is the self dis-

through and undoing the self-illusion5. Crucially, many Buddhist no-self

turbed? Since the literature is ripe with different and proliferating con-

claims are in fact neither denying the first-personal givenness of con-

cepts of the self (e.g., Strawson 1999), we present first a brief overview

scious states nor that this phenomenal givenness brings about a sense of

of three major views on the self, i.e. the ‘no-self’ view, the narrative

self but that this sense of self reflects the existence of an unconditioned,

view, and the experiential view. Against this backdrop, we explore how

ontologically independent self, a soul-substance, apart from, preceding,

the self-disturbance typically manifests in incipient schizophrenia and

and unifying the perpetual stream of conscious states6.

finally we specify the nature of the self-disturbance in schizophrenia. The narrative view The no-self view

The narrative view represents a different approach to the self. Here,

The no-self view does not form a unified position but comprises a

the self is considered either partly7 or wholly8 a narrative construction,

broad range of theories and claims that denies the existence of the self.

i.e. a product of stories told. A personal narrative is a story that I tell

For example, Hume famously tried to find his own self through acts of

myself and others and which maximizes the coherence of my personal

introspection but was unable to find it, and subsequently he drew its ex-

life vicissitudes. The narrative self is formed and shaped by interactions

istence into question2. Foucault3 spoke of the ‘death’ or ‘disappearing’

with others, especially caregivers in childhood, and cultural and symbol-

of the subject and, more recently, Metzinger has defended a no-self

ic objects throughout life. These interactions may be retained in my ex-

27


Quaderni della Ginestra

plicit or implicit memory but they are also sedimented in my disposi-

self does not manifest itself as some kind of ‘object’ in our experiential

tional repertoire, in my ‘habitus’. A personal narrative helps organize

life, it is not construed as a substrate of phenomenal consciousness, and

and interpret the lived life. Narrativity is thus closely tied to self-

yet it is also not considered absent, unconscious or otherwise experien-

understanding – what I take myself to be is, in various ways, reflected in

tially inaccessible. Rather, the self manifests itself pre-reflectively as a

the stories that I tell myself and others, e.g., what I tell and what I leave

specific mode or configuration of experience11. I am always pre-

out, and how and why I tell it. Importantly, the personal narrative

reflectively self-aware and have no need for self-reflection to assure my-

through which I understand myself is not solely of my own making – all

self of actually being myself. In normal conditions, I do not need to re-

narratives are historically situated in and dependent upon a context of

flect upon who perceives the object in front of me, entertains these

pre-existent socio-cultural narratives. While the narrative view certainly

thoughts or moves the limbs in order to know that it is I who perceives,

offers a sophisticated and nuanced grasp of the relational, dynamic, and

thinks, and moves. Sartre touched upon this crucial aspect of pre-

socio-cultural aspects of the self, this view essentially rests on certain

reflective self-awareness, when claiming “it is a non-reflective con-

presumptions that cannot be satisfactorily addressed within the frame-

sciousness which renders the reflection possible”12.

work of the narrative view. Most importantly, as Krueger points out, the

According to the phenomenological approach, all experience mani-

narrative construction of the self presupposes a pre-narrative, embodied

fests in the first-person perspective as ‘my’ experience, i.e. the first-

first-person perspective on the world, i.e. an experiential self that ena-

personal givenness of conscious states implies a sense of self, which, in

bles the creation of stories about this particular first-person point of

the literature, usually is referred to as ‘ipseity’, ‘mineness’ or ‘for-me-

view9.

ness’13. In phenomenological literature, this is often referred to as the ‘minimal self’14. For the sake of clarity, we may distinguish between two

The experiential view

mutually implicative aspects or moments that constitute the minimal

The most prominent experiential view of the self is arguably found

self, i.e. a formal and and an affective aspect15. The formal aspect de-

within phenomenology10. From a phenomenological perspective, the

picts the first-personal character of experience, which remains the same

28


Meditazioni filosofiche

through the flux of time and changing experiences and modalities of

like23, non-psychotic, anomalies of self-experience24, viz. ‘self-

consciousness16. In other words, the formal aspect of the minimal self

disorders’25. In the following, we explore a few of the most frequently

depicts the perspectival givenness of experience – all experience appears

encountered self-disorders in the schizophrenia spectrum disorders.

to me within my first-person perspective as my experience. The affec-

Very often, patients complain of feeling ephemeral, of lacking an in-

tive aspect of the minimal self refers to the elusive, yet absolutely vital

ner ‘core’ or ‘nucleus’, and of not knowing who they are. These experi-

feeling of “I-me-myself”17, which permeates the experiential life and

ences are usually intertwined with a feeling of being different from oth-

imbues the first-person perspective with a sense of self-presence and an

ers (Anderssein); a feeling that typically has persisted since early child-

inchoate sense of singularity or proto-individuation18. The persistent sense of

hood and which the patient may verbalize as ‘being wrong’. While this

self-presence is perhaps best understood as an incessant immanent au-

may seem as a non-specific complaint, inquiring into what the patient

to-affection19, a ‘self-sensing of self’ (se sentir soi-même). Notably, the self-

means, when she says that she feels ‘different’ or ‘wrong’, often reveals

familiarity of the ‘I-me-myself’ is, as Hart20 points out, paradoxical: it is

something fairly specific for schizophrenia spectrum disorders, i.e. the

‘propertyless’ and yet foundational of our identity. In our view, the min-

feeling of difference reflects an experience of being ontologically different 26.

imal self constitutes the pre-reflective and pre-narrative ‘foundation’

This particular feeling has been well described by Prof. Saks, who lives

upon which more complex and sophisticated forms of selfhood such as

with schizophrenia. In her autobiography, she writes, “[one] of the

narrativity, social identity, and personhood is constructed throughout

worst aspects of schizophrenia is the profound isolation—the constant

our lives21.

awareness that you’re different, some sort of alien, not really human”27. Regularly, patients report childhood fantasies, e.g., of being a secrete

Disturbance of self in schizophrenia

adoptee, a changeling or an extra-terrestrial, which, in our view, appears

Systematic, phenomenologically-informed empirical studies indicate

to have been attempts to grasp this enduring and unsettling feeling of

an altered subjective life in patients with schizophrenia and schizotypal disorder22, reflected in the presence of certain temporally stable or trait-

29

ontological dissimilarity, which often is a source of a solitude. There is also often a diminished sense of presence in the world,


Quaderni della Ginestra

which regularly involves a decreased ability to be affected, drawn or

Notably, loss of common sense is indicative of disruptions at the

stimulated by others, objects or situations – e.g., patients may complain

level of immediate pre-conceptual resonance or attunement with the

of being at a distance to the world or ‘as if’ perceiving the world trough

world 30. Frequently, loss of common sense is associated with to a ten-

an invisible barrier. The diminished presence may be linked to problems

dency to hyper-reflect, which may take the form of a perpetual self-

with ‘common sense’28, which typically manifest as difficulties in grasp-

monitoring or ‘simultaneous introspection’31 or ‘hyperreflexivity’32,

ing what is contextually relevant and appropriate and as a failing sense

which may further impede world-immersion.

of what others consider self-evident, e.g., the natural evidences or the

Patients also often suffer from a failing sense of self-presence, which al-

tacit, context-sensitive rules of social interaction. The following vignette

lows the experiential field of immanence to become increasingly alienat-

offers an illuminating description of the subjective experience of loss of

ed and spatialized, e.g., some thoughts may appear ‘as if’ not generated

common sense often seen in schizophrenia:

by the patient or they may be reified into object-like entities, almost physically locatable to specific brain regions or be felt as pressing on the

«I have always struggled to understand why people didn’t take life

inside of the skull. Frequently, patients experience thematically uncon-

more seriously. I mean, “How can you just walk around, be named ‘An-

nected thoughts breaking into and interfering with their main train of

gie,’ buy butter, and take riding lessons?” Every morning, when I wake

thoughts, sometimes in the form of thought pressure, i.e. an experience

up, I realize like for the first time that this is the real reality, that we are

of rapid, parallel trains of thoughts, occurring with a clear loss of mean-

all going to die, that we don’t know why we are here, that nothing makes sense. . . This is one of the reasons why I feel different from others. They walk around and talk on their phone, plan what they want to do… It puzzles me that I haven’t gotten used to it (…) It hurts me that it is so easy and natural for the rest of the world. They don’t even think about it 29.»

ing – as one patient put it, “[my] thoughts are like rockets, shooting in all directions at once. It’s one big chaos”33. There is a regularly a correlative, diminished sense of embodied self-presence, e.g., the body or parts of it may feel strange, the body may feel ‘as if’ it does not really fit, and the patient may experience various unusual bodily sensations such as numbness, stiffness or electric or thermal sensations (i.e. cenesthetic

30


Meditazioni filosofiche

experiences).

self. Here, the minimal self, i.e. the ubiquitous first-personal feature of

Finally, the boundaries between self and non-self (others or objects)

experience, is never at stake. Obviously, patients with schizophrenia

may be experienced as permeable or unstable in various ways (i.e. transi-

may also experience difficulties at the level of narrative self (e.g., not

tivism). Very often, patients avoid eye contact because they feel that the

knowing who they are, an incoherent/unstable organization of personal

others can penetrate into their own immanent sphere. Social anxiety and

narrative, and problems with memory), but these difficulties seem large-

inclinations to socially withdraw are often rooted in transitivistic experi-

ly consequential to the underlying disorder of minimal self.

ences of being ‘radically exposed’34. From this transformed existential

Finally, it is noteworthy that the disorder of minimal self does not

position, patients also regularly describe a range of quasi-solipsistic ex-

imply a loss or dissolution of the minimal self. While the ‘formal aspect’

periences, e.g., primary self-reference (Jansson offers a paradigmatic ex-

of the minimal self appears unaffected in schizophrenia spectrum disor-

ample, “She felt that everybody was looking at her for no reason”35), magi-

ders, its ‘affective aspect, i.e. the tacit, pre-reflective sense of self-

cal thinking, and insights into layers of reality that normally remain hid-

presence, is unstable and threatened, causing an incomplete saturation

den from others.

of experiential life and allowing normally unnoticed features of experience to emerge with alien prominence. The failing of the ‘self-sensing of

Conclusion: The nature of the self-disturbance in schizophrenia

self’ de-structures the field of immanence, affecting its very limits (e.g.,

The phenomenal nature of the disturbances of self, as elicited above,

the self/non-self boundary), and may bring about an affection of another

indicates that we are dealing with a disorder of the minimal self36. The

presence within the very intimacy of one’s own subjectivity or sphere of

self-disturbance in schizophrenia is far more fundamental than any ‘self-

ownness37. In premorbid and prodromal stages of schizophrenia, the

related’ problem or difficult behaviours or characterological traits that

wavering sense of self-presence may bring about a variety of experien-

we may encounter in the disorders outside the schizophrenia spectrum,

tial anomalies (e.g., self-disorders). In psychosis, the sense of another

e.g., mood, anxiety, and personality disorders. In these cases, the self-

presence may materialize into a persecuting, influencing or hallucinatory

related or characterological problems occur at the level of the narrative

Other, which due to its origin and continual links to the de-structured

31


Quaderni della Ginestra

immanence, typically is felt as ‘hyper-proximate’38 by the patients.

