REDAZIONE
Direttore: Corrado Piroddi. Vicedirettore: Anna Maria Ricucci Redazione: Valeria Bizzari, Antonio Freddi, Giacomo Miranda, Teresa Paciariello, Lavinia Pesci, Corrado Piroddi, Anna Maria Ricucci, Timothy Tambassi. Collaboratori esterni: Marco Anzalone, Simona Bertolini, Mara Fornari, Donatella Gorreta, Federica Gregoratto, Francesco Mazzoli, Giovanna Maria Pileci, Marina Savi, Cristina Travanini. Direttore responsabile: Ferruccio Andolfi.
SOMMARIO
Che cosa possiamo chiedere alla filosofia di Alberto Siclari.......................................................................................................................p. 6
L’etica del reincanto di Alberto Meschiari............................................................................................................................................p. 10
Una ricerca retrospettiva di Ferruccio Andolfi.....................................................................................................................................p. 15
I had a dream: la ricerca e i suoi ragionevoli eccessi di Paolo Costa..............................................................................................................p. 18
Lo storico della filosofia come professione di Mauro Simonazzi.............................................................................................................p. 22
Docendo docetur di Donatella Gorreta.................................................................................................................................................p. 26
Il mare è un concetto di Valeria Bizzari..................................................................................................................................................p. 29
Esistenza e libertà. Una rapida incursione nel pensiero di Robert Spaemann di Giacomo Miranda.......................................................p. 33
Filosofie della libertà di Simona Bertolini..............................................................................................................................................p. 37
Amore e rivoluzione. Riflessioni ispirate al femminismo black di Federica Gregoratto..........................................................................p. 41
Uno schizzo di teoria politica delle emozioni di Marco Solinas...............................................................................................................p. 46
Ragione morale e razionalità strategica di Giulia Lasagni......................................................................................................................p. 51
Entità geografiche: laundry list, esempi e definizioni. Cosa non è un oggetto geografico di Timothy Tambassi.........................................p. 56
ATTRAVERSANDO LA SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI. PROPOSTE E RIFLESSIONI IN DIALOGO
Diciotto anni di attività de La società degli individui e cinque dei Quaderni della Ginestra hanno permesso di riunire gli sforzi intellettuali di diversi collaboratori accomunati dalla prospettiva di una ricerca che, pur nelle sue diverse sfaccettature, si può riassumere nel macro-tema "Individualismo e Comunità". La vastità di tale proposta non si esaurisce ovviamente a questo. Da un lato, infatti, le riviste hanno saputo sviscerare argomenti di dibattito che hanno esulato da tali tematiche, pur mantenendole come orizzonte concettuale. Dall'altro, i singoli collaboratori sono riusciti a far convergere le proprie ricerche in una prospettiva di dialogo reciproco, arricchita dell'eterogeneità delle rispettive specializzazioni. Proprio tale eterogeneità costituisce il filo rosso del nuovo numero dei Quaderni della Ginestra, il cui obiettivo è riunire alcuni collaboratori delle riviste per presentare, in uno spazio ridotto, gli sviluppi più recenti delle loro ricerche, al fine di darne uno sguardo retrospettivo mescolandole con le proprie esperienze di vita, o di ripensare, in generale, la filosofia come disciplina. Filo conduttore che unisce le varie riflessioni è infatti il ripensamento del ruolo della filosofia nel dibattito contemporaneo, sia nella sua valenza morale-trascendentale, sia nella sua utilità pratica e interdisciplinare. L’invito che porgiamo al lettore è riscoprire il ruolo della riflessione e ad adottare quell’attitudine alla meraviglia che troppo spesso sembra andata persa. Un ringraziamento speciale va a Ferruccio Andolfi e Corrado Piroddi, il cui lavoro ha reso queste pagine migliori di quanto sarebbero state altrimenti. I curatori Valeria Bizzari Timothy Tambassi
Quaderni della Ginestra
CHE COSA POSSIAMO CHIEDERE ALLA FILOSOFIA
Q
ricondurre la complessità del reale a pochi elementi semplici che ce lo rendano “trasparente”, e idealmente giungere a un unico principio
ualche anno fa Carlo Sini si è così espresso sul sapere e sulla
autoevidente e autofondante.
condizione “privilegiata” del filosofo: «Ecco noi filosofi
In assoluto l’operazione non sembra possibile. Si è osservato, credo a
abbiamo questo vantaggio rispetto ai nostri colleghi [di altre discipline]:
ragione, che il principio d’identità «non è che il limite del pensiero
loro devono fare finta di sapere qualcosa, mentre noi possiamo dire di
umano, come le montagne azzurre all'orizzonte, come quella linea che i
non sapere niente». Poco sotto Sini chiarisce meglio le proprie
disegnatori chiamano lo sfondo», mentre «la vita in
convinzioni e riconosce che al sapere, quand’anche problematico, non si
contraddizione»2. La realtà non si lascia ricondurre senz’altro all’identità,
può rinunciare. Il sapere permette infatti, in particolare se ha i crismi
e neppure a pochi elementi e a rapporti semplici. Tuttavia la scienza
della scientificità, di muoversi con relativa sicurezza: «Nella necessità si è
moderna, anzitutto la fisica che ne è il livello di base, in qualche misura
garantiti e la scienza, in fondo, è lì a darci un’illusione di necessità».
tenta ancora questa operazione, riproponendo spesso l’analogo della
Subito appresso ribadisce però che «noi siamo le creature del possibile,
distinzione fra ciò che è vero e reale e “le opinioni dei mortali”. Il
della scelta e dell’angoscia di questo e della dignità di questo»1.
risultato è una comprensione del nostro mondo e di noi stessi
sé
è
Sulla condizione umana non sembra si possa dire, nella sostanza,
relativamente unitaria e, rispetto alla più radicale prospettiva
molto di più. Tuttavia, volendo considerare in termini meno schematici
parmenidea, operativamente funzionante. Una comprensione, cioè, che
la questione del sapere e dell’agire, qualche precisazione ulteriore si può
oltre a trovare buoni riscontri nell’esperienza permette, attraverso la
fare. Possiamo rilevare anzitutto come sotto il profilo logico-formale la
tecnica, di manipolare la realtà empirica.
conoscenza, scientifica o filosofica che sia, implichi la coerenza. Il
I vantaggi di questo sapere e di questo potere sono sotto gli occhi di
criterio cui essa sembra ispirarsi, seguito già da Parmenide e in modo
tutti. Meno evidenti sono le conseguenze delle rischiose forzature (e
più articolato da Platone, è infatti l’identità o quanto meno l’unità.
delle
Andare oltre la mutevole immediatezza dell’esperienza significa
l’affascinante impresa tecnico-scientifica in atto. Non mi riferisco al
intenzionali
falsificazioni)
che
possono
accompagnare
6
Attraverso la società degli individui
deprecabile uso incauto delle conoscenze nella prassi, ma alla non
ci siamo formati attraverso la nostra storia personale e collettiva.
infrequente avventatezza di affermazioni tanto perentorie quanto
Dovremmo di continuo muoverci con una sorta di movimento
opinabili sia di “addetti ai lavori” sia dei mass media, che spesso le
pendolare fra l’approfondimento delle competenze specifiche e delle più
diffondono accentuandole e deformandole. Un compito della filosofia
radicate convinzioni in genere e l’atteggiamento critico erga omnes et
dovrebbe essere la stimolazione di una coscienza critica che contenga
omnia della disposizione filosofica. Non per abbandonare o rinnegare
l’amplificazione e la diffusione a cascata di simili mistificazioni, le cui
senz’altro conoscenze e convinzioni, ma per cercare di comprenderle e
conseguenze nella costituzione del comune sentire sono più gravi di
valutarci al meglio. Così come suggerisce Richard Wreight quando
quanto immediatamente non appaia.
chiude il suo autobiografico Ragazzo negro con queste parole: «Non
L’operazione non può concludersi d’altronde in un rinvio all’evidenza,
come
sembra
fare
Sini
ricordando
la
«brillante
affermazione del celebre fisico Stephen Hawking: “La filosofia è morta,
lasciavo il Sud per dimenticare il Sud, ma per poter un giorno o l’altro comprenderlo, per poter arrivare ad apprendere che cosa i suoi rigori avevano fatto a me, ai suoi figli» 4.
[…] solo i fisici spiegano il cosmo”. Frase – ironizza Sini – che
Ciascuno di noi dovrebbe di continuo lasciare il suo Sud, non per
certamente non appartiene alla fisica, ma che, altrettanto sicuramente,
dimenticarlo ma per poterlo comprendere al meglio, e per potersi al
appartiene a una modestissima pseudo-filosofia; poiché, com’è chiaro, la
meglio conoscere e valutare. Non esiste un luogo privilegiato che ci
filosofia, più che morta, non è mai nata nella mente dell’illustre fisico» 3.
permetta di guardare senza precomprensioni al mondo e a noi stessi; e
Su questa strada non si va lontano. Incisiva può essere soltanto
tuttavia per cercare di capirlo e di capirci dovremmo sempre “prendere
l’operazione condotta da chi, mettendo in luce sulla base di un’adeguata
le distanze”, dovremmo sempre tentare di fare un passo indietro
competenza specifica la natura delle conoscenze, nella fattispecie della
rispetto alle nostre più salde e scontate convinzioni. Meno nostre,
fisica, ne chiarisca anche i limiti e ne evidenzi le ambiguità.
d’altronde, di quanto spesso non si creda. «Io ero stato ciò che il mio
È una disposizione che dovremmo sforzarci di assumere e
ambiente aveva preteso, ciò che la mia famiglia – conformandosi agli
mantenere nei confronti di ogni conoscenza e di ogni convinzione che
ordini dei bianchi che la sovrastavano – esigeva da me, e ciò che i
7
Quaderni della Ginestra
bianchi avevano detto ch’io dovevo essere»,5 scrive ancora Wright. Basta
anzitutto, necessariamente, anche autocritica. Il rapporto dell’uomo alla
sostituire “poteri” a “bianchi” e “lo scientismo” (o il tecnicismo
verità non può avere il carattere del possesso ma non può non avere
esasperato o l’economicismo o un qualsiasi altro “ismo” dominante) a
quelli dell’affidamento e della ricerca.
“la mia famiglia” e la frase, specialmente se riscritta al presente, suona
Anche nella sua dimensione etico-esistenziale, che viene così in
inquietante: «Io sono ciò che il mio ambiente pretende, ciò che lo
primo piano, dovremmo cercare infatti di seguire il criterio della
scientismo – conformandosi agli ordini dei poteri che lo sovrastano –
coerenza e assieme riconoscere che la nostra realtà è caratterizzata dalla
esige da me, e ciò che i poteri dicono che io devo essere». Se poi non
relatività. Lo attesta fra l’altro la verità “banale”, su cui però spesso si
inquieta, vuol dire che quei poteri hanno raggiunto un risultato
sorvola, che il diritto alla tutela della legalità è anche, all'inverso, il
fondamentale: hanno cancellato in me il bisogno di comprendere il mio
dovere di rispettarla. La cosiddetta “prosopopea delle Leggi” che è il
Sud e, quel che più conta, il bisogno di arrivare a capire che cosa esso ha
nucleo tematico del Critone non ha perso di attualità: una volta accettata
fatto, che cosa viene facendo di me.
la convivenza in una determinata realtà, insufficienze e difetti della sua
La filosofia dovrebbe muoversi, come una sentinella, su quel confine della conoscenza e della vita che con noi si sposta e che non possiamo
legislazione vanno esaminati e corretti ma non possono giustificarne la trasgressione ad libitum.
mai superare, a ricordare che non possiamo, non dobbiamo acquietarci
Ciò che viene in luce, comunque si valuti questa posizione, è il
nel torpido conformismo delle convinzioni diffuse e dominanti e delle
riconoscimento che né alla società (rappresentata dalle leggi dello Stato)
abitudini tranquillizzanti. Come inquietudine insoddisfatta dunque, che
né al singolo individuo può essere attribuito un valore assoluto. Sul
però non si ripiega su se stessa, quasi che il socratico “sapere di non
piano della prassi si presenta dunque qualcosa di simile al rapporto
sapere” si identifichi in un radicale scetticismo. Confessare di non
esistente sul piano della teoria fra conoscenze e verità. Le conoscenze
possedere la verità non significa rinunciare a credere in essa e a
vanno apprezzate e rispettate ma vanno anche liberate dalla presunzione
perseguirla come meglio si sa, riconoscendo assieme valore e limiti di
dell’assolutezza. Presunzione da cui devono essere liberati anche la
ogni sapere “regionale” e promovendo la disposizione critica, che è
società e l’individuo che ne fa parte: entrambi sono da tutelare, ma né 8
Attraverso la società degli individui
l’una né l’altro possono essere considerati in se stessi il valore e il criterio ultimo di giudizio, altrimenti si scade nell’arbitrarietà dell’organizzazione sociale (lo Stato e le sue leggi) oppure del singolo. Per questo le regole della coesistenza hanno sempre, seppure espressamente intese a garantire le libertà individuali, anche un carattere costrittivo, modificabile e riducibile nel tempo ma mai eliminabile del tutto. E per questo, d’altro canto, il sentimento di libertà del singolo è proporzionale alla saldezza della convinzione che ha raggiunto circa la bontà della sua scelta, più o meno meditata, di vivere in quel determinato paese. La filosofia, socraticamente intesa, può aiutarci a mantenere un atteggiamento assieme critico e positivo nei confronti delle diverse forme del sapere e dell’agire, può educarci a evitare l’assolutizzazione impropria della dimensione logico-formale e delle ideologie, restando tuttavia aperti al riconoscimento del valore dei “saperi regionali” e dell’operare concorde e costruttivo.
ALBERTO SICLARI C. Sini, Scegliere: i limiti della libertà nella nascita, Intervento al 6° convegno IRIS, “Libere da...Libere di... Scelte possibili e scelte impossibili intorno, Milano, 28 ottobre 2011. Disponibile all’indirizzo http://www.irisassociazione.it/iris-materiali-convegno2011/00-relazione-sini-scegliere.pdf 1
9
S. Kierkegaard, SKS 18, 223, Pap. V A 68. C. Sini, L’esperienza e la verità, in “Nóema”, 29/01/2012, p. 11. Disponibile all’indirizzo http://riviste.unimi.it/index.php 4 R. Wright, Ragazzo negro, traduzione di Bruno Fonzi, Milano 1965, Mondadori Editore, p. 333. 5 Ibidem. 2 3
Quaderni della Ginestra
L’ETICA DEL REINCANTO
R
la prima domanda che mi venne spontanea fu: a cosa serve la filosofia nella vita? In altri termini: che cosa può fare un filosofo davanti a questa
ispetto agli anni Sessanta e Settanta, in cui i grandi ideali sociali e
realtà, in che modo può uscire dal “limbo” delle sue dotte ricerche e
politici nutrivano e stimolavano l’impegno personale e il fare
ridurre la distanza fra i suoi studi accademici e i disagi che serpeggiano
insieme, a partire dagli anni Ottanta ho avvertito crescere intorno a me
nella società?
il disagio e lo smarrimento a mano a mano che il mercato prendeva il
Guardandomi attorno, mi pare di leggere su molti visi ogni giorno di
sopravvento sulla politica ‒ determinando sempre più pesantemente i
più i segni di un sofferto vuoto esistenziale, unito all’incapacità di
valori di riferimento e gli stili di vita ‒ e la politica si trasformava in
individuarne la causa; le invocazioni inascoltate di vite svuotate dal di
“assalto alle poltrone”, tradendo quell’afflato etico che l’aveva
dentro, tutte ripiegate sulle merci, sul rapporto compulsivo con le
caratterizzata nella precedente stagione. Quei due processi concomitanti
meraviglie tecnologiche, come se fossero lampade di Aladino dai magici
hanno portato allo sgretolamento non solo della compagine sociale ma
poteri, dispensatrici di promesse che però non si avverano mai. Vedo
anche dell’identità personale, finché la vita di ciascuno si è trovata
una sempre più diffusa obesità del corpo sposata a una complementare
sempre più disseminata in un pulviscolo di comportamenti privi di
anoressia dello spirito. Forse, mi dico, abbiamo spinto troppo innanzi,
motivi aggreganti, di forti ragioni di coesione.
con un’intenzione cieca e caparbiamente autodistruttiva, il nostro
Di fronte a questa constatazione, ho cominciato a chiedermi se
disincanto: niente ci colpisce profondamente, niente ci tocca veramente,
all’individuo non restasse altra possibilità che conformarsi allo
tutto ci è indifferente allo stesso modo. Ostentiamo perfino con
strapotere del capitalismo neoliberista, penetrato fin nei meandri più
sfrontatezza il nostro disincanto come un segno di virilità e di
intimi del privato, o se potesse sottrarre qualcosa di sé al
emancipazione.
condizionamento del mercato. Un poco alla volta il mio interrogativo si
Dal mio punto d’osservazione ho creduto di individuare un motivo
è trasformato nell’assunzione di un impegno, contrassegnato dallo
di questa sofferenza. Presi nell’ebbrezza del consumismo, abbiamo
spostamento dei miei interessi dalla Storia della Filosofia all’Etica. E qui
trascurato e poi abbandonato del tutto la cura della nostra spiritualità, 10
Attraverso la società degli individui
come se fosse un accessorio superfluo nella costruzione della
la lentezza dei processi psicologici, con il raccoglimento necessario
personalità o una zavorra che rallenti la fretta con cui ci affanniamo a
all’identificazione delle emozioni e all’elaborazione delle esperienze. I
tenere il passo del mondo. Come ho più volte ribadito, ci dimentichiamo
nostri ritmi frenetici ci sono imposti dal mercato e dall’evoluzione
facilmente di non essere solo corpo e mente, ma anche spiritualità, e
tecnologica. Siamo costantemente connessi con l’esterno, mai con la
viviamo come se non fossimo toccati da questa dimensione
nostra interiorità. Sempre proiettati al di fuori di noi, in superficie, non
irrinunciabile dell’esistenza. Discendono in gran parte da qui, a mio
abbiamo mai un momento da dedicare all’ascolto dei nostri bisogni più
avviso, il nostro disagio, il nostro malessere, la nostra aggressività.
autentici, da dedicare alla conoscenza di noi stessi. Viviamo in una
Perché viviamo costantemente fuori di noi, siamo assenti a noi stessi per
condizione di perenne apnea, di continua attenzione parziale a mille cose
gran parte della nostra vita o per tutta, come se il nostro corpo e la
diverse contemporaneamente, mai di concentrazione profonda su un
nostra mente fossero case disabitate, abbandonate dal suo inquilino. La
unico compito veramente importante. E la vita è il primo dei compiti,
vita è anche una questione di equilibrio fra corpo, mente e spiritualità.
non dovremmo mai dimenticarlo.
