Quaderni di
FARMACO ECONOMIA Q U A D R I M E S T R A L E D I I N F O R M A Z I O N E FA R M A C O E C O N O M I C A
In questo numero OPINIONI A CONFRONTO Governance della spesa farmaceutica: esperienze locali a confronto Spesa Farmaceutica e vincoli di budget
Quaderni di
FARMACO ECONOMIA QUADRIMESTRALE DI INFORMAZIONE FARMACOECONOMICA
Quaderni di
FARMACO ECONOMIA
Comitato editoriale
numero 27 - maggio 2015
Iscrizione al Tribunale di Milano n. 587 del 22/9/2006
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2 Quaderni di Farmacoeconomia 28 - ottobre 2015
Sommario
VALUTAZIONE ECONOMICA
Revisione critica delle valutazioni economiche europee pag.
4
pag.
18
pag. Spesa Farmaceutica e vincoli didibudget Ida Fortino, Riccardo Roni, Antonio Addis
23
pag. della sclerosi multipla Impatto socio-economico di Maria Grazia Piscaglia, Paola Mosconi, Antonella Barale
29
sulle terapie consolidate di prima linea per la Sclerosi Multipla di F. Ghislandi, E. Beghi, A. Curto, L. Garattini
OPINIONI A CONFRONTO
Governance della spesa farmaceutica: esperienze locali a confronto di Massimo Fabi, Giovanni Pilati, Domenico Scibetta
Farmaci biotecnologici e protezione brevettuale: pag.
ancora alla ricerca di un equilibrio di Enrique Hausermann, Silvio Garattini
3 Quaderni di Farmacoeconomia 28 - ottobre 2015
35
VALUTAZIONE ECONOMICA di F. Ghislandi,1 E. Beghi,2 A. Curto,1 L. Garattini 1
revisione critica delle valutazioni economiche europee sulle terapie consolidate di prima linea per la Sclerosi multipla
PA R O L E C H I AV E :
Abstract nella categoria dei farmaci Disease-Modifying Drugs (DmD) che
Interferone β-1a,
agiscono sulla frequenza e la gravità delle recidive, rallentando quindi la progressione della Sclerosi multipla (Sm), rientrano gli interferoni beta (Ifn β-1a e 1b) e il glatiramer acetato (Ga), tutti farmaci di prima linea somministrati per via iniettiva. In questo studio è stata effettuata un’analisi critica delle Valutazioni economiche complete (Vec), con l’obiettivo primario di valutarne la rilevanza nella prospettiva dei decisori pubblici. e’ stata condotta una revisione sistematica delle Vec disponibili su Ifn β1a/1b e Ga condotte in europa, applicando a tutti gli studi una scala di valutazione metodologica per verificarne la validità. È stata innanzitutto effettuata una ricerca sistematica della letteratura sul database internazionale Pubmed (aggiornata a Dicembre 2014), considerando soltanto le Vec pubblicate in lingua inglese negli ultimi sei anni (2009-2014). Delle 197 pubblicazioni inizialmente individuate, soltanto 7 si sono rivelate rispondenti ai nostri criteri di selezione.
Interferone β-1b, GlatIramer acetato, ValutazIone economIca, unIone europea
1
CESAV, centro di Economia Sanitaria “Angelo e Angela Valenti”
2
Laboratorio Malattie Neurologiche, IRCSS - Istituto Mario Negri, Milano
tutti gli studi analizzati sono risultati sponsorizzati e hanno concluso a favore dell’azienda finanziatrice, con risultati in alcuni casi diametralmente opposti, confermando come il finanziamento aziendale costituisca un bias. altri limiti metodologici riscontrati in questa revisione riguardano le fonti dei costi (sia diretti che indiretti), spesso apparse molto deboli, basate anche su interviste integrate da opinioni di esperti e assunzioni degli autori, nonché fonti estere inappropriate rispetto al setting analizzato. tali caratteristiche rendono tutte queste analisi di scarsa utilità dal punto di vista dei decisori pubblici del nostro SSn.
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VALUTAZIONE ECONOMICA INTRODUZIONE
magnetica nucleare (rmn), sia encefalica che midollare; la capacità diagnostica di Sm si è ulteriormente evoluta grazie alle più recenti tecniche di neuroimaging.5 In base ai criteri clinici e neuroradiologici, si distinguono varie manifestazioni della malattia. la comparsa di un episodio neurologico della durata di almeno 24 ore, compatibile con una patologia demielinizzante del Snc è nota come sindrome clinicamente isolata (ScI). Qualora la sede interessata sia unica, la sindrome viene definita monofocale; nel caso in cui siano colpite più sedi contemporaneamente, si parla di ScI multifocale. non è comunque scontato che la ScI evolva necessariamente in Sm clinicamente definita: tale progressione dipende da diversi fattori, quali il numero, il tipo e la sede delle lesioni, anche se il rischio è sicuramente maggiore in caso di ScI multifocale.6 possono anche verificarsi riscontri incidentali di immagini neuro-radiologiche indicative di lesioni demielinizzanti, pur in assenza di segni e/o sintomi specifici della Sm; questo tipo di casistica viene definita sindrome radiologicamente isolata (SrI). la tipologia di Sm maggiormente diffusa è quella recidivante-remittente (Sm-rr): circa l’80% degli individui riceve una diagnosi di questa forma di Sm,7 caratterizzata dall’alternanza di periodi di remissione e ricomparsa dei sintomi, che possono durare alcuni giorni o addirittura protrarsi per mesi. all’incirca la metà degli individui con Sm-rr sviluppa, mediamente dopo una decina di anni, una forma più aggressiva di Sm, denominata secondariamente progressiva (Sm-Sp), in cui la patologia progredisce anche nell’intervallo di tempo che intercorre fra una recidiva e l’altra. la forma di Sm più aggressiva, seppur meno frequente (inferiore al 10% del totale), è quella primariamente progressiva (Smpp): in questo caso la progressione risulta graduale e costante fin dall’inizio, senza periodi di remissione.6 Infine esiste anche una forma a decorso progressivo con ricadute (Smpr) che colpisce circa il 5% di soggetti e che, oltre a presentare un andamento progressivo fin dall’inizio, si manifesta anche con episodi acuti di malattia e scarso recupero dopo l’episodio.1
Patologia
la prevalenza della sclerosi multipla (Sm) nell’europa occidentale varia da un valore minimo di 56/100.000 abitanti in portogallo a uno massimo di 227/100.000 abitanti in Danimarca. l’Italia si colloca in posizione intermedia fra i due estremi, con una prevalenza di 113/100.000 abitanti. l’età media della Sm all’esordio è di circa 30 anni (con un intervallo di 15-40 anni) e la frequenza è decisamente più elevata nelle donne rispetto agli uomini (rapporto 1/3,4 in europa),1 motivo per cui ci si riferisce spesso alla “medicina di genere” quando si discute di Sm. la Sm è una patologia autoimmune che colpisce il sistema nervoso centrale (Snc). ogni fibra nervosa è circondata da una guaina lipidica, denominata mielina, che funge da isolante e permette una rapida conduzione degli impulsi elettrici. In caso di Sm, tale guaina viene danneggiata dalla formazione di placche (da cui il nome “sclerosi”) in diverse sedi dell’encefalo e del midollo spinale,2 con conseguenti deficit a livello motorio, sensitivo e visivo.3 tali disfunzioni sono misurate attraverso una scala di disabilità crescente, l’Expanded Disability Status Scale (eDSS), caratterizzata da un intervallo variabile da 0 a 10 (con scostamenti di 0,5 unità). I punteggi inferiori a 5,5 si riferiscono a pazienti in grado di camminare senza alcun aiuto, quelli superiori a soggetti con difficoltà motorie sempre crescenti.4 la scala si basa su 8 sistemi funzionali di invalidità: piramidale (debolezza o difficoltà a muovere gli arti), del cervelletto (atassia, perdita di coordinazione o tremore), del tronco encefalico (problemi nel linguaggio e nella deglutizione), sensoriale (torpore o perdita di sensibilità) e altro (residuale). Vi sono inoltre evidenze che, fin dall’esordio, la Sm porti a una perdita progressiva della componente assonale, con possibile atrofia cerebrale, assumendo di fatto le caratteristiche di una patologia neurodegenerativa. l’eziologia della Sm, tuttora incerta, è probabilmente determinata da una combinazione di fattori genetici e ambientali. essendo le manifestazioni cliniche della Sm piuttosto peculiari, la diagnosi va comunque confermata con una risonanza 5
Quaderni di Farmacoeconomia 28 - ottobre 2015
VALUTAZIONE ECONOMICA va (sottocutanea o intramuscolare) e indicati in caso di comparsa di almeno due recidive nel corso dei due anni precedenti. Gli Ifn β sono generalmente associati a sintomi febbrili nelle 48 ore successive alla loro somministrazione, Ga a un raro senso di costrizione al petto; entrambi possono provocare reazioni cutanee nel sito di iniezione. Il terzo DmD in ordine di apparizione sul mercato è stato natalizumab, un anticorpo monoclonale (somministrato endovena con frequenza mensile) approvato a livello europeo nel 2006, indicato come trattamento di seconda linea (dopo Ifn β o Ga, con comparsa di almeno una recidiva nell’anno precedente e aggravamento delle lesioni). persistono controindicazioni alla somministrazione di questo farmaco in pazienti in età avanzata e/o con neoplasie o patologie del sistema immunitario (come l’HIV); inoltre, seppur raramente, sono stati riscontrati casi di leucoencefalopatia multifocale progressiva, una malattia virale potenzialmente fatale. un altro farmaco di seconda linea di più recente approvazione (2011) è fingolimod: somministrato per via orale, agisce sequestrando i linfociti dei linfonodi e quindi impedendo loro di migrare nel Snc e determinare risposte autoimmuni. per garantire un adeguato profilo di sicurezza, vanno effettuati il test di positività agli anticorpi della varicella, il monitoraggio cardiaco dopo la prima somministrazione e l’esame del fondo oculare. nel 2013 è stato approvato anche alemtuzumab come farmaco di seconda linea. trattasi di un anticorpo monoclonale (somministrato per via endovenosa) già presente in commercio con altre indicazioni (in ematologia), che agisce con una deplezione rapida e massiva dei linfociti t e B, i principali responsabili del processo infiammatorio alla base della Sm. fra gli eventi avversi più comuni associati al suo trattamento, vanno ricordati quelli legati all’infusione (mal di testa, febbre, nausea, orticaria, diarrea ecc.), possibili infezioni (alle alte vie respiratorie e al tratto urinario) e autoimmunità organo specifica. ancora più recentemente, sono stati approvati a livello europeo due farmaci di prima linea, ambedue somministrati per
Terapie
Il ruolo dei farmaci è limitato alla capacità di curare i sintomi della Sm, rallentarne il decorso e quindi la disabilità ad essa associata. I trattamenti possono essere a grandi linee suddivisi in tre categorie, distinti per: a) trattamento recidive; b) trattamento sintomi specifici; c) riduzione numero recidive. Il primo tipo di trattamenti è rappresentato dai farmaci antinfiammatori steroidei, prevalentemente utilizzati ad alte dosi per via endovenosa. pur non essendo ancora completamente chiaro il meccanismo d’azione, si suppone agiscano sulla fase infiammatoria, impedendo ulteriori compromissioni della mielina nel Snc. peraltro, i farmaci steroidei non hanno alcun effetto sulle condizioni del paziente colpito da recidiva e sul decorso della Sm; è inoltre sconsigliata la loro somministrazione per un periodo superiore a tre settimane consecutive, essendo tali farmaci associati a gravi effetti collaterali nel lungo periodo (osteoporosi, aumento di peso e diabete). nel secondo tipo di terapie rientrano i trattamenti (farmacologici e non) mirati ai diversi sintomi (visivi, motori, nervosi, cognitivi, emotivi, di affaticamento e intestinali); trattandosi di terapie molto eterogenee, risulta assai complicato fornirne un quadro di sintesi. Infine, la terza categoria di farmaci, di cui sono tuttora oggetto di valutazione gli effetti collaterali nel lungo termine, include quelli più recenti che agiscono sulla frequenza e la gravità delle recidive, con l’obiettivo di rallentare la progressione della Sm: i c.d. Disease-Modifying Drugs (DmD).8 la scelta del farmaco varia in funzione di una molteplicità di criteri, fra i quali risultano rilevanti il numero di recidive già verificatesi e la progressione della malattia (misurata con la scala eDSS). ad oggi, l’indicazione dei DmD è quasi esclusivamente limitata alla Sm-rr, soprattutto per le fasi precoci e le forme progressive e attive, con qualche eccezione per la Sm-Sp in condizioni specifiche. In questa categoria rientrano gli interferoni beta (Ifn β-1a e 1b), oramai disponibili da quasi vent’anni, e il più recente glatiramer acetato (Ga), tutti farmaci di prima linea1 somministrati per via inietti6
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VALUTAZIONE ECONOMICA via orale: teriflunomide e dimetilfumarato, due prodotti con meccanismi d’azione diversi dai precedenti. fra gli eventi avversi più frequenti del primo vanno segnalati influenza e sintomi gastrointestinali, del secondo arrossamento cutaneo transitorio e problemi gastrointestinali.
meSH terms utilizzati sono stati: costs and cost analysis e multiple sclerosis, combinate con l’operatore booleano “anD” (figura 1). abbiamo così inizialmente individuato 197 pubblicazioni, 170 delle quali successivamente escluse per i motivi seguenti: i) articoli epidemiologici o clinici (97); ii) articoli di politica sanitaria (2); iii) revisioni della letteratura (10); iv) editoriali, lettere o commenti (10); v) Ve parziali (51). Dei 27 studi rimanenti, abbiamo successivamente scartato quelli non condotti in nazioni ue (20), selezionando infine 7 articoli da revisionare.9,10,11,12,13,14,15 tutti gli articoli sono stati analizzati applicando una griglia di variabili ottenuta facendo riferimento al database europeo EURONHEED (tabella 1). Inoltre, seppur in modo meno analitico, sono stati esaminati anche i Randomized Clinical Trial (rct) condotti sui DmD e utilizzati come fonti di efficacia nelle Vec selezionate. per semplicità interpretativa, tutti i valori delle diverse valute europee sono stati convertiti in euro, mediante il
OBIETTIVO, MATERIALI E METODI In questo articolo è stata condotta una revisione sistematica della letteratura farmaco-economica disponibile sulle terapie esistenti per la Sm, con l’obiettivo principale di valutare la validità dei risultati di questi studi in funzione della metodologia adottata dagli autori. È stata innanzitutto effettuata una ricerca sistematica della letteratura sul database internazionale Pubmed, aggiornata a Dicembre 2014, considerando soltanto le Valutazioni economiche complete (Vec) condotte in europa e pubblicate in lingua inglese negli ultimi sei anni (2009-2014). I
Figura 1. Strategia di ricerca della letteratura (2009-2014).
Pubmed (MeSH Terms): • costs and cost analysis • multiple sclerosis (combinati con l’operatore Booleano ‘AND’)
Pubblicazioni totali (197) Criteri di esclusione: Studi che non includono VEC (170) VEC selezionate (27) Criteri di esclusione: Studi non condotti in Nazioni UE(20) VEC in nazioni UE (7)
UE = Unione Europea; VEC = valutazione economica completa.
