Qf numero 24 - maggio 2014

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Quaderni di

FARMACO ECONOMIA Q U A D R I M E S T R A L E D I I N F O R M A Z I O N E FA R M A C O E C O N O M I C A

In questo numero EDITORIALE Contratti d’esito in Italia: ne vale davvero la pena? VALUTAZIONE ECONOMICA Trastuzumab nel carcinoma mammario metastatico in ambito UE: un esercizio di HTA



Quaderni di

FARMACO ECONOMIA quadrimestrale di informazione farmacoeconomica


RELATORI Antonio Addis Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale (ASSR) Emilia Romagna, Bologna Daniela Carati Servizio Politica del Farmaco, Direzione Generale Sanità e Politiche Sociali Regione Emilia Romagna, Bologna Gianluigi Casadei CESAV, Istituto Mario Negri - IRCCS, Milano Alessandro Curto CESAV, Istituto Mario Negri - IRCCS, Milano Roberto Dall'Aglio Dipartimento di Farmacologia, Università Statale, Milano Silvy Duranti CESAV, Istituto Mario Negri - IRCCS, Milano Giovanni Fattore Professore ordinario e direttore del Dipartimento di "Policy Analysis and Public Management" Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano Ida Fortino Struttura farmaceutica, protesica e dispositivi medici Direzione Generale Sanità, Regione Lombardia, Milano Nick Freemantle Epidemiologia e Biostatistica, University College London Livio Garattini CESAV, Istituto Mario Negri - IRCCS, Milano Silvio Garattini Direttore, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri - IRCCS, Milano Roberto Girardello Direttore per le Politiche Sanitarie di ABBVIE ITALIA Stefania Melena Dirigente Servizio Assistenza Farmaceutica Direzione Sanità Regione Abruzzo, Chieti Giustino Parruti Direttore U.O. Malattie Infettive ASL, Pescara Riccardo Roni Direttore Servizio Farmaceutico Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento Giovanna Scroccaro Servizio Farmaceutico Direzione Area e Sanità Regione Veneto, Venezia Giancarlo Taddei Direttore Dipartimento di Farmacologia Clinica, Ospedali Riuniti, Bergamo Katelijne van de Vooren CESAV, Istituto Mario Negri - IRCCS, Milano Alberto Zaniboni Fondazione POLIAMBULANZA, Responsabile UO di Oncologia Medica, Brescia


MERCOLEDì 21 MAGGIO 2014 13.00

10.30

Discussione

10.50

VBP for pricing in the UK N. Freemantle

11.15

Coffee Break

Registrazione

SESSIONE: REGISTRI DI MONITORAGGIO 14.30

Introduzione ai lavori G. Casadei

14.45

TAVOLA ROTONDA Registri di Monitoraggio A. Addis, S. Garattini, R. Girardello

15.30

Database amministrativi: potenzialità e limiti per l’HTA G. Fattore

SESSIONE: PROCESSI DI ACQUISTO REGIONALI DEI BIOSIMILARI 11.45

Gare regionali d’acquisto: un’analisi empirica A. Curto

12.15

TAVOLA ROTONDA Processi di acquisto regionali dei biosimilari D. Carati, S. Melena, G. Scroccaro

SESSIONE: CONTRATTI D’ESITO 16.00

“Costo-efficacia” dei contratti d’esito in AIFA L. Garattini

16.15

Patient Access Schemes in the UK N. Freemantle

16.40

TAVOLA ROTONDA Contratti d'esito in Regione Lombardia I. Fortino, G. Taddei, A. Zaniboni

17.15 17.45

Punti di vista a confronto R. Dall’Aglio, R. Roni Discussione

13.00

Discussione

13.30

Pranzo

SESSIONE: FARMACOECONOMIA Chairman: L. Garattini LE TERAPIE PER L’EPATITE C 15.00

Il quadro clinico delle terapie G. Parruti

15.45

Revisione critica delle valutazioni economiche sulle terapie più recenti S. Duranti

16.15

Discussione

16.45

BIA: un’analisi critica degli studi

GIOVEDì 22 MAGGIO 2014 SESSIONE: CONTINUITÀ ASSISTENZIALE TERRITORIALE 9.30

Assistenza territoriale continua: tra teoria e pratica A. Curto

10.00

The Reform of primary care in the UK N. Freemantle, K. van de Vooren

europei A. Curto 17.15

Compilazione questionari ECM

17.45

Conclusione lavori


Quaderni di

farmaco economia

Comitato editoriale

numero 24 - maggio 2014

Iscrizione al Tribunale di Milano n. 587 del 22/9/2006

Antonella Barale, Corrado Barbui, Ettore Beghi, Maurizio Bonati,

Periodicità quadrimestrale

Gianluigi Casadei, Erica Daina, Direttore scientifico Livio Garattini

Roberto Dall'Aglio, Giovanni Fattore, Ida Fortino, Loredano Giorni,

Direttore Responsabile Alberto Salmona

Progetto grafico e impaginazione

Roberto Grilli, Luigi Mezzalira, Alessandro Nobili, Rosa Prato,

Marzia Manasse, Laura Arcari

Riccardo Roni, Giovanna Scroccaro, Abbonamento annuale

Alberto Zaniboni, Gianvincenzo Zuccotti.

€ 60,00 (€ 100,00 per l’estero) Numero singolo: € 20,00 Numero arretrato: €. 25,00

Si ringraziano le seguenti aziende che hanno recepito Editore Gruppo Poliartes s.r.l.

lo spirito del nostro progetto e reso possibile la realiz-

Via Liberazione, 33/9 20068 Peschiera Borromeo (Mi)

zazione di questa Rivista:

e-mail: poliartesqdf@gmail.com

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4 Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


sommario

editoriale

Contratti d’esito in italia: pag.

ne vale davvero la pena?

7

di Livio Garattini, Alessandro Curto

Valutazione economica

Trastuzumab nel carcinoma mammario metastatico in ambito ue: un esercizio di Hta

pag.

10

pag.

20

pag.

34

di S. Duranti, K. van de Vooren, L. Garattini

Politica sanitaria

L

a riforma delle cure primarie nel servizio sanitario nazionale: fra teoria e pratica (Parte prima) di A. Curto, L. Garattini

oPinioni a confronto

Farmacoeconomia e oncologia: il caso del trastuzumab nel cancro alla mammella Intervista a: Daniela Carati, Riccardo Roni

5 Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


destina il tuo 5 per mille dell'irPef (sul mod. 730 o mod. unico Pf o mod. cud) con una firma indicando il nostro codice fiscale 03254210150 per aiutare a mantenere indipendente la ricerca scientifica dell'istituto mario negri, una fondazione privata senza scopo di lucro che da oltre 40 anni opera nell'interesse degli ammalati.

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editoriale di Livio Garattini, Alessandro Curto

Contratti d’esito in Italia: ne vale davvero la pena?

S

ia i “terzi paganti” che l’industria farmaceutica hanno mostrato crescente interesse nei confronti dei contratti d’esito, poiché si confida possano servire a ridurre l’incertezza su farmaci potenzialmente innovativi già impiegati in un sistema sanitario attraverso un maggiore investimento nella raccolta di dati di evidenza clinica. La filosofia sottostante consiste nel pagare solamente per i pazienti che rispondono alla terapia, un metodo tanto ambizioso dal punto di vista clinico quanto accattivante sotto il profilo politico. Recentemente un gruppo internazionale di esperti ha proposto per questi contratti la definizione di Performance-Based Risk-Sharing Arrangements,1 invero molto complessa, a testimonianza indiretta di quanto siano attraenti. Esistono diverse tipologie di questi accordi sviluppatisi come risposta ai costi crescenti di nuovi farmaci, sulla cui efficacia sono necessarie ulteriori evidenze prima di esprimere un giudizio compiuto. In linea di principio, questi contratti potrebbero rappresentare un’opportunità per stimolare l’efficienza, sia per il terzo pagante che per le aziende.2 L’obiettivo ambizioso sarebbe quello di ridurre la possibilità che il terzo pagante adotti tecnologie non sufficientemente costo-efficaci, aiutando nel contempo le aziende a ottenere prezzi profittevoli da reinvestire in future tecnologie sempre più innovative.

L’Italia è stata uno dei primi Paesi ad avere introdotto questi accordi: AIFA, l’agenzia italiana del farmaco, ha stipulato il suo primo contratto nel luglio del 2006.3 La complessa gestione di questi schemi, che AIFA ha di recente “ribattezzato” Managed Entry Agreements (MEA), è interamente basata su registri gestiti via web. I medici ospedalieri devono completare un modulo di prescrizione on-line, con i dati identificativi del paziente, l’indicazione terapeutica e i dosaggi; il sistema valida elettronicamente ogni prescrizione e richiede automaticamente di dispensare il farmaco alla farmacia ospedaliera. Di ogni prescrizione viene tenuta traccia, allo scopo di monitorare l’appropriatezza nell’uso dei farmaci innovativi e costosi sottoposti a questi accordi. AIFA ha pubblicato sul suo sito web stime molto accurate dei tempi richiesti a un medico ospedaliero e a un farmacista per compilare i moduli principali, ripartendo le stime addirittura per operatori esperti e non.4 Tuttavia, i tempi irrisori stimati per compilare alcuni moduli (ad esempio, 30 secondi per la diagnosi di un medico esperto, 10 secondi per un farmacista per la dispensazione) sembrano poco realistici,5 tenendo anche conto della varietà di farmaci e indicazioni terapeutiche. Sono stati stipulati 29 MEA a ottobre 2012,6 per un totale di 25 farmaci. Come noto, sono tre i tipi di accordo che possono essere concordati con le aziende: i) co7

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editoriale st-sharing (CS, n=11), ii) risk-sharing (RS, n=2) e iii) payment-by-result (PbR, n=16). CS implica soltanto uno sconto sul prezzo, solitamente limitato ai primi 2-3 mesi o cicli di terapia. Questa scontistica si traduce generalmente in rimborsi monetari da parte delle aziende sotto forma di payback. Gli altri due tipi di contratti sono basati sui casi di “non-responders”. L’azienda deve restituire parte di (RS) o l’intero prezzo (PbR) per ogni paziente non-responder. Qualora dei pazienti rispettino i criteri di non-responder, il farmacista ospedaliero deve formalizzare una richiesta di pay-back all’azienda entro la fine dell’anno; quest’ultima, a sua volta, può accettare o rigettare la richiesta (richiedendo anche un arbitrato in caso di contenzioso).7

anche i loro costi di gestione. I MEA sono stati amministrati fino a giugno 2012 da un consorzio interuniversitario.8 AIFA chiedeva alle aziende di pagare una tariffa annuale al consorzio per ogni prodotto sottoposto a MEA, che includeva l’implementazione e la manutenzione del servizio per il primo anno, mentre solo la seconda voce negli anni successivi. Secondo un’indagine informale che abbiamo condotto con tre aziende su quattro prodotti, la tariffa variava da €30.000 a €60.000 per il primo anno, diventando poi inferiore alla metà negli anni successivi. Presumibilmente, queste differenze erano dovute alla complessità e al potenziale volume della modulistica, anche se non sono mai state rese pubbliche le modalità di fissazione di tali tariffe. Nel maggio 2012 AIFA ha optato per un sistema più trasparente, procedendo all’aggiudicazione di una gara triennale del valore di €8,7 milioni, vinta da una nota società multinazionale di consulenza. Tuttavia, in pratica, tutto ciò ha condotto a un’interruzione nel servizio a fine 2012, a causa di incompatibilità fra i vecchi e i nuovi sistemi di information technology (IT), che è proseguita anche nel 2013 e potrebbe compromettere la maggior parte dei pay-back per l’anno in questione; sebbene AIFA abbia pubblicato delle linee-guida sulla procedura per recuperare i rimborsi 2012-2013,9 tuttavia il successo di tale meccanismo è ancora tutto da verificare. Inoltre, AIFA dovrebbe formalmente finanziare di “tasca propria” questo nuovo contratto, a meno che non trovi il modo di coinvolgere le aziende nella copertura dei costi. Il costo diretto totale di conduzione di questi registri dovrebbe essere circa un milione di euro secondo quanto riportato da AIFA sul sito web; peraltro, questo valore parrebbe sottostimato, in quanto anche altre voci di costo (ad esempio, la manutenzione dei servizi IT) dovrebbero essere incluse nel computo. Infine, un ultimo e affatto trascurabile aspetto riguarda il costo indotto dal tempo impiegato da medici ospedalieri e farmacisti nella compilazione dei moduli, che molto probabilmente rappresenta una somma non indifferente; tuttavia, allo sta-

ENTRATE Nel settembre 2013 AIFA ha pubblicato per la prima volta i ricavi dei MEA.7 Il pay-back teorico totale ammontava a €46,3 milioni. Tuttavia, il rapporto evidenziava che un terzo di questi ricavi non poteva essere riscosso, a causa di contestazioni con le aziende farmaceutiche (22%) o richieste tardive da parte degli ospedali (11%); quindi, solo €31,3 milioni sono stati incassati alla fine, all’incirca il 5% della spesa totale dei farmaci coinvolti (limitandosi alle indicazioni sotto MEA). Benché dal rapporto non sia possibile risalire a dati disaggregati per farmaco e regione, si può notare che più dell’80% del pay-back teorico nel 2012 si riferiva soltanto a nove principi attivi, avendo i rimanenti diciassette farmaci contribuito per meno di un milione di euro ciascuno. Come prevedibile, gli accordi di CS sembrano più efficienti di quelli di RS e PbR nel produrre ricavi.7 Infatti, uno schema basato su un semplice sconto dovrebbe essere più facile da gestire rispetto a uno correlato ai risultati clinici, che implica un tempo di valutazione preventivamente fissato, spesso di difficile determinazione pratica.7

COSTI Per valutare l’effettiva efficienza dei MEA, è necessario prendere in considerazione 8

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editoriale to attuale non è possibile stimare tale costo, in quanto non è stato reso pubblico il numero di moduli compilati.

una validazione di appropriatezza prescrittiva autocertificata dal prescrittore stesso. In conclusione, nel rapporto nazionale si afferma che “l’AIFA è l’unica Agenzia regolatoria al mondo ad aver previsto uno strumento come questo (n.d.r. i MEA) nelle fasi precoci di accesso al mercato di un medicinale e di contrattazione del prezzo con le aziende farmaceutiche. Questa disciplina è di una certa complessità e richiede il coinvolgimento di significative risorse da parte dell’Agenzia pertanto, in futuro, vedrà un’evoluzione nel momento in cui si completerà il passaggio alla cosiddetta “Fabbrica dei Registri””.7 Alla luce delle informazioni attualmente (e finalmente) disponibili, sorge legittimo il dubbio se AIFA debba essere così orgogliosa di essere “l’unica agenzia regolatoria al mondo” ad avere così entusiasticamente adottato i contratti d’esito e, ancor di più, se sia così conveniente dal punto di vista del SSN che si trasformi in una “fabbrica di registri”.

