REDAZIONE Direttore: Anna Maria Ricucci. Vicedirettore: Corrado Piroddi. Figure dell’individualismo: Ferruccio Andolfi, Simona Bertolini, Simona Del Bono, Antonio Freddi, Donatella Gorreta, Nausicaa Milani, Giacomo Miranda. Meditazioni filosofiche:Marco Anzalone, Elisa Bertolini, Valeria Bizzari (coordinatrice), Anna Pagliarini, Lavinia Pesci, Martino Pesenti Gritti, Alberto Siclari, Timothy Tambassi, Roberto Venturini. Cinema e filosofia: Marco Bigatti, Roberto Escobar, Pietro Parmeggiani, Corrado Piroddi (coordinatore). Libri in discussione: Mara Fornari, Mirella Lucchini, Timothy Tambassi (coordinatore). Esperienze didattiche: Teresa Paciariello (coordinatrice), Marina Savi, Chiara Tortora. Letteratura e filosofia: Margherita Aiassa (coordinatrice), Alessandro Bonanini, Carlo Guareschi, Italo Testa. Promozione: Marco Anzalone, Carlo Guareschi, Mirella Lucchini, Martino Pesenti Gritti, Anna Maria Ricucci. Ricerca immagini, composizione, grafica e web: Margherita Aiassa, Marco Anzalone, Elisa Bertolini, Valeria Bizzari, Alessandro Bonanini, Pietro Parmeggiani, Corrado Piroddi, Anna Maria Ricucci, Roberto Venturini. Direttore responsabile: Ferruccio Andolfi.
SOMMARIO
Figure dell’individualismo................................................................................................................................................p. 4 Controllo degli affetti e tessuto sociale. La teoria del processo di civilizzazione di Norbert Elias. Di Axel Honneth, Hans Joas a cura di Giacomo Miranda.......................................................................................................................................... ........................................p. 5
Meditazioni filosofiche...................................................................................................................................................p. 16 Nietzsche e l’autodeterminazione dello spirito di Anna Pagliarini...........................................................................................................p. 17 “Dioniso contro il crocifisso”. Nietzsche nella teoria di René Girard di Martino Pesenti Gritti.............................................................p. 21
Cinema e filosofia............................................................................................................................................................p. 26 La forza della parola tra le mura de “La classe” di Anna Ricucci..........................................................................................................p.27 “Examined Life” di Astra Taylor di Antonio Freddi...........................................................................................................................p.31
Letteratura e filosofia..................................................................................................................................................p. 36 Il paradosso della corporeità ne “La metamorfosi” di Kafka di Carlo Guareschi..................................................................................p. 37 “Il seno” e “La metamorfosi”. Roth e Kafka a confronto di Margherita Aiassa....................................................................................p. 41
Didattica e filosofia......................................................................................................................................................p. 46 Ecce musica! Di Francesco Gallina.................................................................................................... .................................................p. 47
Libri in discussione....................................................................................................................................................p. 50 Per un individualismo democratico di Mirella Lucchini..........................................................................................................................p. 51 La liquidità delle Barbarie di Mara Fornari...........................................................................................................................................p. 54 L’individuo e la comunità degli spiriti di Timothy Tambassi.................................................................................................................p. 59 Sempre di corsa: l’ossessione della fretta di Giacomo Miranda...............................................................................................................p. 60
Figure dell’individualismo
CONTROLLO DEGLI AFFETTI E TESSUTO SOCIALE. LA TEORIA DEL PROCESSO DI CIVILIZZAZIONE DI NORBERT ELIAS. DI AXEL HONNETH, HANS JOAS1
nanza; il legame, infine, con l’aspirazione a costituire un’alternativa alle teorie dell’evoluzione di matrice sociologica, ma superiore ad esse per concretezza storica, lo ha collocato allo stesso tempo in una posizione che va ben oltre il genere letterario delle collezioni di curiosità storico-
I
culturali. l capolavoro di Norbert Elias Il processo di Civilizzazione. Le trasforma-
Per comprendere la rapida crescita di interesse che conobbe il lavoro
zioni dei costumi nel mondo aristocratico occidentale (1939), scritto al tempo
di Elias, al punto da condurre alla formazione di una schiera di sosteni-
del terzo Reich, destò scarso interesse quando fu pubblicato in tedesco,
tori assimilabile a una ‘scuola’, è necessario rivolgere un rapido sguardo
ma fuori dai confini della Germania, dal suo autore emigrato. Nel primo
alle circostanze in cui fu composta la sua opera maggiore, nonché ai
decennio del dopoguerra l’opera condusse un’esistenza anonima nel
motivi dell’odierna renaissance. In particolare Karl-Siegbert Rehbergiii si è
quadro della sociologia. Il suo approccio storico e interpretativo la fece
opposto alla stilizzazione che Elias suggerisce di se stesso quale pensa-
passare inosservata ai sociologi, mentre il proposito di un’imponente
tore solitario, ma anche alla ricezione del suo libro ridotta ad un colpo
costruzione teorica le precluse il consenso degli storici di professione.
di fortuna individuale, dedicando al lavoro di Elias medesimo
Solo per esempio nella cerchia di Helmuth Plessner e dei suoi allievi, o
un’interpretazione dettagliata e perspicua nel restituire l’orizzonte in cui
di Hans Freyeri, la ricerca di Norbert Elias apparve come uno sforzo,
esso ebbe origine. E tale orizzonte consta dei tentativi di determinare la
tanto pionieristico quanto sottovalutato, in grado di produrre risultati di
genesi del mondo borghese attraverso l’emergere dei caratteri peculiari
rilievo.
della razionalità borghese. Sebbene Elias sia parco di riferimenti a que-
In anni recenti la situazione è andata incontro a rapidi cambiamenti.
ste fonti, le indagini di Max Weber, Scheler, Troeltsch o Groethuysen
Il libro di Elias è stato celebrato come un testo paradigmatico per
non sono molto distanti nella formulazione delle questioni di principio.
un’antropologia storica e ha così conosciuto numerosi, per quanto tar-
L’originalità dell’approccio di Elias, tuttavia, risiede anzitutto nella scelta
ii
divi, apprezzamenti ; la chiarezza espositiva gli ha garantito vasta riso-
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di non esaminare la borghesia come guida di un processo di razionaliz-
Quaderni della Ginestra
zazione progressiva ma, principalmente, le élite aristocratiche, mettendo
si presentò un’alternativa autentica alla teoria della storia elaborata dal
a fuoco in un altro voluminoso scritto la ‘società di corte’iv. Si pongono
materialismo storico, autenticità suggellata dal fatto che nell’analisi della
così le questioni circa il rapporto tra la dinamica fissata da Elias e le li-
genesi dello stato moderno egli rimandò al difetto di principio di una
nee di sviluppo sociale messe in rilievo da altri studiosi; ma, soprattutto,
teoria dello stato derivata da Marxv. Occorre anzitutto rivolgere uno
l’approccio adottato consente al nostro autore di procedere oltre la mera
sguardo d’insieme al metodo di Elias per poi discutere nei particolari se
ricostruzione storica generalizzando il suo programma in una teoria di
il suo lavoro abbia soddisfatto i requisiti di un’antropologia storica e sia
ampio respiro.
stato all’altezza dell’affermazione di una superiorità nei confronti del
Un’altra conquista non priva di originalità è legata al fatto che Elias si
materialismo storico.
riferisce molto meno ai contenuti ideologici, nell’accezione di vasti si-
Lo studio di Elias, come si evince dalla sua presentazione, nasce «dal-
stemi esplicativi, ed opta invece principalmente per le forme della cor-
le esperienze che noi tutti viviamo, le esperienze della crisi e della tra-
poreità e dell’interazione immediata. È ben questo però un ambito cen-
sformazione dell’attuale civiltà occidentale, e dalla semplice necessità di
trale di applicazione dell’antropologia storica, nella cui prospettiva può
conoscere che cosa sia in realtà questa ‘civiltà’» vi.
sembrare inevitabile occuparsi di Elias.
Elias vuole comprendere la civilizzazione nella forma di un processo
Ora, non vi è dubbio che proprio la questione dei limiti della raziona-
e si concentra sull’esperienza di esigenze e paure sorte, nella loro speci-
lità imperante e dei costi della nostra civilizzazione, posta al centro del
ficità, solo con l’avvento di questo processo: ma persegue un simile o-
dibattito nel decennio passato, abbia fatto rivivere la problematica stori-
biettivo non confidando, al modo degli evoluzionisti, in un progresso
ca riguardante l’origine del mondo borghese; e che, con lo spostamento
costante dell’umanità e neppure nutrendo ostilità verso la civilizzazione
delle prospettive di trasformazione in senso soggettivistico, qualunque
stessa, bensì sviscerando, con un criterio marcatamente ‘avalutativo’,
trattazione storica della corporeità abbia guadagnato in attrattiva. La
forme di regolarità protrattesi nel tempo. Scopo di Elias è coniugare la
combinazione di entrambi gli aspetti fu ulteriormente rafforzata dalle
trasformazione, dispiegatasi in grandi correnti storiche, delle strutture
idee che numerosi autori propugnarono. Ma con l’impostazione di Elias
della personalità con processi struttural-sociali di lungo corso, senza su-
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Figure dell’individualismo
bordinare allo sviluppo storico
un’opposizione di significato tra questi concetti, l’antagonismo origina-
connessioni riconducibili alla lega-
rio dell’intellighenzia tedesca con la classe sociale più alta gravitante intor-
lità naturale. La sua tesi cardine
no alla corte assunse i connotati di un contrasto nazionale tra il ‘caratte-
porta
esito:
re essenziale’ tedesco e quello francese. Un taglio di questo genere, che
l’instaurazione di un crescente
tende a minimizzare in maniera discutibile la tradizione rousseauiana in
controllo degli affetti, e di un re-
Francia, è solo il preludio alla vera impresa storiografica di Elias, il ten-
gime di disciplina che i singoli a-
tativo cioè di scrivere una storia dei costumi. Egli dimostra uno straor-
genti si impongono, è comprensi-
dinario ingegno nella citazione delle fonti – testi che prescrivono un
bile solo come il risultato di pro-
contegno appropriato, manuali di galateo e così via – per provare e illu-
cessi di interconnessione sociale
strare la trasformazione storica. L’impressione più vivida che suscitano i
sempre più fitta che, a livello ma-
luoghi tratti dalle fonti si traduce nello stupore per il complesso di que-
crosociologico,
riflettono
ste regole di comportamento, tutt’altro che ovvie e perciò vincolate ad
nell’emergenza dello stato assolu-
un richiamo necessario; regole che oggi ci sembrano invece naturali e da
tista in quanto prima forma di sta-
dare per scontate:
a
questo
si
to moderno. L’origine di una forte azione interiorizzata di controllo del
comportamento
sembra,
quindi, inseparabile dall’origine del monopolio esercitato dallo stato moderno sulla violenza e sulla riscossione delle tasse. Elias inizia la sua indagine con una storia dei concetti di ‘cultura’ e ‘civilizzazione’.
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Nello
specifico
mostra come, nel quadro
di
Non si deve rimettere sul vassoio comune il boccone già messo in bocca: questa prescrizione è ripetuta più volte. Altrettanto spesso si ammonisce di lavarsi le mani prima di mangiare, o di non immergere il cibo nella saliera. Inoltre viene ripetuto di continuo che non ci si devono pulire i denti con il coltello, che non si deve sputare sulla tavola o al di sopra di essa. [...] Non ti pulire i denti col tovagliolo. Non offrire ad altri i resti della tua minestra o il pezzo di pane che hai già addentato, e non soffiarti il naso troppo rumorosamente. Non addormentarti a tavola, e similivii.
Quaderni della Ginestra
Con grande acutezza Elias delinea il processo che coinvolse
renza’ e del ‘meccanismo di monopolio’ come le due forme più impor-
l’individuo in una graduale presa di distanza dal proprio corpo – così
tanti di regolarità ricorrente. Per quanto entrambi i concetti attengano,
come avvenne tra i corpi degli altri individui – nel frangente delle usanze
come di consueto, all’analisi del capitalismo, Elias li utilizza in un signi-
a tavola, della storia degli utensili impiegati per mangiare, delle abitudini
ficato che dilata la prospettiva storica, ma, in questo modo, essi perdono
di sonno e degli usi in bagno, della sessualità e dell’aggressione. La dovi-
il loro senso specifico e manifestano una forte analogia con le nozioni di
zia di particolari della documentazione e la forza persuasiva
‘differenziazione’ e ‘integrazione’ mutuate dalla tradizione evoluzionisti-
dell’interpretazione, tuttavia, risultano meno marcate nel caso di sessua-
caix. Di conseguenza il corso della storia, in una modalità relativamente
lità e aggressione che in altre sezioni dello studio di Elias, una differenza
formale, viene ricondotto a un modello lineare:
dovuta probabilmente al privilegio accordato a particolari fonti docu-
Per quanto complicati possano apparire a prima vista i meccanismi della rete di interdipendenze nel cui quadro procede la civilizzazione occidentale del comportamento, lo schema di questi meccanismi è invero piuttosto semplice: tutti i singoli fenomeni che abbiamo sin qui illustrato – il lento miglioramento dello standard di vita di ampi strati della popolazione, la più stretta dipendenza funzionale degli strati superiori, la stabilità dei monopoli centrali – sono conseguenze e manifestazioni parziali di una divisione delle funzioni che procede a ritmi più o meno accelerati. La divisione delle funzioni stimola la crescita della produttività del lavoro; l’accresciuta produttività del lavoro è la premessa per il miglioramento dello standard di vita di strati sempre più ampi; la divisione delle funzioni accresce inoltre la dipendenza degli strati superiori. Soltanto a partire da un livello assai elevato di divisione delle funzioni diviene però possibile la formazione di più stabili monopoli della costrizione fisica e del fisco che comportano amministrazioni monopolistiche fortemente specializzate – ossia la formazione di Stati nel significato occidentale del termine – che poco a poco garantiscono alla vita dell’individuo una sempre maggiore ‘sicu-
mentarie. E tuttavia come spiega Elias il processo sopra menzionato? Resta ora da esaminare più da vicino quali trasformazioni della struttura sociale siano state propriamente provocate da questi meccanismi psichici, quali trasformazioni delle eterocostrizioni siano state avviate da questa ‘civilizzazione’ delle manifestazioni affettive e del comportamentoviii. Il secondo volume è dedicato alla risposta a questa domanda. Sull’esempio soprattutto della storia francese a partire dalla tarda età carolingia, Elias ricostruisce i meccanismi d’origine della società feudale, nonché il suo transitare nella forma sociale delle monarchie assolutiste. Non è questa la sede adatta per riprodurre nel dettaglio le esposizioni condotte da Elias; ciò che tuttavia colpisce è l’emergere della ‘concor-
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Figure dell’individualismo
rezza’. Ma questa divisione delle funzioni provoca anche la reciproca dipendenza di masse umane sempre più numerose e di sempre nuove regioni; esige e inculca nel singolo un crescente riserbo, una più rigorosa regolazione del suo comportamento e dei suoi affetti; richiede una più forte repressione delle pulsioni e, a partire da un determinato livello, una più costante autocostrizione. Questo è il prezzo – se così possiamo chiamarlo – che dobbiamo pagare per la maggior sicurezza e per tutti gli altri vantaggi del generex.
Pertanto è ancora più sorprendente constatare quanto poco Elias spieghi i fondamenti antropologici della sua teoria della socializzazione. Il modo originale di procedere da lui adottato – delineare la genesi storica del Super-Io attenendosi liberamente a Freud,
Oltre a provvedere una sintesi del nocciolo del pensiero di Elias in
e quindi integrare tale Super-Io
merito a una teoria della storia, questo passo mette in risalto due aspetti.
entro gli sforzi non psicologici
In primo luogo mostra quanto sia ambivalente la valutazione del pro-
di render conto della genesi del
cesso di civilizzazione operata da Elias e quanto un vago rafforzamento
mondo borghese – non lo por-
dell’autocostrizione si collochi a metà tra i due significati, da un lato, di
ta a definire più nettamente, sul
liberazione che rende possibile l’autodeterminazione e, dall’altro, di co-
piano teorico, il suo rapporto
ercizione di sé che risulta di ovvia necessità per la sicurezza del vivere in
con Freud. Senz’altro Elias
società, ma che nondimeno agisce come una forza repressiva xi.
menziona punti di divergenza
In secondo luogo rivela quanto grande sia l’onere della prova impo-
con la teoria freudiana, limitan-
sto dalla costruzione storica di Elias alla sua idea di interiorizzazione
dosi tuttavia ad abbozzarli. Di-
delle costrizioni esteriori. Solo quando è in grado di identificare le con-
viene d’altro canto esplicito il
dizioni antropologiche e psicologiche che determinano la possibilità del-
suo tentativo di sistemare le i-
le tendenze prese in esame, la suddetta costruzione va oltre i limiti di
dee psicanalitiche nella cornice di un modello teorico desunto dalle pri-
una suggestiva – benché manchevole nello stabilire relazioni causali –
me espressioni del comportamentismo. Ciò non riguarda solo la sua
combinazione di linee di sviluppo a lungo termine.
propensione a parlare incessantemente di ‘condizionamento’, ma appar-
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Quaderni della Ginestra
tiene anche alla sostanza dell’argomentazione svolta. Dalla vita chiusa
stificabili razionalmente, fine di Elias è dimostrare l’aumento lineare del-
degli esseri umani in società Elias conclude la necessità ineludibile che
la necessità di un autocontrollo repressivo. Egli può così concepire
essi rinuncino a seguire e ad appagare i loro impulsi. Si pretende che il
l’interiorizzazione di un simile controllo solo come il cieco meccanismo
bambino eserciti una costrizione di questo tipo sugli impulsi, finalità
automatico di costrizioni comportamentali che generano paura, e non in
conseguita instillando in lui paure e addestrandolo alla disciplina così
quanto interiorizzazione, flessibile ed accessibile all’Io, di norme scaturi-
che manifesti da sé un comportamento socialmente desiderabile e ogni
te dal riconoscimento della loro necessità o utilità.
trasgressione alle proibizioni sociali gli appaia assai temibile. Elias accen-
Pertanto i desideri che nell’individuo nascono dagli impulsi collidono senza mediazione con i controlli del Super-Io. Gli impulsi si affannano incessantemente nella lotta contro i vincoli sociali e non trovano aiuto in un’istanza che possa entrare in dialogo con la società intorno a quegli obblighixiii.
tua espressamente la necessità di usare la paura in qualunque forma educativa: L’adolescente non perviene mai a regolare il suo comportamento se non intervengono le paure provocate in lui dagli altri. Senza la leva di queste paure, il giovane animale umano non diventerà mai un essere adulto meritevole del nome di uomo...xii.