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VALUTAZIONE ECONOMICA ma soltanto il primo17 è risultato multicentrico. Il campione di pazienti è abbastanza considerevole in ambedue gli studi (517 e 468 pazienti), con durata di due anni per il primo e cinque per il secondo. le alternative confrontate sono: i diversi dosaggi di Ifn β 1a rispetto al placebo nello studio più recente;17 il regime terapeutico a base di Ifn β -1b somministrato al primo episodio di ScI rispetto a quello successivo alla diagnosi di Sm nell’altro.18 Gli endpoints principali sono riferiti al ‘tempo alla diagnosi’ clinicamente definita di Sm, sebbene stabiliti secondo criteri diversi nei due studi. nel rct più datato18 sono state valutate anche la progressione della malattia e il tasso di recidive; gli effetti collaterali più frequenti sono risultati sindrome influenzale e irritazione cutanea. I risultati sono favorevoli a entrambi i dosaggi di Ifn β-1a rispetto al placebo e alla terapia precoce di Ifn β-1b rispetto a quella ritardata, sebbene tale terapia non abbia alcun effetto sulla disabilità. I due studi sono stati finanziati dalle aziende commercializzatrici dei due interferoni.
Tabella 1. Parametri di valutazione. Parametri generali Tipologia VEC Alternative terapeutiche Tipologia pazienti e numerosità campione Prospettiva analisi Orizzonte temporale Applicazione modelli Parametri clinici Fonti efficacia Endpoint efficacia Fonti utilità Parametri economici Tipologia costi Fonti consumo risorse Fonti costi unitari Tasso di sconto RISULTATI ICER/ICUR Robustezza risultati Analisi statistica costi
b. SM-RR
Analisi sensibilità
I tre rct condotti su questa categoria di pazienti con Sm già clinicamente definita sono stati pubblicati in un ampio periodo temporale (il primo nel 1995, l’ultimo nel 2013). Il campione di pazienti varia da un minimo di 25120 a un massimo di ben 1.008 pazienti.19 anche per questi ct la durata varia da due a cinque anni. le alternative messe a confronto nei tre studi sono state: i) la terapia in combinazione (Ifn β + Ga) rispetto alle due singole monoterapie;19 ii) Ga in monoterapia rispetto al placebo;20 iii) diversi dosaggi della stessa terapia (Ifn β -1b).21 I principali effetti collaterali sono risultati le infezioni, la depressione e l’irritazione cutanea nel sito d’iniezione. Il primo studio (condotto esclusivamente con finanziamenti pubblici) non conclude a favore della terapia in combinazione, rilevando una superiorità di Ga rispetto a Ifn β -1b nella ri-
Variabili chiave ICER = Incremental Cost-Effectiveness Ratio; ICUR = Incremental Cost-Utility Ratio; VEC = valutazione economica completa.
tasso di cambio ufficiale riferito all’anno in cui è stato realizzato lo studio.16
RISULTATI Analisi Efficacia Clinica
I principali rct inclusi come fonte di efficacia nelle Vec analizzate sono risultati complessivamente cinque;17,18,19,20,21 di seguito una breve analisi di tali studi, suddivisi in due categorie sulla base della tipologia di pazienti reclutati (tabelle 2a e 2b). a. SCI
I due rct analizzati in questa categoria [17,18] sono entrambi ‘in cieco’, 8
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VALUTAZIONE ECONOMICA Tabella 2a. Analisi degli studi clinici riferiti a SCI. Variabili
REFLEX 17
BENEFIT18
Numero pazienti
517
468
Durata
2 anni
5 anni
Bracci
1) IFN β -1a 3v/s 2) IFN β -1a 1v/s 3) placebo
1) IFN β -1b 8 MIU 2) Placebo
End-point primari
- ‘time to diagnosis’ SMCD (McDonald)
- ‘time to diagnosis’ SMCD (Poser) - tempo progressione livello disabilità con EDSS - FAMS-TOI score
End-point secondari principali
- ‘time to diagnosis’ SMCD (Poser) - valutazione lesioni in RMN
- ‘time to diagnosis’ SMCD (McDonald) - tasso recidive - MSFC - ‘time to diagnosis’ SM-SP - numero ricoveri - QoL
Effetti collaterali
- flu-like syndrome - irritazione cutanea - aumento enzimi epatici
- flu-like syndrome - irritazione cutanea - leucopenia
Conclusioni
Entrambi i regimi terapeutici ritardano le recidive e l’attività subclinica della SMCD
La terapia precoce riduce le diagnosi di SMCD rispetto a quella ritardata, sebbene non abbia effetti sulla disabilità di lungo termine
EDSS= Expanded Disability Status Scale; FAMS-TOI = Functional Assessment Of Multiple Sclerosis Trial Outcomes Index; GA = Glatiramer Acetato; HR = Hazard Ratio; IFN = interferone; MSFC = Multiple Sclerosis Functional Composite; QoL = Quality of Life; RCT = Randomized Clinical Trial; RMN = risonanza magnetica nucleare; SCI = sindrome clinicamente isolata; SM-RR = Sclerosi Multipla Remittente Recidivante; SMCD = Sclerosi Multipla Clinicamente Definita; v/s = volte alla settimana.
colare, eccezion fatta per quello tedesco,15 tutti gli studi sono stati firmati anche da dipendenti aziendali come co-autori. la stragrande maggioranza degli studi6 è stata condotta dal punto di vista della società, includendo quindi anche i costi indiretti, mentre la prospettiva del ”terzo pagante”, oltre che nello studio restante,13 è stata valutata separatamente anche in altri due.11,15 le tecniche di analisi adottate sono risultate l’analisi costo-efficacia (ace) e l’analisi costo-utilità (acu), utilizzate contemporaneamente in due studi.9,14 tutti gli studi hanno utilizzato tecniche di modeling, nella maggior parte dei casi (5) modelli markoviani e nei restanti modelli ad albero più semplificati. l’orizzonte temporale è stato di lungo periodo (≥10 anni) in tutti gli studi tranne quello tedesco (4 anni),15 estendendosi addirittura a 40 anni e “tempo-vita” nei due più recen-
duzione delle recidive; conclusione che appare grosso modo in linea con quelle degli altri due studi sponsorizzati dalle aziende produttrici dei farmaci oggetto di studio, il primo favorevole a Ga nelle recidive e l’altro non conclusivo sull’efficacia di Ifn β -1b nel rallentare la progressione della malattia. Analisi VEC
la tabella 3 riassume le caratteristiche principali dei 7 studi selezionati, di cui tre pubblicati su riviste mediche (tutte con impact factor) e i restanti su riviste economiche, complessivamente riguardanti soltanto quattro nazioni europee (Germania, Italia, Spagna e Svezia). tutti gli studi hanno valutato esclusivamente i DmD di prima generazione (Ifn β e Ga) come alternative e sono stati sponsorizzati da una delle aziende commercializzatrici; in parti9
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VALUTAZIONE ECONOMICA Tabella 2b. Analisi degli studi clinici riferiti a SM-RR. Variabili
CombiRx19
Copolymer 120
IFNB MS21
Numero pazienti
1.008
251
372
Durata
3 anni
2 anni
5 anni
Bracci
1) IFN β -1a + GA 2) IFN β -1a 3) GA
1) GA 2) placebo
1) IFN β -1b 8 MIU 2) IFN β -1b 1,6 MIU 3) placebo
End-point primari
- tasso di recidiva
- tasso di recidiva
- tasso di recidiva - tempo progressione disabilità con EDSS
End-point secondari principali
- tempo progressione disabilità con EDSS - MSFC - MRI
- % senza recidive - tempo a prima recidiva - tempo progressione disabilità con EDSS
- % senza recidive - gravità recidive (NRS) - MRI
Effetti collaterali
- Infezioni - depressione
Irritazione cutanea
Depressione
Conclusione
La terapia in combinazione non ha benefici clinici e GA riduce il tasso di recidiva in misura maggiore di IFN β-1a
GA è efficace nella riduzione delle recidive
L’efficacia di IFN β 1b sulla progressione della SM non è risultata significativa
EDSS= Expanded Disability Status Scale; GA = Glatiramer Acetato; IFN = Interferone; MIU= Million International units; MSFC =multiple sclerosis functional composite; MRI = Magnetic resonance imaging; NRS = Neurologic Rating Scale; SM-RR = Sclerosi Multipla Remittente Recidivante; v/s = volte alla settimana; v/g = volte/giorno.
ti.9,10 tutti gli studi hanno applicato un tasso di sconto del 3%, eccezion fatta per quello tedesco (5%).15 In 4 studi le alternative oggetto di valutazione economica sono risultate plurime. le tabelle 4 e 5 analizzano in dettaglio tutti i parametri clinici ed economici utilizzati nelle Vec selezionate. l’efficacia è stata ovviamente ricavata dagli rct di riferimento in tutti gli studi, peraltro integrati da numerose fonti informative eterogenee. In particolare, la probabilità di progressione si è basata nella maggior parte degli studi (4) sugli stessi rct e studi osservazionali, mentre nei restanti anche su assunzioni e opinioni di esperti. nelle acu analizzate l’utilità è sempre stata derivata da studi di Cost of illness (coI) nazionali, per definizione privi di dati disaggregati per tipologia di trattamento. per quanto attiene agli aspetti economici, la tipologia dei costi diretti considerati è sostanzialmente analoga in tutti gli studi, eccezion fatta per alcune voci tipiche di specifici sistemi sanitari (ad esempio, l’assistenza socio-sanitaria inclusa solamente
nei due studi svedesi); da sottolineare come le cure informali siano state classificate nei costi indiretti solamente nello studio italiano.11 nella maggior parte degli studi i costi unitari di farmaci e servizi sanitari sono stati derivati da prontuari e tariffari nazionali, quelli non sanitari da database di agenzie tributarie e di sicurezza sociale o addirittura da assunzioni e interviste con pazienti e personale amministrativo per alcune voci di costo specifiche. Il consumo risorse, oltre a essere in parte desunto dai rct (4), è stato ricavato da database amministrativi nazionali ed esteri, assunzioni e pure non ben specificati panel di esperti. Infine, l’analisi di sensibilità quasi sempre utilizzata è stata quella “a una via”, facendo emergere come variabili maggiormente influenti sui risultati basali il tasso di recidive, l’orizzonte temporale e conseguentemente il tasso di sconto. Di seguito viene presentato un riassunto delle caratteristiche più rilevanti e degli aspetti più critici di tutti gli studi, elencati distinguendoli per tipologia di Sm analizzata. 10
Quaderni di Farmacoeconomia 28 - ottobre 2015
VALUTAZIONE ECONOMICA Tabella 3. Principali caratteristiche delle VEC analizzate. Primo Autore (nazione anno)
Tipologia VEC Prospettiva
Tipologia Pazienti
Tipo Modello (coorte ipotetica)
Orizzonte temporale
Alternative
Fredrikson (Svezia 2013)
ACE, ACU Società
SCI
Markov (517)
40 anni**
sc IFN β-1a vs do nothing
Caloyeras* (Svezia 2012)
ACU Società
SCI
Markov (468)
tempo-vita**
IFN β-1b (SCI) vs IFN β-1b
Lazzaro* (Italia 2009)
ACU Società, Terzo Pagante
SCI
Albero (100.000)
25 anni**
FN β-1b (SCI) vs IFN β-1b (SMCD)
Dembek (Spagna 2014)
ACU Società
SM-RR
Markov (1.000)
30 anni**
1) im IFN β-1a vs cure palliative 2) sc IFN β-1a vs cure palliative 3) IFN β-1b vs cure palliative 4) GA vs cure palliative
Darbà (Spagna 2014)
ACE Terzo Pagante
SM-RR
Markov (300.000)
10 anni**
1) GA vs IFN β-1a 2) GA vs GA + IFN β-1a
Sanchez-de la Rosa (Spagna 2012)
ACE, ACU Società
SM-RR
Markov (22.255)
10 anni**
1) IM IFN β-1a vs (sc IFN β-1a or IFN β1b or GA) 2) SC IFN β-1a vs (IFN β-1b or GA) 3) IFN β-1b vs GA
Nuijten* (Germania 2010)
ACE Società, Terzo Pagante
SM-RR
Albero (372)
4 anni***
1) im IFN β-1a vs do nothing 2) sc IFN β-1a vs do nothing 3) IFN β-1b vs do nothing 4) GA vs do nothing
ACE = analisi costo-efficacia; ACU = analisi costo-utilità; DMD = Disease-modifyng Drugs; GA = glatiramer acetato; IF = Impact Factor; IFN = interferone; im = intramuscolare; SCI = sindrome clinicamente isolata; SMCD = Sclerosi Multipla Clinicamente Definita; SM-RR = sclerosi multipla recidivante-remittente; sc = sottocutaneo; VEC = valutazione economica completa. *Pubblicato su una rivista medica. **Tasso di sconto 3% ***Tasso di sconto 5%
statistiche. la probabilità di progressione per i primi due anni è estrapolata dal rct di riferimento, mentre quella di transizione da Sm-rr a Sm-Sp deriva da uno studio osservazionale canadese. l’utilità e il consumo risorse, ricavati da uno studio nazionale di coI, vengono stimati per vari livelli di disabilità eDSS. nell’articolo vengono riportati solo i costi diretti e indiretti totali associati ai livelli di disabilità, rimandando alla coI appena citata per il dettaglio delle singole voci incluse, invero assai numerose, dai costi diretti sanitari (farmaci, visite mediche, analisi di laboratorio) a quelli non sanitari (cure informa-
a) SCI Fredrikson (2013), Svezia
Questo studio, condotto dal punto di vista della società e includente una ace e una acu, confronta la terapia a base di Ifn β-1a (DmD dell’azienda sponsor dello studio) somministrato sottocute con il ‘do nothing’. Il disegno dello studio è basato su un modello di markov con orizzonte temporale di 40 anni. l’efficacia, basata sul rct di riferimento 17 e una meta-analisi (di cui peraltro gli autori non forniscono alcun dettaglio), viene proiettata nel lungo periodo con varie tecniche 11
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VALUTAZIONE ECONOMICA Tabella 4. Elementi epidemiologici e clinici nelle VEC analizzate. ID
Fonte efficacia
Fonte probabilità progressione
17
17
Fonte utilità
1
- RCT - meta-analisi
- RCT - studio osservazionale
CoI (1.339 pazienti)
2
- RCT 18,21 - registro nazionale
- studi osservazionali - opinione di esperti
- RCT18 - CoI (1.339 pazienti)
3
- RCT18
RCT18
CoI (566 pazienti)
4
- RCT20,21 - studio osservazionale - assunzioni
- RCT20,21 - studi osservazionali - assunzioni
CoI (1.848 pazienti)
5
- RCT19
- RCT19 - assunzioni
--
6
- RCT20,21 - studio osservazionale prospettico
- studi osservazionali
CoI (1.848 pazienti)
7
- RCT20,21
- studio osservazionale prospettico
--
CoI = Cost of Illness; RCT = Randomized Clinical Trial; SM = sclerosi multipla
li, adattamenti abitativi, assistenza domiciliare, trasporti e assistenti socio-sanitari). I costi per le cure informali sono stati stimati in base alle ore che conoscenti e parenti avrebbero “investito” per assistere il malato, utilizzando come parametro di monetizzazione il salario medio netto nazionale. I costi unitari provengono prevalentemente da tariffari nazionali, ma anche da database amministrativi e interviste a personale amministrativo e pazienti. Il trattamento precoce con Ifn β-1a somministrato sottocute risulterebbe dominante rispetto al ‘do nothing’, sia nella prospettiva della società che del “terzo pagante”, venendo associato a un periodo di tempo più lungo senza Sm clinicamente definita (SmcD), a un guadagno in QalY e a una riduzione di costi sanitari.
ed è integrata da un ulteriore rct riferito alla Sm-rr21 e da un registro nazionale, utilizzato limitatamente al tasso di interruzione del trattamento. le probabilità di transizione del modello di markov sono stimate su tre periodi: a) fino a 5 anni (la massima durata dei due rct); b) fino a 10 anni; c) oltre 10 anni (utilizzando il valore estrapolato per il decimo anno fino al decesso). analogamente allo studio precedente, il consumo di risorse è calcolato per vari livelli di disabilità eDSS in base ai costi rilevati da una coI svedese (la stessa dello studio precedente), corretti e integrati da opinioni di esperti. per condurre la cua, a ciascun livello di eDSS viene assegnato uno specifico valore di utilità, con dati ricavati dal rct principale di riferimento e dalla coI di cui sopra. la strategia precoce risulterebbe dominante rispetto a quella ritardata, tranne nel caso di orizzonte temporale inferiore a 10 anni.