RISULTATI CLINICI Non risulta pubblicato alcun rapporto che abbia analizzato dati clinici sui farmaci sottoposti a accordi di RS/PbR e, più in generale, su quelli inseriti nei registri AIFA, eccezion fatta per un rapporto riassuntivo preliminare pubblicato nel 2007, un anno dopo l’introduzione dei registri.3 Scorrendo alcuni dei moduli che si riferiscono allo stato clinico dei pazienti (disponibili sul sito web di AIFA),10 risulta evidente che tali moduli rispecchiano in pratica l’indicazione approvata, non richiedendo informazioni addizionali sui pazienti in grado di fornire una valutazione clinica più articolata. Per questa ragione, temiamo che le informazioni raccolte potranno difficilmente contribuire all’evidenza esistente sui farmaci sottoposti agli accordi, trattandosi in buona sostanza di

BIBLIOGRAFIA 1

Garrison lP, towse a, Briggs a et al. isPor task force reports: Performance-Based risk-sharing arrangements—Good Practices for design, implementation, and evaluation: report of the isPor Good Practices for Performance-Based risk-sharing arrangements task force. Value in Health 2013;16(5): 703-719.

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towse a, Garrison lP. can’t Get no satisfaction? Will Pay for Performance Help? Pharmacoeconomics 2010;28(2): 93-102.

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agenzia italiana del farmaco. registro farmaci oncologici sottoposti a monitoraggio - Primo rapporto nazionale 2007. http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/registro-farmaci-oncologici-sottoposti-monitoraggio%e2%80%93-primo-rapporto-nazionale-2007. (ultimo accesso 6 maggio 2014).

4

agenzia italiana del farmaco. tempi di compilazione.

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i primari oncologici: “tempo per compilare il registro aifa è sottratto ai pazienti”. quotidiano sanità 18 febbraio 2013. http://www.quotidianosanita.it/scienzae-farmaci/articolo.php?approfondimento_id=3244 (ultimo accesso 6 maggio 2014).

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Garattini l, casadei G. risk sharing agreements: What lessons from italy? int J technol assess Health care 2011;27(2): 169-172.

8

cineca. http://www.cineca.it/en (ultimo accesso 6 maggio 2014).

9

agenzia italiana del farmaco. linea Guida per la gestione dei rimborsi condizionati applicabili a specialità medicinali soggette a monitoraggio tramite registri su piattaforma aifa, per gli anni 2012 e 2013. 15 aprile 2014. http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/linea_Guida_rimborsi_2012-2013_ 15_04_2014.pdf (ultimo accesso 6 aprile 2014).

10

agenzia italiana del farmaco. lista aggiornata dei nuovi registri. http://www.agenziafarmaco.gov.it/ it/content/lista-aggiornata-dei-nuovi-registri (ultimo accesso 6 maggio 2014).

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Valutazione economica di S. Duranti,1 K. van de Vooren,1 L. Garattini 1

Trastuzumab nel carcinoma

mammario metastatico in ambito uE: un esercizio di hTA

PA R O L E C H I AV E :

Abstract Il carcinoma mammario è il tipo di tumore femminile più diffu-

TRASTuzuMAB,

so a livello mondiale. Purtroppo, alla luce dell’attuale disponibilità di terapie, il carcinoma mammario metastatico (CMM) risulta ancora difficile da curare, con una sopravvivenza mediana globale di 18-24 mesi. La situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che il 25% delle pazienti affette da questa patologia presenta anche una mutazione nel recettore del fattore di crescita epidermico umano (Human Epidermal Growth Factor Receptor 2, hER2), associata a una prognosi peggiore. Nel 2000 è stato approvato un farmaco, il trastuzumab (TR), proprio per questa specifica indicazione, uno dei primi anticorpi monoclonali tipicamente riconducibile a una “targeted therapy”. Tale tipo di terapia pone anche una nuova sfida alle autorità sanitarie, aggiungendo il costo del test per la mutazione a quello del farmaco, già di per sé molto costoso. Allo scopo di valutare la convenienza economica di TR per il CMM, abbiamo analizzato le Valutazioni Economiche Complete (VEC) pubblicate nel periodo 2000-2013. Inoltre, coerentemente con un approccio di Health Technology Assessment (hTA), abbiamo analizzato anche l’impatto del farmaco su efficacia e qualità della vita, pervenendo a risultati piuttosto deludenti sotto il profilo dell’efficacia e del rapporto costo-efficacia di TR. Alla luce dell’imminente scadenza brevettuale per TR e quindi del prossimo lancio sul mercato del biosimilare, la rimborsabilità di TR per il CMM nella maggior parte dei Paesi uE dovrebbe risultare più giustificata nel futuro prossimo; peraltro, nel frattempo l’azienda originatrice del TR sta già cercando di mettere in atto delle manovre di mercato per salvaguardare il proprio fatturato, dalla registrazione di una nuova forma terapeutica sottocutanea del TR al lancio di una nuova associazione (TR + mertansina), sulla cui rimborsabilità peraltro due autorità regolatorie straniere hanno già espresso un parere negativo.

CARCINoMA ALLA MAMMELLA METASTATICo, BIoSIMILARE, hEALTh TEChNoLoGy ASSESSMENT

1

CESAV, centro di Economia Sanitaria “Angelo e Angela Valenti”

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Valutazione economica INTRODUZIONE Il carcinoma mammario è il tipo di tumore femminile più diffuso a livello mondiale. Nell’Europa occidentale i tassi di incidenza variano da 56,5 per 100.000 donne in Grecia a 145,2 in Belgio.1 Le modalità di trattamento spaziano dalla chirurgia e radioterapia alla terapia sistemica (chemioterapia e agenti biologici) e dipende dallo stadio della patologia e dalla sua classificazione istologica.2 Purtroppo, alla luce dell’attuale disponibilità di terapie, il carcinoma mammario metastatico (CMM) raramente può essere guarito: sebbene tante donne sopravvivano con tale patologia per molti anni, la sopravvivenza mediana globale (Overall Survival, oS) rimane tuttora nell’intervallo dei 18-24 mesi.3 All’incirca un quarto delle pazienti presenta una sovraespressione del recettore di tipo 2 del fattore di crescita epidermico umano (Human Epidermal Growth Factor Receptor 2, hER2), generalmente associata a un peggiore decorso della patologia. Il trastuzumab (TR), un anticorpo monoclonale approvato nel 2000 dalla European Medicines Agency (EMA) e uno dei primi esempi di “targeted therapy”,4 è indicato per trattare pazienti con carcinoma mammario hER2-positivo. Avendo l’obiettivo di massimizzare i benefici clinici solo per pazienti selezionati, la targeted therapy (altrimenti detta “medicina personalizzata”) pone una nuova sfida alle autorità sanitarie, poiché aggiunge il costo di nuovi test a farmaci già di per sé molto costosi. TR, come molti altri agenti biologici anti-tumorali, è stato ammesso alla rimborsabilità dalla maggior parte delle agenzie pubbliche nell’uE. Il brevetto del TR scadrà nel 2015 in Europa5 e il suo biosimilare sarà quindi lanciato sul mercato in tempi relativamente ristretti.6,7 I decisori pubblici spesso richiedono delle Valutazioni Economiche Complete (VEC) per ottenere informazioni sul rapporto costo-efficacia dei nuovi farmaci, allo scopo di migliorare l’efficienza nell’allocazione di risorse scarse. Diversamente da un articolo precedente8, in questo studio limiteremo all’indicazione CMM l’analisi critica delle VEC pubblicate in Europa sul TR, cercando di valu-

tare il loro potenziale contributo a un razionale processo decisionale sulla base delle scelte più rilevanti che ne hanno influenzato i risultati.9 Coerentemente con l’approccio multidisciplinare dell’Health Technology Assessment (hTA),10 vengono riassunti in primo luogo i principali aspetti clinici riferiti al farmaco e valutate successivamente le VEC selezionate. Infine, le implicazioni di politica sanitaria derivanti dalle nostre considerazioni sono discusse in una prospettiva più ampia, includendo i futuri cambiamenti di mercato collegati alla scadenza brevettuale del TR.

MATERIALI E METODI Abbiamo condotto una ricerca della letteratura sul database internazionale PubMed per selezionare le VEC condotte in nazioni dell’uE e focalizzate sul TR come terapia innovativa in prima linea per il CMM, pubblicate in inglese da gennaio 2000 a dicembre 2013. Le parole chiave inserite nella ricerca sono state le seguenti: “trastuzumab”, “metastatic breast cancer”, “cost”, “cost-effectiveness” e “economic evaluation”. Allo scopo di valutare le principali caratteristiche metodologiche delle VEC selezionate, le abbiamo analizzate attraverso una comune checklist includente elementi clinici (fonte dei dati clinici e dei valori di utilità) e elementi economici (orizzonte temporale, tipi di costo, fonte delle risorse consumate e dei costi unitari, risultati, analisi di sensibilità), derivata da quella del database europeo EuRoNEhEED.11 La figura 1 riporta i risultati della ricerca. Dei 45 articoli inizialmente individuati, 34 sono stati successivamente eliminati perché non includevano una VEC sul TR come terapia innovativa in prima linea nel CMM; in particolare, si trattava di: i) revisioni della letteratura (16); ii) VE parziali (10); iii) VEC non riferite al TR in prima linea per il CMM (3); iv) Clinical trial (CT) (3); v) lettere o commenti (2). Poiché sette VEC non riguardavano il contesto europeo, abbiamo infine selezionato quattro VEC.12,13,14,15 Applicando gli stessi criteri di selezione, i risultati della nostra ricerca bibliografica coincidono con quelli di una recente revisione internazionale condotta sul CMM.16 11

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Valutazione economica Abbiamo successivamente effettuato una ricerca simile anche per le altre discipline principali dell’hTA, combinando “efficacy”/”quality of life”/”ethics” con i termini “trastuzumab” e “metastatic breast cancer”. Abbiamo rintracciato 114 articoli per l’efficacia, di cui 112 sono stati esclusi perché non includevano un CT sul TR per l’indicazione da noi considerata; in particolare: i) 89 CT avevano un disegno diverso dal nostro obiettivo; ii) 12 erano revisioni della letteratura; iii) 11 erano studi farmacologici (8) o osservazionali (2) o di qualità della vita (1). Abbiamo infine selezionato due CT17,18 e identificato una meta-analisi19 dai loro riferimenti bibliografici. Delle 60 pubblicazioni selezionate inizialmente per la qualità della vita, 58 sono state eliminate perché riguardavano: i) studi di qualità della vita su farmaci diversi (4); ii) revisioni (36); iii) VEC (3); iv) CT (11) o meta-analisi (1); v) casi clinici di studio (2) o commenti (1). Sono quindi rimasti due studi.20,21 Delle 14 pubblicazioni selezionate per l’etica, purtroppo nessuna includeva informazioni specifiche sul TR nel CMM.

Efficacia Risulta ancora difficile stimare l’incremento di oS del TR nel CMM, in quanto spesso i CT hanno un disegno che consente alle pazienti di spostarsi dal braccio di controllo a quello con TR (crossover). Riducendo la potenza del disegno del CT originario, il crossover può condurre a stime di oS incrementale più o meno favorevoli, in funzione dei fattori prognostici delle pazienti che si spostano dal braccio di controllo a quello di studio.15 un CT16 ha stimato che l’aggiunta di TR alla chemioterapia era associata a un incremento di 4,8 mesi di oS mediana nelle donne con CMM progressivo, sovra-espressione del hER2 e naive alla chemioterapia. Tuttavia, due terzi delle pazienti che erano state inizialmente assegnate al braccio con la sola chemioterapia hanno ricevuto, dopo la progressione, TR da solo o combinato con chemioterapia. un CT più recente17 è giunto alla conclusione che TR in combinazione con docetaxel (chemioterapico) consente un incremento di 8,5 mesi di oS mediana nello stesso tipo di pazienti. In questo CT il 57% delle pazienti nel braccio con solo docetaxel è passato a quello con TR; l’oS mediana è stata di 16,6 mesi per le pazienti che hanno ricevuto solo docetaxel e 30,3 mesi per quelle che si sono spostate al braccio di studio con TR. Tuttavia, è difficile trarre conclusioni, poiché questi sotto-gruppi erano di dimensioni molto ridotte e non randomizzati.