Ciò che maggiormente ci identifica nel processo dell’individualizzazione
Il disincantamento di cui parlava Max Weber all’inizio del Novecento si
è l’elemento spirituale, che è anche il terreno proprio della formazione: la
riferisce a un mondo in cui la magia premoderna ha ceduto il posto alla
spiritualità ha a che fare con la nostra personalità soggettiva, con la
tecnica. Ma oggi il disincanto ha preso la forma della mercificazione di ogni
nostra capacità di provare e di comunicare le emozioni, di educare i
esistente, esseri umani compresi, natura compresa, perché ridotti a cose,
sentimenti, è ciò in cui esprimiamo fino in fondo la nostra unicità.
strumenti e non fini. Negli ultimi decenni la razionalità neoliberista ha
Quando trascuriamo di ascoltare e di nutrire la nostra spiritualità, allora
spinto sempre più verso un progressivo processo di desolidarizzazione. Le
stiamo male, perché non ci riconosciamo: è come se non esistessimo
dinamiche che vigono in economia hanno finito per invadere e
soggettivamente, come se fossimo degli automi che agiscono in base a
determinare anche la sfera privata e relazionale, portando a considerare
degli schemi standardizzati. Nell’epoca del neoliberismo selvaggio
se stessi, gli altri e la natura in un’ottica strumentale, di prestazioni e
abbiamo perduto il contatto con la nostra interiorità, con noi stessi, con
guadagno. Il Sé, l’altro e la natura sono stati ridotti a cose manipolabili
11
Quaderni della Ginestra
per i fini del mercato. Questo significa oggi disincanto. Se non che, ciò
È questo che significa tramonto della modernità nelle società del
che l’uomo desidera nei recessi più profondi e più intimi di se stesso, ci
capitalismo maturo. A partire all’incirca dagli anni Sessanta del
ricorda Fernando Savater, e da cui tutti gli altri desideri discendono, è di
Novecento, le nostre società sono entrate in una fase caratterizzata dalle
non essere cosa (El contenido de la felicidad).
«dimensioni planetarie
La perdita di credibilità dei «grandi racconti» filosofici e ideologici
dall’aggressività
dei
dell’economia e messaggi
dei mercati finanziari,
pubblicitari,
dall’invadenza
della
(Jean-François Lyotard, La condizione postmoderna), di quelle filosofie della
televisione, dal flusso ininterrotto delle informazioni sulle reti
storia che a partire dall’Illuminismo avevano ispirato e condizionato le
telematiche». Ma soprattutto da una pretesa continuamente crescente
credenze e i valori della cultura occidentale ‒ l’emancipazione degli
dei meccanismi sociali nei confronti del singolo. Ora, se questo è lo
individui dallo sfruttamento, il progresso storico come indefinito
stato delle cose, la mia domanda è se non possiamo muoverci noi,
miglioramento delle condizioni di vita ‒ e il travolgente sviluppo delle
singolarmente, quando non si muovono le condizioni oggettive e non si
tecniche e delle tecnologie hanno spostato l’accento sui mezzi dell’azione
intravedono soluzioni collettive, chiedendo alla filosofia che cosa si
piuttosto che sui fini da raggiungere. La tecnica, ci ricorda Umberto
possa fare, individualmente, per combattere questa frustrazione
Galimberti (L’ospite inquietante), non ha fini da realizzare se non il
nell’universo dei valori, questa crescente perdita di senso della vita.
proprio potenziamento, «non tende a uno scopo, non promuove un
L’individuo che non trova più conferma delle sue convinzioni
senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verità»,
nell’ideologia e che sente di non essere appagato dalla fede in un
come per secoli hanno inteso fare le religioni e le ideologie: «la tecnica
qualche aldilà, non può imparare a liberarsi da sé dai troppi
funziona. E siccome il suo funzionamento diventa planetario, finiscono
condizionamenti di questo modello sociale? La mia risposta è sì. Il
sullo sfondo, incerti nei loro contorni corrosi dal nichilismo, i concetti
singolo ha una vita sola, e non può attendere i tempi di maturazione
di individuo, identità, libertà, salvezza, verità, senso, scopo, ma anche
della società o della politica affinché essa cambi. Può invece avviare
quelli di natura, etica, politica, religione, storia, di cui si era nutrita l’età
responsabilmente da sé un processo di autoliberazione e di
pre-tecnologica».
autoformazione. E può farlo, cominciando col rimettere al centro della 12
Attraverso la società degli individui
sua attenzione la persona con i suoi valori, contro la progressiva
affetti, comunione, amore, godimento della bellezza, gioia, desideri,
banalizzazione dell’esistenza (Remo Bodei, Immaginare altre vite).
sogni, aspirazioni, ansie, paure, costituiscono la nostra interiorità, sono la
A fronte del significato di mercificazione di ogni esistente assunto dal
nostra anima. Disincantati a oltranza, trascuriamo e perfino evitiamo
disincanto postmoderno, reincanto ha da significare non ritorno alla
deliberatamente di curare la nostra spiritualità, ci premuriamo di
magia premoderna, bensì religiosità, religiosa cura del vivente, rispetto
mancare all’appuntamento con noi stessi, finendo così col provare un
per ogni essere umano e per la natura, che vanno considerati fini in sé e
disagio crescente, una crescente insoddisfazione di cui non riusciamo a
non esclusivamente mezzi per noi. Superare il disincanto dell’utile, del
spiegarci l’origine.
funzionale, del calcolabile, del quantificabile, per incontrare se stessi,
Anche
Galimberti
sospetta
che
la
malattia
dello
spirito
l’altro e la vita, per riscoprire lo straordinario nel quotidiano, il dialogo, il
contemporaneo derivi dall’aver perduto l’incanto del mondo, la capacità di
silenzio, l’ascolto, il sentimento, la solidarietà, la crescita culturale. E per
trovarvi un riflesso dell’anima. Per James Hillman abbiamo svuotato il
praticare questi valori. La devastazione dell’ambiente e della morale, la
mondo della sua anima (L’anima del mondo e il pensiero del cuore). Viviamo
degradazione delle relazioni umane sono anche figlie del disincanto ad
continuamente indaffarati nell’inessenziale, è per questo che abbiamo
oltranza. Reincanto ha da significare riscoperta della magia della vita.
l’impressione che l’esistenza sia soprattutto «una continua fuga, un
Diceva Jung che magico è solo un altro termine per psichico (L’io e
divenire in perdita, lo svanire di qualcosa che non si è mai posseduto,
l’inconscio). Se non sappiamo più vedere la magia della vita intorno a noi,
che non c’è mai stato» (Claudio Magris, Alfabeti). Lo sentiamo che nella
è perché abbiamo smarrito la connessione con la nostra anima, con la
vita c’è qualcosa di veramente desiderabile, però questo desiderabile ci
nostra interiorità. Senza interiorità non può darsi l’esperienza
sfugge sempre, perché abbiamo sempre qualcos’altro da fare. E allora
dell’incantarsi, che non riguarda direttamente né il corpo né la mente,
tutta la nostra vita, quotidianamente presa da questo qualcos’altro,
ma il nostro spirito, la nostra anima. E invece troppo spesso viviamo
finisce
senza nemmeno prender coscienza di averne una, senza tener conto di
Innamoramento e amore). Contrastare la deriva morale proponendo dei
essere anche e fondamentalmente interiorità: emozioni, sentimenti,
valori è l’ambizione dell’etica del reincanto. Che è dunque un’etica propositiva.
13
per
ridursi
a
fare
qualcos’altro
(Francesco
Alberoni,
Quaderni della Ginestra
L’etica ‒ concordo nuovamente con Savater ‒ ha da essere dissidenza, contestazione
dell’esistente,
articolazione
critica
di
un
certo
anticonformismo. Tanto la sua dignità come la sua urgenza discendono dal fatto di essere un alito di resistenza. Conseguentemente, l’etica del reincanto non rinuncia a interrogarsi sul senso che possiamo dare noi stessi all’esistenza umana, sul significato delle nostre azioni, dei nostri comportamenti, sull’uso che facciamo del linguaggio. E ambisce a orientare la prassi individuale, suggerendo delle strategie.
ALBERTO MESCHIARI
14
Attraverso la società degli individui
UNA RICERCA RETROSPETTIVA
H
nette. L’obbligo di render conto di ogni affermazione attraverso dotti rimandi diviene più leggero. Molte inutili complicazioni sono aggirate in
o sempre pensato, o forse sperato, fin da bambino, che il tempo
nome di una modalità discorsiva più semplice e lineare, che apre il
dell’apprendimento non cessasse mai, e i vecchi fossero capaci di
confronto a interlocutori più numerosi anche se meno attrezzati. Il tipo
un continuo rinnovamento. Ora però che la vecchiaia incalza non ne
di comunicazione inaugurato sei anni fa con i corsi di formazione
sono più altrettanto sicuro. La vivacità mentale si appanna, lo vedo tra i
filosofica “Pensare la vita” rivolti a un pubblico non specializzato della
miei coetanei, e perché dovrei pensare di avere un destino diverso?
città in cui vivo corrisponde bene alla mia esigenza attuale di andare
Certe
all’essenziale.
imprese
intellettuali
che
una
volta
avrei
affrontato
coraggiosamente ora mi appaiono impossibili con le risorse di cui
A tratti la curiosità per nuovi campi di ricerca, mai esplorati, porta ad
dispongo, e per certi versi vane. Tuttavia non è detto che questa
affrontare letture nuove, ma sempre con l’intento di integrarle al nucleo
condizione di senescenza non possa essere accompagnata da alcune
di quanto si considera in qualche modo assodato. Lo sguardo è
intuizioni che potrebbero riuscire utili anche a chi è all’inizio del
fondamentalmente retrospettivo. Non si tratta tanto di programmare
cammino.
nuove ricerche ma di ricostruire il senso del lavoro a cui ci si è dedicati
La relativa brevità del tempo disponibile porta a selezionare le letture
nel corso di decenni e soprattutto di interrogarsi sul perché lo si è fatto.
davvero importanti e a intendere diversamente gli scopi della ricerca. La
Credo che in nessun campo come nel lavoro filosofico, anche
pretesa di ricostruire lo status quaestionis attraverso l’analisi di un’infinita
quando si affrontano tematiche apparentemente “oggettive”, si tratta
serie di commentatori viene abbandonata mentre la meditazione si
pur sempre di giustificare la propria esistenza, le proprie convinzioni, il
concentra sui classici, specialmente su quelli già familiari. Rileggendoli si
proprio stile di vita. Ognuno ha il suo proprio genio, certo, o, se
fanno nuove scoperte, innanzitutto quella di essere capaci, più capaci di
vogliamo disturbare Jung, il proprio modo di individuazione. Il mio è
quanto forse si era in passato creduto, di reagire a questi stimoli
stato costantemente quello di non gettare via nulla di quanto di positivo
formulando giudizi e assumendo posizioni teoriche proprie abbastanza
ho incontrato nel mio percorso. Così ad esempio non ho mai rinnegato
15
Quaderni della Ginestra
le mie origini religiose, pur mutando di continuo il contenuto delle mie
tradizione, in particolare Marcuse. D’altra parte l’autore che ho scelto
credenze. Se ancor oggi sono affascinato dalla possibilità di una
come oggetto di studio per decenni, Feuerbach, rappresentava lui stesso
“religione senza dio” è probabile che ciò dipenda dal mio radicamento
un argine rispetto a qualsiasi forma di massimalismo politico, e alla
in un universo religioso che non intendo abbandonare malgrado la
stessa centralità della «vita attiva». Dalla sua critica della religione
critica dell’alienazione e la secolarizzazione. Per la stessa ragione trovo
derivava piuttosto l’idea, etica, che i comportamenti umani fossero
insopportabili certe forme di propaganda atea. Proprio in questi mesi
sempre guidati dall’istinto di felicità, un’utopia minore e certo più
mi sto dedicando a una ricerca su un autore abbastanza sconosciuto,
realisticamente presentabile dell’aspirazione a una beatitudine definitiva.
Friedrich Feuerbach, fratello minore del più noto Ludwig, che a metà
Tanto è vero che una delle mie prime monografie fu dedicata, all’inizio
Ottocento, nei sui studi su Die Zukunft der Religion, ebbe appunto un
degli anni ’80, alla critica dell’utopia marxiana del lavoro come bisogno
presentimento della possibilità di una “religione senza dio”.
vitale. Proprio perché l’avevo anticipata con questo approccio critico, la
Una tappa intermedia, prima di approdare a una prospettiva etica che
crisi del marxismo non ha indotto in me nessun sentimento di perdita
definirei di solidarismo individualistico, è stata, negli anni 70, la stagione
definitiva, come è accaduto a quegli intellettuali di sinistra, che presi di
delle utopie. Difficile negare che il clima di quegli anni non abbia
sorpresa, hanno reagito con una rimozione totale della cultura prima
influenzato le mie posizioni teoriche. Mentre i miti religiosi della prima
condivisa. Un’edizione recente delle Opere di Marx della Newton
giovinezza non erano ancora tramontati, altri, politici, affioravano,
Compton mi ha fornito l’occasione per un bilancio di ciò che del
mescolandosi con i primi. Pietro Maria Toesca, il mio maestro, cercava
marxismo è definitivamente compromesso e di ciò che merita di essere
di coniugarli insieme. E io, in qualche modo con lui. Una prolungata
conservato.
frequentazione del marxismo e della letteratura marxologica è
Ho parlato di una «stagione delle utopie» suggerendo con ciò che
documentata in quegli anni, insieme a un’edizione dei Manoscritti
ormai mi muova in un altro ordine di idee. Ciò è vero soltanto in parte.
economico-filosofici di Marx (1976). Ma non mi consegnai mani e piedi alla
Se un uso asseverativo delle utopie si è rivelato pericoloso, non sembra
scolastica marxista, privilegiando sempre gli esponenti critici di quella
che si possa vivere, o almeno vivere bene, senza farne almeno un uso 16
Attraverso la società degli individui
regolativo. Lo sbandamento fin troppo evidente delle generazioni
(“La ginestra”), a cui continuo a dedicarmi da quasi vent’anni, è nata da
attuali, per non parlare del richiamo che su di esse esercitano messaggi
questi presupposti.
di violenza, con le loro promesse palingenetiche, stanno a dimostrare quali effetti produce un disincanto non controllato.
Se cerco di riassumere in poche righe il senso del mio lavoro negli ultimi anni, potrei dire dunque che i confini tra la ricerca scientifica, a
Sul piano etico l’opzione per la compassione – ancora una volta un
cui mi sono tanto a lungo dedicato, e la ricerca di una «vita buona» sono
debito religioso – ha sempre prevalso su considerazioni di giustizia. In
divenuti sempre più labili. Esperienze vitali di ogni genere, ma
nessun punto come in questo l’elaborazione di teorie si è intrecciato con
soprattutto comunicative e affettive, rifluiscono sui miei concetti, che
esperienze di vita. Tutta una serie di ricerche e anche di edizioni hanno
tuttavia conservano, mi pare, qualche presa su di esse. Segno che il
avuto lo scopo di denunciare i limiti di una morale dei principi
«tirocinio» degli studi formali non è stato totalmente inutile.
universali. Di qui un interesse costante per i rappresentanti
FERRUCCIO ANDOLFI
dell’individualismo etico – da Schleiermacher a Guyau a Simmel. In una certa mia fase della mia vita\ricerca è prevalsa la preoccupazione di staccarmi dagli insegnamenti buonisti della tradizione riabilitando l’egoismo. Una maniera probabilmente di fare i conti con gli aspetti repressivi della mia formazione giovanile. L’attenzione agli insegnamenti di Stirner e Nietzsche sotto questo profilo è stata fondamentale. E tuttavia, diversamente da quei miei autori, resto convinto che le condotte altruistiche e solidali, decostruite che siano nel loro
fondamento
egoistico,
conservino
un valore
proprio
e
rappresentino un livello più alto di vita spirituale. L’impresa de La società degli individui come della collana di classici dell’individualismo solidale 17
Quaderni della Ginestra
I HAD A DREAM: LA RICERCA E I SUOI RAGIONEVOLI ECCESSI
P
cervelli sovrumani. Bene, quel modello di intellettuale è come evaporato dalla sera alla mattina. Sarà colpa di google, della società dei consumi, del
er uno studioso attraversare la soglia dei cinquant’anni significa
neoliberismo, della crisi del welfare state, o di non so che altro, fatto sta
mediamente avere trascorso più di metà della propria vita
che, nei giorni un po’ tetri in cui ci si sveglia chiedendosi a chi, potendo
svolgendo attività di ricerca. Ha un senso perciò guardarsi alle spalle e
scegliere, si vorrebbe assomigliare, uno è costretto a fare i conti con un
fare il punto della situazione.
panorama simbolico-mimetico rivoluzionato. Nell’accademia, per
Non è un compito indolore. Molto è cambiato da quando ho mosso i
esempio, non c’è più spazio per l’intellettuale militante, che per decenni
miei primi passi nel mondo non sempre accogliente della filosofia
ha rappresentato un ideale di vita buona per moltitudini di praticanti del
italiana. Sono cambiato io, ovviamente, ma è mutato (e di molto) anche
pensiero critico. D’altronde, che senso ha retribuire mensilmente dei
il contesto.