Un Io quale istanza autonoma non esiste nel modello di personalità di Elias, viene impercettibilmente incorporato nel Super-Io.
Ciononostante prende corpo un’indubbia differenza rispetto a tutte
Una prima critica al modello di storia di Elias è stata già accennata
le versioni della psicanalisi che non offrono modelli alternativi di educa-
nella presentazione della sua teoria. Tale modello risulta molto più for-
zione non foriera di paure: infatti Elias assume semplicemente la possi-
malistico e prossimo a obsolete teorie evoluzionistiche di quanto la ric-
bilità di una disciplina del potenziale degli impulsi che serva, almeno in
chezza di materiale storico-documentario induca a credere. Elias sostie-
parte, a reprimerli ma senza imporre a posteriori dei costi nei termini di
ne una regolarità nel mutamento delle forme sociali che si mantiene co-
energie inibitorie o disturbi nevrotici. Mentre anche in Freud viene dife-
stante, e che – nella misura in cui, in generale, risultasse dimostrabile –
sa la necessità culturale di sottoporre gli impulsi a misure coercitive, pur
non è intesa come l’esito di una conquista di autonomia, da parte delle
conservandosi l’esigenza che le aspirazioni alla vita associata siano giu-
istituzioni, suscettibile di essere nuovamente perduta. L’incremento nel-
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Figure dell’individualismo
la divisione delle funzioni non è derivato dalle dimensioni
Il pathos dell’avalutatività alla luce della quale Elias presenta la sua
dell’organizzazione della produzione, appare invece come una necessità
teoria è la conseguenza logica di questa premessa: il problema posto dai
che cresce linearmente. La ‘concorrenza’ non è distinta da forme di co-
valori necessariamente soggiacenti ad una ricostruzione storica, e che
operazione radicate nella solidarietà, sembra piuttosto una legge impos-
includono in sé le caratteristiche di un futuro desiderabile, non nasce
sibile da mettere a margine e che può essere liquidata solo stabilendo
soltanto quando lo sviluppo storico viene piegato ad una concezione
unità di dominio sempre maggiori.
evoluzionistica secondo l’uso del XIX secolo. L’illustrazione più eviden-
In un articolo più recente (1977) xiv, Elias illustra la sua nozione di
te del mancato riconoscimento di questo difetto nell’approccio di Elias
storia avvicinandola esplicitamente alle idee di Darwin e ritenendola,
è offerta dalla ricezione della sua teoria della formazione dello stato. È
similmente a quest’ultimo, un progresso privo di finalità ma non inespli-
certamente corretto che la formazione dello stato goda di una relativa
cabile. Ora, è certamente corretto affermare che la spiegazione della sto-
autonomia, non passibile di essere risolta nella conformità a determinate
ria non si può costruire sulle intenzioni finalizzate dei singoli attori o di
leggi del modo di produzione. E tuttavia si
collettività agenti; lo storico deve altresì tener conto, senza relegarle ad
rivela del tutto fuorviante cercare di combinare esternamente una dina-
una funzione accessoria, delle conseguenze impreviste dell’agire, della
mica, compresa in chiave evoluzionistica, dello sviluppo delle modalità
dinamica propriamente riconducibile a oggettificazioni e istituzionaliz-
produttive con una corrispondente dinamica di sviluppo delle forme
zazioni, nonché degli effetti strutturali di nessi dell’agire medesimo tra
dello stato. Ciò che fa difetto al materialismo storico non è il profilarsi
loro correlati. D’altro canto il legame delle intenzioni degli agenti con la
di una simile teoria dello stato o della sovrastruttura, bensì il collegarsi
storia non deve essere scisso così drasticamente come fa Elias, appunto
reciproco e storicamente concreto dei processi sociali, che si dispiegano
perché una connessione interna tra agire ed effetti e conseguenze dive-
in una prospettiva di conformità a leggi naturali, con l’azione in una di-
nute indipendenti può essere provata solo se la situazione, colta in una
mensione della ‘politica’ pragmaticamente intesaxv.
dinamica di sviluppo, in cui si attua l’interconnessione sociale è concepita in termini di categorie dell’azione.
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Una prova ulteriore del pericolo di derive meccaniciste nel modello di Elias viene alla luce esaminando le affermazioni relative all’estensione
Quaderni della Ginestra
alle classi inferiori, o ai popoli colonizzati, dei risultati emersi dallo stu-
ragione di dinamiche di sviluppo in perfetta antitesi con la sua
dio di quelle superiori. Il punto debole dell’approccio di Elias non con-
costruzione, il che vale soprattutto per la sfera della sessualità. Una
siste tanto nell’aver accordato un particolare
morale sessuale più permissiva e un mutato
privilegio all’indagine delle classi superiori,
atteggiamento verso la nudità denunciano,
quanto nell’aver presupposto una diffusione
secondo Elias, movimenti di liberalizzazione
trasversale dei fenomeni a loro peculiari. Le
che si producono alla radice del controllo
stratificazioni sociali, le classi e i popoli sono
stabilito sugli affetti e del distanziamento dalla
lontani dall’essere concepiti in base a schemi
corporeità. Sotto certi aspetti può essere vero,
d’azione e forme culturali stabilite a partire
ma la prospettiva del discorso finisce per
dalla divisione sociale del lavoro, bensì gravi-
restringersi al caso di un ordinamento sociale
tano, in ossequio alla tradizione della storio-
effettivamente benevolo nei confronti degli
grafia culturale, attorno a un quadro concet-
impulsi
tuale dominato dai termini di ‘influsso’ e ‘tra-
autocostrizione.
e
che
esige
una
minore
dizione’. Dal punto di vista di Elias, le loro
Anche sul terreno dell’aggressione, o
forme proprie appaiono antiquate e barbare,
‘aggressività’, la spiegazione di Elias che
non resistenti ad essere soppiantate né dotate
invoca un aumento del controllo non è del
di una capacità intrinseca di sviluppo.
tutto
Data questa costruzione ipersemplificante
oggettiva.
Muovendo
dalle
considerazioni svolte nella sua opera, egli
del modello storico, tuttavia, alcune conquiste
giunge alla conclusione che la società xvi
nell’opera di Elias si rivelano sotto una luce non veritiera. Sfugge così
premoderna
non può essere affatto caratterizzata da un’aggressività
alla nostra valutazione il fatto che l’autore incontri difficoltà nel rendere
dei singoli svincolata da qualunque forma di inibizione. Tuttavia nel
12
Figure dell’individualismo
descrivere il fenomeno non viene menzionato rispetto a chi valessero le
punitiva, ha dato rilievo a quanto l’esistenza di un binomio schematico
ferree norme della pace, né chi fosse preda di un’aggressività sfrenata:
amico/nemico sia il rovescio della medaglia della mancanza di processi
Nessun ostracismo sociale puniva queste esplosioni di crudeltà, che non erano messe al bando dalla società. Il piacere di torturare e uccidere era grande, ed era un piacere cui la società consentiva. Anzi, entro certi limiti la struttura sociale spingeva in questa direzione, giudicando necessario tale comportamento quando fosse funzionale a uno scopoxvii.
discorsivi funzionali a disciplinare la volontà e a creare consenso. Si è detto che l’originalità di Elias risiede nell’addurre non solo l’esempio della borghesia ma anche, e con una funzione essenziale, quello dell’aristocrazia per spiegare la genesi della razionalità nel mondo
L’assenza di forze di contenimento dell’aggressività non si deve
borghese. È indiscutibile il ruolo giocato dall’assolutismo aristocratico ai
imputare a un difetto generale nel controllo degli affetti, è altresì
fini dell’affermarsi di una razionalità formale. Elias, tuttavia, non riesce a
riconducibile ai confini netti tra la morale interiore e la morale che
rendere perspicua la relazione tra aristocrazia e borghesia nell’arco di
interviene nella relazione con gli estranei. Poiché nemmeno la pace,
questo sviluppo; in particolare circoscrive eccessivamente la sua indagi-
nello spazio interno ai gruppi sociali, era assicurata dall’interiorizzazione
ne ai requisiti ‘di etichetta’ invalsi presso la corte reale, limita il campo di
(‘coscienza’), ecco che nella stessa misura forme relazionali ritualizzate e
ricerca alla cerchia dei rappresentanti del sistema di potere assolutistico
tabù esteriori furono deputati a garantirla. D’altra parte dare libero
e non prende in considerazione gli altri ‘ruoli inediti’ che la classe feuda-
sfogo all’aggressione contro l’estraneo o l’escluso rientra ancora oggi nel
le si trovò costretta ad apprendere: accanto al ‘cortigiano elegante e raf-
patrimonio fondamentale dei meccanismi d’integrazione sociale.
finato’, la figura dell’‘ufficiale disciplinato’, del ‘funzionario dalle buone
Laddove Elias fa supporre una diminuzione lineare delle manifestazioni
maniere’ e del ‘proprietario terriero assennato nell’amministrare il suo
aggressive, sarebbe invece opportuno pensare alla graduale sostituzione
patrimonio’ (cfr. Anderson 1974). La pressione ad adottare forme ra-
di forme d’integrazione esaurite in una ritualità esteriore con le
zionali di economia e gestione dei beni sarebbe da riportare all’interesse
potenzialità del chiarirsi discorsivamente, componendo così i conflitti
per il controllo delle masse degli agricoltori, nonché alla commistione
xviii
all’interno dei gruppi sociali. Ad esempio George Herbert Mead , nella
con i settori in espansione dell’economia borghese. Un ritratto concreto
sua analisi dei meccanismi psicologici concomitanti alla giustizia
di questa dinamica metterebbe in luce, tra le altre cose, quanto poco i
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Quaderni della Ginestra
concetti di ‘formazione del monopolio’ e ‘concorrenza’ rendano giusti-
una minore autocostrizione e meno soggetta ad un’autorità centrale.
zia al fenomeno centrale dell’assolutismo quale viene descritto da Perry
Colto con lo sguardo di una neutralità avalutativa, secondo Elias lo stato
Anderson:
ha
L’aumento dell’autorità politica dello stato monarchico fu accompagnato non dal declino della sicurezza economica della proprietà fondiaria nobiliare, ma da un aumento corrispondente dei diritti generali della proprietà privata. L’epoca in cui fu imposta un’autorità pubblica ‘assolutista’ fu nel contempo anche l’epoca in cui si consolidò progressivamente il carattere ‘assoluto’ della proprietà privataxix.
regolamentazione di tutto il complesso dei processi di divisione delle
«il
carattere
di
organo
supremo
di
coordinamento
e
funzioni»xx. L’approccio di Elias lascia in ombra sia la possibilità di autodeterminazione individuale nel rapporto del singolo con se stesso, con il proprio corpo e con gli altri, sia al contempo la possibilità di revocare lo stato nell’organizzazione sociale dei ‘produttori associati’.
L’assolutismo non equivaleva in alcun modo al dispotismo orientale, per il quale il modello di Elias non offre risorse esplicative.
TRADUZIONE DI GIACOMO MIRANDA
Le varie imperfezioni della ricostruzione di Elias sono riassumibili come segue: la riduzione dell’interiorizzazione delle norme, nel corso della socializzazione, ad una direzione quasi-automatica, compulsiva, del comportamento; la separazione della storia dall’azione intenzionalmente strutturata di singoli individui, gruppi e classi; l’erronea identificazione e descrizione della dimensione di una politica guidata da processi decisionali collettivi; la mancata considerazione delle forme discorsive che partecipano al costituirsi di una decisione; il fatto di aver marginalizzato le richieste di legittimità che necessariamente si accompagnano al monopolio della violenza detenuto dallo stato: tutto ciò ostacola la prospettiva di una civilizzazione futura contraddistinta da
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Figure dell’individualismo
Il presente paragrafo è tratto dalla terza parte di A. Honneth, H. Joas, Soziales Handeln und menschliche Natur. Anthropologische Grundlagen zur Sozialwissenschaften, Campus Verlag, Frankfurt/New York 1980, pp. 115 – 123. Per la traduzione ho tenuto conto della versione inglese Social action and human nature, a cura di R. Meyer, Cambridge University Press, Cambridge 1988. i Cfr. H. Freyer, Theorie der gegenwärtigen Zeitalters, Stuttgart 1976, p. 53 e segg. ii Il più spettacolare, senza dubbio, fu l’assegnazione del ‘Premio Adorno’ a Norbert Elias da parte della città di Francoforte (Cfr. Elias/Lepenies 1977). iii Cfr. K. S. Rehberg, Form und Prozeß. Zu den katalysatorischen Wirkungschancen einer Soziologie aus dem Exil: Norbert Elias, in P. Gleichmann et al., Materialen zu Norbert Elias’ Zivilisationtheorie, Frankfurt am Main 1979, pp. 101– 169. iv Cfr. N. Elias, Die höfische Gesellschaft, Neuwied 1969; trad. it. La società di corte, a cura di G. Panzieri, Il Mulino, Bologna 1980. v Cfr. G. van Benthem van den Bergh, Is a Marxist theory of the state possible?, in P. Gleichmann et al. (ed.), Human Figurations. Essays for Norbert Elias, Amsterdam 1977; F. Matzner, Die Soziogenese des Staates nach Elias und Schumpeter. Ihr Beitrag zu einer Theorie staatlicher Interventionen, Wissenschaftszentrum Berlin, discussion paper 79–57. vi N. Elias, Über den Prozess der Zivilisation, vol. I, 1936, 19692, p. XXX; trad. it. La civiltà delle buone maniere, a cura di G. Panzieri, Il Mulino, Bologna 1982, 20092 , p. 76. vii Ibidem, p. 164. viii Ibidem, p. 363. ix Cfr. N. Elias, Zur Grundlegung einer Theorie sozialer Prozesse, in Zeitschrift für Soziologie, 6, 1977, pp. 127–149. x N. Elias, Über den Prozess der Zivilisation, vol. II, 1937, 19802, p. 422; trad. it. Potere e civiltà, a cura di G. Panzieri, Il Mulino, Bologna 1983, 20102, p. 398. xi Questa assomiglia molto alla posizione di Plessner; cfr. p. 83 e segg. del presente lavoro. xii Ibidem, p. 422. xiii A. Wehowsky, Studie zu Norbert Elias: Über den Prozeß der Zivilzation, Soziologische Diplomatarbeit FU Berlin, 1976, p. 78. xiv Cfr. supra. xv In particolare lo ha mostrato Antonio Gramsci. xvi Cfr. K. H. Osterloh, Die Entstehung der westlichen Industriegesellschaft und die Revolution der Interaktionsweisen. Europäischer Kulturwandel als psychosoziales Problem, in Archiv für 1
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Kulturgeschichte, 58, 1976, pp. 340 – 370. xvii N. Elias, Über den Prozess der Zivilisation, vol. I, 1936, 19692, p. XXX; trad. it. La civiltà delle buone maniere, a cura di G. Panzieri, Il Mulino, Bologna 1982, 20092, p. 349. xviii Cfr. G. H. Mead, The psychology of punitive action, in American Journal of Sociology, 23, 1918, pp. 577– 602. xix P. Anderson, Lineages of the Absolutist State, 1974, p. 429; trad. it. Lo stato assoluto, a cura di R. Pasta, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1980, p. 383. xx N. Elias, Über den Prozess der Zivilisation, vol. II, 1937, 19802, p. 422; trad. it. Potere e civiltà, a cura di G. Panzieri, Il Mulino, Bologna 1983, 20102, p. 218.
LE PRIME DUE OPERE RIPRODOTTE SONO DI LUCA MAZZIERI. L’ULTIMA OPERA RIPRODOTTA È DI FABIO IEMMI.