INQUADRAMENTO CLINICO Agente biologico Il TR riduce la ricomparsa del tumore qualora utilizzato come terapia adiuvante nella fase iniziale della patologia, mentre permette a pazienti nello stadio metastatico di vivere più a lungo, evitando che il loro cancro peggiori rapidamente.22 Lo stato del hER2 deve essere confermato prima di incominciare il trattamento: i test disponibili includono l’analisi immunoistochimica (Immunohistochemical, ICh) per identificare la sovra-espressione della proteina hER2 e l’ibridazione in situ fluorescente (Fluorescence In Situ Hybridization, FISh) che individua l’amplificazione del gene. Il test ICh, relativamente economico e di facile esecuzione, è per tali ragioni raccomandato come analisi primaria, mentre il test FISh è più costoso e quindi prevalentemente adoperato per confermare i risultati del precedente.23

Sicurezza La cardiotossicità è il principale effetto collaterale (EC) del farmaco, in quanto TR aumenta significativamente il rischio di disfunzione cardiaca nelle pazienti a cui viene somministrata chemioterapia a base di antracicline.18 Le incidenze della frazione di eiezione ventricolare sinistra (Left Ventricular Ejection Fraction, LVEF) e dell’insufficienza cardiaca congestizia sono risultate, rispettivamente, 7,5% (95% CI 4,2-13,1) e 1,9% (95% CI 1,03,8). Di conseguenza, le pazienti trattate con TR necessitano di un continuo monitoraggio della funzione cardiaca. Inoltre, il TR può indurre reazioni dannose 12

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Valutazione economica Figura 1.

Strategia di ricerca della letteratura per le VEC

Pubmed (parole chiave): • cost OR cost-effectiveness OR economic evaluation • trastuzumab • metastatic breast cancer (combinati con l’operatore Booleano ‘AND’) Criteri di esclusione Criteri di esclusione: Studi che non realizzano VEC (34): • revisioni della letteratura (16) • VE parziali (10) • VEC non riferite a TR per CMM (3) • studi clinici (3) • lettere o commenti (2)

Pubblicazioni ottenute (45)

VEC selezionate (11)

Criteri di esclusione VEC non condotte in nazioni UE (7) VEC in nazioni UE (4)

cmm = cancro alla mammella metastatico; tr = trastuzumab; ue = unione europea; Vec = Valutazione economica completa

soché assenti in letteratura;26,27 e il TR non sfugge a questa regola. L’unico studio che si è occupato in modo indiretto della tematica è stata un’indagine qualitativa, condotta su un campione ristretto di pazienti terminali (15 in totale) affetti da CMM o da carcinoma colon-rettale metastatico, in un ospedale universitario olandese28. La conclusione principale è stata che, nonostante gli EC, i pazienti hanno una percezione positiva della chemioterapia, in quanto permette loro di distogliere l’attenzione dall’imminente stadio terminale della propria esistenza.

correlate all’infusione, effetti nocivi a livello ematologico (in particolare neutropenia), infezioni e reazioni avverse a livello polmonare.21 Qualità della vita In una revisione della letteratura in cui alcuni dipendenti dell’azienda produttrice di TR sono co-autori, sono stati riportati tre studi a supporto dell’impatto positivo del farmaco sulla qualità della vita.24 Tuttavia, l’unico miglioramento significativo, registrato in uno solo degli studi inclusi nella revisione,25 è risultato una leggera diminuzione del senso di stanchezza; peraltro, trattasi di un risultato di scarso rilievo, essendo oltretutto il TR una terapia additiva con EC affatto trascurabili.15

VALUTAZIONE ECONOMICA Delle quattro VEC selezionate, due sono riferite a Paesi scandinavi, le rimanenti alla Francia; tutte, con l’eccezione di una,11 hanno concluso a favore della convenienza economica della terapia con TR. In Tabella 1 sono riassunte le principali caratteristiche dei lavori considerati.

Etica Nonostante venga sempre sottolineato come l’etica rappresenti una componente essenziale dell’hTA, le sue implicazioni su specifiche tecnologie sono pres13

Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


Valutazione economica Norum et al hanno condotto un’analisi costo-efficacia in Norvegia.11 E’ stato utilizzato solamente il test ICh per confermare la positività del hER2 e il costo relativo è stato interamente attribuito al trattamento con TR, per il quale è stato stimato anche quello dell’EC dell’insufficienza cardiaca congestizia. In questo studio si fa riferimento a due diversi valori di oS incrementale (3,7 e 8,4 mesi), benché entrambi ricavati da un CT16 (sopra citato) in cui per due terzi dei pazienti è avvenuto il crossover, ragione per cui sono stati calcolati due valori di Incremental Cost-Effectiveness Ratio (ICER). Il prezzo di TR incluso nell’analisi è risultato molto superiore a quello riportato per la Norvegia in una recente indagine europea29

focalizzata sul sistema di definizione di prezzo e rimborsabilità del prodotto (€928 nel 2003 vs €645 nel 2005). Il costo del TR e la oS sono le variabili che influenzano maggiormente i risultati nell’analisi di sensibilità. Lidgren et al hanno condotto un’analisi costo-utilità in Svezia, impostandola interamente su un modello di Markov analogo a quello usato in uno studio precedente30 degli stessi autori, relativo alla terapia adiuvante e sponsorizzato dall’azienda produttrice del TR; peraltro, il breve orizzonte temporale del CMM e l’ambiguo impatto del farmaco sulla qualità della vita rendono poco plausibili queste scelte metodologiche. un ulteriore discutibile espediente consiste nell’aver

TABELLA 1 Principali caratteristiche delle VEC selezionate

studi

norum et al (norvegia)

lidgren et al (svezia)

VariaBili ace

acu

n. pazienti (modello)

tipologia Vec

ipotetico paziente medio

coorte ipotetica (markov)

orizzonte temporale

diagnosi-morte

tempo-vita

tipologia costi

efficacia icer

-farmaci (solo tr) -somministrazione in ospedale -monitoraggio -ricoveri -test Her2 -effetti collaterali

-farmaci -monitoraggio -ricoveri -visite ambulatoriali -test Her2 -cure informali -cure palliative -effetti collaterali

0,3-0,7 (lYG)

0,865 (qalY)

€63,137 - €147,320

€52,267**

Variabili più influenti in as

-prezzo tr -incremento sopravvivenza

-prezzo tr -incremento qalY

conclusione degli autori

tr non è costo-efficace nel cmm.

tr, previa conferma del test icH2+ e 3+ con fisH, è costo-efficace.

% costo tr/ct braccio tr

non disponibile

37%

simulazione Prezzo tr/fiala (2013) stima icer (prezzo tr -30%)

€535

€675

€29,520-68,880

€45,383**

ace = analisi costo-efficacia; acu = analisi costo-utilità; as = analisi di sensibilità; cmm = cancro alla mammella metastatico; ct = costi totali; fisH = Fluorescence In Situ Hybridization; Her2 = Human Epidermal Growth Factor Receptor 2; icer = Incremental Cost-Effectiveness Ratio; icH = test immunoistochimico; lYG = Life Years Gained;

14 Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


Valutazione economica limitato la oS del braccio di controllo all’esiguo campione delle pazienti non sottoposte a crossover ricavato da un CT precedentemente citato,17 in cui più della metà delle pazienti è passata al braccio con TR, ottenendo in questo modo una stima più elevata di oS per TR (14,6 mesi). Inoltre, gli autori hanno adottato un punteggio molto alto e uniforme per i Quality-adjusted Life Years (QALys) per tutte le pazienti a questo stadio della patologia (0,685), ricavato da un altro lavoro degli stessi autori,31 senza applicare alcuna ponderazione per la progressione e non considerando nemmeno la potenziale disutilità indotta dagli EC. Di conseguenza, l’effetto sull’ICER del già considerevole incremento di oS stimato per TR è stato ulteriormente enfatizzato una

volta trasformato il risultato in QALy. I costi ambulatoriali, potenzialmente rilevanti in questa fase della patologia, sono stati basati esclusivamente su opinioni di esperti e il prezzo di TR è risultato leggermente inferiore a quello pubblicato nella sopramenzionata indagine europea28 (€659 vs €700 nel 2005). Nelle analisi di sensibilità a una via le variabili più rilevanti sono risultate i QALy incrementali e il prezzo di TR. Le due analisi costo-efficacia francesi ricavano gli outcome clinici da studi osservazionali basati su campioni di ridotte dimensioni (inferiori a 50 pazienti in ambedue i casi); più specificamente, il primo da uno studio prospettico multicentrico (quattro centri con TR in terapia e sei senza) e il secondo da uno studio re-

Poncet et al (francia)

Perez-ellis et al (francia)

ace

ace

45 (26 tr, 19 controllo)

47 (28 tr, 19 controllo)

efficacia (1,2 anni) costi (24 settimane)

diagnosi-morte

-farmaci -monitoraggio -ricoveri -test Her2 -effetti collaterali

-farmaci -monitoraggio -ricoveri -effetti collaterali

1,4* (lYG)

1,5 (lYG)

€15,370

€17,800

non disponibile

-costo tr -costo ricoveri

il costo aggiuntivo di tr è sostenibile in francia.

tr, nonostante il prezzo elevato, è costo efficace per pazienti con cmm.

42%

43%

€540

€540

€11,712

€12,601

qalY = Quality-adjusted Life Years Gained; tr = trastuzumab; Vec = Valutazione economica completa * differenza fra gruppi non statisticamente significativa; **1€ = 9.280 seK (tasso di cambio 2005)

15 Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


Valutazione economica trospettivo mono-centrico (prima e dopo la disponibilità di TR in ambito ospedaliero). I due studi osservazionali riportano incrementi di oS per TR maggiori rispetto a quelli riscontrati nei CT, a prescindere dal crossover. Poncet et al stimano un aumento di oS mediana riferito al TR pari a 17 mesi. Inoltre, sebbene metà delle pazienti del gruppo di controllo abbia ricevuto TR dopo sei mesi, l’orizzonte temporale dei costi (diversamente dall’efficacia) è stato limitato a sole 24 settimane. In questo studio il prezzo del farmaco è molto simile a quello riportato nell’indagine europea (€626 nel 2002 vs €650 nel 2005). Perez-Ellis et al calcola il valore più alto di oS fra i quattro studi selezionati (18 mesi), escludendo anche i costi dei test dall’analisi; inoltre, il prezzo di TR utilizzato non viene esplicitato.

za sulla reale consistenza del guadagno di sopravvivenza, rendendo di conseguenza discutibili anche i risultati delle VEC in cui i valori dell’efficacia clinica sono inficiati da tale procedura. Entrambe le VEC scandinave possono essere criticate per ragioni diametralmente opposte, cioè la prima11 per aver sottostimato e la seconda12 per aver sovrastimato l’oS indotta dal farmaco. Al contrario, entrambe le VEC francesi13,14 hanno quasi sicuramente enfatizzato l’efficacia di TR, ricavando i dati di oS da studi osservazionali metodologicamente deboli e basati su campioni assai ridotti. Siccome l’evidenza dell’impatto di TR sulla qualità della vita è verosimilmente trascurabile, risulta pure discutibile condurre analisi costo-utilità nel campo di patologie nello stadio terminale, per di più applicando un punteggio così alto e uniforme per il CMM come nel caso dello studio svedese,12 addirittura doppio rispetto a quello adottato nella valutazione preliminare del National Institute for Health and Care Excellence (NICE).32 Il NICE è stata l’unica agenzia europea ad avere valutato secondo i criteri dell’hTA il TR per il CMM nel 2002, basandosi su un rapporto dell’azienda produttrice; il NICE aveva anche annunciato una successiva valutazione definitiva per il 2005, che tuttavia non è mai stata pubblicata. Diversamente dal NICE, il Pharmaceutical Benefits Advisory Committe (PBAC) australiano ha rigettato tre sottomissioni relative alla richiesta di rimborsabilità per TR nel trattamento del CMM, adducendo la non accettabilità del rapporto di costo-efficacia stimato.15 Venendo ai costi, logica vorrebbe che quelli dei test diagnostici venissero imputati esclusivamente al braccio del TR, anche se solamente un quarto delle pazienti sovra-esprime hER2, in quanto per definizione questi nuovi test diagnostici sono imprescindibilmente collegati al TR, in quanto “targeted therapy”;15 tuttavia, lo studio francese più recente ha addirittura completamente escluso questo tipo di costo dall’analisi.14 Dopo aver confrontato i prezzi del TR usati nelle VEC con quelli rilevati in una recente indagine condotta a livello europeo,28 ab-