Caloyeras (2012), Svezia
anche questo studio, basato su un modello di markov con orizzonte tempo-vita, realizza una acu secondo la prospettiva della società, ma, diversamente dal precedente, si focalizza sul Ifn β-1b (DmD dell’azienda sponsor dello studio). Il trattamento precoce, cioè quello iniziato dopo il primo episodio di ScI, è confrontato con lo stesso tipo di trattamento somministrato in caso di SmcD. l’efficacia deriva principalmente dal rct di riferimento18
Lazzaro (2009), Italia
anche questo studio, analogamente a quello precedente, confronta la somministrazione precoce di Ifn β-1b (dopo il primo episodio di ScI) con quella ritardata (dopo diagnosi di SmcD) ed è supportato dalla medesima azienda. lo studio realizza una acu adottando la prospettiva sia del terzo pagante sia della società ed è basato su un 12
Quaderni di Farmacoeconomia 28 - ottobre 2015
VALUTAZIONE ECONOMICA modello ad albero, con orizzonte temporale di 25 anni. la probabilità di progressione da ScI a Sm è ricavata per i primi due anni dal rct di riferimento,18 mentre per gli anni successivi si assume che tale probabilità diminuisca in modo differenziato a seconda del tipo di trattamento. In generale, lo studio è basato su molteplici assunzioni, fra cui le più rilevanti sono quelle relative a incidenza e disabilità della malattia, tasso di drop-out e velocità di progressione fra i vari stadi eDSS. Inoltre, l’utilità, ricavata da uno studio svedese non pubblicato e da uno studio nazionale di coI (condotto in 44 centri, per un totale di 566 pazienti), viene assunta costante all’interno di ognuno dei quattro intervalli in cui l’orizzonte temporale è stato suddiviso (anno 0; anni 1-10; anni 11-20; anni 21-24). la differenza fra i due gruppi nella probabilità di progressione da ScI a SmcD risulta maggiore durante i primi tre anni rispetto al resto del periodo, con un “picco” non spiegato dagli autori durante il terzo anno di trattamento; diversamente, quella da Sm a Sm-Sp non varia nello stesso lasso temporale. le fonti del consumo di risorse sono state (oltre al rct di riferimento per i regimi terapeutici) statistiche nazionali e lo studio di coI sopra citato. eccezion fatta per i farmaci, le stime delle restanti voci di costo (sia diretti che indiretti) risultano sorprendentemente differenziate in base alle due prospettive di analisi, senza che ne vengano chiarite le motivazioni. Il rapporto costo-efficacia risulterebbe vantaggioso per la somministrazione precoce nella prospettiva del Servizio Sanitario nazionale (SSn) rispetto a quello ritardato e addirittura dominante dal punto di vista della società.
assunzioni per estrapolare i dati nel lungo periodo; qualità della vita e consumo risorse derivano da una coI nazionale. le voci di costo non vengono dettagliatamente descritte nello studio, rimandando alla coI appena citata per una loro analisi; i costi unitari sono ricavati da un tariffario nazionale e database amministrativi. tra i farmaci considerati, l’Ifn β -1a somministrato per via intramuscolare (la forma commercializzata dall’azienda sponsor) risulterebbe l’alternativa più costo-efficace. Dall’analisi di sensibilità emerge come le variabili che maggiormente influenzano il risultato sono i prezzi dei farmaci DmD, la qualità della vita e la gravità delle recidive. Darbà (2014), Spagna
Questo studio realizza una ace secondo la prospettiva del terzo pagante, confrontando Ga (il prodotto dell’azienda sponsor) con Ifn β-1a intramuscolare in monoterapia e con la combinazione dei due farmaci. Il modello di markov adottato si estende su un orizzonte temporale limitato a dieci anni. l’efficacia e la probabilità di progressione (intesa come numero di recidive evitate in un anno) derivano dal rct di riferimento,19 che effettua il confronto diretto fra i tre regimi terapeutici. I costi considerati includono i farmaci, monetizzati in base ai prezzi ex factory ricavati da un database amministrativo nazionale, e i costi di gestione della malattia associati a ciascuno stato di salute del modello. Va sottolineato come il consumo di risorse e i costi unitari di alcune voci di costo vengano stimati in base a fonti statunitensi, assumendole assai discutibilmente rappresentative per un sistema sanitario del tutto diverso sotto il profilo istituzionale quale quello spagnolo. Il trattamento in monoterapia a base di Ga risulterebbe dominante rispetto agli altri due regimi terapeutici, risultando sia più efficace che meno costoso nel ridurre il numero di recidive. l’analisi di sensibilità probabilistica non evidenzia scostamenti significativi dal caso-base.
b) SM-RR Dembek (2014), Spagna
Questo studio realizza una acu secondo la prospettiva della società; vengono confrontate tutte le terapie DmD (im Ifn β -1a, sc Ifn β -1a, Ifn β -1b e Ga) con le cure palliative in una coorte ipotetica di 1.000 pazienti affetti da Sm-rr, utilizzando un modello di markov con orizzonte temporale di 30 anni. efficacia e progressione della malattia sono basate sui due rct di riferimento,20,21 integrati da studi osservazionali e
Sánchez-de la Rosa (2012), Spagna
Questo studio realizza una ace e una acu secondo la prospettiva della società; analogamente allo studio precedente; anche in questo caso viene adottato un mo13
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VALUTAZIONE ECONOMICA Tabella 5. Parametri economici delle VEC analizzate. ID
Tipologia Costi Diretti
Fonti Costi Unitari
Consumo Risorse
1
- Sanitari* - Non sanitari**
- Prontuario nazionale (farmaci) - Tariffe ospedaliere e interviste a personale amministrativo - Tariffe e interviste a personale amministrativo
- CoI (1.339 pazienti) - Assunzioni (per i pazienti con SCI)
2
- Sanitari* - Non sanitari**
- Prontuario nazionale (farmaci) - Tariffe ospedaliere e interviste a personale amministrativo - Tariffe e interviste a personale amministrativo
- RCT18 - CoI (1.339 pazienti)
3
- Sanitari* - Non sanitari**
- Prontuario nazionale (farmaci) - Tariffari nazionali - Assunzioni
- CoI (566 pazienti) - Database pubblici - Assunzioni (cure informali)
4
- Sanitari * - Non sanitari**
-
Prezzi ex-factory (farmaci) Tariffari nazionali Interviste a pazienti e lavoratori, assunzioni Database di Agenzia tributaria e sicurezza sociale (cure informali e trasporti)
- CoI (1.848 pazienti)
5
- Sanitari*
-
Prezzi ex-factory (farmaci DMD) RCT (costi somministrazione farmaci) Prontuario nazionale (altri farmaci) Tariffario Nazionale e Tariffari statunitensi
- RCT19 (farmaci DMD) - Panel di esperti (altri farmaci) - Assunzioni, studi osservazionali nazionale e statunitense
6
- Sanitari*
- Prezzi esteri ex-factory (farmaci) - Tariffari nazionali - Database di Agenzia tributaria e sicurezza sociale
- CoI (1.848 pazienti) - Interviste a pazienti e lavoratori, assunzioni
7
- Sanitari* - Non sanitari**
-
- RCT21 - CoI (2.973 pazienti) - Interviste a pazienti (farmaci da banco e adattamenti abitativi)
Prontuario nazionale (farmaci) Tariffari nazionali Interviste a personale amministrativo Database OCSE (cure informali)
CoI = Cost of Illness; DMD = Disease-Modifying Drugs; GA = glatiramer acetato; IFN = interferone; im = intramuscolare; OCSE = Organizzazione Cooperazione e Sviluppo Economico: RE = recidiva evitata; sc = sottocutaneo; SM = sclerosi multipla; SM-RR = sclerosi multipla recidivante – remittente; SSN = servizio sanitario nazionale; SOP = senza obbligo di prescrizione.
dello markoviano con orizzonte temporale di dieci anni e lo sponsor è l’azienda commercializzatrice del Ga. la prevalenza della Sm in Spagna è ottenuta da fonti riferite ad aree geografiche circoscritte, i cui dati vengono poi proiettati all’intero territorio nazionale. Il trattamento a base di Ifn β 1a somministrato per via intramuscolare è confrontato con quello per via sottocutanea (sia 1a che 1b) e infine con quello a base di Ga. la probabilità di progressione della Sm è derivata da studi osservazionali esteri. l’efficacia deriva dai due rct di riferimento;20,21 l’utilità è stata ricavata dalla coI più volte citata per i due studi precedenti, come del resto il consumo dei servizi sanitari. Gli autori ricorrono anche a un
panel di (non specificati) esperti per definire dettagliatamente i regimi terapeutici delle alternative considerate. I costi unitari derivano da tariffari nazionali per i servizi sanitari. Gli autori concludono un po’ confusamente che, sebbene l’Ifn β-1a per via intramuscolare sia dominante rispetto agli Ifn β (1a e 1b) somministrati sottocute, anche questa via di somministrazione non risulterebbe comunque costo-efficace rispetto a Ga, sia nella ace che nella acu. nessuna delle analisi di sensibilità “a una via” altera il risultato del caso base. Nuijten (2010), Germania
Questo studio realizza una ace secondo la prospettiva sia della società che del 14
Quaderni di Farmacoeconomia 28 - ottobre 2015
VALUTAZIONE ECONOMICA
Analisi sensibilità
Variabili più influenti
A una via, probabilistica, scenario
Tasso di sconto, orizzonte temporale
A una via, probabilistica
Orizzonte temporale
A una via, a più vie, scenario
Posologia, tasso di sconto, progressione SM
A una via, probabilistica
Prezzi DMD, utilità, gravità recidive
Probabilistica
Orizzonte temporale, tasso recidive
A una via
Costi indiretti, tasso di sconto, orizzonte temporale, incidenza
A una via
Tasso recidive
stato di Sm-rr a quello di Sm-Sp. I costi includono quelli indotti dalla gestione delle recidive e dalla progressione della patologia, ma non quelli conseguenti a effetti collaterali. la probabilità di progressione deriva da studi osservazionali esteri, l’efficacia dai due rct di riferimento.20,21 le principali voci di costo derivano da una coI nazionale, con valori che peraltro non vengono riportati direttamente nello studio. I costi unitari per i farmaci DmD sono stati ricavati dal prontuario nazionale, quelli dei servizi sanitari da tariffari assicurativi, mentre le informazioni necessarie per stimare i costi di trasporto e assistenza domiciliare provengono da interviste con personale amministrativo. le fonti del consumo di risorse sono risultate varie ed eterogenee, includendo (oltre alla già citata coI) interviste ai pazienti per gli adattamenti abitativi. Gli autori concludono per la convenienza economica di Ifn β -1a somministrato sottocute.
DISCUSSIONE l’obiettivo principale di questa revisione è stato quello di analizzare criticamente le Vec europee fino ad oggi pubblicate nella letteratura internazionale sui trattamenti DmD di prima linea (autorizzati prima del 2013) per la Sm, al fine di fornire agli operatori del nostro SSn uno strumento di valutazione dei risultati di questi studi. ci siamo volutamente limitati agli studi condotti in nazioni ue, al fine di poter controllare in modo più approfondito la validità della metodologia e delle valutazioni dei dati di costo. Il limite principale della nostra revisione bibliografica risiede nell’utilizzo di un unico database bibliografico (Pubmed) per effettuare la ricerca delle Vec. peraltro, al fine di ridurre la discrezionalità di tale strategia, abbiamo confrontato i risultati raggiunti con quelli pubblicati nelle altre revisioni disponibili in letteratura, senza constatare differenze nell’elenco degli studi analizzati una volta uniformati i criteri di selezione. Il secondo limite riscontrabile nel nostro studio è stato quello di limitare l’analisi alle Vec riguardanti i DmD
*Costi diretti sanitari = farmaci, visite mediche, analisi laboratorio, procedure diagnostiche, ricoveri ospedalieri e terapie fisiche. **Costi diretti non sanitari = cure informali, adattamenti abitativi, trasporti, ausili per deambulazione, assistenza domiciliare.
“terzo pagante”, confrontando con il ‘do nothing’ le tre alternative terapeutiche seguenti in un campione virtuale di pazienti affetti da Sm-rr: i) somministrazione intramuscolare di Ifn β -1a, ii) somministrazione sottocutanea di Ifn β -1a/b (la forma terapeutica commercializzata dall’azienda finanziatrice dello studio); iii) Ga. lo studio è basato su un modello ad albero con orizzonte temporale di 4 anni (applicando un tasso di sconto del 5%). le principali assunzioni su cui è costruito il modello sono le seguenti: a)nessuna differenza nel tasso di mortalità fra gruppi di pazienti; b)piena compliance ai dosaggi della scheda tecnica; c)proporzione fissa di pazienti che passano dallo 15
Quaderni di Farmacoeconomia 28 - ottobre 2015
VALUTAZIONE ECONOMICA autorizzati da anni (Ifn β-1a/1b e Ga). Questa scelta è stata dettata dalla volontà di limitare l’analisi a farmaci maturi dal profilo terapeutico oramai consolidato, spesso oggetto di confronti diretti negli studi clinici ed economici. analizzando in generale tutti gli studi, si può notare come le voci di costo incluse risultino sostanzialmente sovrapponibili, con qualche lieve differenza nei costi non sanitari dovuta a specificità locali. Da sottolineare come nello studio italiano le cure informali vengano incluse nei costi indiretti, e non in quelli diretti sanitari come in tutti gli altri studi, generando una (seppur lieve) incongruenza nella comparabilità dei risultati; peraltro, ancor più sorprendentemente, in tale studio le stime di molte voci di costo (a parte i farmaci) sono sostanzialmente diverse in base alle due prospettive di analisi, senza che gli autori forniscano spiegazioni al riguardo. complessivamente, i limiti metodologici principali dei lavori analizzati sono risultati tanti e rilevanti. Innanzitutto, le fonti dei costi (sia diretti che indiretti) sono spesso apparse molto deboli, basate anche su interviste integrate da opinioni di esperti (anonimi) e assunzioni degli autori, nonché da fonti estere inappropriate rispetto al setting analizzato. Inoltre, in tre studi12,14,15 le voci di costo non vengono riportate direttamente nell’articolo, rendendo cosi ancora più complicata un’analisi esauriente degli stessi. In tutti gli studi il problema della sponsorizzazione appare influenzare il risultato in modo piuttosto evidente; in particolare, negli studi includenti confronti diretti fra DmD le conclusioni a cui giungono gli articoli risultano diametralmente opposte a seconda dell’azienda finanziatrice.12-15 un’altra caratteristica comune a quasi tutti gli studi è l’estrapolazione di risultati di efficacia di breve periodo a orizzonti temporali di lungo termine. Infine, va sottolineato come in alcuni studi12,13,15 non siano stati inclusi i costi indotti dagli effetti collaterali dei farmaci.
le tre revisioni bibliografiche più recenti sulle Vec riferite ai DmD confermano sostanzialmente tutte le nostre perplessità.22,23,24 Hawton et al 22 sottolineano come l’efficacia dei DmD e i costi della Sm siano difficili da stimare, situazione che genera molta incertezza nei risultati delle Vec. tali difficoltà sarebbero principalmente ascrivibili alla natura della Sm di patologia a lungo termine dal decorso imprevedibile, alla conseguente difficoltà di definire scale adeguate a misurarne la progressione e alla contestuale incertezza sull’efficacia delle terapie. ad esempio, la scala eDSS è stata frequentemente oggetto di critiche per problemi di affidabilità; in particolare, l’assunzione che la qualità della vita e i costi siano caratterizzati da una relazione lineare nel loro andamento rispetto ai vari stati di eDSS appare assai arbitraria. Inoltre, eDSS non include tutti gli aspetti collegati all’impatto della Sm sulla salute dei pazienti (ad esempio, gli effetti delle recidive). proprio perché la Sm ha un impatto indubbiamente considerevole sulla qualità della vita dei pazienti, questa caratteristica andrebbe valutata in modo più specifico anche a livello di singole terapie. le altre due revisioni23,24 confermano come le scelte di orizzonte temporale e la sponsorizzazione siano i principali fattori in grado di condizionare i risultati finali delle Vec sulle terapie per la Sm. In particolare, Thompson et al 23 sottolineano come il finanziamento aziendale costituisca un bias negli studi statunitensi, critica del tutto estendibile a quelli condotti in europa in base ai risultati della nostra analisi. In conclusione, appare quindi opportuno interpretare con molta cautela le considerazioni finali dei lavori inclusi in questa revisione, troppo influenzati da fonti informative deboli e assunzioni arbitrarie da parte degli autori, plausibilmente condizionati in molti casi dai finanziamenti aziendali ricevuti. tali caratteristiche rendono queste analisi di scarsa utilità del punto di vista dei decisori pubblici del nostro SSn.