bastian contrari? In un contesto in cui domina la logica ansiogena del
Cominciamo da quest’ultimo. Il mondo della ricerca evolve così
publish or perish, della ricerca spasmodica dei fondi in una situazione
rapidamente che alcune cose che sembravano solide come la terra ferma
strutturale di risorse scarse, e in cui il precariato e il perseguimento a
all’inizio della mia carriera, ora sono svanite dall’orizzonte. Basti pensare
tutti i costi della distinzione rendono i rapporti umani più simili a un
all’importanza che aveva l’erudizione quando ho messo per la prima
bellum omnium contra omnes che non a un’impresa collaborativa
volta il naso, con comprensibile cautela, nelle aule dell’Università Statale
disinteressata, anche il mondo della ricerca sembra assumere l’aspetto di
di Milano. L’onniscienza sembrava il requisito minimo per poter
una sorta di darwiniano stato di natura. Non stupisce, allora, che,
prendere la parola. Il pensatore paradigmatico era qualcosa di simile a
anziché ispirarsi a Socrate, uno si senta in dovere di dannarsi l’anima per
un motore immobile della pensosità attorno a cui ruotava l’intero
assomigliare a qualche icona effimera della società dello spettacolo
universo dei concetti. Persino autori non canonici come Arendt,
(Žižek docet) o al Don Draper della serie TV Mad Men: un uomo nato
Blumenberg o Benjamin sembravano appartenere a un pantheon di
per farsi finanziare sogni irrealizzabili. 18
Attraverso la società degli individui
Un simile cambiamento del contesto non poteva non provocare una
invidia o scetticismo. È possibile che, essendo un outsider
dose non omeopatica di disillusione. Potrà sembrare forse ingenuo, ma
dell’Accademia, abbia una visione idealizzata del lavoro intellettuale.
la scoperta che una professione scelta per una combinazione
Tuttavia, personalmente non fatico a identificarmi con la descrizione
esistenzialmente esplosiva di vocazione e passione fosse un mestiere
che Platone fa della pensosità di Socrate nei suoi dialoghi giovanili o con
come tutti gli altri, non è stata facile da digerire. Le cose, tuttavia, stanno
il famoso ritratto della vita contemplativa proposto da Aristotele alla
proprio così e occorre farsene una ragione. Per esercitare le virtù tipiche
fine dell’Etica Nicomachea. Può suonare strano, ma è così. Oggi, magari
del ricercatore – la curiosità, l’attenzione, la pensosità – serve infatti un
preferiamo usare il lessico della psicologia e descrivere il piacere che si
setting istituzionale che può essere più o meno buono, ma non è mai
prova a svolgere questa attività nei termini del “flusso” (in inglese flow),
ideale. Nelle istituzioni, proprio come nei matrimoni, c’è poco spazio
ma sempre di un’esperienza di felicità si tratta. È lo stato mentale in cui
per il romanticismo e, ovunque circola denaro e pesano il prestigio o lo
ci si trova quando si è nel mezzo della stesura di un saggio o di un libro:
status, le virtù etiche e dianoetiche devono fare i conti con i vizi umani
il sentirsi massimamente attivi con il minimo possibile di dispersione –
che tutti conosciamo e che sono non meno diffusi nel mondo della
quasi che si potesse sperimentare un’attività non entropica (che è poi
ricerca che al suo esterno: meschinità, vanità, furbizia, arroganza,
esattamente quello che aveva in mente Aristotele quando offriva ai suoi
ingordigia, ecc. Svolgere le mansioni di un ricercatore significa allora
studenti l’immagine di un’attività che potrebbe in linea di principio
fare anche il callo a tutto ciò. Questa è una verità banale che ho
continuare in eterno). Credo che sia questo tipo di esperienza a rendere
imparato sulla mia pelle in venticinque anni di altalena continua tra
l’analogia con la musica calzante.
schiaffi e carezze, soddisfazioni e delusioni, idealismo e nuda realtà dei fatti.
Certo, se ne può discutere. Fatto sta che quando ho voluto dare una scossa alla mia carriera ho sentito l’impulso di scrivere un libro
Eppure l’orizzonte di senso del mio lavoro quotidiano non è
mozartiano. Così, dal momento in cui mi sono immerso nella stesura di
cambiato. La ricerca continua a essere per me essenzialmente
La ragione e i suoi eccessi (Feltrinelli, 2014) ho tenuto di fronte agli occhi
un’occasione di felicità. Non mi stupisce, perciò, che sia circondata da
come modello insuperabile di gioia intellettuale il concerto per clarinetto
19
Quaderni della Ginestra
e orchestra di Mozart. Avrei voluto, cioè, scrivere un testo che si
la
ricerca
è
fondamentalmente
un’impresa
cooperativa,
non
leggesse con lo stesso slancio che hanno le note iniziali dell’Allegro. Un
antagonistica». Se dovessi svelare qualcuno dei miei sogni nel cassetto,
sogno impossibile? Può darsi. Ma l’esperienza di questo slancio a prima
comincerei allora dalla tentazione di scrivere una sorta di La ragione e i
vista sovrumano è pane quotidiano per chi si dedica anima e corpo alla
suoi eccessi II, in cui, anziché occuparmi delle realtà fragili che fanno
filosofia. Per ovvie ragioni è più facile sperimentarlo durante una
compagnia alle nostre vite, mi concentrerei piuttosto su quelle
conversazione, ma anche la scrittura ha i suoi stati di grazia. Il problema
ingombranti: macigni delle nostre esistenze come la morte, il potere, il
è creare, attraverso l’allenamento, le condizioni perché tale stato si
sesso, la violenza, il denaro, la malattia, il sacro, la materia, ecc. In
prolunghi il più a lungo possibile. A questo scopo, la tecnica è
alternativa, mi piacerebbe pubblicare una brevissima fenomenologia del
essenziale. Per me, per esempio, le lunghe e impegnative ore passate a
sospiro. O provare a realizzare qualcosa di analogo al bellissimo libro di
tradurre hanno avuto un effetto benefico imprevisto sulla scrittura,
Alison Gopnik The Philosophical Baby, partendo dalla mia esperienza
garantendomi quell’agilità che il vero segreto della musica di Mozart. Il
stupefacente di genitore adottivo.
punto, nella sostanza, è non perdere mai la capacità di fare uno scarto a
Come si può capire, gli eccessi della ragione continuano a
lato, di deviare dai solchi del ragionamento evitando così che la pesanteur
rappresentare per me l’orizzonte di marcia e il motivo per cui non posso
(innegabile) delle questioni filosofiche agisca come un buco nero,
a fare a meno di vivere il mio mestiere prima di tutto come un’occasione
anziché come un prezioso fulcro gravitazionale del moto dei pensieri.
quotidiana di felicità. Francamente, credo che questo sia vero per la
Il mio principale obiettivo per il futuro è continuare a praticare
maggior parte dei miei colleghi: ciò che rende la nostra professione uno
questa concezione gioiosa del mestiere di pensare, evitando per quanto
dei più bei lavori che esiste è proprio la sua affinità con il gioco. In
possibile che venga schiacciata dalla feroce competizione per risorse
sintesi, fare il ricercatore significa giocare il gioco della conoscenza dove
scarse in cui siamo costretti tutti a lavorare oggi. Per me vale quello che
vince chi produce il sapere più originale, ma in cui il divertimento è
ha sostenuto recentemente Alsdair MacIntyre in un’intervista: «La
assicurato a tutti – i campioni e i comprimari.
filosofia non può prescindere da una piccola componente agonistica, ma
Insomma, senza cadere nella fastidiosa retorica dell’eccellenza, credo 20
Attraverso la società degli individui
che ci sia spazio per un ritratto del mestiere del pensare in cui i suoi
Tracia che del capostipite del canone filosofico occidentale.
ragionevoli eccessi possono coesistere con tutte le varietà di inerzia di cui facciamo quotidianamente esperienza dentro e fuori le aule universitarie. In fondo, fare professionalmente ricerca in filosofia è soprattutto un modo per scommettere sull’utilità non misurabile della riproduzione di un capitale intellettuale che abbiamo ereditato dal passato o – per usare un’immagine diversa, meno economicistica – sull’importanza di custodire e mantenere in condizioni ottimali uno spazio di comprensione e discussione in cui siamo stati introdotti da chi veniva prima di noi e che è nostro dovere lasciare in eredità a chi verrà dopo di noi. E questo lo si può fare in molti modi: producendo lavori scientifici eccellenti; facendo alta divulgazione; organizzando attività seminariali o convegni in cui vengano valorizzate le virtù più tipiche dell’investigazione scientifica (competenza, dedizione alla ricerca della verità, ricettività alle buone ragioni, carità ermeneutica, ecc.). Non mi stupirei più di tanto se alla fine scoprissi che questo strano animale accademico che ho imparato a essere grazie alle dure lezioni dell’esistenza assomiglia più al Blumenberg in carne e ossa che a quello spirito onnisciente che mi vedevo aleggiare davanti agli occhi ogni volta che, da studente universitario, mi veniva voglia di alzare la mano e fare una domanda che sicuramente avrebbe fatto più la gioia della servetta di 21
PAOLO COSTA
Quaderni della Ginestra
LO STORICO DELLA FILOSOFIA COME PROFESSIONE
Q
studentesco del Sessantotto, oggi è difficilmente immaginabile. E il motivo è che la cultura umanistica non è più percepita come una forza
uanti sono i filosofi o gli storici della filosofia di professione?
trasgressiva, come lo strumento con il quale analizzare la propria realtà e
Eric Schliesser, un “filosofo di professione” dell'Università di
immaginare scenari di futuro possibili.
Amsterdam e un brillante blogger, in un suo articolo ha azzardato che
La cultura, almeno a partire dall'Illuminismo, ha svolto una funzione
filosofi e storici della filosofia di professione potrebbero essere circa
di forza critica, una forza in grado di mettere in discussione le stesse
40.000 nel mondo (in Italia, secondo i dati del Miur, sarebbero circa un
istituzioni demandate alla trasmissione del sapere. Oggi la cultura si
migliaio). Schliesser in questo articolo si interroga sul senso del lavoro
inserisce all'interno di quella che alcuni sociologi definiscono la
filosofico nel ventunesimo secolo e sostiene «che anche se il nostro
rappresentazione del mondo-festa, cioè la rappresentazione di un
processo di civilizzazione continuerà e la conservazione digitale si
mondo dal quale si cerca in primo luogo di eliminare la noia e il dolore e
perfezionerà, la maggior parte di noi – salvo una manciata - sarà
il cui unico fine sembra essere il divertimento. È un'idea di mondo che
dimenticata nell'arco di una generazione o due, o al massimo tre»1.
si basa sostanzialmente sul gioco, sull'intrattenimento, sul consumo e
Se la speranza di contribuire in maniera significativa allo sviluppo
sullo spettacolo.
della storia della filosofia è priva di un realistico fondamento statistico,
Chi, come me, si è formato nella seconda metà degli anni Ottanta e
qual è dunque il senso del lavoro del filosofo e, più in generale,
nei primi decenni degli anni Novanta, ha vissuto lo spaesamento degli
dell'intellettuale di professione?
anni di transizione da un modello etico, politico e culturale improntato
Una prima considerazione che potremmo fare riguarda il fatto che un fenomeno come quello de L'uomo a una dimensione di Herbert
all'impegno e, in un certo senso, alla speranza a un modello senza impegno e senza futuro, tutto appiattito sul presente.
Marcuse, che quando uscì negli Stati Uniti nel 1964 (in Italia nel 1967)
Negli anni in cui ero studente all'Università Statale di Milano, la storia
ebbe uno straordinario successo, soprattutto a livello giovanile,
della filosofia ruotava attorno alla Rivista di storia della filosofia e agli allievi
diventando in breve tempo uno dei testi di riferimento del movimento
di Mario Dal Pra. Ricordo i corsi sullo scetticismo antico e moderno, su 22
Attraverso la società degli individui
David Hume e sul pragmatismo americano. L'interesse prevalente era
prima monografia sulla melanconia tra filosofia e medicina aveva
per un approccio antimetafisico e antidogmatico, in polemica con la
esattamente questo scopo, mostrare i diversi modelli di razionalità messi
storiografia idealistica. In quel periodo guardavo con interesse anche alla
in campo da teologi, filosofi e medici attorno a un tema che aveva
Rivista di filosofia di Nicola Abbagnano e Norberto Bobbio e a
molteplici implicazioni2. Successivamente ho dedicato due monografie
quell'approccio neoilluminista che si proponeva come alternativa al
alla ricostruzione del pensiero di Bernard Mandeville, un autore che
cattolicesimo e al marxismo. Iniziai a studiare l'Illuminismo Britannico
incarna la figura del medico-filosofo che utilizza le proprie conoscenze
nella convinzione che quella fosse la tradizione a cui attingere per
medico-scientifiche per elaborare una concezione di natura umana in
riflettere sul nostro presente. Eugenio Lecaldano a Roma, Antonio
grado di rispondere alle domande filosofiche e politiche del suo tempo3.
Santucci e Luigi Turco a Bologna, Emanuele Ronchetti, Marco Geuna e
Lo studio del Settecento ha rappresentato a lungo un modo di
Giambattista Gori a Milano, Giancarlo Carabelli e Paola Zanardi a
interrogarsi sul presente. Ma il contesto sociale e culturale è cambiato
Ferrara erano solo alcuni degli storici della filosofia che in quegli anni
radicalmente in questi ultimi anni. È cambiata anche l'università e la sua
promuovevano lo studio dell'Illuminismo Britannico e l'edizione di testi.
funzione sociale. È cambiato il modo di intendere l'impegno intellettuale
Le mie prime ricerche si svolsero in quel clima intellettuale e in quei
e la storia ha aperto nuovi scenari. Il Settecento non riscuote più lo
contesti istituzionali. Scelsi di occuparmi di Bernard Mandeville in
stesso interesse di qualche decennio fa.
quanto una delle fonti più significative dell'Illuminismo Scozzese e, in
Se oggi volessimo provare a tracciare una cartina della geografia
particolare, di David Hume. Dal punto di vista metodologico il mio
intellettuale dell'università italiana avremmo molte difficoltà. E la
riferimento era la cosiddetta Scuola di Cambridge (Quentin Skinner e
ragione, credo, riguardi un tema su cui da lungo tempo si dibatte: la
J.G.A. Pocock) e quindi l'importanza dei contesti linguistici, la
trasformazione del ruolo dell'intellettuale e l'esaurimento delle scuole di
convinzione che il discorso fosse una forma d'azione e il recupero delle
pensiero. Qui farò riferimento a un bel numero di Aut Aut, curato da
intenzioni dell'autore. Ero interessato a studiare soprattutto il rapporto
Dario Gentili e Massimiliano Nicoli e uscito con il titolo “Intellettuali di
tra la filosofia e gli altri saperi, in particolare quelli scientifici. La mia
se stessi. Lavoro intellettuale in epoca neoliberale”4.
23
Quaderni della Ginestra
L'espressione “intellettuale di se stesso” - come ricorda Nicoli - è
dimensione pubblica della figura dell'intellettuale, che non scompare, ma
stata utilizzata qualche anno fa da Pier Aldo Rovatti in Noi, i barbari. La
si rinchiude nella propria vita privata. L'intellettuale non ha quindi più
sottocultura dominante (Cortina, 2011) per dare un nome alle
alcuna aspirazione a ricoprire un ruolo sociale6.
trasformazioni che stanno attraversando la funzione e il ruolo
Queste analisi mi sembrano cogliere nel segno e descrivere bene la
dell'intellettuale nel XXI secolo e può essere interpretata in due modi o,
crisi del lavoro intellettuale del XXI secolo. Una crisi che è ancora
se volete, ha un duplice significato.
maggiore in chi ha vissuto lo spaesamento del passaggio dalla Guerra
Da una parte “intellettuale di se stesso” è una storpiatura di uno degli
Fredda alle Twin Towers proprio negli anni della sua formazione.
slogan più diffusi dalla cultura neoliberale di questi ultimi anni: cioè
E forse è proprio a causa di questo spaesamento che negli ultimi anni
l'idea che ciascuno dovrebbe trasformarsi in imprenditore di se stesso e
le mie ricerche hanno avuto come oggetto le teorie della decadenza e
quindi vorrebbe segnalare «la penetrazione della competizione, della
della degenerazione tra Sette e Novecento in ambito politico, biologico,
concorrenza, dei principi del libero mercato nella cosiddetta economia
medico e psichiatrico7. Le teorie della degenerazione costituiscono l'altra
della conoscenza e l'affermazione della forma-impresa come forma di
faccia delle teorie del progresso. Sono quelle teorie che danno voce alle
vita dei lavoratori intellettuali» 5. Il lavoro intellettuale raramente oggi è
paure che sempre accompagnano le grandi fasi di cambiamento sociale
inteso come un'impresa collettiva, ma è sempre più concepito come un
e culturale. E la paura è proprio la cifra del nostro tempo, così rapido
lavoro individuale finalizzato quasi esclusivamente alla propria carriera
nella sua evoluzione e così difficile da comprendere.
accademica e al proprio futuro lavorativo.
MAURO SIMONAZZI
Dall'altra parte, invece, ed è forse l'aspetto che più mi interessa, “intellettuale di se stesso” sta ad indicare il venir meno dell'intellettuale organico, l'estinzione delle guide di pensiero il cui compito era quello, in un certo senso, di pensare per tutti o almeno di fornire un pensiero critico attorno al quale poi confrontarsi. Insomma: viene meno la
http://digressionsnimpressions.typepad.com Simonazzi, La malattia inglese. La melanconia nella tradizione filosofica e medica dell'Inghilterra moderna, introduzione di T. Gregory, Bologna, Il Mulino 2004. 3M. Simonazzi, Le favole della filosofia. Saggio su Bernard Mandeville, Milano, Franco Angeli 2008; Id., Mandeville, Roma, Carocci 2011. 1
2M.
24
Attraverso la societĂ degli individui
4M.
Nicoli, L'etica del lavoro intellettuale e lo spirito del capitalismo, in “Aut-aut. Intellettuali di se se stessi. Lavoro intellettuale in epoca neoliberale�, a cura di D. Gentili e M. Niccoli, 365/2015, pp. 7-20. 5M. Nicoli, L'etica del lavoro intellettuale e lo spirito del capitalismo, cit., p. 8. 6Segnalo che qui ho sostanzialmente parafrasato M. Nicoli, L'etica del lavoro intellettuale e lo spirito del capitalismo, cit., pp. 8-9. 7M. Simonazzi, Degenerazionismo. Psichiatria, eugenetica e biopolitica, Milano, Bruno Mondadori 2013.
