Qf numero 26 - marzo 2015

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Quaderni di

FARMACO ECONOMIA Q U A D R I M E S T R A L E D I I N F O R M A Z I O N E FA R M A C O E C O N O M I C A

In questo numero POLITICA SANITARIA I contratti di market-access per i farmaci oncologici: un confronto fra esperienza italiana e inglese OPINIONI A CONFRONTO Processi di acquisto regionali dei biosimilari



Quaderni di

FARMACO ECONOMIA QUADRIMESTRALE DI INFORMAZIONE FARMACOECONOMICA


Quaderni di

FARMACO ECONOMIA

Comitato editoriale

numero 26 - marzo 2015

Iscrizione al Tribunale di Milano n. 587 del 22/9/2006

Antonella Barale, Corrado Barbui, Ettore Beghi, Maurizio Bonati,

Periodicità quadrimestrale

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Direttore Responsabile Alberto Salmona

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2 Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


Sommario

EDITORIALE

StabilitĂ fa rima con HTA?

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di Gianluigi Casadei

VALUTAZIONE ECONOMICA

Prevenire o curare il tumore della cervice uterina: un problema di costo-opportunitĂ nel lungo periodo? di A. Curto, K. van de Vooren, L. Garattini

POLITICA SANITARIA

I contratti di market-access per i farmaci oncologici: un confronto fra esperienza italiana e inglese di A. Curto, K. van de Vooren, L. Garattini

OPINIONI A CONFRONTO

Processi di acquisto regionali dei biosimilari

Intervista a: Daniela Carati, Lorella Lombardozzi, Riccardo Roni

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Editoriale di Gianluigi Casadei

Stabilità fa rima con HTA?

P

Il termine “stabilità” (dal latino stabilĭtas) risale al XIV secolo ed esprime “la presenza di requisiti tali da escludere l’eventualità o la possibilità di alterazioni o variazioni”.1 La legge di stabilità, che “regola gli interventi legislativi di spesa e di entrata per l’anno successivo, in linea con la politica economica del governo”, ha sostituito nel 2010 la “legge finanziaria”, forse per dare un messaggio di saldezza, solidità, robustezza nel momento in cui il paese fu costretto ad ammettere di essere caduto in piena recessione economica. Alcuni commentatori hanno sottolineato come con la legge di stabilità 2015, 2 −che di fatto riprende il Patto della Salute 201416 siglato a luglio dello scorso anno,3− il Ministero della Salute sembrerebbe intenzionato a dare un rinnovato impulso allo sviluppo dell’HTA in Italia. Infatti, il comma 587 lancia il “Programma nazionale di HTA dei dispositivi medici”, una rete nazionale coordinata da Agenas. Il comma successivo dispone che AIFA predisponga per i medicinali innovativi o di eccezionale rilevanza terapeutica “valutazioni di HTA volte a caratterizzare e individuare i percorsi farmaco-terapeutici in grado di garantire l’impiego efficiente e costo-efficace delle risorse disponibili”; inoltre, le regioni si dovrebbero dotare di un “presidio HTA a supporto della valutazione di HTA” (meglio essere precisi).

In realtà, non ci sono grandi novità a cominciare dal progetto HTA sui dispositivi medici. Infatti la legge finanziaria 2007 aveva già disposto che il Ministero della Salute promuovesse “la realizzazione di studi sull’appropriatezza dell’impiego di specifiche tipologie di dispositivi medici, anche mediante comparazione dei costi rispetto a ipotesi alternative”;4 inoltre, la conferenza Stato-Regioni aveva affidato ad Agenas il compito di coordinare le attività di HTA per diffondere “in ambito regionale i risultati degli studi e delle valutazioni effettuate a livello centrale”.5 Per quanto riguarda AIFA, il regolamento del 2009 inserisce la HTA tra le attività interne all’Agenzia.6 Infine, nel periodo 2007-2010 c’è stato un fiorire di attività nella maggior parte delle regioni a seguito del riconoscimento del ruolo della HTA nel Piano Sanitario Nazionale 20062008. Perché allora rilanciare gli stessi progetti a più di cinque anni di distanza? Questo rinnovato interesse parrebbe quasi indicare che il Ministero della Salute si sia (finalmente) convinto che i risultati fin qui raggiunti sono ancora lontani dagli obiettivi. Andando a ritroso – rapidamente, ma disponibili a confronti più approfonditi, − l’esperienza di HTA regionale si è dimostrata insoddisfacente, con poche e selezionate eccezioni.7 Impossibile conoscere, al di là delle “dichiarazioni di pram5

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EDITORIALE matica” sul proprio sito, quale sia l’attività di HTA di AIFA. Sebbene la diffusione delle valutazioni sia un passaggio fondamentale del processo di HTA, i presumibili rapporti di AIFA non vengono resi pubblici, contrariamente a quanto accade per altre agenzie europee quanto meno di pari rilevanza, fra le quali NICE e SMC in Gran Bretagna, HAS in Francia e IQWiG in Germania. Per Agenas ci sono segnali di attività HTA, nonostante appaia sottotono rispetto alle altre variegate responsabilità attribuite nel corso del tempo a questa “poliedrica” agenzia, a cominciare dall’affiancamento alle regioni sotto piano di rientro, il monitoraggio e la valutazione degli esiti, della qualità e dell’appropriatezza dei servizi sanitari, per arrivare all’educazione continua in medicina. In base a quanto pubblicato sul sito dell’agenzia, 8 − giusto per avere un’idea dell’attività svolta, ben chiarendo di non avere alcun titolo per valutarne la rilevanza,− nel periodo 2008-2014 sono stati completati 8 rapporti di HTA, 12 documenti correlati all’HTA e 5 rapporti di Horizon Scanning. Altri 5 rapporti risultavano “work in progress” a metà gennaio 2015. Scorrendo l’elenco delle pubblicazioni viene spontaneo domandarmi quali siano i criteri di priorità per la scelta degli argomenti, peraltro mai esplicitati da Agenas e nemmeno formalizzati in alcun documento ministeriale. Riconoscere che c’è ancora molto da fare per attuare concretamente l’HTA in Italia è un passo importante e la legge di stabilità 2015 avrebbe così una valenza certamente positiva. Peraltro, questa interpretazione non trova alcun riscontro pratico, visto che il legislatore non ha allocato alcuna risorsa finanziaria a sostegno delle attività promulgate. Anzi, la legge stessa precisa che debbano essere attuate “nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente”. In tal modo, appare davvero improbabile che si possa passare dai buoni propositi ai fatti, a meno che, ipotesi non suffragata (stranamente di questi tempi) nemmeno da un annuncio, il Ministero della Salute abbia individuato dove reperire le risorse nell’ambito dei fondi già allocati per le agenzie interessa-

te o altrove. Più probabile forse l’ipotesi che ancora una volta il Governo di turno si accontenti di manifestazioni di interesse, senza davvero credere che l’HTA (“araba fenice” dei nostri politici in sanità?) possa essere uno strumento per allocare in modo razionale e trasparente le risorse del SSN (ben 112 miliardi di euro previsti per il 2015). Come sollecitare per l’ennesima volta un cambiamento di attitudine? La revisione del PFN predisposta al comma 585, chissà perché definita “straordinaria” considerato che l’ultima versione risale al 2005, è un importante banco di prova per dimostrare che l’HTA può essere utile per rivedere il PFN “sulla base del criterio costobeneficio ed efficacia terapeutica, prevedendo anche dei prezzi di riferimento per categorie terapeutiche omogenee”. Poiché non mi pare il caso di attendere l’arrivo dei 250 nuovi dipendenti promessi dal Ministro per la riorganizzazione di AIFA, l’attuale agenzia potrebbe identificare i farmaci maggiormente responsabili del continuo sfondamento della spesa farmaceutica e affidare a qualificati enti europei di HTA, indipendenti e riconosciuti, le analisi di costo-efficacia, anche avvalendosi delle valutazioni regionali. È ragionevole ritenere che i costi di queste consulenze possano essere coperti attingendo alle “risorse disponibili”, ad esempio il contributo del 5% sulle spese promozionali sostenute annualmente dalle aziende farmaceutiche. Pubblicati i rapporti e valutate le controdeduzioni, AIFA potrebbe poi procedere a rivedere il PFN entro il termine prefissato. Ecco quindi una bozza di impiego strutturato dell’HTA, mirata a dimostrare la tesi che la selezione dei farmaci in base a valutazioni metodologicamente corrette potrebbe essere un modo nuovo per contribuire a limitare l’emorragia della farmaceutica ospedaliera, che la attuale terapia a base di sconti confidenziali, tetti di spesa, decine di contratti d’esito e dilazione dei tempi di rimborso non sono in grado di tamponare: 10 miliardi di euro dal 2008 al 2014 e, secondo AIFA, altri 3,56,8 miliardi nel successivo triennio. Un esperimento sul campo potrebbe permettere di provare ai governanti che è ne6

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EDITORIALE cessario investire nell’HTA per concorrere a rispondere alla domanda “se” ma soprattutto “come” sarà possibile selezionare e garantire l’accesso alle nuove terapie innovative e costo-efficaci attese nei prossimi anni, “preservando lo straordinario carattere solidaristico e universale della nostra sanità pubblica”, come giustamente auspicato nell’editoriale di S. Silvestro dal Direttore Generale di AIFA.9 Le risorse sono per definizione limitate e il problema non è solo di scongiurare i tagli di spesa (soprattutto in situazioni di crisi economica), ma di allocare al meglio le risorse, pren-

dendosi la responsabilità delle scelte. Concludendo, ancora una volta le condizioni economiche rinnovano l’opportunità di sviluppare l’HTA in Italia. Chi ha il mandato e la responsabilità di gestire la sanità pubblica deve decidere quale significato attribuire a questa disciplina nel quadro della legge di “stabilità”: mantenerla nel limbo dei convegni e delle dichiarazioni d’intenti, o piuttosto tradurre i commi legislativi in strumenti concreti per accrescere la solidità del nostro SSN? In alternativa, cancellarla per sempre dal vocabolario dei nostri politici…

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Garattini L, van der Vooren K, Curto A. Regional HTA in Italy: Promising or confusing? Health Policy, 2012; 108:203–206.