DISCUSSIONE Nella maggior parte delle nazioni europee l’hTA è considerato attualmente l’approccio ottimale per prendere decisioni di politica sanitaria in materia di rimborsabilità delle nuove tecnologie. Il suo principale limite intrinseco è rappresentato dalla mancanza di informazioni cruciali nelle prime fasi dell’autorizzazione all’immissione in commercio. In questo lavoro abbiamo condotto un esercizio similare a un hTA su un agente biologico piuttosto maturo, in commercio da più di un decennio in Europa e oramai prossimo alla scadenza brevettuale. Sfortunatamente le nostre conclusioni sono piuttosto deludenti, in quanto in letteratura abbiamo rinvenuto ben poca evidenza a supporto della rimborsabilità del TR nel CMM. Abbiamo riscontrato solo due CT sull’uso di TR come terapia innovativa di prima linea nel CMM16,17 (fonti dell’oS per le due VEC scandinave), ma i rispettivi outcomes in termini di oS mediana non sono risultati completamente affidabili, a causa dell’elevato numero di pazienti che hanno effettuato il crossover da un braccio all’altro degli studi. Benché tale pratica sia giustificata da motivazioni di carattere etico, induce tuttavia incertez16

Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


Valutazione economica biamo potuto riscontrare che lo studio norvegese ha applicato un prezzo assai maggiore e quello svedese di poco inferiore, conducendo a risultati rispettivamente meno favorevoli e più favorevoli al farmaco. Lo studio francese più recente14 non ha esplicitato alcun valore per il prezzo e non è stato quindi possibile risalire al valore inserito nello studio; peraltro, assumendo una durata media della terapia simile a quella del primo studio francese13 e tenendo conto pure della oS lievemente superiore, abbiamo stimato un prezzo di €706 per questo lavoro (+7,7% rispetto a quello riportato nell’analisi europea). Siccome il TR rappresenta la principale componente di costo nei tre studi che hanno mostrato la distribuzione dei costi totali nel braccio con TR,12-14 oscillando da 37%12 a 43%,14 abbiamo infine cercato di stimare quanto una futura riduzione del prezzo dopo la scadenza brevettuale e il conseguente lancio dei biosimilari potesse influenzare nelle VEC analizzate l’ICER del caso-base. Ipotizzando una riduzione del 30%33 come decremento realistico del prezzo ufficiale nel 2013,29 TR diventa costo-efficace anche nello studio norvegese adottando la oS più favorevole e, ovviamente, ancora più costo-efficace negli studi rimanenti (Tabella 1). Qualora si verificasse questo scenario futuro, la rimborsabilità del TR sarebbe molto più giustificata nella maggior parte delle nazioni europee seguendo un approccio di hTA, tenuto conto anche delle implicazioni etiche potenzialmente sollevate dal forte livello di coinvolgimento emotivo delle pazienti nella fase di fine-vita.

fino solitamente a scomparire dopo la scadenza del brevetto. Per questo motivo, difficilmente verranno prodotte ulteriori informazioni sul TR per supportare la tuttora debole evidenza nel CMM. Tuttavia, l’assai probabile riduzione di prezzo del TR conseguente all’imminente scadenza brevettuale dovrebbe contribuire a meglio avvalorare la decisione presa dalla maggior parte dei Paesi uE di rimborsarlo per il CMM. Nel frattempo, però, l’azienda produttrice del farmaco ha già lanciato: i) una nuova formulazione sottocutanea;34 ii) una combinazione di TR con mertansina (un farmaco chemioterapico molto datato e poco costoso), nella quale TR conferirebbe selettività all’agente citotossico, in modo da consentirgli di entrare nelle celle tumorali per eliminarle. La nuova formulazione sottocutanea sarà protetta da brevetto, mentre i biosimilari riceveranno solo l’autorizzazione per quella endovenosa, quasi esclusivamente somministrata in ambito ospedaliero. Peraltro, nonostante questa modalità di somministrazione costituisca una indubbia limitazione per le pazienti, non necessariamente la formulazione sottocutanea è potenzialmente così rilevante per il CMM, come invece potrebbe esserlo nella terapia adiuvante. Inoltre, appare legittimo interrogarsi sul motivo per cui l’azienda metta a disposizione questa nuova forma soltanto adesso, forse non casualmente alla scadenza brevettuale di quella fino ad oggi utilizzata. La combinazione, con un “place in therapy” successivo al fallimento della terapia a base di TR e chemioterapia, dovrebbe aumentare di qualche mese la oS nel CMM.35 Il PBAC australiano ha già rigettato la prima richiesta di rimborsabilità36 e anche il NICE, nella sua bozza di lineaguida, ha sostenuto che questa combinazione non risulta abbastanza efficace per giustificare il prezzo inizialmente richiesto al National Health Service (NhS).37 Ci auguriamo che AIFA e le altre agenzie regolatorie europee, tenendo conto anche del futuro andamento del prezzo del TR, traggano lezione dall’esperienza passata per negoziare il prezzo e l’ammissione alla rimborsabilità di questa associazione.

Implicazioni di politica sanitaria

Coerentemente con la logica di marketing del “ciclo di vita dei prodotti”, le aziende farmaceutiche sono molto interessate a produrre e supportare informazioni di natura clinica e economica sui propri farmaci nelle fasi successive all’autorizzazione all’immissione in commercio. Col passare degli anni, una volta che il prodotto diventa maturo, il loro interesse a fornire nuove informazioni gradualmente scema, 17

Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


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19 Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


Politica sanitaria di A. Curto,1 L. Garattini 1

La riforma delle cure primarie

nel Servizio Sanitario Nazionale: fra teoria e pratica (Parte prima)

PA R O L E C H I AV E :

Abstract Le cure primarie, in quanto strumento strategico per assicurare

CoNTINuITà ASSISTENzIALE,

una più efficace ed efficiente presa in carico complessiva dei bisogni di salute e di assistenza della popolazione, hanno da tempo sollevato grande interesse nella letteratura internazionale e non smettono di far discutere anche in Italia dopo le recenti riforme sulla continuità assistenziale. Il presente articolo, dopo una breve ricostruzione dei principali filoni esistenti in una prospettiva storica, descrive i contenuti normativi principali del “decreto Balduzzi” e dell’accordo collettivo nazionale per la Medicina Generale. Inoltre viene condotta una revisione sommaria dei più recenti studi italiani diffusi sull’argomento, allo scopo di indagarne metodi e risultati, per poi fornire alcuni spunti finali di discussione sulle prospettive dell’assistenza primaria nel nostro Paese.

CuRE PRIMARIE, MEDICINA GENERALE, ITALIA

1

CESAV, centro di Economia Sanitaria “Angelo e Angela Valenti”

20 Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


Politica sanitaria INTRODUZIONE Le cure primarie, in quanto strumento strategico per assicurare una più efficace ed efficiente presa in carico complessiva dei bisogni di salute e di assistenza della popolazione, hanno riscontrato grande interesse in letteratura fin dai tempi in cui non era ancora comparsa nemmeno la definizione stessa dei livelli di assistenza.1 Era infatti il 1920 quando nel Regno unito fu pubblicato il “rapporto Dawson”, che teorizzò per la prima volta la nozione dei tre livelli di assistenza (primaria, secondaria e terziaria), ancora oggi alla base della ripartizione piramidale prevalente nei sistemi sanitari contemporanei. Sotto il profilo teorico, l’assistenza sanitaria primaria si è evoluta nel tempo, passando dall’essere una semplice ipotesi all’opinione dominante, fino alla delusione e all’attuale sforzo per un suo ripensamento concettuale. Molteplici sono state le definizioni che si sono susseguite nel tempo, alcune delle quali incentrate sulla gestione multidisciplinare del singolo paziente, con protocolli personalizzati evidence based (c.d. filone della “medical home”),2 altre che ne hanno sottolineato l’approccio epidemiologico e l’orientamento alla comunità, attraverso accordi locali sulla base dei bisogni effettivi della popolazione (c.d. filone “communityoriented”).3 In generale, gran parte della letteratura è concorde nel definirla oggi come assistenza di primo contatto, caratterizzata da continuità ed estensione d’approccio, con funzione di indirizzo e coordinamento del sistema.4 Da un punto di vista pratico, l’assistenza primaria può essere più precisamente definita in base al tipo di medico che la fornisce, ovvero alla tipologia dei servizi sanitari che implica. In ambedue i casi è comunque soggetta a variazioni dettate dal sistema e dal contesto sanitario di appartenenza: ad esempio, negli Stati uniti per medico di assistenza primaria si intende sia il medico di medicina generale che il medico specializzato in pediatria o in medicina interna, mentre in Europa si è soliti ridurre il riferimento alla prima figura.4 Allo stesso modo, l’elenco dei servizi di assistenza primaria, che comprende generalmente prevenzione, servizi tera-

peutici e diagnostici di base, educazione alla salute, attività consultoriale e semplici urgenze chirurgiche, può essere in buona parte svolto anche da personale medico specialistico ospedaliero. Dagli anni sessanta e settanta, periodo di massimo splendore per le cure primarie, in cui si esaltò il loro ruolo chiave nello sviluppo socio-economico di ogni comunità, come in occasione dell’oramai celebre Conferenza internazionale di Alma Ata del 1978, è trascorso molto tempo e, con esso, sono andate deluse molte delle aspettative per una loro definitiva valorizzazione. Alcuni studiosi1 attribuiscono gran parte delle ragioni di questo sostanziale fallimento alla (per certi versi fuorviante) tripartizione piramidale dei livelli di assistenza che, “presa a prestito” dal sistema educativo, di fatto mal si adatta alla realtà sanitaria, determinando un erroneo senso di semplicità e progressività (sia di problemi che di risorse) attorno al concetto di cure primarie. Allo stesso modo, l’allargamento della prospettiva all’assistenza sociale in base ai principi della c.d. “comprehensive primary care”, è stata in realtà fonte di grande dibattito internazionale da parte di chi, pragmaticamente, avrebbe voluto una più modesta e concreta definizione cui ispirarsi, identificata con il termine di “selective primary care”.5 Nonostante l’incertezza regni ancora sovrana in letteratura, in tempi recenti sono diventate sempre più numerose e concordanti le evidenze empiriche6,7 a sostegno dei sistemi sanitari orientati maggiormente alle cure primarie, in grado di raggiungere risultati in termini di salute, equità nelle condizioni di accesso e continuità di assistenza superiori a quelli più incentrati sulle cure specialistiche e ospedaliere. Inoltre, di fronte alla crescente prevalenza delle malattie croniche a seguito dell’invecchiamento della popolazione e all’indebolimento di una rete parentale o sociale allargata, acuito dalla scarsità di risorse e dalla perdurante crisi economica, le teorie sulle cure primarie sembrano aver trovato un rinnovato impulso8 attorno a quattro “concetti cardine”: i) il bisogno di un ruolo più attivo e partecipativo da parte del paziente, oramai sempre più infor21

Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


Politica sanitaria mato e cosciente dei propri diritti anche grazie a internet;9 ii) la necessità da parte dei medici generalisti di un atteggiamento proattivo nei confronti dei bisogni sanitari della popolazione, basato sulla c.d. “medicina di iniziativa” (in contrapposizione alla c.d. “medicina di attesa”, tipica dell’ambito ospedaliero), che tenga maggiormente in considerazione i fattori di rischio e le determinanti sociali della salute; 10 iii) l’esigenza di una maggiore integrazione del livello di assistenza primaria con l’intero sistema sanitario e con i più generali obiettivi di politica sanitaria prefissati;1 iv) la promozione di nuovi modelli organizzativi, alcuni dei quali focalizzati sulla gestione multidisciplinare del paziente cronico (c.d. “chronic care model”),11 altri più orientati alla generalità della popolazione (c.d. “expanded chronic care model”).12 A dispetto dei deludenti risultati pratici fin qui ottenuti in Italia, come del resto in altri Paesi,13 il riordino del sistema delle cure primarie incentrato sul paziente e sulla continuità assistenziale nell’arco dell’intera giornata non smette di far discutere, almeno a giudicare dalle ricerche che sono state diffuse negli ultimi anni senza soluzione di continuità da parte di organismi pubblici, università e centri studi. Dopo una breve descrizione della recente “riforma Balduzzi” del 2012, saranno presentati i dettagli dell’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) per la Medicina Generale attualmente in vigore, che risale al 2009-2010, per poi passare in rassegna i principali punti di discussione tuttora aperti sull’attuale rinnovo della convenzione che ostacolano l’attuazione della riforma, con particolare attenzione alle resistenze degli “attori” coinvolti. Infine verrà condotta una breve analisi dei più

recenti studi italiani sul tema delle cure primarie e della continuità assistenziale sul territorio, utilizzando una semplice griglia di variabili comuni di riferimento (Tabella 1),

LA “RIFORMA BALDUZZI” Nell’ultimo decennio non è possibile riscontrare documentazione di programmazione sanitaria a livello nazionale e regionale che non sottolinei, sempre con una certa enfasi, la centralità delle cure primarie, insieme alla necessità di assicurare una maggiore continuità assistenziale e una visione integrata ospedale-territorio, nel comune interesse di soddisfare i bisogni dell’utenza. L’ultimo provvedimento nazionale (L. 189/2012) in ordine di tempo, che ha preso il nome dell’ex Ministro della Salute Renato Balduzzi, ha stabilito, oltre al “ruolo unico” del Medico di Medicina Generale (includendo il Pediatra di Libera Scelta e la Guardia Medica), la distinzione fra le c.d. Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) di soli medici (intra-distrettuali, con popolazione assistita non superiore a 30.000 e, comunque, comprendente un numero di medici non inferiore a 20) e le c.d. unità Complesse di Cure Primarie (uCCP) multiprofessionali (includenti infermieri, ostetriche, tecnici della riabilitazione, operatori della prevenzione e del sociale), da tenersi aperte al pubblico per l’intero arco della giornata (nonché nei giorni prefestivi e festivi con idonea turnazione); organizzazioni peraltro già in parte previste con terminologie diverse (équipes territoriali e unità territoriali di assistenza primaria, queste ultime indicate con la sigla uTAP) nell’Accordo Collettivo Nazionale (ACN)

TABELLA 1 Griglia di variabili di riferimento

affiliazione principale

contesto d’analisi

obiettivo della ricerca

risultati

materiali e metodi

conclusioni

orizzonte temporale

sponsorizzazione

22 Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


Politica sanitaria per la Medicina Generale del 2005, ma mai di fatto applicate su larga scala. La riforma prevede inoltre che siano le regioni a organizzare operativamente le uCCP in reti integrate di poliambulatori, dotate di strumentazioni di base e collegamento telematico con le strutture ospedaliere, orientate alla promozione e condivisione di buone prassi, in grado di offrire soluzioni assistenziali e organizzative qualitativamente elevate e alternative all’ospedale, ancora troppo spesso visto dai cittadini come l’unico tipo di struttura in grado di risolvere i problemi di salute. Di fatto, a distanza di quasi due anni dall’approvazione, il provvedimento è in realtà rimasto prevalentemente sulla carta, se si escludono limitate ed eterogenee sperimentazioni regionali,14 in gran parte pre-esistenti e non sempre giustificate dalle caratteristiche oro-demografiche e dai bisogni assistenziali specifici della popolazione di riferimento.