MADS GRAM HENRIKSEN & JOSEF PARNAS La traduzione italiana di questo testo (curata da Valeria Bizzari) è apparsa su La Società degli Individui 57, 2016/3, Franco Angeli 2 D. Hume, A Treatise of Human Nature., Oxford University Press, New York 2007, p. 167. 3 M. Foucault, The Order of Things. An Archaeology of the Human Sciences, Routledge, London/New York 2005. 4 T. Metzinger, Being No One, MIT Press, Cambridge, Mass 2003, p.1. 5 However, other Indian schools of thought such as Advaita Vedanta and Yoga do not follow these Buddhist schools in regarding nirvana as the realization of the self-illusion but, by contrast, in becoming aware of one’s true self (âtman). On their account, the true self is of course different from what we take ourselves to be in our everyday life, e.g., a person with a certain body, characteristics, temperamental features, values, knowledge, life history, etc. Yet, the true self is also not some kind of substrate of phenomenal conscious life, an entity distinct from the flux of consciousness, but, in their view, a stable feature of this very flux itself or, as Fasching puts it, it is “the very process of experiencing itself, as the permanence of ‘witnessing’” (see,W. Fasching, 'I Am of the Nature of Seeing': Phenomenological Reflections on the Indian Notion of WitnessConsciousness, in M. Siderits, E. Thompson, D. Zahavi, (a cura di), Self, No Self? Perspectives from Analytical, Phenomenological, and Indian Traditions, Oxford University Press, Oxford, pp.193-216, p194). In other words, the true self—that which remains after the dissolution of the personal pseudo-self in nirvana—is not something that witnesses or perceives consciousness but this very witnessing or perceiving (consciousness) itself, i.e. a ‘witness-consciousness’; for a discussion of this central notion, see, e.g., M. Albahari, Nirvana and Ownerless Consciousness, in M. Siderits, E. Thompson, D. Zahavi, D. (eds), Self, No Self? Perspectives from Analytical, Phenomenological, and Indian Traditions, Oxford University Press, Oxford 2011, pp.79-113; M. Albahari, Analytical Buddhism. The Two-Tiered Illusion of the Self. Basingstoke, Palgrave Macmillan, IK 2006; e W. Fasching, 'I Am of the Nature of Seeing': Phenomenological Reflections on the Indian Notion of WitnessConsciousness, in M. Siderits, E. Thompson, D. Zahavi, (eds), Self, No Self? Perspectives 1

from Analytical, Phenomenological, and Indian Traditions, Oxford University Press, Oxford 2011, pp. 193-216.) 6See M. Albahari, op.cit. 2006, 2011; W. Fasching 2011; J. Krueger, The Who and the How of Experience, in M. Siderits, E. Thompson, D. Zahavi, (eds), Self, No Self? Perspectives from Analytical, Phenomenological, and Indian Traditions, Oxford University Press, Oxford 2011, pp 27-55. 7 For instance, A. MacIntyre, After Virtue: A Study in Moral Theory, University of Notre Dame Press., Notre Dame, IN 1981. 8 For example, D. Dennett, Consciousness Explained, Little Brown and Company, Boston 1991. 9 SeeJ. Krueger 2011, op. cit. 10 See, for instance, Zahavi, Subjectivity and Selfhood. Investigating the First-Person Perspective, MIT Press, Cambridge MA 2005; and D. Zahavi, Self and Other: Exploring Subjectivity, Empathy, and Shame, Oxford University Press, Oxford 2014. 11 Thus, the self, in phenomenology, does not fall into the category of an ontologically independent soul-substance. 12 J. P. Sartre, Being and Nothingness, trans. H. E. Barnes, Routledge, London 2003, p. 9. 13 See: J.P. Sartre 2003, op. cit., p. 126, and D. Zahavi 2014, op. cit, p. 19. 14 See D. Zahavi, op. cit. 2005. 15 See J. Parnas, M. G. Henriksen, Schizophrenia and mysticism: A phenomenological exploration of the structure of consciousness in the schizophrenia spectrum disorders, in Consciousness and Cognition 43 2016, pp. 75-88, p. 84. 16 For a general overview: Parnas, L. A. Sass, The Structure of Self-consciousness in Schizophrenia, in S. Gallagher (ed)., The Oxford Handbook of the Self, Oxford University Press, Oxford 2011, pp. 521-546.; J. Parnas, M. G. Henriksen, Disordered self in the schizophrenia spectrum: A clinical and research perspective, in Harvard Review of Psychiatry 22(5) 2014, pp. 251-265; D. Zahavi 2014, op. cit. 17 For example, L.A. Sass, J. Parnas, Schizophrenia, consciousness, and the self, in Schizophrenia Bulletin 29 2003, pp. 427-444, p. 428; J. G. Hart, Who One Is. Book 1. Meontology of the ‘I’: A Transcendental Phenomenology, Springer, Berlin 2009, p. 310 18See J. Parnas, M. G. Henricksen 2016, op. cit. 19M. Henry, The Essence of Manifestation, transl. G. Etzkorn, Martinus Nijhoff, The Hague 1973. 20 The text is J. G. Hart, op. cit. 2009. 21 See J. Parnas, M. G. Henriksen, op. cit 2014, p. 543.

32


Meditazioni filosofiche

22J.

Parnas, P. Handest, D. Saebye, L. Jansson, Anomalies of subjective experience in schizophrenia and psychotic bipolar illness, in Acta Psychiatrica Scandinavica 108 2003, pp.126–33; A. Raballo, D., Sæbye, J. Parnas, Looking at the schizophrenia spectrum through the prism of selfdisorders: an empirical study, in Schizophrenia Bulletin 37, 2011, pp. 344-51; E. Haug, L. Lien, A. Raballo, et al., Selective aggregation of self disorders in first-treatment DSM-IV schizophrenia spectrum disorders, in Journal of Nervous and Mental Disease 200, 2012, pp. 632-6.; J. Nordgaard, J. Parnas, Self-disorders and schizophrenia spectrum: a study of 100 first hospital admissions, in Schizophrenia Bulletin 4, 2014, pp. 1300-7. 23J. Nordgaard, P. Handest, A. Vollmer-Larsen, D. Sæbye, et al., Temporal persistence of anomalous self-experience: A 5 years follow-up, in Schizophrenia Research 2016, http://dx.doi.org/10.1016/j.schres.2016.10.001. 24J. Parnas, P. Møller, T. Kircher, J. Thalbitzer, et al., EASE: Examination of anomalous self-experience, in Psychopathology 38 2005, pp. 236–258. 25 For a review of these and other empirical studies on self-disorders, see J. Parnas, M. G. Henriksen, Disturbance of the experience of self – a phenomenologically based approach, in F. Waters, M. Stephane (ed.). The Assessment of Psychosis: A Reference Book and Rating Scales for Research and Practice, Routledge, New York 2015, pp. 235-244, p. 237. 26Ibidem; see also Y. Motobayashi, J. Parnas, B. Kimura, D. L. Toda D.L., ‘The “schizophrenic” in the self-consciousness of schizophrenic patients’, by Mari Nagai (1990), in History of Psychiatry 272016, pp.493-503. 27 E. Saks, The center cannot hold. New York: Hyperion 2007, p. 193. 28 See W. Blankenburg, Der Verlust der natürlichen Selbstverständlichkeit. Ein Beitrag zur Psychopathologie symptomarmer Schizophrenien, Enke, Stuttgart 1971. 29M. G. Henriksen, J. Nordgaard, Self-disorders in Schizophrenia, in G. Stanghellini, M. Aragona, (eds), An Experiential Approach to Psychopathology. What is it like to suffer from Mental Disorders. Springer, pp. 265-280, p.267. 30 See M. G. Henriksen, B. Škodlar, L. A. Sass, J. Parnas, Autism and perplexity: A qualitative and theoretical study of basic subjective experiences in schizophrenia, in Psychopathology 43, 2010, pp. 357-368. 31Y. Motobayashi, J. Parnas, B. Kimura, D. L. Toda, ’The “schizophrenic” in the selfconsciousness of schizophrenic patients’, by Mari Nagai (1990), in History of Psychiatry 27, 2010, pp. 493-503. 32L.Sass, Madness and modernism. Insanity in the light of modern art, literature, and thought, Harvard University Press, Harvard 1992.

33

33M.

G. Henriksen, J. Nordgaard, Schizophrenia as a disorder of the self, in Journal of Psychopathology 20, 2014, pp. 435-441, p. 437. 34 See M. G. Henriksen et al, op. cit. 2010. 35L. Jansson, Near-psychotic phenomena in a clinical context, in F. Waters, M. Stephane (eds). The assessment of psychosis. A reference book and rating scales for research and practice., Routledge, New York 2015, pp. 55-74, p. 57, our italics. 36 We have elsewhere proposed that a generative trait feature of schizophrenia is a disorder of ‘minimal’ self or ‘ipseity’, viz. the Ipseity Disturbance Model (L. Sass and J. Parnas, Schizophrenia, consciousness, and the self, in Schizophrenia Bulletin 29, 2003, pp 427-444; M. Cermolacce, J. Naudin & J. Parnas, The ‘minimal self’ in psychopathology: Re-examining the self-disorders in the schizophrenia spectrum, in Consciousness and Cognition 16, 2007, pp. 703–714; B. Nelson, J. Parnas, & L. A. Sass, Disturbance of minimal self (ipseity) in schizophrenia: Clarification and current status, in Schizophrenia Bulletin 40 2014, pp. 479–482. 37 See M. G. Henriksen, J. Parnas, Self-disorders and schizophrenia: A phenomenological reappraisal of poor insight and noncompliance, in Schizophrenia Bulletin 40, 2014, pp. 542-547, p. 545; J. Parnas, M. G. Henriksen 2016, op.cit., p. 85. 38G. Charbonneau, Introduction à la phénoménologie des hallucinations, in G. Charbonneau (ed). Introduction à la phénoménologie des hallucinations, Circle Hermeneutique, Paris 2004, pp. 17-42.


Quaderni della Ginestra

INDIVIDUO E SOCIETÀ: IL FISSARSI DI REGOLARITÀ SOCIALI NELL’INDIVIDUO SECONDO L’OPERA DI PHILIP PETTIT

U

no dei compiti più importanti dell’ontologia sociale è quello di investigare la reciproca influenza tra individuo e società allo sco-

po di comprendere l’interdipendenza tra le attitudini e regolarità individuali e il modo in cui sono organizzate le attività cooperative. La questione ha una valenza che sconfina oltre la tematica propriamente socio-

«The issue between individualism and collectivism is whether society involves the pres-

ence of any regularities or forces which compromise the picture of human beings as intentional agents – the picture charted in the first part of the book. Many social scientists, and many philosophers too, have suggested that did we have a full understanding of the factors at work in social life, we would realize that the common‐or‐garden, intentional image of human beings is radically mistaken. The thinkers who maintain this view are collectivists, in the terminology used here, while those who reject it, those who deny it hat social forces or regularities are inimical in this way to intentional autonomy or autarchy, are individualists.» P. Pettit, The Common Mind, Oxford University Press, New York 1996, p. 111.

logica in quanto affronta il più generale argomento della mente umana e del modo in cui essa è determinata. Nel corso della storia sono stati molteplici gli approcci a questo problema e spesso anche molto contrastanti. In epoca moderna ha avuto un ruolo fondamentale la nozione di stato di natura come condizione originaria con cui filosofi hanno definito l’uomo indipendentemente da qualsiasi forma di contesto storico e sociale. Tale idea è stata poi abbandonata a partire dal pensiero di Rousseau il quale sostenne la centralità del contesto interpersonale per la formazione dell’individuo, lo sviluppo delle sue attitudini pratiche e capacità cognitive. Il dibattito moderno è esemplificativo di un vasto problema teorico concernente la natura della mente umana e la possibilità della sua definizione. Sino a che punto l’individuo dotato di capacità cognitive può essere definito indipendentemente dal contesto sociale in cui opera e da cui ricava le strutture linguistico-pratico-simboliche necessarie per l’attività riflessiva? Allo stesso tempo, è legittimo pensare che la società comporti delle regolarità comportamentali in grado di de-

34


Meditazioni filosofiche

terminare in maniera causale le attitudini intenzionali degli individui?

la base dello sviluppo di capacità cognitive. Il contesto sociale è infatti

Sono i comportamenti individuali semplice effetto di regolarità sociali su

una dimensione in cui i singoli individui cooperano sulla base di prassi

cui il singolo non è affatto in grado di esercitare una qualche influenza o

condivise e di natura semantico-sintattico, costituenti la premessa per lo

è la costituzione dell’agente razionale del tutto svincolata da fattori so-

sviluppo di attitudini e regolarità intenzionali. In altre parole, l’individuo

ciali?