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VALUTAZIONE ECONOMICA A cura di A. Curto,1 K. van de Vooren,1 L. Garattini 1

Prevenire o curare il tumore

della cervice uterina: un problema di costo-opportunità nel lungo periodo?

PA R O L E C H I AV E :

Abstract In Europa all’incirca il 43% delle donne affette da cancro alla cer-

CANCRO CERVICE UTERINA,

vice uterina (CCU) muore per tale patologia ogni anno. Il CCU è causato principalmente dai genotipi 16 e 18 del papilloma virus umano (Human Papilloma Virus, HPV). La diagnosi precoce è determinante perché permette di aumentare la sopravvivenza. In campo terapeutico bevacizumab (BV), un anticorpo monoclonale molto costoso, ha dimostrato di essere efficace anche contro tale patologia in stadio avanzato. Come strategia preventiva, sono attualmente disponibili due vaccini HPV (quadrivalente e bivalente). Abbiamo condotto una Budget Impact Analysis (BIA) mirata a stimare il costo della terapia con BV nel trattamento del CCU in stadio avanzato, per confrontarlo poi con quello del programma vaccinale attualmente adottato dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Nonostante la stima di impatto finanziario annuale di BV in Italia (€37,1 milioni) sia leggermente inferiore rispetto alla spesa sostenuta nel 2012 per la campagna di vaccinazione preventiva contro l’HPV delle adolescenti (€38,5 milioni), il recente abbassamento dei prezzi di aggiudicazione potrebbe capovolgere la situazione. E’ quindi lecito sollevare una questione di costo-opportunità relativamente al CCU: meglio spendere per trattamenti in fase terminale che prolungano la sopravvivenza di pochi di mesi, peggiorando ulteriormente la già precaria qualità di vita, oppure per una campagna di vaccinazione che contribuisca alla prevenzione della patologia in questione?

HPV, VACCINAZIONE, BEVACIZUMAB, COSTO-OPPORTUNITA’

1

CESAV, centro di Economia Sanitaria “Angelo e Angela Valenti”

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VALUTAZIONE ECONOMICA CANCRO ALLA CERVICE UTERINA A livello mondiale il cancro alla cervice uterina (CCU) è al secondo posto per frequenza nelle donne di età inferiore a 45 anni. Nell’Unione Europea (UE), all’incirca 31.300 donne sono affette da CCU e 13.600 di queste muoiono per tale patologia ogni anno, con tassi particolarmente elevati nei nuovi Stati membri.1 Il CCU è strettamente correlato all’infezione da papilloma virus umano (Human Papilloma Virus, HPV). Tra i 15 genotipi di HPV definiti come altamente oncogeni, i tipi 16 e 18 sono i principali responsabili del CCU invasivo. La diagnosi precoce gioca un ruolo importante nel trattamento del CCU perché permette di aumentare la sopravvivenza. Infatti le alterazioni cellulari a livello della cervice possono essere identificate quando sono ancora in stadio iniziale, consentendo quindi attraverso la terapia di ridurre il rischio di sviluppare il CCU. Qualora diagnosticato non ancora in fase avanzata, il CCU è solitamente trattato chirurgicamente, o con una combinazione di chemioterapia e radioterapia se lo stadio di progressione è maggiore.1 Nella maggior parte dei Paesi europei la mortalità per CCU è nettamente diminuita negli ultimi decenni grazie a programmi di prevenzione messi in atto in modo sistematico. Tuttavia, tale riduzione non è stata ancora riscontrata nei Paesi a basso e medio reddito e, più in generale, nelle classi sociali più svantaggiate.1 Il 35% delle pazienti con CCU localmente avanzato, già sottoposte a chirurgia o radioterapia, progredisce alla fase cronica, recidivante o metastatica, per la quale il trattamento comunemente somministrato è la chemioterapia a base di platino. Purtroppo la risposta a tale terapia è poco soddisfacente o di breve durata, rendendo quindi tuttora rilevante la ricerca di farmaci innovativi ed efficaci contro il CCU avanzato o refrattario.2

neutralizza il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (Vascular Endothelial Growth Factor, VEGF), ha mostrato di essere efficace anche contro il CCU avanzato qualora aggiunto a una combinazione chemioterapica priva di platino.3 Il VEGF svolge un ruolo chiave nell’angiogenesi tumorale, un processo direttamente correlato alla progressione della malattia e quindi inversamente alla sopravvivenza. Il BV è stato approvato dalla European Medicines Agency (EMA) nel gennaio 2005 ed è attualmente indicato come terapia additiva per molti tipi di cancro in stadi di progressione diversi (ad esempio, tumori metastatici rettali, mammari, polmonari non a piccole cellule e renali; tumore ovarico avanzato e delle tube di Fallopio). Come per le altre indicazioni autorizzate, l’aggiunta di BV alla chemioterapia nel CCU avanzato è associata a un incremento di sopravvivenza (Overall Survival, OS) di pochi mesi (17,0 vs 13,3).3 Il Regno Unito è stata la prima nazione della UE che ha reso accessibile il BV alle pazienti affette da CCU attraverso il Cancer Drug Fund, fondo sorto con l’obiettivo di rendere disponibili farmaci giudicati non sufficientemente costo-efficaci.4

VACCINAZIONE CONTRO L’HPV L’EMA ha autorizzato due vaccini contro l’HPV: a) il vaccino quadrivalente protegge contro i genotipi 6, 11, 16 e 18; b) il bivalente è efficace soltanto contro i genotipi 16 e 18 (i più oncogeni). Va sottolineato che, per quanto i vaccini contro l’HPV siano molto efficaci e possano ridurre la prevalenza di CCU, non consentono di debellare la patologia poiché la vaccinazione è attiva solo per alcuni genotipi, che causano all’incirca il 70% dei CCU. Inoltre, l’esperienza con tale vaccinazione è ancora relativamente breve ed è sempre presente il rischio, ancorché limitato, di indurre la sostituzione dei genotipi.5 La vaccinazione contro l’HPV per le adolescenti è stata recentemente introdotta nella maggior parte delle nazioni UE; tuttavia, la copertura è ancora inadeguata e soltanto Portogallo e Regno Unito hanno registrato tassi superiori all’80%.6

NUOVE TERAPIE Recentemente il bevacizumab (BV), un anticorpo monoclonale molto costoso che 9

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VALUTAZIONE ECONOMICA I vaccini sono solitamente considerati uno degli interventi sanitari più costo-efficaci perché rappresentano un intervento solitamente conveniente per prevenire patologie e mortalità di rilevanza non indifferente. Peraltro, i vaccini contro l’HPV rappresentano un caso a sé, essendo tra i più costosi: la sostenibilità rappresenta infatti la principale barriera alla diffusione di tali vaccini in molte nazioni. Inoltre, la maggior parte delle valutazioni economiche riferite a questa vaccinazione sembrano essere meri esercizi di previsione nel lungo termine, i cui risultati molto spesso risentono delle scelte degli autori, mirate per lo più a mostrare livelli accettabili del rapporto costo-efficacia, senza mettere in nessun modo in discussione i prezzi elevati fissati dalle aziende commercializzatrici.7 Tuttavia, in pratica si può ricorrere a procedure di approvvigionamento che consentono potenzialmente notevoli risparmi in fase di acquisto: alcune nazioni UE come l’Italia, il Regno Unito e la Svezia acquistano i vaccini tramite gare pubbliche, riuscendo a ridurre significativamente i prezzi8 mettendo in concorrenza i due vaccini e rendendo quindi le campagne di vaccinazione molto più costo-efficaci.

va a cui si deve rinunciare per intraprenderne un’altra9; in teoria, questo principio economico generale andrebbe esteso a tutti i tipi di interventi sanitari, a prescindere dalla patologia di riferimento. Abbiamo stimato il costo potenziale di trattare il CCU in stadio avanzato con BV in Italia su base annuale, allo scopo di valutare il costo-opportunità indotto dall’allocazione del budget sanitario a disposizione per la prevenzione alternativamente alla cura delle donne che hanno già sviluppato il tumore. Abbiamo scelto l’Italia perché è una delle poche nazioni che hanno reso pubblici i prezzi di aggiudicazione dei vaccini HPV nelle gare d’acquisto,8 diversamente dal Regno Unito e dalla Svezia, Paesi in cui tali prezzi sono considerati un elemento confidenziale da non rendere pubblico. BUDGET IMPACT ANALYSIS Abbiamo realizzato una Budget Impact Analysis (BIA), allo scopo di stimare il costo della terapia con BV nel trattamento del CCU in stadio avanzato. E’ stato calcolato il costo incrementale annuale della somministrazione di BV in pazienti con CCU in fase terminale, considerando il prezzo ex-factory attuale.10 La prospettiva adottata è quella del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), limitata però al budget dedicato ai farmaci e escludendo quindi altri costi quali somministrazione, monitoraggio e test

COSTO OPPORTUNITÀ Nella teoria economica il “costo-opportunità” è costituito dal costo di un’alternatiTabella 1. Stima del costo di BV per CCU. Caso-base

Parametro

Costo

Prezzo di BV (per ciclo) [9]

€3.093

€37.081.358

Numero di cicli (PFS: 8,2 mesi) [3]

11,8

Popolazione target [1]

1.016

Analisi di sensibilità Numero di cicli (HR: 0,54-0,82) [3]

10,1 – 13,4

€31.739.129 - €42.109.339

Peso corporeo (DS: 9,9) [10]

54,1 – 73,9

€31.488.313 - €42.991.505

Analisi degli estremi

€26.850.728 - €48.637.669

BV = bevacizumab; CCU = tumore della cervice uterina; HR = Hazard Ratio; PFS = Progression-Free Survival; DS = deviazione standard.