(salvo eccezioni comunque non superiori al 30%) di un MMG ogni 1.000 abitanti residenti > 14 anni (o frazione di 1.000 superiore a 500) o di un PLS ogni 600 residenti tra 0 e 6 anni (o frazione superiore a 300). Per tali medici vige l’obbligo di aderire alle AFT e la possibilità di operare insieme ad altri operatori sanitari e sociali all’interno di una uCCP qualora attiva, assicurando comunque l’apertura dello studio almeno 5 giorni a settimana (con lunedì obbligatorio), almeno due fasce alternative (mattina o pomeriggio) e un numero minimo di ore di apertura da 5 a 15 in base al numero di assistiti. Il compenso è costituito da una quota capitaria per assistito (€40.05 per il MMG e €83,65 per il PLS come base, eventualmente maggiorata per anzianità e carico assistenziale) e da una quota variabile (non più del 30% del totale), costituita in parte da incentivi per lo sviluppo strutturale e organizzativo (forme associative, collaborazione informatica, collaboratore di studio, personale infermieristico) e in parte da introiti derivanti da prestazioni aggiuntive incluse nel nomenclatore tariffario (con un tetto del 20% del reddito complessivo), che distingue fra prestazioni eseguibili senza autorizzazione, con autorizzazione o secondo accordi locali e regionali (ad esempio, vaccinazione anti-influenzale). Sotto il profilo organizzativo, il singolo medico (MMG, PLS o guardia medica che sia) può lavorare da solo o in altre tre forme principali di medicina associativa: 1) medicina in associazione, da 3 a 10 medici, con orario di chiusura di almeno uno studio non prima delle 19; 2) medicina di rete che, in aggiunta alle condizioni precedenti, prevede la condivisione della rete informatica; 3) medicina di gruppo (da 3 a 8 medici) che, oltre alle precedenti caratteristiche, ha il vincolo della sede unica e può prevedere l’eventuale gestione comune di personale di segreteria o infermieristico. A ciascun medico aderente a qualsiasi forma di medicina associativa vengono liquidate le competenze relative alle scelte di cui è titolare; inoltre, non possono effettuarsi variazioni di scelta all’interno della for-

ACCORDO COLLETTIVO NAZIONALE PER LA MEDICINA GENERALE L’ACN per la medicina generale (Tabella 2) attualmente in vigore distingue quattro tipologie di medici: 1) medici di assistenza primaria, cioè Medico di Medicina Generale (MMG) o Pediatra di Libera Scelta (PLS); 2) medico di continuità assistenziale (c.d. “Guardia Medica”); 3) medico dei servizi territoriali; 4) medico dell’emergenza sanitaria territoriale. La prima categoria comprende quei medici iscritti all’albo e in possesso di attestato di formazione in medicina generale (attualmente organizzato in corsi triennali retribuiti a frequenza obbligatoria, con periodi di “praticantato” presso reparti di Medicina Interna, Ginecologia, Pediatria, Chirurgia, Pronto Soccorso, strutture territoriali e studi di Medicina Generale) o diploma di specializzazione in pediatria della durata di 5 anni per il PLS, che forniscono assistenza primaria agli assistiti (fino a un massimo di 1.500, il limite per il PLS è 800) residenti nel proprio ambito territoriale (almeno 7.000 abitanti), con il limite 23

Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


Politica sanitaria ma associativa previa accettazione da parte del medico destinatario della nuova scelta. L’attività libero-professionale (strutturata o occasionale) non deve recare pregiudizio al corretto e puntuale svolgimento degli obblighi del medico, in studio o al domicilio del paziente; qualora tale impegno sia superiore alle 5 ore settimanali, ne consegue una limitazione del massimale (secondo uno schema che considera una riduzione di 37,5 scelte per ogni ora superiore alla soglia per il MMG, 20 per il PLS). La seconda categoria è costituita dalla Guardia Medica, in una proporzione di un medico ogni 5.000 abitanti residenti, che assicurano le prestazioni assistenziali territoriali non differibili, dalle ore 20 alle ore 8 di tutti i giorni feriali e tutto il giorno nei festivi e prefestivi. Si tratta di semplici medici iscritti all’albo o di MMG e PLS con un carico di assistiti inferiore, rispettivamente, a 650 e 350. Il compenso prevede una quota oraria di base (circa €22,03 con eventuali maggiorazioni) e un’altra variabile (massimo 30% del totale) in funzione degli incentivi e delle prestazioni aggiuntive eseguibili, senza alcuna preventiva autorizzazione dell’ASL. L’orario settimanale è di 24 ore (per il medico di continuità assistenziale in uCCP può arrivare fino a 38 ore settimanali) ed è prevista anche la reperibilità domiciliare (fino a 13,5 ore settimanali). La terza categoria è quella dei medici dei servizi territoriali (operanti nei servizi

per le tossicodipendenze, igiene pubblica e mentale, medicina fiscale), che ricevono anch’essi un compenso orario (circa €20,26) e una quota addizionale variabile in funzione degli incentivi (il c.d. “premio di collaborazione”, pari a un dodicesimo del compenso annuale e il c.d. “premio di operosità” alla cessazione del servizio prestato, pari a una mensilità per ogni anno di servizio prestato) e delle prestazioni aggiuntive. L’orario settimanale prevede un massimo di 38 ore (per MMG e PLS con carico assistenziale ridotto, rispettivamente, a 600 e 320 scelte è previsto un massimo di 24 ore). Infine, vi sono i medici dell’emergenza sanitaria territoriale (operanti nell’arco delle 24 ore nelle centrali operative; postazioni fisse o mobili, di soccorso avanzato e punti di primo intervento; Pronto Soccorso o Dipartimenti di Emergenza e Accettazione): trattasi di medici iscritti all’albo e con idoneità all’attività sui mezzi mobili di soccorso, conseguibile attraverso un corso di formazione (con esercitazione e tirocinio pratico) della durata di almeno 4 mesi, per un orario complessivo non inferiore a 300 ore. Di norma, ricevono un compenso orario fisso (circa €22,03) e una quota variabile in funzione degli incentivi e delle prestazioni aggiuntive. L’orario settimanale prevede un massimo di 38 ore settimanali e quello giornaliero non può superare le 12 ore continuative. È prevista inoltre la reperibilità, per un massimo di 12 ore settimanali.

TABELLA 2 Principali caratteristiche per tipologia di medici territoriali in base agli ACN

tipologia medico

formazione

compenso

ore minime/

(n° mesi post-laurea)

quota fissa

massimale

settimanali

medico di medicina generale

36

quota capitaria base (€41)

1.500 pazienti

5-15

Pediatra di libera scelta

60

quota capitaria base (€83)

800 pazienti

5-15

Guardia medica

quota oraria base (€22)

38 ore/settimanali

24

medico dei servizi territoriali

quota oraria base (€20)

38 ore/settimanali

24

quota oraria base (€22)

38 ore/settimanali

24

medico dell’emergenza territoriale

4

24 Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


Politica sanitaria PROSPETTIVE DI MODIFICA DELL’ATTUALE ACN Di fronte alla difficile situazione economica del Paese, che si ripercuote a sua volta sulla stabilità finanziaria del SSN, la Struttura Interregionale Sanitari Convenzionati (SISAC), agenzia pubblica competente per i rinnovi degli accordi del personale sanitario non dipendente, ha predisposto una piattaforma per la nuova convenzione15 da proporre alle parti sindacali, con l’ambizione di voler riorganizzare e potenziare il sistema della medicina generale “a costo zero” attraverso: il superamento di tutte le forme organizzative esistenti e la loro sostituzione con le AFT e uCCP entro 6 mesi dalla sottoscrizione dell’ACN; l’adesione obbligatoria (già prevista formalmente) a tali forme organizzative, così come al sistema informativo (rete informatica e flussi informativi) regionale e nazionale, quali condizioni irrinunciabili per l’accesso e il mantenimento della convenzione; l’individuazione dei criteri atti a supportare la programmazione regionale e la realizzazione delle AFT e delle uCCP sulla base di determinati standard, con l’invito alle Regioni di progettare le AFT come articolazione dell’intero sistema regionale dei servizi, e non come semplice elemento dotato di una propria logica di funzionamento autonoma; la proroga del blocco degli automatismi stipendiali e la riorganizzazione delle indennità e degli incentivi ad oggi erogati per lo sviluppo strutturale e

organizzativo, allo scopo di finanziare i fattori produttivi delle AFT e delle uCCP, in un quadro di invarianza delle risorse economiche attualmente investite sui medici convenzionati; l’introduzione del “ruolo unico” che annulla la distinzione formale vigente fra le due categorie di professionisti, inducendo in prospettiva una diffusa intercambiabilità tra le funzioni svolte dai medici di assistenza primaria e quelle dei loro colleghi di continuità assistenziale; la possibilità di introdurre un sistema di finanziamento budgetario dei medici operanti nelle nuove modalità organizzative e, in particolare, nelle uCCP; la diffusione di una logica hub & spoke per un più attivo e fattivo impiego degli specialisti convenzionati, il cui impatto economico è cresciuto costantemente (+18,4% negli ultimi quattro anni), cercando di rendere il loro contratto più assimilabile a quello del lavoratore dipendente. A fronte di queste indicazioni, si è subito scatenata la reazione di pressoché tutte le sigle sindacali, con richieste a proprio favore o contrarie alle modifiche. Previa analisi sommaria delle istanze emerse, si segnala che tutte le sigle16,17,18,19,20 eccetto una21 si dichiarano temporaneamente disponibili a un rinnovo contrattuale normativo senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica. Allo stesso tempo, però, i sindacati dei MMG e dei PLS vedono con ostilità il “ruolo unico”16 e qualsiasi tentativo di trasformazione del loro

servizio diurno feriale

notturno e festivo

reperibilità

Partecipazione

(ore/ settimana)

a forme associative

x

x

x

x x

13,5

x

12

x x

25 Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014

x


Politica sanitaria contratto in un rapporto di pubblica dipendenza, ribadendo in alcuni casi la necessità di tavoli separati di discussione e la salvaguardia delle proprie specificità.19 Come prevedibile, assai più favorevoli al cambiamento si sono mostrate le sigle rappresentative dei medici di continuità assistenziale e degli specialisti ambulatoriali sul territorio: i primi20 vorrebbero vedersi riconosciuta l’agognata “pari dignità” con i colleghi MMG e PLS, mentre i secondi21 si sentirebbero maggiormente tutelati professionalmente nel passaggio alla dipendenza.

tabase si sono basate su orizzonti temporali di osservazione più lunghi (almeno due anni). un solo lavoro dichiara totale assenza di conflitto di interessi,22 sei sono finanziati da fondi pubblici23,24,25,26,27,28 e i tre rimanenti29,30,31 da aziende del settore sanitario. Solo quattro lavori22,25,28,31 sono stati pubblicati in lingua inglese su riviste internazionali. I risultati appaiono piuttosto contrastanti tra i vari studi, in un caso24 persino all’interno dello stesso. In generale, emerge un’eterogeneità organizzativa che rende arduo ogni tentativo di confronto. La conclusione più condivisa è che i modelli di cure primarie, qualora ben implementati, possono contribuire a ridurre gli accessi impropri al pronto soccorso,22,24 offrendo una risposta credibile alle esigenze di continuità assistenziale dell’utenza.23 Al fine di una maggiore chiarezza, riportiamo di seguito una breve descrizione delle caratteristiche principali di ciascun studio.