Meditazioni filosofiche
Meditazioni filosofiche
NIETZSCHE E L’AUTODETERMINAZIONE DELLO SPIRITO
‹‹Tre metamorfosi vi cito dello spirito: di come lo spirito si trasforma in cammello e il cammello in leone e da ultimo il leone in bambino. Per lo spirito ci sono molte cose gravose, per il forte e tollerante spirito in cui alberga il timore reverenziale. La sua forza esige pesi e pesi ancora più gravosi. “Che cosa è pesante?” Così chiede il tollerante spirito, così s’inginocchia a terra, simile al cammello e vuol venire caricato bene. “Che cosa è più pesante di tutto, o eroi” così chiede il tollerante spirito “perché io lo carichi su di me e mi rallegri della mia forza? Non è forse mortificarsi per far male alla propria superbia! Lasciar splendere la propria stoltezza per farsi beffe della propria saggezza? Oppure è questo: separarci dalla nostra causa quando festeggia la sua vittoria? Salire su alti monti per tentare il tentatore? Oppure è questo: nutrirsi delle ghiande e dell’erba della conoscenza e per amore della verità patire la fame dell’anima? Oppure è questo: essere ammalati e rimandare a casa le persone venute a consolare, e fare amicizia con i sordi che non ascoltano mai quel che vuoi tu? Oppure è questo: entrare in un’acqua sporca purché sia l’acqua della verità e non allontanare da sé le rane fredde e i bollenti rospi? Oppure è questo: amare coloro che ci disprezzano e tendere la mano allo spettro che vuole metterci paura?” Lo spirito tollerante si carica di tutte queste cose difficilissime: simile al cammello che si affretta carico nel deserto, così si affretta anche lui nel suo deserto. Ma nel deserto più solitario avviene la seconda metamorfosi: qui lo spirito diviene leone, vuole conquistarsi la libertà ed essere signore nel proprio deserto. Qui cerca il suo ultimo signore: vuole diventare nemico suo e del suo ultimo dio, vuol combattere per la vittoria con il grande drago. Qual è il grande drago che lo spirito non vuole più chiamare signore e dio? Il grande drago si chiama “Tu devi”. Ma lo spirito del leone dice “Io voglio”. “Tu devi” gli sbarra il cammino, scintillante d’oro, animale 17
squamato e su ogni squama splende aureo “Tu devi!” Su queste squame splendono valori millenari e così parla il più potente di tutti i draghi: “Tutti i valori delle cose splendono su di me. Tutti i valori sono già stati creati e io sono tutti i valori creati. In verità, nessun “Io voglio” deve più esistere!” Così parla il drago. Fratelli miei, a che scopo c’è bisogno del leone nello spirito? A cosa non basta l’animale da soma che rinuncia e prova timore reverenziale? Creare nuovi valori – neppure il leone ci riesce: ma procurarsi libertà di creare – questo il potere del leone riesce a farlo. Per procurarsi libertà e un sacro No anche dinanzi al dovere: per questo, fratelli miei, ci vuole il leone. Prendersi il diritto di stabilire nuovi valori – questo è il più terribile atto per uno spirito tollerante e riverente. In verità per lui è un rapinare: una cosa per animale da preda. Un tempo amava come suo dovere più sacro il “Tu devi”: ora anche nel suo dovere più sacro deve trovare la pazzia e l’arbitrio per potersi prendere con la forza la libertà dell’amore: per questa rapina ci vuole il leone. Ma dite fratelli miei, che riesce a fare il bambino che non riesca a fare anche il leone? A che scopo il leone predatore deve divenire bambino? Innocenza è il fanciullo e dimenticanza, un nuovo inizio, un gioco, una ruota che gira da sola, un primo movimento, un sacro dire di sì. Sì, per il gioco del creare, fratelli miei, ci vuole un sacro dire di sì: ora lo spirito vuole la sua volontà, il senza mondo si conquista il suo mondo. Tre metamorfosi dello spirito vi ho citato: di come lo spirito si è trasformato in cammello e il cammello in leone e il leone da ultimo in bambino››. Così parlò Zarathustra. E all’epoca dimorava nella città detta Mucca Pezzata.
F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Giunti Editore, Firenze 2006, pp. 31-33.
Quaderni della Ginestra
Q
uesto celebre brano dello Zarathustra è in grado di affascinare il lettore non solo per il contenuto che l’autore esprime, ma anche
per il modo in cui lo esprime, che risulta essere poetico e magico come in una favola. Molto interessante e sempre attuale è il senso del testo, che descrive l’evoluzione dello spirito da una dimensione di dipendenza e sofferenza voluta, a una situazione di emancipazione e autonomia. Lo spirito, infatti, non solo si è permesso di sfidare la morale tradizionale e precostituita, ma è stato anche capace di uscire vittorioso da questo scontro, giungendo alla possibilità di creare valori propri e autentici. Lo spirito del cammello ben sopporta le fatiche, è contento di obbedire alla morale tradizionale ed è orgoglioso della sua pazienza e forza nel sopportare i pesi della vita. Esso stesso vuole portare su di sé tali pesi, per poter mostrare a tutti, e in primo luogo a se stesso, quanto è coraggioso e paziente. Il cammello, nella solitudine del deserto, diventa leone e scopre l’esigenza di essere libero dalle sofferenze e dagli obblighi, per essere finalmente autonomo e indipendente. Questa seconda evoluzione dello spirito ci ricorda l’importanza della capacità critica e di pensiero autonomo, tipico di chi è in grado di mettersi in discussione e rivalutare i precetti morali ed etici acquisiti nel tempo; cambiare idea è, infatti, segno di maturità e intelligenza, non di indecisione o fragilità. Lo spirito del leone è uno spirito che vuole essere adulto, slegato da ogni forzatura
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Meditazioni filosofiche
e libero di vivere secondo ciò che ritiene più giusto, è uno spirito che
ritrovare «quel sacro dire di sì», quella purezza tipica del fanciullo che
vuole bastare a se stesso, essere autosufficiente e autore del proprio de-
permette il nuovo inizio, ovvero la formulazione di nuovi valori tramite
stino. L’attualità e l’importanza di questa seconda fase dello spirito è e-
un atto creativo. Questa nuova morale richiede l’eliminazione della vec-
vidente ancora oggi, difatti ci rendiamo sempre più conto che il pensiero
chia e il nuovo inizio può verificarsi solo a partire da una situazione di
autonomo e critico è elemento necessario e fondamentale per la costru-
autenticità e genuinità tipiche del fanciullo.
zione della personalità libera, consapevole e autonoma. Solo in questo
In conclusione, possiamo dire che le tre metamorfosi ben rappresenta-
modo si può evitare di essere in balìa delle circostanze, vittime di false
no il cammino di emancipazione dello spirito. Partendo dallo spirito tol-
convinzioni e falsi miti, ed essere, al contrario, capaci di diventare pro-
lerante e paziente del cammello che non ha alcuna intenzione né capaci-
tagonisti consapevoli della propria vita. Il drago, in questo senso, oltre
tà di ribellarsi alla morale tradizionale, che anzi rispetta volentieri, si
a rappresentare l’obbligo della morale, diviene portatore di tutto ciò
giunge al leone che sfida la morale vigente, nel tentativo di emanciparsi
che è imposto dall’alto, alludendo a una situazione in cui il soggetto non
da essa per creare in autonomia una nuova morale che sia propria e per-
è in grado di valutare le imposizioni, che accetta passivamente, e non ha
sonale. Per fare questo, tuttavia, è necessaria l’ultima evoluzione che è
la possibilità di disobbedire o di rifiutare tali precetti. Nel tentativo di
quella del bambino: solo grazie alla genuinità e alla purezza del fanciullo
costituire una nuova e propria morale, quindi, il leone rappresenta la ri-
è possibile il nuovo inizio.
bellione alla morale data dall’alto e obbligatoria. In questo momento subentra la terza e ultima evoluzione dello spirito
ANNA PAGLIARINI
che da leone diventa bambino. Non è sufficiente la sola ribellione, occorre, dopo aver sconfitto il drago, la capacità di trovare un’alternativa alla vecchia morale; la semplice vittoria sul drago, infatti, non porta necessariamente alla sostituzione della morale tradizionale con una morale nuova. Per fare questo, bisogna che il leone diventi bambino, per poter 19
L’OPERA RIPRODOTTA È DI MASSIMO VIOLI
IN LIBRERIA A SETTEMBRE Ritorno della razza e nuove schiavitù Thomas Casadei, Neorazzismo, neoschiavismo Etienne Balibar, Lo schema genealogico: razza o cultura? Gaia Giuliani, Assegnazione del colore e lavoro servile, Il fenomeno del blackbirding nel contesto australiano Dino Costantini, Metamorfosi dell’integrazione, Dalla non-discriminazione al razzismo Chiara Marchetti, Assistiti o segregati? I grandi centri per richiedenti asilo in Italia Mara Fornari, Logiche e forme dell’esclusione, Un percorso storico-concettuale Archivio: Comunismo e lavoro Karl Marx, Il lavoro estraniato, a cura di Ferruccio Andolfi Linguaggio e comunità Donatella Di Cesare, Linguaggio, un paradigma della comunità a venire, Humboldt nel futuro Scritture Umberto Piersanti, Presso il tronco del tiglio Questione morale Giacomo Costa, Il ‘moralismo’: una prima ricognizione Individualismo Rino Genovese, Com’è possibile un individualismo sociale? A due voci Schiavitù, razza e memoria: il caso francese Thomas Casadei intervista Costanza Margiotta Broglio Note di lettura Nadia Urbinati, Liberi e uguali (Giacomo Miranda); Roberta De Monticelli, La questione morale (Marina Savi); Axel Honneth, Capitalismo e riconoscimento (Giuseppe Rubinetti); Annamaria Rivera, La Bella, la Bestia e l’Umano (Mara Fornari); “Ragion Pratica”, n. 35 (Barbara Bartocci); Pietro Basso, a cura di, Razzismo di Stato (Lucia Dileo); Thomas Casadei, Sauro Mattarelli, a cura di, Il senso della repubblica. Schiavitù (Simona Bertolini).
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Meditazioni filosofiche
“DIONISO CONTRO IL CROCIFISSO”. NIETZSCHE NELLA TEORIA DI RENÉ GIRARD Dioniso contro il Crocifisso: eccovi l’antitesi. Non è una differenza in base al martirio – solo essa ha un altro senso. La vita stessa, la sua eterna fecondità e il suo eterno ritorno determinano la sofferenza, la distruzione, il bisogno di annientamento… . Nell’altro caso il dolore, il “crocifisso in quanto innocente” valgono come obiezione contro questa vita, come formula della sua condanna. F. Nietzsche, Opere, a cura di G. Colli e M. Montinari, vol. VIII, tomo III, Frammenti Postumi 1887 – 1888, trad. it. di S. Giametta, Adelphi, Milano 1986, 14 [89], p. 56.
N
La grande scoperta di Girard sta nel nuovo modo di considerare il desiderio. La teoria mimetica afferma che l’uomo non è in grado di desiderare autonomamente ma ha sempre bisogno di un terzo, un modello, che gli suggerisca cosa desiderare, magari desiderandolo lui stesso. Nel Romanticismo, il desiderio era concepito linearmente. Il soggetto, in questa visione, è attratto dall’oggetto per il suo valore intrinseco oppure perché è in grado da solo di conferire valore a ciò che desidera. Girard, invece, ci mostra la natura triangolare del desiderio. Il soggetto desidera sempre ciò che desidera il modello, cioè una persona che esercita un certo prestigio sul soggetto. Qui abbiamo già una differenza con Nietzsche, e tale differenza, forse la più evidente, produrrà di conseguenza tutte le altre. Il filosofo te-
ietzsche ci mostra in questo frammento quale sia, a suo avviso,
desco, esponente sotto questo aspetto della cultura romantica, ritiene
la differenza tra il senso dato alla sofferenza da Dioniso e dal
che l’uomo sia in grado di desiderare senza mediatori. Il Superuomo, o
Crocifisso. René Girard ha avuto modo, nei suoi vari scritti, di tornare su questo
meglio, l’oltre-uomo nietzschiano, è indipendente dallo sguardo degli altri e riesce da solo a costruire i suoi valori.
frammento e di trovare riscontri con l’interpretazione della genesi del
D’altro canto, Nietzsche ritiene che le persone deboli, incapaci di di-
sacro che la sua teoria mimetica ci propone. La teoria girardiana, infatti,
staccarsi dallo sguardo degli altri, si ammalino di risentimento, la vendet-
riprende molto dal pensiero di Nietzsche e ne diventa, per dirla con Gi-
ta immaginaria e sublimata di cui deve accontentarsi chi non riesce a
rard, il “negativo fotografico”.
vendicarsi sul serio dei torti subiti. A lungo andare, il risentimento sfocia
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Quaderni della Ginestra
nella violenza e nell’odio. Il risentimento, tuttavia, è a sua volta generatore di valori: i deboli, non sopportando più la loro condizione, si coalizzano per ribaltare la scala sociale, e danno vita a nuove istituzioni e religioni che tendono ad annientare la gerarchia stabilita naturalmente. Il cristianesimo, figlio del risentimento, è l’apice della morale da schiavi. René Girard capovolge la visione di Nietzsche. La teoria mimetica è la constatazione dell’inesistenza del Superuomo, ovvero del fatto che, forse, accusare gli altri di essere risentiti è proprio di chi è pieno di risentimento. Tutti, strutturalmente, siamo dipendenti dallo sguardo degli altri, proprio perché ci imitiamo e ci suggeriamo a vicenda che cosa desiderare. Non esistono, quindi, né autonomia né autenticità e proprio le relazioni che Nietzsche intratteneva con Wagner offrono un esempio lampante di ciò. Ma cosa succede quando i nostri desideri coincidono e il soggetto si fa sempre più vicino al mediatore? In questi casi la rivalità diventa inevitabile. Il soggetto si sforzerà di sottrarre al mediatore l’oggetto desiderato ingaggiando con lui un combattimento. In questa lotta per il possesso, i due rivali si attaccheranno reciprocamente in un movimento a spirale. A ogni atto violento, il rivale ne opporrà un altro di pari o maggiore intensità. La violenza, infatti, è anch’essa mimetica; ogni comporta-
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Meditazioni filosofiche
mento violento da parte di uno dei due contendenti tenderà a essere i-
ra viva da qualche parte: ecco che la comunità divinizza la propria vitti-
mitato dall’altro. Tale caratteristica della violenza fa sì che i due rivali di-
ma collocandola in un al di là da dove può far discendere i suoi benefici
vengano sempre più simili quanto più cerchino di differenziarsi. Essi,
sul gruppo. Il capro espiatorio divinizzato ha il merito di riportare
quindi, diventano due doppi mimetici.
l’ordine dove prima vi era disordine e di ricreare le istituzioni della co-
La violenza, proprio perché mimetica, è anche contagiosa. In altre
munità che si erano perse durante la crisi. Nasce cioè un nuovo sistema
parole, essa tende a dilagare in un numero sempre maggiore di soggetti,
di simboli che crea un’articolazione di differenze dove prima esisteva
in modo analogo a un virus.
l’indifferenziazione dei doppi.
Una comunità primitiva, in cui tutti i membri sono stati contagiati dal
Il sacro primitivo, quindi, ha la funzione, anche grazie ai propri divie-
ciclo della violenza mimetica, rischia l’autodistruzione. Per salvarsi dalla
ti e prescrizioni, di impedire la crisi dei doppi, cioè di evitare la violenza.
violenza generata dalla crisi dei doppi, la comunità mette in atto uno
Il sacrificio rituale è il modo di ripetere l’evento primordiale che ha sal-
stratagemma, che l’uomo condivide con alcuni primati. La società si sal-
vato la comunità dall’autodistruzione. Ripetendo questo evento, il grup-
va a spese del suo capro espiatorio.
po si tiene a distanza dalla violenza reale ripetendo il meccanismo in
Un capro espiatorio è una persona che per qualche motivo (caratteri
maniera controllata.
fisici, posizione sociale ecc.) riesce ad attirare l’attenzione del gruppo
I miti, invece, ci danno il resoconto della vicenda di persecuzione
tanto da coalizzarne la violenza contro di sé. Il gruppo, contagiato dalla
dalla prospettiva distorta dei persecutori. Le storie mitologiche sono tut-
violenza mimetica, perseguita il suo capro espiatorio fino al punto di uc-
ti racconti di persecuzione con un dramma al loro interno. Anche la
ciderlo o di espellerlo dalla comunità perché accusato di aver provocato
Passione di Gesù raccontata nei Vangeli è una storia di persecuzione.
la degenerazione dei rapporti sociali.
Tuttavia essa non condivide la prospettiva adottata dal testo mitologico.
Dopo che il gruppo ha ucciso il proprio capro espiatorio, si trova improvvisamente rappacificato. Per questo la vittima dovrà essere anco-
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Il cristianesimo è l’unica religione che ha svelato il meccanismo di persecuzione bloccandolo dall’interno. Se con il paganesimo la vittima era
Quaderni della Ginestra
ritenuta colpevole della crisi, e di conseguenza veniva sacrificata e poi
testo Gaia scienza, af. 125). Chi, in un’esegesi del passo, non tenesse con-
divinizzata dai persecutori stessi, il cristianesimo guarda gli eventi dalla
to dell’uccisione collettiva di Dio tenderebbe a comportarsi come gli «a-
prospettiva della vittima.
tei al mercato». L’annuncio dell’uomo folle, infatti, è compiuto in mezzo
I testi evangelici, a differenza della mitologia, non sono testi di perse-
a molte persone che già non credono più in Dio e che, di conseguenza,
cuzione ma, al contrario, sono testi che riabilitano la verità delle vittime,
non riescono a capire l’annuncio: come è possibile uccidere Dio se non
rimasta fino a quel momento celata.