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VALUTAZIONE ECONOMICA diagnostici. Per stimare il numero annuale di decessi causati dal CCU, abbiamo fatto ricorso a un rapporto ufficiale italiano,1 assumendo che ogni donna inclusa in tale stima (riferita al 2012) fosse eleggibile per un trattamento con BV. Dosaggio e durata della terapia (8,2 mesi, periodo equivalente alla sopravvivenza senza progressione) sono stati tratti da un recente Clinical Trial (CT) relativo all’efficacia di BV per il CCU in fase avanzata.3 Il peso medio di una paziente è stato stimato pari a 64 kg (DS: 9,9) coerentemente con un’indagine condotta a livello nazionale.11 Infine abbiamo condotto anche analisi di sensibilità a una via e degli estremi, facendo variare la durata della terapia e il peso in base agli intervalli di confidenza derivati dalle fonti indicate per il caso-base.1,3 La Tabella 1 mostra i risultati della BIA. Essendo il numero delle donne decedute per CCU in Italia nel 2012 pari a 1.016, il costo incrementale di trattamento annuale di BV con un ciclo di tre settimane, dosaggio di 15 mg/kg e durata di 8,2 mesi, ammonta a €37.081.358. L’analisi di sensibilità a una via mostra che il peso corporeo e la durata della terapia influenzano in modo pressoché identico la stima di costo; la combinazione dei due effetti nell’analisi degli estremi non altera significativamente il risultato del caso-base, che può quindi essere giudicato sufficientemente robusto.

(274.546 quelle nate nel 2001) potrebbe scendere al di sotto dei €20 milioni in un futuro prossimo. Alla luce di questo scenario, si potrebbe sollevare una questione di costo-opportunità per il CCU in molti sistemi sanitari: meglio investire in una campagna di vaccinazione nella prevenzione per cercare di limitare una patologia mortale nel lungo termine, oppure cercare di prolungare l’aspettativa di vita con un trattamento in fase terminale? Questo problema potrebbe diventare ancora più difficile da affrontare tenendo conto del c.d. “effetto silos” tipico dei fondi sanitari. Infatti, stiamo confrontando due tipi di costo (quello dei vaccini per la prevenzione e quello degli anticorpi monoclonali per la terapia) che in molte nazioni (Italia e Regno Unito inclusi) vengono allocati in fondi separati, rendendone quindi complicato il trasferimento. In particolare, la natura emotiva delle patologie tumorali rende assai arduo per le agenzie regolatorie rigettare le richieste di rimborsabilità di farmaci molto costosi come il BV, ancorché scarsamente efficaci, soprattutto quando le aziende commercializzatrici sono ancora interessate a supportarli non essendo imminente la scadenza del brevetto.

CONCLUSIONI Abbiamo stimato che in Italia circa quattro mesi di vita aggiuntivi per una paziente affetta da CCU costerebbe ancor più che vaccinare una coorte di adolescenti per prevenire tale patologia. Soprattutto in un periodo di recessione e tagli alla spesa pubblica come quello attuale, il problema principale da affrontare consiste nel trovare la strategia migliore per allocare risorse finanziarie scarse; nel caso del CCU sorge spontaneo il quesito se è più opportuno spendere per trattamenti in fase terminale che prolungano la sopravvivenza di pochi di mesi, peggiorando ulteriormente la già precaria qualità di vita, oppure per una campagna di vaccinazione che contribuisca alla prevenzione della patologia in questione?

IMPLICAZIONI DI POLITICA SANITARIA La stima di impatto finanziario annuale di BV per il trattamento del CCU in Italia (€37,1 milioni) è leggermente inferiore rispetto alla spesa sostenuta nel 2012 per la campagna di vaccinazione preventiva contro l’HPV delle adolescenti (€38,5 milioni, con una copertura all’incirca del 70%).12 Avendo l’EMA recentemente approvato in scheda tecnica una somministrazione a due dosi per entrambi i vaccini13 ed essendosi abbassati i prezzi di aggiudicazione per dose fino a €33 nelle gare regionali più recenti,8 il costo totale di una campagna di vaccinazione universale per una coorte di dodicenni 11

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VALUTAZIONE ECONOMICA BIBLIOGRAFIA

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12 Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


POLITICA SANITARIA A cura di A. Curto,1 K. van de Vooren,1 L. Garattini 1

I contratti di market-access

per i farmaci oncologici: un confronto fra esperienza italiana e inglese

Abstract I prezzi dei farmaci oncologici sono sempre più elevati, nono-

PA R O L E C H I AV E :

stante i dati clinici disponibili al momento della registrazione non siano solitamente sufficienti per valutarne appieno l’efficacia terapeutica. Recentemente, sia l’industria che i “terzi paganti” si sono mostrati favorevoli all’applicazione di accordi che accelerano l’accesso sul mercato di alcuni farmaci in oncologia, grosso modo classificabili in: a) contratti basati su vincoli finanziari e b) contratti basati su parametri clinici. In Italia tali contratti prendono il nome di Managed Entry Agreements (MEA), in Inghilterra di Patient Access Schemes (PAS). Dall’analisi comparativa effettuata emerge che a partire da ottobre del 2011 gli accordi siglati in Inghilterra e Galles sono basati su semplici scontistiche; mentre in Italia gli accordi dipendenti dalla risposta dei pazienti hanno di gran lunga sopravanzato quelli di carattere finanziario nello stesso periodo. In generale, si può affermare che in entrambe le nazioni è stata accumulata una notevole esperienza in materia di accordi di market-access, ma la loro applicazione pratica ha seguito percorsi sostanzialmente contrapposti nel tempo. Il carico amministrativo è percepito in entrambe le nazioni come il limite principale di tali accordi. La gestione centralizzata e farraginosa dei MEA da parte di AIFA ha contribuito a evidenziare ulteriormente tali costi, mentre la mancanza di trasparenza dei PAS impedisce di trarre un giudizio più circostanziato e oggettivo sull’esperienza inglese. In questa situazione, i sicuri “perdenti” sono le nazioni più piccole e a basso reddito, che non hanno potere contrattuale sufficiente per negoziare sconti rilevanti sui prezzi.

MARKET-ACCESS, MANAGED ENTRY AGREEMENT, PATIENT ACCESS SCHEME, ONCOLOGIA, ITALIA, REGNO UNITO

1

13 Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015

CESAV, centro di Economia Sanitaria “Angelo e Angela Valenti”


POLITICA SANITARIA INTRODUZIONE I farmaci di recente immissione sul mercato hanno prezzi sempre maggiori, in particolare in ambito oncologico, settore in cui anche un solo ciclo può essere molto costoso, nonostante i dati clinici disponibili al momento della registrazione non siano solitamente sufficienti per valutarne in modo esaustivo efficacia e convenienza economica.1 Recentemente, sia l’industria che i “terzi paganti” hanno manifestato grande interesse nell’applicazione di accordi volti a rendere più rapido l’accesso a determinati farmaci per i pazienti oncologici, comunemente noti come “market-access agreements”. In letteratura sono presenti molte definizioni delle varie tipologie di tali accordi;2,3,4,5 semplificando, si possono distinguere due categorie principali:6 a) accordi basati su vincoli finanziari (c.d. financial-based); b) accordi basati su parametri clinici (c.d. performance-based). Gli schemi della prima tipologia si concentrano sull’impatto finanziario del nuovo farmaco e sono solitamente rappresentati da vari tipi di scontistica su prezzo/quantità. Nella seconda categoria rientrano gli accordi che implicano la raccolta di ulteriori dati di natura clinica dopo la commercializzazione e il rimborso limitatamente ai pazienti che hanno dimostrato una risposta positiva al trattamento. Tale obiettivo è tanto ambizioso dal punto di vista metodologico e clinico quanto accattivante sotto il profilo politico. La strategia generale sarebbe quella di ridurre la possibilità che il “terzo pagante” adotti tecnologie non sufficientemente costo-efficaci, agevolando nel contempo l’industria a ottenere più rapidamente accesso al mercato e quindi non penalizzandola nei fatturati. 7 Più maliziosamente, questi accordi possono anche essere considerati come uno strumento con cui l’industria riesce a mantenere prezzi ufficiali maggiori di quelli reali e più omogenei a livello europeo,6 garantendo sconti confidenziali alle autorità sanitarie e limitando contemporaneamente il commercio parallelo, ma anche ostacolando un funzionamento efficace dei sistemi dei prezzi di riferi-

mento internazionale nei Paesi che li adottano. Il sistema inglese e quello italiano sono stati storicamente i primi ad aver introdotto tali meccanismi, pur essendo diversa la terminologia adottata: a) Managed Entry Agreements (MEA) in Italia e b) Patient Access Schemes (PAS) nel Regno Unito.8 In questo articolo ci concentreremo sull’area oncologica, in cui molti prodotti ad alto prezzo sono stati sottoposti a tali accordi.

ITALIA Struttura degli accordi

L’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, ha siglato il suo primo contratto nel luglio del 2006;9 fino a giugno di quest’anno (2014) sono stati approvati 44 accordi su 33 farmaci,10 di cui 37 in oncologia. L’AIFA mette a disposizione tre tipologie di contratti al momento della trattativa con l’industria per determinare prezzo e rimborsabilità di nuovi farmaci o indicazioni. Il contratto di cost-sharing implica uno sconto sul prezzo, solitamente di carattere monetario e limitato ai primi mesi o cicli di terapia; all’industria è richiesto successivamente un rimborso (c.d. pay-back). Le due tipologie rimanenti fanno riferimento alle performances delle terapie: per ogni paziente che non risponde al farmaco in base all’evidenza clinica disponibile, l’industria dovrebbe restituire l’intero corrispettivo della terapia nel caso del payment-by-result o parte di esso per il risk-sharing. Se un paziente rientra nei criteri di “non-responder”, il farmacista ospedaliero deve comunque richiedere all’industria il rimborso entro la fine dell’anno; a sua volta, l’industria può accettare o rigettare la richiesta (richiedendo un arbitrato). La gestione di questi accordi, piuttosto complessa, è completamente impostata su registri web messi a disposizione dall’AIFA.11 Al personale medico ospedaliero incorre l’obbligo di compilare vari moduli di prescrizione elettronici contenenti i dati di identificazione del paziente, l’indicazione terapeutica e il dosaggio: inoltre, il registro richiede che il 14

Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


POLITICA SANITARIA medico inserisca dati clinici di follow-up includenti i parametri clinici più rilevanti. Infine, il sistema valida ogni prescrizione e richiede automaticamente la dispensazione del farmaco richiesto alla farmacia ospedaliera.