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17 Quaderni di Farmacoeconomia 28 - ottobre 2015
OPINIONI A CONFRONTO Massimo Fabi,1 Giovanni Pilati,2 Domenico Scibetta 3
Governance della spesa farmaceutica: esperienze locali a confronto
PA R O L E C H I AV E :
Abstract la necessità sempre crescente di contenere la spesa farmaceutica ha por-
SpeSa farmaceutIca,
tato a elaborare strategie di riduzione degli sprechi anche a livello locale, con lo scopo di permettere al nostro servizio sanitario “universalistico” di mantenere il proprio equilibrio finanziario senza compromettere l’efficacia delle cure. Di seguito vengono riportate le esperienze di tre aSl ubicate in tre regioni diverse, da cui emergono similarità, ma anche differenze di stili di gestione, come prevedibile in un sistema sanitario fortemente regionalizzato.
aSl, approprIatezza preScrIttIVa
1
Massimo Fabi Direttore Generale AOU Policlinico di Parma
2
Giovanni Pilati Direttore Generale Azienda per l'Assistenza Sanitaria n. 2, Bassa Friulana-Isontina
3
Domenico Scibetta Direttore Sanitario Azienda ULSS 16 Padova
18 Quaderni di Farmacoeconomia 28 - ottobre 2015
OPINIONI A CONFRONTO Massimo Fabi la prima rivoluzione professionale nell’ambito dell’assistenza primaria in emilia-romagna avviene negli anni 2000, con la nascita dei nuclei di cure primarie (ncp), che sono attualmente 21 in provincia di parma. Vengono così costituite le reti professionali territoriali, che mettono in collaborazione medici di medicina generale (mmG), specialisti ambulatoriali, pediatri di libera scelta, infermieri delle cure domiciliari e ambulatoriali, i servizi di sanità pubblica e di salute mentale. Questo è stato il presupposto per realizzare la seconda e molto più recente ‘rivoluzione logistica’, quella delle case della Salute (cdS): organizzazioni mirate a identificare, anche nell’”immaginario collettivo”, un nuovo posto unitario di collocazione delle attività di assistenza primaria. ne sono state programmate 26 in provincia di parma e attivate ad oggi 15, con completamento della programmazione previsto entro i primi mesi del 2016. le cdS vivono di relazioni interne ispirate dal modello della chronic-care; non sono solamente un momento di riorganizzazione logistica, ma rappresentano soprattutto un cambiamento di cultura. Il lavoro di équipe diventa la caratteristica essenziale; per realizzarlo, è necessario un forte cambiamento culturale, dotando gli operatori sanitari degli strumenti basilari e fondamentali del governo clinico, oltre che di buone relazioni interprofessionali. Venendo alla spesa farmaceutica territoriale, come aSl di parma siamo partiti da ‘fanalino di coda’ regionale nel 2004, con €211 di spesa pro capite pesata, mentre nel 2014 siamo scesi quasi a metà (€112), diventando l’aSl più ‘virtuosa’ a livello regionale. In dieci anni abbiamo praticamente dimezzato la spesa farmaceutica convenzionata, non attraverso drastiche manovre di razionamento e contingentamento di un livello essenziale di assistenza, ma intervenendo sull’appropriatezza prescrittiva, con percorsi educazionali di provata efficacia, applicati grazie all’esplicitazione e condivisione di obiettivi comuni da parte dei professionisti. negli anni passati abbiamo fornito a ogni ncp informazioni per valutare la variabilità
prescrittiva fra i propri medici (generalisti e specialisti) non giustificata da una popolazione con bisogni di salute simili, avendo come obiettivo finale quello di ridurla. Infatti, se non ci sono delle motivazioni fondate, non vi è motivo di non incentivare un’omogeneità di comportamenti professionali. a livello di ‘grandi numeri’, questo obiettivo non è affatto in contraddizione con il concetto che bisogni di salute differenti non devono essere gestiti in maniera uguale. Infatti, non esistono ad oggi delle variazioni epidemiologiche di popolazione nell’aSl di parma che giustifichino differenze significative nel ricorso a prestazioni sanitarie da parte di équipes di mmG che fanno riferimento a diverse cdS. tornando alla nostra esperienza concreta, i problemi principali da affrontare erano l’elevata spesa per assistito, la notevole variabilità di spesa intra-nucleo e la difficoltà di rapporti con i mmG. una reportistica periodica che consentisse ad ogni medico di capire quale fosse il proprio comportamento prescrittivo rispetto al proprio gruppo di appartenenza, al ncp, al Distretto e all’aSl nel suo complesso, ci ha permesso di dare consapevolezza ad ogni mmG del proprio comportamento, direi non solamente professionale, ma addirittura sociale all’interno della propria comunità di lavoro. l’obiettivo di appropriatezza prescrittiva è stato perseguito attraverso gli strumenti dell’informazione-formazione a tutti i medici di assistenza primaria, promuovendo comportamenti “virtuosi”, quali ad esempio la prescrizione di farmaci generici. In sintesi, abbiamo praticamente fornito a tutti i medici gli strumenti per un’autovalutazione del proprio comportamento prescrittivo non esclusivamente individuale, ma “posizionato” all’interno della propria comunità professionale. Da sottolineare che abbiamo introdotto strumenti informativi di governo della spesa sanitaria ben al di là dei farmaci, includendo i comportamenti prescrittivi dei mmG nell’ambito della specialistica ambulatoriale e dell’assistenza ospedaliera, nonché il coinvolgimento dei loro pazienti nei percorsi di prevenzione, quali ad esempio i 19
Quaderni di Farmacoeconomia 28 - ottobre 2015
OPINIONI A CONFRONTO programmi di screening. anche in questi ambiti la reportistica individuale viene sempre ‘socializzata’ all’interno del gruppo professionale, fissando obiettivi “virtuosi” per responsabilizzare tutta la categoria, orientandola all’appropriatezza prescrittiva, da cui consegue anche un’efficienza allocativa. concludendo, reputo faccia parte della responsabilità etica di ogni professionista sanitario concorrere a un’allocazione efficiente delle risorse, prescrivendo anche i farmaci più economici a parità di efficacia. Questo è il concetto che siamo riusciti a far passare a livello culturale fra i nostri medici di assistenza primaria, diventati nel tempo nostri “collaboratori” nel migliorare la programmazione delle cure. Gli strumenti di governo sono diventati nel tempo un elemento non solo di indicazione di appropriatezza, ma anche di monitoraggio del percorso. Questo “ingaggio professionale” costituisce il grande “lavoro di regia” svolto dal nostro Dipartimento assistenza farmaceutica, direi quasi la competenza distintiva che nel tempo l’ha caratterizzato, sostituendo quella di mero “controllore del sistema”.
conda strategia messa in atto è stata quella dei percorsi assistenziali. per intenderci, l’approccio non è quello di disegnare dei pDta (come spesso vengono chiamati), ma piuttosto di cercare di inserire i nostri operatori sanitari in percorsi assistenziali integrati per tipologia di malattie. ad esempio, nel caso di quelle coronariche croniche, registriamo dei livelli di mortalità molto contenuti, decisamente inferiori alla media regionale, con buoni indicatori di performance che ci segnalano come i nostri pazienti siano trattati razionalmente con beta-bloccanti e terapia antiaggregante piastrinica. ci sono comunque e sempre margini di miglioramento, come ovvio che sia. ad esempio, i quattro presidi ospedalieri presenti nella nostra aSl fanno registrare notevoli differenze di costo a parità di casistica, anche a causa di consumi molto eterogenei di farmaci. Di conseguenza, qualora applicassimo gli stessi standard di costo degli ospedali più efficienti per le stesse modalità assistenziali anche agli altri presidi, potremmo aspettarci una sostanziale riduzione dei costi. penso che la sfida attuale sia proprio quella di porre sulla spesa farmaceutica ospedaliera la medesima attenzione fin qui dedicata a quella territoriale, dove credo che abbiamo registrato tante esperienze di buone capacità di controllo nelle aSl. e’ giunto ora il momento di agire anche su un utilizzo più appropriato dei farmaci a livello ospedaliero, area in cui credo ci siano ancora da esplorare ampi margini di riduzione degli sprechi.
Giovanni Pilati non posso purtroppo portare esperienze gestionali sperimentate nella mia aSl, in quanto ricopro questo ruolo solamente da quattro mesi. Quindi, vi do solo qualche elemento sugli strumenti di governo della spesa farmaceutica che ho già trovato applicati nella nostra aSl. essendo il farmaco una tecnologia sanitaria che va comunque inserita in percorsi assistenziali più ampi, il ‘punto di partenza’ è quello di conoscere lo stato di salute della popolazione residente, al fine di poterla ‘stratificare’ in termini di rischio sanitario. a tale proposito, è stata stipulata una convenzione con la regione Veneto, che già da tempo utilizza un sistema di classificazione delle patologie. Questa applicazione ha consentito di effettuare una prima ‘mappatura” di quasi il 50% della popolazione residente totale, circa 250.000 abitanti, derivante dalla fusione di due aSl pregresse. la se-
Domenico Scibetta la aSl di padova è la più grande del Veneto, con circa mezzo milione di assistiti 3.500 dipendenti, due ospedali gestiti direttamente, 316 mmG, 56 plS e 118 specialisti ambulatoriali. Volendo direttamente entrare nel merito dell’argomento odierno, cioè l’assistenza farmaceutica, premetto che, come da prassi regionale consolidata, ogni anno vengono date alle aziende Sanitarie indicazioni molto precise sugli obiettivi da raggiungere riguardo il governo della spesa farmaceutica. Infatti, ogni anno rice20
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OPINIONI A CONFRONTO viamo puntualmente una serie di indicatori-obiettivo (31 nel 2015) che la regione ha affinato nel corso del tempo ed il cui perseguimento ha consentito al Veneto di rispettare i tetti nazionali, insieme a poche altre regioni. a livello aziendale, non credo che il ruolo della direzione sanitaria sia quello di ‘fare il ragioniere’, avendo solamente attenzione ai costi, ma piuttosto di dare risposte adeguate ai bisogni di salute, e qui entra in campo l’epidemiologia. Il problema è quello di riuscire a soddisfare determinati bisogni di salute a fronte di un finanziamento (e quindi di un budget di spesa assegnato) che già a livello nazionale viene probabilmente definito in base a vincoli finanziari, piuttosto che attraverso un percorso di analisi di fabbisogni da soddisfare. trovandoci di fronte a mezzo milione di assistiti con domande di salute da soddisfare e risorse finanziarie limitate, credo che il nostro compito più realistico sia quello di affrontare i nostri principali ‘interlocutori’ nel campo dell’assistenza farmaceutica, cioè i medici prescrittori, cercando di spingerli a ridurre gli sprechi o, se preferite (coerentemente con il mantra di questo periodo), a migliorare l’appropriatezza prescrittiva. pur confessando di non sentirmi un esperto di assistenza farmaceutica, la mia impressione è che in questo settore stia arrivando una sorta di ‘tsunami dei costi’ che i meccanismi di controllo attuali faticheranno a governare. peraltro, la mia esperienza professionale con i mmG mi insegna che con loro non è il caso di discutere e negoziare utilizzando un linguaggio economico-finanziario, in quanto si rischia di ottenere risposte del tipo ‘io devo gestire un problema di salute, quello dei costi è un problema tuo’. Questo è in effetti il contesto in cui ci troviamo ad operare e a dover raggiungere i 31 indicatori regionali di cui sopra, che fra l’altro non hanno tutti la stessa importanza nel territorio della mia aSl, ovviamente. ciò che in pratica stiamo cercando di fare da qualche anno è valutare quali siano le maggiori criticità del nostro territorio e per quali di queste esistano migliori possibilità di recupero. Vi faccio
alcuni esempi concreti. nella nostra aSl è risultato che il 14% dei pazienti in trattamento con eparine le utilizza da più di quattro mesi ad alto dosaggio, un comportamento prescrittivo decisamente anomalo. avendo ben presente che la ‘soglia temporale’ di tale trattamento si potrebbe tranquillamente abbassare di 2-3 mesi, abbiamo valutato che l’inappropriatezza nell’uso di eparine long-term ci costa circa €424.000. Di conseguenza, possiamo ipotizzare che una quota affatto irrilevante dei €2.700.000 annualmente spesi dalla mia aSl in eparina potrebbero costituire uno spreco, al di là degli eventuali danni alla salute da over treatment procurati ai nostri assistiti. In altri termini, in questi casi, riducendo i consumi, efficacia terapeutica ed efficienza economica trovano la loro perfetta sintesi. esempio analogo potrei sollevare per i farmaci antiepilettici utilizzati off-label, laddove abbiamo riscontrato una bassissima correlazione fra diagnosi principale e tali prescrizioni in base alle indicazioni registrative dei farmaci in questione. e di esempi analoghi ce ne sarebbero ancora tanti da citare, a cominciare dagli antipsicotici. In tutte queste analisi c’è sicuramente un margine di errore, dovuto spesso a una qualità del dato tutta da verificare e, in molti casi, all’assenza degli stessi dati clinici a causa della mancata registrazione informatica da parte di molti mmG. In generale, è chiaro che dotarsi di un sistema informativo esauriente e completo che dia conto della “complessità” di malati sempre più anziani con multimorbilità e in politerapia è impresa comunque ardua. a tale proposito, da tre anni è in corso in regione Veneto il progetto acG (Adjusted Clinical Groups) che identifica clusters di pazienti omogenei dal punto di vista del “rischio” di consumo di risorse, ospedalizzazione e morte. focalizzando l’attenzione sulla categoria di pazienti anziani con più patologie croniche e che assumono mediamente almeno sei principi attivi, abbiamo rilevato che il 10% dei ricoveri è motivato da reazioni avverse ai farmaci e quindi abbiamo avviato un progetto (progetto Safe) di miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva, con l’applicazione di un softwa21
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OPINIONI A CONFRONTO re integrato, i cui risultati non sono stati soltanto in termini di risparmio, ma anche di aumento della sopravvivenza del 20% dei nostri anziani ad un anno dalla dimissione. ancora una volta abbiamo ottenuto un beneficio sanitario accompagnato da una riduzione di sprechi economici, ancora una volta mi sono ricordato di essere un direttore sanitario e non un ragioniere. concludendo, sono tuttora convinto che, applicando strumenti sufficiente-
mente evoluti di analisi del consumo di farmaci (e di servizi sanitari piĂš in generale), si possa contribuire ad allocare piĂš correttamente le risorse, in particolare documentando ai medici le differenze prescrittive ingiustificate e a volte dannose, in maniera tale da ridurre gli sprechi tuttora esistenti e, in ultima analisi, permettere al nostro servizio sanitario ‘universalistico’ di poter ancora mantenere il proprio equilibrio finanziario, speriamo a lungo.