razionale in quanto interagisce con un determinato ambiente è dotato di

Nel suo libro The Common Mind1 Philip Pettit individua quattro fon-

regolarità intenzionali le quali vengono fissate attraverso il contesto pra-

damentali atteggiamenti teoretici tradizionalmente assunti per spiegare il

tico-sociale e linguistico in cui è stato integrato. Non è quindi possibile

rapporto tra la costituzione dell’agente razionale e la società, proponen-

assumere che l’individuo possa fissare delle attitudini intenzionali al di

do un’originale soluzione che vede la conciliazione tra individualismo e

fuori di questo contesto, per cui la mente si definisce a livello sociale e

olismo sociale e il ripudio dell’atomismo e del collettivismo, considerati

non naturale. Tuttavia, queste considerazioni non sono sufficienti per

alla stregua di estremismi filosofici. Questa metodologia, oltre ad avere

stabilire che le regolarità intenzionali individuali siano determinate cau-

una notevole valenza critica in quanto identifica nel collettivismo e

salmente dalla società, ossia secondo uno schema deterministico, o addi-

nell’atomismo due approcci teorici inadeguati a definire la natura del so-

rittura meccanicistico, secondo il quale il contesto sociale sarebbe diret-

ciale, consente di isolare la nozione di individualismo olistico e di pro-

tamente ed esclusivamente responsabile per il fissarsi di regolarità com-

cedere con essa ad una plausibile proposta sulla natura cooperativa della

portamentali e attitudinali. Pettit si riferisce in questi passaggi all’opera

mente umana. Pettit affronta questa tematica nella seconda parte del suo

di Durkheim, il quale sostiene che vi sia proprio un nesso causale tra le

libro intitolata Mind and Society che segue la prima, dedicata alla defini-

strutture sociali e i comportamenti individuali.2 Secondo Pettit questo

zione della nozione di mente. Dato che la mente si definisce attraverso il

atteggiamento filosofico è il collettivismo per il quale l’intenzionalità in-

ricorso a regolarità intenzionali di interazione con l’ambiente circostan-

dividuale non solo si sviluppa all’interno delle prassi sociali, ma è anche

te, essa indubitabilmente instaura una interazione con il contesto sociale

totalmente determinata da esse al punto che l’individuo non può sfuggi-

per quanto riguarda l'acquisizione di competenze pratico-linguistiche al-

re ad un destino già inscritto nella forma delle medesime prassi in cui

35


Quaderni della Ginestra

egli opera. La soluzione proposta dai collettivisti è quella di intervenire

dell’interazione tra individui. In altre parole, la società non è semplice-

nelle regolarità sociali ed istituzionali allo scopo di correggere e miglio-

mente un assetto normativo e contestuale che determina i comporta-

rare i comportamenti individuali. La critica di Pettit al collettivismo è

menti dei singoli, ma è anche la conseguenza del carattere negoziale del-

basata sul principio secondo cui le attitudini individuali non vengono

le relazioni interpersonali. Il concetto di networking è quindi quello più

determinate dalle regolarità sociali secondo un principio di causa-effetto

adeguato per spiegare l’interazione che si viene a creare tra singoli indi-

e che l’autarchia dell’individuo non venga completamente sospesa dalla

vidui e l’assetto sociale, mentre la nozione di soggetto plurale ha lo

presenza di soverchianti condizioni sociali. Un buon esempio è la rela-

svantaggio di rappresentare la società come un blocco unitario di cre-

zione tra disoccupazione e tasso di criminalità che dai collettivisti viene

denze, attitudini e comportamenti che inibiscono le disposizioni indivi-

considerato come decisivo per poter affermare che precise regolarità so-

duali.

ciali determinino in maniera automatica le regolarità intenzionali. Se-

dell’individualismo perché solo quest’ultimo spiega il carattere negoziale

condo Pettit, non è logicamente plausibile assumere un automatismo tra

delle relazioni interpersonali e tutela la possibilità che l’individuo sia au-

questi due tipi di regolarità perché la loro interdipendenza non sospende

tonomo nelle proprie scelte. Allo stesso tempo egli riconosce la possibi-

l’autonomia personale. Il modo in cui si determina una regolarità inten-

lità che le regolarità sociali possano avere una certa influenza

zionale è solo parzialmente derivato dalle strutture sociali di riferimento

sull’individuo senza che però tale influenza sia soverchiante (overriding).

ed in ogni caso queste non possono venire considerate come l’unico

Egli preferisce parlare di regolarità che affiancano (outflanking) le dispo-

motivo per il fissarsi di determinate attitudini della persona. Pettit so-

sizioni individuali ed eventualmente incentivino certi atteggiamenti piut-

stiene che le regolarità sociali piuttosto che soverchiare le attitudini in-

tosto che altri.

Criticando

il

collettivismo,

Pettit

si

pone

a

favore

dividuali, le affianchino e le influenzino senza però determinarle com-

Tuttavia l’individualismo per Pettit non è sufficiente a spiegare la

pletamente.3 L’autore vuole preservare l’autonomia individuale allo sco-

complessità dell’interdipendenza che si viene a creare tra individuo e so-

po di rappresentare la realtà sociale non come un blocco intenzionale

cietà in quanto esso non chiarisce in maniera esaustiva il tipo di rappor-

unitario e perfettamente coeso, ma piuttosto come risultante

to orizzontale che si ha tra individui. Infatti, i singoli individui per quan-

36


Meditazioni filosofiche

to accomunati da disposizioni e regolarità intenzionali autonome nei

omnium contra omnes, la guerra di tutti contro tutti, in quanto essi sono per

confronti delle regolarità sociali, si trovano ad interagire tra loro e que-

natura indotti all’esclusivo perseguimento degli interessi e desideri indi-

sta interazione determina la struttura stessa della società. L’ontologia so-

viduali. Questo pessimismo nei confronti dell’uomo e delle sue facoltà

ciale non deve solo spiegare il tipo di rapporto che si instaura tra singolo

sociali denota un vero e proprio atomismo che si differenzia

individuo e società, ma anche quello che si ha tra individui.4 La questio-

dall’individualismo in quanto afferma esplicitamente il carattere atomico

ne è relativa al modo in cui gli individui interagiscono e si influenzano a

dell’interesse individuale e la sua incompatibilità con qualsiasi forma di

vicenda dando vita a prassi comuni e cooperative. Una certa tradizione

cooperazione spontanea. Per l’atomista, solo il contratto sociale assicura

di pensiero empirista opta per un atteggiamento atomistico secondo il

una coesistenza dell’interesse atomico della persona e delle istanze so-

quale la coesione tra individui può essere solo di tipo contrattuale per-

ciali e interpersonali. Il contratto rappresenta tuttavia una mera stipula

ché la natura umana non è propensa alla fondazione concreta di prassi

formale di una disciplina giuridica che non si basa su contenuti pratici

cooperative. Il contratto ha la funzione di disciplinare i comportamenti

ed etici ben precisi che sono necessari per avere un contesto sociale. La

dei contraenti e di tutelarne gli interessi individuali senza però dare vita

natura e l’origine di questi contenuti esula dalla mera stipula contrattuale

ad una concreta e reale cooperazione. Esso ha il compito di descrivere

e trova le sue origini nelle prassi umane e soprattutto nel principio di

formalmente i diritti e i doveri di ciascun aderente e di regolamentare

buona prassi. La tendenza umana a replicare, riqualificare e persino isti-

l’interazione interpersonale, ma non creare un sistema di reciproca in-

tuzionalizzare le prassi sociali è data da una interazione tra persone che

terdipendenza e di appartenenza ad una società. Il contrattualismo si

non sarebbe possibile se fossero veri i presupposti dell’atomismo. Biso-

fonda su un atteggiamento sostanzialmente pessimistico nei confronti

gna invece dover assumere che il contesto pratico anziché essere una

dell’uomo che in una dimensione extra-contrattuale è considerato come

mera dimensione conflittuale, ossia l’arena del confronto e scontro di

privo di disposizioni cooperative e sociali. Hobbes è, tra i vari sostenito-

interessi individuali, sia piuttosto l’ambito in cui l’individuo acquisisce

ri del contrattualismo, il più pessimista sostenendo che fuori dalla di-

competenze pratiche e linguistiche comuni e sviluppa un senso di ap-

mensione contrattuale gli uomini conoscono solo la condizione di bellum

partenenza ad esse.5 Per l’atomista le capacità cognitive possono venire

37


Quaderni della Ginestra

sviluppate in totale isolamento, mentre per l’olismo esse possono venire

derne le distanze attraverso comportamenti alternativi. Per l’olista, inve-

acquisite solo fruendo del contesto sociale. In questa fruizione è possi-

ce, il contesto sociale pur essendo fondamentale nel determinare le

bile il superamento della conflittualità prodotta dall’interesse particolare

competenze pratiche di ciascuno, non esercita un potere causale sulle

e lo sviluppo di un senso di appartenenza e impegno sociale. La costitu-

attitudini individuali lasciando aperta la possibilità di comportamenti au-

zione della società secondo l’olismo deriva propriamente dalla necessità

tonomi e critici.

dell’acquisizione di queste competenze, ossia dal fatto che una qualsivo-

Abbiamo visto finora come Pettit abbia analizzato quattro atteggia-

glia competenza pratica o cognitiva è di fatto una competenza sociale,

menti teoretici fondamentali relativi al rapporto individuo-società: indi-

perché rappresenta il risultato dell’acquisizione di un linguaggio o – per

vidualismo, collettivismo, atomismo ed olismo. I primi due sono legati

usare una terminologia cara a Wittgenstein – di una forma di vita.

propriamente al rapporto verticale tra singolo e gruppo, mentre gli ulti-

A questo punto l’analisi di Pettit si concentra sull’affinità tra olismo e

mi due spiegano il rapporto tra individui in maniera orizzontale. Essi

collettivismo e sul fatto che il collettivismo possa essere uno sviluppo

possono quindi venire considerati a gruppi di due, ossia: [1] individuali-

dell’olismo come avviene nel pensiero di Durkheim e in certe interpre-

smo-atomistico, [2] individualismo-olistico, [3] collettivismo-atomistico,

tazioni di Hegel. La sostanziale differenza deriva dal fatto che il colletti-

[4] collettivismo-olistico.6 [1] e [4] sono evidentemente due posizioni in-

vismo esclude qualsiasi forma di individualismo perché afferma la prio-

sostenibili ed estreme. Il collettivismo-atomistico [3] è una posizione in-

rità o sopravvenienza del soggetto plurale nel determinare le attitudini e

termedia che però ha il limite di non spiegare la dinamicità del fenome-

intenzioni individuali. L’olismo sostiene, invece, che l’individuo in quan-

no sociale e del rapporto individuo-società. Essa assume che la società

to essere autonomo acquisisce competenze fruendo del contesto sociale

determina in maniera causale gli atteggiamenti di individui che perse-

senza per questo subirne le regolarità in maniera causale. Come abbiamo

guono l’interesse particolare senza alcuna sensibilità sociale. Il collettivi-

già visto, per il collettivista l’assetto sociale determina i comportamenti

smo-atomistico rappresenta quindi un binomio basato su due supposi-

individuali secondo un principio di causa-effetto che trascura la possibi-

zioni pessimistiche: la prima che il singolo possa assumere una posizio-

lità per l’individuo di opporsi autonomamente a tali regolarità e pren-

ne autonoma rispetto alle regolarità sociale, la seconda che l’individuo

38


Meditazioni filosofiche

non fruisca del contesto sociale nello sviluppo di attitudini e competen-

attraverso dinamiche interpersonali di cooperazione che danno vita a

ze. L’unico binomio plausibile è quindi l’individualismo-olistico [2] che,

svariate forme di socializzazione. L’individuo come atomico portatore

pur preservando la responsabilità individuale, sostiene l’origine sociale

di istanze e interessi particolari non è quindi plausibile in quanto esso ha

delle capacità linguistico-cognitive e la natura cooperativa dell’individuo.

una naturale disposizione all'interazione e allo sviluppo di pratiche con-

La proposta di Pettit in merito alla relazione individuo-società rap-

divise. L’atomismo non spiega l’acquisizione di capacità cognitive attra-

presenta un interessante e originale tentativo di conciliazione di diffe-

verso il linguaggio né la costituzione di nuove prassi attraverso il contri-

renti istanze teoretiche che sorgono qualora si tenta di spiegare

buto di più agenti razionali. La prospettiva atomistica non spiega infatti

l’autonomia individuale rispetto alle regolarità sociali. Se è vero, infatti,

come sia possibile dare vita a forme complesse di cooperazione ed im-

che la mente si costituisce non solo in modo naturale ma anche social-

pegno personale a favore di prassi condivise, in quanto pensa l’uomo

mente, è però vero che i confini naturali della persona (il suo corpo, la

come ingabbiato dai suoi stessi interessi e perennemente in conflitto

sua capacità di azione, il fatto che il centro biologico delle sue attività

con chi si oppone ad essi. Ecco che quindi le dinamiche sociali possono

cognitive, il cervello, sia fisicamente separato da quello di altri individui)

venire spiegate attraverso l’olismo sociale in cui il singolo è visto come

rappresentano il sistema di identificazione dell’agente. In altre parole,

parte di un tutto, ossia come integrato in un contesto sociale basato

l’acquisizione di regolarità intenzionali è un fatto sociale, ma l’azione è

sull’interdipendenza degli individui. In altre parole, il contesto sociale

individuale. Conciliare queste due istanze non è facile perché a livello

non è una mera somma di individui ma l’esito dell’integrazione ed inte-

cognitivo l’agente è anche un essere sociale integrato in forme di vite

razione della loro opera.

socialmente definite. A livello pratico, tuttavia, l’individuo sembra con-

Tutto

questo

giustifica

l’adozione

di

una

concezione

di

servare una distinzione rispetto alla società e l’esecuzione di una prassi

individualismo olistico che preservi le due componenti essenziali

che poggia sostanzialmente sull’azione individuale. La responsabilità

dell’ontologia sociale, ossia l’autonomia dell’agente e il carattere

pratica del singolo comunque non impedisce agli individui di operare

dinamico ed interattivo dell’agire umano che edifica prassi sociali e

socialmente secondo un principio interattivo. La società si costituisce

cooperative. La proposta di Pettit rappresenta quindi un fondamentale

39


Quaderni della Ginestra

risultato per gli studi sulla società e la cooperazione e comporta importanti conseguenze nel campo del pensiero politico come lui stesso sviluppa nella terza e conclusiva parte del suo monumentale The Common Mind.