Nonostante le aspettative di AIFA sui registri come strumento per contribuire al miglioramento dell’evidenza clinica, ad oggi non è ancora stato pubblicato alcun rapporto con i dati di efficacia dei farmaci inclusi nei registri. Scorrendo i moduli relativi allo stato clinico dei pazienti,10 appare evidente che le informazioni ivi contenute riflettono sostanzialmente l’indicazione approvata e nulla più, risultando quindi del tutto insufficienti per una più ampia valutazione clinica.7

Valutazione critica

A settembre del 2013 l’AIFA ha pubblicato i ricavi dei MEA per la prima volta da quando sono in vigore.12 Sebbene l’introito totale atteso per l’anno 2012 fosse di €46.3 milioni, in realtà un terzo di tale somma è stato oggetto di contestazione da parte dell’industria (22%) o effettuato con richiesta tardiva da parte degli ospedali (11%). Il reale ricavo è quindi stato pari a €31,3 milioni, che rappresentano soltanto il 5% della spesa totale indotta dalle indicazioni dei farmaci sottoposti a monitoraggio.7 Non bisogna nemmeno dimenticare che anche i costi di amministrazione dei MEA non sono affatto trascurabili. A maggio del 2012, l’AIFA ha aggiudicato per €8,7 milioni una gara triennale per la gestione dei registri a una società di consulenza internazionale. Tale aggiudicazione ha implicato un’interruzione nel servizio alla fine del 2012 a causa dell’incompatibilità col sistema informatico precedente, proseguita anche nel 2013 col risultato di impedire il calcolo del rimborso per tale annualità. Inoltre, in base alle stime pubblicate sul sito web di AIFA, i costi interni ammonterebbero a circa €1 milione, che andrebbe quindi sommato per ottenere l’ammontare effettivo della spesa indotta dalla gestione dei registri.7 Infine, non vanno dimenticati i costi indotti sul personale sanitario ospedaliero. La laboriosità del meccanismo di rendicontazione implica che medici e farmacisti impieghino molto tempo per compilare i moduli, sottraendolo di fatto alla loro quotidiana attività. L’AIFA stessa ha pubblicato sul proprio sito web una stima molto accurata del tempo richiesto ai professionisti sanitari per completare i principali moduli. Tuttavia, tali stime appaiono assai poco realistiche, essendo in molti casi inferiori al minuto.13

INGHILTERRA E GALLES Struttura dell’accordo

Il Ministero della Salute inglese ha siglato il primo PAS nell’ottobre del 2007. A giugno del 2014, risultavano siglati 42 contratti relativi a 32 farmaci,14 di cui quasi la metà (19) in ambito oncologico. Il Pharmaceutical Pricing Regulation Scheme (PPRS) del 2009, l’accordo volontario negoziato periodicamente fra il Ministero e l’Associazione inglese dell’industria farmaceutica, è stato il primo a recepire i PAS come accordi a cui ricorrere soltanto eccezionalmente per migliorare la convenienza economica dei farmaci innovativi, rendendo quindi più sostenibile il loro impatto complessivo sul servizio sanitario inglese (NHS).15 L’industria può proporre qualsiasi tipologia di accordo al Ministero, che si riserva di decidere in merito sulla base di valutazioni elaborate dal National Institute of Health and Care Excellence (NICE), l’agenzia pubblica che valuta le tecnologie sanitarie per conto del NHS. All’interno del NICE, l’unità di valutazione dei PAS (Patient Access Scheme Liaison Unit - PASLU) esprime il proprio giudizio sulla convenienza della proposta dal punto di vista del NHS. Un’azienda farmaceutica può decidere di proporre spontaneamente un PAS dopo la registrazione oppure in seguito a una valutazione negativa emessa dal NICE nei confronti del proprio farmaco. Esiste un unico PAS performance-based, denominato “response scheme” (schema di rimborso vincolato alla risposta al trattamento misurata da un test diagnostico); 15

Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


POLITICA SANITARIA sono invece disponibili ben cinque diverse forme di contratti di tipo financial-based:14 1) “simple discount”(prezzo ufficiale scontato); 2) “free stock” (fornitura gratuita dei primi cicli/settimane di trattamento o di dosaggi maggiori allo stesso prezzo di quelli inferiori); 3) “dose cap” (fornitura gratuita dopo un periodo di trattamento prefissato); 4) “rebate” (parziale rimborso della dose per paziente); 5) “single fixed price” (somma forfetaria indipendentemente dalla durata del trattamento). Le farmacie ospedaliere gestiscono solitamente i PAS in modo autonomo, senza alcun supporto finanziario da parte delle autorità centrali, registrando i cicli somministrati a ogni paziente o i dati clinici e calcolando successivamente il rimborso dovuto dal SSN. I tempi di erogazione e le scadenze di tali procedure variano considerevolmente a seconda delle diverse tipologie di contratti.

amministrativo indotto dai PAS in Inghilterra e Galles.17,18 Entrambi gli studi hanno concluso che, per gestire l’onere amministrativo derivante dai contratti, il NHS non avrebbe potuto siglare ulteriori PAS senza prendere in considerazione l’ipotesi di finanziare i carichi di lavoro eccedentari necessari per gestirli. In generale, gli accordi legati alla misurazione di una risposta clinica richiedono tempi più lunghi di amministrazione rispetto a quelli finanziari (ad esempio, sono stati stimati 45 minuti a paziente per cetuximab e 38 per bortezomib a fronte di 18 minuti per erlotinib e 19 per sunitinib),17 risultando in generale più problematici. Sebbene i farmacisti ospedalieri intervistati non abbiano identificato uno specifico tipo di accordo come ideale, sono stati raccomandati quelli di tipo financial-based più semplici, con minor richiesta di raccolta e monitoraggio dati.18 Nonostante il PPRS19 negoziato nel 2014 abbia confermato la natura di eccezionalità dei PAS, quasi un quarto di tutte le linee-guida del NICE contenenti un giudizio positivo implicano oramai un accordo di questo tipo.

Valutazione critica

I PAS sono contratti dal contenuto confidenziale, motivo per cui non ne vengono resi noti contenuti e risultati; di conseguenza, le informazioni ufficiali reperibili su tali accordi sono assai limitate.16 In letteratura abbiamo rinvenuto soltanto due indagini non recentissime condotte su piccoli campioni di farmacisti ospedalieri, mirate a valutare l’impatto Figura 1.

ANALISI COMPARATIVA La Tabella 1 riassume il numero, suddiviso per tipologia, dei MEA e PAS relati-

Trend temporale di MEA e PAS in ambito oncologico per tipologia di accordo (giugno 2014).

MEA = Managed Entry Agreement; PAS = Patient Access Scheme

16 Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


POLITICA SANITARIA Tabella 1. Numero e tipologia di accordi in ambito oncologico.

MEA

Accordi basati su vincoli finanziari

Accordi basati su vincoli clinici

✓ Cost-sharing (13)

✓ Risk-sharing (2) ✓ Payment-by-result (22)

✓ Simple discount (12) ✓ Free stock (2) PAS

✓ Dose cap (2) ✓ Rebate (1) ✓ Single fixed price (1)

✓ Response scheme (1)

MEA = Managed Entry Agreement; PAS = Patient Access Scheme

vi ai farmaci oncologici, tratto dai siti web di AIFA10 e del NICE14; la Figura 1 mostra l’andamento nel tempo di tali accordi, sempre ripartito per tipologia. Si può notare come tutti gli accordi introdotti in Inghilterra e Galles a partire da ottobre del 2011 siano basati su semplici scontistiche. In Italia, nonostante i MEA financial-based siano risultati di più facile gestione e anche più efficienti nel produrre ricavi 7 rispetto a quelli

performance-based, i secondi hanno di gran lunga sopravanzato i primi negli ultimi anni. La Tabella 2 mostra i dodici farmaci oncologici (per un totale di tredici indicazioni terapeutiche) contemporaneamente sottoposte a MEA o PAS: soltanto quattro di essi (azacitidina, erlotinib, nilotinib e sunitinib) sono monitorati con un accordo di tipo finanziario in ambedue le nazioni, mentre l’unico farmaco sottoposto a un PAS performan-

Tabella 2. Farmaci oncologici con accordi MEA e PAS. Farmaco

Indicazione terapeutica

Inghilterra e Galles

Italia

Abiraterone

Tumore alla prostata metastatico (II linea)

SD

PbR

Azacitidine

Leucemia mieloide cronica e acuta, sindrome mielodisplastica

SD

CS

Bortezomib

Mieloma multiplo

Response scheme

CS

Cetuximab

Tumore colorettale metastatico

Rebate

PbR

Erlotinib

Tumore ai polmoni non a piccole cellule

SD

CS

Gefitinib

Tumore ai polmoni non a piccole cellule

Single fixed price

PbR

Ipilimumab

Melanoma metastatico

SD

PbR

Nilotinib

Leucemia mieloide cronica (I linea)

SD

CS

Leucemia mieloide cronica (II linea)