è mai esistito? Mostrandoci la genesi del sacro, Girard risponde a que-
I Vangeli sono costruiti sullo stesso schema dei miti, ma a differenza di questi, cosa che era sfuggita alla scienza positivista dell’epoca fino a quel momento, essi non approvano e non incoraggiano la violenza. Qui la visione girardiana si incontra con quella nietzschiana: il punto di tangenza fra le due teorie è la scoperta della violenza nel religioso. Secondo Girard, Nietzsche è stato l’unico che ha intuito sia il meccanismo violento con il quale i popoli primitivi formavano le proprie divinità, sia la differenza fra il cristianesimo e le religioni primitive. L’assassinio di Dio, tema centrale della filosofia nietzschiana, è
sta domanda: la morte del capro espiatorio è la condizione senza la quale le divinità non possono nascere. Secondo Girard, l’azione che Nietzsche annuncia è lungi dall’essere compresa anche oggi. Per tutti e due gli autori, l’incomprensione della nostra violenza è la più grave sciagura dell’umanità, ma per ragioni opposte. Nietzsche sostiene che il Superuomo ha bisogno di sbarazzarsi del risentimento che lo avvelena e di tornare al sacrificio, che deve essere compiuto, questa volta, a occhi aperti e rivendicato come un atto glorioso.
l’opposto speculare del pensiero vittimario di Girard. Per Nietzsche la
Girard, al contrario, afferma la prospettiva del cristianesimo e vede
morte di un capro espiatorio è salutare e mantiene coesi gli uomini fra
l’amore come l’unica arma in grado di controbattere al risentimento im-
loro. La prospettiva girardiana, invece, è a favore della vittima e ci mo-
perante nella nostra epoca.
stra la violenza contenuta nelle istituzioni umane. Nietzsche ci parla di un assassinio compiuto collettivamente, di cui tutta l’umanità è responsabile, e lo descrive nei particolari (mi riferisco al
Contrariamente a quanto Nietzsche è portato a credere, infatti, il cristianesimo ha generato il risentimento come figlio illegittimo per impedire che la violenza dilagasse, ma non ne è stato di certo generato.
24
Meditazioni filosofiche
Il conflitto più importante fra le due teorie sta proprio nella visione del desiderio umano. Nietzsche sembra non voler vedere l’importanza delle relazioni. Nessuno è in grado di costruire qualcosa se non insieme con gli altri, e questo porta strutturalmente alla violenza se non siamo in grado di difendercene tramite l’amore. La filosofia nietzschiana, presentandoci un uomo in grado di creare e di gestire autonomamente la propria vita, ha finito col chiudere gli occhi di fronte alla competizione che quotidianamente ognuno porta avanti con i suoi simili. Presentando la violenza come necessaria e anzi come un atto glorioso da rivendicare, Nietzsche sostanzialmente ha finito con l’approvarla. Essere al di là del bene e del male significa non guardare alle relazioni che ci costituiscono e che noi continuamente portiamo avanti. Per questo non esiste un al di là del bene e del male dove l’uomo sia indipendente dal suo simile, che lo interpella costitutivamente. Il risentimento, emozione che secondo Nietzsche colpisce la nostra epoca, è generato principalmente dalla non accettazione dell’altro. Tutti siamo infettati dal risentimento. Accettare questo significa rinunciare a fare altre vittime, a favore di una maggiore comprensione della natura umana.
MARTINO PESENTI GRITTI L’OPERA RIPRODOTTA È DI ALDO CURZIOTTI 25
Cinema e filosofia
LA FORZA DELLA PAROLA TRA LE MURA DE
LA CLASSE
L
Siamo a Belleville, nel XX arrondissement di Parigi, quartiere di media periferia denso di disuguaglianze sociali, mescolamenti etnici e differenze culturali. In questa cornice il sistema scolastico nel suo complesso,
a classe di Laurent Cantet, uscito nelle sale cinematografiche
e nella sua complessità, diventa lo spaccato di una realtà sociale ricca di
l‟autunno del 2008 dopo aver conquistato la giuria del 61° Festi-
sfumature. La scuola – alle prese con una generazione assolutamente i-
val di Cannes meritandosi la Palma d‟Oro, è basato sul romanzo Entre le
nedita perché alla differenziazione di classe sociale delle famiglie di ap-
mure di François Bègaudeau, interprete egli stesso del film nel ruolo del
partenenza e allo scarto generazionale si aggiunge la diversità di prove-
professore di francese. Con temi da far invidia a un civile, quanto utopi-
nienza dei suoi utenti – diventa cassa di risonanza dei problemi di tutta
stico, dibattito in Parlamento in materia di riforma scolastica – disagio
la società, globale e globalizzata: immigrazione, identità culturali, inte-
sociale, conflittualità generazionali, differenze culturali, ruolo degli inse-
grazione, devianza, droga, violenza... Da qui la difficoltà della scuola a
gnanti – il film è la trasposizione sul grande schermo del „diario di bor-
instaurare un dialogo costruttivo, una comunicazione formativa che aiu-
do‟ di un anno scolastico vissuto tra le pareti di una scuola media supe-
ti le nuove generazioni a recuperare quei valori che sono gli strumenti
riore della periferia di Parigi. Protagonisti sono il professore e i suoi stu-
indispensabili per la crescita dell‟individuo. Fin qui insomma niente di
denti, adolescenti tra i 14 e i 16 anni. Dall‟arrivo dei nuovi professori al-
originale. Il film ricalca il modello di tante produzioni hollywoodiane
la conoscenza della classe, dai colloqui con i genitori ai collegi didattici
ambientate nelle periferie delle grandi città americane ricche di volti su-
fino all‟ultimo giorno di scuola, la narrazione non oltrepassa mai gli spa-
dafricani, sudamericani, ispanici o diversamente „abbronzati‟. E non
zi dell‟istituto e procede lineare tra lezioni frontali, scambi di vedute tra
manca neppure il colpo di scena finale tanto caro ai nostalgici
docenti, ricreazioni ecc. Ma se con uno zoom out allarghiamo
dell‟Attimo fuggente. Allora dov‟è la particolarità?
l‟inquadratura così da spostare il focus dai volti degli attori all‟intera
Uno dei temi del film, il tema centrale forse, il vero protagonista, è il
classe poi all‟istituto e via via fino all‟intero set, backstage compreso, ci
dialogo. E con il dialogo il linguaggio e, in ultimo, l‟unità minima con
accorgiamo che il panorama è ben più articolato.
cui il linguaggio si articola: la parola.
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Quaderni della Ginestra
François, il professore di lingua francese, è uno che crede nel dialogo
nella costruzione della conoscenza. Peccato che il tentativo fallirà e cia-
e si confronta quotidianamente con i suoi studenti anche quando le cose
scun interlocutore sperimenterà la forza straordinaria della parola che
si fanno difficili. Il rapporto tra insegnate e ragazzi è diretto, colloquiale,
irrompe violenta, anche al di là delle intenzioni o degli autentici signifi-
quasi paritario. Le lezioni mostrate nel film solo raramente sfiorano gli
cati. Ecco la novità.
ambiti curriculari, o meglio questi offrono il pretesto per indugiare in
Assistiamo per tutto il film a un crescendo in cui la comunicazione
discussioni trasversali ed esperienziali che vanno
da momento di confronto diventa scontro, il
dalla conoscenza del significato delle parole –
rapporto diventa sfida. I dialoghi tra docente e
l’argenteria è un’abitante dell’Argentina? chiede uno
studenti si trasformano in veri e propri duelli lin-
studente – a discussioni sulle squadre di calcio
guistici in cui il vincitore è colui che ha l‟ultima
che partecipano alla Coppa d‟Africa. C‟è persino
parola, a prescindere dalla correttezza delle ar-
un richiamo alla Repubblica di Platone che il regi-
gomentazioni. Accade allora che la contestazione
sta cita non per bocca del colto professore ma at-
nei confronti dell‟insegnante diventa la regola, e
traverso le letture di una giovane alunna,
accade anche che il professore si ritrovi, a volte, a
l‟indisciplinata Esmeralda, quasi a voler accredita-
corto di argomenti e perda la pazienza. E così, là
re l‟efficacia di una pratica educativa che ha origi-
dove la carica esplosiva dei linguaggi si fa intensa,
ni remote ricordandoci appunto le abitudini degli
alta è la probabilità che la situazione sfugga di
antichi filosofi, primi fra tutti Socrate, i quali fe-
mano e che si oltrepassi la soglia di tolleranza.
cero del dialogo lo strumento privilegiato di inda-
Basterà, infatti, un imperdonabile appellativo,
gine della verità. Il professore, insomma, intende incarnare non solo un
“due sgallettate”, e tutti quegli sforzi tesi a conquistare fiducia e credibi-
modello di educazione ma uno strumento di comunicazione in cui la
lità attraverso la ricerca di un dialogo si annulleranno in un sol gesto. La
spontaneità del dialogo e il confronto giocano un ruolo fondamentale
ricerca del dialogo diventerà conflitto aperto. La tensione latente che si
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Cinema e filosofia
percepisce fin dalle prime sequenze si libererà finalmente con tutte le
tenza della comunicazione non alla parola ma all'immagine. L‟ironia del-
sue conseguenze. E l‟esito sarà doloroso per lo studente e amaro per il
la vita, però, lo riporterà alla realtà: sarà proprio lui a dover fare da in-
professore.
terprete tra sua madre, che non parla il francese, e i suoi giudici, il Con-
Questa escalation ci ricorda un altro film, anch‟esso francese (forse
siglio di Disciplina. Quest‟ultimo dunque, oltre a riaffermare la presenza
non è un caso), la cui trama è sintetizzata tutta nella metafora raccontata
normalizzante dell‟istituzione riportando i soggetti alla loro funzione
all'inizio del film da una voce fuori campo che a nero, prima dunque che
pubblica e istituzionale e a una concezione omogeneizzante
siano le immagini a parlare, dice: «Questa è la storia di un uomo che ca-
dell‟istruzione, dimostrerà anche che il potere normalizzante si fonda su
de da un palazzo di cinquanta piani. Cadendo passa da un piano all'altro
una comunicazione basata su codici che non prevedono eccezioni, che
e il tizio, per farsi coraggio, ripete fra sé: Fin qui, tutto bene. Fin qui, tutto
non prevedono altri linguaggi e altre modalità di espressione. É la scon-
bene. Fin qui, tutto bene... Sì, perché il problema non è la caduta, ma l'atter-
fitta dell‟educazione di fronte all'imprevedibilità delle emozioni? Non lo
raggio». Il film è L’odio di Mathieu Kassowitz, anno 1995, vincitore del
sappiamo. O meglio, La classe di Cantet non ce lo dice. Il film non e-
premio per la miglior regia al 48° Festival di Cannes, nato dallo spunto
sprime giudizi, ritrae solo situazioni.
di un fatto reale: l‟uccisione di un ragazzo delle banlieue parigine da parte della polizia. Ma torniamo in classe.
Due parole, infine, sul linguaggio cinematografico. Sappiamo che il regista ha lavorato con tre videocamere digitali: una puntata sul profes-
É interessante notare il fatto che sia proprio Souleymane il protago-
sore, una sul personaggio che ha la battuta, la terza che va a cercare pic-
nista dello scontro finale tra insegnante e studente. Souleymane è un ra-
coli momenti di vita quotidiana come un ragazzo che manda un sms, un
gazzo originario del Mali seduto nell‟ultima fila di banchi. Apparente-
altro che parla in fondo alla classe e tutto quello che succede quando ci
mente privo di interessi, distratto e strafottente, non ha mai aperto un
sono venticinque ragazzi in una stanza. Audio sporco con notevole bru-
libro. Eppure è capace di realizzare un bellissimo autoritratto della pro-
sio di fondo e il silenzio quasi impossibile da ottenere. Inquadrature
pria vita e di quella della sua famiglia grazie ad una fotocamera digitale.
strette sui primi piani per catturare ogni senso di realtà che passa attra-
É insomma colui che ha deciso di affidare, con discreto successo, la po-
verso un‟espressione o un gesto imprevisto. Recitazione naturale,
29
Quaderni della Ginestra
lasciata alla quasi totale improvvisazione degli attori non pro-
SCHEDA
fessionisti colti direttamente „dalla scuola‟. Un montaggio che
Titolo originale: Entre les murs
segue il ritmo delle parole. Come stile, insomma, siamo in
Nazione: Francia
pieno neorealismo moderno. Quello che vediamo “dentro le
Anno: 2008
mura” è uno sguardo diretto sulla realtà, non solo quella sco-
Genere: Drammatico
lastica, ma anche e soprattutto quella che resta „fuori campo‟ e
Durata: 128‟
che vi penetra inevitabilmente. La classe diventa, così, metafora di un mondo confuso dove la scuola è chiamata, necessariamente, ad andare oltre la trasmissione della sola conoscenza. L‟insegnante, infine, è quasi sempre ripreso da destra ver-
Regia: Laurent Cantet Sceneggiatura: Laurent Cantet, François Bégaudeau, Robin Campillo Cast: François Bégaudeau, Nassim Amrabt, Laura Baquela, Cherif Bounaïdja Rachedi,
so sinistra, mentre i ragazzi dall‟angolatura opposta senza che
Juliette Demaille, Dalla Doucouré
vi siano piani di insieme che accolgano nella stessa inquadra-
Produzione: Haut et Court
tura
Distribuzione: Mikado
tutti
gli
attori
in
campo.
Sembra
quasi
che
l‟incomunicabilità tra l‟istituzione scolastica e la vita dei ragazzi sia anticipata dalle scelte stesse del regista che decide di rompere il contratto di eguaglianza tra professori e studenti con un linguaggio cinematografico che mette la parola „fine‟ all‟utopia paritaria. ANNA RICUCCI
30
Cinema e filosofia
EXAMINED LIFE
Nussbaum e di Butler, che sottolineano proprio l‟importanza del corpo
DI ASTRA TAYLOR
nel rapporto tra filosofia e vita. Ecco allora emergere due delle tematiche principali di questo composito oggetto: il rapporto analitico
C
tra filosofia e vita, evidente fin dal titolo, e quello tra il detto, le parole he cosa è “Examined Life”? Banalmente una successione di
dei filosofi, e il non detto, costituito dalle immagini.
interviste-monologhi sul significato della vita nelle quali
Uno dei filosofi intervistati, Martha Nussbaum, ha affermato che il
l‟ideatrice e regista Astra Taylor ha coinvolto alcuni filosofi viventi: da
film tradisce lo spirito del filosofare dialettico come inteso a partire da
un certo punto di vista è quindi un testo filosofico, un‟opera collettanea.
Socrate: i filosofi non avrebbero cioè instaurato un vero dialogo con i
Allo stesso tempo è un documentario se non addirittura un vero e
loro interlocutori, si sarebbero posti in posizione autoritaria, inclini a
proprio film. Ma forse è impossibile nonché inutile forzare quest‟opera
parlare ma non ad ascoltare. Ad un livello immediato ciò è in parte vero,
in una particolare definizione. E‟ inafferrabile non solo da un punto di
sebbene non manchino esempi di assenza di scambio nelle opere
vista formale ma anche nel suo significato: l‟accostamento di tecniche
platoniche e momenti di colloquio classico nell‟opera della Taylor.
ed ambiti (film e filosofia), normalmente alieni tra loro, eccita infatti
Credo però che in quest‟ultima siano presenti livelli di dialogo che
nello spettatore frotte di riflessioni e di sensazioni che forse vanno al di
sfuggono alla Nussbaum, forse incurante del ruolo delle immagini.
là dei temi previsti dall‟autrice e dai filosofi stessi; la forma immagine del
Eppure il nascondimento dell‟intervistatore smaschera in modo
cinema costituisce un ottimo terreno di coltura per la filosofia. Per
inequivocabile queste ultime come principali referenti dialogici. Ogni
esempio, diversamente da quanto accade nel normale rapporto filosofo-
filosofo si muove in un paesaggio diverso, a volte direttamente
lettore, qui c‟è il volto del filosofo: la regista avrà voluto richiamare
collegabile a ciò di cui parla, altre senza apparenti legami. Eppure questi
l‟idea di Lévinas che il volto inizia e rende possibile ogni discorso,
ultimi ci sono sempre perché il pensiero dello spettatore, magari anche
presuppone a tutte le relazioni umane? Tale presenza corporea è resa
inconscio, non può rinunciare al tentativo di trovare o costruire una
poi parossistica dal contenuto di alcuni interventi, come quelli di
relazione
31
tra parola
e
immagini.