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OPINIONI A CONFRONTO Ida Fortino,1 Riccardo Roni,2 Antonio Addis 3
Spesa farmaceutica e vincoli di budget
Abstract I tre principali setting di utilizzo dei medicinali (ospedale, terri-
PA R O L E C H I AV E :
torio e continuità ospedale-territorio) si caratterizzano per un diverso sistema di controllo della spesa farmaceutica. Dalla discussione della tavola rotonda emerge l’opinione condivisa che i vari meccanismi di controllo hanno aiutato a contenere la spesa convenzionata, ma non altrettanto si può dire per le altre due componenti. per quanto riguarda in particolare la spesa ospedaliera, l’assenza di informazioni anticipate da aIfa alle regioni sui nuovi (e sempre più costosi) farmaci, rende il compito di pianificare la spesa farmaceutica assai arduo. più in generale, si lamenta la mancanza di un rapporto di collaborazione fattiva fra aIfa e regioni, nonostante le seconde siano “soci fondatori” della prima.
SpeSa farmaceutIca,
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aIfa, reGIonI
1
Ida Fortino Struttura farmaceutica, protesica e dispositivi medici Direzione Generale SALUTE, Regione Lombardia, Milano
2
Riccardo Roni Responsabile Servizio Farmaceutico APSS, Provincia Autonoma di Trento
3
Antonio Addis Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale (ASSR) Emilia Romagna, Bologna
OPINIONI A CONFRONTO toraggio attualmente in vigore a livello nazionale che vedono coinvolte anche le regioni.
A VOSTRO AVVISO, IL SISTEMA ATTUALE DI CONTROLLO DELLA SPESA FARMACEUTICA PREDISPOSTO DA AIFA RENDE GOVERNABILE LA SPESA FARMACEUTICA A LIVELLO NAZIONALE? RITENETE LA MOLTEPLICITÀ DEI MECCANISMI DI CONTROLLO ATTUALMENTE UTILIZZATI COMPLESSIVAMENTE COERENTE?
Riccardo Roni I tre principali setting di utilizzo dei medicinali (ospedale, territorio e continuità ospedale-territorio) si caratterizzano per un diverso sistema di controllo della spesa farmaceutica. Data una certa categoria terapeutica e la tipologia di pazienti cui è destinata, è abbastanza facile prevedere quale sarà il contesto di utilizzo scelto da aIfa e come verrà regolamentata la sua prescrizione (e distribuzione) a carico del servizio sanitario. ad esempio, un nuovo antidiabetico sarà probabilmente inserito da aIfa nel pHt e, di conseguenza, la spesa indotta sarà gestita con gli strumenti previsti per i medicinali della continuità ospedale-territorio: diagnosi e piano terapeutico specialistico, inserimento in classe a, distribuzione diretta ecc. così facendo, si è gestito l’impatto dei nuovi farmaci per il diabete sulla spesa del servizio sanitario. Questa “coerenza” viene da lontano, da un’impostazione non recente di aIfa, in base alla quale si è generato un sistema di controllo della spesa basato su logiche classificatorie e di setting di utilizzo abbastanza prevedibili per gli addetti ai lavori. che poi tale sistema sia efficace, è tutto da dimostrare. osservando i dati di spesa regionale riferiti al 2014 appena pubblicati da aIfa, non possiamo non constatare che il numero delle regioni in grado di rispettare il tetto complessivo di spesa farmaceutica continua ad assottigliarsi. a parte il trentino alto adige, che è un caso virtuoso (tre punti percentuali sotto il tetto fissato), fra le grandi regioni sono rimaste solo lombardia, Veneto ed emilia-romagna. e il numero è destinato a diminuire, in quanto la prossima regione che non riuscirà a restare nei parametri è proprio la lombardia; ciò è indicativo del fatto che l’attuale sistema di governo della spesa farmaceutica non regge più la pressione dei nuovi medicinali ipercostosi. non è sicuramente un bel segnale. più in dettaglio, dai dati si deduce che la tenuta non c’è soprattutto nel settore ospedaliero. Il trentino era una delle poche realtà che rispettava il tetto per la
Ida Fortino la spesa farmaceutica non è rappresentata solo dai farmaci innovativi; se ci limitassimo solo a questo primo aspetto, dovrei già rispondere di no. mi riferirò adesso ai numeri di regione lombardia, che a grandi linee sono pubblicamente noti. nel 2014 la spesa farmaceutica convenzionata è stata pari a 1,3 miliardi di euro, a cui si devono aggiungere circa 300 milioni di “doppio canale” (il c.d. pHt e distribuzione diretta) e circa 800 milioni di file f, in cui sono inclusi i farmaci innovativi in ambito ospedaliero. Quindi, i meccanismi di aIfa che incidono sulla spesa farmaceutica ospedaliera innovativa non servono per il controllo complessivo della spesa farmaceutica totale, ma si riferiscono a circa un terzo di quest’ultima in lombardia (file f). I sistemi di controllo locali riguardano il resto della spesa e sono quelli che mettono in atto le regioni; anche la lombardia ha un proprio sistema di monitoraggio e controllo della spesa. Venendo alla seconda parte della domanda, cerco di rispondere con un esempio: oggi le regioni devono confrontarsi con una sentenza del tar riferita a un ricorso presentato da alcune aziende sul pay-back del 2013, stabilito da una determina di aIfa. tale determina, in cui aIfa indicava quanto le ditte dovevano pagare, è stata di fatto annullata in base a tale sentenza. essendo il pay back uno dei meccanismi di controllo della spesa, anche in questo caso la risposta non può che essere negativa, visto che in questo momento viene contestata anche dal sistema giudiziario, nella fattispecie dal tar. Di conseguenza, bisogna probabilmente ripensare a tutti i meccanismi di controllo e moni24
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OPINIONI A CONFRONTO spesa farmaceutica ospedaliera, ma nel 2015 pure noi ci stiamo avviando verso lo ‘sforamento’. È evidente che questo settore di spesa è in affanno. Quanto ai vari meccanismi di pay back, di fatto incidono per il 2% sulla spesa ospedaliera, cioè molto poco. Sul territorio, il meccanismo del pay back è un po’ più efficiente, in quanto viene recuperato circa il 4% della spesa farmaceutica; dopodiché, sommandolo ai copayments dei pazienti, diciamo che in qualche modo alla fine i ‘conti tornano’, seppure parzialmente a spese dei cittadini. In generale, si può affermare che i vari meccanismi di controllo hanno aiutato a contenere la spesa convenzionata, ma non altrettanto si può dire per le altre due componenti. Sulla spesa ospedaliera serve qualcosa di più, non c’è dubbio; sulla continuità assistenziale (cioè sul pHt) vedo i maggiori margini di manovra a livello regionale. ad esempio, mettere a gara i farmaci del pHt e indirizzare successivamente le scelte prescrittive sui farmaci aggiudicatari può essere un efficiente intervento di governo della spesa, laddove ovviamente si riesca a farlo spuntando prezzi competitivi.
Secondo aIfa le regioni dovrebbero limitarsi a individuare i centri autorizzati alla prescrizione dei farmaci; la mia impressione è che aIfa si fidi poco delle regioni. ad esempio, nel sistema informativo dei registri di monitoraggio le regioni si ritrovano a gestire una individuazione dei centri in default, predisposta da aIfa stessa. Visto che dovrebbe essere la regione a decidere quali centri attivare, si tratta di un modo di procedere quanto meno incoerente. per svolgere un’efficace programmazione, le regioni devono essere in possesso delle informazioni epidemiologiche locali (ad esempio, stima dei soggetti potenzialmente eleggibili al nuovo trattamento), nonché di informazioni sui criteri di rimborso e sul reale prezzo di acquisto da parte delle strutture pubbliche. tuttavia, queste informazioni fondamentali non sono disponibili fintanto che non è disponibile la determina aIfa. anzi, nemmeno a quel punto, poiché lo sconto riservato alle strutture pubbliche, oggetto di trattative confidenziali fra industria e aIfa, non compare in determina. accade quindi che informazioni essenziali per la programmazione economica provengano tutt’al più da indiscrezioni/anticipazioni dell’industria stessa. e’ evidente che questa scarsa trasparenza rende il compito di pianificare la spesa farmaceutica assai arduo. oggi più che mai ci troviamo a fare i conti solo dopo che i farmaci sono già stati messi in commercio. uno spazio di intervento in cui le regioni possono invece agire più liberamente è la riduzione degli sprechi, un tema molto sentito in trentino, che oramai viene posto anche sui tavoli sindacali. agli operatori sanitari viene cioè richiesto di indicare i settori dove risparmiare, pena interventi sulla loro retribuzione di risultato. Il contenimento dell’over prescribing è sicuramente un compito importante, dove non siamo così dipendenti dall’operato di aIfa e dove c’è ancora molto da lavorare.
IN UN SISTEMA COSÌ FORTEMENTE CENTRALIZZATO IN APPARENZA, QUALE È IL RUOLO DELLE REGIONI NEL CONTROLLO DELLA SPESA FARMACEUTICA E QUALI SONO LE PRINCIPALI CRITICITÀ CHE INCONTRATE NELLA PRATICA?
Riccardo Roni lo spazio di manovra delle regioni nel pianificare l’assistenza farmaceutica è stretto poiché la gestione della stessa è fortemente centralizzata; inoltre, il sistema di pricing è poco trasparente. ciononostante, il livello di intervento varia moltissimo da una realtà all’altra. ci sono regioni che si sforzano di fare una pianificazione di spesa tenendo conto anche dei nuovi farmaci in arrivo; penso soprattutto al Veneto e ad alcuni progetti di horizon scanning. anche nelle realtà più evolute, tuttavia, si fa molta fatica a fare pianificazione, come nella vicenda recente dei farmaci anti-epatite c.
Ida Fortino premesso che confermo che il 2014 si è chiuso con un trend negativo di spesa, vorrei fare solo una precisazione di metodo im25
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OPINIONI A CONFRONTO portante per la spesa farmaceutica di regione lombardia: la spesa ospedaliera calcolata per il tetto aIfa non ha incluso il file f delle strutture private accreditate. Quindi, se dovessimo aggiungere anche il privato accreditato, potremmo prevedere anche per la lombardia il superamento del tetto complessivo. e, siccome nel 2015 il fondo si riduce, mentre il tetto rimane inalterato, è possibile che anche la lombardia lo possa sforare. anche considerando che nel 2014 regione lombardia è stata al di sotto del tetto della spesa territoriale per un valore di circa 200 milioni di euro, la proiezione regionale di spesa relativa alle terapie per l’HcV vale sicuramente almeno 200 milioni di euro nell’anno 2015. In generale, concordo pienamente con quanto detto da riccardo roni, perché anche noi non sappiamo quali sono in ambito farmaceutico le future autorizzazioni dei farmaci. manca una vera e propria programmazione a livello nazionale. Il decreto Balduzzi aveva indicato i famosi 100 giorni, cercando di stabilire una tempistica certa di fatto non rispettata. oltretutto, la lombardia è già di per sé terreno di molti studi sperimentali per i farmaci in fase di registrazione, che quindi hanno già di fatto molte probabilità di prescrizione una volta autorizzati all’immissione in commercio. ma, a fini programmatori, noi potremo stimare come andrà la spesa soltanto una volta iniziata la commercializzazione del farmaco. Quindi, manca un collegamento centroregioni e, “a cascata”, regione-territorio, anche perché, se non lo sa la regione, ovviamente non può saperlo nemmeno il territorio. ed è il territorio che deve fare programmazione a livello locale, perché è lì che si spende in pratica il budget regionale. In sintesi, si registra attualmente un vero e proprio sfasamento fra i livelli centrale, regionale e locale. ed è parimenti chiaro che in questo momento stiamo vivendo un momento di forte centralizzazione, in cui, se è pur vero che il sistema centrale non deve subire le regioni, purtroppo però neppure le ascolta.
COSA MANTERRESTE DEL SISTEMA ATTUALE DI DETERMINAZIONE DEI PREZZI E RIMBORSABILITÀ DEI FARMACI?
Riccardo Roni Senza essere troppo “avventurosi” e limitandoci a considerare quanto è già in atto, il meccanismo che ha mostrato di funzionare meglio è quello utilizzato per l’assistenza farmaceutica convenzionata, basato su un prezzo massimo di rimborso (prezzo di riferimento) e sulla conseguente compartecipazione alla spesa da parte del paziente. Questo sistema ha consentito di mettere complessivamente sotto controllo il settore di spesa che era anche il più rilevante. c’è da chiedersi se non valga la pena di essere più coraggiosi in questa direzione. ancora oggi, infatti, esistono alcuni tabù in tema di prezzo di riferimento. perché non applicare un prezzo di riferimento ai prodotti biologici (ad esempio, sulle insuline long acting)? perché non applicarlo a categorie terapeutiche omogenee (e non solamente al singolo principio attivo)? perché non applicarlo all’assistenza integrativa? Sono tabù che secondo me vanno sfatati. non è più sostenibile, ad esempio, avere sei prezzi di riferimento diversi per gli inibitori di pompa protonica. ma a che punto siamo con la definizione delle categorie omogenee? alcune regioni in piano di rientro hanno già applicato il prezzo di riferimento per categorie terapeutiche; basterebbe quindi in qualche modo allargarne l’ambito di applicazione. Siamo infatti gravati da tempo da tutta una serie di farmaci me-too: in ogni gruppo terapeutico, laddove c’è un farmaco che funziona dal punto di vista commerciale, ne compaiono successivamente molti altri con valore terapeutico aggiunto spesso irrilevante, ma con prezzi diversi e generalmente più elevati; un “circolo vizioso” da interrompere quanto prima.