SD

PbR

Pazopanib

Tumore renale metastatico

SD

PbR

Sunitinib

Tumore renale metastatico

Free stock

CS

Trabectedin

Sarcoma dei tessuti molli metastatico

Dose cap

PbR

Vemurafenib

Melanoma metastatico

SD

PbR

CS = Cost-sharing; PbR = Payment-by-result; SD = Simple discount

17 Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


POLITICA SANITARIA ce-based in Inghilterra e Galles (bortezomib) è gestito con un accordo di cost-sharing in Italia. In generale, si può affermare che in entrambe le nazioni è stata accumulata una notevole esperienza in materia di accordi di market-access; peraltro, la loro applicazione pratica ha seguito percorsi radicalmente diversi nel tempo. AIFA ha incominciato principalmente con contratti finanziari, privilegiando successivamente quelli basati performance-based; diversamente, il NICE ha siglato soltanto PAS di carattere finanziario negli ultimi anni. Il SSN inglese sembra quindi avere decisamente optato per la minimizzazione del costo di gestione dei contratti, privilegiando la semplicità amministrativa all’interesse nelle informazioni cliniche potenzialmente derivanti dai PAS. Al contrario, AIFA ha insistito sui MEA performance-based, a dispetto dell’assenza di evidenze cliniche ad oggi disponibili per giustificare tale strategia. Il carico amministrativo, principalmente sostenuto dagli operatori sanitari locali coinvolti nella compilazione dei dati dei pazienti e nell’emissione delle richieste di rimborso all’industria, è percepito in entrambe le nazioni come il limite principale di tali accordi. La gestione centralizzata e farraginosa dei MEA ha contribuito a evidenziare ulteriormente tali costi, mentre la mancanza di trasparenza dei PAS impedisce di trarre un giudizio più circostanziato e oggettivo sulla loro esperienza.

rimborsabilità a qualsiasi nuova terapia, quand’anche estremamente costosa e di efficacia irrisoria.1,11 Sebbene i risultati interlocutori di molti studi clinici in ambito oncologico abbiano incoraggiato le autorità sanitarie a sottoporre i farmaci in questione a contratti performance-based, al fine di raccogliere ulteriori evidenze cliniche e migliorarne la convenienza economica, ad oggi tali schemi hanno contribuito in realtà poco o niente a condurre una robusta valutazione clinica, vista l’assenza di randomizzazione, l’incerta relazione fra endpoint surrogati di breve termine e quelli primari, nonchè l’aleatorietà della tempistica nella raccolta di tali informazioni. Diversamente, i contratti finanziari semplificati sembrano molto più efficienti come strumenti gestiti dai sistemi sanitari per ridurre l’aggravio finanziario indotto dai farmaci oncologici e facilitarne quindi l’accesso ai pazienti. Volendo riflettere su chi sia l’”attore” che maggiormente beneficia da tali accordi, la risposta non è necessariamente univoca. Da un lato, l’industria ottiene l’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco a un prezzo fissato a un livello tale per cui massimizza i suoi profitti in funzione delle disponibilità del sistema sanitario, mantenendo tale prezzo implicito e spesso riservato. D’altro canto, il sistema sanitario rende disponibili farmaci molto costosi, ma con un’efficacia limitata, senza pagare però l’intero prezzo richiesto dall’industria. In pratica, il vincitore di questo “gioco delle parti” dipende da come i contratti sono negoziati, progettati e amministrati. Tuttavia, molto verosimilmente, i “perdenti” sono le nazioni più piccole e a basso reddito che non dispongono di organizzazioni sanitarie evolute e non hanno potere contrattuale sufficiente per negoziare sconti rilevanti sui prezzi. In particolare, visto che gli accordi di market-access implicano prezzi reali affatto trasparenti, tali accordi tendono necessariamente a penalizzare quelle nazioni con schemi di prezzi di riferimento basati su quelli rilevati all’estero. Questa mancanza di trasparenza solleva una questione di interesse pubblico a livello internazionale.

IMPLICAZIONI DI POLITICA SANITARIA Abbiamo condotto un’analisi comparativa degli accordi di market-access in ambito oncologico nei servizi sanitari italiano e inglese, partendo dalle informazioni esistenti per cercare di valutarne i risultati a distanza di dieci anni dalla loro introduzione. Ci siamo focalizzati sui farmaci oncologici perché sono stati conclusi molti accordi in tale ambito, forse non casualmente. In generale, la natura emozionale della patologia oncologica20 rende difficile alle autorità sanitarie non concedere la 18

Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


POLITICA SANITARIA BIBLIOGRAFIA

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19 Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


POLITICA SANITARIA APPENDICE

Appendice 1. Elenco dei PAS in Inghilterra e Galles. #

Principio attivo

Indicazione terapeutica

Tipo di PAS

Anno

1

Bortezomib

Mieloma multiplo

Response scheme

2007

2

Sunitinib

Tumore renale

Free stock

2009

3

Lenalidomide

Mieloma multiplo

Dose cap

2009

4

Cetuximab

Tumore metastatico colorettale (I linea)

Rebate

2009

5

Ustekinumab

Psoriasi (moderata - grave)

Free stock

2009

6

Sunitinib

Tumore stromale del tratto

Free stock

2009

gastrointestinale 7

Trabectedin

Sarcoma dei tessuti molli avanzato

Dose cap

2010

8

Certolizumab

Artrite reumatoide

Free initial stock

2010

9

Gefitinib

Tumore polmonare non a piccole cellule

Single fixed price

2010

10

Azacitidine

Sindromi mielodisplastiche, leucemia

Simple discount

2011

Artrite psoriasica

Free stock

2011

Porpora trombocitopenica idiopatica

Simple discount

2011

mielomonocitica cronica, leucemia mieloide acuta 11

Golimumab

12

Romiplostim

cronica 13

Golimumab

Artrite reumatoide

Free stock

2011

14

Erlotinib

Tumore polmonare non a piccole cellule

Simple discount

2011

TK+ (I linea) 15

Abiraterone

Tumore prostatico metastatico (II linea)

Simple discount

2011

16

Golimumab

Spondilite anchilosante

Free stock

2011

17

Mifamurtide

Osteosarcoma non metastatico

Simple discount

2011

18

Denosumab

Metastasi ossee da tumori solidi

Simple discount

2011

19

Tocilizumab

Artrite idiopatica giovanile sistemica

Simple discount

2011

20

Nilotinib

Leucemia mieloide cronica (II linea)

Simple discount

2012

21

Nilotinib

Leucemia mieloide cronica (I linea)

Simple discount

2012

22

Tocilizumab

Artrite reumatoide

Simple discount

2012

20 Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


POLITICA SANITARIA

23

Fingolimod

Sclerosi multipla

Simple discount

2012

24

Ranibizumab

Degenerazione maculare essudativa

Simple discount

2012

25

Erlotinib

Tumore polmonare non a piccole cellule

Simple discount

2012

26

Ipilimumab

Melanoma avanzato (II linea)

Simple discount

2012

27

Vemurafenib

Melanoma metastatico

Simple discount

2012

28

Colistimethate

Pseudomonas aeruginosa con fibrosi

Simple discount

2013

Simple discount

2013

cistica 29

Tobramycin

Pseudomonas aeruginosa con fibrosi cistica

30

Ranibizumab

Edema maculare diabetico

Simple discount

2013

31

Omalizumab

Asma persistente grave

Simple discount

2013

32

Abatacept

Artrite reumatoide, artrite giovanile

Simple discount

2013

Fibrosi polmonare idiopatica

Simple discount

2013

Edema maculare (con occlusione venosa

Simple discount

2013

Simple discount

2013

Simple discount

2013

Discount +

2013

idiopatica 33

Pirfenidone

34

Ranibizumab

retinica) 35

Eltrombopag

porpora trombocitopenica idiopatica cronica

36

Aflibercept

Degenerazione maculare essudativa correlata all’etĂ

37

Pazopanib

Tumore renale avanzato

eventuale rebate 38

Ranibizumab

neovascolarizzazione coroideale

Simple discount

2013

(con miopia patologica) 39

Fluocinolone

Edema maculare diabetico

Simple discount

2013

40

Teriflunomide

Sclerosi multipla

Simple discount

2014

41

Aflibercept

Edema maculare (con occlusione della

Simple discount

2014

Simple discount

2014

vena centrale della retina) 42

Pixantrone

Linfoma Non-Hodgkin a cellule B (II linea)

PAS = patient access scheme

21 Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


POLITICA SANITARIA Appendice 2. Elenco dei MEAs approvati in Italia. #

Principio attivo

Indicazione terapeutica

Tipo di MEA

Anno

1

bevacizumab

Tumore colorettale

CS

2005

2

erlotinib

Tumore polmonare non a piccole cellule

CS

2006

(con e senza mutazione) 3

sorafenib

Tumore renale

PbR

2006

5

sunitinib

Tumore renale

CS

2007

6

bevacizumab

Tumore mammario, tumore polmonare non a

CS

2008

piccole cellule, tumore renale 7

sorafenib

Tumore epatico

CS

2008

8

nilotinib

Leucemia mieloide cronica

CS

2008

9

cetuximab

Tumore colorettale

PbR

2008

10

temsirolimus

Tumore renale

PbR

2008

11

pegaptanib

Degenerazione maculare correlata all’età

PbR

2009

12

ranibizumab

Degenerazione maculare correlata all’età

PbR

2009

13

panitumumab

Tumore colorettale

RS

2009

14

trabectedin

Sarcoma dei tessuti molli

PbR

2009

15

lapatinib

Tumore mammario

PbR

2009

16

bortezomib

Mieloma multiplo, refrattario e recidivante

CS

2009

(L. 648/1996) 17

gefitinib

Tumore polmonare non a piccole cellule

PbR

2010

18

everolimus

Tumore renale

PbR

2010

19

azacitidina

Sindrome mielodisplastica, leucemia mieloide

CS

2010

cronica e acuta 20

cetuximab

Tumore testa e collo

RS

2010

21

vinflunina

Tumore del tratto uroteliale

PbR

2011

22

trastuzumab

Adenocarcinoma gastrico

PbR

2011

23

trabectedin

Tumore ovarico

PbR

2011

24

pazopanib

Tumore renale

PbR

2011

25

ofatumumab

Leucemia linfatica cronica

CS

2011

22 Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


POLITICA SANITARIA

27

temsirolimus

Linfoma a cellule mantellari

CS

2011

30

plerixafor

Linfoma e mieloma multiplo

PbR

2011

28

dasatinib

Leucemia mieloide cronica con Ph+ cronica

CS

2011

o di nuova diagnosi (I linea)