Le
parole
si
confrontano
Quaderni della Ginestra
immediatamente con i primi piani, il contesto, gli oggetti, le persone e
movimento fisico delle immagini e dei corpi. Si può anzi
gli eventi, che non sono certo la neutra pagina bianca di un libro o la
paradossalmente osservare che anche quando i contesti scelti sono oasi
nera lavagna di una lezione frontale. Ma non solo: l‟apporto delle
di tranquillità il flusso della vita rischia quasi di evidenziare la staticità
immagini è filosoficamente fondamentale perché esse possono dire
dei discorsi dei filosofi.
l‟indicibile, possono eludere il wittgensteiniano monito a tacere di ciò di
Al di là di queste considerazioni generali è poi opportuno riflettere
cui non si può parlare. La ricerca del non detto riprende almeno in parte
sui “testi” specifici, fatti di parole e immagini, che ogni filosofo offre
l‟abitudine platonica di realizzare nei propri dialoghi vere e proprie
durante la sua performance.
messe in scena (basate sui ruoli dei personaggi, sui luoghi, sui tempi,
Il primo è Cornel West, che vaga per le strade di New York,
ecc.) finalizzate alla resa dialettica, sebbene la regista di questo film affidi
predicando dal sedile posteriore di un‟automobile. L‟obiettivo della
la creazione di simili legami e sviluppi semantici ad un processo
macchina è sulla sua bocca, sulla parola del filosofo che allude alla vita al
ermeneutico molto più spontaneo.
di là del finestrino. Sua la frase d‟apertura ‹‹the unexamined life is not
Talvolta la vita che scorre nei fotogrammi, nonostante il tentativo del
worth living››: ma quindi senza filosofia la vita non è degna di essere
filosofo di racchiuderla ed esaurirla con i suoi concetti, sembra discutere
vissuta o la filosofia è solo uno dei vari modi di esaminare la vita?
o addirittura contraddire il contenuto dei discorsi (se non la possibilità
Sicuramente la filosofia è per lui una disposizione alla lotta contro il
stessa del discorso): più che essere la filosofia a esaminare la vita sembra
dogmatismo e contro le strutture di dominazione. Non stupisce perciò
allora che sia quest‟ultima ad esaminare la prima, sebbene ciò nello
che individui nel coraggio la virtù fondamentale del filosofo: capace di
spettatore penetri solo a livello irriflesso e non dialogico. E‟ poi
rivolgere l‟analisi anche verso se stesso e di accettare il proprio essere
interessante notare che tutti i filosofi parlano mentre sono in
per la morte, intesa come inevitabilità del cambiamento e della
movimento, a piedi, in auto, in barca, ecc.: il continuo cambiamento di
trasformazione continua. A ciò si collega la critica alle grandi visioni
prospettiva accentua ulteriormente il confronto. Da una parte la
totalizzanti e all‟ossessione per l‟armonia, che trova nella musica blues e
dialettica dei filosofi, il movimento di parole e concetti, dall‟altra il
nelle sue dissonanze la massima e più compiuta espressione.
32
Cinema e filosofia
A questa critica potrebbe aderire anche Avital Ronell con la sua stigmatizzazione della brama di significato che pervade la società attuale:
morale del senso comune soprattutto relativamente alle scelte etiche, cioè quelle che danno senso alla vita contemporanea.
le cose vanno lasciate aperte, non devono per forza essere afferrate e
L‟aeroporto, il non-luogo scelto da Kwame Anthony Appiah,
comprese. Da un punto di vista etico ciò deve trasformarsi nell‟ansia: se
simboleggia la vicinanza tra singolo e resto del mondo nonché
sei sicuro di aver capito le cose e le persone allora credi di poterne
l‟ambigua espansione che di recente ha avuto la nostra responsabilità
disporre correttamente e non avrai dubbi nel compiere gesti, anche
individuale, fenomeno già osservato da Singer. Se da una parte la nostra
brutali, nei loro confronti. Decisamente autoironico sottoporre lo
vita morale non può più essere limitata al nostro piccolo contesto, allo
scetticismo peripatetico della filosofa all‟appisolata perplessità delle
stesso tempo non si può abbandonare il proprio gruppo locale perché
persone sedute in un parco, quasi infastidite dalla sua presenza come lo
ciò significherebbe abbandonare la propria umanità, intesa come
fu Diogene da quella del grande Alessandro.
bisogno di valori. Dalla constatazione dell‟importanza della diversità Avvolto dal
così come della inevitabilità dei valori, non deve quindi scaturire la
caotico e alie-
concorrenza agonistica tra le varie opzioni ma il rispetto e la
nante
traffico
convivenza. Peccato che l‟aeroporto sia pressoché vuoto e ricordi quello
della
quinta
di Beirut nell‟allucinazione del protagonista di Valzer con Bashir.
strada a New
Abbandonare le grandi narrazioni significa, nelle teorie sociali,
York, Peter Sin-
considerare il divenire e le differenze anche fisiche tra uomini, donne,
ger converge in
bambini, vecchi, disabili, anziché perdersi nell‟inutile ricerca di stati di
parte con il de-
natura ed essenze umane: secondo Martha Nussbaum tutti gli esseri
costruzionismo
umani hanno diritto a narrazioni specifiche e quindi proprio dalle
della Ronell: la
differenze devono partire le teorie. Quasi metafisico è però l‟epilogo
filosofia deve proporre soluzioni e significati alternativi, sfidare la
dell‟intervento di questa filosofa: gli esseri umani si uniscono nelle
33
Quaderni della Ginestra
società per amore e con l‟intento di creare il miglior mondo possibile;
visceralmente non possiamo immaginarlo e tanto meno crederlo reale.
che sia forse inevitabile il prevalere dell‟ottimismo quando si percorre
La soluzione che infine il filosofo sloveno provocatoriamente individua
un verde lungolago animato da cigni e bambini giocosi?
è acuire l‟alienazione tra uomo e natura in modo che diventi concepibile
Michael Hardt preferisce invece cimentarsi con una barca nel
ad ogni livello l‟imminente catastrofe ecologica. Mi chiedo però perché
laghetto di un parco metropolitano: che si tratti di una richiamo alla
Žižek, nella sua volontà demistificatoria, applichi a sua volta il mito
nave dei folli di cui parla Foucault, voluto dal filosofo per potersi
dell‟uomo che agisce come un unicum immortale e lungimirante,
arrischiare in utopie, in discorsi da non prendere sul serio? Il tema in
anziché come individui cinicamente consapevoli che nel lungo termine
effetti è la rivoluzione negli Stati Uniti, ottenuta attraverso non un
saranno tutti morti.
mutamento della leadership o della forma di governo ma rendendo
L‟unico caso di classico dialogo a due è offerto da Judith Butler e
l‟uomo capace di vera democrazia. Secondo questo filosofo, che rema
Sunaura Taylor, la sorella disabile della regista. Niente di meglio della
impacciato, la natura umana deve quindi adattarsi ad una forma politica
loro passeggiata a San Francisco per mostrare cosa significhi la
calata
che,
differenza e a che cosa alludesse anche la Nussbaum parlando di
paradossalmente, si impara solo attuandola. Allo spettatore lo spassoso
possibilità fisiche che diventano possibilità sociali. Differenza, possibilità
compito di spiegare perché nel bel mezzo del suo discorso Hardt urti in
e relazione sono gli oggetti della loro speculazione filosofica: che cosa
pieno uno scoglio.
diversifica normalità e disabilità se non possibilità socialmente
dall‟alto,
perché
ritenuta
superiore
a
priori,
e
Un centro raccolta rifiuti, all‟apparenza il più dirompente tra gli
contingenti? Non abbiamo tutti bisogno di supporti e di aiuto per fare
sfondi, è in realtà in perfetta armonia con le parole della philo-star
qualsiasi cosa (decisamente funzionale, nel film, l‟acquisto, strada
Slavoj Žižek. L‟ecologia è un‟ideologia perché si rivolge a problemi reali
facendo, di un indumento)? La ridescrizione investe anche il concetto di
ma li mistifica creando situazioni come il disconoscimento del rischio
corpo, che la Butler fa a pezzi, considerandolo un semplice
che corriamo distruggendo il mondo naturale: anche se a livello
assemblaggio di capacità e azioni, privo di essenza ed unità: ma può
razionale sappiamo del pericolo non facciamo niente per evitarlo perché
l‟individuo sopravvivere a ciò? Il rifiuto di etichette (uomo, donna, abile,
34
Cinema e filosofia
disabile, ecc.) pare qui condurre ad un certo riduzionismo, che elimina le
SCHEDA
strutture emergenti dall‟insieme a favore della funzionalità atomica delle
Regia: Astra Taylor
parti.
Soggetto, sceneggiatura: Astra Taylor
Al di là dei dibattiti è comunque evidente l‟inevitabilità filosofica per
Fotografia: John M. Tran
lo spettatore di decostruire e poi rinarrare il pout-pourri di parole, di
Musiche: vari
simboli e di concetti-immagine offerto da questo „iper-testo‟ senza fine.
Montaggio: Robert Kennedy Scenografia: /
ANTONIO FREDDI
Interpreti: Kwame Anthony Appiah, Judith Butler, Michael Hardt, Martha Nussbaum, Avital Ronell, Peter Singer, Sunaura Taylor, Cornel West, Slavoj Žižek Produzione: Silva Basmajian, Bill Imperial, Ron Mann, Lea Marin Origine: Canada, 2008; 88‟.
L‟OPERA RIPRODOTTA È DI GIACOMO CARRA
35
Letteratura e filosofia
IL PARADOSSO DELLA CORPOREITÀ NE LA METAMORFOSI DI KAFKA
C
dall’arrovellarsi dei pensieri del protagonista circa la sua condizione, non più prettamente umana, all’interno delle quattro mura della stanza, la narrazione si articola
seguendo da un lato la modificazione della
onfrontarsi con un ‘classico’ della letteratura è molto
percezione di sé come percipiente; dall'altro lato considerando la
complicato, recensirlo, almeno per quanto mi riguarda,
differente percezione che gli altri individui (in particolare quelli del
sarebbe impossibile. De La metamorfosi di Kafka è stato detto
medesimo nucleo familiare) hanno del protagonista. La mancata
moltissimo, tutto forse; tuttavia la densità della narrazione consente di
presenza sul luogo di lavoro, con la conseguente visita del procuratore,
pensare, e ripensarsi, di fronte a temi centrali del panorama culturale
segnerà l’inizio della rescissione del legame sociale; di fronte alle
contemporaneo, quali: alienazione, principio di autorità, crisi della
richieste di spiegazioni da parte del superiore, Gregor, seppur nella
soggettività, ecc... . La trama di questo celeberrimo racconto è nota: il
totale preoccupazione verso il proprio futuro lavorativo, risponderà
commesso viaggiatore Gregor Samsa dopo una notte segnata da sogni
esplicitando tutte le sue motivazioni in una articolazione linguistica che
inquieti, si risveglia nella propria angusta stanzetta piccolo-borghese
agli altri suonerà come priva di senso e simile alla ‘voce’ di un animale.
tramutato in insetto. Dapprima indotto a considerare tale condizione
In questo primo stadio del racconto, da una parte il protagonista è
come fittizia, quasi onirica, e quindi come causata dai ritmi lavorativi o
ancora coscienzialmente preso dalle proprie preoccupazioni umane
meglio, esistenziali, indotti dalla sua professione commerciale e dal
(mantenere il posto di lavoro e quindi esaurire il debito della propria
proprio contesto sociale; deve poi prenderne pian piano coscienza in
famiglia). Dall'altra parte, a fronte del riconoscimento della propria
quanto obbligato dalla trasformazione del proprio spazio corporeo e,
bestialità da parte dei familiari e del procuratore, prende avvio il
conseguentemente, della percezione di sé. Da questo momento in poi, la
processo
metamorfosi sarà definita, nelle sue tappe fondamentali, dalle figure
consapevolezza circa la propria animalità, processo articolato attraverso
familiari del padre, della madre e della sorella, tanto care allo scrittore e
i ruoli svolti dai personaggi familiari: padre (principio di autorità, tipico
indicative della forte carica autobiografica del racconto. Partendo
della famiglia patriarcale borghese), sorella (complicità quasi incestuosa),
37
di
individuazione
determinante
il
realizzarsi
della
Quaderni della Ginestra
madre (figura di legame inscindibile con la propria umanità). La
biologico, fondamentale per Kafka stesso. La metamorfosi corporea
metafora dell’insetto esibisce sicuramente l’atto di dissidenza di un
giunge a localizzare, nel percorso narrativo del racconto, la mutazione
giovane nei confronti dell’autorità paterna, e mostra chiaramente
coscienziale del protagonista, e conseguentemente a porre chiaramente
l'anelito di Gregor verso il compimento della propria individualità al di
la propria funzione di ambivalenza. Il proprio corpo esprime da un lato
fuori degli obblighi sociali – dissidenza tuttavia votata allo scacco e
la materializzazione del principio di individuazione attraverso la
segnata dalla morte ultima cui porta la metamorfosi del protagonista: un
costituzione di una propria dimensione spazio temporale; dall’altro lato
finale tragico che esprime l'idea della morte intesa come unico risultato
rimarca la necessità della prospettiva di un alter ego che conduca
possibile
per
l’azione
svolta
da
un
all’estremo il processo del riconoscimento
personaggio che porta in sé la colpa di cedere
della non umanità del protagonista. Si può
all’illusione di una possibile realizzazione
quindi affermare che la metamorfosi procede
dell’ipseità al di fuori del vincolo familiare. Al
negativamente nella misura in cui le figure
di là di ogni personale interpretazione non si
familiari definiscono Gregor per via negativa,
può negare la messa in evidenza della
giudicandolo via via come in difetto circa
necessità del vincolo biologico, fra il sé e la
quelle che comunemente vengono con-
famiglia (con tutte le sue relazioni), ma anche fra l’io e la propria sfera
siderate essere le proprietà normali di un essere umano. Tuttavia essa
corporea. Superando le appropriate e assodate analisi psicoanalitiche de
viene a svolgersi anche in maniera positiva, poiché il personaggio,
La metamorfosi, propongo di considerare il ruolo paradigmatico della
poggiante su una relazione negativa con il contesto familiare, spinge
corporeità all’interno di questo ‘classico’. Nello svolgersi dei tre
all’estremo la propria ipseità animale in una progressiva presa di
paragrafi che costituiscono il racconto, la corporeità funge da tessuto
coscienza circa la propria nuova corporeità. Il ritmo metamorfico è
connettore; specifica, a mio parere, la complessità della situazione del
scandito lungo i tre paragrafi del racconto e implica una dialettica
personaggio principale, approfondendone il rapporto con il legame
costante fra l’istanza negativa e quella positiva. Nel primo paragrafo, la
38
Letteratura e filosofia
corporeità propria inizia a definire i propri confini iniziando a plasmare
della propria camera, un Gregor costretto alla quasi totale immobilità
conseguentemente l'immagine del protagonista agli occhi dell'ambiente
dalla ferita provocatagli dall’ira del padre, si ripiega su sé stesso
sociale di appartenenza. La voce di Gregor appare animalescamente
marcando sempre più nettamente la propria individualità non umana.
indecifrabile nel momento stesso in cui una fisicità mutata veicola una
Sarà la musica a interrompere un processo metamorfico che ormai
coscienza ancora non appercipiente della propria struttura corporea.
sembra irreversibile. Gregor, destato dal suono del violino della sorella,
L’inizio del racconto stabilisce la discrepanza fra l’irrimediabile
non esita ad uscire dal proprio confino, penetrando nei confini umani.
mutamento biologico e la condizione coscienziale ancora volta
Con questo gesto si innesca il meccanismo fatale: gli inquilini, cui erano
nostalgica dell’esser stato uomo. È con il secondo paragrafo che la
stati affittati spazi dell’appartamento, si spaventano alla vista dell’insetto
rimodulazione spazio-temporale del protagonista determina la quasi
e lasciano l’appartamento senza voler pagare tutti gli arretrati. Da qui
totale acquisizione della nuova condizione vitale; il tempo viene
l’intero nucleo familiare
percepito confusamente a dispetto della dimensione spaziale che assume
quietante del figlio e inizia a propendere per la sua soppressione;
coordinate precise: all’orizzontalità dei pavimenti si somma la verticalità
tuttavia nella notte è Gregor nel suo totale isolamento ad esalare
delle pareti.
l’ultimo respiro. Scrive Kafka:
La stanza, ormai spogliata dalla presenza di mobili
ingombranti per la motilità del ‘nuovo Gregor’, inizia a comparire non più angusta quanto piuttosto gradevole, in relazione a ciò la coscienza del protagonista viene raccontata nella sua indifferenza nei confronti del consorzio civile.
Tuttavia il terrore della madre alla vista della
si interroga circa la pesante presenza in-
Come poteva dunque essere proprio una bestia se la musica lo afferrava a tal punto? Gli pareva che gli si mostrasse la via verso il nutrimento ignoto che egli agognava. Gregor è il proprio corpo, o meglio, diviene insetto grazie al suo
richiamerà l’intenzionalità di
corpo: esso specifica l’individualità del protagonista nella propria
Gregor verso la propria alienazione dal focolare domestico. Con il terzo
animalità, conducendolo però al paradosso secondo il quale, nel
paragrafo, Kafka sancisce l’irrimediabile distanza spazio-temporale del
momento di maggior distanza dalla condizione umanamente sociale,
protagonista da qualsivoglia dimensione umana. Nella totale oscurità
trova una morte sancita dal suo essere irrimediabilmente troppo umano.
mostruosità delle sembianze del figlio
39
Quaderni della Ginestra
A fronte di ciò, non sarebbe opportuno vedere il processo metamorfico del protagonista come progressivo più che regressivo? Intendendolo dunque come processo costitutivamente positivo e catartico, più che negativo e dispiegato verso la totale alienazione? Al di là di ogni suggerimento, è bene lasciare l’interpretazione di questo racconto alla discrezione di ogni singolo lettore, tuttavia in un periodo storico come il nostro, in cui le ansie ‘estetiche’ di perfettibilità corporeo-ambientali – ma si potrebbe azzardare, sociali – strutturano una concezione di bello ossessivamente iper-reale tale da rilegarlo quasi totalmente nel virtuale e da condurlo alla soglia di una bruttezza malsana; leggere fra le righe di un classico come questo diviene intellettualmente significativo. Kafka riesce, attraverso il coraggio della sua narrazione, a rendere attuale la necessità di cogliersi responsabili in prima persona della mostruosità umana tout court. Sapendo che in fin dei conti e nonostante i rischi, almeno l’onestà verso sé stessi è un atto pregnante che non dimentica la riconoscenza verso la bellezza del reale.