Ida Fortino per completare il ragionamento, vorrei fare alcune riflessioni critiche anche sui registri, con qualche riferimento specifico ai c.d. contratti d’esito. Hanno un costo rilevante dal punto di vista amministrativo, sia per il
IPOTIZZANDO DI POTER RAZIONALIZZARE ULTERIORMENTE IL SISTEMA, COSA CAMBIERESTE E 26
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OPINIONI A CONFRONTO farmacista che per il medico, e adesso, con l’introduzione della fatturazione elettronica, abbiamo probabilmente un motivo in più per cercare di semplificare il tutto. anche se è giusto ricordare che stiamo parlando di una piccola quota di farmaci, seppure ad alto costo, l’informazione acquisita di fatto non ritorna mai indietro agli operatori e allora è legittimo chiedersi anche a cosa serva tutto questo sforzo. non potrebbe essere molto più semplice contrattare con le aziende uno “sconto-volume”, semplificando ai “paganti” (cioè chi li compra) la gestione di questi farmaci? oltretutto, questa sorta di “contratti secretati” sta aumentando di numero, vedi il caso di Sovaldi. Se poi qualcuno volesse avere dati di esito di una terapia, l’unico soggetto in grado di raccogliere dati di esito non può che essere la regione, attraverso le proprie aziende sanitarie che, con i propri database amministrativi, possono fornire questo tipo di valutazioni. esattamente quello che oggi non sono in grado di fornire i registri nazionali. I registri riflettono di fatto le indicazioni registrative dei farmaci al momento della contrattazione. È chiaro che il sistema vero di esiti dovrebbe essere costruito successivamente, dalla regione o chi per essa, andando a verificare qual è il reale risultato di questi trattamenti e quanto sono costati al sistema. Bisognerebbe allora semplificare questo sistema, rendendolo anche più chiaro sia a chi vende che a chi compra. prendiamo il caso limite di un farmaco con indicazioni terapeutiche plurime (come tipicamente accade in oncologia) e conseguentemente caratterizzato da meccanismi di rimborso e prezzi vari, anche se trattasi sempre dello stesso principio attivo con lo stesso nome commerciale; così si creano di fatto ulteriori problemi di gestione amministrativa che rendono il sistema sempre più complicato e difficile da governare.
certezza a livello terapeutico, ma abbiamo allo stesso tempo la necessità di semplificare i meccanismi di gestione. provo a ribadire alcuni ‘concetti chiave’. Il livello di efficacia che vogliamo valutare come effetto di una terapia è sempre più complicato da misurare. ci viene ricordato sempre più spesso di abituarci a gestire un maggior margine di incertezza, ma allo stesso tempo di semplificare i controlli. normalmente ‘buon senso vuole’ che un maggior margine di incertezza sia in realtà accompagnato da sistemi più complessi di gestione e oggi abbiamo visto quanto sia complicato farlo con i sistemi in atto. le ‘parole chiave’ più ricorrenti negli interventi sono state i ruoli di aIfa e regioni. Si è parlato di un sistema aIfa centralizzato, a fronte del quale le regioni devono mettere in piedi dei meccanismi di autodifesa, visto che poi dovranno gestire la spesa. abbiamo dei sistemi che seguono di fatto anche i costi indotti dal settore della distribuzione farmaceutica, a livello sia di assistenza territoriale che ospedaliera. Sono anche d’accordo sul fatto che il sistema di controllo sulla spesa territoriale ha sostanzialmente funzionato, mentre sono in crisi quelli dove si inseriscono maggiormente i farmaci innovativi, cioè l’assistenza specialistica e ospedaliera. ci stiamo dimenticando però due cose. per arrivare a quel controllo (cito la legge 222), siamo passati attraverso un lungo percorso, passando per la ‘rivoluzione’ dei prontuari, delle categorie omogenee, con una serie di discussioni molto simili a quelle che adesso si sentono per il settore ospedaliero. Quindi, dobbiamo probabilmente approfondire le riflessioni, come è avvenuto in ambito territoriale, magari ‘pagando il dazio’ anche di alcuni errori di percorso. c’è poi un secondo elemento, a mio avviso incongruente, o quantomeno di cui stiamo perdendo la memoria. Questa contrapposizione di ruoli fra aIfa e regioni ‘riecheggia’ quella tipica di tante situazioni fra centro e periferia. ci stiamo però dimenticando che aIfa non è una struttura esclusivamente centrale, ma nasce da un atto (forse uno dei pochi) di federalismo nel nostro paese a seguito del titolo V, in cui le regioni delegavano (non regalavano!) la gestione del settore farmaco a un organismo per il 50% di loro proprietà e per la metà restante delle auto-
Antonio Addis (Discussant) compito non facile quello odierno di commentare un dibattito così ampio e stimolante. partirei proprio dall’ultima affermazione di Ida fortino. a tutti quelli che guardano un po’ la letteratura del settore è chiaro che siamo di fronte a uno scenario caratterizzato da un maggior margine di in27
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OPINIONI A CONFRONTO rità centrali, analogamente alla Food and Drug Administration americana. con questi discorsi stiamo di fatto sancendo un cambiamento di status quo, in cui credo abbiano responsabilità sia quelli che a roma vogliono trasformare aIfa in un ‘piccolo ministero’ sia le regioni che hanno più o meno volutamente dimenticato di avere un ruolo in aIfa. Vi faccio degli esempi: quando si parla di programmazione, perché non si parla di ‘horizon scanning’? le regioni e le aSl hanno estremo bisogno di sapere che farmaci arriveranno sul mercato, come confermato dal dibattito odierno, mentre lo sanno solamente quando arrivano in determina. ma, scusate, cosa ci stanno a fare allora le commissioni ctS e cpr di aIfa e lo stesso consiglio di amministrazione, in cui vengono nominati i responsabili regionali? Se sono dei puri e semplici ‘cavalierati’, a prescindere dal 50% di proprietà delle regioni, allora meglio dirlo chiaramente. e’ altrettanto legittimo chiedersi perché aIfa non sa nulla di un nuovo farmaco fino al momento della registrazione di ema, nonostante i dossiers vengano predisposti mediamente con 220 giorni effettivi di lavorazione: forse che ema non è sovvenzionata da tutti gli Stati membri? perché non si è saputo nulla di sofosbuvir, pur essendo stato discusso per un anno mezzo prima di essere stato registrato? la giustificazione formale è che la circolazione anticipata delle informazioni solleverebbe un problema rispetto ai confidentiality agreements siglati con l’industria. In pratica aIfa, che siede in ema, non può informare sé stessa per motivi confidenziali, anche se poi dovrà sapere ‘fatti e misfatti’ di un tal farmaco per poterlo valutare e giudicare in Italia. raccontandovi questa ‘schizofrenia’ che vivo in ctS in prima persona, immagino quindi cosa debbano provare allo stesso modo le regioni: ma perché, pur partecipando ad aIfa, devo scoprire solo dalla Gazzetta ufficiale che cosa ne sarà di quel farmaco? Si parla tanto di riorganizzazione delle autorità centrali, dall’Istituto Superiore di Sanità ad agenas e aIfa, ma nessuno parla della ‘negazione di fatto’ del ruolo delle regioni a livello centrale; anzi, tutti sembrano auspicare che si possa finalmente fare a meno delle regioni. e, co-
munque, la programmazione senza queste interazioni è impossibile. torniamo alle informazioni necessarie per programmare, pensando anche alle gare di acquisto. ad esempio, un modo per governare l’assistenza ospedaliera potrebbe essere quello di definire delle ‘categorie omogenee’ di prodotti, raggruppando farmaci simili sotto il profilo terapeutico. ora, se la regione vuole farlo per definire un capitolato di acquisto, per farlo deve tener conto dei criteri fissati da aIfa in proposito, formulando una richiesta esplicita qualora non ce ne siano di pregressi in materia. In pratica, le regioni non possono agire autonomamente nel definire eventuali categorie omogenee, quand’anche aIfa non abbia formulato delle ‘linee guida’, ma allo stesso tempo viene spesso ricordato che bisogna fare le categorie omogenee per ottenere prezzi competitivi. e’ quindi chiaro che è in atto un sorta di ‘corto circuito’ burocratico, da risolvere prima ancora di affrontare gli aspetti tecnici per configurare delle categorie omogenee. Devo anche riconosce che quello delle categorie terapeutiche omogenee è un argomento molto ‘sensibile” per il sottoscritto, avendoci speso fino troppo tempo ai tempi del prontuario farmaceutico nazionale 2003. nacquero da una concertazione molto agguerrita con le aziende, ma anche molto utile a livello professionale. fu un lungo percorso, certamente non nacquero dal nulla. Sarebbe ingenuo pensare che categorie omogenee come quelle del 2003, che tutto sommato hanno resistito vincendo anche diversi ricorsi al tar, possano nascere semplicemente sfruttando una classificazione internazionale come l’atc o le DDD. In altri termini, pensare che adesso si possano fare da un giorno all’altro, è pura illusione, per non dire demagogia. concludendo, credo che, nella sfida da affrontare, bisogna dotarsi di criteri più stringenti per valutare i nuovi farmaci del futuro, i quali hanno delle forti potenzialità terapeutiche, ma purtroppo anche dei dati a supporto caratterizzati da enormi livelli di incertezza. Se vogliamo generare un sistema che non si chiude in sé stesso, fino a risultare esclusivamente difensivo, dobbiamo anche ristabilire i contatti fra istituzioni centrali e locali, generando un’’osmosi virtuosa’ fra i vari livelli istituzionali. 28
Quaderni di Farmacoeconomia 28 - ottobre 2015
OPINIONI A CONFRONTO Maria Grazia Piscaglia,1 Paola Mosconi,2 Antonella Barale 3
Impatto socio-economico della sclerosi multipla
Abstract la sclerosi multipla (Sm), una patologia neurologica tra le più
PA R O L E C H I AV E :
invalidanti, interessa molte persone in età giovanile, di cui la maggioranza in età lavorativa, rendendo cosi la questione dei costi sociali per definizione rilevante. Inoltre, essendo il rapporto fra donne e uomini di 3-4 a uno, la Sm assume un peso particolarmente rilevante per le donne, motivo per cui viene spesso associata alla medicina di genere. Dalla discussione in tavola rotonda emerge l’opinione condivisa che la Sm sia una patologia con un impatto comunque eterogeneo sui singoli individui, influenzato dalla gravità della patologia, ma anche della condizione socio-economica della persona. Inoltre, appare auspicabile affinare gli strumenti di valutazione attualmente disponibili per stimare l’entità di tale disagio a livello di singolo paziente.
ScleroSI multIpla,
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coStI InDIrettI, meDIcIna DI Genere
1
Maria Grazia Piscaglia Dirigente Medico UO Neurologia Ausl Romagna, Ravenna
2
Paola Mosconi Responsabile del Laboratorio di ricerca per il coinvolgimento dei cittadini in sanità Dipartimento di Salute Pubblica - IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano
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Antonella Barale Responsabile Struttura Semplice di Epidemiologia, ASL di Vercelli
OPINIONI A CONFRONTO Paola Mosconi come ricercatrice mi occupo del coinvolgimento dei cittadini/pazienti e delle loro rappresentanze in tutte le fasi del processo di diagnosi e cura. alcuni progetti hanno riguardato espressamente la Sclerosi multipla e non posso non convenire che l’impatto di questa malattia sia molto forte e significativo nella vita di una persona. In una valutazione economica complessiva non ci si può evidentemente limitare all’analisi dei costi diagnostico-terapeutici in ambito ospedaliero, in quanto la disabilità legata alla malattia può generare anche altri costi non strettamente sanitari. ricordo studi che hanno cercato di stimare l’impatto sociale della Sm in termini di mancato lavoro da parte non solo dei pazienti, ma anche dei familiari per le fasi di assistenza, così come la perdita di qualità della vita della persona e del proprio ruolo sociale in un senso ancora più ampio. purtroppo la valutazione degli aspetti relativi all’impatto sulla qualità della vita è carente anche negli studi clinici sui farmaci, quasi sempre limitati a endpoints di tipo clinico. Inoltre, sotto il profilo metodologico, si sente la mancanza di sviluppo e utilizzo di strumenti standardizzati e validati per la raccolta di tutti questi dati. recentemente ho apprezzato una pubblicazione internazionale su un nuovo strumento standardizzato di valutazione delle difficoltà lavorative affrontate dal paziente affetto da Sm, messo a punto in Italia: il Development and validation of the multiple sclerosis questionnaire for the evaluation of job difficulties (mSQ-Job). l’aISm, in quanto associazione di pazienti Sm, è molto attiva su questo fronte e credo abbia sostenuto lo sviluppo di questa nuova scala sulle difficoltà lavorative. tuttavia, credo manchino tuttora dati di carattere nazionale o internazionale di confronto. Bisogna quindi sicuramente tenere conto in modo adeguato di tutti i costi e dell’impatto della Sm in generale, nonché delle terapie utili per controllarla.
LA SCLEROSI MULTIPLA (SM) È UNA PATOLOGIA NEUROLOGICA TRA LE PIÙ INVALIDANTI. A VOSTRO AVVISO, HA SENSO CHE GLI STUDI DI VALUTAZIONE ECONOMICA CONSIDERINO LA PROSPETTIVA DELLA SOCIETÀ (E QUINDI ANCHE LE PERDITE DI PRODUTTIVITÀ) E I COSTI DIRETTI NON SANITARI (AD ESEMPIO, RISTRUTTURAZIONI ABITATIVE) IN UN MOMENTO DI CRISI ECONOMICA ED OCCUPAZIONALE COME QUELLO ATTUALE?
Maria Grazia Piscaglia anche se come medici specialisti siamo chiamati a gestire solo i costi ospedalieri, il messaggio che stiamo cercando di fare arrivare ai nostri Direttori Generali e a tutti gli enti di riferimento è proprio che bisognerebbe prendere in considerazione anche la riduzione di attività e le assenze dal lavoro conseguenti alla malattia, chiaramente condizionate dall’andamento della malattia stessa e dalla risposta alle terapie. Dalla tempestività con cui iniziamo un trattamento terapeutico secondo i criteri sanciti dalle autorità regolatorie, si può raggiungere più rapidamente un controllo della Sm, ma questa scelta è nelle mani del clinico (non del regolatore) ed è condizionata dalla storia clinica del paziente. e’ importante limitare i costi indiretti, ancorché sia molto complesso stimarne l’entità. l’aISm (n.d.r. associazione Italiana Sclerosi multipla) da tempo cerca di sensibilizzare i decisori sanitari a livello nazionale, regionale e locale su questi aspetti, che altrimenti rischiano di restare sempre in secondo piano. tornando al mio ruolo di clinico, è ovvio che questi costi non rientrano nel nostro budget e quello che ci viene richiesto è contribuire a contenere quelli specificamente sanitari. penso comunque che dobbiamo in qualche modo costruire insieme il percorso terapeutico secondo criteri di precocità e personalizzazione. Solo in questo modo si possono raggiungere obiettivi di sostenibilità della spesa farmaceutica, miglioramento della vita quotidiana dei pazienti e riduzione dei costi indiretti.