29

nilotinib

Leucemia mieloide cronica (II linea)

PbR

2011

31

eribulina

Tumore mammario

PbR

2012

32

brentuximab

Linfoma di Hodgkin recidivante o refrattario

PbR

2012

(L. 648/1996), Linfoma anaplastico (L. 648/1996)

33

everolimus

Tumori neuroendocrini pancreatici

PbR

2012

34

ranibizumab

Diminuzione visiva da neovascolarizzazione

PbR

2012

coroideale secondaria, edema maculare secondario ad occlusione venosa, edema maculare diabetico

35

ipilimumab

Melanoma

PbR

2013

36

collagene

Contrattura di Dupuytren

PbR

2013

37

abiraterone

Tumore prostatico

PbR

2013

38

cannabidiolo

Sclerosi multipla

PbR

2013

40

vemurafenib

Melanoma

PbR

2013

41

everolimus

Tumore mammario

PbR

2013

42

pazopanib

Sarcoma dei tessuti molli

CS

2013

43

pirfenidone

Fibrosi polmonare idiopatica

PbR

2013

44

vandetanib

Tumore midollare della tiroide

CS

2013

45

axitinib

Tumore renale

PbR

2014

46

bevacizumab

Tumore ovarico

PbR

2014

47

adalimumab

Spondilite anchilosante, colite ulcerosa

PbR

2014

CS = Cost-sharing; PbR = Payment-by-result; RS = Risk Sharing; MEA = Managed Entry Agreements.

23 Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


OPINIONI A CONFRONTO Intervista a Daniela Carati,1 Lorella Lombardozzi,2 Riccardo Roni 3

Processi di acquisto regionali dei biosimilari

PA R O L E C H I AV E :

Abstract A partire dal 2014 alcuni farmaci biologici importanti stanno per

BIOSIMILARI,

perdere la protezione brevettuale, aprendo ai biosimilari la possibilità di ingresso sul mercato. Trattasi di un’opportunità molto importante da sfruttare per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), vista la carenza di risorse finanziarie e il lancio continuo di nuovi farmaci biologici sempre più costosi. Infatti l’introduzione dei biosimilari, associata a prezzi largamente inferiori rispetto all’originatore, consentirebbe risparmi non indifferenti. Tuttavia, gli ostacoli all’espletamento di gare di approvvigionamento realmente competitive non mancano. Infatti, da un lato la c.d. Legge “Balduzzi” ha previsto l’obbligo di parere preventivo da parte di AIFA prima di bandire una gara di equivalenza, dall’altro le aziende degli “originatori” stanno mettendo in atto strategie difensive, quali differenti vie di somministrazione e/o combinazioni con farmaci a brevetto già scaduto da tempo. Gli stessi medici prescrittori si dimostrano in generale diffidenti verso i biosimilari, spesso anche in modo prevenuto. Nella tavola rotonda sotto riportata si è discusso delle problematiche fin qui sorte a livello regionale.

GARE IN EQUIVALENZA, CONCORRENZA

1

Daniela Carati Servizio Politica del Farmaco, Direzione Generale Sanità e Politiche Sociali Regione Emilia Romagna, Bologna

2

Lorella Lombardozzi Dirigente Area Politica del Farmaco Regione Lazio, Roma

3

Riccardo Roni Direttore Servizio Farmaceutico Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Trento

24 Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


OPINIONI A CONFRONTO IN BASE ALLA VOSTRA ESPERIENZA, QUALI SONO I MAGGIORI OSTACOLI LEGALI ALL’ESPLETAMENTO DI GARE REGIONALI SUI BIOAGENTI A BREVETTO SCADUTO MIRATE A OTTENERE PREZZI COMPETITIVI?

Le sentenze del Consiglio di Stato per la gara in Toscana nel 2011 e del TAR della Puglia nel 2012 si sono mosse nella stessa direzione. Per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, non abbiamo avuto dei problemi di questo genere per i tre biosimilari attuali (n.d.r. somatropina, epoetine, filgrastim), non essendoci state contestazioni. Tuttavia, il filgrastim è attualmente in uso senza problemi rilevanti, mentre epoetine e ormone della crescita stentano a decollare. In particolare, il mercato delle epoetine ha già subito varie modifiche, a cui sono state date risposte diverse. In Emilia-Romagna abbiamo notato una differenza considerevole tra il 2011, dove in una gara per l’epoetina alfa la diminuzione di prezzo era stata irrisoria, e il 2013, quando il prezzo si è ridotto fino al 40%. Questo vuol dire che il mercato è dinamico e, quando diventa più maturo, permette un maggior contenimento dei costi. Tuttavia, è importante anche la qualità del biosimilare, perché da essa dipende il reale utilizzo del farmaco. Stiamo attualmente sperimentando difficoltà a utilizzare le epoetine biosimilari, che peraltro sono state aggiudicate nella maggior parte delle indicazioni. Nella nostra Regione non mettiamo mai in concorrenza il 100% del fabbisogno, ma soltanto fino al 60-70% per garantire la continuità terapeutica, anche in aderenza al position paper di AIFA, basato sulle riflessioni della European Medicines Agency (EMA), che non ha autorizzato gli switch terapeutici con i biosimilari, limitandone la somministrazione ai pazienti naive. Sul mercato sono maggiormente presenti due epoetine biosimilari, di cui però una soltanto ha l’indicazione per somministrazione sia per uso endovena che sottocute, permettendo quindi diversi campi di applicazione (oncologico, pre-dialitico, dialitico), mentre l’altra è autorizzata solo per somministrazione endovena. Inoltre, facendo riferimento allo European Public Assessment Report (EPAR) di EMA, per uno di questi prodotti si trovano differenze consistenti nella biodisponibilità. Nonostante il Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP) di EMA non ab-

Daniela Carati Volevo innanzitutto richiamare un dato di contesto. Dal recente rapporto CeSBio, realizzato in collaborazione fra l’Università del Piemonte Orientale, il Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale (CERGAS) dell’Università Bocconi e l’Associazione Italiana per lo Sviluppo delle Biotecnologie (Assobiotec), emerge che la spesa nazionale per farmaci biotecnologici in Italia ha raggiunto un livello oramai rilevante, ammontando a €3,6 miliardi nel 2013. Per questo motivo, nella nostra Regione riteniamo che il biosimilare sia un’area di grande interesse, considerando anche il fatto che le aziende sanitarie spendono oramai oltre un terzo della propria spesa farmaceutica per l’acquisto di farmaci biotecnologici. Questo dovrebbe farci riflettere se pensiamo che le strutture pubbliche hanno il dovere di attivare le procedure di gara, come è stato più volte sottolineato anche dall’autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale ha invece riscontrato ancora nel 2013 ostacoli alla concorrenza in varie Regioni. Nella stesura dei capitolati delle procedure di gara è necessario prevedere che, allo scadere del brevetto di una molecola, non debba essere semplicemente rivalutato il prezzo del prodotto aggiudicatosi la gara iniziale, ma anche che la molecola stessa ritorni in competizione. Questo è uno degli elementi che stiamo cercando di inserire nei nostri capitolati per “aprire un varco” anche ai farmaci equivalenti e biosimilari. Nel 2013 la V commissione europea si è espressa a favore di questo percorso di miglioramento della concorrenza per aumentare la platea dei pazienti che possono accedere ai farmaci biologici, contribuendo alla sostenibilità dei sistemi sanitari europei. 25

Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


OPINIONI A CONFRONTO bia ritenuto clinicamente rilevanti le differenze presenti, i clinici spesso strumentalizzano tali differenze per sostenere che i due farmaci non sono pienamente sovrapponibili. Rimane il fatto che a livello regionale dobbiamo ancora lavorare molto perché, come emerge dall’ultimo rapporto di Assobiotec del 2012, l’Emilia-Romagna è al terz’ultimo posto per uso di biosimilari. Penso che da allora la situazione sia sicuramente migliorata, ma sono necessari percorsi di condivisione per superare gli ostacoli esistenti, fra i quali quello dello switch è il principale. In tal senso, non va dimenticato che negli studi registrativi sui biosimilari dell’epoetina i gruppi di pazienti a un certo punto sono stati scambiati nell’uso delle due molecole a confronto (biosimilare e originator).

poi cerchiamo di rifare la contrattazione, perdendo però in questo modo almeno sei/sette mesi. Un altro problema che abbiamo affrontato riguarda l’incapacità di alcune aziende di fronteggiare le quantità da noi richieste, provocando rotture di stock che ci hanno costretto a passare al secondo aggiudicatario. Nell’ambito dell’epoetina per dialisi e pre-dialisi, abbiamo dato disposizione che i biosimilari siano somministrati a tutti i pazienti naive, ma (come previsto) molti nefrologi si oppongono, sostenendo che i pazienti non sono veramente naive perché hanno già ricevuto epoetina in pre-dialisi, magari in un altro centro. Nella Regione Lazio sono presenti molti centri dialisi privati convenzionati, mentre la pre-dialisi nefrologica è generalmente gestita dal pubblico, da cui il problema che il medico non è spesso lo stesso a seconda della fase di trattamento. Inoltre, più della metà dei centri dialisi sono strutture convenzionate o “classificate” (tipicamente ospedali religiosi), in cui i medici non sono dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e quindi è più difficile far loro recepire il vantaggio dei biosimilari, anche perché in questi ambiti entrano spesso in gioco anche le associazioni di pazienti a sollevare dubbi in proposito. Per quanto riguarda l’ormone somatotropo, in realtà l’induzione avviene nel primo centro, ma successivamente l’uso è soprattutto territoriale. Probabilmente ci avviamo a una valutazione di costo al milligrammo, fissando una specie di “asticella” al di sopra della quale tutti i prodotti, indipendentemente dal fatto che siano biosimilari o meno, saranno “fuori gara”.