25
Quaderni della Ginestra
DOCENDO DOCETUR
tutta la loro plurivoca molteplicità, del mondo e del proprio tempo, degli studenti che si hanno di fronte, presi tutti insieme e – per quanto possibile – uno ad uno; e la praxis di un «agire comunicativo» che
La storia degli uomini, dei popoli, della natura, la fisica e l’esperienza, erano le fonti che davano vita alle sue lezioni e alla sua conversazione. Nulla che fosse degno di essere conosciuto gli era indifferente […]. Egli incoraggiava e spingeva dolcemente a pensare da sé: il dispotismo era del tutto estraneo al suo animo. Quest’uomo che io nomino con la più grande gratitudine e considerazione è Immanuel Kant: la sua immagine mi sta costantemente dinnanzi. J.G. Herder
traduce in precisi atti e gesti il dialogo, che deve sempre rimanere aperto, con i testi, il mondo, il tempo, gli studenti: i quali figurano al termine dell’elenco non per sminuire la loro importanza, ma per sottolinearla, poiché con loro è possibile dialogare realmente, credo, soltanto se si è percorsa almeno una volta tutta la scala che parte dai testi. E soltanto, beninteso, se ci si mantiene pronti a ripercorrerla, in salita e in discesa, ad ogni momento.
S
Si tratterebbe, insomma, più che di ‘fare l’insegnante’, di professare ono da alcuni, pochi, anni, docente a tempo indeterminato di
l’insegnamento, ossia di basare l’attività quotidiana in classe, con le sue
Italiano e Storia alle superiori, e posso aggiungere questo mio
mille difficoltà, distonie e distopie, sulla convinzione che andare e stare
nuovo ruolo sociale agli ‘interessi di ricerca’ ai quali dedicare tempo ed
a scuola possa divenire un preciso modo (serio, rispettoso) di imparare e
energie: non solo e non tanto il ruolo in sé, quanto ciò che esso significa
praticare la ricerca, l’affermazione, la negazione, lo scambio di idee. In
per me, ciò che potrebbe (se ancora lo può) significare per gli studenti
un interessante libro di Romano Luperini questa convinzione è espressa
attuali. La prospettiva della breve nota che segue è, dunque, quasi-
per mezzo di un robusto nucleo concettuale, quello di classe come comunità
diaristica e progettuale insieme.
ermeneutica, nella quale «il professore rappresenta il momento di autorità
L’attività del docente di materie in senso lato umanistiche si muove, è
e di mediazione, che disegna e delimita il campo interpretativo e
noto, fecondamente in bilico fra teoria e pratica, fra la theoria dello
definisce, raccogliendo anche i diversi contributi degli studenti, il
studio, della contemplazione-osservazione dei testi (non solo scritti) in
ventaglio dei diversi significati possibili di un testo, il suo valore, la sua 26
Attraverso la società degli individui
eventuale attualità»1. Come il Kant di Herder, insisterei sulla
Nel caso della classe come comunità interpretante, la verità
‘mediazione’ più che sulla ‘autorità’, o per meglio dire, la anteporrei
fondamentale consiste nel porre instancabilmente in discussione le
logicamente ad essa: ha titolo a farsi ascoltare chi, innanzitutto, ha
interpretazioni,
ascoltato e ascolta senza preclusioni, e convince a fare altrettanto.
condizionati e condizionanti (le «precomprensioni», direbbe Gadamer),
considerandone
i
molti
retroterra
storicamente
Inoltre, poiché ciascun testo (sia esso un romanzo, un racconto, una
che tuttavia, per apparente paradosso, non escludono ma esigono la
poesia, un dramma, un frammento o dialogo o trattato o aforisma
possibilità di far coabitare tradizioni e letture differenti in un orizzonte
filosofico, un documento storico, un affresco, una tela, una carta
comune e condiviso. Si tratterà allora di accostare all’immagine della
geografica, un film, una sinfonia, un concerto, un melodramma…) è un
scala, cui facevo riferimento prima, quella del circolo (ermeneutico,
intreccio sempre in relazione con altri testi, il principio metodico della
appunto): salendo dai testi agli studenti attraverso il mondo e il tempo e
classe come comunità ermeneutica si completa con un secondo
ridiscendendo per questa via ai testi, ci si affida anche a un movimento
principio, che Luperini sostiene: l’interdisciplinarità2.
circolare di continuo scambio e «conflitto» (nel senso ricœuriano della
Ogni metodo però, ci avverte un maestro dell’ermeneutica
parola) delle interpretazioni.
novecentesca come Hans-Georg Gadamer, implica una verità. Nel caso
Perché equipaggiarsi proprio di questo viatico per affrontare il
dell’approccio interdisciplinare, una prima e insormontabile verità
viaggio dell’insegnamento? Se penso alle Sei proposte per il prossimo
risiede nel divieto, per l’insegnante che lo adotti, di spacciarsi per
millennio già avanzate da Italo Calvino nel 1985 parlando del futuro della
‘tuttologo’: un pericoloso equivoco, che trasforma il professore in
letteratura, e in particolare a tre di esse, «Leggerezza», «Esattezza»,
intrattenitore degli studenti, in facile e rapsodico affabulatore; che,
«Molteplicità»3, mi viene da rispondere: perché al nostro millennio e ai
insomma, deforma l’intellettuale in cattivo maestro di superficialità,
giovani del nostro millennio occorre, forse più di ogni altra cosa, colti-
quando muoversi con una certa sicurezza tra più linguaggi disciplinari
vare e custodire la capacità di leggere il mondo e muoversi al suo
richiede un lavoro ben più impegnativo di quello necessario per pos-
interno su molti piani e livelli, senza temere né forzare le contraddizioni,
sedere a menadito, da specialisti, il linguaggio della ‘propria’ disciplina.
le differenze, le ‘contaminazioni’.
27
Quaderni della Ginestra
Ma vogliono e possono, i giovani, ricevere questo viatico? Può essere che ne siano già equipaggiati, senza saperlo. Spetta anche a noi insegnanti scoprirlo, e farglielo scoprire.
DONATELLA GORRETA R. Luperini, Insegnare la letteratura oggi. Quarta edizione accresciuta, Manni, Lecce 2006, p. 99. 2 Intesa come «uno studio volto a identificare le connessioni logico-strutturali fra le diverse discipline al fine di una spiegazione unitaria di un determinato fenomeno; oppure è il lavoro svolto per risolvere i problemi tipici di una disciplina con i mezzi appropriati appartenenti a un’altra disciplina (questo tipo di approccio interdisciplinare è chiamato anche transdisciplinarità)»; ibidem, p. 70. 3 Cfr. I. Calvino, Lezioni americane, Mondadori, Milano 1993. 1
28
Attraverso la società degli individui
IL MARE È UN CONCETTO
S
di intersoggettività “puro”, poiché scevro da altri disordini di tipo cognitivo o motorio. Prima di conoscerlo, non avevo la minima idea di come
e è vero che la filosofia nasce dalla meraviglia, allora io ho iniziato a
sarebbe stato approcciarmi a un caso reale di “psicopatologia”, ma mi
riflettere da ben poco tempo. O meglio: sono sempre stata affasci-
faceva forza un’illusoria e quanto mai ingiustificata consapevolezza che
nata dall’infinita varietà di sfumature che governano l’animo umano,
la filosofia mi avesse preparata a una simile esperienza: in fin dei conti,
forse troppo. Irrimediabilmente votata -o condannata- a meditazioni in-
ho passato gli ultimi anni a studiare i fenomeni intersoggettivi e la loro
terminabili, ho fatto della speculazione la mia attività principale, il mio
natura, da una prospettiva, però, squisitamente fenomenologica e teore-
rifugio, il mio modo di essere e, perché no, anche di “agire”.
tica. L’approfondimento degli autori “classici” prima, con la lettura di
Ma la meraviglia, quella vera, quella che ti fa stupire e anche star ma-
Husserl e Merleau-Ponty, e l’avvicinamento al metodo psicopatologico
le, che fa crollare ogni certezza innescando nuove prospettive e intui-
strutturale inaugurato da Minkowski2 in un secondo momento, mi sem-
zioni, ecco, quella credo di averla provata per la prima volta soltanto
bravano requisiti sufficienti ad affrontare finalmente un’analisi “sul
qualche mese fa.
campo”.
Ho incontrato Lorenzo1 un pomeriggio di primavera, in una struttura
Le mie certezze sono crollate subito, forse ancor prima dell’incontro
ospedaliera tra Pisa e Livorno, in riva al mare. Il nostro incontro non è
vero e proprio, quando invece di pensare ai presupposti e agli strumenti
stato affatto casuale – nulla, nella sua vita, è affidato al caso – ma era
metodologici e concettuali che la fenomenologia possa offrire allo stu-
stato programmato dal suo psicologo, che mi aveva dato il permesso di
dio della soggettività, mi sono messa semplicemente ad osservare, a
affiancarlo per una serie di colloqui che sarebbero potuti risultare utili
guardare quello che c’era intorno a me. E in questo atto così genuina-
alla mia ricerca sul rapporto tra intersoggettività e corporeità.
mente filosofico, mi sono sorpresa a mettere in dubbio tutte le convin-
Lorenzo è un ragazzino di appena 18 anni, e si è autodiagnosticato
zioni che fino a quel momento mi avevano accompagnata: mi sono tro-
l’Asperger poco meno di un anno fa. Il suo “disturbo” lo rendeva quin-
vata di fronte la Malattia, quella vera, che si respira già nei corridoi, nei
di perfetto per i miei interessi: avrei, infatti, potuto osservare un deficit
volti dei famigliari, nelle attese silenziose e infinite. La fenomenologia
29
Quaderni della Ginestra
non mi aveva preparato alla sofferenza vissuta, cosa che in quel mo-
Lorenzo comporta difficoltà nella comunicazione sociale e interessi forti
mento mi ha procurato rabbia e vergogna: mi ero illusa che i miei studi
e ristretti, entrambe caratteristiche tipiche di questo genere di autismo.
potessero fornire risposte, ma non avevo ancora iniziato il colloquio che
Egli considera il linguaggio una delle fonti dei suoi problemi inter-
in me si erano create soltanto domande. In che modo la filosofia può
soggettivi. Molto spesso, infatti, le sue parole sono state travisate, e cari-
contribuire allo studio dei disturbi della mente? Qual è il suo ruolo ri-
cate di significati ai quali lui non aveva neppure pensato. L’utilizzo del
spetto alla medicina tradizionale? Può esserci davvero un dialogo tra
linguaggio ci è sembrato uno dei modi in cui Lorenzo manifesta la sua
scienze umane e scienze empiriche?
mancanza di senso comune, violando i significati condivisi dei quali, a
“Perché a una filosofa interessa un autistico?”: i miei interrogativi
seconda delle situazioni, è necessario tener conto. Per lui “il linguaggio
erano stati bruscamente interrotti da un altro quesito, diretto, senza
comune viene caricato di troppi significati”, mentre ciò che egli dice “si-
fronzoli, ma in effetti pertinente. É così che ho conosciuto Lorenzo, e la
gnifica semplicemente ciò che significa.”. La fantasia e la “malizia” con
sua complessa ma incredibilmente affascinante personalità. Sebbene al-
le quali le persone interpretano le parole lo lasciano quindi perplesso
cuni episodi infantili avessero già portato a numerosi controlli (avvenuti,
circa la loro stessa efficacia.
peraltro, nello stesso ospedale che lo assiste oggi) dai quali era emerso
Lorenzo riscontra problemi non solo nell’uso relazionale del linguag-
che soffrisse di un “disturbo dell’emotività”3, Lorenzo ha iniziato le se-
gio, ma anche nella comprensione della gestualità corporea all’interno del
dute con lo psicologo da poco. La sua sviluppata intelligenza (il suo
processo intersoggettivo: spesso, infatti, “non ci fa caso”, potrebbe
quoziente intellettivo è di 139) gli ha permesso infatti di condurre una
quindi non riconoscere il valore di determinate espressioni corporee e
vita relativamente normale, sebbene sia stato talvolta colto da crisi gene-
“avere problemi”. Non a caso, nel test Reading the Mind in the Eyes4 ha
rate da un’ansia eccessiva e pensieri ossessivi, e sia stato spesso prota-
effettuato un punteggio bassissimo, non è stato quindi capace di asso-
gonista di eventi spiacevoli ai quali la diagnosi ha finalmente dato un
ciare a specifiche espressioni una certa emozione.
senso. Se da un lato, infatti, il suo percorso scolastico sia stato – e con-
Sembrerebbe, perciò, che in lui siano distorte o addirittura mancanti
tinui ad essere – particolarmente brillante, l’Asperger che caratterizza
alcune funzioni caratteristiche del corpo vissuto, come la relazionalità e, 30
Attraverso la società degli individui
di conseguenza, la comprensione dei significati condivisi. Egli sostiene
lazionarsi al mondo in modo più intimo e sentito rispetto a un soggetto
di avere sempre avuto l’impressione di essere spontaneamente un trasgressi-
“normale”, nel quale il senso comune assume troppo spesso il ruolo di
vo, cosa che, da un lato, non gli dispiace per nulla, ma che, d’altra parte,
un “filtro” asettico e impersonale.
ha in effetti avuto molto spesso conseguenze spiacevoli. La sua trasgres-
Tra le immagini che lo hanno colpito di più, ce n’è una il cui sfondo
sività può essere di pensiero o di atteggiamento: nel primo caso siamo di
è il mare: quando ho chiesto a Lorenzo il motivo della sua preferenza
fronte alla sua originalità nell’affrontare le questioni, nel secondo caso,
nei confronti di questa figura, lui mi ha risposto con grande trasporto, e
invece, tale particolarità si traduce nell’incapacità di gestire determinate
mi ha detto che per lui “il mare è un concetto”.
circostanze.
E allora le mie domande hanno avuto risposta: la filosofia può con-
Il risultato dei nostri incontri è stata l’elaborazione di un’intervista
tribuire allo studio della mente, non solo perché è in grado di fornire
“fenomenologica” per immagini, attraverso la quale ho cercato di inda-
strumenti di indagine qualitativi, ma anche perché può offrire una valida
gare nello specifico le “strutture della soggettività”5 che caratterizzano la
alternativa alla prospettiva DSM6, che specialmente negli ultimi anni go-
sua personalità: non è questa la sede per approfondire tale argomento,
de di un notevole successo all’interno dell’ambito medico-psichiatrico, e
ciò che piuttosto mi preme enfatizzare è la meraviglia che ha suscitato in
che consiste in una rigida catalogazione delle patologie in base ai singoli
me questa serie di conversazioni. Entrare nel mondo di Lorenzo, seppu-
sintomi e agli intervalli temporali in cui essi sono avvertiti.
re per un breve intervallo di tempo, mi ha infatti messa di fronte alla
Tale approccio empirico-statistico adottato, se da un lato ha reso più
bellezza della diversità. Il suo modo di vivere e vedere il mondo, fatta
semplice il processo di elaborazione della diagnosi, dall’altro ha avuto
eccezione per i momenti di forte crisi e paranoia che per fortuna ulti-
l’effetto collaterale di non prendere in considerazione gli aspetti esisten-
mamente sono andati scemando, non sembra affatto “patologico”, né
ziali che caratterizzano le psicosi, ignorando la persona dietro la malattia,
tantomeno definibile alla stregua di un “disturbo”. Il suo essere slegato
il vero nucleo della patologia.
dalle norme condivise, piuttosto, rende Lorenzo più libero e, al contra-
Al contrario, l’utilizzo di una prospettiva fenomenologica, metodo
rio di ciò che si potrebbe pensare in un primo momento, in grado di re-
che in psichiatria viene utilizzato nel campo della “psicopatologia feno-
31
Quaderni della Ginestra
menologica”, sembra efficace nell’evitare la depersonalizzazione del paziente a cui va inevitabilmente incontro un’analisi meramente scientifica. Un approccio fenomenologico si rivela infatti utile nel fare luce sulle strutture dell’esperienza e sul significato che la malattia assume nella vita del paziente, comprendendo i sintomi per mezzo delle loro connessioni reciproche, attraverso un’analisi che si potrebbe definire gestaltica: il processo esplicativo procede dunque di pari passo con quello descrittivo7. Questo genere di comprensione non solo ha il vantaggio di essere più esauriente, ma riesce anche a rispettare le varie individualità, enfatizzando il fatto che anche nella patologia è presente una peculiare prospettiva sul mondo, che di certo è diversa dalla norma, ma non per questo meno dignitosa o semplicemente “errata”. Perché, in fondo, il mare non può essere un concetto?8
VALERIA BIZZARI Il nome utilizzato è di fantasia. É possibile sostenere che esistano tre tipi di psicopatologia (letteralmente “studio sui dolori della psiche”): una psicopatologia descrittiva, il cui scopo è offrire, attraverso l’uso del metodo fenomenologico, un’analisi dettagliata dell’esperienza del paziente (celebre il contributo di Jaspers del 1913, Allgemeine Psychopathologie); una psicopatologia clinica (il cui esponente principale è Kurt Schneider), volta all’identificazione dei sintomi maggiormente significativi in vista di una distinzione nosografica; una psicopatologia strutturale (che ha inizio con il lavoro di Minkowski), che corrisponde a un approccio essenzialmente gestaltico, il cui scopo è rendere note le strutture della soggettività 1 2
alla base dell’esperienza. Nel mio lavoro mi rifaccio principalmente a quest’ultimo tipo di analisi psicopatologica. 3 In quarta elementare, ad esempio, Lorenzo non conosceva ancora i nomi di tutti i suoi compagni di classe. 4 Questo test è stato elaborato da Baron-Cohen. 5 Con “strutture della soggettività” intendo, in breve, i cosiddetti exisitentialia; Sè, Altro, Corpo, Spazio, Tempo, che considero i capisaldi innati e a priori dello sviluppo individuale, sui quali si basa l’intera vita di coscienza. 6 Ci si riferisce al Diagnostic Manual Disorder, in particolare all’edizione American Psychiatric Association (APA) (2013), Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders: DSM 5, 5th ed., Arlington, VA: American Psychiatric Association. 7 É necessario notare che la fenomenologia è sempre stata caratterizzata da un carattere meramente descrittivo, ovvero la ricerca dell’ eidos delle cose: citando Moran, «Phenomenology may be characterized broadly as the descriptive science of consciously lived experiences and the objects of these experiences, described precisely in the manner in which they are experienced» (D. Moran, Husserl’s crisis of the European Sciences and transcendental phenomenology, Cambridge, Cambridge University Press 2012). Tuttavia, per quanto riguarda lo studio di patologie psichiatriche, l’utilizzo del metodo fenomenologico ci sembra utile non solo per fini descrittivi, ma anche per la spiegazione di tali malattie. In altre parole, la descrizione eidetica potrebbe contribuire alla spiegazione dei processi di genesi e sviluppo della struttura coscienziale che nella psicosi viene distorta. L. Sass si è fatto portavoce di questa tendenza, e insieme a Parnas, Stanghellini et al. conduce un lavoro che si potrebbe definire un’analisi fenomenologico- esistenziale delle psicosi. 8 I miei più sentiti ringraziamenti vanno alla Fondazione Stella Maris di Calambrone (PI), in particolare al dottor Filippo Muratori e al dottor Fabio Apicella, senza il quale non sarei mai stata capace di portare a termine il mio lavoro. Un ringraziamento sincero anche a “Lorenzo”, alla sua disponibilità e al suo contagioso entusiasmo. Infine, ma non per importanza, la mia riconoscenza va a Giovanni Stanghellini: seguire il suo corso di Psicopatologia Fenomenologica mi ha infatti fornito strumenti indispensabili, permettendomi di “uscire dalla torre d’avorio” e avventurarmi in sentieri non strettamente filosofici.