GUIDO SEDDONE 1

P. Pettit, Oxford University Press, New Yoirk 1996. Si veda anche P. Pettit, Three Issues in Social Ontology in Rethinking the Individualism-Holism Debate, Zahle J. and Collin F. (eds.) Springer, New York 2014. 2 P. Pettit, The Common Mind, op. cit., p. 112: «I argue that collectivism proper is motivated by the recognition, particularly in the work of social scientists like Durkheim, that there are certain social-structural regularities at work in social life, certain regularities that are discontinuous with intentional regularities». 3 Ivi, p. 156: «If social‐structural regularities outflanked intentional in this selectional way, then there would be a sense in which people lacked the autarchy assigned by intentional psychology. There would not be any predetermining pressures at work on them of the sort that might be thought to override intentional regularities. But there would be predestining factors in operation that would give the lie to the autarchy that we naturally ascribe to them within the intentional‐psychological perspective». 4 Ivi, p. 165: «The issue between atomism and holism, by contrast, has a horizontal character. The question bears, not on the relation between high‐level factors and individual human beings but on the relation between the individuals themselves; it is the question as to how far people's social relationships with one another are of significance in their constitution as subjects and agents». 5 Ivi, p. 178: «The holist claim is that the individual human being’s capacity to think superveniently depends on her enjoying relations, in particular social relations, with other creatures». 6 Ivi, p. 172.

40




Cinema e filosofia

«BELIEF IN THE EXISTENCE OF OTHER HUMAN BEINGS AS SUCH IS LOVE». THE INDIVIDUALITY AND REALITY OF PERSONS IN ANDREI TARKOVSKY’S SOLARIS

T

I he word ‘virtual’ acquired the sense of «not physically existing but made to appear by software»1 already in the 1950’s when the first

advances in computer technology were made. Yet, compared to the 1950’s and to the clumsy fantasies of virtual reality technology in the 1980’s and 1990’s, it is only in our present age when virtual simulation of events and things, up to the presence of the other person, has become a real possibility. While those born in the 1980’s and earlier might still remember a time when ‘xeroxation’2 implied a diminishing of quality in the case of the copy and hence an antagonism between the copy and the original, today the promise of digital technology seems to be something of the opposite: everything can be imitated, simulated and made to appear, to the extent that a qualitative distinction between the copy and the original is becoming obsolete. In this short essay, I seek to show that contrary to the modern promise of virtual technology there is a limit to simulation, and that this limit and the corresponding ‘unsimulatable’ can be pointed out by

43

examining one specific film by the Russian director Andrei Tarkovsky. II In the film Solaris (1972), by Tarkovsky, the psychologist Kris Kelvin is asked to embark on a journey to the mysterious and far-away planet Solaris, while scientists inhabiting a space station orbiting the planet have ceased all communication with earth. We see Kelvin having a conversation with his old father about the prospect that he might not be alive when Kelvin returns. He meets with and interviews other scientists, who have returned from the planet, concerning some previous unaccountable events they have witnessed on Solaris, and finally sets off on the journey. Having arrived on the space station, Kelvin to his shock finds out that his long-time friend among the crew, Dr. Gibarian, has committed suicide. The two remaining persons on the station have decided to lock themselves in their sleeping quarters. Soon it becomes evident that Kelvin and the scientists Sartorius and Snaut are not alone: The oceanic planet is producing appearances based on the humans’ most hidden dreams, desires or memories, perhaps to communicate. These apparitions, or as the scientists on the station call them, «visitors», take a human form, but contrary to mere hallucinations, are something that


Quaderni della Ginestra

also others can perceive and interact with. One morning Kelvin awakes

pain and even despair of her strange existence.

to realize that the planet’s effect on his brainwaves has taken a physical

«It is evident» … It is evident both to the viewer and to Kelvin that

form: the visitor is none other than his late wife Hari, who committed

Hari is a conscious subject of her own right. Yet, one could imagine a

suicide years earlier. Frightened, Kelvin seeks to dispel the apparition:

puppet, or a zombie implanted with a programmed behavior-pattern

he leads her into an escape capsule and launches it to space, only to

that makes the device act just like Hari, to interact just like she did, and

realize the next morning that Hari is again there…

perhaps even to anticipate the doubts of her existence and answer to

Soon, the three persons’ attitudes to their visitors begin to vary.

them appropriately to seem a real person. What guarantees that Kelvin,

Whereas Sartorius and Snaut regard theirs as an unpleasant nuisance,

and the assumed viewer, are not mistaken in their belief in the

Kelvin begins to accept that Hari is another person, even though she

independent existence of Hari, in that she truly is a conscious subject?

seems oddly bound to Kelvin’s presence. Kelvin begins showing her

What guarantees that Kelvin and we, the viewers, are not thoroughly

films of her and of their time together and, in the end, introduces Hari

deceived and the scientists Sartorius and Snaut right?

as his wife to Sartorius and Snaut. These actions earn Kelvin the disdain

Such questions and doubts have a certain childlike quality. «What if

of others, especially Sartorius, who mocks Kelvin and calls Hari a mere

all my family and relatives were replaced with imposters or robots that

ensemble of elementary particles. In one of the film’s most memorable

would seemingly behave just like real people, but in reality…» One can

scenes, after being questioned of her existence and reality, Hari turns to

never totally assure a childlike narcissist that there ‘truly is’ a reality

address the camera and the viewer directly and confronts the scientists:

beyond her illusory world. Still, such questions have a certain urgency

«perhaps I am a mere mechanical copy as you say, but I am becoming

too, and not the least due to the current tendency towards imitation and

human, I can feel as deeply as you, I love him, I am a human being…»

simulation of events, persons and things.

From this point it is evident that Hari is something more than a mere phantom, an ensemble of elementary particles. She is a subject, she has

III

started to gain independence from Kelvin’s presence, can experience

But how, then, one can dispel such fears, how can one know that

44


Cinema e filosofia

others are ‘truly there’ and not replaced by robots by some malicious

taken a walk on the mountainside with a friend, of having seen a hut

demon?

with a grey roof and four birds sitting on top of it. In case of the

The German philosopher Robert Spaemann has developed a

dream, it would not make sense to correct you regarding the dream; that

philosophy of personhood in several treatises3. At times, Spaemann has

in reality there were five birds instead of four on the roof, that the roof

called his position a metaphysical realism towards personhood. In the

was green instead of gray et cetera. The only difference regarding the

following I suggest, that by explicating what such a metaphysical realism

content of the dream that you can be corrected on, according to Spaemann,

amounts to, some tentative answers to these questions can be provided.

concerns the real presence of the friend. In the dream, you dreamt not only

When seeking to paraphrase a complicated philosophical position, a concrete example is often the most suitable place to start. In his work

that you had taken the walk, but also that the friend was “really there”. As Spaemann argues:

Spaemann has given two examples of his position, both variations of the same core-theme: First, consider the pain of another. Let’s say a

«A non-pervert person wants to have real friends, and not only to

person lies in pain on her deathbed but is unable to express her inner

dream and imagine having them. None of us would want to lie in bed

states and feelings in any way. How are we able to know, whether the

for the rest of her life in a state of drug-induced euphoria. […] If a

other is in pain or not? Here, the one who makes a judgement regarding

person would hear on her deathbed that her children have been saved

the pain of another cannot possess any objective criteria to assess the

from a terrible accident, she would want to know, if it is also truly so.»5

other’s felt pain. Still, Spaemann maintains, a statement regarding the subjective state of the other can be true or false. In such a case, it is just

These seemingly banal examples contain a profound philosophical

that the other’s consciousness and felt pain provide the only and

insight. They both touch upon the problem of the being and presence

absolute criteria of truth for such a statement, «and we know that»4,

of the other for us. More precisely, they point out that the being and

even if we would possess no criteria to verify the truth of the

reality of the other person cannot be reduced to her being merely

statement. Or, consider a case in which you have dreamt of having

something for us. In this way, they point to the manner of givenness of

45


Quaderni della Ginestra

persons to each other. Namely, in their givenness persons differ

the existence of the other means that one misunderstands the way

thoroughly from how other beings and things are given to the subject.

persons are given to one another. In the last instance, our relation to

What Spaemann indicates through his examples is, put in more

one another is primarily not an epistemic one, a matter of knowledge,

technical terminology, that the «being» (esse) and presence of another

but of trust and of recognition.

person never coincides with her «being perceived» (percipi), i.e. her being

Importantly, for Spaemann, a paradigmatic case of a relation of the

the object of one’s intentional acts 6. In this way, the other’s being a

latter kind is love. His characterizations for love are derived from the

person implies that her «reality» for herself surpasses every possible

aspects of personal existence elucidated in the examples given above.

manner of givenness for us. Such considerations have led Spaemann to

First, according to Spaemann, love cannot have an intentional object,

express his position in the form of a claim: «[The consciousness of the

whose ontological status would be seriously in doubt. One cannot truly

other] is for us an absolute being, and as such, and not based on the

doubt the existence of the person one loves, for love is first and

possibility of communication, criteria of truth»7.

foremost not directed towards the other as an object of knowledge, but

Such a position can indeed be characterized as metaphysical realism

rather as a «self», a person, whose being is «beyond any possible

regarding personhood. Namely, if the consciousness of the other must

givenness» for us9. As was the case with the examples above, rather than

be understood as the absolute criteria of her presence and existence,

to an ontological proof Spaemann’s claim points to a dimension of

then her very being and existence transcends the bounds of knowledge

trust or faith that underlies every possible doubt. Even if one could be

and position-taking of another subject, and her existence is in this sense

and would be deceived regarding the being of another, what sense such

absolute, independent, and «not relative to something else»8. Yet,

a deception would have as a deception if it were not grounded in an

Spaemann does not argue that knowledge would have no place in

underlying faith regarding the being and existence of others? Second, as

human relations or that another person, her states of mind, feelings, etc.

already implied, according to Spaemann love is a special kind of

would be in principle undecipherable to the other. Rather, what

intentional act, and differs from acts that are directed towards beings

Spaemann implies is that giving way to a fundamental doubt regarding

and things. Namely, what love is directed towards, its intentional object,

46


Cinema e filosofia

is not the other in her qualitative identity, her personality and distinctive

psychologist Kris Kelvin, whom he once loved.

features, but rather the other in her numerical identity, i.e. the other in

How so?

her absolute individuality and singularity. Whereas every other intentional

As has been already implied in the context of love and its object,

object is defined by its being thus and so, in other words by its

being a person and personhood do not amount to «personality». To love

qualitative features, the ‘object’ of love is not reducible to those. From

someone, does not amount to valuing him or her because of her or his

this it follows that one cannot in a sense give reasons for one’s love. To

good character, beautiful appearance etc. In other words, the object of

say, «I love you because of this or that feature», «I love you because of

love, the individuality of the other, cannot be reduced to her subjective

your good looks» or «I love you because you are such and such a

characteristics, of her being a such and such a person. Put in colloquial

person», would betray that I do not in essence love you, but rather some

words, when asked, «why do you love me?» the best possible answer

feature of yourself that I find relevant for my own purposes10.

would be merely the tautology: «I love you because you are you». Hence, as stated, the paradoxical intentional object of love, the

IV

absolute individuality and singularity of the other, is something that can

Thus, it is becoming clear that Kelvin and the viewer are justified and

never be given to us as such. But how, precisely, should such a notion of

‘right’ in taking Hari as she appears in Solaris as a person and a subject.

individuality and individuation be understood?

To doubt her independent existence, like the other scientists on Solaris,

Once again, a philosophical thought-experiment can be helpful.

would display a truly inhuman attitude. Still, and precisely because Hari

Consider a case of two twins, Mick and Mack, who are completely

as she appears in Solaris truly is a person, whose independent existence

identical regarding their physical properties and features of

cannot be fundamentally doubted, Kelvin’s love for Hari seems deeply

personality11. At the moment Mick and Mack are both staring at the

paradoxical, even tragic. Namely, as intuitive as it is that Hari as she

same white wall. Hence, also the content of Mick’s experience is

appears in Solaris is a person, a conscious subject capable of thinking

completely identical to that of his twin and vice versa for Mack. In which

and feeling, just as intuitive is that Hari is not ‘Hari’, the late wife of

sense Mick and Mack would be different, then? Would their difference

47


Quaderni della Ginestra

amount only to the fact that they inhabit a different position in space?

and breathing person, who would possess all the information we have

And if so, would Mick and Mack not only be completely identical, but

of our life together, and behave and act just as the person we loved. By

also completely replaceable?

the means of our knowledge of him or her the deception would be

Taken that Mick and Mack would be persons who have experiences,

impenetrable. Still, if the betrayal would be disclosed to us, we would feel

and not merely the same person, who mysteriously happens to inhabit

deceived, the past of the other was not the one we genuinely shared

two separate locations in space at the same time, a formal kind of

together. Naturally it might happen, like in Kelvin’s case, that we would

individuation must exist between the twins. Traditionally, such a formal

begin to love this other too, but it would not be the same love.

principle of individuation has been called «self-consciousness»,

For these reasons, even if Hari as she appears in Solaris truly is a

«subjectivity» or «first-person perspective»12. In the present essay, I

person and a conscious subject, she still is not Hari, the late wife of Kris

cannot touch the philosophical problem of subjectivity in any depth.