Lorella Lombardozzi Nel 2013 anche il Lazio ha fatto gare in equivalenza per i biosimilari nei pazienti naive. Gli ostacoli che si incontrano sono tanti, non solo legali, ma spesso anche di tipo burocratico o addirittura psicologico. Il primo problema che abbiamo dovuto affrontare è stata la continuità terapeutica. Inizialmente avevamo deciso di fare lotti separati (naive e in continuità), ma il lotto in continuità terapeutica è andato deserto e quindi ci siamo trovati a dover affrontare una situazione di emergenza per assicurare il prodotto in continuità senza aver fissato un prezzo determinato. Infatti, in assenza di un’azienda aggiudicataria, tutti ritenevano si dovesse applicare il prezzo ex-factory, con un notevole aggravio per la Regione. Siamo stati quindi costretti a espletare rapidamente trattative private con le aziende e nell’ultima gara abbiamo inserito la clausola di ricontrattazione della molecola (non dell’aggiudicatario). Siccome le nostre gare sono regionali su piattaforma CONSIP, al momento di bandire una nuova gara è necessario contrattare ogni aspetto, con enormi complicazioni dovute anche al fatto che il valore economico deve essere consistente. Spesso decidiamo quindi di abbassare immediatamente il prezzo base della gara e

Riccardo Roni Anche per la mia esperienza, le rotture di stock costituiscono un grosso problema. Infatti, nell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (APSS) di Trento siamo andati a gara con tutta la “distribuzione per conto”, ottenendo un primo risultato molto promettente perché i genericisti si sono aggiudicati tanti prodotti. Dopo due mesi, proprio a causa del 26

Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


OPINIONI A CONFRONTO mancato rifornimento del prodotto aggiudicatario, siamo tornati giocoforza al brand, creando una situazione veramente paradossale. Quanto ai biosimilari, tre anni fa abbiamo fatto una gara per le forniture interne e in continuità assistenziale sui tre bioagenti menzionati, in cui era stato assegnato un lotto semplice al filgrastim, uno composto all’ormone della crescita e infine un lotto complesso all’epoetina. In tutti e tre i casi, fatte salve le quote per i pazienti in continuità, un biosimilare si è aggiudicato il lotto e non abbiamo mai avuto problemi di forniture. Devo anche dire che non abbiamo incontrato ostacoli legali, perché probabilmente le aziende prendono di mira soprattutto le grosse gare regionali e quindi realtà di piccole dimensioni come la nostra passano “sottotraccia”. Ci scontriamo però spesso anche noi con il dogma della non sostituibilità, che non è affatto da sottovalutare pensando anche al futuro, cioè ai biosimilari che arriveranno in reumatologia, nefrologia e oncologia. Trattasi di un ostacolo regolatorio dovuto ai pareri delle autorità, che hanno messo dei “paletti” difficili da rispettare, soprattutto in campo reumatologico laddove molti pazienti sono trattati cronicamente da lungo tempo. Data un’incidenza di pazienti naive così bassa, la transizione verso il biosimilare in questo tipo di patologie rischia di diventare assai lunga. Alla fine il problema sta nel fatto che tutti hanno concordato su questo dogma della non equivalenza, peraltro basato su un gap informativo. Infatti, l’originatore e il biosimilare non sono equivalenti perché, ora come ora, nessuno si sbilancia in proposito. La conseguenza di questa non sostituibilità è che si demanda la decisione finale al medico, in quanto “solo il medico sa quale è il prodotto giusto per il paziente”. A tale proposito, mi spiace sollevare ancora il discorso dell’immuno-genicità diversa, ma temo possa diventare un problema analogo a quello della bioequivalenza nel campo dei generici. Intendo dire che, siccome la reazione è soggettiva e può quindi variare per definizione da

paziente a paziente, è difficile far convergere le prescrizioni sul vincitore della gara. In realtà, la nostra esperienza con l’ormone della crescita mi porta a dire che la situazione ormai è matura e cinque ditte si dividono il mercato in altrettante quote più o meno simili. Ogni anno l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) fa un convegno sulla terapia con ormone somatotropo, in cui gli endocrinologi sostengono di non capire la pressione dei biosimilaristi, perché in fondo hanno già circa il 20% di mercato, a loro dire più che sufficiente. Quindi temo che alla fine il driver non sia tanto la soggettività del paziente o la specificità del prodotto, quanto piuttosto il comportamento del prescrittore.

A VOSTRO AVVISO POTREBBE ESSERE UTILE CONCORDARE UNA SORTA DI “BANDO TIPO” A LIVELLO NAZIONALE PER LE GARE REGIONALI SU QUESTI PRODOTTI? SE SÌ, CON QUALI CARATTERISTICHE?

Daniela Carati Ancorché banale sottolinearlo, è tuttavia necessario ricordare che i tempi, l’applicazione e gli esiti di una gara devono essere realizzabili. Se il nostro obiettivo è limitare i ricorsi, un “bando tipo” nazionale potrebbe essere una strategia percorribile, ma se il nostro fine è anche quello di rendere poi applicabile l’esito della gara, non credo che conducendola a livello nazionale otterremmo i risultati sperati. Penso ci siano aspetti critici molto importanti, perché stiamo parlando di prodotti biologici complessi, motivo per cui il clinico si mostra scettico a sostituire con un biosimilare. È un problema di cultura e formazione che abbiamo già difficoltà a gestire a livello regionale, temo che a livello nazionale non riusciremmo a dare un minimo di continuità. E’ fondamentale garantire la concorrenza, ma esistono tanti problemi ancora da affrontare e “digerire” a livello locale. 27

Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


OPINIONI A CONFRONTO Come accennato in precedenza, ci sono poi realtà territoriali che hanno organizzazioni eterogenee, in cui sono presenti strutture che necessitano di un tipo di farmaco piuttosto che di un altro. Il capitolato deve quindi garantire la possibilità di personalizzare i bandi a seconda dell’assistenza necessaria in quella zona, includendo anche gli aspetti di qualità e sicurezza contenuti nelle linee-guida nazionali e europee di EMA. Infine, è necessario definire le categorie di pazienti per la costruzione dei lotti attraverso un percorso di condivisione con i clinici. Per quanto riguarda poi il parere obbligatorio di AIFA, contenuto nell’art. 15 comma 11quater del decreto-legge n.95/2012 (spending review), la Regione Emilia-Romagna ha sottoposto ad AIFA un documento per chiedere parere sulla sovrapponibilità di alcune eparine a basso peso molecolare per le indicazioni prevalenti, ottenendo dopo otto mesi una risposta non chiara da AIFA, in quanto riferita alla sovrapponibilità clinica, ma non all’equivalenza terapeutica ai fini di decisioni riguardanti gli acquisti. Siamo quindi rimasti in fase di stallo e la Regione ha deciso di non prendere più posizione per le gare in equivalenza per questo gruppo di molecole (e per tante altre). Mi risulta che anche la regione Veneto abbia sottoposto ad AIFA la richiesta di equivalenza terapeutica per la classe delle eparine a basso peso, ottenendo a sua volta una risposta sostanzialmente limitante. Concludendo, non credo quindi che al momento il sistema sia maturo per questa scelta e penso che si dovranno trovare percorsi alternativi.

“Balduzzi” ci ha imposto di chiedere il parere di AIFA per le gare in equivalenza di alcuni principi attivi. Mi preme ricordare un episodio accaduto prima di bandire la gara sul filgrastim. Abbiamo steso le linee di indirizzo che indicavano le percentuali di utilizzo del biosimilare e dei farmaci a miglior rapporto costo-efficacia nella classe di appartenenza, inserendo anche il lenograstim, sulla cui completa sovrapponibilità, almeno per un’indicazione, tutti gli studi sono concordi. Abbiamo comunque avuto un ricorso da parte di un’azienda e proprio pochi giorni fa il TAR ci ha dato torto. Il giudice non si è pronunciato sull’equivalenza, ma sul fatto che non era stato richiesto il parere ad AIFA per le linee di indirizzo, contrariamente a quanto affermato nella norma. Il Lazio è stato ed è tutt’ora un mercato importante per le sue dimensioni e questa vicenda non è da sottovalutare in un contesto come il nostro. Al ricorso risponderemo rivolgendoci al Consiglio di Stato, ma questo richiede una spesa ulteriore che avremmo potuto evitare. Per questo motivo, sono d’accordo in linea di principio su un “bando tipo” che ogni Regione dovrebbe poi poter personalizzare. Riccardo Roni Concettualmente il “bando tipo” è molto interessante perché ci metterebbe tutti sullo stesso piano nella gestione, ma questo è anche l’aspetto preoccupante. Innanzitutto bisogna decidere chi predispone questo ipotetico bando; penso debbano essere le Regioni, perché sono convinto che AIFA tenda a ricercare un compromesso con tutti gli attori del sistema. Un intervento di AIFA in questo caso penalizzerebbe le realtà piccole, come la nostra, che passano inosservate e quelle che adottano soluzioni coraggiose anche rischiando di “andare a sbattere”, come la Toscana, seppur dando in questo modo comunque “scosse al sistema”. In generale, temo che il “bando tipo”, frutto di molte mediazioni, limiterebbe l’opportunità di sfruttare al meglio la concorrenza fra aziende farmaceutiche.

Lorella Lombardozzi Non sono pienamente d’accordo su questo punto, perché stiamo parlando di bando, non di gara. Concordo invece sul fatto che ogni Regione debba organizzare le proprie gare. Sarebbe forse il caso davvero di pensare a un “bando tipo” nazionale, con dei punti fermi che definiscano le regole per individuare i lotti, dirimere eventuali contrattazioni ripetute e così via. Non dimentichiamoci che la c.d. legge 28

Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


OPINIONI A CONFRONTO PREVEDETE ULTERIORI DIFFICOLTÀ NELL’ESPLETAMENTO DELLE GARE REGIONALI RELATIVE AGLI ANTICORPI MONOCLONALI IN SCADENZA BREVETTUALE? SE SÌ, QUALI?

giungendo un’altra molecola (un veleno del fuso mitotico) all’anticorpo monoclonale in scadenza che dovrebbe migliorarne le performance. Tali meccanismi possono creare alle Regioni notevoli difficoltà sotto il profilo della sostenibilità economica.