ANALISI DEGLI STUDI PIÙ RECENTI Abbiamo individuato ben 10 studi22,23,24,25,26,27,28,29,30,31 sull’assistenza primaria pubblicati dopo la data di conversione in legge del “decreto Balduzzi” sulla continuità assistenziale sul territorio. Due lavori22,24 hanno indagato la continuità delle cure primarie esaminando l’accesso improprio al Pronto Soccorso come indicatore principale; due25,26 hanno valutato l’impatto pratico dei nuovi modelli organizzativi della cronicità, mentre un altro27 si è limitato a un’analisi organizzativa teorica; quattro indagini conoscitive23,28,29,30 hanno esplorato gli aspetti organizzativi e il livello di soddisfazione degli operatori e dell’utenza; infine, lo studio rimanente31 ha indagato consumi e costi dei vari servizi sanitari, con particolare riferimento a quelli territoriali. Da un punto di vista metodologico, metà degli studi23,27,28,29,30 si è basata principalmente su un questionario, l’altra metà22,24,25,26,31 ha analizzato retrospettivamente i dati provenienti da database amministrativi; in quattro studi23,24,27,31 è stata condotta a margine un’analisi della letteratura sull’argomento, in un caso anche di metodo.24 Le realtà analizzate hanno riguardato più di una regione in otto studi,23,24,25,27,28,29,30,31 mentre nei due restanti22,26 si considerano più ambiti territoriali (distretti o ASL) all’interno della stessa regione. L’orizzonte temporale d’analisi è risultato sempre abbastanza breve per le survey (in genere un anno), mentre le analisi empiriche su da-

Università di Padova

Questo recentissimo studio indipendente, indaga l’impatto sulla popolazione pediatrica (fino a 18 anni) della nuova riforma delle cure primarie, sulla base dell’accesso improprio in Pronto Soccorso, attraverso l’analisi retrospettiva dei database amministrativi di cinque ASL della regione Veneto. Il periodo di riferimento è il biennio 2010-2011. L’inappropriatezza delle visite di Pronto Soccorso è stata definita come accesso in “codice bianco” oppure “verde”, con assenza di procedure diagnostiche o abbandono anzitempo da parte del paziente. Gli autori concludono che la riforma delle cure primarie, pur essendo solo marginalmente implementata, è potenzialmente utile e conveniente, dal momento che potrebbe contribuire a un risparmio nella regione Veneto di circa 2,5 milioni di euro. Infine, si fa notare che il problema degli accessi impropri potrebbe essere ridotto anche attraverso campagne educative sul tema per gli adolescenti e i loro genitori. I due principali limiti dello studio riguardano l’impossibilità di 26

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Politica sanitaria risalire al numero di visite per paziente e la mancanza del codice della classificazione internazionale delle malattie per una definizione più accurata di visita inappropriata.

tema di cure primarie). Il periodo di riferimento dell’analisi è un quadriennio (2008-2012), ma i dati non sono omogenei nel tempo e nelle caratteristiche (provenendo da database amministrativi regionali differenti) e quindi difficilmente confrontabili. I risultati ne risentono di conseguenza e sono assai contrastanti, in quanto le sperimentazioni in due regioni (Emilia Romagna e Veneto) sembrano produrre effetti ampiamente positivi sulla riduzione degli accessi impropri al Pronto Soccorso, del tutto assenti invece in Toscana e Calabria. Nel primo caso probabilmente a causa della presenza di un Pronto Soccorso molto vicino alla Casa Della Salute; nel secondo avendo la regione in questione inviato i dati per un periodo di solo 8 mesi sarebbe stato necessario un periodo di osservazione più lungo per ottenere risultati più solidi.

Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma

Questa indagine, sui determinanti organizzativi e professionali caratterizzanti 14 progetti regionali (selezionati tra i 34 pervenuti) sulla continuità assistenziale h24 in 12 regioni italiane (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Molise, Puglia, Sicilia, Toscana, Veneto), è parte di un più ampio progetto nazionale ministeriale sul monitoraggio delle cure primarie supportato da AgeNaS e Ministero della Salute. L’intera indagine è imperniata su un questionario inviato ai responsabili regionali ed è abbinata a una revisione della letteratura internazionale e “grigia” sull’argomento. Il quadro che emerge è fortemente eterogeneo. Quasi tutti i progetti hanno previsto il coinvolgimento del MMG (nel 71% in forma associata). Allo stesso tempo però, nel 36% dei casi i progetti hanno riguardato una sede ospedaliera. La continuità è assicurata nei giorni feriali, mentre solo nel 43% dei casi anche in quelli festivi; solo in un progetto su tre è h24; considerando la copertura telefonica di un call centre dedicato, la continuità assistenziale h24 raggiungerebbe il 71% dei progetti. Gli autori evidenziano la necessità di ridurre la frammentazione territoriale e di introdurre strumenti di monitoraggio e valutazione adeguati.

AgeNaS

Il presente studio ha l’obiettivo di valutare l’impatto della medicina di gruppo (rispetto al singolo medico) sul livello di adesione dei MMG alle raccomandazioni esplicitate nelle linee guida della pratica clinica relativamente a tre malattie croniche (diabete, insufficienza cardiaca e cardiopatia ischemica), basandosi su database amministrativi di 21 distretti in sei regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Sicilia, Toscana, Veneto) nel quinquennio 2003-2008. Sono stati coinvolti circa 2.100 MMG e creati 11 indicatori di performance. Il risultato principale è che non è emersa alcuna differenza significativa nella gestione del paziente tra la pratica di gruppo e quella singola. Gli autori concludono che è opportuna una riorganizzazione del sistema basata sulla motivazione personale, in quanto la promozione della responsabilizzazione individuale e lo scambio interprofessionale potrebbero migliorare l’attuale gestione della cronicità.

Università di Bologna

Anch’esso parte integrante del progetto AgeNaS sulle cure primarie, il seguente studio intende valutare empiricamente l’impatto prodotto da quattro sperimentazioni locali per la riduzione degli accessi impropri in Pronto Soccorso attraverso l’analisi di database amministrativi. A margine della ricerca sono state condotte ben due revisioni della letteratura (una di metodo per l’analisi statistica, l’altra riguardante la letteratura internazionale in

ARS Toscana

Il seguente studio, anch’esso parte del più generale progetto di monitoraggio delle cure primarie di AgeNaS, ha l’obiettivo di 27

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Politica sanitaria verificare l’aderenza in regione Toscana alle indicazioni del chronic care model e ai dettami della sanità d’iniziativa per quattro patologie (diabete, BPCo, ischemia cardiaca e ictus pregresso), attraverso l’analisi retrospettiva di database amministrativi nel triennio 2009-2012. Si registra un aumento dell’adesione alle raccomandazioni cliniche per il diabete e, in minor misura, per lo scompenso cardiaco, mentre per le altre due patologie non sembrano evidenziarsi modifiche; in generale, si riducono le differenze tra i pazienti in condizioni socio-economiche peggiori e gli altri. Emerge inoltre poca variabilità nelle prestazioni ambulatoriali e una riduzione di accessi al Pronto Soccorso, ricoveri ordinari, per riacutizzazioni e complicanze. Concludendo la “sanità d’iniziativa” pare abbia effetti positivi, ma esiste una notevole variabilità di risultati tra le ASL che fa supporre problemi di validità del dato amministrativo.

cina generale di gruppo, in particolare per i pazienti giovani e per quelli che hanno ridotti bisogni sanitari. Gli autori concludono che i policy makers potrebbero sperimentare strategie personalizzate per sottogruppi di pazienti al fine di soddisfare l’utenza.

Cittadinanzattiva

Il rapporto annuale di ricerca (finanziato da molte aziende del settore sanitario) si propone di indagare la capacità di risposta del SSN al bisogno di salute della collettività, con particolare riguardo all’invecchiamento attivo della popolazione. I risultati si basano sull’analisi delle risposte al questionario inviato a 28 associazioni nazionali di malati e su una revisione della letteratura “grigia”. I servizi di assistenza domiciliare risultano ancora limitati e ancora di più il livello di integrazione tra MMG e specialista. Emerge una forte necessità di educare i cittadini alla salute per migliorare la conoscenza dei servizi e delle opportunità inutilizzate. Gli autori concludono che l’inadeguatezza dell’assistenza sanitaria territoriale (eccezion fatta per poche realtà) e di quella sociale, nonché delle risorse stanziate, fanno sì che la famiglia rimanga il vero “baluardo” del Welfare esistente in Italia.

Università Ca’ Foscari

La presente analisi confronta i modelli organizzativi regionali delle cure primarie di 10 distretti in cinque regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Puglia, Veneto) sulla base dei relativi processi di governance, attraverso un questionario inviato agli operatori e l’analisi della normativa e delle prescrizioni programmatiche regionali. Emerge in generale una forte eterogeneità nel profilo di finanziamento e di erogazione dei servizi nella governance del sistema e nei modelli organizzativi tra le varie regioni.

ISTUD

Questo rapporto di ricerca, anch’esso supportato da numerose aziende del settore, si propone di indagare a livello nazionale i sistemi di cura e assistenza primaria in Italia attraverso un questionario inviato a cittadini (circa 400 le risposte, per lo più lombardi e in età lavorativa) e a professionisti sanitari (circa 130 risposte, per lo più MMG associati). I risultati evidenziano che la consultazione di un MMG avviene prevalentemente a fini prescrittivi; gli orari di apertura sono percepiti come troppo ridotti; l’associazionismo, ancora poco diffuso, migliorerebbe i tempi di attesa e la soddisfazione dell’utenza. Il servizio di cure primarie ne esce in modo sufficiente, con lieve criticità nei tempi di attesa, ma anche senza eccellenze. Gli autori concludono che l’associa-

Università Sant’Anna di Pisa

La presente ricerca indaga le opinioni di pazienti e operatori sui nuovi modelli organizzativi per le cure primarie introdotti in 34 distretti in regione Toscana, attraverso un questionario inviato a un campione stratificato di quasi 7.000 individui tra pazienti, MMG e operatori di strutture sanitarie, con un tasso di risposta pari alla metà degli invii. Emerge una preferenza per le visite con il proprio medico curante e verso centri sanitari per le cure primarie, rispetto a un modello di medi28

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Politica sanitaria zionismo sembra comunque la strada più indicata per migliorare la presa in carico del paziente.

promozione della salute della comunità nel suo complesso. Anche dall’analisi sommaria degli studi italiani pubblicati negli ultimi anni si evidenzia una notevole eterogeneità dei modelli assistenziali di cure primarie adottati dalle varie regioni, che si riverbera ineluttabilmente sugli esiti assai incerti delle performances. La difficoltà di trarre un’indicazione generale sull’argomento è riconducibile anche alle scelte di metodo dei vari studi, basate o su analisi di database amministrativi oppure su risposte a questionari inviati alle parti interessate. Nel primo caso la necessità di orizzonti temporali più lunghi e campioni più ampi incidono necessariamente sulla qualità, affidabilità e solidità dei risultati ottenuti, come gli autori stessi hanno spesso evidenziato. Nel secondo caso è chiaro che il bias di selezione degli intervistati gioca un ruolo fondamentale, vista anche la ridotta dimensione dei campioni. Sarebbe quindi quanto mai opportuna, ai fini di una riorganizzazione del settore a partire dall’esistente, un’indagine che sappia andare al di là delle “(auto)dichiarazioni di facciata” e riesca ad analizzare e interpretare i dati pubblicamente disponibili in modo critico e costruttivo. un’ultima considerazione infine sull’acceso dibattito in corso sul rinnovo dell’ACN. Appare quanto mai condivisibile la proposta di una riformulazione “a costo zero” degli accordi e la cancellazione definitiva di qualsiasi forma organizzativa pregressa alla “riforma Balduzzi”, in modo da rimettere ordine al confuso sovrapporsi di sigle diverse, con caratteristiche in realtà spesso assai simili. Rimane comunque escluso dall’”oggetto del contendere” uno dei punti centrali della questione, ossia il compenso del MMG basato principalmente sulla quota capitaria, e non sull’orario di apertura al pubblico. Tale caratteristica, oltre a non incentivare un orario di lavoro paragonabile a quello dei colleghi della Guardia Medica, ostacola la reale aggregazione dei MMG in medicine di gruppo, in quanto impedisce in modo sostanziale che un paziente possa essere ricevuto da un collega diverso dal pro-

Università Bocconi

Il seguente studio finanziato da un’azienda farmaceutica si propone di analizzare i consumi e i costi dei vari servizi sanitari, con particolare riferimento a quelli di assistenza primaria rispetto agli altri. L’analisi retrospettiva su database amministrativi, affiancata da un expert panel e da una consensus conference, ha interessato 13 ASL in 11 regioni (Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Sardegna, Toscana, Veneto) nell’anno 2003 e 2007. Il quadro che emerge delle cure primarie è assai eterogeneo sotto il profilo organizzativo e si riflette su consumi e appropriatezza. La spesa per l’assistenza primaria rappresenta solo il 9% della spesa sanitaria complessiva. Gli autori nelle conclusioni individuano due orientamenti strategici diversi nelle cure primarie, dettati probabilmente da esigenze locali: 1) un modello basato su servizi ambulatoriali, di assistenza primaria e domiciliare; 2) un modello basato sulle cure intermedie e di lungo degenza.