Kelvin, whom he once loved and who is now lost forever. Or, in more

However, the following, put in the form of a question, seems intuitive:

philosophical terms, even though Hari as she appears in Solaris is

Isn’t only Mick’s current experience, even though qualitatively identical

qualitatively identical in terms of personality, behavior, outlook et cetera

to that of Mack, experientially accessible for him, to his «first person

to Hari on earth, and even if Hari as she appears in Solaris is an

perspective», whereas the experience of Mack is not accessible to Mick

individual human being, she for the very same reason is still not the same

at all, and would not the same apply to Mack’s experience vis-à-vis the

person as Hari on earth.

self-givenness of his experience in contrast to Mick? If so, even though absolutely identical in the qualitative sense, Mick and Mack would still be in a fundamental and irreducible sense individual and hence two separate persons and subjects instead of one.

V «What can be simulated is always qualitative and quantitative»13, Robert Spaemann argues. In the above an account has been sketched,

In a similar fashion, consider the possibility that the person we love

according to which the reality and individuality of persons is in the last

would be replaced with a perfect double. The double would be a living

instance not a matter of qualitative or quantitative individuation and

48


Cinema e filosofia

hence is not simulatable. And, this paradoxical matter is manifest in the presence of Hari for us, the viewers of Solaris, and for Kris Kelvin. Thus, by presenting a phenomenon that might be termed «the paradox of personhood», Tarkovsky has managed to point a limit to simulation years before any advances towards current digital technology were made.

JAAKKO VUORI Definition from Online Etymology Dictionary. From the “Xerox corporation”, manufacturer of printers and document technology. 3 Presented among others in his book Personen – ein Unterschied zwischen ‘etwas’ und ‘jemand’, Klett-Cotta, Stuttgart 1996, and in the essay “Über die Bedeutung der Worte, ‘ist’, ‘existiert’ und ‘es gibt’” in Philosophisches Jahrbuch, 2010: 1, pp. 5–19. In the following, some notes to Spaemann’s texts have been omitted for the sake of readability. 4 R. Spaemann, Personen, op. cit., p.15. 5 R. Spaemann “Über die Bedeutung der Worte, ‘ist’, ‘existiert’ und ‘es gibt’”, op. cit., p.85. Emphases mine. 6 Ivi, p. 191. 7 R. Spaemann Personen, op. cit, p. 15. In addition to Spaemann, many other philosophers have presented claims such as these. One of them is Emmanuel Levinas, who for example presents a similar case by employing the notions of “idea of infinity” and “transcendence” in the essay “Philosophy and the Idea of the Infinite”, in Collected Philosophical Papers, transl. by Alphonso Lingis, Martinus Nijhoff, Dordrecht 1987. Unbeknownst to the author when writing the essay, Sara Heinämaa has presented similar arguments as Spaemann regarding love and transcendence by employing Descartes’ concepts of admiration or wonder in her recent treatise “Love and Admiration (Wonder): Fundaments of the Self-Other Relations” in Drummond, John and Rinofner-Kreidl, Sonja (eds.) Emotional Experiences: Ethical and Social Significance, 1 2

49

2017 forthcoming. 8 Which is a modification of the traditional definition of metaphysical realism, i.e. of a view that the world is as it is independent of how humans or other perceivers take it to be. For an additional definition and evaluation of metaphysical realism, see D. Khlentzos, Challenges to Metaphysical Realism. The Stanford Encyclopedia of Philosophy. Edward N. Zalta (ed.), URL = <https://plato.stanford.edu/archives/win2016/entries/realism-sem-challenge/>. 9 R. Spaemann, Personen, op. cit., p. 85. 10 On some occasions Spaemann has used the German phrase Seinlassen (literally: “letting-be”) of love and the reciprocal relation of recognition that is its basis. He writes in an essay: «Recognizing someone means letting the recognized be of such kind that she is conceived as independent of this act of recognition, in the sense that she is not constituted by it.» R. Spaemann, “Über die Bedeutung der Worte, ‘ist’, ‘existiert’ und ‘es gibt’”, op cit., p. 16. Translation mine. Here I am not able to analyze such an act of recognition in detail. However, it is important to note, that recognition thus conceived amounts to responding to a pre-given demand that stems from the other. Hence, recognition in Spaemann’s sense is not primarily an active, constituting act, but rather a responsive one. I, for one, tend to see some fragments found in Simone Weil’s Gravity and Grace as expressions of this kind of recognitive act as “Seinlassen”. Cf. e.g. «A beloved being who disappoints me. I have written to him. It is impossible that he should not reply by saying what I have said to myself in his name. Men owe us what we imagine they will give us. We must forgive them this debt. To accept the fact that they are other than the creatures of our imagination is to imitate the renunciation of God. I also am other than what I imagine myself to be. To know this is forgiveness.» S. Weil, Gravity and Grace, transl. by E. Crawford and M. von der Ruhr, Routledge, London and New York 2009, p. 9. In this way, following Spaemann and Weil, love as recognition is not a matter of sharing a value-horizon with the other or caring for the other, but implies rather that one renounces every self-centered anticipation or belief regarding the being of the other, and in this way, acknowledges her being independent of one’s evaluative acts and beliefs. For a similar argument regarding love, see also S. Heinämaa, “Love and Admiration (Wonder): Fundaments of the Self-Other Relations”, op. cit. 11 The example and the argument stem from Dan Zahavi’s book Self and Other: exploring subjectivity, empathy and shame, Oxford University Press, Oxford 2014. 12 In addition to Zahavi’s work, see D. Henrich Between Kant and Hegel: Lectures in


Quaderni della Ginestra

German Idealism. Harvard University Press, Cambridge 2008, p. 323. 13 R. Spaemann, Personen, op. cit., p. 87.

50




Arti e filosofia

FIGHT CLUB.

protagonista vorrebbe essere, è Tyler Durden, nichilista creatore del

METAFISICA E ILLUSIONE

I

Fight Club. Quest’ultimo è un’entità di cui non si deve parlare, dove si

l protagonista e narratore del romanzo Fight Club è un anonimo personaggio appartenente alla generazione X dei nati tra il 1965 e il

1984 che, attraverso la descrizione di manipolazioni, influenze, ossessioni e personali fobie, ci riporta continuamente alla nostra coscienza. Egli rifiuta tutti gli assunti della civiltà occidentale in primis l’importanza dei possessi materiali e le strategie di creare bisogni imposte dalla società e dalla pubblicità. Tuttavia, la depersonalizzazione e

l’ascolto di

allucinazioni

acustiche

non lo

conducono

al

deterioramento intellettuale, ma al porre le facoltà intellettuali al servizio della riorganizzazione del suo deludente mondo interiore. Disordini affettivi e comportamentali si sovrappongono nella narrazione di atti autolesionistici, di sprigionamenti di violenze immotivate, di perentori rifiuti di stili di vita consumistici. Il narratore ci racconta di riunioni di giovani ricchi, sani e delusi che si incontrano in centri di sostegno di malati terminali di cancro per percepire momenti di vita vera nel calore umano di chi, attraverso la meditazione guidata, tenta di sopravvivere in attesa della morte. Interlocutore della voce narrante e proiezione di ciò che il

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organizzano combattimenti clandestini di giovani sconosciuti e furiosi, che si battono corpo a corpo, uno contro uno, a mani nude, senza camicia e senza scarpe fino a sfigurarsi. Dalla descrizione della voce narrante i partecipanti non sono doppi replicanti di anonimi, banali personaggi del mondo reale, ma agiscono come combattenti fenomenali in una realtà virtuale di lotte notturne che esistono solo dalle due del sabato alle sette della domenica mattina. Si sentono più vivi di notte quando si avvicinano all’autodistruzione che non di giorno quando si prodigano per l’automiglioramento arredando un bel appartamento o mantenendo in ordine una bella auto. «Nulla è statico- dice il narratoreanche la Gioconda se ne va in pezzi, così se la vita sembra essere troppo completa è necessario spaccare tutto per tirare fuori qualcosa di meglio da noi stessi». Il disagio interiore del protagonista sfocia in un disturbo di personalità multipla che lo conduce in un baratro vendicativo. L’insonnia e il malessere psichico si risolvono nell’eccesso di dolore fisico, unico farmaco per sconfiggere il malessere mentale. Solo il raggiungimento del completo annientamento consente all’uomo di essere completamente libero, l’io narrante sostituisce il desiderio di


Quaderni della Ginestra

essere altro con un alter ego, Tyler, con cui è convinto di relazionarsi e

solido e scintillante, rappresenta il cielo ed è bianco. Uno è presente

che, a sua volta, ha il coraggio di andare contro il sistema costituito

sotto forma di germe anche nell’altro; ciascuno contiene il suo opposto.

creando una catarsi notturna attraverso il Fight Club. Così la ritrovata

Come principio uniformatore si assume l’indivisibile unità di tali

consapevolezza del narratore diventa un mezzo per liberarsi dal doppio

opposti. Funzioni alternate e mutualmente complementari delle forze

e riprendere pienamente coscienza di sé. «Se non sai quello che vuoi

maschili e femminili mantegono il creato in equilibrio. Il principio

finisci con un mucchio di roba che non vuoi» e «Un sacco di giovani

maschile è incarnato da Tyler, il fighter, e il femminile da Marla, la sua

cerca di fare colpo sul mondo comprando questo e quello». Sono i

amante, una Barbie non di plastica. «Nella testa conto: cinque sillabe,

commenti aforistici dell’uomo della strada, il portiere del grattacielo

sette, cinque» dice il narratore, il quale di giorno è un perfezionatissimo

dove vive il narratore il cui appartamento è appena esploso. Non resta

maestro zen di cui nessuno si accorge, che scrive mentalmente un haiku:

che invocare una liberazione dai mobili svedesi e dall’arredamento

«Privo di nido/L’uccello abita il mondo/Vivi la vita». È un poeta che

artistico funzionale, il nido-casa è una trappola in cui le cose un tempo

condensa in diciassette sillabe la sintesi e la profondità del mondo. I

possedute, possiedono il proprietario. Siamo schiavi di un istinto di

versi sono solo apparentemente semplici, ma sono in realtà espressione

nidificazione di oggetti di design che diventano cenere, cumuli di

della filosofia zen. Sono poesie evocative di immagini chiare, ma anche

schegge, immondizia. La nostalgia per il distrutto tavolino Njurunda a

di altre sensazioni, tattili, sonore, olfattive. Immagini poetiche universali,

forma di yin color verde ramarro e yang arancione, da incastrare insieme

eterne, generali si alternano a passaggi al personale, al momentaneo, al

per formare un cerchio riporta nella narrazione l’immagine cinese della

particolare. La filosofia orientale e la cultura giapponese aleggiano nella

coppia primordiale. Nel mito, come nella realtà, la creazione e la

narrazione nel riferimento alla scuola cinese del buddhismo zen

formazione del mondo implicano spesso una divisione di opposti. Dalla

sviluppatasi in Giappoine nel periodo Kamakura e nella citazione della

polarità di questi sgorga il potere che forgia il cosmo. Nel mito cinese il

breve composizione di haiku secondo lo schema metrico 5-7-5.

simbolo cosmico della polarità intercambiabile degli opposti è la figura

Il pensiero di Berkeley che fa suo il principio cartesiano che i soli

dello yin-yang. Yin, l’elemento terrestre umido e oscuro, è nero; yang,

oggetti della conoscenza umana sono le idee pervade l’io narrante. Ciò

54


Arti e filosofia

che noi chiamiamo cosa è una collezione di idee, e non è possibile che

essi diversi atti come il volere, l’immaginare, il ricordare. Questo essere

esistano in un modo qualsiasi fuori degli spiriti che le percepiscono: la

che percepisce ed agisce è la mente, lo spirito, l’anima, l’io. Si tratta di

mente del narratore anonimo percepisce le idee che descrive.