Antonella Barale Sono stata invitata a partecipare in quanto persona con la Sm che dovrebbe portare la propria esperienza personale. ri30
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OPINIONI A CONFRONTO spondendo alla domanda, molto è già stato detto dalle relatrici che mi hanno preceduto e quindi cerco di sintetizzare il mio punto di vista, non potendo che condividere tutto quanto detto finora. partendo dall’evidenza che purtroppo questa patologia interessa quasi sempre persone giovani, di cui la maggioranza in età lavorativa, la questione dei costi sociali è rilevante per definizione. Seppure viviamo oramai da anni un periodo di crisi economica e occupazionale, comunque sia si deve tenere conto di questi costi a prescindere dalla congiuntura. Si tratta di persone giovani che, contraendo questo tipo di patologia, vanno incontro a un’interruzione temporanea del lavoro, a cui spesso segue un demansionamento e in molti casi addirittura un licenziamento. l’impatto è veramente vario ed eterogeneo, visto che le forme della malattia sono diversissime. esistono forme di Sm in cui non è evidente la disabilità e quindi l’attività lavorativa può continuare, ma in molti casi deve essere quanto meno ridimensionata, temo soprattutto nel caso di soggetti appartenenti a categorie socialmente e culturalmente svantaggiate. partecipando alle attività dell’aISm, ho avuto modo di confrontarmi con persone nelle mie stesse condizioni di salute e ho quindi potuto constatare come chi esegue lavori cosiddetti “umili e manuali” non può continuare a svolgere la propria attività allo stesso modo di chi esercita una professione più intellettuale, in quanto la disabilità glielo impedisce. Quindi, questo è un elemento da tenere in considerazione nella valutazione dei costi indiretti. rispetto al discorso dei costi diretti, oltre a valutare quelli sanitari, bisogna tener conto di altri aspetti della vita quotidiana che possono generare costi per la persona con Sm. Il primo esempio che mi viene in mente è il problema di raggiungere il luogo dove ricevere le cure sanitarie; anche questo per alcune persone può rappresentare un costo molto elevato. a livello sociale, allo stato attuale, non c’è nessun ente pubblico che contribuisce a rimborsare questo tipo di spesa, rimandando il tutto al c.d. care giver, cioè il familiare/conoscente che comunque potrebbe perdere ore di lavoro per
accompagnare il paziente. un altro problema di cui ho avuto una triste esperienza personale è quello dell’ottenimento dell’invalidità civile, un “percorso tortuosissimo” in cui non si capisce mai veramente cosa bisogna fare, mancando una informativa chiara e precisa. per farvi capire meglio, un esempio banale è quello dell’iter per richiedere il contrassegno per il parcheggio dei disabili. ottenere tale contrassegno implica anche un costo monetario se non viene rilasciato a tempo indeterminato, e tenete presente che con tempo indeterminato si intendono cinque anni; a pensarci bene, c’è già una “contraddizione di termini” nel definirlo indeterminato se poi dura di fatto non più di cinque anni. anche se la Sm è una malattia cronica da cui purtroppo non si guarisce, succede comunque spesso che il contrassegno venga rilasciato solamente per due anni. Quindi, ogni due anni è necessario effettuare tutta una serie di passaggi alla aSl e alla polizia municipale, con versamenti di danaro e marche da bollo da pagare che magari alla fine costano, tutti sommati, di più dei pedaggi dei parcheggi risparmiati.
SECONDO LA VOSTRA OPINIONE AIFA E REGIONI DOVREBBERO COINVOLGERE IN MODO PIÙ AMPIO I CITTADINI E I PAZIENTI NEI PROCESSI DI VALUTAZIONE DI NUOVE TECNOLOGIE? SE SI, CHI E COME?
Paola Mosconi non c’è nessun dubbio che cittadini, pazienti e loro rappresentanze debbano essere attivamente coinvolti nei processi di valutazioni di nuove tecnologie. a tale proposito, è tuttavia importante tenere presente alcuni aspetti rilevanti. Innanzitutto, bisogna incominciare a ragionare sui criteri di selezione, cioè come e chi coinvolgere. Da quando si è deciso di coinvolgere rappresentanti dei cittadini e dei pazienti nei tavoli di lavoro, non sono mancate, a un certo livello, le discussioni sui criteri di selezione dei partecipanti. la questione dei criteri di sele31
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OPINIONI A CONFRONTO zione è all’ordine del giorno anche a livello europeo per l’inserimento dei rappresentanti dei pazienti nei vari gruppi di lavoro, ad esempio quelli di ema; è in atto anche un dibattito parallelo (molto acceso) sul tema dei conflitti d’interesse. Quindi, bisognerebbe innanzitutto avere un’idea di quali criteri abbia in mente aIfa o qualsiasi altro ente e pretendere che questi criteri siano condivisi, noti e accessibili in modo trasparente. ad oggi, il soggetto da coinvolgere viene scelto molto spesso in modo del tutto discrezionale: il rappresentante dell’associazione più grande oppure quello dell’associazione più piccola e i criteri non vengono comunque esplicitati. Volendo poi verificare concretamente l’aspetto dei conflitti di interesse, ci sono oramai molte associazioni che hanno stretto legami diretti con aziende farmaceutiche o di dispositivi e ricevono finanziamenti per le proprie attività. anche questo aspetto andrebbe chiarito nella scelta di un rappresentante, non tanto per escludere qualcuno, ma piuttosto per essere certi di quali siano gli interessi in discussione e valutarne l’eventuale influenza. Qualche anno fa abbiamo effettuato un’indagine facendo una “verifica incrociata” fra aziende farmaceutiche e associazioni di pazienti. avendo le aziende farmaceutiche l’obbligo di segnalare sul proprio sito quali sono i gruppi che sostengono, abbiamo verificato se le associazioni di pazienti indicate dichiarassero a loro volta di avere ricevuto questi fondi su propri siti. ebbene, la proporzione di chi li dichiarava era veramente molto bassa. Quindi, il cittadino o l’organizzazione che si avvicinavano all’associazione non potevano sapere, nella maggior parte dei casi, se a finanziare le attività associative ci fossero anche delle aziende farmaceutiche o meno. un altro aspetto a mio avviso interessante da discutere è quello della definizione dei ruoli che un’associazione può svolgere in funzione delle proprie capacità. capita spesso, in tantissimi contesti, di invitare un’associazione e poi altre in successione, in quanto non dispiace avere al tavolo di lavoro più rappresentanti dei pazienti. Dopodiché, però, non è chiaro quale ruo-
lo possano rivestire questi rappresentanti una volta avviati i gruppi di lavoro. Quanto accaduto nei comitati etici mi pare un esempio abbastanza emblematico. la legge stabilisce l’obbligo di avere almeno un rappresentante dei cittadini o dei pazienti quale membro di ogni comitato etico, ma poi nulla aggiunge sui criteri di scelta e sul ruolo svolto nell’ambito del comitato. Il risultato pratico è che tale rappresentante rischia di svolgere un ruolo importante o del tutto ininfluente a seconda delle caratteristiche personali del membro, cioè in modo del tutto soggettivo.
Antonella Barale nel mio caso, nel rispondere al quesito, mi limiterò ovviamente alla Sm e all’aISm, cioè l’associazione a cui sono iscritta. la frequento da un anno circa, quindi non tantissimo; però, in base alla mia personale esperienza, posso dire che mi sembra un’associazione molto rigorosa. Infatti ha uno statuto molto ben codificato e i rapporti con le aziende farmaceutiche sono dettagliamente regolamentati. tutto questo è facilmente riscontrabile anche in rete sul sito di aISm. Inoltre aISm, attraverso la fondazione Italiana Sclerosi multipla (fISm), indirizza e finanzia la ricerca scientifica sulle cause e le cure per la Sm. Sono due gli eventi annuali organizzati su scala nazionale di raccolta fondi (abbastanza noti al pubblico), durante i quali vengono offerti “in cambio” mele e gardenie e il cui ricavato va in gran parte devoluto in ricerca scientifica. mi risulta che in Italia la fISm finanzi circa il 70% della ricerca scientifica finalizzata alla Sm. Quindi, mi sembra ci siano elementi solidi per combattere la nostra malattia, rafforzati a partire dallo scorso anno dalla “carta dei Diritti delle persone con Sclerosi multipla”, redatta con l’invito a tutti i cittadini a sottoscriverla. tale documento include fra gli altri il diritto alla salute, alla ricerca scientifica e all’informazione. Quindi, tornando alla domanda, mi sembra che l’aISm abbia tutte le “carte in regola” per partecipare a eventuali gruppi di lavoro previsti da parte di aIfa o regioni mirati a valutare nuove tecnologie per curare la Sm. 32
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OPINIONI A CONFRONTO Maria Grazia Piscaglia la domanda è sicuramente stuzzicante, soprattutto in un paese come l’Italia in cui la partecipazione e l’interesse per le scelte politiche più generali si sta affievolendo. credo bisogna essere molto attenti; come ha già detto paola mosconi, è necessario esplicitare i criteri selettivi con cui i rappresentanti delle associazioni dei pazienti verranno chiamati a partecipare ai tavoli di aIfa e/o delle regioni per l’ introduzione di nuove tecnologie. Infatti, da un lato la spinta emotiva strettamente legata al vissuto della malattia, dall’altro la scarsa competenza scientifica potrebbero rischiare di vanificare un contributo che potrebbe avere invece come risultato finale un beneficio concreto per il paziente. tornando alla Sm, un’associazione come l’aISm, che da anni attua modalità di intervento sulle politiche sociali e supporta la formazione degli operatori e la ricerca, può sicuramente dare un contributo positivo, anche se mi limiterei in tale giudizio ai livelli nazionali.
per quanto riguarda la Sm, la situazione è meno squilibrata, proprio a causa del rapporto crescente fra femmine e maschi di cui sopra; fattore importante anche alla luce delle diverse manifestazioni della malattia fra i due generi, con particolare riferimento alla maggior frequenza di forme progressive e più aggressive nella popolazione maschile. Infine, tornando agli aspetti sociali più generali, mi preme comunque ricordare che la donna con Sm è sempre più discriminata dell’uomo dal punto di vista lavorativo. un esempio che ho avuto modo di constatare di persona è quello delle donne insegnanti, affatto tutelate quando viene loro diagnosticata la Sm. anche sotto questo profilo, la medicina di genere può contribuire a una maggior attenzione e sensibilità da parte dei dirigenti scolastici e, più in generale, dei responsabili o datori di lavoro in tutti gli ambiti lavorativi.
Maria Grazia Piscaglia l’approccio di genere è quanto mai attuale e innovativo, anche se, come sottolineato nell’intervento precedente, nella Sm questo aspetto è del tutto evidente anche nella prevalenza delle manifestazioni cliniche. tale approccio può essere utile anche per valutare se ci possano essere farmaci più o meno efficaci nei due generi. Questo potrebbe addirittura aiutarci a identificare dei markers specifici utili per un approccio di medicina personalizzata, assumendo che medicina di genere e personalizzata possano essere logicamente correlate in questo contesto. In un’ottica di medicina di genere, c’è poi da considerare il ruolo della donna nei confronti della malattia anche a livello sociale, sul lavoro così come in famiglia; questo approccio si può quindi ampliare a “macchia d’olio”. Insieme a una mia collega abbiamo contribuito a fondare la società scientifica “Donne in neuroscienze”, con l’obiettivo primario di promuovere un approccio di genere in tutte le malattie neurologiche, in molti casi caratterizzate da una prevalenza femminile e soprattutto da risposte eterogenee per genere alle terapie farmacologiche, che probabilmente inducono anche costi diversi fra maschi e fem-
SCLEROSI MULTIPLA E MEDICINA DI GENERE: SECONDO VOI QUALE IMPATTO PRATICO PUÒ AVERE QUESTO LEGAME DAL PUNTO DI VISTA DEL “DISEASE MANAGEMENT” DELLA SM?
Antonella Barale Il rapporto fra femmine e maschi per questa malattia era due a uno fino a poco tempo fa, adesso è addirittura diventato 3-4 a uno; quindi le donne hanno sicuramente un peso particolare in questa patologia. In generale, la medicina di genere è comunque un approccio sempre più sentito in tutte le patologie, essendo diversi la fisiologia e il ciclo di vita della donna rispetto a quelli dell’uomo. tenendo conto della ciclicità della vita di una donna (ciclo mestruale, gravidanza, allattamento, menopausa), è evidente che fare entrare una donna in uno studio clinico costa decisamente di più alla luce di valutazioni di ordine sociale, motivo per cui storicamente il genere maschile partecipa in misura maggiore agli studi clinici. peraltro, 33
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OPINIONI A CONFRONTO mine. ad esempio, uno dei problemi emerso in modo eclatante in questi anni di attività è la diversità neurofisiologica nella risposta al dolore fra uomini e donne e quindi la diversa risposta ai farmaci antidolorofici. purtroppo, gli studi clinici sui farmaci sono prevalentemente condotti su uomini e ciò incide anche sulla definizione dei dosaggi delle medicine, solitamente identici per uomini e donne a prescindere dal peso corporeo, scelta opinabile anche utilizzando il comune buon senso.
approfondito. Studi e ricerche sono ancora molto insufficienti e anche la sensibilità di ricercatori e legislatori è molto carente. nel campo dei farmaci mi verrebbe da dire che l’errore parte da lontano. Infatti, da una revisione su studi di fase pre-clinica (condotta anche in questo caso da ricercatori italiani) è emersa una netta predominanza di popolazione maschile anche negli animali da esperimento. Quindi, ennesima e, per certi versi inattesa, conferma che sulla medicina di genere ci sono sicuramente tanti aspetti ancora da discutere e valutare. con riferimento specifico alla Sm, si dovrebbe in un certo senso pretendere che sia i medici che le associazioni tengano maggiormente conto di questo aspetto, non soltanto come concetto astratto, ma con azioni concrete di discussione della tematica e iniziative conseguenti.
Paola Mosconi Se penso alla medicina di genere nel senso più ampio del termine, al di là della Sm, concordo pienamente sul fatto che abbiamo ancora tantissimo da fare e che il tema non è ancora stato sufficientemente
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OPINIONI A CONFRONTO Enrique Hausermann,1 Silvio Garattini 2
farmaci biotecnologici e protezione
brevettuale: ancora alla ricerca di un equilibrio
Abstract Il brevetto nel settore farmaceutico dovrebbe proteggere una reale no-
PA R O L E C H I AV E :
vità terapeutica, per non rischiare di diventare irrilevante come strumento di incentivo alla ricerca e risultare allo stesso tempo un ostacolo al controllo della spesa farmaceutica. per quanto riguarda i farmaci biotecnologici in particolare, bisognerebbe introdurre un sistema in grado di trasferire la possibilità di svilupparli allo stesso modo in cui si produce l’originale, evitando di prolungare di fatto il brevetto indefinitamente. Di seguito vengono riportate diverse opinioni in proposito, sia dal punto di vista industriale che di sanità pubblica.
BreVetto,
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farmacI BIotecnoloGIcI, SpeSa farmaceutIca
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Enrique Häusermann Presidente di Assogenerici, Milano
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Silvio Garattini Direttore, IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano
OPINIONI A CONFRONTO scita dei prezzi è in continua evoluzione. penso, ad esempio, ai farmaci antitumorali che vent’anni fa costavano (e quelli maturi tuttora costano) pochi euro, mentre i farmaci recenti arrivano a decine di migliaia di euro all’anno, diventando un costo oramai insostenibile per il nostro Servizio Sanitario nazionale (SSn). e, continuando di questo passo, i miliardi di deficit della spesa farmaceutica ogni anno aumenteranno. Quindi, dobbiamo stare molto attenti perché, forse è bene ricordarlo, il nostro SSn rappresenta un grande beneficio per i cittadini e la sua ‘non sostenibilità’ vorrebbe dire ritornare ai sistemi mutualistici del passato, fondamentalmente assicurativi, che certamente non ci potrebbero mai dare quello che invece può offrire un servizio sanitario pubblico. e’ un problema serio, anche se molti pensano che la spesa farmaceutica non sia così importante nell’ambito della spesa sanitaria; però non dobbiamo nemmeno dimenticare che è ormai molto vicina al 20% della spesa totale del SSn. Quindi, non parliamo di una piccola frazione di spesa sanitaria, a maggior ragione se separiamo in qualche modo la spesa comprimibile da quella incomprimibile, tipicamente rappresentata dagli stipendi dei dipendenti del SSn. Se andiamo a vedere quale è il reale vantaggio di molti di questi farmaci biotecnologici, trattasi, salvo pochissime eccezioni, di farmaci che aumentano la sopravvivenza mediamente di 2/3 mesi. un beneficio sostanzialmente molto limitato rispetto al costo indotto per il SSn. un primo passo nella giusta direzione, che però non dipende dal SSn, potrebbe essere quello di un accordo a livello ue che fissi in almeno 6-9 mesi l’aumento di sopravvivenza, accompagnato da un adeguato contenimento degli effetti collaterali. Infatti, non solo abbiamo solamente due o tre mesi di sopravvivenza in più, ma spesso caratterizzati pure da alta tossicità. Quindi, se guardiamo alla qualità di vita di questi pazienti, il beneficio è ancora più ridotto. Bisogna perciò ”alzare l’asticella” del vantaggio terapeutico a livello europeo, affinché l’ema sia posta nelle condizioni di non approvare i farmaci che non la
E’ ANCORA POSSIBILE ACCETTARE LA STRATEGIA DEL ‘SEMPRE VERDE’, PROLUNGANDO LA COPERTURA BREVETTUALE DI MOLECOLE O FARMACI GIÀ DISPONIBILI DA TEMPO SUL MERCATO ANCHE ATTRAVERSO MODIFICHE MINIME E SENZA BENEFICIO CLINICO PER IL PAZIENTE?