32
Attraverso la società degli individui
ESISTENZA E LIBERTÀ. UNA RAPIDA INCURSIONE NEL PENSIERO DI ROBERT SPAEMANN
I
cessa dal filosofo a Stephan Sattler, colmò la lacuna di un avviamento al suo pensiero che, al contempo, non dissociasse quest’ultimo dai vissuti dai quali in larga parte era scaturito. Vita e filosofia, infatti, non configu-
l primo incontro con la filosofia di Robert Spaemann risale al 2009
rano una dicotomia tra due ambiti separati, bensì germinano entrambe
quando ricevetti l’invito da parte del prof. Leonardo Allodi, docente
da una ricerca di autenticità che nella prima assume un valore eminen-
di Sociologia dei processi culturali e delle culture politiche presso
temente pratico, nella seconda persegue un’ideale di Klarheit che riferisce
l’Università di Bologna (sede di Forlì), a prendere in considerazione il
il discorso sull’essere sempre a contesti pratici, svincolandolo dalle sec-
progetto di una traduzione dal tedesco “a quattro mani” di un volume
che della pura teoria e della sua tendenza oggettivante. Si può dire che la
intitolato Die Frage Wozu? (Piper, München 1985). Le intenzioni
filosofia stessa abbia origine dal riscontro empirico del pensiero, da un
dell’autore trovavano già un’eloquente esplicitazione nel sottotitolo,
sentirsi pensante al di fuori del quale verrebbero a mancare, in termini
“storia e riscoperta del pensiero teleologico”, rimasto immutato nella
kantiani, le condizioni di possibilità perché si dia pensiero autentico.
riedizione del 2005 a cura di Klett-Cotta nonostante la modifica del tito-
Pertanto, se pensante e pensato appartengono al medesimo orizzonte
lo precedente in Natürliche Ziele. Grazie alla disponibilità della casa edi-
esperienziale in cui l’uno interroga incessantemente l’altro, appare artifi-
trice Ares di Milano, si concretizzò l’intenzione di proporre al pubblico
ciosa ogni forma di radicalizzazione dicotomica che riduca l’interrogato
italiano, che già aveva accolto con interesse e favore L’origine della sociolo-
a propaggine dell’interrogante, a sua proiezione, a mero oggetto di do-
gia dallo spirito della Restaurazione (Laterza, Bari 2002) e Persone (Laterza,
minio privato di quella vitalità che solo un ancoraggio costante
Bari 2007), uno dei testi cruciali della riflessione spaemanniana, sicché
all’esperienza può garantire. Non è in gioco, per usare le categorie tradi-
Fini naturali apparve nel 2013 con la premessa del Card. Camillo Ruini e
zionali del pensiero moderno, soltanto una concezione dell’oggetto con-
un profondo saggio introduttivo di Leonardo Allodi.
trapposto al soggetto, bensì è il soggetto stesso a precludersi la possibi-
Un anno dopo Dio e il mondo (a cura di L. Allodi e G. Miranda, Cantagalli, Siena 2014), la versione italiana dell’intervista autobiografica con33
lità, nell’isolamento dalla vita, di essere autenticamente se stesso, di attingere al proprio selbstsein (essere-se-stesso).
Quaderni della Ginestra
Una natura contraddistinta dalla sua riduzione a oggetto deteleolo-
implicare la seconda e solleva, da subito, la questione dell’esercizio della
giazzato o teleonomizzato denuncia, quindi, un’antropologia mutilata,
responsabilità individuale a più riprese evocata nel breve ma denso e si-
priva cioè della capacità di pensare e pensarsi in maniera autentica, la
gnificativo Tre lezioni sulla dignità della vita umana (Lindau, Torino 2011).
stessa che attraversa il fluire dei ricordi dell’Autobiografia. Un giovane
Secondo il filosofo, l’accesso alla libertà non è immediato. Vi si giun-
Spaemann, non assuefatto alla propaganda nazista e sinceramente teso
ge allorché se ne avverte la mancanza o quando viene rimosso un fatto-
alla ricerca della verità sul destino degli ebrei sul fronte orientale, viene
re impediente, così che l’essere liberi riceve una prima duplice connota-
posto di fronte all’alternativa se giurare fedeltà a Hitler od opporre un
zione: da un lato, infatti, libero è colui che si è liberato da un ostacolo
rifiuto che gli avrebbe costato la vita. In stretta analogia con la filosofia,
alla condizione desiderata, dall’altro non può esservi libertà al di fuori
il movente del pensiero è costituito anche qui dall’esperienza vitale: il
dell’agire intenzionale che distingue tra un “prima” e un “dopo” colloca-
giuramento avrebbe condannato Spaemann a vivere in uno dei due
ti agli estremi opposti di una freccia ideale chiamiata “fine”.
mondi tra i quali si sentiva conteso, quello della mistificazione e della
Riposando, quindi, nella e sulla intenzionalità, la libertà autentica non
barbarie, mentre avvertiva che il suo vero selbstsein apparteneva a quel
potrà sopravvivere in un contesto di deteleologizzazione. E che vi siano
contro-mondo essenzialmente cristiano segnato dalla trascendenza.
fini, sottesi all'agire, è provato dall'esperienza prima ancora che il pen-
D’altro canto, come emerge da pagine avvincenti anche sotto il profilo
siero possa tematizzarlo. Il tendere diretto alla conservazione del pro-
narrativo, il filosofo non si sentiva pronto neppure al martirio e quindi
prio essere - finalità primitiva da non considerarsi, tuttavia, conclusa cir-
escogitò uno stratagemma: si procurò un’angina e il conseguente esone-
colarmente in se stessa - configura quella prima natura che entra quasi
ro dal giuramento.
immediatamente in relazione con la seconda natura, ovvero con fattori
Nelle sue ricche implicazioni, il tema dell’essere-se-stesso richiama da
esterni quali educazione, linguaggio, processi di socializzazione primaria
vicino due nozioni chiave del pensiero di Spaemann entrambe sviluppa-
e morale. L'analisi di Spaemann, al riguardo, si dimostra lucida nel rile-
te in Persone, quella di “persona” e di “libertà del volere”: così stretta-
vare il pericolo che l'interiorizzazione della seconda natura, fino al pun-
mente risultano connesse che una riflessione sulla prima non può che
to di una sua trasformazione in habitus che la renda co-essenziale alla 34
Attraverso la società degli individui
prima, ponga le premesse per un conflitto con quest'ultima a danno del-
secondo Spaemann, due elementi di discontinuità che si frappongono in
la libertà individuale.
maniera decisiva tra la dottrina stoica e il Cristianesimo. La relazione
Platone, autore percorso in profondità dal filosofo che dai suoi dia-
con l'Altro inteso come Dio-persona e, in generale, con ogni forma di
loghi ricavò un poderoso glossario, percepì più acutamente dei Sofisti il
alterità può tuttavia degenerare in un'affermazione potenziata del prima-
rischio che la prima natura potesse soccombere alla seconda e ricondus-
to dell'io, rispetto al quale il non-io si presenterebbe come mero elemen-
se la libertà all'autodeterminarsi cosciente di un soggetto di volontà. Se-
to di deduzione. La libertà non risiede in questo immanentismo all'io,
condo l'intellettualismo etico, infatti, libero è colui che vuole - e conse-
postula invece - ed è qui il cuore della proposta di Spaemann - una sog-
guentemente agisce - in quanto conosce ciò a cui è moralmente conve-
gettività personale, un essere-persona che ritrova il suo autentico sel-
niente orientare il proprio volere. Deviare dal retto desiderare qualcosa
bstsein nella capacità di autotrascendersi, di abbandonare una rigida cen-
rappresenta, da un lato, l'esito di un'errata percezione della realtà e,
tratura su di sé per aprirsi ad un adeguato riconoscimento dell'altro. Au-
dall'altro, proprio perché in questione è la libertà del soggetto volente,
todeterminarsi nella libertà richiede la rinuncia ad ogni pretesa totaliz-
una privazione di quest'ultima. Di per sé la deviazione pone l'accento
zante che muova da una curvatura egoistica, e quindi chiusa a priori alla
sulla necessità di un ritorno all'armonia tra prima e seconda natura che
responsabilità, dell'io nei confronti degli altri io. Su questa premessa an-
costituisce un prerequisito ineliminabile per il libero - finché retto -
tropologica si innesta il rifiuto delle risorse esplicative offerte dal deter-
esercizio della volontà.
minismo, soprattutto su base neurofisiologica: sia nella sua variante ma-
Nello Stoicismo la dimensione volontaria si allarga nella misura in cui
terialista sia in quella psicologica, il determinismo cade infatti in errore
il saggio, il solo che possa a buon diritto definirsi libero, nelle direzioni
perché confonde le cause (i processi neurofisiologici) con gli effetti (le
impresse al suo agire aderisce razionalmente all'ordine necessario del co-
credenze, tra cui quella di essere liberi) finendo, di fatto, per delegitti-
smo.
marsi.
Il riscatto da una lettura della libertà umana sullo sfondo della neces-
Dato, inoltre, un certo insieme di forze psichiche cui attribuire il ri-
sità universale e l'instaurazione di un rapporto personale con Dio sono,
solversi della volontà a favore di qualcosa anziché di altro, va notato che
35
Quaderni della Ginestra
un movente è tale solo a seguito e non prima della manifestazione del suo potere, mentre il determinismo considera gli effetti come se fossero variabili indipendenti, prevedibili a priori. Infine, il determinismo presuppone il concetto di necessità senza, tuttavia, avvedersi del fatto che la necessità presuppone a sua volta la possibilità: necessario, infatti, è ciò che si realizza mediante la negazione di possibilità originarie, dunque non può non derivare da queste. Alla luce di questi argomenti è ribadita l'inafferrabilità della libertà al di fuori dell'essere persona che ritrova il suo più autentico selbstsein e, in certo modo, la sua vocazione finalistica nella trascendenza.
GIACOMO MIRANDA
36
Attraverso la società degli individui
FILOSOFIE DELLA LIBERTÀ
nostri. A risultare contraddittoria rispetto alla piena responsabilità umana2 non è ora la condizione di una creatura finita considerata al
l dibattito intorno al libero arbitrio ha origini lontane e ha assunto
cospetto del suo creatore infinito, ma è la stessa collocazione nel mondo
forme molteplici nella storia della filosofia, essendo diverse le
di tale “creatura”, insieme alle leggi da cui il mondo è governato: come
componenti teoriche la cui ammissione, nel corso di questa storia, ha
può infatti esserci spazio per il libero volere in un universo in cui tutto è
sembrato contraddire la possibilità della libertà umana, rendendo
causalmente determinato, in quello stesso universo di cui la scienza
necessaria una sua giustificazione razionale. Per citare un esempio noto,
mette in luce la legalità intrinseca, la quale non pare ammettere una
ci basti rammentare la controversia esplosa nella prima metà del
determinazione ex novo fra le proprie maglie? Come fa giustamente
Cinquecento fra Erasmo da Rotterdam e Lutero, il primo mirante a
notare Mario De Caro, il punto di partenza di un simile quesito, che
difendere l’autodeterminazione umana conformemente ai principi
possiamo generalmente indicare col termine “determinismo”, non
cardine dell’Umanesimo, il secondo interessato invece alla nozione di
interessa soltanto la fisica delle origini, ma è più che mai attuale: «teorie
grazia e al valore della salvezza divina, che sola può garantire all’uomo
deterministiche sono oggi comuni in biologia (con il determinismo
l’emancipazione dal vincolo insuperabile del peccato originale.
genetico, ad esempio), nelle neuroscienze, in psicologia (si pensi alla
I
Se la disputa fra Erasmo e Lutero ruota intorno al binomio
psicologia evoluzionistica), in molte teorie delle scienze sociali»; «da ciò
concettuale libertà-divinità (essendo la teorizzazione della fragilità
segue – continua De Caro – che se veramente il determinismo
umana di fronte a Dio a mettere in discussione la possibilità di una
rappresentasse una minaccia per la libertà umana [...], allora dovremmo
gestione pienamente consapevole dell’esistenza), con lo sviluppo della
concludere che quella minaccia non ha cessato di incombere su di noi» 3.
scienza moderna sono poste le condizioni per una reimpostazione e
Ad essere in gioco, evidentemente, è la cruciale domanda relativa alle
un’interrogazione ulteriore della questione del libero arbitrio, i cui nuovi
eventuali ripercussioni della ricerca scientifica (vecchia e nuova)
1
elementi in gioco, già teorizzati da Kant nella Critica della ragion pura ,
sull’ammissione e la definizione di un concetto che è sì filosofico, ma
saranno destinati a dominare il dibattito contemporaneo sino ai giorni
che è ricco di implicazioni anche in altri ambiti; si pensi per esempio a
37
Quaderni della Ginestra
cosa significherebbe il venir meno del presupposto della libertà nella
all’ammissibilità della libera scelta6. A contraddistinguere un simile
sfera della politica o del diritto, in cui non avrebbe più senso parlare di
approccio è anzitutto il fatto di non dover decidere fra più opzioni
“responsabilità giuridica”.
attraverso argomentazioni razionali, ma di assumere come valida
È interessante rilevare come l’interrogativo appena citato, sollevato 4
l’opzione più aderente al dato, per poi scavare in essa al fine di
diffusamente nel dibattito filosofico anglo-americano , nel corso del XX
delinearne le condizioni ontologiche di possibilità. Ciò consente un
secolo abbia rappresentato una sfida anche per alcuni autori
dialogo proficuo fra i risultati delle scienze e gli strumenti della filosofia,
appartenenti
tradizione
quest’ultima mantenuta aderente a quanto attestato dall’esperienza e
fenomenologica tedesca, i quali hanno posto la fedeltà al fenomeno
dunque intesa come garante contro scientismi e riduzionismi di
(cifra caratteristica di tale tradizione) al servizio dell’elaborazione di
qualunque sorta.
–
più
o
meno
direttamente
–
alla
un’ontologia e di una “mappatura” del mondo reale, non potendo così
Non mettendo in discussione l’esistenza del volere consapevole e
esimersi dall’affrontare il problema relativo alla compatibilità fra legalità
dell’agire responsabile, ma presupponendo l’indiscutibilità di entrambi, il
naturale e libertà; se è infatti vero che queste rappresentano fenomeni
costituirsi di tale paradigma si caratterizza per il tentativo di elaborare
intramondani evidenti e perciò innegabili, è altrettanto vero che le
una struttura e una grammatica del mondo in grado di dare ragione sia
rispettive conformazioni risultano contraddittorie e difficilmente
della generale convivenza fra le relazioni naturali e la persona libera, sia,
conciliabili, chiedendo di essere collocate in una visione del mondo in
più specificamente, di quella particolare forma di convivenza fra di essi che
grado di sanare o inglobare al proprio interno siffatta contraddizione. Al
meglio asseconda i tratti caratteristici del fenomeno della libertà, così
di là dell’approfondimento dei singoli autori e del rispettivo orizzonte di
come esso si mostra all’attento osservatore della vita umana e dei suoi
pensiero5, mi sono recentemente interessata a una loro lettura
elementi essenziali. Questa aderenza al fenomenico si rivela una
comparata e trasversale, volta a coglierne le analogie e a scorgere in
componente metodologica che ricade in modo significativo sull’esito
controluce
della ricerca, essendo proprio il fenomeno a negare la possibilità di seguire
i
fenomenologica
tratti con
peculiari cui
di
guardare
un’ontologia alla
di
derivazione
controversia
intorno
la strada più breve per “salvare” il libero arbitrio, ossia di sposare la tesi 38
Attraverso la società degli individui
che si limita a ricondurlo alla negazione e all’assenza di qualsivoglia
organico, psichico e spirituale), dove gli strati più bassi rappresentano la
determinazione, ovvero all’indeterminismo. A ben vedere, infatti, le
base necessaria di quelli superiori, mentre questi sono contraddistinti da
libere decisioni dell’uomo sono ben lontane dall’essere svincolate dal
una componente di novità non spiegabile ricorrendo ai gradini inferiori;
concetto di determinazione, e ciò per almeno due motivi: anzitutto
il livello organico, per esempio, non può darsi senza quello inorganico,
perché qualunque scelta, benché libera e non imposta, è riferita alle
pur non essendo riconducibile ad esso nella sua specificità e
potenzialità messe a disposizione da un contesto, presentandosi sempre
rappresentando un dominio naturale distinto. A ciò segue la soluzione
come una scelta radicata, situata e condizionata da una rosa di
hartmanniana del problema del libero arbitrio: posto che l’origine della
limitazioni, legate non da ultimo alla finitezza della natura umana; in
libera scelta è da individuarsi nel livello spirituale del reale e
secondo luogo perché essa stessa, nel momento in cui si dispiega e si
specificamente nella capacità della persona di autodeterminarsi, e posto
esplicita in un’azione, dà origine a una catena di relazioni che si fa spazio
che ogni livello è caratterizzato per Hartmann da un modo caratteristico
nel mondo. Si può pertanto affermare che l’espressione della libertà,
in cui si configura il rapporto di determinazione, ecco che risulta
lungi dall’essere accostabile all’indeterminismo, ha le sembianze di un
possibile, sulla base di questa dottrina, motivare la presenza
fenomeno determinante e condizionato, pur non essendo determinato stricto
dell’autodeterminazione del singolo accanto al rigido determinismo,
sensu.