un’entità diversa dalle idee e nella quale esse esistono, ossia dalla quale

Comumente si crede che le cose naturali (gli uomini, le case, l’aereo,

esse vengono percepite: il che significa la stessa cosa perché l’esistenza

l’arredamento, ecc.) abbiano un’esistenza reale distinta dalla percezione

di un’idea consiste nel venir percepita. Né i nostri pensieri, né i nostri

che l’intelletto ne ha: si distingue l’essere percepito di una cosa dal suo

sentimenti né le idee formate dall’immaginazione possono esistere senza

essere reale. Ma questa distinzione è un’astrazione che Berkeley1 ha

la mente. Le varie sensazioni ossia le idee impresse ai sensi, per quanto

condannato in anticipo. In realtà è impossibile concepire una cosa

fuse e combinate insieme non possono esistere altro che in una mente

sensibile separata o distinta dalla percezione relativa. L’oggetto e la

che le percepisce. L’esse delle cose è un percipi, e non è possibile che esse

percezione sono la stessa cosa e non possono essere astratti l’uno

possano avere una qualunque esistenza fuori dalle menti o dalle cose

dall’altra. Questo vuol dire che non esiste una sostanza corporea o

pensanti che le percepiscono. Nello sforzarci a concepire l’esistenza di

materia, nel senso in cui comunemente s’intende, cioè come un oggetto

corpi esterni, in realtà non facciamo altro che contemplare le nostre

immediato della nostra conoscenza. Questo oggetto è soltanto un’idea,

stesse idee. Ma la mente, non prestando attenzione a se stessa, si illude,

e l’idea non esiste se non è percepita. L’unica sostanza reale è dunque lo

e pensa di poter concepire, e di concepire in realtà, corpi che esistono

spirito che percepisce le idee. Gli oggetti della conoscenza umana o

senza essere pensati ossia fuori della mente, benchè proprio in quel

sono idee impresse ai sensi nel momento attuale; o idee percepite

momento essi vengano appresi da essa ossia esistano in essa. La causa

prestando attenzione alle emozioni e agli atti della mente; o infine idee

delle idee è una sostanza corporea e attiva, ossia lo spirito. Uno spirito è

formate con l’aiuto della memoria e dell’immaginazione, riunendo,

un essere semplice, indivisibile, attivo: in quanto esso percepisce idee, si

dividendo

originariamente

chiama intelletto; in quanto produce idee ed opera in altro modo su di

ricevute.Oltre all’infinita varietà di idee, o di oggetti della conoscenza,

esse, si chiama volontà. Abbiamo una certa nozione di anima, di spirito,

v’è poi qualcosa che conosce o percepisce quelle idee, ed esercita su di

delle operazioni della mente, come il volere, l’amare, l’odiare, in quanto

55

o

soltanto

rappresentando

le

idee


Quaderni della Ginestra

conosciamo o comprendiamo il significato di tali parole. Le idee del

soltanto in qualche altra mente, gli oggetti del senso non sono altro che

senso sono le più forti, più vivaci, più distinte di quelle

quelle sensazioni combinate, fuse o concretate insieme, nessuna di esse

dell’immaginazione; inoltre esse hanno stabilità, ordine, coerenza. Non

si può supporre esista senza essere percepita. Il narratore analizza ciò

vengono suscitate a caso, come spesso avviene per quelle causate da

che lo circonda attraverso l’uso del linguaggio e le associazioni di

umane volontà, ma con un processo regolare, ossia in una serie

immagini proprie del pensiero analitico di Ryle utlizzando il metodo

ordinata. Le idee impresse ai sensi vengono chiamate cose reali, mentre

della dissoluzione. «Con gli occhi chiusi abbiamo immaginato il nostro

quelle suscitate nell’immaginazione, poiché sono meno regolari, meno

dolore come una sfera di luce bianca risanatrice…L’aprirsi dei nostri

vivide e meno costanti, vengono chiamate più precisamente idee ossia

chakra». Secondo Ryle2, in continuità con la tradizione empiristica da

immagini di cose che esse copiano e rappresentano. Le nostre

Locke a Berkeley fino a Mill uno dei vizi concettuali più radicati sia nel

sensazioni sono idee vivide che esistono nella mente o sono percepite

linguaggio filosofico che nelle abitudini linguistiche comuni è l’uso

da essa così realmente come le idee dovute alla mente stessa. Le idee del

fuorviante delle asserzioni. La chiarificazione dei concetti e del

senso hanno in sé maggior realtà, cioè sono più forti, più ordinate, più

linguaggio è funzionale al rifiuto di enunciati di tipo universale, valutati

coerenti, di quelle create dalla mente: ma questo non prova che esse

come metafisici, ossia come privi di significato. La posizione di Ryle è la

esistano senza mente. Nessuna idea, debole o forte che sia, può esistere

versione novecentesca del radicale empirismo berkeleiano, secondo cui

altrove che in una mente che le percepisce. Come il narratore fa intuire

le idee che l’uomo possiede sono sempre idee concrete, particolari.

al lettore per quanto possiamo conoscere, tutto ciò che vediamo, che

Poiché noi non percepiamo mai nulla di universale, i nomi comuni del

tocchiamo, che udiamo potrebbe essere soltanto un fantasma, una vana

nostro linguaggio sono in realtà sempre nomi propri: «La mia tesi3 è che

chimera, e non corrispondere per nulla alle cose reali che esisterebbero

è possibile analizzare in modo analogo tutte le asserzioni che sembrano

in rerum natura. Chiunque rifletta e cerchi di comprendere ciò che dice,

essere relative e universali, e che di conseguenza le parole generali non

riconoscerà, che tutte le qualità sensibili sono sensazioni e sono reali;

sono in realtà mai nomi di soggetti d’attributi». Il narratore conduce su

dove c’è estensione, là c’è anche colore, gli archetipi possono esistere

di sé un lavoro filosofico che assomiglia a quello di una terapia

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Arti e filosofia

psicoanalitica che mira all’individuazione delle cause e delle origini dei

senso chiedere se gli stati mentali siano cause dei nostri comportamenti,

problemi, piuttosto che alla loro effettiva risoluzione. «Abbiamo una

dal momento che non è possibile identificare gli stati mentali

grande rivoluzione contro la cultura. La grande depressione è quella

indipendentemente dai comportamenti. «Sto sciogliendo i miei legami

delle nostre vite. Abbiamo una depressione spirituale». La mente non è

con il potere fisico e gli oggetti terreni- dice Tyler- perché solo

una sostanza separata, ma coincide con i comportamenti di un

distruggendo me stesso posso scoprire il più elevato potere del mio

determinato individuo. Parlare della mente è dunque solo un modo per

spirito». La sottolineatura della questione del soggetto porta alla critica

parlare dei nostri comportamenti. Ne deriva che il problema mente-

della spersonalizzazione e dell’anonimato, a cui l’uomo sembra

corpo è uno pseudo- problema, e il dualismo mente-corpo solo un mito,

condannato nella contemporanea società di massa, e al rifiuto

ossia la falsa credenza in una sostanza pensante che abita all’interno del

dell’individualismo dominante nella società artificiale, fondata sulla

corpo umano. Per Ryle la mente non è una sostanza separata, ma

fredda riflessione calcolatrice, ormai sostituitasi alla comunità naturale,

coincide con il complesso dei comportamenti di un individuo. Quando

fondata sui sentimenti.

affermiamo che una persona prova piacere o dolore, non stiamo

Nell’interrogazione più originale lo spaesamento suscitato dalla crisi

descrivendo un’esperienza mentale intima e incomunicabile, bensì il suo

si eleva a interrogativo sul senso dell’esistere in quanto tale; da

comportamento o meglio le sue disposizioni comportamentali

Heidegger a Jaspers a Pareyson, gli esistenzialisti hanno fatto risuonare

potenziali (ridere, piangere, gemere, urlare…). Gli stati mentali non

la domanda metafisica fondamentale: «Perché l’essere anziché il nulla?»,

sono atti reali, ma schemi di comportamento potenziali che diventano

nel nuovo contesto della morte di Dio annunciata da Nietzsche.

reali in condizioni determinate.

Nell’esistenzialismo emerge la domanda sul nichilismo che caratterizza

È per sapere di più su se stessi che gli uomini si battono al Fight

l’uomo contemporaneo. «Noi non siamo speciali. Non siamo nemmeno

Club: «Forse abbiamo bisogno di spaccare tutto per tirar fuori qualcosa

merda o immondizia. Noi siamo soltanto e quello che succede succede

di meglio da noi stessi». L’interazione mente – corpo è uno pseudo-

soltanto». È questa la conclusione finale a cui giunge il protagonista di

problema, la mente è un fantasma e il corpo è la macchina. Non ha

Fight Club a cui una voce sussurra in un Inferno molle climatizzato:

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Quaderni della Ginestra

«Distruggeremo la civiltà per potere cavare qualcosa di meglio dal

credenza. A una regola non si crede né non si crede, ma la si osserva.

mondo». I giornalisti4 hanno riutilizzato il termine «Fight Club» per

Niente qui è possibile poiché tutto si gioca e si risolve senza alternativa

riferirsi a recenti fatti di incontri clandestini di boxe tra i cortili delle case

né speranza, all’interno di una logica immediata e irremissibile. Il gioco

popolari di edilizia sociale di Bolzano in cui ragazzi di giorno in

del Fight Club è certo più serio della vita, e questo appare nel fatto

apparenza tranquilli sfogano di notte rabbia e violenza condivisa in rete

paradossale che la vita può ridiventarne la posta. Il gioco non è dunque

con followers virtuali postando video dei loro combattimenti in diretta

fondato sul principio di piacere più di quanto lo sia sul principio di

su Instagram. Il Fight Club di Palahniuk ha una serie di regole che gli

realtà. La sua risorsa è l’incanto della regola, e della sfera che essa

adepti devono rispettare. Come ha sottolineato Baudrillard5, il gioco, la

descrive che è un’altra logica, artificiale e iniziatica, in cui le

sfera del gioco ci rivela la passione e la vertigine della regola, la potenza

determinazioni naturali della vita e della morte vengono a cadere. La

che deriva da un cerimoniale. Il gioco è sottoposto a delle regole, al

regola ha un suo moto di rivoluzione, un senso proprio: è convenzione

contrario del sogno, e non si può lasciarlo. Lasciare il gioco non fa parte

verso un punto centrale e la reversione del ciclo, così funziona la scena

del gioco, è l’impossibilità di negare il gioco dall’interno, che costituisce

rituale nel ciclo del mondo, estraneità rispetto a ogni logica dell’origine e

il suo fascino e lo differenzia dall’ordine del reale, e crea allo stesso

della fine, della causa e dell’effetto. La fascinazione del gioco è una

tempo un patto simbolico, un’esigenza di osservanza senza restrizione e

passione cristallina che cancella la traccia e la memoria, che fa perdere il

l’obbligo di andare sino in fondo nel gioco, come nella sfida. L’ordine

senso. La sfera interna del gioco è senza residuo, la posta vi si consuma

istituito dal gioco, essendo convenzionale, non ha niente in comune con

e vi si riversa incessantemente. Non si può dire che resti qualcosa al di

l’ordine necessario del mondo reale: non è né etico né psicologico, e

fuori del gioco. Il resto presuppone un’equazione non risolta, un destino

l’accetazione della regola non è né rassegnazione, né imposizione.

non compiuto, una sottrazione o una rimozione.

Entrare nel gioco significa entrare in un sistema rituale di obblighi e la

Affermava Baudrillard6 che la società di massa è volta a creare

sua intensità deriva dalla forma iniziatica. Priva di fondamento

illusioni e si interessava a Disneyland, visto come un grande mondo

psicologico o metafisico, la regola è anche priva di un fondamento di

fittizio in cui le favole diventano realtà, così il narratore mentalista di

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Arti e filosofia

Fight Club crea il suo haiku mentale focalizzando la sua illuminata entità spirituale: «Pioggia su rose/Disneyzoologia/Mi fanno male». Le immagini sono dentro la nostra mente e fuori dalla nostra mente, la conoscenza inizia con la percezione è questo il messaggio finale con cui l’autore si congeda dal lettore.

ELISA ZIMARRI G. Berkeley, “Trattato sui principi della conoscenza umana”, Laterza, Bari 1984. G. Ryle, “The concept of mind”, University of Chicago Press, 1949. 3 G. Ryle, “Collected Essays 1929-1968”, Hutchinson, London 1971. 4 Francesco Clementi “Il Fight Club nei cortili di Bolzano: allarme violenze nelle case popolari” Corriere dell’Alto Adige 29/6/2017. 5 J. Baudrillard, “Della seduzione”, Se, Milano 1997. 6 J. Baudrillard, “La società dei consumi”, Il Mulino, Bologna 2010. 1 2

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Didattica e filosofia

LA MIA REALTÀ: TRA L’IO E IL MONDO

S

ognuno a modo nostro, ed è la realtà di cui parlavo. Ora ammetto che esista qualcosa là fuori, un universo fisico distinto

cegliamo una scena dalla nostra mente, non importa se un ricordo

da me e che anche senza di me sussiste (d’altronde di sola storia umana

o fresca di immaginazione (anche se il divario tra i due forse non è

ci sono stati millenni prima di noi): lo definisco sostanza esterna.

poi così ampio). Non importa sia la passeggiata nel bosco della

Possiamo dire che essa è asettica, non contaminata dall’osservatore e

settimana scorsa o degli strani esseri di un’altra galassia: quell’immagine

tutti noi in essa siamo immersi. Tuttavia nel momento stesso in cui la

ci appare nell’immediato ben chiara e definita, ma, se proviamo a

sperimento coi sensi o la immagino, essa mi appare in modo particolare,

metterla a fuoco, vediamo che non pochi sono i dettagli che ci

relativo a me: costituisce parte della mia realtà. La realtà è ciò che si

sfuggono. E quando siamo concentrati su un particolare dell’immagine,

manifesta istante per istante al soggetto e fa parte del mondo, ossia tutto

inevitabilmente perdiamo le altre parti della scena. Perché la scena che

e solo ciò che può diventare realtà ma che ora non lo è (perché nel

prima era così chiara ora non lo è più? Chi può stabilire, se non noi,

momento stesso in cui sperimento qualcosa del mondo, esso entra nella

com’è ciò che sperimentiamo? Possiamo ingannare noi stessi?

realtà).