Daniela Carati Credo si debba avere fiducia nel sistema europeo. Nel luglio del 2013 il CHMP ha aperto la strada ai biosimilari dell’infliximab, che arriveranno sul mercato nel secondo semestre del 2014. Sebbene siano molecole complesse, l’esercizio della comparabilità è possibile per i dati di farmacocinetica e anche per quelli di efficacia e sicurezza. Abbiamo spesso assistito in passato al lancio di molecole definite bio-better rispetto agli originator, a causa dell’avanzamento tecnologico apportato. Questo dimostra che un minimo di fiducia nel sistema è doveroso. D’altra parte, la spesa annuale in Italia (riferita al 2011) dei farmaci biotecnologici di cui è già scaduto o scadrà il brevetto negli anni 2014-2019 è di circa €1,5 miliardi. Non dimentichiamo che è previsto da determina AIFA uno sconto sulla base del fatturato della spesa ospedaliera/erogazione diretta e che tutte queste molecole (infliximab, trastuzumab, cetuximab, ecc.) hanno fatturati molto elevati; l’abbassamento di prezzo potrà arrivare fino al 40-50%. Il problema diventa poi di tipo culturale, in quanto il clinico non è informato, non conosce bene i percorsi e tende a essere auto-referenziale nelle scelte; è quindi importante collaborare con i professionisti. Per questi biosimilari è già presente, o lo sarà a breve, documentazione specifica di EMA mirata garantire la qualità dei prodotti. Infine, vorrei fare un’ultima riflessione di carattere generale. Quando il brevetto di un farmaco scade, capita molto spesso che ne arrivino subito altri a soppiantarlo. Ricollegandomi a quanto si diceva prima per il trastuzumab (n.d.r. vedi articolo su QF 24), in attesa che la protezione brevettuale scada l’anno prossimo, l’azienda dell’originator si è nel frattempo costruita una strategia alternativa per salvaguardare il prezzo, ag-

Lorella Lombardozzi Penso emergeranno molte difficoltà. Come già sottolineato, l’Europa ci dovrebbe aiutare, ma noi però dovremo recepire immediatamente i biosimilari in classe CNN, subito dopo l’approvazione dell’EMA. In questo campo persistono notevoli differenze fra i Paesi europei. Ad esempio, noi non abbiamo replicato la decisione presa dalla Francia nel febbraio 2014 di consentire l’intercambiabilità dei biosimilari da parte del farmacista, salvo che la non sostituibilità sia esplicitamente riportata da parte del medico. La Germania si trova in una situazione ancora diversa rispetto a noi, perché reputa tutti i biosimilari intercambiabili fra di loro, ma non ancora il biosimilare rispetto all’originator. Trascurando la problematica della continuità terapeutica, diversa nella pratica fra infliximab e gli altri farmaci oncologici prima citati, si aggiunge pure il problema di precisare quali indicazioni perdono il brevetto. A tale proposito, penso ci dovrebbe essere una pronuncia chiara e definitiva di un ente regolatorio, in grado di affermare che, in presenza di sovrapponibilità per l’indicazione primaria, e quindi della possibilità di considerare il biosimilare alla stregua dell’originator, allora tale decisione possa essere applicata anche a tutte le altre indicazioni. In realtà, nel momento in cui si perde il brevetto per la prima indicazione, è facile prevedere una battaglia cruenta sul fatto che il biosimilare non abbia necessariamente la stessa efficacia per le altre. Ne costituisce un esempio, nell’ambito dei farmaci generici, il clopidogrel: quando la prima indicazione fu “genericata”, nei convegni medici si sostenne la necessità dell’assunzione di responsabilità da parte del medico e del paziente stesso (tramite il consenso informato) per le altre indicazioni. 29

Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


OPINIONI A CONFRONTO Siccome non è facile a livello regionale effettuare una verifica puntuale dei comportamenti dei singoli medici, temo sarà molto difficile far accettare questa ipotesi in tempi brevi,anche per i risvolti legali che stanno diventando sempre più invasivi in questo ambito.

molecole chimiche e i loro generici. Quindi, secondo me, in questo settore la “contro-strategia” sarà quella di spostare le prescrizioni sugli altri bioagenti. Diversamente, un siffatto spostamento sarà molto più difficile in ambito oncologico, in quanto le indicazioni sono molto più specifiche e dettagliate. L’alternativa in questo caso non può essere costituita da altri principi attivi, ma piuttosto da nuove vie di somministrazione o, come si accennava prima, dalla “resurrezione” di vecchi citostatici in associazione. Quello che possiamo realisticamente aspettarci per i servizi sanitari regionali è un abbassamento generalizzato dei prezzi allo scadere del brevetto, mentre mi pare improbabile prevedere un boom dei biosimilari.

Riccardo Roni Penso verranno a determinarsi due scenari diversi per gli anticorpi monoclonali che scadranno in campo reumatologico o oncologico. Nel primo caso è forse più facile ragionare per indicazione. Esistono infatti 4 o 5 indicazioni e per ognuna sono disponibili più prodotti. Ci sarà un abbandono delle prime molecole che perderanno il brevetto, come avvenuto per le

30 Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


CESAV Istituto Mario Negri Il CESAV, Centro di Economia Sanitaria Angelo e Angela Valenti, è attivo dal 1992 con sede a Ranica (BG) presso Villa Camozzi. Svolge attività di ricerca nel settore sanitario, al cui sviluppo offre il proprio contributo in materia di economia e di management. In particolare, la ricerca verte sulla valutazione economica, consistente nell'analisi dei costi e dei benefici di possibili alternative in sanità, e sull'analisi comparativa, basata principalmente sullo studio di sistemi sanitari esteri, al fine di individuare eventuali innovazioni da proporre al SSN e da estendere, più in generale, ai Paesi dell'Unione Europea.

ATTIVITÀ DI FORMAZIONE

ANALISI COMPARATIVA

Il CESAV offre contributi formativi originali prevalentemente cor-

L'obiettivo di questa linea di ricerca è studiare l'organizzazione

relati ai propri progetti di ricerca, attività primaria del centro.

dei sistemi sanitari per trarre delle indicazioni dai confronti sistematici fra gli stessi. Le scelte dei legislatori nazionali, a fronte di problemi comuni in ogni Paese, variano molto da una na-

VALUTAZIONE ECONOMICA

zione all'altra.

L'obiettivo di questa linea di ricerca è valutare i costi delle pa-

L'intervento pubblico è presente in ogni nazione, poiché il ser-

tologie e i rapporti costo-efficacia delle alternative diagnostico-

vizio sanitario non possiede meccanismi regolatori di mercato

terapeutiche disponibili. I tipi di analisi si differenziano a secon-

collegati alle leggi economiche della domanda e dell'offerta;

da che si tratti di studi osservazionali di costi della patologia,

pertanto, l'analisi comparativa a livello internazionale di tali

oppure di studi di valutazione economica in senso completo (ti-

scelte è utile per verificare il livello di razionalità perseguito da

picamente analisi costo-efficacia).

ogni politica sanitaria nazionale.


Guidelines INVIO E PREPARAZIONE DEI MANOSCRITTI I manoscritti devono essere impostati come segue: a. Prima pagina con il titolo del manoscritto, nome degli autori e loro affiliazione, seguito da un abstract in lingua italiana (massimo 200 parole) e da tre parole chiave. b. Testo dell’articolo indicativamente suddiviso in: -Introduzione -Materiali e Metodi -Risultati -Discussione -Conclusioni -Eventuali ringraziamenti -Bibliografia c. Tabelle (ognuna numerata e compresa di didascalia stampata su una pagina distinta) d. Figure (ognuna numerata e stampata su una pagina distinta) Le pagine dei manoscritti devono essere numerate. Nel testo devono comparire i riferimenti a tutte le tabelle e figure con numerazione progressiva (in numeri arabi) secondo l’ordine di comparsa nel testo stesso. I termini in lingua straniera (eccettuati quelli di uso comune) devono essere scritti in corsivo. Non devono comparire note a pie’ di pagina.

BIBLIOGRAFIA Citazioni nel testo: identificare i riferimenti nel testo, nelle tabelle e nelle legende con un numero arabo progressivo in apice, scritto dopo l’eventuale punteggiatura. Le eventuali citazioni bibliografiche presenti soltanto in tabelle, grafici, ecc. devono seguire la numerazione progressiva secondo l’ordine di comparsa delle tabelle nel testo. Voci bibliografiche: devono essere elencate nell’ordine numerico di comparsa nel testo, possibilmente inserite in automatico come “note di chiusura”. Inoltre, se gli Autori sono tre o meno, devono essere indicati tutti; se sono più di tre, se ne devono indicare due, aggiungendo et al. dopo il secondo Autore. Le iniziali dei nomi non devono essere puntate. Alcuni esempi

Articoli da riviste: Garattini L, Tediosi F. L’ossigenoterapia domiciliare in cinque Paesi europei: un’analisi comparativa. Mecosan 2000; 35:137-148. Libri o monografie: Libro standard: Drummond MF, O’Brien B et al. Methods for the Economic Evaluation of Health Care Programme. Oxford: Oxford University Press, 1997. Capitoli di libri: Arcangeli L, France G. La logica del nuovo sistema di remunerazione dell’assistenza ospedaliera. In: Falcitelli N, Langiano T, editors. “Politiche innovative nel Ssn: i primi dieci anni dei Drg in Italia”. Bologna: il Mulino, 2004. 32 Quaderni di Farmacoeconomia 26 - marzo 2015


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