Enrique Hausermann Il tema è estremamente complesso. Bisogna fare innanzitutto un distinguo con il passato, quando abbiamo assistito a modifiche di farmaci di sintesi relative a brevetti che sono stati di fatto prolungati, ma soprattutto è stato introdotto il concetto del certificato supplementare di protezione, che ha formalmente allungato la vita a molti farmaci; di questo stiamo ancora discutendo come associazione di genericisti. Quello che proprio non vorremmo accadesse nel campo dei biosimilari. mi pare di poter dire che sia difficile fare delle modifiche marginali per i biologici attualmente registrati: bisognerebbe infatti farne di abbastanza sostanziale, dopodiché si dovrebbe riprodurre la sperimentazione (o parte di essa) per testarne i risultati. uso il condizionale perché, francamente, non sono specialista di questo settore e il professor Garattini potrà essere sicuramente più illuminante in proposito. In generale, noi siamo contro quello che è stato definito l’”ever greening”, perché non produce nessun beneficio sotto il profilo terapeutico. parimenti chiaro che noi siamo dei forti sostenitori dei brevetti e quindi della ricerca, in quanto va da sé che siamo destinati a scomparire senza ricerca e brevetti. Infatti noi ‘viviamo’ di scadenze brevettuali, motivo per cui non possiamo nemmeno ipotizzare una cancellazione di tale istituto nella situazione attuale.
Silvio Garattini Io vorrei incominciare dal problema dei prezzi, perché credo che questo sia il vero punto di partenza dei nostri ragionamenti allo stato attuale delle cose. la cre36
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OPINIONI A CONFRONTO raggiungono. Questo aspetto va comunque accoppiato a un altro, ancora più fondamentale e difficile da realizzare: la completa autonomia dei ruoli fra il soggetto che propone un nuovo farmaco, quello che lo esamina e quello che lo valuta. Se noi continuiamo a lasciare che sia l’industria farmaceutica a progettare la sperimentazione clinica, sarà evidentemente molto difficile che si rispettino le condizioni necessarie per poter affermare che si sono raggiunti 6-9 mesi in più di sopravvivenza. Infatti, l’endpoint della sopravvivenza viene raramente utilizzato e si ricorre assai più frequentemente a parametri di tipo surrogato. Bisogna instaurare un confronto con chi fa la valutazione, che permetta di scegliere anticipatamente i parametri più adatti . tornando ai prezzi, uno degli argomenti di cui non c’è traccia in letteratura scientifica è proprio la determinazione dei prezzi dei farmaci. Si trovano pubblicazioni su tutto, ma non su come si fa a stabilire il prezzo dei farmaci. per il sofosbuvir ho provato a fare da solo un calcolo molto semplice. Ho preso uno dei tanti cataloghi di aziende che vendono principi attivi in bulk nel settore farmaceutico e sono andato a guardarmi cosa costerebbe il sofosbuvir. acquistandolo in dosi minimali, ho riscontrato che mi costerebbe 2.200 euro al chilo. Quindi, un prezzo tutto sommato molto basso, destinato a ridursi ulteriormente (forse anche del 50%) qualora ne acquistassi uno o più quintali. Ho poi fatto un calcolo di quanto prodotto finale potrei ottenere con il chilogrammo di principio attivo pagato 2.200 euro, stimando che il risultato al prezzo di vendita attuale negli Stati uniti mi porterebbe a incassare circa 2,2 milioni di euro, con un ‘fattore moltiplicativo’ del costo pari a circa mille volte. a questo punto, per la richiesta di prezzo di sofosbuvir è legittimo domandarsi se si tratti di un ”giusto prezzo” o di un ”vile ricatto”. Sembra che la trattativa sia del tipo ”siccome ho l’esclusiva di questo farmaco, devi pagare il prezzo che decido io se lo vuoi”. anche se scendessimo della metà (invece di €82.000) e anche se pare che in Italia il ciclo completo costerà € 23.000, il costo sarà co-
munque centinaia di volte maggiore di quello del principio attivo. Se poi magari scopriamo che l’industria che ha sviluppato questo farmaco non è la stessa che lo commercializza e magari pure che, siccome si tratta di una start-up, molti dati già disponibili erano stati raccolti con finanziamenti pubblici, credo ci siano tutti gli elementi per poter concludere che questi prezzi non hanno alcun fondamento logico, a maggior ragione ricordandoci che un prodotto del genere ha un mercato sostanzialmente assicurato dal SSn (e non perché lo possono comprare i cittadini). anche la scusa che in questi casi i costi di ricerca sono elevatissimi regge fino a un certo punto, perché la loro incidenza sul prezzo non mi risulta superi mai il 10%; piuttosto, l’incidenza della propaganda può andare oltre il 30. Venendo alla brevettabilità dei prodotti di sviluppo, bisogna sicuramente discuterne, perché rischia di vanificare la possibilità di commercializzare il farmaco dal nome generico o il biosimilare. Se, quando scade il brevetto dell’infliximab, ho già pronto un altro composto che ha un qualche valore aggiunto (ammesso e non concesso che ce l’abbia, visto che sono sempre studi fatti dall’azienda farmaceutica), ma soprattutto costa di più, e convinco con la propaganda che è superiore al prodotto precedente, il mio biosimilare non lo prescriverà più nessuno e quindi è pure inutile che ci sia. Questo è quanto spesso succede se andiamo a guardare il passato, non dobbiamo imparare niente di nuovo per i bíosimilari rispetto a quanto non sia già accaduto per i generici. ad esempio, se andiamo ad analizzare il mercato delle statine, abbiamo tutte le prime statine già disponibili in versione generica, ma si continua a prescrivere la rosuvastatina, tuttora sotto brevetto, che costa dieci volte di più e non ha nessuna ragione particolare per essere prescritta. allo stesso modo, se consideriamo i sartani, anche lì abbiamo quasi tutti i farmaci generici già disponibili, ma viene principalmente prescritto l’olmesartan, cioè l’unico sartano ancora sotto brevetto. alla fine rischiamo che il brevetto diventi irrilevante come stru37
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OPINIONI A CONFRONTO mento di incentivo alla ricerca e allo stesso tempo un ostacolo al controllo della spesa farmaceutica. Il problema principale è fare in modo che il brevetto in campo farmaceutico protegga una reale novità, che rappresenti un reale passo avanti sotto il profilo terapeutico, motivo per cui non dovrebbe essere concesso di brevettare un farmaco dotato sostanzialmente della stessa attività di un altro, anche se capisco perfettamente che questo modo di pensare contrasta con quello attuale di concepire le cose. Si tratta di stabilire dei limiti al di là dei quali non si deve in alcun modo poter andare. Dopodiché, il mio parere è ancora più radicale, sempre in risposta alla prima domanda. Io penso che, quando un farmaco è veramente un ”salvavita” (termine poco scientifico che comunque tutti capiscono), ma la spesa indotta è eccessiva, il brevetto possa anche essere temporaneamente abolito affinché tutti i pazienti possano beneficiare di tale farmaco. credo che questo sia un principio di equità e solidarietà che non possiamo non avere nei confronti di chi non può permettersi di acquistare il farmaco direttamente. Va detto che, a fronte di un milione e mezzo di abitanti italiani che hanno l’epatite c, la maggior parte non potrebbe mai permettersi il farmaco a questi prezzi; la gravità di un problema può anche condurre a prendere decisioni drastiche per risolverlo.
nalmente non avrei problemi ad accettare questa provocazione. cambiando le ‘regole del gioco’, entriamo però in un altro ordine di ragionamenti che non mi sento in grado di affrontare. preferisco allora fare concettualmente un ‘passo indietro’ e discutere piuttosto di un possibile cambiamento del modello di sistema di rimborso. oggi sono presenti sul mercato una serie di farmaci che, a mio avviso, potrebbero anche essere esclusi dalla rimborsabilità per i cittadini più abbienti, liberando delle risorse per il SSn. Bisognerebbe stabilire delle ‘fasce sociali’ come in francia, in base alle quali definire anche livelli parziali o totali di rimborsabilità; chi poi volesse e potesse economicamente, potrebbe pure optare per un’assicurazione privata. In generale, temo comunque sia giunta l’ora di ‘abbassare l’asticella’ della rimborsabilità se vogliamo veramente che la spesa sanitaria rimanga sostenibile.
Silvio Garattini al di là della scomparsa del brevetto, ci sono altri metodi a cui si può probabilmente pensare. ad esempio, supponiamo di lanciare sul mercato un nuovo dentifricio che proveremo inizialmente a far pagare 1.000 euro. Siccome sono i consumatori (e non il SSn) ad acquistare il dentifricio, quasi sicuramente non ne venderemo neanche un pezzo perché nessuno sarebbe disposto a pagare una cifra del genere. proprio perché è un libero mercato, il prezzo dovrebbe scendere a un livello tale per cui un numero sufficiente di persone che intravedono un vantaggio lo comprino, anche se costa un po’ di più degli altri. Questo è quello che esattamente non accade nel mercato farmaceutico. partiamo adesso da un altro punto di vista e ipotizziamo che tutti i paesi europei ragionassero con l’industria farmaceutica nel modo seguente: ”posso pagare solo questo prezzo, o lo accetti o non compro nulla”, impostando una contrattazione molto forte. mi sento di scommettere che l’industria si adeguerebbe a questa situazione, trattandosi di un’attività fra le più flessibili al mondo. Basti pensare che in Inghilterra non
QUALI INTERVENTI IMPORRE QUANDO VI SIA UNA ENORME DISPARITÀ FRA COSTO DEL PRINCIPIO ATTIVO E PREZZO DEL PRODOTTO?
Enrique Hausermann In questo caso sono le autorità regolatorie o il ministero stesso a dover negoziare il prezzo e valutare quale possa essere il giusto valore di rimborso. temo non ci siano altri sistemi nella situazione attuale, dal momento che c’è un ente pagatore e non trattandosi di un ‘libero mercato’. In generale, si può anche mettere in discussione l’istituto del brevetto, perso38
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OPINIONI A CONFRONTO esiste la propaganda farmaceutica così come viene praticata in Italia. probabilmente per la stessa ragione , lo sforzo di propaganda in un paese in via di sviluppo è molto diverso da quello in Italia. ci sono a mio avviso anche altri strumenti attraverso i quali cercare di risolvere il problema, volendo anche evitare ”ricatti occupazionali” da parte delle aziende supportati da prezzi giudicati non remunerativi. compromessi se ne possono sempre raggiungere, però io credo ci siano anche casi estremi, quale quello dei farmaci contro l’epatite c, che si sarebbero potuto evitare se la ue avesse assunto un atteggiamento unitario più deciso. ad esempio, fatico ad immaginare che la polonia e l’estonia se li possano permettere a questi prezzi, quand’anche abbiano tassi di prevalenza di epatite assai inferiori al nostro.
dei prodotti biologici spesso migliorano nel corso del tempo, a prescindere dal fatto che l’effetto terapeutico sia analogo. Ho visto personalmente il primo impianto di eritropoietina esattamente 25 anni fa nei dintorni di Basilea e ricordo ancora oggi che avevo avuto la sensazione di entrare in un laboratorio di alchimisti. oggi è tutto completamente diverso. concludendo, secondo me è un’idea che si potrebbe perseguire se prima riuscissimo a risolvere quello che viene chiamato in gergo il problema del “patent linkage”, cioè la pratica di collegare qualsiasi forma di approvazione attinente ai farmaci generici (registrazione, prezzo, rimborsabilità, ecc.) allo status del brevetto del prodotto originatore di riferimento.
Silvio Garattini penso che la prima cosa da fare sia creare cultura sul problema dei biosimilari. ad esempio, credo che molti medici non sappiano che, quando prescrivono il prodotto originale ai propri pazienti, in realtà non viene somministrata sempre la stessa cosa. Infatti, anche il prodotto originale deve fare in modo che tutti i suoi lotti produttivi siano sostanzialmente equivalenti; qualsiasi cambiamento produttivo rilevante richiede tutta una serie di studi per dimostrare che si ottiene ancora lo stesso prodotto biologico. l’altro concetto da diffondere è che, diversamente da quanto spesso pensano i medici (e lo hanno pensato anche per i generici), non vi è ragione di assumere che l’azione dei biosimilari sia inferiore a quella del prodotto originale. la variabilità insita nella composizione molecolare di un anticorpo monoclonale potrebbe portare addirittura a un’azione superiore; quel concetto di variabilità naturale che, per intenderci, non si applica ai farmaci generici (se non in modo minimale), vale invece per i biosimilari. Se i medici non capiscono questo concetto, difficilmente accetteranno l’idea di prescrivere un biosimilare. Dopodiché, è parimenti chiaro che bisogna introdurre un sistema attraverso cui deve essere trasferita la possibilità di fare il
POTREBBE ESSERE RAGIONEVOLE, ALMENO IN VIA IPOTETICA, PROPORRE ALLE AZIENDE FARMACEUTICHE DI “CEDERE” IL PROPRIO KNOW-HOW ALLA SCADENZA DELLA COPERTURA BREVETTUALE DEI BIOLOGICI, IN MODO TALE DA FAVORIRE LA DISPONIBILITÀ DEI BIOSIMILARI E MANTENERE L’ATTUALE MONOPOLIO SUI “NUOVI” FARMACI?
Enrique Hausermann In linea teorica, seppur su un altro fronte, noi stiamo concentrandoci su un’ipotesi di lavoro analoga. Infatti, da alcuni mesi, di concerto con l’associazione dei genericisti americani, abbiamo presentato un libro bianco come assogenerici, in cui chiediamo di poter esportare in paesi dove il brevetto non c’è mai stato o è già scaduto sia il principio attivo che il prodotto finito di farmaci da noi ancora sotto brevetto che vengono fabbricati in Italia. Se si riuscisse a fare questo, sarebbe già un primo passo importante nella giusta direzione. Devo dire che i processi produttivi dei biosimilari sono spesso più avanzati di quelli dei prodotti originali, in quanto le tecnologie produttive 39
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OPINIONI A CONFRONTO biosimilare allo stesso modo in cui si produce il farmaco originale; altrimenti prolunghiamo indefinitamente il brevetto e quindi perpetuiamo in modo illegale un monopolio. poiché il monopolio non è accettabile dopo la scadenza brevettuale, dobbiamo fare in modo che ciò non accada, analogamente a quanto accade per qualsiasi servizio di interesse pubblico. una società ferroviaria non può avere il monopolio delle rotaie, tan-
to è vero che l’alta velocità è concessa sia a trenitalia che a Italicum e ambedue usano gli stessi binari; succede lo stesso oramai anche per le linee telefoniche, originariamente di proprietà esclusiva della SIp. Quindi, per concludere, non si vede perché questa possibilità non possa essere estesa ad altri beni di uso comune e di pubblica utilità, fra i quali non avrei dubbi a includere anche i farmaci biotecnologici.
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