trattandosi di modelli relazionali appartenenti a due diversi strati del mondo e
Partendo dall’evidenza e dall’articolazione di questo quadro,
dunque non in competizione fra loro. In tal modo viene garantito sia il
l’ontologia di tradizione fenomenologica si trova posta di fronte alla
potere determinante della libertà (la quale è così sganciata da ipotesi
sfida di rintracciarne le “regole” sottostanti e di elaborare un’ipotesi di
indeterministiche, essendo comunque ricondotta a una forma di
struttura del reale in grado di giustificarne formalmente la complessità.
determinazione), sia il suo affrancamento dalle catene del determinismo
A titolo di esempio ci basti qui citare la proposta di Nicolai Hartmann,
propriamente detto. E non solo: la relazione di dipendenza-autonomia
7
la cosiddetta “dottrina dei livelli di realtà” , secondo la quale il mondo è
intercorrente fra un livello e l’altro permette di dar ragione del fatto che
suddiviso in quattro strati ordinati gerarchicamente (inorganico,
l’indipendenza decisionale, seppur ammissibile, non è comunque
39
Quaderni della Ginestra
assoluta, in quanto ogni decisione consapevole è sempre condizionata da un contesto concreto; il suo manifestarsi, infatti, resta dipendente da regioni del mondo “sottostanti” in cui vige un tipo di determinazione differente. Oltre a fornire un interessante contributo al dibattito sulla libertà, un’ontologia come quella di Hartmann offre spunti promettenti anche in rapporto alla visione dell’uomo e del suo legame col mondo, proponendo un’immagine articolata e pluralista in cui l’essere umano non è né interpretato alla luce di una singola componente (sia questa il corpo o lo spirito) né scisso in nome di rigidi dualismi, e in cui lo sguardo del filosofo può inglobare quello della scienza senza appiattirsi su di esso. In questo contesto, guidato dalla fedeltà al dato e dal rispetto
intendendo la prima come il presupposto della seconda. Benché questa equazione venga data per scontata da buona parte degli studiosi, non mancano autori che ne hanno problematizzato la validità: cfr. per esempio P.F. Strawson, Freedom and Resentment, in «Proceedings of the British Academy», 48, pp. 1-25; trad. it. in Logica della libertà, a cura di M. De Caro, Meltemi, Roma 2002, pp. 77-116. 3 M. De Caro, Il libero arbitrio. Un’introduzione, Laterza, Roma-Bari 2004, p. 19. 4 Cfr. ivi. Per una ricostruzione del dibattito a partire dalla filosofia moderna, cfr. M. Mori, Libertà, necessità, determinismo, Il Mulino, Bologna 2001. 5 Recentemente mi sono concentrata sulle posizioni di Roman Ingarden e Nicolai Hartmann, sviluppate rispettivamente nelle opere: Sulla responsabilità, CSEO biblioteca, Bologna 1982; Etica III. Metafisica dei costumi, Guida Editori, Napoli 1972. 6 Possiamo parlare di un “paradigma fenomenologico” nella misura in cui sia Ingarden sia Hartmann convogliano nella questione della libertà elementi teorici condivisi da altri esponenti della fenomenologia, come Edmund Husserl ed Edith Stein. 7 Sebbene questa dottrina sia già esposta e presupposta nell’Etica, una sua presentazione sistematica si trova in N. Hartmann, Der Aufbau der realen Welt. Grundriss der allgemeinen Kategorienlehre, de Gruyter, Berlin 1940, pp. 173 sgg. Essa è inoltre al centro della seguente opera, con intento riepilogativo: Nuove vie dell’ontologia, Editrice La Scuola, Brescia 1975.
della sua complessità, il confronto con il fenomeno del libero arbitrio è solo uno dei banchi di prova per l’elaborazione di un’antropologia filosofica capace di abbracciare la totalità umana nel suo carattere composito, senza il ricorso a forzature, dogmi o semplificazioni.
SIMONA BERTOLINI Il riferimento è alla “terza antinomia” della Dialettica trascendentale: I. Kant, Critica della ragion pura, a cura di C. Esposito con testo tedesco a fronte, Bompiani, Milano 2004, pp. 677 sgg. 2 Mi permetto di usare in modo interscambiabile i termini “libertà” e “responsabilità”, 1
40
Attraverso la società degli individui
AMORE E RIVOLUZIONE. RIFLESSIONI ISPIRATE AL FEMMINISMO BLACK
materiale di una elaborazione letteraria e concettuale che la rendono via via più consapevole e forte. In termini filosofici, si può dire che la determinazione, e addirittura costituzione eteronoma della sua identità (un
a protagonista di Americanah, un romanzo di Chimanda Ngozi
esempio paradigmatico: è solo negli States che Ifemelu “scopre” di
Adichie pubblicato nel 2013, si chiama Ifemelu e è una studentessa
essere nera) si tramuta in agire autonomo. Il tramite tra eteronomia e
nigeriana espatriata negli Stati Uniti poco prima del famigerato 11
autonomia è rappresentato dalla riflessione, cui le analisi scanzonate e
settembre. Il suo intento è quello di poter imparare e fare esperienze in
(auto-)ironiche del blog sono dedicate, sulle condizioni di vita in
un paese all’apparenza più libero e aperto della sua terra amata, ma
comune dei vari gruppi sociali del Nord America. Questo il contesto in
tormentata in quegli anni da una dittatura militare. Il sogno americano si
cui s’inserisce, nel libro di Adichie, la riflessione sull’amore “romantico”
trasforma però presto in un incubo di razzismo onnipresente, che
e sulla sua forza trasformatrice, forse rivoluzionaria. In una delle blog-
striscia in ogni fessura del quotidiano: dalla difficoltà di trovare
entries si legge:
L
un’estetista disposta a sistemarle quelle che lei considera sopracciglia “afro”, alla sistematica discriminazione sul mercato del lavoro, che la
«La soluzione più semplice al problema razziale in America? L’amore
schiaccia in un abisso di umiliazione e disperazione da cui solo una
romantico. Non l’amicizia. Non quel tipo di amore prudente,
faticata solidarietà femminile riuscirà a farla riemergere. Alla fine,
superficiale, in cui l’obiettivo di entrambe le persone è di restare al
comunque, Ifemelu ce la fa. Si laurea, trova un lavoro soddisfacente, ma
sicuro. Ma l’amore romantico vero, profondo, quel tipo di amore che ti
soprattutto lancia un blog di successo: “Raceteenth or Various Observations About American Blacks (Those Formerly Known as Negroes) by a Non-American Black”. La cifra del suo farcela è dato dal fatto che Ifemelu riesce a trasformare gli ostacoli quasi insormontabili, la sofferenza della non-appartenenza, il costante misconoscimento, nel 41
aggroviglia, ti strizza, ti fa respirare attraverso le narici del tuo amato o della tua amata. E poiché l’amore romantico vero e profondo è così raro, e poiché la società americana è organizzata in modo da renderlo ancora più raro tra neri o nere e bianchi o bianche, il problema razziale in America non sarà mai risolto.» (pp. 366-7, trad. mia)
Quaderni della Ginestra
Queste battute sembrano segnate da un mix di mielosa ingenuità
deformata. In teoria, allora, un certo tipo di amore potrebbe favorire il
(della serie: “l’amore salverà il mondo”) e disperata rassegnazione (“le
superamento del razzismo; d’altra parte, purtroppo, il razzismo
cose non cambieranno mai”), che stona con lo stile generalmente
condiziona così in profondità le relazioni d’amore da neutralizzare
arguto, lucido e sarcastico del blog e dell’intero romanzo. In realtà, il
questa stessa risorsa. Nelle righe successive, cercherò dunque di fare due
passaggio adombra un nodo centrale della teoria sociale critica
cose: spiegare in che senso la relazione d’amore dovrebbe contenere un
cosiddetta immanente, e di ispirazione femminista. Mi riferisco qui a
tale tipo di potere radicalmente trasformatore (a), e accennare ad una
quel tipo di femminismo che, partendo dalle riflessioni sul diverso tipo
possibile via d’uscita dall’impasse che caratterizza la critica immanente
di oppressione subito dalle donne di colore, si rende conto che una
(b).
disamina dei rapporti di genere non è sufficiente. Vi sono infatti altri vettori sociali – quelli razziali, di classe, sessualità, provenienza
(a) Un topos classico del pensiero femminista, sia liberale che radicale
geografica, etc. – che intersecandosi con il genere, e tra di loro, opprimono
o socialista, consiste nel denunciare i rapporti sentimentali e famigliari
l’individuo, ma allo stesso tempo gli forniscono gli strumenti per
come trappole ideologiche volte a normalizzare certe costruzioni sociali
combattere l’oppressione. Il blog di Ifemelu offre esempi da manuale di
legate al genere e alla sessualità, a indurre le donne a servire il Capitale
una tale pratica teorica intersezionalista1.
svolgendo gratis dei lavori fondamentali per la riproduzione sociale, a
Nel passaggio precedente, è un certo tipo di rapporto d’amore –
limitare le possibilità di autonomia e autorealizzazione delle donne (ma
quello che interviene in profondità sull’identità corporea e non, che
non solo), e altro ancora. La tradizione del black feminism ci mostra
abbatte le barriere tra l’io e l’altr* - ad assumere il ruolo di risorsa critica
inoltre come non solo il patriarcato e il capitalismo, ma anche la
e trasformativa circa uno dei problemi sociali più radicati e dolorosi
schiavitù (del passato e del presente), il colonialismo e le differenze
della società americana (e non solo). Questa risorsa non è qualcosa di
razziali costruiscono e influenzano il desiderio, le emozioni e i rapporti
trascendente, ma è radicata nello stesso contesto che si propone di
di cura in modo da svantaggiare significativamente alcuni gruppi di
modificare radicalmente, e da questo contesto viene inevitabilmente
persone rispetto ad altri2. Eppure, a differenza del femminismo 42
Attraverso la società degli individui
“bianco”, questa tradizione femminista sembra disposta a pensare i
conveniente, convenzionale, meramente confortevole e sicuro, una gioia
rapporti intimi non solo come negativamente influenzati dalle sfere
che accresce le energie e le forze degli amanti, portandoli a rifuggire da
sociali e politiche, ma anche come un modello di socialità e politica
ciò che lede, nega, deprime, strumentalizza l’io, da quel «torpore che
alternativo e positivo.
sembra così spesso costituire l’unica alternativa di vita nella nostra
Qui di seguito, mi limiterò a prendere in considerazione il breve e
società». L’amore erotico, secondo Lorde, è dunque un amore che non
iconico saggio dell’attivista e teorica queer Audre Lorde, The Erotic as
solo accresce e perfeziona il sapere – direbbe Theodor Adorno – del
Power (1978)3, che costituisce, a mio avviso, la principale fonte di
non-identico, ma pure – proprio come per Adorno – svolge tale sapere
ispirazione di Ifemelu/Adichie nel precedente passaggio del blog. Il
in senso critico, inducendo gli amanti a lottare contro l’oppressione.
saggio è dedicato ad una disamina dell’“amore erotico”, che per Lorde è
Si badi: non si vuole qui affermare che basta innamorarsi per
amore concreto, corporeo tra persone adulte, non istituzionalizzato,
organizzare una rivoluzione anti-capitalista o, ad esempio, per
ovvero
dall’istituzione
convincere i funzionari degli apparati statali, le forze dell’ordine, i propri
matrimoniale, e senza connotazioni religiose. Un eros di questo tipo è
concittadini ad abbandonare la violenza razziale. O che gli attori sociali
definito innanzitutto come una sorta di unione, o unità, che mantiene le
critici debbano essere stati per forza innamorati in questo modo
differenze individuali, ma le priva di quel carattere di minacciosità
“potente”. Piuttosto, sulla scorta di Audre Lorde, si vuole suggerire che
proprio degli “io” al tempo dell’individualismo (neo)liberista. L’unione
l’interazione resa possibile da un certo genere di amore può servire ad
ha una funzione cognitiva, nel senso che permette di capire meglio e
illustrare una prassi, teorica e non, capace di liberare un potere
approfondire ciò che sta dietro a tali differenze; nell’amore si fa dunque
radicalmente critico e trasformativo. (Ci vorrebbero pagine in più, ora,
conoscenza dell’altr* come essere speciale, radicalmente singolare, non
per descrivere meglio questo tipo di prassi: oltre agli elementi indicati
riducibile a schemi conoscitivi e identitari già dati e generali. Tale
nel saggio sopra citato, come la conoscenza del singolare, la
conoscenza, dice Lorde, provoca una gioia travolgente, una gioia che
combinazione tra unione e rispetto delle differenze, o tra identità e non-
spinge gli individui a non accontentarsi di quello che appare
identità, l’“empowerment” dato dall’auto-realizzazione, sarebbero da
43
non
necessariamente
regolamentato
Quaderni della Ginestra
aggiungerne ed esaminarne altri, come il riconoscimento, e la capacità di
possibilità del “nuovo” e dell’“alternativo”, ciò che è represso e
agire e sentire collettivamente.)
offuscato nell’ordine pre-rivoluzionario. In questo caso, allora, il rapporto d’amore non è solo un tipo di interazione sociale che libera
(b) Del resto, innamorarsi nel senso descritto da Lorde non è cosa facile o usuale. Soprattutto non lo è – come diverse relazioni amorose
potenziali rivoluzionari, ma deve essere pensato esso stesso come evento rivoluzionario.
messe in scena in Americanah mostrano bene – in una società
Lorde accenna a questo tema nell’ultima parte del saggio, dove fa un
caratterizzata dallo sfruttamento capitalistico del lavoro, da un
implicito, ma secondo me chiaro riferimento alla concezione di potere
persistente sessismo, e in cui la discriminazione, l’odio e l’ignoranza
di Hannah Arendt. «Condividere il potere dell’altrui sentimento – scrive
circa le questioni razziali non accennano a diminuire, anzi. Lorde è
Lorde – non significa usarsi l’un* con l’altr* strumentalmente; piuttosto,
consapevole del fatto che lo stato attuale della società corrompe e
un rapporto amoroso che rafforzi, dia gioia e potenza e ciascun amante
distorce quelle fonti di potere, appartenenti alla cultura degli oppressi,
è un rapporto che permette di soddisfare i propri bisogni erotici “di
che potrebbero provvedere le energie per il cambiamento. Tuttavia, è
concerto con altri». Facendo riferimento alla sua esperienza di
anche convinta che tali risorse non possano mai essere prosciugate del
femminista nera e lesbica, Lorde riconosce di avere dei sentimenti, una
tutto. Come si spiega ciò?
conoscenza e comprensione particolari per quelle sorelle con cui ha
Una delle risposte che si possono dare per uscire dal circolo vizioso
ballato, giocato e perfino lottato intensamente. «Tale partecipazione
della critica immanente –secondo cui gli strumenti per spezzare una
profonda è
stata spesso
l’anticipazione
di azioni
concertate
qualche forma di dominio sociale sarebbero essi stessi “contaminati”,
collettivamente, che non sarebbero state possibili prima» (pp. 58-59).
inficiati dal dominio – chiama in ballo l’idea di rivoluzione. L’evento
Anche per Arendt, com’è noto, il potere (Macht, o power) è qualcosa che
rivoluzionario è infatti qualcosa che rompe e interrompe così
emerge quando gli individui si uniscono e agiscono di concerto;
bruscamente l’ordine dato delle norme, leggi, regole, credenze da
essenziale per questo emergere è la condizione della pluralità umana,
liberare precisamente, innanzitutto, il potenziale trasformativo, la
che significa uguaglianza, e comprensione reciproca profonda, e allo 44
Attraverso la società degli individui
stesso tempo rispetto, valorizzazione e arricchimento delle differenze individuali, che non possono essere oggettivate o ridotte a schemi universali. Per Arendt, per l’appunto, il manifestarsi di questo potere ha potenzialità rivoluzionaria. Se e come, e con quali limitazioni, una concezione simile di potere, che per l’autrice tedesco-americana è eminentemente politica, possa essere usata per concettualizzare il rapporto d’amore e le sue implicazioni critiche, sociali e politiche, rimane in debito di ulteriori, non facili considerazioni.
FEDERICA GREGORATTO Il primo testo ad introdurre la metafora dell’intersezione è di Crenshaw, Kimberlé Williams, “Demarginalizing the Intersection of Race and Sex: A Black Feminist Critique of Antidiscrimination Doctrine, Feminist Theory and Antiracist Politics.” University of Chicago Legal Forum (1989): 139–67. In Americanah, Adichie non solo indaga le relazioni tra “bianch*” e “ner*”, ma riflette approfonditamente anche sulle differenze, tensioni e possibili alleanze tra ner* afro-american* e ner* “non american*”. 2 Si veda Patricia Hill Collins, Black Feminist Thought, New York/London: Routledge 2000, in particolare il capitolo 7. 3 Si può leggere il saggio qui: Audre Lorde, Sister Outsider. Essays and Speeches, New York: Crown Publishing 2007, 53–59. 1
45
Quaderni della Ginestra
UNO SCHIZZO DI TEORIA POLITICA DELLE EMOZIONI
infatti al fiorire di lavori, soprattutto in area anglofona ma sulla scorta della tradizione francese novecentesca, che insistono sulla dimensione
L’impatto della emotional turn
dell’affettività – nonché della corporeità – quale fondamento similontologico della realtà sociale e politica. Su altri fronti si procede nel
L
’indirizzo teorico impresso dalla emotional turn va ormai
contempo a criticare, problematizzare o a innovare quei paradigmi che
affermandosi con sempre maggior decisione anche negli studi
insistevano con una certa unilateralità sulla dimensione razionale e
filosofici, sociologici e storici: si pensi alle profonde interrelazioni,
cognitiva quali unici fondamenti dell’agire e dell’ordinamento politico e
scandagliate dalla filosofia pratica, tra stati emotivi e sentimenti
normativo2.
individuali da una parte, e modelli e pratiche di elaborazione cognitiva e
In tal senso, e sempre molto schematicamente, l’impatto della
giustificazione di principi morali dall’altra; oppure alle ricerche di taglio
emotional turn sulla filosofia politica sta conducendo per un verso a
sociologico volte a ricostruire il profilo di quelle emozioni collettive che
privilegiare la sfera dei sentimenti morali positivi quali l’empatia e la
sorreggono una serie di fenomeni socio-culturali di massa estremamente
simpatia, rinvenendovi dei fondamenti universali antropologici. Per un
significativi, quali ad esempio le grandi manifestazioni sportive. La
altro verso, allorché ci si sofferma su emozioni negative quali la rabbia o
ricerca storica poi va offrendo disamine sempre più puntuali delle
il risentimento, ci si concentra invece perlopiù sui loro potenziali
radicali trasformazioni delle modalità esperienziali e interpretative di
emancipatori: li si interpreta quali elementi in grado di attivare e
emozioni correlate a specifici modelli comportamentali; emblematico il
innescare processi individuali e collettivi che possono contribuire a
tramonto delle dinamiche circolari tra la sfera della vergogna, dell’onore
raggiungere o a ristabilire delle condizioni di equità e giustizia sociale.
e dello sdegno, e la pratica un tempo consolidata della sfida e del
Emblematica in tal senso la tematizzazione, nel quadro della teoria
pubblico duello1. Ma anche nell’ambito proprio della filosofia sociale e
critica contemporanea, delle reazioni emotive alle esperienze di spregio3.
della teoria politica, su cui vorrei qui concentrarmi, si registra un
Sarà però soltanto grazie a un radicale ampliamento prospettico di
interesse sempre più accentuato per la dimensione emotiva. Assistiamo
questo approccio normativo di taglio psicosociale e psicopolitico, da 46
Attraverso la società degli individui
realizzare alla luce delle discussioni rilanciate nel quadro dell’attuale
reazioni emotive negative: è necessario ampliare la prospettiva anche
emotional turn, che cercherò ora di delineare uno schizzo di teoria politica
rispetto ai differenti attori e ai piani analitici coinvolti in tali dinamiche.
delle emozioni.