CARLO GUARESCHI
40
Letteratura e filosofia
IL SENO E LA METAMORFOSI. ROTH E KAFKA A CONFRONTO
C
enorme seno femminile, una ‹‹ghiandola mammaria scissa da qualsiasi forma umana›› del peso di settanta chili per centottanta centimetri di altezza.
hi all’epoca si era scandalizzato per la vita dissoluta di
Kepesh – la mammella – non può vedere, ma sente e soprattutto ha
Alexander Portnoy, sessuomane ed eponimo protagonista di
un tatto sensibilissimo ed è proprio per mezzo del tatto che egli – o essa
Lamento di Portnoy, secondo romanzo di Philip Roth, di certo avrà
– può vivere i momenti più gratificanti della sua nuova esistenza, nella
guardato con sospetto a Il seno, scritto sempre da Roth, a quattro anni di
piccola camera di una clinica privata, prima attraverso le professionali
distanza dal successo del Lamento (1971).
cure dell’infermiera Clark, poi grazie alle arrendevoli ‘cure’ della
Se il titolo rimanda inevitabilmente alla sessualità, se l’occhio viene
compagna Claire, ‹‹un tipo niente affatto spregiudicato››, ma che,
colpito dal sinuoso profilo di seno disegnato in copertina – come accade
paradossalmente, vive una nuova e più aperta vita sessuale proprio nel
nell’edizione italiana – e se la sessualità è, in fin dei conti, una cifra
momento in cui il proprio partner non può più averne una. Al contrario
tematica della produzione rothiana, pur tuttavia non sono dati ancora gli
del tatto, all’udito spetta il poco piacevole compito di sorbirsi tutte le
estremi per liquidare Il seno come ulteriore ‹‹monologo erotico›› – come
inezie del padre e le ben poco illuminanti sessioni di psicoterapia del
Lamento di Portnoy è stato da più parti definito.
dottor Klinger.
Il seno in questione è David Kepesh, uno dei tanti eteronimi di Roth,
Ma come è possibile accettare di essere un’enorme mammella di settanta
qui alla sua prima apparizione – a Il seno seguiranno Il professore di
chili eccitabile al tatto? Tentando di dare una risposta a questa domanda è
desiderio, nel 1977, e L’animale morente, 2001 –. Professore di letteratura
possibile mettere in luce le grandi differenze tra questo comico ma
comparata in un anonimo college dell’East Coast, trentottenne,
grottesco racconto e la ben più famosa novella kafkiana, con cui Il seno
ipocondriaco ‹‹superappassionato e attento a ogni variazione della
viene messo spesso in relazione, ma, a mio avviso non legittimamente.
temperatura corporea e della regolarità fisiologica››, Kepesh si ritrova, tra la mezzanotte e le quattro del 18 febbraio del 1971, tramutato in un
41
Nella Introduzione all’edizione BUR de La metamorfosi Giuliano Baioni afferma che
Quaderni della Ginestra
Kafka esprime tutta la sua ribellione all’ordine oppressivo della famiglia borghese affidandosi al materialismo immediato di una metafora che ... si dimostra del tutto irriducibile alle astrazioni idealistiche ... .
società, ma della società è anche il prodotto deteriore. In questo senso
Qui Baioni sta immergendo l’opera kafkiana nell’umore del tempo in
dietro alla facciata dell’istituzione borghese... non c’è per Kafka nessuna possibile realizzazione dell’io, nemmeno nella forma pervertita dell’animale... nella cui ottusità si spegne ogni significato dell’io.
cui fu scritta. Vi si legge necessariamente da una parte la critica
A questo Roth ‘risponde’ per mezzo di quel linguaggio ossessivo che
all’ideologia borghese di cui Kafka si servirà spesso nelle sue opere
Kepesh non smette di produrre. Mentre lo scarafaggio di Kafka si
letterarie e che si disegna come la posizione social-culturale per
distingue per il suo mutismo – in un mondo dove, appunto, non c’è
eccellenza di quegli anni; dall’altra, una concezione dell’ego che
niente da dire – il seno di Roth fa del linguaggio la sua arma migliore:
potremmo definire linguistica, laddove
guerreggia con lo psicoterapeuta, monologa fra sé e sé, invita il lettore a
le relazioni sovrastrutturali rappresentate dalla forma razionale dell’ego e designate dal sistema dei segni della parola crollano... di colpo rivelando la realtà della mera materia organica.
unirsi al suo solitario dibattito. Kepesh – come Roth – è anzitutto un
In altre parole, una concezione in cui l’ego si manifesta a partire dal linguaggio, ma al contempo si ritrova, nel linguaggio, già legato a tutto quell’apparato di forze (le ‹‹relazioni sovrastrutturali››) che ne determinano la prigione ideologica: il linguaggio, consumato dalla società borghese, vincola l’ego, ma non lo riesce a interpretare, e neppure riesce a interpretare un mondo ‹‹sordo›› e ‹‹oramai privo di significati nel vedersi improvvisamente confrontato con una verità che ha tenuto nascosta dietro la maschera della propria ideologia››. L’uomo è dunque tale – e sviluppa il proprio ego all’interno della
professore e come tale un intrattenitore e nel linguaggio si identifica come tale. È l’azione linguistica in prima persona a determinare lo svolgersi della narrazione. Parlare dell’opera di Kafka vuol dire scontrarsi con l’evocazione della figura del padre. Famosissima è la Lettera al padre, ove il genitore viene visto nella doppia accezione freudiana del padre-padrone. Tuttavia Baioni ben rileva l’identica importanza della lettera che Kafka scrive a Felice Bauer, nell’ottobre del 1916. Ivi Kafka ammette che pur essendo disgustato dal ‹‹branco familiare›› allo stesso tempo comprende che questo ed egli stesso condividono il sangue e le origini e che, anzi, egli proviene dai suoi genitori. Da questa lettura Baioni perviene alla
42
Letteratura e filosofia
centralità del vincolo biologico nella poetica del racconto kafkiano: incapace di qualsiasi recupero storico dell’autorità del padre... Kafka deve sacralizzarne il potere assoluto... ma se il potere dell’organismo familiare viene in questo modo tabuizzato e sottratto a qualsiasi possibilità di analisi e di intervento razionale... Kafka può ribellarsi all’organismo tirannico della famiglia solo odiando il proprio corpo e... lo perverte nella forma orripilante dell’insetto. Anche in questo caso il racconto di Roth non potrebbe coincidere meno. Qui, anzi, il padre, ‹‹aggressivo, furbo, nel lavoro tirannico; con noi, la famigliola, innocente, protettivo, tenero e profondamente affezionato››, è un personaggio completamente positivo. Tutto all’opposto del padre kafkiano, questo uomo ‹‹grande e nobile e coraggioso›› accetta la trasformazione di un figlio che seppur vivente sotto le sembianze di seno non è comunque meno figlio di quando era un brillante professore. D’altronde nella poetica di Roth la vera figura terribile e magnifica insieme è quella della madre. Nelle varie madri rothiane traspare sempre chiaramente il prototipo della madre ebrea: colonna portante del focolare domestico, eccitabile, iperprotettiva nei confronti dei figli quanto scontrosa nei confronti degli estranei, spesso invadente e con la quale i personaggi di Roth instaurano un rapporto sempre incentrato sulla ambivalenza del rifiuto e della passione – uno su tutti il già citato Alexan-der Portnoy, che alla madre ricollega la propria
43
Quaderni della Ginestra
malattia sessuale.
semplice vivere da pazzo che non vivere da ghiandola mammaria:
Neppure scambiando il Padre kafkiano con la Madre di Roth si può parlare di un’analogia: nel secondo – e contrariamente al primo – il rifiuto materno da parte dei personaggi non è mai un rifiuto tout court, né va a inserirsi in quel movimento di frizione tra l’appartenenza al e la ricusazione del dato biologico in cui Kafka rimane stritolato. Piuttosto,
quando rinvenni capii per la prima volta di essere impazzito. Non sognavo. Ero impazzito. Non ci sarebbe stato nessun risveglio magico, non mi sarei mai alzato dal letto per lavarmi i denti e andarmene a far lezione, come se a interrompere la mia ordinaria e prevedibile vita non fosse stato altro che un incubo; se qualcosa restava in serbo per me, era la lunga strada del ritorno – il recupero della sanità.
il difficile rapporto madre/figlio è, in Roth, uno dei migliori espedienti –
In questo, forse, Kafka e Roth si somigliano. Ma i due scrittori
se non il migliore – usati dallo scrittore per far procedere la narra-
giungono alla verità per strade completamente differenti: il primo sceglie
zione: la figura della madre viene spesso rievocata come elemento
la morte e attraverso essa resetta l’ego. Il secondo sceglie la vita e
‘disturbatore’ dell’infanzia del protagonista e come causa dei suoi
conclude con l’accettazione delle proprie forme. E nel frattempo,
problemi attuali; da questa rievocazione, poi, la narrazione devia verso
mentre uno rifiuta, attraverso la morte, la condizione della società – la
elementi
borghesia – ora, a distanza di sessantuno anni, il secondo accetta questa
contingenti,
alla
ricerca
di
uno
sbocco
narrativo
completamente differente. Questo doppio discorso – ma le differenze non si fermano qui –
stessa condizione, e anzi ne cavalca l’onda, sull’orlo – diciamolo – di una invasata, ironica euforia.
mette in dubbio la liceità della relazione tra i due lavori. In Kafka
Un racconto assurdo, quello di Roth, grottesco, teso a denunciare,
l’accento è posto anzitutto sull’individuo e in secondo luogo
non già l’ideologia borghese, bensì l’ideologia della nostra (presunta)
sull’individuo immerso nella sua rete di rapporti e legami con gli altri
razionalità.
MARGHERITA AIASSA
individui. Gregor Samsa ricerca la pace degli affetti, la stabilità – e Kafka ne vanifica i tentativi –. Kepesh, al contrario, ricerca se stesso e lo fa ribellandosi ai propri legami e affetti: trovare se stesso vuol dire, per Kepesh, convincersi della propria pazzia, poiché gli risulta molto più
L’OPERA RIPRODOTTA È DI MASSIMO VIOLI
44
IN LIBRERIA I Monologhi (1800) contengono il nucleo del pensiero etico di Schleiermacher nella forma lirica di meditazioni interiori, scandite in cinque parti («riflessione», «sondaggi», «mondo», «prospettiva», «gioventù e vecchiaia»). Insieme ai Discorsi sulla religione offrono un documento significativo dell’individualismo nella cultura romantica. L’individualismo viene temperato dal presupposto che le singole manifestazioni dell’animo religioso o morale possano comporsi in un tutto armonico. L’orizzonte entro cui Schleiermacher si muove è “idealistico”: e tuttavia egli pone l’esigenza, in tacita polemica con Fichte, di una ricongiunzione di filosofia e vita. L’altro grande interlocutore dei Monologhi è Kant. In polemica con lui ogni elemento imperativo e giuridico viene bandito dall’etica, come ogni soggezione a una legge, fino alla stupefacente dichiarazione: «non conosco più quel che gli uomini chiamano coscienza». Nelle pagine dell’opera si trovano anticipate molte figure che sarebbero state svolte nel secolo XIX dagli esponenti del cosiddetto «individualismo della differenza»: dalla «peculiarità» di Stirner allo «spirito libero» di Nietzsche fino al concetto di «legge individuale» formulato da Simmel. Friedrich D. E. Schleiermacher (Breslau 1768-Berlino 1834) fu educato nella Comunità pietista dei Fratelli moravi, dove si aprì però a più vasti interessi umanistici. Pastore luterano, inaugurò la tradizione della teologia liberale. Nel 1808 divenne predicatore assai apprezzato nella Chiesa della Trinità di Berlino e nel 1810 professore di teologia nella stessa Università. I Discorsi sulla religione (1799) sono la sua opera più importante e radicale di filosofia della religione. I Monologhi (1800) e le Linee fondamentali di una critica delle teorie morali (1803) costituiscono un contributo decisivo per un’etica non imperativa e individualizzata. Ferruccio Andolfi, docente di Filosofia della storia all’Università di Parma, si occupa dei rapporti fra umanesimo e individualismo, con particolare riguardo alla storia del secolo XIX. Dirige «La società degli individui», quadrimestrale di teoria sociale e storia delle idee. Con Edizioni Diabasis ha pubblicato Lavoro e libertà. Marx Marcuse Arendt (2004) e curato i volumi: Friedrich Nietzsche filosofo morale, di Georg Simmel (2008), La rivoluzione di Gustav Landauer (2009) e Abbozzo di una morale senza obbligo nè sanzione di Jean-Marie Guyau (2009).
45
Didattica e filosofia
ECCE MUSICA ! Nella sezione didattica di questo numero de “I quaderni della ginestra” pubblichiamo l’articolo di Francesco Gallina, un exalunno del liceo Ulivi di Parma, che racconta, dal suo punto di vista di studente, un’esperienza di studio e insegnamento della filosofia a scuola. Si tratta di una novità per la nostra rivista: per la prima volta lasciamo la parola ad uno studente liceale, convinti che la didattica sia prima di tutto esperienza sul campo, confronto e relazione quotidiana tra docenti ed alunni. Oggi più che mai occorre raccontare con le parole dei professori, ma anche attraverso le testimonianze dei ragazzi, la ricchezza di esperienze che maturano nelle nostre scuole, dove si continua, tra tagli e mancanze di risorse, a riflettere, a sperimentare, a crescere, ad insegnare a ragazzi curiosi come affacciarsi in modo critico sul mondo. Sappiamo che la scuola italiana soffre di molti mali, che in strutture carenti e arretrate è sempre più difficile la comunicazione tra insegnanti spesso frustrati e ragazzi distratti, eppure ancora oggi e nonostante tutto, la scuola riveste un ruolo centrale nella vita e nella formazione dei futuri cittadini italiani. Da più parti si reclama la necessità di una svolta etica nella società italiana, di un ricambio generazionale: siamo fermamente convinti che la scuola possa ancora essere il laboratorio di un futuro diverso, l’officina di una nuova coscienza etico-politica capace di cambiare la nostra società.
47
«
La musica sia materia obbligatoria per tutti». Lo scorso settembre il maestro Riccardo Muti si era espresso in modo chiaro e incisivo nell’evidenziare quanto, in ogni Liceo, fosse auspicabile la presenza di un insegnante che avvicinasse i giovani al mondo della musica. Alla realizzazione di un progetto funzionale a questo obiettivo si è dedicata la VG del Liceo Scientifico Ulivi di Parma, classe in cui il professore di storia e filosofia, Gabriele Trivelloni, ha intrapreso un’interessante e innovativa esperienza didattica, utilizzando concetti e tematiche prettamente filosofiche come linee guida per l’ascolto di opere e brani musicali. Un semplice stereo è bastato per dare il via a un percorso musicale originale e integrativo del programma scolastico, strutturato su due linee portanti: in primis un lavoro di esegesi, analisi e trattazione di concetti filosofici, quindi l’ascolto di opere o brani musicali (risalenti perlopiù all’età romantica e decadentista) che ricalcassero aspetti analoghi od opposti a tali concetti. Il piano di lavoro ha avuto inizio con l’ascolto del Canone in D major composto da Johann Pachelbel, finalizzato a un’analisi dell’idea barocca di bello e della ripetitiva circolarità espresse dalle ventotto variazioni che si susseguono nell’opera. Si è notato come la perfezione della realtà trasmessa dal compositore di Norimberga dipenda da una proporzione fra armonia e melodia: in particolare l’ascolto di questa composizione ha permesso di ricondurre la proporzione matematica dell’opera a una concezione filosofica di natura spinozianamente more geometrica. L’ascolto del Preludio n.15 di Chopin, della Pastorale di Beethoven e dell’Incompiuta di Schubert ha invece permesso di esaminare le molteplici concezioni romantiche dell’idea di natura e
Quaderni della Ginestra
spirito soggettivo, per poi approdare al penetrante decadentismo mahleriano, con l’ascolto dell’Adagetto dalla Sinfonia n.5, e wagneriano, con l’ascolto di alcuni brani dal Gotterdammerung (Il crepuscolo degli dei), creando un ponte di riferimento con la concezione di nichilismo e morte di Dio espressi da Nietzsche ne Il crepuscolo degli idoli. Parallelamente, il progetto didattico è consistito nell’assistere, oltre al Trovatore verdiano al Teatro Regio di Parma, alle prove generali di due concerti al Teatro alla Scala di Milano. Nella prima prova, tenutasi il 14 marzo, il giovane maestro di musica israeliano Omar Meir Wellber, coadiuvato al pianoforte dal maestro Scaligero Daniel Barenboim, ha diretto l’Ottava Sinfonia di Beethoven, i Concerti per pianoforte n.1 e n.2 di Liszt e le Variazioni per Orchestra di Carlo Boccadoro. La seconda prova, tenutasi il 17 aprile, ha avuto invece come protagonista Valery Gergiev, prestigioso direttore d’orchestra al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, che ha diretto la Sinfonia n.6 Patetica di Tchaikovskij e il Concerto per violoncello di Dvorak. Queste uscite sono state realizzate grazie all’istituzione, presso il Liceo Ulivi, del GIS (Gruppo Interesse Scala) attraverso al quale è stato creato un rapporto istituzionale tra il Liceo e il Teatro di Milano. Osservare all’opera gli esecutori e ascoltare dal vivo questi concerti sono state occasioni per ulteriori analisi dedicate al ruolo del maestro di musica nell’esecuzione di un’opera. Riguardo a ciò sono state ascoltate in classe due versioni differenti del Canone in D: l’una in cui gli strumenti danno corpo a voci nette e separate, l’altra in cui traspare maggiormente un’idea di circolarità e ripetitività coerente con il concetto di natura espresso dal monismo spinoziano. Il progetto si è quindi concluso con l’analisi di alcune delle principali arie dal Don Giovanni di Mozart, attraverso gli studi
kierkegaardiani – poi comparati con la filosofia freudiana – su questo personaggio, simbolo dell’esistenza estetica e delle categorie di possibilità, disperazione e angoscia. Terminato il progetto, ho quindi deciso di promuovere una serie di interventi radiofonici, intitolati Pillole Musicali1, inserendoli in Radio Noi dell’Ulivi, radio in podcast del Liceo, che ha permesso di rendere fruibili le analisi compiute in classe, arricchendole di ulteriori letture. A livello personale, l’esperienza didattica è stata positiva per almeno due aspetti. Da un lato ha permesso un generale avvicinamento degli studenti a una certo tipo di musica, analizzando le varie forme musicali al di là della mera tecnica e, al contempo, comprendendo le ragioni per cui la musica è specchio di un’epoca. In questo senso il progetto intrapreso è riuscito a ridurre le distanze tra scuola e analisi musicale, stimolando nella scuola un confronto e un dibattito critico sulla musica ed evindenziando come la musica stessa possa costituire uno strumento essenziale per ampliare le conoscenze e creare collegamenti intertestuali fra diverse discipline, periodi storici, autori filosofici e letterari. Dall’altro lato, l’analisi musicale attraverso concetti filosofici ha consentito di arricchire di significati aggiunti opere che hanno fatto la storia della musica. In particolare, ha permesso un approccio diverso alla musica, filosoficamente comprensivo di quanto la musica stessa sia evasione, oltrepassamento dei limiti, risoluzione del finito nell’infinito e ricerca del sublime. Come affermava H. Heine infatti, “dove le parole finiscono, inizia la musica”. E allora, ecce musica!