CONSIDERAZIONI FINALI In generale, le due linee di riforma delle cure primarie emergenti in Italia ricalcano quelle esistenti in letteratura: una per lo più fondata sulla gestione evidence based del singolo paziente cronico, attraverso piani diagnostico-terapeutici assistenziali personalizzati; l’altra su un approccio più generale orientato alla comunità e ai bisogni collettivi. Nel primo filone si inseriscono a pieno titolo iniziative come quella dei Chronic Related Group (CReG)14 in Lombardia e del Chronic Care Model in Toscana; nel secondo rientra la sperimentazione delle Case della Salute in Emilia Romagna,14 in cui l’attenzione al paziente cronico rappresenta solamente un aspetto della più ampia riorganizzazione del servizio di assistenziale territoriale orientato alla 29

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Politica sanitaria prio medico curante. Sarà comunque difficile modificare questa caratteristica nel breve-medio periodo, sia per la perdurante crisi economica e l’abnorme rilievo della spesa pubblica in Italia, fattori che rendono politicamente improponibile un passaggio indiscrimi-

nato al rapporto di dipendenza di MMG e PLS, sia per la resistenza delle categorie in questione, di età media assai elevata e da troppo tempo abituate a godere in qualche modo dei benefici del pubblico impiego e della libera professione al tempo stesso.

BIBLIOGRAFIA 1

health promotion and the chronic care model. Hospital quarterly. 2003 (1)3: 73-82.

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31 Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


CESAV Istituto Mario Negri

Il CESAV, Centro di Economia Sanitaria Angelo e Angela Valenti, è attivo dal 1992 con sede a Ranica (BG) presso Villa Camozzi. Svolge attività di ricerca nel settore sanitario, al cui sviluppo offre il proprio contributo in materia di economia e di management. In particolare, la ricerca verte sulla valutazione economica, consistente nell'analisi dei costi e dei benefici di possibili alternative in sanità, e sull'analisi comparativa, basata principalmente sullo studio di sistemi sanitari esteri, al fine di individuare eventuali innovazioni da proporre al SSN e da estendere, più in generale, ai Paesi dell'Unione Europea. Pubblicazioni 1992-2013

PUBBLICAZIONI 2013 Articoli in inglese Van de Vooren K, Curto A, Garattini L. “Optional copayments on anti-cancer drugs”. BMJ. 2013 Jan 24; 346:f349. Garattini L, Van de Vooren K. "The Bayesian model on hpv vaccination in Italy lacks transparency". Med Care. 2013 Apr; 51(4):374. Casadei G. “Italy’s final position paper on biosimilars and new price and reimbursement pathway” Generics and Biosimilars Initiative Journal. 2013; 2(3):106-7. Curto A, Van de Vooren K, Garattini L, Lo Muto R, Duranti S. “Regional tenders on biosimilars in Italy: potentially competitive?” Generics and Biosimilars Initiative Journal. 2013; 2(3):123-9. Giacomet V, Fabiano V, Lo Muto R, Caiazzo MA, Curto A, Rampon O, Zuccotti GV, Garattini L. “Resource utilization and direct costs of pediatric HIV in Italy”. AIDS Care. 2013 Nov; 25(11):1392-8.

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Articoli in italiano Casadei G. “Regioni e sanità: un binomio costo efficace?” QdF;20:9-11. Lo Muto R, Duranti S, Curto A, Garattini L. “Revisione delle valutazioni economiche europee sul Palivizumab”. Quaderni di Farmacoeconomia. 2013; 20:12-29.

Curto A, Duranti S, Garattini L. “Pianificazione e Costi dei Vaccini nel SSN”. Quaderni di Farmacoeconomia. 2013; 22:19-29. De Compadri P. “Importanza della valutazione economica completa nel processo decisionale in sanità: revisione di studi realizzati in Europa negli ultimi anni”. PharmacoEconomics Italian Research Articles. 2013; 15 (Supplemento: Il Governo della Spesa): 35-43.


ATTIVITÀ DI FORMAZIONE

ANALISI COMPARATIVA

Il CESAV offre contributi formativi originali prevalentemente cor-

L'obiettivo di questa linea di ricerca è studiare l'organizzazione

relati ai propri progetti di ricerca, attività primaria del centro.

dei sistemi sanitari per trarre delle indicazioni dai confronti sistematici fra gli stessi. Le scelte dei legislatori nazionali, a fronte di problemi comuni in ogni Paese, variano molto da una na-

VALUTAZIONE ECONOMICA

zione all'altra.

L'obiettivo di questa linea di ricerca è valutare i costi delle pa-

L'intervento pubblico è presente in ogni nazione, poiché il ser-

tologie e i rapporti costo-efficacia delle alternative diagnostico-

vizio sanitario non possiede meccanismi regolatori di mercato

terapeutiche disponibili. I tipi di analisi si differenziano a secon-

collegati alle leggi economiche della domanda e dell'offerta;

da che si tratti di studi osservazionali di costi della patologia,

pertanto, l'analisi comparativa a livello internazionale di tali

oppure di studi di valutazione economica in senso completo (ti-

scelte è utile per verificare il livello di razionalità perseguito da

picamente analisi costo-efficacia).

ogni politica sanitaria nazionale.


oPinioni a confronto Intervista a Daniela Carati,1 Riccardo Roni 2

Farmacoeconomia e oncologia:

il caso del Trastuzumab nel cancro alla mammella

PA R O L E C H I AV E :

Abstract Il carcinoma mammario rappresenta la prima causa di morte nel-

TERAPIE PERSoNALIzzATE,

le donne in tutte le fasce di età, in particolare il 25-30% dei casi è associato a mutazione del recettore del fattore di crescita epidermico (hER2) e caratterizzato da una prognosi peggiore. Il trastuzumab è un farmaco biologico mirato per tale recettore, commericializzato oramai da qualche anno. Le indicazioni attuali per tale farmaco sono, in ordine cronologico di approvazione, il carcinoma mammario metastatico e quello in fase iniziale. Tale farmaco è al primo posto nella spesa farmaceutica ospedaliera nazionale; tuttavia, l'imminente scadenza del brevetto e il futuro ingresso sul mercato del biosimilare potrebbero rappresentare un'opportunità per generare risparmi per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN),importanti anche alla luce della perdurante crisi economica. Fatte salve queste premesse, nelle interviste qui riportate è stato approfondito anche il ruolo dei test diagnostici e del relativo costo nella gestione del farmaco, nonchè l’impatto finanziario dei contratti d’esito quale potenziale strumento di appropriatezza prescrittiva per i nuovi e costosi farmaci biologici nelle realtà regionali di riferimento dei due responsabili intervistati (Regione Emilia-Romagna e Provincia Autonoma di Trento).

CARCINoMA MAMMARIo, CoNTRATTI D'ESITo

1

Daniela Carati, Servizio Politica del Farmaco, Direzione Generale Sanità e Politiche Sociali Regione Emilia-Romagna, Bologna

2

Riccardo Roni, Direttore Servizio Farmaceutico Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento

34 Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


oPinioni a confronto essere utilizzato in aggiunta alla chemioterapia, esprimendo con quel “potrebbe” una raccomandazione positiva debole. Il metodo, successivamente adottato anche dall’attuale gruppo di esperti denominato Gruppo Regionale Farmaci oncologici (GReFo), di supporto alla Commissione Regionale del Farmaco (CRF) che valuta gli studi disponibili sulla base delle prove di efficacia presenti in letteratura, attribuisce un valore al livello delle raccomandazioni, sulla base di un giudizio che va da positivo forte a positivo debole e, infine, a negativo debole e negativo forte. Ritornando al farmaco in questione, la maggior parte del gruppo di esperti, a fronte dell’evidenza disponibile, giudicò abbastanza favorevole la qualità delle prove e degli studi clinici sul TR in questo trattamento. Quindi una valutazione intermedia che rispecchia grossomodo le linee-guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE). L’altro elemento di questa raccomandazione regionale che volevo citare, e che fu molto sottolineato ai tempi, è rappresentato dal problema della cardiotossicità, motivo per cui l’impiego doveva essere prevalentemente su donne che non presentavano problemi cardiologici, in quanto l’uso concomitante con la chemioterapia tradizionale aumenta chiaramente questo rischio e quindi anche la gestione e i costi legati al problema della sicurezza di TR. Dovevano quindi essere escluse le donne che avevano anamnesi di scompenso cardiaco congestizio, inizio di coronaropatia, infarto miocardico, insufficienza ventricolare sinistra inferiore di un certo rilievo e così via. L’altro punto di riferimento da tenere presente consiste nel fatto che il medico era tenuto, oltre che a valutare il caso clinico, anche a considerare con la paziente l’eventualità di ricorrere a TR nel percorso di cura. La consapevolezza della paziente nei confronti dell’accettazione o meno dell’uso di questo farmaco, data la sua tossicità, non è elemento trascurabile.

Quali sono le indicazioni d’uso del trastuzumab (tr) per il cancro alla mammella nel Vostro ambito regionale?

Daniela Carati Illustrerò innanzitutto alcuni elementi di contesto della regione Emilia-Romagna. I dati di spesa del 2012 del TR confermano che anche da noi è il primo tra i farmaci oncologici, con un assorbimento di 22,5 milioni di euro. Il dato nazionale osMed del TR pare sia di circa 225 milioni. Avendo già sentito parlare dell’impiego del farmaco nelle sue varie accezioni e estensioni, devo dire che l’elemento che ci ha condotto a razionalizzare l’uso del farmaco è stato di tipo organizzativo, in quanto abbiamo una rete di farmacie oncologiche i cui allestimenti centralizzati sono collocati in laboratori dedicati presso tutte le grosse realtà. Per minimizzare lo spreco nell’uso del farmaco, abbiamo individuato una modalità organizzativa, denominata drug-day che ha lo scopo di riuscire a utilizzare il farmaco riducendo a zero gli scarti. Il secondo concetto che vorrei esprimere è che, aldilà della prima indicazione approvata per il carcinoma mammario metastatico, quando l’uso è stato esteso anche al carcinoma mammario in fase iniziale (neo-adiuvante e adiuvante), la Regione, attraverso il programma di ricerca e innovazione, si è dotata di uno strumento valutativo: un panel di esperti per promuovere l’appropriatezza prescrittiva dei farmaci oncologici. Questo modello è nato nel 2006 e il TR è stato uno dei primi farmaci a essere valutato. All’epoca vi fu una raccomandazione d’uso, recepita poi dalla commissione regionale del farmaco, per l’entrata in Prontuario Terapeutico Regionale che prevedeva un apposito quesito clinico, allo scopo di selezionare le pazienti con tumore alla mammella hER2 positivo in assenza di cardiopatia. Sulla base di tale valutazione l’impiego del TR era raccomandato in regime adiuvante, proprio per razionalizzare ed esprimere al meglio il beneficio del farmaco in quest’area. La raccomandazione del panel di esperti è stata che il farmaco “potrebbe”

Riccardo Roni Volevo innanzitutto segnalare la questione della scadenza del brevetto limitata al35

Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


oPinioni a confronto la via di somministrazione (n.d.r. vedi articolo su questo numero) che può essere un elemento in grado di far saltare qualsiasi potenziale strategia di risparmio legata al biosimilare. Comunque, anche la scadenza brevettuale ci ricorda che TR è un farmaco “fatto e finito”, cioè tutta l’area di investigazioni si è oramai chiusa. Tant’è vero che, almeno per quanto riguarda il carcinoma mammario, nessuna delle due indicazioni è più sottoposta a monitoraggio: una non lo fu mai e l’altra finì un paio di anni fa, rimanendo invece sotto registro l’indicazione per carcinoma gastrico, che però ha un utilizzo residuale. TR è un farmaco su cui anche il NICE non si è espresso in modo del tutto favorevole, prima sul carcinoma metastatico e poi su quello in fase iniziale; va però detto che il dossier sulla molecola può anche essere chiuso senza particolari restrizioni d’uso da porre in atto a livello locale. La spesa generata nel Trentino per trastuzumab si aggira sui due milioni e mezzo di euro, un decimo di quello che si spende in Emilia-Romagna, come è un decimo anche la nostra popolazione. Il volume di spesa sembra quindi abbastanza indipendente dalle modalità, più o meno sofisticate, con cui è stato definito il valore del farmaco a livello locale. Il Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation (GRADE) utilizzato in Emilia-Romagna è sicuramente un ottimo metodo per ragionare insieme ai clinici sulle evidenze, ma, alla fine, la “fetta di mercato” che si va a ritagliare il TR in qualsiasi realtà mi pare sia più o meno la stessa. Sicuramente, anche in Trentino, è il primo farmaco di gran lunga per fatturato e assorbe un decimo del budget per l’assistenza farmaceutica ospedaliera. un decimo del budget è concentrato su una molecola e quindi parliamo di un farmaco sicuramente di enorme successo da questo punto di vista, il cui consumo è aumentato rapidamente e addirittura raddoppiato dal 2009 al 2012. Credo che la scadenza brevettuale sia molto attesa anche e per tutte queste ragioni, ma, come dicevo prima, ci sono tanti “però”...

in generale, come Vengono gestite le c.d. “targeted therapies” (test diagnostici inclusi) nella Vostra regione?