La focalizzazione dell’attenzione sui soli soggetti che subiscono le ingiustizie opera infatti un effetto di distorsione: rende impossibile
Un framework teorico delle reazioni emotive negative
cogliere il senso e le molteplici concause delle loro reazioni, sia di per se stesse, sia in relazione ai passaggi e alle sovrapposizioni tra piano
Se pare possibile e promettente iniziare a costruire una teoria politica
individuale e collettivo, sia rispetto alle convergenze e interconnessioni
delle emozioni a partire dalla tematizzazione delle reazioni emotive
tra la dimensione emotiva e quella cognitiva, con particolare riferimento
negative all’ingiustizia sociale, si deve tuttavia cominciare a valorizzare
ai valori e alle opinioni veicolate dalla sfera pubblica. Per poter
fin da subito la natura cangiante e ambivalente, in senso stretto
procedere nella delineazione del nostro progetto, è allora necessario
dialettica, di tali reazioni. È cioè necessario adottare una prospettiva in
operare una prima differenziazione perlomeno rispetto ai seguenti
grado di cogliere sia gli elementi emancipatori e propulsivi, sia quelli
quattro attori e dimensioni:
regressivi e degenerativi delle reazioni in gioco. Le reazioni emotive
1) i soggetti individuali e/o collettivi che hanno subito una certa
negative, infatti, possono certo attivare dei processi di natura conflittuali
ingiustizia sociale, e che presentano determinate reazioni emotive a essa;
volti a riparare per così dire all’ingiustizia subita; ma possono anche
2) i soggetti individuali e/o collettivi che sono responsabili
operare in direzione contraria, conducendo i soggetti, sul doppio piano
dell’ingiustizia in gioco, e che a loro volta mostrano specifici stati
individuale e socio-politico, a stati depressivi e regressivi, che possono
emotivi;
ulteriormente aggravare gli effetti e le condizioni stesse delle ingiustizie subite. Perché si possano approntare i primi elementi di una teoria politica delle emozioni, non basta però considerare la natura dialettica delle 47
3) gli osservatori e i critici sociali che assistono all’ingiustizia da una certa distanza, sforzandosi di offrire delle analisi il più possibile obiettive che rendano conto anche delle reazioni emotive degli attori coinvolti; 4) l’opinione pubblica e i massa media, la cui presentazione e
Quaderni della Ginestra
tematizzazione
pubblica delle
ingiustizie
in
gioco
solitamente
Per cogliere pienamente il senso e la dinamica di questa reazione
contribuisce a sua volta a rafforzare, inibire o generare determinate
emotiva, la prospettiva analitica adottata deve dunque prendere in
emozioni nelle parti coinvolte.
considerazione perlomeno due delle quattro dimensioni suddette. Sul
Quattro dimensioni (me se ne possono aggiungere delle altre, ad
piano generale della teoria politica – quello che ci pertiene – si tratta
iniziare dalle istituzioni politiche in senso stretto) che debbono essere
insomma di approntare un framework atto a cogliere questi passaggi
sempre considerate in modo dinamico: tra di loro vi sono costanti
dinamici, che nella fattispecie definirei in termini di regressioni sociali: i
correlazioni dirette e indirette, anche di reciproca influenza, e tali da
gruppi discriminati infatti, anziché innescare un processo di lotta
operare sul doppio piano emotivo e cognitivo.
emancipatoria, restano emotivamente invischiati in una logica di rivendicazioni e recriminazioni al ribasso, tale per così dire da
Transizioni e correlazioni
incrementare il tasso di ingiustizia sociale complessivo. Inoltre, poiché le reazioni emotive sono sempre strettamente
La necessità di disporre di un quadro teorico che contempli fin da
interrelate alla dimensione cognitiva, seppur certo in forme e modalità
subito perlomeno le quattro dimensioni suddette, perché si possa
variabili, la loro fenomenologia rimanda costantemente anche alla sfera
iniziare a lavorare ad una teoria politica delle reazioni emotive negative,
pubblica. Nel nostro esempio, la rabbia esperita è legata a una certa
emerge limpidamente non appena si consideri il seguente esempio.
interpretazione dell’ingiustizia subita, tale per cui un certo gruppo viene
Prendiamo il caso classicissimo della «guerra tra poveri»: un gruppo
appunto
sociale esposto a una situazione interpretabile nei termini di ingiustizia
interpretazione rimanda però a sua volta, perlomeno parzialmente,
sociale sistematica (sfruttamento selvaggio o disoccupazione cronica
all’influenza dei mass media e della pubblica opinione: a questo livello
etc.), reagisce «rivolgendo» la propria rabbia verso un gruppo sociale
possono infatti essere fornite, e di fatto vengono proposte tutta una
ancor più discriminato, e diviene così a sua volta autore, perlomeno
serie di ragioni e giustificazioni perché le ingiustizie siano interpretate in
potenzialmente, di ingiustizie sociali (talvolta analoghe a quelle subite).
un certo modo, nella fattispecie addossando la responsabilità a un certo
considerato
come
responsabile
della
situazione;
tale
48
Attraverso la società degli individui
gruppo sociale (per esempio gli immigrati), mentre sincronicamente
aggiornata retorica politica delle emozioni che si limita a sfruttarle al
vengono alimentati determinati stati emotivi, nel nostro caso la rabbia.
fine di rinforzare le istituzioni date; o siano invece collocati all’interno
In tal senso, le reazioni emotive non vengono semplicemente
della classica tradizione dell’uso (e abuso) di passioni ed emozioni
«innescate»: la loro fisionomia risulta piuttosto essere «co-generata» da
eminentemente politiche quali la paura, la simpatia o la benevolenza, per
elementi cognitivi determinati – su questo piano si deve tener conto
fondare o corroborare l’apparato dello Stato. Viceversa, credo non si
delle attuali ricerche sulle convergenze tra dimensione emotiva e
tratti né di demonizzare o marginalizzare, né di sfruttare o plasmare più
cognitiva nel doppio piano individuale e sociale. Infine, anche il critico
o meno strumentalmente determinate emozioni. Si tratta, anzitutto, di
sociale, che incarna la quarta delle nostre dimensioni analitiche
comprendere e di articolare sul piano teoretico le molteplici dimensioni
fondamentali, può contribuire a modificare le interpretazioni e le
implicate nella dialettica delle reazioni emotive negative all’ingiustizia
reazioni emotive degli altri attori, anzitutto (ma non solo) per via della
sociale, così da poter iniziare a delineare i presupposti basilari di una
ricezione pubblica delle sue prese di posizione e riletture delle ingiustizie
teoria politica delle emozioni atta a decodificare quelle forze e dinamiche,
e dei conflitti in atto4.
tradizionalmente confinate nel regno dell’irrazionale, che risultano innervare pressoché ogni forma di lotta sociale, storica, presente e futura.
Nota conclusiva
MARCO SOLINAS È considerando i diversi attori e piani correlati alle reazioni emotive all’ingiustizia che credo si possano iniziare a superare alcuni dei paradigmi tradizionali di filosofia politica ancora egemoni: siano essi ancorati più o meno unilateralmente alla dimensione dell’invenzione o della discussione e giustificazione puramente razionale di principi normativi; siano essi legati, in modo complementare, ad una sorta di 49
Per i tre ambiti vedi per esempio Michael Brady, Emotional Insight: The Epistemic Role of Emotional Experience, Oxford University Press, Oxford (UK) 2013; Christian Von Scheve and Mikko Salmela (eds.), Collective Emotions: Perspectives from Psychology, Philosophy, and Sociology, Oxford University Press, Oxford (UK) 2014; Ute Frevert, Emotions in History: Lost and Found, Central European University, Budapest and New York 2011. 2 Vedi per esempio Simon Clarke, Paul Hoggett, Simon Thompson (eds.), Emotions, Politics and Society, Palgrave Macmillan, Basingstoke 2006; Gregg, Melissa, and Seigworth, Gregory (eds.), The Affect Theory Reader, Duke University Press, Durham and London 2010; vedi poi l’ormai classica critica ad Habermas esposta in Michael Walzer, 1
Quaderni della Ginestra
Politics and Passion. Toward a More Egalitarian Liberalism, Yale University Press, New Haven and London 2004; o le proposte volte a correggere e rilanciare il paradigma liberale di Rawls di Martha Nussbaum, Political Emotions. Why Love Matters for Justice (Cambridge 2013) trad. it. Emozioni politiche, il Mulino, Bologna 2014. 3 Vedi Axel Honneth, Kampf um Anerkennung (Frankfurt/Main 1992), trad. it. Lotta per il riconoscimento, il Saggiatore, Milano 2002; Nancy Fraser and Axel Honneth, Redistribution or Recognition? (London 2003), trad. it. Redistribuzione o riconoscimento?, Meltemi, Roma 2007. 4 In tal senso vedi per esempio Luc Boltanski, La souffrance à distance. Morale humanitaire, médias et politique (Paris 1993), trad. it. Lo spettacolo del dolore, Cortina, Milano 2000; Id., De la critique. Précis de sociologie de l’émancipation (Paris 2009), trad. it. Della critica, Rosenberg & Sellier, Torino 2014.
50
Attraverso la società degli individui
RAGIONE MORALE E RAZIONALITÀ STRATEGICA
decisionali puntuali e sulle stime degli esiti relativi a singoli comportamenti, riservando il ruolo di mero sfondo (background) a quella
N
ella sua opera del 2009, Reason and Rationality1, Jon Elster riflette
dimensione sociale a cui il fenomeno appartiene. Allo stesso tempo,
sulla distinzione tra due modi di interpretare la facoltà razionale
quando la situazione presa in esame avesse coinvolto più di un agente,
umana, modi che in teoria politica sono spesso divenuti alternative
l’indagine si sarebbe soffermata sullo studio di quei meccanismi di
senza soluzione di continuità. La dicotomia in questione vede, da una
coordinazione tra piani d’azione individuali, che si limitano a descrivere
parte, la ragione (reason) nel suo significato morale, connesso alla
la cooperazione solo nei termini di un equilibrio strategico tra le parti.
valutazione di eventi particolari in relazione a un bene comune generale,
Di conseguenza, la ragione normativa e il bene comune sono stati
e, dall’altra, la ragione nel senso di razionalità strategica (rationality),
sempre
importante per la spiegazione del comportamento finalizzato allo scopo.
dell’individualismo una scelta metodologica (e ontologica) trainante.
più
dissociati
dall’approccio
analitico
che
ha
fatto
Obiettivo di Elster è quello di proporre un’interpretazione di queste due
Non rinunciando ad adottare una spiegazione che abbia i fenomeni e
definizione che lasci spazio a una conciliazione dell’aspetto normativo
le menti individuali come oggetti ultimi della sua indagine, Elster ha
con quello progettuale, così da cogliere il comportamento umano nella
suggerito di guardare ai due ruoli della ragione (in ogni caso, ragione
sua interezza e complessità, ammettendo, in particolare, la possibilità di
individuale) notando come entrambe le nozioni possano essere
perseguire obiettivi razionali, collettivi o individuali, senza prescindere
caratterizzate per la rispettiva opposizione al concetto di passione,
né da eventuali giudizi morali né da tentativi di pianificazione strategica.
d’ostacolo tanto al perseguimento del bene morale quanto alla
È interessante notare che ad aprire la forbice tra ragione morale e
realizzazione di azioni intenzionali. Tale soluzione, pur identificando un
razionalità avrebbe contribuito, secondo l’autore, il dilagante interesse
punto di connessione tra ragione e razionalità, si conserva fedele alla
nel dibattito contemporaneo per game e decision theory, discipline care a
lettura individualistica, non riuscendo per questo a spiegare come uno
Elster stesso. Questi ambiti di ricerca avrebbero, infatti, portato
scopo, ovvero la ricerca del bene comune, possa rappresentare un
l’attenzione degli studiosi a concentrarsi sull’analisi di processi
obiettivo condiviso e perseguito dalla razionalità strategica non di uno
51
Quaderni della Ginestra
ma di tutti (o quasi) i membri del gruppo sociale di riferimento. Il
salienti del modello d’azione intenzionale nel suo modo individuale (I-
problema nella teoria di Elster resta dunque quello di cogliere il modo in
mode) così da poter meglio inquadrare il fenomeno quando riferito a
cui la razionalità possa essere attribuita a una collettività e come
un’intera collettività (we-mode). In breve, per il dibattito ontologico-
quest’ultima possa conseguentemente pianificare azioni genuinamente
sociale, l’intenzionalità individuale consiste nella capacità di ogni singolo
cooperative che non siano riducibili al solo intreccio di intenzioni e
agente di avere stati mentali con la forma dell’intenzione, dove per
azioni individuali.
intenzione si intende un atteggiamento proposizionale formulato da un
Pertanto, in alternativa alla proposta formulata dal filosofo
soggetto e diretto verso un oggetto, il quale (a prescindere dalla sua
norvegese, è interessante considerare una diversa possibilità di
natura) è rappresentato nell’intenzione come suo contenuto. Quando
conciliazione tra ragione e razionalità che, abbandonando il sentiero
questo tipo di attitudine mentale si orienta all’azione, quando cioè
della metodologia individualista, cerchi di declinare le facoltà razionali
l’oggetto intenzionale corrisponde a un fine da realizzarsi tramite
umane da un punto di vista olistico, considerando attitudini e azioni in
un’azione ad esso diretta, il contenuto implicato dal caso consisterà nella
relazione sia a obiettivi individuali che a scopi collettivi. Tale soluzione
rappresentazione dell’azione intesa a soddisfare lo scopo per il quale
teorica è stata elaborata dal recente dibattito in Ontologia Sociale e al
essa è stata intenzionata. Per esplicitare: se a intende x, dove x
modello intenzionalistico di azione che la disciplina assume come
rappresenta il fine da raggiungere attraverso l’azione, allora l’effettuarsi
fondamento per la creazione e il mantenimento degli oggetti che
di tale azione sarà diretto alla realizzazione del contenuto intenzionale x.
compongono la realtà sociale. In particolare, in quanto segue si cercherà
Alla luce di ciò, ci si può ora interrogare sul concetto di
di mostrare come la dottrina dell’intenzionalità possa suggerire un
intenzionalità collettiva e sul ruolo che essa potrebbe svolgere nello
doppio spunto per approfondire l’indagine sul rapporto tra la funzione
studio del rapporto tra reason e rationality. A cosa si riferisce, dunque, la
strategica e la funzione normativa della ragione, specialmente quando
nozione di intenzionalità collettiva? Sulla questione il dibattito è diviso:
essa venga considerata nel suo modo collettivo.
da una parte ci sono pensatori come M. Bratman 2 che spiegano i
Per introdurre l’argomento è opportuno menzionare i caratteri
fenomeni di gruppo esclusivamente attraverso l’impiego di nozioni 52
Attraverso la società degli individui
relative al livello individuale del discorso, le quali permettono di
alcuna entità al di fuori o al di sopra delle capacità individuali stesse. In
descrivere casi di agire cooperativo come contesti in cui i membri
sintesi, secondo tale modello le intenzioni collettive sono un fenomeno
manifestino intenzioni per l’azione volte a un fine comune. Di
che si dà nelle menti dei singoli agenti e che acquisisce il suo carattere
conseguenza, l’intreccio e la coordinazione dei sub-plans individuali
cooperativo sulla base di condizioni occasionate dall’interrelazione degli
organizzano e realizzano l’azione di gruppo, senza che questo
individui partecipanti.
accadimento coinvolga attitudini ulteriori rispetto a quelle che
Tenendo presente questa seconda interpretazione della dottrina
regolerebbero le intenzioni individuali in contesti non collettivi. In
dell’intenzionalità, si può osservare come essa offra un duplice motivo
questo caso parrebbe che l’intenzionalità resti sostanzialmente riducibile
di interesse per la riflessione sul rapporto tra razionalità strategica e
alla razionalità strategica individuale senza mostrare connessioni
ragione morale: da un lato la teoria evidenzia il radicamento della
rilevanti con la funzione morale della ragione. Al contrario, filosofi
razionalità nel tessuto etico-normativo di pertinenza della ragione
come J. R. Searle, R. Tuomela e M. Gilbert, ritengono che la
morale; dall’altro essa concepisce la possibilità di pensare al bene
cooperazione tra più soggetti si basi su attitudini originariamente
comune come a un vero e proprio oggetto di razionalità. Nello
collettive, ovvero su stati mentali che, pur presentandosi nella mente di
specifico, il primo aspetto consiste nel fatto che l’intenzionalità collettiva
ogni singolo partecipante all’azione, abbiano una forma plurale del tipo
come ragione cooperativamente orientata a scopi comuni sembri essere
“noi intendiamo che …”, “noi abbiamo l’intenzione collettiva di …” e
in qualche modo radicata nel contesto sociale di riferimento. In questo
simili. È da notare che nemmeno questo secondo gruppo di pensatori
senso, Searle3 associa il manifestarsi di intenzioni collettive del tipo “noi
accenna a ragioni di gruppo riferite ad una mente o a una volontà
intendiamo x” all’esperienza da parte degli agenti di un background sense
collettiva. Piuttosto, i diversi autori concepiscono la natura collettiva
of the others, ovvero di un fondamentale senso dell’altro come partner
dell’attitudine mentale come un aspetto che ha solo valore esplicativo e
per la cooperazione e garante della natura collettiva del fenomeno.
che si fonda nel modo di presentazione dell’atto intenzionale stesso,
Similmente, Tuomela4 arricchisce la forma collettiva dell’intenzionalità
senza che tale carattere modale necessiti di postulare l’esistenza di
assumendo che i membri del gruppo arrivino a formulare il contenuto
53
Quaderni della Ginestra
in essa rappresentato (x) solo attingendo da una base comune di valori e
al bene comune. Tale conciliazione avverrebbe quando gli individui
ragioni, che l’autore chiama ethos e che costituisce l’orizzonte etico-
impegnati as a body nel rispetto del loro ruolo di partner all’interno
cognitivo della collettività in questione. Sembrerebbe allora che
dell’azione cooperativa assumessero come obiettivo condiviso il bene
l’intenzionalità collettiva per potersi dare nella mente degli individui
comune ricercato dalla ragione morale, in modo che quest’ultimo non
necessiti di riferimenti non del tutto soddisfatti dalla razionalità
sia solo lo scopo di chi (soggetto individuale) stia perseguendo il bene
strategica (intenzionalità) impegnata nella progettazione dell’azione. Al
della collettività ma, al contrario, che tale obiettivo diventi un vero e
contrario parrebbe che tale facoltà richieda un fondamento ‘oggettivo’,
proprio scopo per la collettività nel suo complesso. Ciò porterebbe la
che sia cioè un punto di appoggio al di fuori del soggettivismo
ragione strategica, collettivamente declinata, ad applicarsi a un obiettivo,
intenzionalistico e che riesca a radicare gli episodi di cooperazione nel
anch’esso collettivo e carico di valore morale, oltreché progettuale.
tessuto razionale-normativo di volta in volta interessato.