FRANCESCO GALLINA 1
Ascoltabili all’indirizzo: http://radio.scuolaer.it/radionoidellulivi/. 48
IN LIBRERIA Vite rinchiuse Marco Deriu, Gated communities, gated life Paola Somma, La città dell’ingiustizia. Politiche urbanistiche e segregazione Nan Ellin, Supporto vitale: Nacirema redux Elisabetta Forni, La reclusione dell’infanzia. Com’è difficile crescere in città Vincenzo Scalia, Dall’altra parte del cancello. La vita dietro le sbarre di due detenuti Marina Valcarenghi, Espropriare e ferire. Appunti sulla psicologia del carcere in Italia Cinema e prigioni Corrado Piroddi, Reclusi in 35 millimetri Archivio: Il socialismo di Fournière Eugène Fournière, Individualismo e socialismo Philippe Chanial, Il socialismo, un liberalismo di estrema sinistra? Fournière, la questione dell’individualismo e l’associazione Individualismo Franco Crespi, Quale individuo oltre l’individualismo? Scienza e realtà Gian Luca Sanna, Logica e realtà in Alfred Schütz Polanyi oggi Nancy Fraser, Mercatizzazione, protezione sociale, emancipazione. Verso una concezione neo-polanyiana di crisi capitalista; Note di lettura Pierangelo Di Vittorio, Alessandro Manna, Enrico Mastropierro, Andrea Russo, L’uniforme e l’anima. Indagine sul vecchio e nuovo fascismo (Francesco Paolella); Karl Marx, Introduzione alla critica dell’economia politica. Commento storico critico di Marcello Musto (Gianfranco Ragona); Giorgio Triani, L’ingorgo (Valeria Zangrandi); Massimiliano Guareschi, I volti di Marte. Raymond Aron sociologo e teorico della guerra (Francesco Raschi)
49
Libri in discussione
PER UN INDIVIDUALISMO DEMOCRATICO
C
il loro consenso». Tale uguaglianza «consente a tutti noi di prendere decisioni collettive sulle questioni che ci riguardano». Ciò che rende
osa intendiamo oggi col termine individualismo? In quale
possibile tale relazione è la democrazia in quanto insieme di istituzioni
contesto si inserisce questo concetto? Ma soprattutto: ha
che regolano senza distinzioni i rapporti tra liberi cittadini. A partire da
senso interrogarsi ancora su tale tematica?
questi presupposti Urbinati introduce il concetto di individualismo
A queste e ad altre domande cerca di rispondere Nadia Urbinati,
democratico, privo di qualsiasi accezione negativa in virtù della presa di
docente di Teoria politica presso la Columbia University, nel suo ultimo
distanza dall’egoismo. Tale concetto declina la possibilità per il singolo
libro, Liberi e uguali. Tale ricerca prende le mosse dalla necessità primaria
di costruirsi in piena libertà e allo stesso tempo di interagire col
di proporre un diverso sguardo sulla democrazia, qui intesa come
prossimo per mezzo del diritto, che qui riveste il ruolo di una lingua
«ordine politico che meglio è disposto e predisposto a trattare gli
comune, poiché uguale per tutti indipendentemente. Scrive al riguardo
individui come liberi e uguali». Problematizzare il ruolo dell’individuo
l’autrice: «L'individualismo democratico è l'alternativa più coerente
risulta quindi più che attuale in una società che cambia a ritmi
all'ideologia individualista perché è una cultura politica e morale di
sorprendentemente veloci.
rispetto della persona, dei suoi diritti e della sua fondamentale
Filo conduttore di tutta l’opera è il legame tra libertà e uguaglianza,
eguaglianza». Si tratta quindi di una concezione diversa dall’ideologia
aspetti inseparabili dell’individualità e della socialità: l’individuo è libero
liberale classica: se da una parte la teoria liberale è sostenitrice della
di agire da solo ma allo stesso tempo può decidere di collegare i suoi
tolleranza (nel senso di mera accettazione passiva della diversità senza
sforzi a quelli dei suoi simili poiché la relazione tra loro esistente è di
apertura al confronto), dall’altra l’individualismo democratico è dotato della
eguaglianza. L’idea di base è «che gli esseri umani, donne e uomini, siano
capacità di porre al centro della propria riflessione l'uguale dignità della
eguali per valore e dignità morale e che nessuno abbia per natura,
vita umana e di spingere «in direzione del dialogo e della disponibilità
tradizione, convenzione, volontà umana o divina un potere superiore
all’ascolto» .Compito delle istituzioni politiche non è quindi la semplice
tale per cui possa prendere decisioni sulla vita degli altri senza o contro
tutela dei diritti del singolo, ma la realizzazione di politiche di intervento
51
Quaderni della Ginestra
indirizzate al cittadino nel suo momento pubblico, con l’intento di
chiusura nel proprio privato (apatia verso la cosa pubblica, quindi
favorire l’incremento del dialogo, riservando a tal fine grande attenzione
disinteresse nei confronti della politica) piuttosto che nella ricerca di un
al momento educativo. Ciò è possibile solo se l’individualismo si
sistema valoriale codificato differente dal diritto istituzionalizzato
ricolloca nel mondo delle categorie politiche, uscendo definitivamente
(gregarismo, inteso come costituzione di comunità chiuse). A tal
dalla morale e reinserendosi all’interno della vita democratica da cui
proposito Urbinati cita come esempio l’attaccamento a un sistema di
nasce e a cui naturalmente fa ritorno.
valori di appartenenza territoriale, come principi di esclusione dalla vita
Si snoda su tali premesse l’indagine storica dei vari individualismi, dalle
della comunità nella sua totalità. Proprio tale esempio ci spinge a
accezioni che ne sono state date nella storia, agli sviluppi pratici di
riflettere su situazioni che ci si presentano nel quotidiano, ascoltando la
interpretazioni fuorvianti e derive conseguenti all’egoismo. L’inevitabile
voce di quei gruppi che vanno formandosi sulla base di principi di
conseguenza dell’associazione dell’individualismo politico al mero
appartenenza territoriale e conseguente esclusione dei nuovi arrivati sul
interesse privato è la crisi dell’uguaglianza repubblicana, e di pari passo
principio di non originarietà, piuttosto che le comunità saldamente
di quell’idea di sovranità popolare che è il punto su cui si regge una
vincolate a dogmi religiosi. Ritroviamo qui l’importanza della riflessione
comunità politica democratica. Nel caso di tale distorsione dell’idea di
sull’individualismo e sul suo ruolo all’interno della democrazia, ma
libertà ci troviamo a scontrarci con le aberrazioni del rapporto tra
anche sul ruolo della democrazia nella creazione dell’individualità. Come
libertà ed eguaglianza, aberrazione per cui la libertà viene ridefinita in
sostiene infatti Urbinati nella prefazione del testo: «L’individualismo è il
base alla logica del possesso: come normalità, cioè come diritto di tutti,
fondamento politico e ideale della democrazia e non è identico né a
sfocia nell’apatia e nell’indifferenza verso la politica, come privilegio di
egoismo antisociale né a indifferenza verso gli altri e la politica. Questo
alcuni, sulla base ad esempio di principi di appartenenza comunitaria o
rende la distinzione tra forme di individualismo un esercizio tutt’altro
territoriale, sfocia nell’autoesclusione dall’istituzione non riconosciuta.
che scolastico e inutile».
Tanto l’indifferenza quanto l’esclusività del privilegio sono espressione
Secondo Urbinati la democrazia non ha bisogno di rintracciare i suoi
di un progressivo allontanamento dalla politica, che si attua nella
presupposti all'esterno, proprio perché costruisce e si costruisce
52
Libri in discussione
sull’individuo, o meglio sugli individui tra loro uguali a cui fornisce gli
sulla società, presa nel suo momento politico, cioè nel momento della
strumenti per comunicare, qualora lo vogliano, la propria individualità.
scelta comunitaria in cui l’individuo costruisce se stesso nel rapporto
Ma è proprio per questa sua duplice anima che la democrazia non arriva
con l’altro (attenzione alle ripetizioni!). Tale lettura ci spinge quindi a
mai ad un traguardo, bensì è in continuo movimento: «la democrazia è il
due osservazioni proprio in virtù della nostra condizione di cittadini di
solo regime che non ha una meta specifica ed è un moto perpetuo verso
una democrazia: la prima riguarda la capacità di far coesistere il
un fine che è sempre al di là delle sue contingenti realizzazioni». La
principio di maggioranza con la libertà di pensiero ed espressione del
libertà individuale è ciò che consente di esprimere la propria opinione e
singolo, la seconda, diretta conseguenza e allo stesso tempo punto di
quindi il proprio dissenso nella certezza del rispetto da parte dell’altro
partenza della prima, riguarda la necessità vitale per una democrazia di
ma anche nell’applicazione del medesimo rispetto sulla base del
coltivare un dissenso costruttivo nei confronti della politica. Solo
principio di eguaglianza. Finché saranno rispettati gli individui
attraverso questi due momenti sono possibili l’espressione e la
democratici, quindi i principi di libertà ed eguaglianza, non si incapperà
concretizzazione dell’individualismo democratico, cioè quel momento di
nel rischio della fine della democrazia, poiché tali principi garantiscono
condivisione basato sulla consapevolezza della propria libertà che è
il diritto di espressione e la pari dignità di ogni individuo
anche libertà dell’altro.
nell’esternazione del proprio pensiero. Tale concezione dell’individuo nella democrazia consente al dibattito di non estinguersi e quindi alla
MIRELLA LUCCHINI
democrazia stessa di non degenerare in una forma politica incentrata sul potere di pochi o di un solo individuo. Ritroviamo in questo percorso storico attraverso le varie forme di individualismo l’attenzione propria di Urbinati all’analisi della contemporaneità, a partire dal confronto preciso tra differenti punti di vista. Il testo vuole dunque essere punto di partenza per una riflessione
53
Nadia Urbinati, Liberi e uguali, Laterza, Roma-Bari 2011, pp. 175, € 16.
Quaderni della Ginestra
LA LIQUIDITÀ DELLE BARBARIE
un‟assimilazione culturale imposta o guidata dal potere. […] La seconda strategia, al contrario, consisteva nel “vomitare” gli stranieri: isolandoli
L
‟incontro con una delle opere del sociologo polacco Zygmunt
dai “nativi”, sterminandoli o costringendoli ad andarsene».
Bauman è un implicito invito a conoscere meglio e più
Storicamente si è affermata inoltre una terza opzione: il barbaro non
approfonditamente il suo pensiero. In particolare in Lo spettro dei barbari
è solo il diverso, ma l‟inferiore, colui che va „guidato‟ dalla civile e
– ultimo suo saggio tradotto in italiano – si ritrovano le tesi
civilizzante Europa verso la modernità. I popoli barbari necessitavano
maggiormente note dello studioso messe in connessione con una
d‟essere condotti alla civiltà, dovevano essere portati fuori dalle barbarie
problematica antica e contemporanea allo stesso tempo: quella del
e, finché ciò non fosse avvenuto, sarebbero stati considerati fuori dalle
rapporto col diverso, con lo straniero.
norme usualmente utilizzate.
Ma chi è „il barbaro‟? E‟ un qualcuno con cui si fatica a comunicare,
Abilmente, Bauman ricorda la triste sorte toccata alle civiltà
del quale non ci si fida completamente, che si percepisce come lontano
precolombiane in nome della civiltà, e anche come questa visione della
e come estraneo. La sua presenza crea disagio e insicurezza, porta
storia sia stata fatta propria da quei filosofi che dovevano giustificare la
all‟emergere di paure e alla necessità di un atteggiamento difensivo che
«marcia trionfante e inarrestabile della ragione verso la vittoria finale
vada a confermare quella che è la „nostra‟ quotidianità, ora messa in
sulle passioni».
dubbio dalla presenza di „persone‟ con stili di vita differenti.
Si è in presenza di un ribaltamento delle responsabilità, di una logica
Come risolvere dunque questa „fastidiosa‟ e faticosa situazione?
dei „due pesi e due misure‟ in funzione del fine che si fa proprio:
Bauman propone due strategie – riprese dalla riflessione di Claude Lévi-
civilizzare è nobile missione e se costa vite umane ciò è giustificato.
Strauss – l‟una antropofagica e l‟altra antropoemica. «La prima
Mentre essere barbari è condizione odiosa e condurne fuori chi ne è
consisteva nel “divorare” lo straniero fisicamente o metaforicamente:
vittima è scopo nobile, anche se questo implica violenza e crudeltà.
mangiandone letteralmente la carne come nel caso del cannibalismo
Ed è su tale tipologia di violenza che sorge la necessità di una
oppure, nei tempi moderni della costruzione nazionale, tramite
riflessione, ponendola in relazione al concetto di „legittimità‟. Sono 54
Libri in discussione
tutt‟altro che rari i casi in cui si ritiene che la violenza sia legittima e ad affermare questo sono proprio i governi, ovvero coloro che sono autorizzati a gestire il potere.
come esempio di una potenza barbarica del mondo civilizzato. Siamo in presenza di una visione liberale teleologica della storia che, da Hegel in avanti, ha sancito l‟evoluzione storica come passaggio dalle
E nulla è reputato più legittimo che difendere la libertà e la civiltà da
barbarie alla civiltà/libertà e che è tutt‟altro che superata. Pare essersene
quei regimi che ne sono esclusi: costoro vengono sospesi dai „diritti
però sdoganato il concetto di cultura, che, in un‟ottica multiculturale e di
umani‟, che solitamente a tutti
modernità liquida, diviene «misura della libertà di scelta dell‟individuo»,
vengono garantiti, e sovente
il quale si carica di responsabilità e si proclama unico soggetto della
ciò
«perché
«politica della vita». Al fine di comprendere questa affermazione è
come
necessario ricordare come Bauman definisce la modernità liquida: «La
incapaci o restii ad adottare le
modernità-liquida è una condizione di logorante guerra permanente
norme del vivere civile, perché
intrapresa contro qualsiasi sorta di paradigma e qualsiasi congegno di
mancavano di quelle qualità
omeostasi, di promozione della conformità e della routine, tesa a
che è necessario possedere per
sostenere eventi ripetitivi e monotone riproduzioni di schemi».
si
giustifica
venivano
poter
descritti
seguire
norme,
Nella „liquidità‟ i paradigmi cessano di avere un senso in quanto tali,
perché erano umani imperfetti,
tra questi anche il concetto di cultura, figlio della illuminista modernità-
sub-umani,
veramente
solida. Il progetto nato dall‟Illuminismo considerava infatti la cultura
umani “come intendiamo noi”».
come una sorta di diritto universale cui tutti dovevano approdare e
Pericolosamente si torna
veniva posto di pari passo con la necessità di civilizzare les barbares e di
non
tali
alla concezione di „persone non umane‟, richiamando quel concetto di
portare a termine la costruzione dello Stato-Nazione. Si creò così una
disumanizzazione che venne fatto proprio dalle „barbarie‟ naziste,
dicotomia tra cultura-ordine e barbarie-caos che a lungo accompagnò il
analogia citata esplicitamente da Bauman che etichetta il caso nazista
percorso storico del colonialismo e dell‟imperialismo, trovando
55
Quaderni della Ginestra
gradatamente un alleato nella „teoria dell‟evoluzione‟, intesa nelle sue
consiste nella capacità di passare dallo stato civile allo stato di barbarie… O
molteplici accezioni.
almeno nel diritto effettivo di designare i luoghi, i periodi e le categorie
Oggi la cultura „liquida‟ ha abbandonato queste rigidità rendendosi maggiormente flessibile a quello che Bauman definisce come un mondo
di oggetti in cui, o in relazione ai quali, la barbarie (come assenza di diritto) è permessa».
di consumatori estremamente variegato e irrequieto. «La cultura
E ciò è tristemente accaduto ad Auschwitz come ad Abu Ghraib, a
“liquida” non ha persone da coltivare. Ha invece clienti da sedurre.