Daniela Carati La prima considerazione è che queste terapie a target molecolare sono l’orientamento più recente della ricerca industriale. Vanno a dedicarsi a particolari categorie di pazienti, da individuare con appositi test diagnostici, anche se spesso, similmente a percorsi come quello del TR, si allargano le indicazioni d’uso nel corso del tempo,. Anche questa modalità di approccio viene passata come innovazione terapeutica, ma mi pare sia un orientamento verso “nicchie” di situazioni molto particolari di pazienti. Il nostro panel prevedeva che il TR fosse efficace nel 20%-30% circa della popolazione e oggi abbiamo sentito dire che, con dati più aggiornati e forse un po’ più precisi, la percentuale sarebbe più precisamente del 25%, una “quota parte” comunque abbastanza contenuta. Peraltro, bisogna fare il test a tutte le pazienti e quindi l’opinione è quella che anche questi costi andrebbero considerati nella valutazione economica del prodotto. Sebbene il costo del test (qualche centinaio di euro) non sia rilevante rispetto a quello di un anno di TR (svariate decine di migliaia di euro), è comunque chiaro che anche il costo del test per le pazienti a cui non viene prescritto il TR dovrebbe essere imputato interamente al costo del farmaco. Va d’altro canto riconosciuto che la presenza di un biomarcatore facilita i criteri di eleggibilità delle pazienti. Vi è quindi una minimizzazione dell’uso off-label del farmaco e una massimizzazione della gestione del budget ad esso collegato. Però è anche chiaro che queste nuove terapie molecolari devono avere comunque dei benefici clinici consistenti, perché altrimenti generano solo costi aggiuntivi considerevolmente elevati. Tutti questi nuovi farmaci, come dicevo prima, vengono comunque sempre trattati dal nostro gruppo dedicato all’oncologia, di supporto alla CRF, e quindi le 36

Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


oPinioni a confronto raccomandazioni vengono recepite e diffuse al momento dell’inclusione dei farmaci nel Prontuario Terapeutico Regionale; per ogni farmaco vengono individuati nelle raccomandazioni degli indicatori per l’uso, che vengono poi monitorati nel corso del tempo, fra i quali va ricordata la percentuale di pazienti che ne possono beneficiare in linea di massima. E’ stato inoltre sviluppato il percorso dell’audit nelle aziende sanitarie, per cui i clinici si confrontano periodicamente sull’utilizzo del farmaco e poi partecipano anche a incontri a livello regionale. La nostra regione ha investito in corsi di formazione per definire l’audit e la sua gestione ottimale per generare il confronto tra i professionisti. E’ chiaro che la terapia molecolare costringe il medico a svolgere un ruolo decisionale molto importante nell’individuazione dei pazienti che, per storia clinica e condizione fisiologica, possono beneficiare di questi farmaci, tenendo conto anche della potenziale tossicità e della situazione del paziente. Il performance status è uno degli indicatori fondamentali che viene sempre indicato nelle nostre raccomandazioni, uno degli elementi di appropriatezza che va monitorato nel tempo, perché un paziente in cattive condizioni di salute non può essere sottoposto all’uso di questi farmaci.

c’è il problema della sperimentazione dei test. Ad esempio, nella nostra realtà abbiamo rilevato situazioni dove veniva sperimentata l’efficacia dei test diagnostici con la collaborazione dell’anatomia patologica, in circostanze in cui lo stesso anatomo-patologo non si rendeva conto che stava fornendo con i propri campioni una marea di dati utili alla ditta per brevettare il proprio test. Quindi, siccome nel campo della diagnostica spesso non c’è nemmeno la percezione del business sottostante, andrebbero in qualche modo regolati i rapporti tra l’azienda sanitaria, che possiede i campioni bioptici, e la ditta che sperimenta.

come giudicate ad oggi l’esperienza dei c.d. “contratti d’esito” intrapresa da aiFa? Vista la perdurante assenza di inFormazioni a liVello nazionale, è possibile sapere Quale impatto Finanziario hanno aVuto nei presidi ospedalieri della Vostra regione?

Daniela Carati Purtroppo anche in Emilia-Romagna, come in altre regioni, dobbiamo interpellare le singole aziende per capire qualcosa sui contratti di esito, in quanto non gestiamo centralmente questi dati attraverso flussi di vario genere. Quindi, a fronte di questa situazione, negli anni scorsi la regione ha cercato di coinvolgere le aziende perché delle criticità c’erano eccome, e anche molto evidenti. Per questo motivo abbiamo addirittura fissato un obiettivo alle direzioni sanitarie e, per le aziende che hanno accettato questo obiettivo, si è delineato un percorso da osservare per arrivare a recuperare le somme; quando si mettono in fila i problemi e le situazioni, quando si capisce quali sono gli attori da coinvolgere, quando si discute a un tavolo di confronto, si riesce poi a capire meglio anche come agire. Chiaramente, gli attori sono tanti (le direzioni sanitarie, i clinici, i farmacisti), ma il problema grosso era comunque

Riccardo Roni Limitando la mia risposta ai test diagnostici, vorrei sottolineare che una valutazione economica in cui il costo del test è imputato a entrambi i bracci potrebbe apparire corretta dal punto tecnico, ma che, concettualmente, si deve in realtà imputare tutto il costo diagnostico (anche quello dei pazienti a cui è stato fatto il test e poi non sono stati trattati) al braccio con TR, perché è la presenza stessa della molecola che induce tale costo. Tutto questo fa parte dei “trucchi” utilizzati negli studi di valutazione economica. Più specificamente, vedo due problemi sui test. Innanzitutto, finiscono solitamente in un budget diverso da quello dei farmaci; quindi, emmeno i farmacisti sono abituati a considerare i due prodotti insieme. In secondo luogo, 37

Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


oPinioni a confronto quello di decidere cosa fare con le schede di presa in carico della prescrizione dei pazienti, perché andavano assolutamente chiuse prima di poter ricevere i rimborsi. Attraverso questo progetto e la sensibilizzazione che le direzioni sanitarie hanno esercitato nei confronti dei propri clinici, si è arrivati a strutturare un percorso. Devo dire che la rete delle farmacie oncologiche, di cui vi ho già parlato, è stata di grande aiuto, in quanto le schede dell’AIFA sono state controllate attraverso l’informatizzazione delle prescrizioni e degli allestimenti fatti in queste farmacie, permettendo così di richiamare le schede mancanti. Questa manovra è stata molto importante e adesso stiamo raccogliendo i dati; tre centri di quelli abbastanza grossi hanno già ipotizzato nel 2012 oltre un milione di euro di rimborsi. Tuttavia, non sono ancora in grado di segnalare con certezza il valore esatto; sicuramente sarebbe interessante, dal punto di vista epidemiologico e non solo dei conti, capire cosa rappresenta concretamente questa quota di rimborso, trattandosi dei fallimenti terapeutici rispetto ai casi in cui il farmaco è risultato efficace. L’incidenza percentuale delle schede di fine trattamento effettuate, rispetto a quelle da compilare, sono uno degli indicatori e siamo ad oltre il 90%. un altro indicatore è rappresentato dalle richieste di rimborso rispetto al totale dei rimborsi da richiedere: mediamente, a livello della Regione, siamo al 90%, con una certa variabilità del tutto fisiologica fra le aziende. Mentre per i rimborsi accettati dalle industrie rispetto ai rimborsi richiesti, un dato da tenere chiaramente sotto controllo, siamo al 73%. Per quanto riguarda lo stato attuale, non saprei veramente cosa dire di positivo. Mancheranno sei mesi di schede e deve partire un’altra piattaforma, dopo il cambiamento del partner informatico di AIFA, ma questa nuova piattaforma è al momento disponibile solo per alcuni farmaci. Sono stati abilitati alcuni medici prescrittori, chiedendo addirittura che inserissero essi stessi il farmaco dispensato, ma soltanto in alcune delle nostre realtà il medico si è concertato con il farmacista in questa sinergia di azione, fornendo la pro-

pria password al farmacista per poter chiudere la fase di dispensazione. Adesso abbiamo consegnato ad AIFA tutti gli elenchi dei nostri farmacisti abilitati a gestire la nuova piattaforma, ma ci sono ben sei mesi da recuperare. E questo è assai grave, inficia anche i tempi per chiedere i rimborsi, oltrepassati i quali le ditte si rifiutano di restituirli. Le regioni hanno chiesto da un lato di ottenere una dilazione dei tempi di richiesta, perché il recupero dei dati non è compatibile con i tempi previsti per la richiesta di rimborso; dall’altro, si è proposto di agevolare il recupero dei dati, perché, se il clinico ha già inserito comunque la prescrizione e viene ipotizzato che questa si traduca in dispensazione, rimane da fare solo un controllo sugli inserimenti e non è necessario digitare nuovamente tutte le schede, ma è altrettanto chiaro che il tutto è da verificare.

Riccardo Roni Sono assolutamente d’accordo con Daniela Carati. Fra l’altro, AIFA ha messo in piedi questo sistema, dopodiché, se non funziona, i problemi ricadono su altri soggetti. E’ quindi difficile gestire questo processo perché AIFA di fatto non si fa carico dei disguidi. Penso che AIFA dovesse effettivamente mettere a gara questo tipo di servizio, anche perché va detto che CINECA (n.d.r. il partner precedente) non era stato individuato in base a una gara. Quando poi AIFA ha dovuto negoziare con CINECA il passaggio alla nuova piattaforma, i rapporti sono stati evidentemente gestiti molto male; bastava prevedere una sorta di “continuità” per la transizione, mentre a CINECA è stata rapidamente mostrata la porta di uscita e adesso ne subiamo le conseguenze. Peraltro, in AIFA stanno ridisegnando tutta l’”architettura” delle fasi della procedura di autorizzazione, risalendo in modo abbastanza singolare dal basso, cioè dalla consegna del farmaco alla prescrizione e, infine, al monitoraggio. Infatti, come anticipato da Daniela Carati, hanno richiesto l’individuazione delle farmacie e poi quelle dei centri clinici. Segnalo che il c.d. “cruscotto” sarà l’ultimo strumento ad essere disponibile e pertanto le regioni 38

Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


oPinioni a confronto saranno come sempre le ultime a sapere cosa sta accadendo, nonostante molte di esse abbiano già emanato delle delibere di giunta per dare applicazione alla norma. In queste delibere, la responsabilità del recupero dei rimborsi viene affidata ai farmacisti ospedalieri individuati e, in alcuni casi, sono stati posti degli obiettivi anche al direttore generale. Quindi le regioni, pur non essendo state messe in condizione di monitorare il fenomeno, si sono già attivate affinché la situazione non sfugga di mano; probabilmente qui l’aspetto economico è un po’ sopravvalutato, in quanto temo sia trascurabile l’incidenza di questi rimborsi sul budget della farmaceutica ospedaliera. Anche

ammettendo che tutto funzioni, se le somme recuperate sono meno dell’1% del budget ospedaliero, potrebbe non valere neppure la pena di fare tutto questo sforzo organizzativo. Penso si sia anche persa l’occasione per andare a verificare se poi nella realtà esiste uno scarto tra i dati di efficacia e di sicurezza emersi dagli studi clinici registrativi e quelli della pratica clinica. E’ veramente sorprendente che tutti i registri si siano chiusi ad oggi senza che ricevessimo alcun feedback di efficacia da discutere con i clinici. È quindi possibile che tutto questo lavoro non produca alcuna evidenza e non riusciremo ad avere dei dati reali da confrontare con quelli prodotti in ambito sperimentale.

39 Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


Guidelines INVIO E PREPARAZIONE DEI MANOSCRITTI i manoscritti devono essere impostati come segue: a. Prima pagina con il titolo del manoscritto, nome degli autori e loro affiliazione, seguito da un abstract in lingua italiana (massimo 200 parole) e da tre parole chiave. b. testo dell’articolo indicativamente suddiviso in: -introduzione -materiali e metodi -risultati -discussione -conclusioni -eventuali ringraziamenti -Bibliografia c. tabelle (ognuna numerata e compresa di didascalia stampata su una pagina distinta) d. figure (ognuna numerata e stampata su una pagina distinta) le pagine dei manoscritti devono essere numerate. nel testo devono comparire i riferimenti a tutte le tabelle e figure con numerazione progressiva (in numeri arabi) secondo l’ordine di comparsa nel testo stesso. i termini in lingua straniera (eccettuati quelli di uso comune) devono essere scritti in corsivo. non devono comparire note a pie’ di pagina.

BIBLIOGRAFIA Citazioni nel testo: identificare i riferimenti nel testo, nelle tabelle e nelle legende con un numero arabo progressivo in apice, scritto dopo l’eventuale punteggiatura. le eventuali citazioni bibliografiche presenti soltanto in tabelle, grafici, ecc. devono seguire la numerazione progressiva secondo l’ordine di comparsa delle tabelle nel testo. Voci bibliografiche: devono essere elencate nell’ordine numerico di comparsa nel testo, possibilmente inserite in automatico come “note di chiusura”. inoltre, se gli autori sono tre o meno, devono essere indicati tutti; se sono più di tre, se ne devono indicare due, aggiungendo et al. dopo il secondo autore. le iniziali dei nomi non devono essere puntate. Alcuni esempi

Articoli da riviste: Garattini l, tediosi f. l’ossigenoterapia domiciliare in cinque Paesi europei: un’analisi comparativa. mecosan 2000; 35:137-148. Libri o monografie: libro standard: drummond mf, o’Brien B et al. methods for the economic evaluation of Health care Programme. oxford: oxford university Press, 1997. Capitoli di libri: arcangeli l, france G. la logica del nuovo sistema di remunerazione dell’assistenza ospedaliera. in: falcitelli n, langiano t, editors. “Politiche innovative nel ssn: i primi dieci anni dei drg in italia”. Bologna: il mulino, 2004. 40 Quaderni di Farmacoeconomia 24 - maggio 2014


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