Per tutta la mia vita (d’ora in poi parlerò alla prima persona singolare

Ora, il (mio) mondo mi attende sia nella mente (perché vi sono ricordi,

per semplicità) io sono continuamente immerso nella (mia) realtà. Forse

idee etc… a cui posso aver accesso ma su cui ora non mi sto posando)

non è irragionevole pensare che questo sentire se stessi derivi proprio

sia all’esterno (perché vi sono luoghi e tempi a cui posso aver accesso

dal fatto che siamo aperti verso qualcosa di distinto da noi. In questo

ma in cui ora non mi trovo). Il mondo è unico, in parte proiettato ‘là

momento sono sveglio e dunque aperto al mondo esterno grazie ai

fuori’ e in parte verso ‘qua dentro’, da cui si articola la mia realtà (si noti

sensi, ma sto anche leggendo e vedo di continuo apparire e sparire

che l’origine del mondo è nel soggetto).

immagini grazie alle parole. Il confine tra esterno e interno non è poi

Quando dico che il mondo è unificato, non intendo sia già tutto

così netto come si potrebbe pensare, proprio perché tutte le immagini

scritto, determinato e non ammetta possibilità, ma semplicemente che il

sono sempre proiettate su uno sfondo comune che noi vediamo,

piano mentale cosciente e quello fisico cosciente si trovino allineati

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Quaderni della Ginestra

poiché sono sempre allineati nella realtà. Il mondo ‘là fuori’ poggia sulla

polveri colorate (sentimenti). Sotto ogni immagine che noi vediamo, in ogni

sostanza esterna, il mondo ‘qua dentro’ poggia su un qualcosa non poi

istante, si nasconde il lavoro della ragione e vi sono dei sentimenti. Noi

così diverso dalla sostanza esterna, che chiamo sostanza interna. Ribadisco

sentiamo tutto questo da cui scaturisce la nostra realtà. Tutte queste

che entrambe le sostanze, quando entrano in contatto col soggetto, si

connessioni e sentimenti si costruiscono nel corso della vita. Il modo in

tramutano per esso nella sua realtà, la quale risulta essere sempre una e

cui vediamo le cose, infatti, dipende sì dai sensi, ma anche

una sola. Ad ogni modo, la sostanza interna supporta la conoscenza

dall’istruzione, da inclinazioni personali, da esperienze, etc… Noi

della (mia) realtà* (vd. pagina precedente). Tuttavia, nel momento stesso

plasmiamo il nostro mondo e, poiché la realtà si muove in esso, da esso

in cui immaginassi questa sostanza, non si tratterebbe di essa ma di una

siamo influenzati in ogni istante.

sua raffigurazione, comunque da essa prodotta e non si può sapere se

Noi entriamo sempre in contatto con le idee della realtà e mai con la

questa riproduzione di se stessa sia fedele o meno. Stabilire quanto la

realtà stessa, cioè la sostanza. Capire questo passo, partendo dalla mia

sostanza interna e la sua raffigurazione siano vicine, o se addirittura

realtà e portandola all’estremo, permette di capire quella che è forse la

coincidano, è compito assai difficile.

realtà distinta. Questa è la realtà per noi, ma non più quella percettiva: si

Sorge ora spontaneo capire come è fatto il nostro mondo, o almeno

tratta della nostra sostanza, del rapporto che intercorre tra noi e il

una sua parte: quella che apprendiamo dalla realtà. Perché siamo legati

mondo, si tratta della conoscenza che abbiamo del mondo. Forse non

ad alcune persone o cose? Perché tra gli uomini esistono tante idee e

basta avere delle buone raffigurazioni delle cose, ma sapersi muovere in

modi di pensare diversi e perfino in uno stesso uomo le idee possono

questo gioco tra l’io e il mondo.

cambiare? Queste domande ci mostrano che nella mente avviene qualcosa di straordinario: le immagini si combinanono e formano

FILIPPO CHIAPPARI

immagini più ampie. È un continuo cucire e scucire. È utile una metafora. Pensiamo a un telo bianco (immagini) ottenuto mediante la cucitura (grazie alla ragione) di tante stoffe, su di esso sono sparse tante

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Libri in discussione

c

VIAGGIO VERSO L’ISOLA DI UTOPIA. ostruire un'utopia significa mettere a confronto il mondo com'è e il mondo come lo si vorrebbe. Si tratta di un'attività tutt'altro che

semplice, soprattutto quando la si svolge in gruppo, perché il lavoro di immaginazione comune genera inevitabilmente dei conflitti. Proprio da questi conflitti tuttavia scaturiscono quelle cicatrici di senso che danno valore all'esperimento. L'emergere di punti di vista differenti infatti, oltre a movimentare il gioco, aiuta i partecipanti a capire che cosa essi pensano veramente e ad acquisire così una maggiore consapevolezza delle proprie idee e posizioni.

bambini. Il percorso si configura dunque come un viaggio, in cui non c'è una meta prefissata e anche il cammino intrapreso risulta del tutto imprevedibile. Il filosofo, che inizialmente assume la funzione di guida della classe, è ben presto costretto a cedere il posto all'immaginazione, che traccia la strada da percorrere insieme ai dubbi e alle domande dei bambini. L’utopia così ideata è in un certo senso irreale mentre assolutamente reali sono le aspettative e le esigenze che ne determinano la realizzazione. Essa si situa in quel mondo intermedio nel quale il possibile penetra nel reale e permette di guardarlo con altri occhi – come Alfonso Maurizio Iacono sottolinea nella Prefazione al testo. Il

Questo è il tentativo messo in atto da Luca Mori con più di

filosofo provoca con le sue domande le reazioni che portano i bambini

cinquecento bambini incontrati nell’arco di oltre dieci anni in giro per

ad abbandonare un universo di significato per un altro, oltrepassando le

l’Italia, insieme ai quali il filosofo ha cercato di costruire un’utopia nella

cornici di senso ad essi note.

quale vivere, immaginando di viaggiare verso un’isola sconosciuta e

Al loro arrivo sull'isola, i bambini iniziano ad elencare gli edifici la cui

proponendo ai giovani esploratori di abitarla, lasciandoli liberi di

costruzione reputano indispensabile, come la scuola o l'ospedale. Sulla

confrontarsi nelle scelte più importanti, dai modi di vivere,

natura delle abitazioni si creano talvolta delle discussioni, dal momento

all’organizzazione economica e politica, al rapporto con il mondo

che ciascun bambino ha un'idea diversa sulla struttura nella quale gli

esterno e così via. Di questa esperienza offre finalmente un resoconto

piacerebbe risiedere: c'è chi vorrebbe vivere in un palazzo con tanti

dettagliato il volume edito da ETS nel gennaio di quest’anno che

appartamenti, chi in un albergo e chi in delle casette sparse sull'isola.

inaugura la collana “Le Tartarughe”, dedicata appunto alla filosofia con i

Diversi bambini sottolineano l’esigenza di non costruire troppo, per non

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Quaderni della Ginestra

sottrarre spazio alla natura e agli animali, realizzando un’isola con «tanti

mura o cancelli? La delicata attualità del tema influisce sulle soluzioni

piccoli paesaggi», come suggerisce Edoardo, dieci anni.

proposte dai bambini, che ad aperture umanitarie alternano talvolta

Il passaggio dalle forme abitative alle forme di governo è breve e vale

timori legati alla pericolosità degli stranieri. In generale, sembra

la pena soffermarsi su quello che i bambini pensano delle regole da

prevalere un atteggiamento di accoglienza, punteggiato qua e là da

seguire sull’isola (anche se alcuni bambini sono convinti che non

soluzioni ingegneristiche a tratti molto ingegnose, come quella di dotarsi

servano regole e non debba esserci sull’isola alcuna forma di governo).

di «spie a forma di uccello-robot» con cui osservare le mosse dei nuovi

L’approccio ecologista è anche in questo caso maggioritario: le pene più

arrivati.

severe sono quelle previste per coloro che sporcano o inquinano.

E gli adulti? Qual è il posto degli adulti sull’isola? Quasi tutti pensano

Edoardo, di sei anni, sostiene che «se inquiniamo la nostra isola non

che potrebbero venire ad abitare sull'isola ma allo stesso tempo temono

viviamo». Ma che cosa succede a coloro che non rispettano le regole? La

che non sarebbero capaci di rispettare le regole imposte dai bambini,

prigione o l’esilio sono tra le prime opzioni che emergono ma non

come il divieto di fumare, di inquinare o di uccidere gli animali.

convincono tutti. Dalla maggior parte delle classi infatti, le punizioni

L'accento viene posto sull'incapacità degli adulti di adattarsi allo stile di

sono considerate efficaci se non troppo severe, altrimenti rischiano di

vita sull'isola: molti temono anche che gli adulti finirebbero col

produrre l’effetto contrario a quello sperato, alienando dal resto della

condizionare la vita dei bambini, imponendo loro le stesse regole alle

società coloro che hanno infranto le regole. Meglio aiutare i trasgressori

quali li hanno abituati a casa, non lasciandoli liberi di sperimentare in

attraverso l’esempio o i consigli. La stessa impostazione democratica

autonomia la diversa realtà dell’isola. Un gruppo di bambini intorno ai

ritorna nella scelta dell’organizzazione politiche: scarso è il successo

dieci anni suggerisce agli adulti interessati a recarsi sull’isola di rileggere

riscosso dalle oligarchie, alle quali si preferiscono assemblee e

Kant, e in particolare il passaggio dedicato al girello per bambini:

«governanti a progetto».

l’eccessivo desiderio di protezione immobilizza e non permette di

Un altro aspetto dibattuto è la presenza di stranieri sull’isola. Dovrebbero esserci delle barriere che impediscano loro l’accesso, come

sperimentare in libertà, compiendo anche degli errori dai quali poter tuttavia imparare.

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Libri in discussione

Il libro di Mori non scade nella facile celebrazione della fantasia infantile, e non attribuisce ai bambini un buonismo che non è loro proprio. Al contrario, l’accento è posto sulla varietà, sulla concretezza e sulla radicalità di alcune idee e soluzioni proposte. Il punto non è realizzare l’isola perfetta ma realizzarla insieme, non evitando di affrontare discussioni e temi a volte scomodi. Il mondo così immaginato, proprio come Glaucone faceva notare a Socrate nella Repubblica, esiste solo nei discorsi; però, come Socrate ribatteva, può essere preso a modello per ripensare il reale. L’utopia, in altre parole, non esiste ma ci indica la via da percorrere per rendere migliore il mondo in cui viviamo.

EMMA NANETTI Luca Mori, Utopie di bambini. Il mondo rifatto dall’infanzia, ETS, Pisa 2017, pp. 166, € 14.

67


Quaderni della Ginestra

UNA CRITICA IMMANENTE E TRASFORMATIVA DELLE FORME DI VITA

Q

nostra vita sociale e che, intuitivamente, sembrano in alcuni casi caratterizzarsi come oppressive, strumentalizzanti, o incapaci di condurre a un fiorire delle capacità umane? E, in particolare, come

uesta utile raccolta presenta al pubblico italiano cinque saggi (i

possiamo criticare la «forma di vita» capitalistica, nella quale ci troviamo

primi quattro pubblicati tra il 2005 e il 2015, l’ultimo inedito) di

immersi al punto che essa modella gran parte della nostra esistenza e del

una dei maggiori rappresentanti della nuova generazione della teoria

nostro orizzonte di pensiero? Per rispondere a queste domande ed

critica di matrice francofortese, Rahel Jaeggi. Jaeggi, allieva di Axel

elaborare quindi un programma di «critica delle forme di vita», Jaeggi,

Honneth, è nota in Italia soprattutto per il suo libro del 2005

nel primo saggio incluso nel volume («Il singolo non può nulla contro questo

Entfremdung (trad. it. Alienazione, a cura di Giorgio Fazio, Editori

stato di cose»: o Minima moralia come critica delle forme di vita) si riferisce ad

Internazionali Riuniti 2015). In quel testo Jaeggi proponeva un

Adorno. Come nell’impostazione adorniana, le forme di vita mediante

ripensamento della classica categoria teorico-critica dell’alienazione: la

cui strutturiamo la nostra esistenza sociale celano in sé, per Jaeggi,

convinzione che animava lo scritto era che l’idea di alienazione potesse

pretese di validità normativa: implicano o dovrebbero implicare sempre

essere ancora feconda per la critica sociale, purché, mediante

una determinata concezione di ciò che è socialmente desiderabile, di ciò

un’adeguata riattualizzazione, la si liberasse delle connotazioni

che si ritiene una buona vita umana.

essenzialistiche e paternalistiche proprie delle sue versioni precedenti.