Guantanamo ed in altri luoghi ove sono state collocate persone hors de
Diversamente dal suo antenato “solido”, non ha nessuna missione da
loi. Evidenzia Bauman come oggi la legge si mostri più come assenza,
adempiere e completare. Il suo obiettivo è quello di sopravvivere in
sospensione, pigrizia, indifferenza piuttosto che nella sua componente
eterno, seguendo ogni istante della vita dei suoi adepti e condannandoli
attiva. Il che rende lo „stato d‟eccezione‟ arma sempre più utilizzata dai
a un‟eterna parzialità».
governi per gestire momenti di crisi senza per questo riuscire realmente
Vivere nella diversità è ormai una condizione di fatto dell‟uomo
a risolverli. «Fomentare l‟ansia collettiva e le paure individuali è oggi uno
contemporaneo, che si trova inserito in un contesto in continuo
dei dispositivi a cui si fa più frequentemente ricorso; a dimostrazione
movimento ove parlare di una cultura universale è divenuto fuorviante.
che il tratto caratteristico dell‟attuale sovranità politica è dato dal diritto
Il barbaro non è più così chiaramente identificabile né riconoscibile,
di reintrodurre, per intero o selettivamente, lo stato di barbarie.
le culture non sono più in una situazione nettamente gerarchica. Anzi,
Bisognerebbe riconoscere l‟importanza che tale scoperta possiede, e
l‟accusa di barbarie viene spesso bollata come non politically correct e
trattarla con la serietà che merita».
coloro che fino a poco tempo fa erano oggetto dell‟azione civilizzatrice
MARA FORNARI
ora la valutano e sovente ne bocciano gli esiti. Fuoriesce da qui una triplice disfatta della civiltà: verso i suoi standard, i suoi impegni e i suoi risultati (reali o presunti che fossero). «Conformemente ai comuni usi semantici della narrazione moderna, si potrebbe dire che la sovranità
Z. Bauman, Lo spettro dei barbari. Adesso e allora, Bevivino Editore, Milano-Roma, 2010, pp.64, € 9,00. L‟OPERA RIPRODOTTA È DI MASSIMO VIOLI
56
Libri in discussione
L’INDIVIDUO E LA COMUNITÀ DEGLI
del diciannovesimo secolo. Rispetto a Fichte, Schleiermacher, nel tentativo di congiungere riflessione e vita, rifiuta la separazione «tra una
SPIRITI
N
sfera della vita, che sia governata dalla pura necessità naturale», e «una ona uscita della collana La Ginestra, i Monologhi di Friedrich D.E.
sfera trascendente, spirituale, nella quale trovi espressione il punto di
Schleiermacher,
(1800),
vista filosofico». Il contrasto con Kant si manifesta invece sul piano
rappresentano un documento significativo dell’individualismo morale
etico. All’«innovazione kantiana dell’autonomia e dell’universalità della
della cultura romantica, contenendo, in forma lirica e non sistematica, il
legge come fondamento irrinunciabile su cui l’etica deve essere
nucleo del pensiero etico del teologo berlinese, e documentando al
costruita», Schleiermacher contrappone un’etica che bandisce ogni
contempo la fase più propriamente romantica del suo percorso.
elemento imperativo e mette in discussione l’universalità della legge. Ciò
versione
italiana
dei
Monologen
Obiettivo dell’opera è presentare ad anime affini il dono di un dialogo
presuppone per Schleiermacher «la ricerca di una nuova forma di
interiore, con una duplice finalità: condividere il pensiero libero del
legalità, pensata in analogia alla “legge naturale”», che regga la crescita
proprio spirito, e offrire all’altro la possibilità di una nuova scoperta del
organica
proprio sé. La visione dell’individualità che emerge, come sottolinea il
quell’individualismo della differenza che, secondo Simmel, ha fortemente
curatore Ferruccio Andolfi nel saggio introduttivo, è dunque finalizzata
influenzato le filosofie individualistiche successive.
e
i
processi
di
autoformazione,
e
inauguri
così
a questa apertura altruistica: l’affermazione della propria individualità
Il testo è suddiviso in cinque meditazioni (riflessione, sondaggi, mondo,
produce per contagio l’emergere di altre individualità. E proprio il
prospettiva, gioventù e vecchiaia), di cui le prime due presentano i
saggio introduttivo, assieme alle annotazioni finali di Friedrich Michael
presupposti concettuali su cui si basano le successive. Nella prima
Schiele, autore nel 1902 di una preziosa edizione critica dei Monologhi,
meditazione si evidenziano due tesi fondamentali: il fatto che «ogni
costituisce un’importante chiave di lettura dell’opera, che evidenzia gli
attimo nel corso della vita ha una connessione diretta con l’Eterno e
autori – Fichte e Kant – con cui Schleiermacher si è maggiormente
l’Infinito», e che il mondo esterno riflette il nostro essere interiore. In
confrontato, e l’influenza delle sue tesi nel dibattito sull’individualismo
questo senso secondo Schleiermacher, il nostro essere interiore – il
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Quaderni della Ginestra
nostro spirito – diviene la prima e unica realtà, che crea il mondo come proprio specchio. Non dobbiamo però presumere che, così concepito, l’io (lo spirito) si muova nel vuoto: ad esso si contrappone infatti «l’eterna comunità degli spiriti» che, attraverso il loro reciproco influsso, trasformano e plasmano la superficie dell’individuo. L’essenza umana viene dunque concepita come una «comunità di spiriti che si definiscono e si limitano reciprocamente». A queste tesi si collega l’etica di Schleiermacher, i cui tratti principali sono ben delineati nella seconda meditazione. L’autore in particolare si sofferma sul rapporto tra la coscienza del singolo e quella dell’umanità. Per l’individuo attingere alla coscienza dell’umanità rappresenta un primo passaggio per cogliere l’umanità che ha in sé. Il passaggio decisivo consiste però
nell’abbandonare
questa
coscienza
dell’umanità
e
cogliere
l’individualità incomparabile di ciascun essere: «ogni uomo deve rappresentare l’umanità a modo proprio, con una mescolanza particolare dei suoi elementi». In questo senso si può ben cogliere l’importanza che Schleiermacher attribuisce al processo di formazione del sé, essenziale per scorgere il profilo più intimo (l’identità) del proprio essere. La formazione non è però un processo che il singolo può vivere in completa autonomia, ma esige piuttosto una comunione con gli altri spiriti, necessaria per una costruzione di sé attraverso un continuo scambio del dare e del ricevere.
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Libri in discussione
Nella terza meditazione Schleiermacher si concentra invece sulla
limitare alcuni aspetti della mia libertà, tuttavia tutto ciò che proviene
concezione illuministica del mondo. Di questa, condivide l’idea di una
dall’agire comune degli uomini passa comunque attraverso la mia libertà.
continuità di generazioni e opere che si sono succedute nel tempo, ma
E l’azione che in ogni momento sono in grado di intraprendere mi dà la
critica l’innalzamento progressivo del benessere materiale come fine
certezza di disporre sempre di me stesso, attraverso la crescita della mia
ultimo. Questo fine ultimo, secondo Schleiermacher, non deve essere
vita interiore. La critica all’idea di una connessione tra vita dello spirito
rintracciato nella materialità, ma piuttosto in una comunione di spiriti
ed età della vita (gioventù e vecchiaia) si basa invece su due assunzioni
affini. Su queste basi l’autore sviluppa anche una sottile critica alle
preliminari: l’indipendenza dell’anima dal corpo, e il fatto che lo spirito
istituzioni sociali, colpevoli di esplicare solo limitate possibilità materiali,
sia presente per l’intera durata della vita e non sia soggetto a
escludendo la possibilità di potenziare la propria formazione interiore.
logoramento. Su questi presupposti Schleiermacher evidenzia come
Altre forme associative sono tuttavia possibili e forse anche prossime a
virtù e malanni di un uomo (sia del corpo che dell’anima) siano
realizzarsi, benché Schleiermacher, in quest’opera, non ne delinei i tratti
effettivamente ripartiti in modo diverso tra gli uomini, ma anche come
fondamentali.
questa ripartizione sia indipendente dalle stagioni della vita. Lo stesso
Infine, nelle ultime due meditazioni, la critica di Schleiermacher si
discorso può essere esteso al processo di formazione del proprio sé (del
sofferma su due punti: l’idea di un destino (o di una divina provvidenza)
proprio spirito) che, fondato sulla certezza e sulla persistenza della
che annulli le decisioni (e quindi la libertà) dell’uomo, e la presunta
libertà interiore, ne percorre indistintamente tutte le età.
connessione tra vita dello spirito ed età della vita. Per quanto riguarda il primo punto, l’autore sottolinea come, «a partire da quel primo atto originario della volontà che lo costituisce, l’uomo resta padrone di sé» e si sottrae a ogni potenza estranea, negando così la possibilità di un destino che annulli le decisioni individuali. È vero, sottolinea Schleiermacher, che l’agire e la libertà degli altri uomini sembrano
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TIMOTHY TAMBASSI Friedrich D.E. Schleiermacher, Monologhi, Diabasis, Reggio Emilia 2011, pp. 128, € 12 L’OPERA RIPRODOTTA È DI GIACOMO CARRA
Quaderni della Ginestra
SEMPRE DI CORSA: L’OSSESSIONE DELLA FRETTA.
A
il tratto comune che li caratterizza nella vergangene Zukunft (‘futuro passato’) introdotta da Koselleck, in quel futuro che nell’atto di farsi
distanza di un anno da Bentornato Marx! Diego Fusaro ha
presente è già passato.
pubblicato Essere senza tempo, disponibile in libreria dallo scorso
La tesi del ‘futuro passato’ emergente nel primo capitolo prelude
autunno. Il titolo di questa ultima opera rievoca immediatamente il noto
all’indagine, nel secondo, delle cause che scatenarono un simile
capolavoro heideggeriano del 1927, ma l’essere pensato da Fusaro in
sconvolgimento della temporalità. In parte già anticipate, esse
quanto senza tempo si delinea, in verità, entro la cornice di un dialogo con
corrispondono alla Rivoluzione industriale e alla Rivoluzione francese.
molteplici
dall’affermazione
L’una in ambito socio-economico, l’altra in ambito socio-politico, sono
dell’incessante fluire di tutte le cose in Eraclito alla visione baumaniana
lette come eventi connotati da radicalità e rapidità, potenti catalizzatori
di un postmoderno che si identifica con la fluidità e la considera uno
ora della dissoluzione del passato, ora della corsa verso un futuro di
stadio insuperabile. Anche la letteratura entra a pieno titolo nella
innovazione e miglioramento generale. Il pensiero illuminista, trait
riflessione di Fusaro che indica, come cruciale premessa di metodo,
d’union tra le due Rivoluzioni, fu, per richiamare una felice immagine
l’opportunità di assumere la fretta, figura per eccellenza della mancanza
proposta dall’autore, il detonatore di un’esplosione annunciata, come se
di tempo (dell’essere, appunto, senza tempo), come fenomeno
nella seconda metà del ‘700 una fiamma fino ad allora lenta e tenue
soggettivo e quotidiano ma inscindibile da quell’accelerazione della
avesse preso a divampare. Con la Rivoluzione industriale, tuttavia, il
storia, quindi di un orizzonte relativamente extrasoggettivo, che si
nuovo regime di produttività iniziò a profilare la frattura, destinata in
produsse a partire dalle due grandi Rivoluzioni del XVIII secolo. Si può
seguito ad approfondirsi, tra i tempi ipersegmentati che rispecchiavano
dire che la dimensione circoscritta dell’esperienza dei singoli e quella,
la crescente divisione del lavoro e i ritmi biologici inesorabilmente
ben più estesa, delle trasformazioni epocali vertiginosamente accelerate
perturbati: la fretta in senso proprio si originò dalla tensione a seguire i
in età moderna si implichino a vicenda. Tematizzare filosoficamente la
primi adeguando ad essi i secondi.
interlocutori:
voci
che
spaziano
fretta significa allora mantenere congiunti entrambi i piani, recuperando
Figlia delle due Rivoluzioni fu la persuasione che la storia, 60
Libri in discussione
configuratasi nella linearità di un processo
l’emblema dei costumi rilassati e dei ritmi
singolare e, quasi per conseguenza inevitabile,
languidi dell’aristocrazia, il caffè esprime lo
proiettata verso un avvenire migliore, si fosse
spirito
avviata sulla strada di mutamenti irreversibili.
l’acquavite
Al riguardo Fusaro insiste sul carattere delle
richiesto
Rivoluzioni quali direttrici parallele di un’unica
rapidamente dalla fretta alienante della
dinamica
produzione. E tutto all’ombra di miti del
di
‘infuturamento’
accelerato,
di
una lo dai
borghesia
industriosa,
stordimento
necessario
lavoratori
progresso
detto, la fretta relativa ai ritmi esistenziali
inarrestabile, divorava le rotaie dello spazio e
derivò dal combinarsi di ambedue gli eventi
del tempo.
‘disagio
della
locomotiva
che,
Un’idea di accelerazione di questo genere,
l’anticamera
continua Fusaro nel terzo capitolo, era
all’alienazione cui il capitalismo condannò le
ignota all’antichità, là dove la fretta esisteva
masse
impersonale
ma legata strettamente alle azioni individuali,
l’irrequietezza produttiva rispetto alle esigenze
non certo alla dimensione storica. Risalendo
di tempo dei singoli. L’esistenza umana fu
oltre il XVIII secolo, tuttavia, è forse
denaturalizzata così come il tempo, dapprima
possibile
misurato in funzione dell’alternarsi delle
embrionale della nozione di ‘fretta’ nel
lavoratrici
velocità’,
la
liberarsi
delineato nelle previsioni dei philosophes. Come
storici, e di qui – parafrasando Freud – il
come
per
rendendo
rinvenire
una
formulazione
stagioni e poi sottomesso a criteri artificiali. In un passo suggestivo del
pensiero cristiano, tale quindi da prefigurare la diagnosi dei moderni di
libro, Fusaro, menzionando Schivelbusch, collega tre bevande alle tre
vivere in una fase di accelerazione ineludibile? Senza dubbio, con
differenti classi sociali: mentre la cioccolata può essere ritenuta
l’avvento del cristianesimo, la linearizzazione sostituì la circolarità del
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Quaderni della Ginestra
tempo; e tuttavia è opportuno seguire Löwith sostenendo che
capitalistica che da strumento si è progressivamente imposta come fine
l’escatologia giudaico-cristiana, tradottasi nell’attesa di un fine
in sé. Le attese, di sapore illuminista, di un futuro fortemente accelerato
trascendentale destinato a irrompere nella temporalità, fu secolarizzata e
ma volto al bene dell’umanità, cedono così il passo ad un presente
immanentizzata proprio in età moderna? Fusaro mostra di diffidare dei
cangiante, benché essenzialmente irrevocabile nel suo primato di unica
riduzionismi che si annidano sotto ipotesi così generali ribadendo gli
dimensione temporale, in cui l’agire umano risulta del tutto simile alla
aspetti peculiari e originariamente settecenteschi del concetto di
corsa su un tapis-roulant. L’individuo non può rinunciare al suo statuto di
accelerazione della storia.
homo currens pur ignorando la meta cui tende quello sforzo sempre più
Un percorso attraverso le ‘filosofie della fretta’, nel quarto capitolo,
intenso; e, in fondo, non deve nemmeno conoscerla così da evitare,
guida il lettore verso quello conclusivo, evocativamente intitolato
preventivamente, deviazioni rispetto alla direzione sempre uguale cui il
‘Accelerazione senza futuro e nichilismo della fretta’. Proprio in questa
nastro – per rimanere nella metafora – lo conduce. L’accelerazione del
sede si può apprezzare l’originalità dell’interpretazione di Fusaro. All’età
postmoderno, dunque, nella visione di Fusaro è divenuta funzione in e
contemporanea, segnata da tappe decisive come la fine della Guerra
per se stessa, desertificando le speranze degli uomini e annichilendo il
Fredda e la dissoluzione del blocco sovietico, si attaglia, potremmo dire,
loro futuro in un’eterna presentificazione.
la definizione di fase di accelerazione ohne Warum (‘senza perché’),
GIACOMO MIRANDA
riprendendo la nota espressione di Angelo Silesio. Nonostante quantitativamente la corsa alla produzione non abbia subito contrazioni,
D. Fusaro, Essere senza tempo. Accelerazione della storia e della vita, Bompiani,
e anzi, cresca d’intensità in un contesto di mercato globale, rimane
Milano 2010, pp. 411 , !12.
aperta la questione sulla natura del fine che essa persegue e in vista del quale impone agli individui ritmi esistenziali sempre più concitati. In realtà, proprio in quanto senza perché, la sola finalità ammessa si traduce nella necessità di preservare l’assetto vigente, ossia quello della macchina
L’OPERA RIPRODOTTA È DI ANGELO MASSARO
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