Tutto considerato, se pensata in relazione al contesto sociale da cui si
Il secondo elemento messo in rilievo dal dibattito ontologico-sociale
origina, l’intenzionalità collettiva potrebbe rappresentare un punto di
riguarda, invece, la possibilità di considerare il bene comune, oggetto
partenza interessante per sviluppare una riflessione orientata a superare
della ragione morale, come vero e proprio obiettivo da perseguire in
la dicotomia tra reason e rationality, evidenziata da Elster e frutto
modo strategico; del resto lo stesso Elster suggerisce che «chiunque
dell’ancora sentita opposizione tra filosofia socio-politica tradizionale e
intenda perseguire il bene comune può – e addirittura deve – farlo sulla
teoria analitica dell’azione.
base di criteri razionali»5. A questo proposito, rilevante è il contributo di Gilbert6, la quale ha notato che, sebbene la ragione morale e la ragione
GIULIA LASAGNI
strategica (per usare la terminologia di Elster) siano due funzioni razionali distinte e non necessariamente coincidenti l’una con l’altra, esse possono, sotto certe condizioni, confluire nel medesimo fenomeno intenzionale, che sia di natura progettuale e allo stesso tempo orientato
J. Elster, Reason and Rationality, Oxford University Press, New York 2009. M. Bratman, Shared Agency: A Planning Theory of Acting Together, Oxford University Press, New York 2014. 3 J. R. Searle, Making the Social World: The Structure of Human Civilization, Oxford University Press, Oxford and New York 2010, trad. it. a cura di P. di Lucia, Creare il 1 2
54
Attraverso la societĂ degli individui
Mondo Sociale: la Struttura della CiviltĂ Umana, Raffaello Cortina Editore, Milano 2010. 4 R. Tuomela, Social Ontology: Collective Intentionality and Group Agents, Oxford University Press, New York 2013. 5 J. Elster, Reason and Rationality, cit., p. 3. 6 M. Gilbert, Joint Commitment: How we Make the Social World, Oxford University Press, Oxford 2014, trad. it. (parziale) a cura di F. De Vecchi, Il noi collettivo: impegno congiunto e azione sociale, Raffaello Cortina Editore, Milano 2015.
55
Quaderni della Ginestra
ENTITÀ GEOGRAFICHE: LAUNDRY LIST, ESEMPI E DEFINIZIONI.
costituisce altro che una posizione tra le altre, è interessante notare
COSA NON È UN OGGETTO GEOGRAFICO
come, per quanto concerne l'oggetto di riflessione di queste pagine,
L
ossia le entità geografiche, una laundry list sembri costituire, a oggi, una a locuzione inglese laundry list si riferisce, senza pretesa di
delle poche posizioni nel dibattito, o meglio: un presupposto ricorrente
esaustività, a una lista del bucato, della spesa, ma anche a un
di molti tentativi di definizione di entità geografica.
lungo, talvolta casuale, spesso generale e occasionalmente tedioso
Una spiegazione, certamente non esaustiva, può essere rintracciata
elenco di cose, oggetti e così via. Ora, dei due termini in tale locuzione,
nello statuto epistemologico ambiguo e incerto della geografia stessa, in
il secondo, list, non sembra prestarsi a particolari ambiguità, indicando
bilico tra il fisico, l'umano e l'analisi spaziale, per la quale una laundry list,
appunto una lista o un elenco. Diverso è invece il discorso per laundry
ancor prima di una definizione, sembra poter facilitare una continuità
che, da definizione, potrebbe spaziare da ciò che manca per riempire un
tra ambiti disciplinari apparentemente distanti. I problemi tuttavia non
frigorifero, fino alle antiche enciclopedie cinesi degli animali di
mancano. Se, infatti, riprendendo la riflessione di Westerhoff, il numero
1
borguesiana memoria , garantendo, in questo senso, una possibile
esiguo di categorie ontologiche può garantirne una laundry list pressoché
eterogeneità a quel qualcosa di cui poter fare un elenco.
esaustiva, seppur aperta ai futuri risultati della ricerca scientifica che
Da un punto di vista strettamente filosofico, tale locuzione è stata
possono modificare le categorie o aumentarne il numero, le laundry list di
ripresa, per esempio, da Jan Westerhoff in Ontological Categories2 per
entità geografiche difficilmente possono ambire a tale esaustività,
delineare una specifica posizione all'interno del dibattito su cosa si
limitandosi piuttosto a elencare soltanto alcuni casi esemplificativi, a
intenda per categoria ontologica. Tale posizione è inserita tra quelle che
scapito di un elenco eccessivamente numeroso e tedioso.
si sottraggono a delineare una definizione precisa di tale nozione,
Non sempre è così. Questa (pretesa di) esaustività in ambito
fornendo, nello specifico, una lista delle diverse categorie ontologiche,
geografico (o meglio, in alcuni specifici micro-domini di tale ambito)
senza tuttavia procedere con ulteriori specificazioni. Ma se, per quanto
sembra infatti essere assolta, tra le altre, da alcune ontologie di tipo geo-
riguarda la definizione di categoria ontologica, una laundry list non
informatico3, le cui entità sono organizzate secondo diversi e specifici 56
Attraverso la società degli individui
ordini gerarchici. Ora, tali gerarchizzazioni, per la citata ambizione di
tra le geografiche. Ora, sottolineare come, ovviamente, non tutto ciò
esaustività e nel fornire informazioni sulle tipologie di entità coinvolte,
che è spaziale è geografico (e, a determinate condizioni, viceversa) non
sembrano effettivamente segnare un significativo distacco da una
semplifica di certo il problema. Specificare poi, seguendo lo stesso
qualsiasi laundry list. Tuttavia, tale distacco sembra assottigliarsi per
Information Quality Glossary, come ogni entità geografica possa essere
quanto concerne la definizione di entità geografica. Tali gerarchie,
identificata attraverso (almeno) un geocode non sembra affatto risolverlo.
infatti, tendono a eludere ogni specifico tentativo di definizione, limitandosi a indicare come geografico ciò che contengono, ossia una
«A geographic entity code (geocode) is a code used to identify a spe-
lista ordinata di entità che ambisce a essere esaustiva (seppur, come
cific geographic entity. For example, the geocodes needed to identify a
detto, l'esaustività si limita al micro-dominio geografico in esame). Ma
census block for Census 2000 data are the state code, county code, cen-
come può una qualsiasi gerarchizzazione geografica ambire a essere
sus tract number, and block number. Every geographic entity recog-
esaustiva senza presupporre una definizione, perlomeno implicita, di
nized by the Census Bureau is assigned one or more geographic codes.
entità geografica? Quali criteri permettono di includere certe entità, e
"To geocode" means to assign an address, living quarters, establish-
indicarle come geografiche, a scapito di altre? Come si distingue ciò che
ment, etc., to one or more geographic codes that identify the geographic
è propriamente geografico da ciò che non lo è?
entity or entities in which it is located5.»
Tentativi di definizione, seppur rari, non mancano, e con essi, talvolta, laundry list ad hoc. L'Information Quality Glossary4, per esempio,
Innanzitutto, seguendo l'esempio, i geocode stessi sembrano presup-
associa a una breve laundry list un tentativo di definizione in cui si
porre cosa si intenda con entità geografica, visto l'utilizzo, nella citazio-
esplicita come le entità geografiche siano «entità spaziali di ogni tipo,
ne, di termini come state, county, ecc. associati appunto a code. Inoltre, la
legale o statistico». Tale definizione, curiosamente e senza una laundry list
questione del riconoscimento delle entità geografiche sembra semplice-
appropriata, rischia però di includere entità spaziali (e perché no) legali e
mente spostata, in questo caso al Census Bureau, mantenendo inalterati
statistiche come telefoni e automobili, che difficilmente annovereremmo
i problemi sopra-citati e aggiungendo a questi il fatto che diverse istitu-
57
Quaderni della Ginestra
zioni potrebbero decidere, diversamente l'una dall'altra, cosa è geografi-
differenti sull'esistenza di tali entità, specificate attraverso una serie di
co e cosa non lo è (parlando specificamente di Stati, si pensi, per esem-
esempi.
pio, al riconoscimento del Kosovo sostenuto soltanto da alcuni membri della comunità internazionale). Infine, se, in linea con la citazione, il
«A general question concerns the nature of the entities geographers
mezzo utilizzato per l'identificazione di un'entità geografica è un geocode
deal with. Common sense recognizes as its prototypes entities such as
e l'istituzione il Census Bureau, il problema potrebbe ampliarsi a quelle
material objects, artifacts and people. The entities to which geographers
entità che attualmente non hanno (e in certi casi non avranno più) una
refer—nations, neighborhoods, deltas, deserts—are of a different kind.
collocazione spaziale, ma che difficilmente vorremmo escludere dalle entità geografiche: entità come, per esempio, il Sacro Romano Impero o la Cecoslovacchia. Lo stesso potrebbe poi dirsi per le entità geografiche di futura creazione (dalla Siria che sarà, a una possibile Ucraina senza
The basic metaphysical question concerns the status of these entities. Are there geographic things? What kinds of geographic things are there? Two categories can be distinguished, corresponding to a traditional distinction between physical and human geography. On the one hand there are mountains, rivers, deserts. How are such entities
Crimea, o ancora alla Cina post 2047 che, annettendo Hong Kong, ve-
individuated from each other? (Here issues of vagueness arise.) On the
drà alterati i propri attuali confini), o per entità geografiche che non
other hand there are socioeconomic units: nations, cities, real-estate
hanno avuto riscontro nella realtà (si pensi all'ipotesi di suddivisione
subdivisions—the spatial shadows cast by different sorts of
dell'Inghilterra in nove (macro-)regioni proposta nel 1994 e tramontata
systematically organized human activity. One extreme position on the
nei primi anni 2000). Ci sentiremmo di escludere tutte queste entità dalle
existence of geographic objects would be strong methodological
geografiche?
individualism: there are, on one version of this view, only people and
Per i nostri scopi, non ci è di particolare aiuto nemmeno la riflessione di Smith, Casati e Varzi in Ontological Tools for Geographic Representation6, in cui ci si sposta, ancor prima che a una definizione, a una classificazione delle entità geografiche, distinguendo tre posizioni
the tables and chairs they interact with on the mesoscopic level, and no units on the geographic scale at all. At the opposite extreme is geographic realism: socio-economic units and other geographic entities exist over and above the individuals that they appear to be related to
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Attraverso la società degli individui
and have the same ontological standing as these. A more reasonable
Per rispondere almeno ai primi due interrogativi, può essere d'aiuto
position is one or other form of weak methodological individualism: if
la riflessione compiuta da B. Smith e D. M. Mark in Geographical categories:
geographic units exist as such, then they depend upon or are
an ontological investigation 8, mirata a definire, attraverso una serie di
supervenient upon individuals. One form of this position would accept
esperimenti, come il dominio geografico sia concettualizzato da parte di
both individuals and the behavioral settings in which individuals act. Larger-scale socio-economic units would then be accounted for in terms of various kinds of connections between such behavioral settings, illustrated for example by the command hierarchy of an army7».
Ma in questo caso, oltre a una classificazione che riesce a dar conto
un pubblico non esperti, e a costituire una prima approssimazione del lessico sostantivale di base per le citate geo-ontologie. Senza ricorrere a esempi o a laundry list, gli autori, analizzando la nozione di rappresentabile su mappa, evidenziano un punto chiave per i nostri scopi:
«Prior to running the experiment, we thought that maps generally
di una distinzione centrale all'interno della geografia stessa, ossia quella
showed all and only geographical things (phenomena, features, items),
tra entità fisiche e umane, i punti interrogativi sulla definizione di entità
and thus we expected ‘something that could be portrayed on a map’
geografica rimangono. Nello specifico, come distinguere ciò che è
would turn out to be roughly synonymous with ‘something geographic’.
geografico da ciò che non lo è? Cosa includere tra le entità geografiche?
But such was not the case. [...] Being geographical, and being portrayable on a
Qual è il limite tra ciò che, geograficamente, è fisico (e/o naturale) e ciò
map are definitely different concepts, at least in terms of the priorities
che è un artefatto? E ancora, come distinguere tra le entità fisiche quelle
of terms included under them according to our subjects. Moreover, it
specificamente geografiche? E come fare con gli artefatti? Perché un
seems that—again surprisingly—it is being portrayable on a map which
artefatto come una cassetta per la posta non va inserito tra le entità geografiche? E se una cassetta della posta fosse alta come un edificio sarebbe da includere tra le entità geografiche? E se parlassimo di edificio piccolissimo? 59
comes closest to capturing the meaning of ‘geographic’ as this term is employed in scientific contexts. Geographers, it seems, are not studying geographical things as such things are conceptualized by nąve subjects. Rather, they are studying the domain of what can be portrayed on maps9».
Quaderni della Ginestra
Ora, supporre che le nozioni di entità geografica ed essere rappresentabile
d'erba di un giardino. L'alternativa potrebbe forse essere quella di
su mappa non coincidano, lascerebbe il problema della definizione di
considerare solo mappe non così dettagliate, tali da includere solo ciò
entità geografica irrisolto. Supporne invece una loro coincidenza (ossia
che è propriamente geografico. Ma allora a quali mappe fare
che un'entità è geografica se e solo se è rappresentabile su mappa e
riferimento? Come scegliere tra queste? Quali mappe rappresentano
viceversa) potrebbe risolvere alcuni problemi di identificazione, al
tutte e sole le entità geografiche? Qual è il limite di scala, supponendo
prezzo di porre un'ulteriore serie di problemi filosoficamente rilevanti.
che di tale limite si tratti, tra mappe che rappresentano solo entità
Il primo è che, in questo senso, la questione della definizione
geografiche e quelle che includono anche entità non geografiche? Questi
semplicemente si sposterebbe dalla nozione di entità geografica a quella
interrogativi sembrerebbero palesare alcuni limiti di tale coincidenza
di mappa, subordinando, di fatto, la nozione di entità alla sua
(almeno se si considerano tutte le mappe possibili), evidenziando, nello
rappresentazione e forse, più in generale, la geografia alla cartografia. Il
specifico, come la valutazione di ciò che è geografico possa essere, in un
secondo, strettamente correlato, riguarda appunto il rapporto tra tali
certo senso, precedente alla nozione di rappresentabile su mappa. Ma
nozioni. Se da un lato, infatti, potremmo avere qualche difficoltà a
allora come distinguere tra ciò che è geografico e ciò che non lo è?
immaginare entità geografiche non rappresentabili su mappa, dall'altro
TIMOTHY TAMBASSI
alcuni problemi potrebbero sorgere con alcune mappe particolarmente dettagliate che rappresentino, oltre a entità come mari, stati, città, strade e così via, anche alberi, marciapiedi, o lampioni che avremmo qualche difficoltà in più a considerare come strettamente geografiche. Una soluzione, a questo punto, potrebbe essere quella di considerare anche queste ultime entità come geografiche. Ma di fronte a mappe ancor più dettagliate rischieremmo di trovarci a poter considerare come geografiche anche le foglie di quegli alberi, i fari di quei lampioni, o i fili
J. L. Borges, Otras Inquisiciones, Sur, Buenos Aires 1952. J. Westerhoff, Ontological Categories, Clarendon Press, Oxford 2005. 3 Per un'analisi di tali ontologie cfr. T. Tambassi e D. Magro, Ontologie informatiche della geografia. Una sistematizzazione del dibattito contemporaneo, "Rivista di estetica", 58, 2015, pp. 191-205. 4Cfr. https://definedterm.com/geographic_entity, ma anche http://encyclopedia2.thefreedictionary.com/geographic+entity 5 Cfr. https://definedterm.com/geographic_entity_code. Per ulteriori informazioni si veda anche https://www.census.gov/geo/reference/gtc/gtc_codes.html 6 R. Casati, B. Smith, e A. C. Varzi, Ontological tools for geographic representation, in N. Guarino, a cura di, Formal Ontology in Information Systems, IOS Press, Amsterdam 1998, 1 2
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Attraverso la società degli individui
pp. 77-85. 7 Ivi, cit. p. 78. 8 B. Smith e D. M. Mark, Geographical categories: an ontological investigation, “International Journal of Geographical Information Science”, 15(7), 2001, pp. 591-612. 9 Ivi, cit. p. 209.
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