Esse non sono quindi riducibili, come spiega il curatore Marco

I saggi raccolti in Forme di vita e capitalismo perseguono sempre la

Solinas nella sua limpida e competente introduzione al volume, a scelte

strada di una riattualizzazione, ma stavolta al centro dell’attenzione di

e preferenze idiosincratiche e tendenzialmente insindacabili; né la critica

Jaeggi vi è il tema più ampio, e altrettanto affascinante, della possibilità

sociale deve, secondo quanto invece vorrebbe una certa idea di

di una critica delle forme di vita: come possiamo oggi criticare in modo

«neutralità liberale», concentrarsi unicamente sulle sfere «morali» del

fondato, e compatibile con il moderno pluralismo, quelle prassi, quegli

giusto

schemi di agire consolidato e quelle convinzioni che danno forma alla

tradizionalmente riferito all’«etica» o «alla vita buona». Non solo, come

e

dell’ingiusto,

astenendosi

dall’intervenire

sul

campo

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Libri in discussione

dimostra Jaeggi nel terzo saggio del volume, intitolato Che cosa c’è (se c’è

quindi come qualcosa che andrebbe superato? Qui Jaeggi fa interagire

qualcosa) di sbagliato nel capitalismo?, la demarcazione tra ambito morale e

l’impostazione di teoria critica appena considerata con la filosofia

ambito etico non può essere intesa in modo rigido e netto, pena

pragmatista di Dewey: come emerge in particolare nel saggio Una critica

l’inefficacia descrittiva e l’impotenza normativa; ma, inoltre, che le

immanente delle forme di vita, queste ultime, sostiene Jaeggi, sono «casi di

forme di vita siano in sé espressione e concretizzazione di normatività è

problem solving»1: esse sono cioè modalità con cui gli esseri umani

dimostrato dalle forme di sofferenza sociale, dagli stati di alienazione e

rispondono ai problemi che, nelle diverse fasi storiche, si presentano

di disorientamento diffuso che, senza essere riferibili a forme di

nella loro società: dalla questione di come assicurarsi la riproduzione

dominio o di coercizione dirette e personali, colpiscono le nostre società

materiale a quella della riproduzione simbolica, dal mantenimento della

quando, per l’appunto, i soggetti agiscono nel contesto di forme di vita

coesione sociale alle modalità per giungere a decisioni comuni.

inadeguate.

Ogni forma di vita può essere vista come uno step all’interno di un

Il rischio di essenzialismo che si apre per una critica sociale che

processo di apprendimento volto a giungere alla miglior soluzione

voglia applicarsi anche alla dimensione «etica» è quindi evitato da Jaeggi

possibile di questo genere di problemi, secondo la loro specifica

attraverso due strategie complementari: innanzitutto, come anche in

determinazione storica e sociale. Ognuna di esse richiede dei

Adorno, non si propone una visione definita, e in sé conchiusa, di ciò

presupposti e genera delle aspettative; «le forme di vita diventano

che sarà la vita buona o l’autorealizzazione in base a una determinata

problematiche», sostiene Jaeggi, «quando non corrispondono più a

idea di «natura umana»; si procede bensì per controimmagini, a partire

determinate aspettative normative che esse stesse hanno istituito»2.

dalle forme che, in quanto fonti di sofferenza sociale, si dimostrano

Quando, cioè, non realizzano le finalità umane in vista delle quali erano

distorte o inadeguate, per pensare, aspetto per aspetto, modalità di agire

state attuate. La critica delle forme di vita è quindi una critica

alternative. Il punto di partenza è quindi in negativo, nelle

immanente, che si svolge a partire dalle aspettative che queste ultime

contraddizioni e nelle potenzialità di azione presenti nella prassi sociale.

generano e che, in determinati casi, finiscono con il disattendere; ma è

Ma in che senso una forma di vita può dirsi in sé contraddittoria e porsi

anche una critica trasformativa, perché il mettere a tema le ragioni del

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Quaderni della Ginestra

fallimento di una forma di vita può portare i soggetti a orientarsi per

critica immanente di essa. Si delinea così, attraverso l’insieme degli scritti

una modifica del contesto sociale in cui essa operava. Il processo di

raccolti e ottimamente tradotti dal curatore Marco Solinas in Forme di

critica, nel modello proposto da Jaeggi, è in mano ai soggetti sociali

vita e capitalismo, un programma di ricerca articolato e di indubbio

stessi, liberando così la strada da possibili rischi di paternalismo. Il

interesse. Un programma che, come la riattualizzazione che Jaeggi

confronto critico tra le aspettative che una determinata forma di vita

presentava in Alienazione, ancora aspetta però di essere messo alla prova

genera e le conseguenze che da essa risultano nella realtà sociale, come

in imprese di critica sociale applicata.

anche tra le opinioni che tale forma di vita cerca di costruire tra i

ELEONORA PIROMALLI

soggetti per autogiustificarsi e i suoi effetti concreti, è la base per una critica dell’ideologia che, per l’appunto, riesca a contestare «sia la falsa opinione di una situazione, […] sia la costituzione di questa stessa situazione»3. Nel saggio Che cos’è la critica dell’ideologia? Jaeggi mostra

Rahel Jaeggi, Forme di vita e capitalismo, traduzione e cura di Marco Solinas, Rosenberg & Sellier, Torino 2016, p. 165, € 16.

quindi come il suo approccio al problema della critica delle forme di vita preveda altresì lo spazio per la critica dell’ideologia, la cui attuazione sembra oggi urgente soprattutto in relazione alla forma di vita del neocapitalismo. La sfida che attualmente si presenta alla teoria critica è quella di «aprire la scatola nera del capitalismo»4, come spiegato

R. Jaeggi, Forme di vita e capitalismo, a cura di M. Solinas, Rosenberg & Sellier, Torino 2016, p. 122. 2 Ivi, p. 133. 3 Ivi, p. 71. 4 Ivi, p. 143. 1

nell’ultimo saggio incluso nel volume: L’economia in senso lato e la critica del capitalismo. La sfera economica capitalistica non va più considerata come un ambito non-normativo retto da una propria logica sistemica, come ancora accadeva in Habermas, bensì occorre comprenderla come una pratica costruita socialmente, tracciando un progetto per l’analisi e la

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Libri in discussione

EVOLUZIONE, MATEMATICA, MONDO

C

naturalmente presente nel cervello. Gli uomini inoltre pensano in maniera intuitiva ed associativa ed è possibile e facile sviluppare

on uno stile informativo e allo stesso tempo profondo, Zvi

intuizioni basate su abilità naturali. Il pensiero intuitivo, ad esempio, si

Arstein, docente dell'Istituto Weizmann di Rehovot in Israele,

basa sull'associazione, sui collegamenti tra ciò che si osserva e il

ripercorre l'intera storia della matematica: dalle civiltà antiche, con

riconoscimento di situazioni precedenti. Un evento che non esiste non è

particolare attenzione ai Greci, all'epoca moderna, dalla matematica

un'associazione naturale. La formulazione dell'approccio che fonda la

della casualità ai calcoli e computer, sino ad interrogarsi, negli ultimi due

matematica su assiomi e sulla logica, come strumento essenziale nel

capitoli, sulla natura della ricerca in matematica e sul perché sia così

sistema della dimostrazione deduttiva, è in conflitto con l'intuizione

difficile da insegnare e da imparare. Nella prefazione l'autore chiarisce

naturale del pensiero umano. Il cervello infatti ha bisogno di modelli o

subito che il libro tratta della matematica della natura e della natura della

metafore per poter analizzare e assimilare la matematica.

matematica, in particolare della loro connessione. Mediante una

La necessità di basare le spiegazioni sul minor numero possibile di

rassegna storica e alla luce delle ricerche in corso descrive il

assiomi e la ricerca delle spiegazioni più semplici possibili, dai tempi di

collegamento tra la matematica e il mondo fisico e sociale intorno a noi.

Talete di Mileto (circa 640-546 a.C.) in poi, hanno infatti guidato lo

Partendo dalla domanda quale sia l'entità dell'effetto dell'evoluzione

sviluppo della scienza, così come il concetto di scopo aristotelico,

della specie umana sullo sviluppo della matematica e sulle sue

secondo il quale tutto ciò che esiste intorno a noi, compreso le leggi

applicazioni, Arstein propone la tesi secondo la quale il modo in cui è

della natura, ha uno scopo. La ricerca del senso e della logica infatti

stato plasmato il cervello umano da milioni di anni di evoluzione ha

sono i fondamenti di tutte le leggi fisiche. Nell'epoca moderna, sulla scia

influenzato le capacità matematiche e il tipo di matematica facile da

degli enormi progressi compiuti nella comprensione del mondo, si è

capire per gli esseri umani. Sostiene quindi che l'evoluzione è in larga

imposto un approccio filosofico differente in relazione a come opera la

misura responsabile della nostra difficoltà a capire certi altri settori della

scienza e a come interpretiamo la natura. Nessun risultato scientifico

matematica. anche se l'abilità di eseguire calcoli aritmetici è

veniva considerato comprensibile se non poteva essere descritto

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Quaderni della Ginestra

qualitativamente e quantitativamente dalla matematica. Nessun cervello

discipline umanistiche, ad esempio, la matematica mostra però un

umano infatti può assimilare e trattare quantità astratte senza un quadro

successo soltanto parziale, perché gli attuali modelli non possono essere

di riferimento intuitivo e questa intuizione si può basare solo su concetti

ancora rappresentazioni accurate della complessità delle situazioni di

noti.

conflitto della vita reale. Nel capitolo dedicato a calcoli e computer

Oggi il tentativo di comprendere tutti i fenomeni subatomici in una

l'autore sostiene che è sempre la natura che può suggerire come arrivare

sola equazione ha portato allo sviluppo di un sistema matematico

a processi computazionali più efficienti, perché non solo essa

conosciuto come “teoria delle stringhe”, una matematica che descrive la

rappresenta la fonte primaria degli obiettivi, ma offre anche ispirazione

fisica di elementi che non possono essere percepiti e di cui non si

per sviluppi di ricerca a cui lavorano matematici e informatici nel

possono misurare gli effetti su altri elementi fisici. Poiché il cervello non

tentativo di accrescere la capacità computazionale.

sa analizzare la matematica in mancanza di metafore riconoscibili, una

Se oggi i computer non sono in grado di riconoscere i volti, di

stringa è descritta come un corpo che ha una lunghezza e per tutta la

identificare numeri e lettere deformate e “leggere tra le righe”, si può

sua lunghezza vibra e si muove come un'onda. Diverse stringhe creano

ipotizzare però, come sostiene Doron Zeilberger della Rutgers

strutture subatomiche. Questa comprensione permette di costruire un

University nel New Jersey, che un giorno i computer riveleranno

ponte tra l'intuizione sul mondo intorno a noi, basata sullo sviluppo nel

teoremi matematici che gli esseri umani avranno difficoltà a capire. Il

corso di milioni di anni di evoluzione e limitata ai sensi, e il prodotto

nostro cervello infatti è limitato e le leggi di natura che individuiamo

matematico che descrive situazioni decisamente contrarie a ciò che

tramite la matematica si limitano a metafore che il cervello può creare e

insegnano i sensi. Resta fermo il principio secondo il quale il metodo

in natura esistono fenomeni che superano la nostra capacità di

scientifico che si è sviluppato nel corso di migliaia di anni per descrivere

comprensione.

il mondo fisico si basa sulla matematica. Questa dipendenza è comune a

In conclusione Zvi Arstein afferma che la struttura logica della

tutti i settori del mondo scientifico. Senza la matematica è impossibile

matematica fa parte della cultura umana e ha avuto un ruolo importante

capire gli effetti osservati in natura. Nelle scienze sociali e nelle

nello sviluppo dell'umanità, essendo il senso dei numeri innato nella

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Libri in discussione

nostra natura. La vera bellezza della matematica deriva, per l'autore, da strutture e regole che si trovano nella matematica e dal piacere, a volte dalla meraviglia, per il collegamento con la natura e con le applicazioni che le strutture e le regole suggeriscono.

ALESSANDRA SOFISTI Zvi Artstein, Matematica e mondo reale: il ruolo decisivo dell'evoluzione nella costruzione matematica del mondo, traduzione di Simonetta Frediani, Bollati Boringhieri, Torino 2017. pp. 380, â‚Ź 32.

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