Quaderni di
FARMACO ECONOMIA Q U A D R I M E S T R A L E D I I N F O R M A Z I O N E FA R M A C O E C O N O M I C A
In questo numero VALUTAZIONE ECONOMICA
Vaccinazione antinfluenzale in ambiente di lavoro POLITICA SANITARIA
Gli extra sconti sui farmaci “A” dopo la Legge n. 77 del 2009
Quaderni di
FARMACO ECONOMIA quadrimestrale di informazione farmacoeconomica
Quaderni di
farmaco economia
Comitato editoriale
numero 11 febbraio 2010
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Antonella Barale, Corrado Barbui,
n. 587 del 22/9/2006
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2 Quaderni di Farmacoeconomia 11 - febbraio 2010
sommario
Editoriale
pag.
5
pag.
9
pag.
17
pag.
23
di Gianluigi Casadei
Valutazione economica
Vaccinazione antinfluenzale in ambiente di lavoro: uno studio caso-controllo Anna Padula, Gianluigi Casadei, Nicola Motterlini, Livio Garattini
Politica sanitaria
Gli extra sconti sui farmaci “a� dopo la legge n. 77 del 2009 Nicola C. Salerno
oPinioni a confronto
Il controllo della spesa farmaceutica ospedaliera: esperienze regionali a confronto Luigi Patregnani, Ida Fortino, Riccardo Roni
3 Quaderni di Farmacoeconomia 11 - febbraio 2010
CESAV Centro di Economia Sanitaria “Angelo e Angela Valenti” Dipartimento Salute Pubblica – Istituto Ricerche Farmacologiche Mario Negri Villa Camozzi – Ranica (BG)
ECONOMIA DEL FARMACO: fra soluzioni tecniche e decisioni politiche 25 e 26 maggio 2010 • sPesa farmaceutica • Biosimilari • Valutazioni economicHe nel settore dei Vaccini • reGioni a confronto o controllo della spesa farmaceutica ospedaliera o Hta: chi fa e che cosa
SEGRETERIA SCIENTIFICA E PROVIDER ECM CESAV centro di economia sanitaria “angelo e angela Valenti” - istituto mario negri Via GB camozzi 3 - 24020 ranica (BG) - tel. +39 035 4535360 - fax +39 035 4535372 - cesaV@marionegri.it SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Jaka Congressi Via della Balduina, 88 - 00136 roma - tel. +39 06 35497114 - fax +39 06 35341535 - info@jaka.it - www.jaka.it
editoriale di Gianluigi Casadei
Stato, Regioni e Concorrenza
N
el Novembre 2007 il budget per la spesa farmaceutica venne suddiviso in due parti: territoriale e ospedaliero. Alla prima, che includeva anche la distribuzione diretta, venne assegnato il 14% del totale, alla seconda, forse in base a un criterio “storico”, il 2,4%. La vera novità fu però un’altra: l’AIFA limitò il proprio campo di intervento al controllo della spesa farmaceutica territoriale, mentre le singole Regioni vennero chiamate ad assumersi la responsabilità di recuperare l’eventuale sforamento della farmaceutica ospedaliera, attraverso misure di contenimento anche a carico di altre voci del SSR. I risultati 2008 e 2009 collocano la territoriale nella colonna dei “buoni” con il pieno rispetto del tetto di spesa (anzi con dei risparmi) mentre l’ospedaliera cade chiaramente nella colonna dei “cattivi” con uno sforamento di € 1,3 miliardi sia nel 2008 che nei primi 9 mesi del 2009. A giustificazione del successo della territoriale, e quindi dell’Agenzia e del canale distributivo, abbiamo differenti fattori favorevoli fra loro connessi: la disponibilità di un sistema di monitoraggio dei consumi che permette di
registrare con puntualità e in tempo reale le prescrizioni rimborsate dal SSN e di intervenire nel corso dell’anno per correggere incrementi inattesi dei consumi (come accaduto nel 2006), la “genericizzazione” di molecole importanti per la spesa (ramipril, amlodipina, omeprazolo, claritromicina, ecc.), lo sviluppo della “distribuzione per conto”, l’aumento dei ticket (+55% nei primi nove mesi del 2009 rispetto allo stesso periodo 2007) e della spesa privata per i farmaci di classe A (+29%). Tutti questi fattori hanno permesso di tenere sotto controllo elementi negativi quali l’aumento dei consumi e, in particolare, lo spostamento delle prescrizioni verso i farmaci più costosi, causando un effetto mix “positivo” che ha ripreso a crescere dal 2008 e sul quale varrebbe la pena di riflettere per le possibili conseguenze a breve sui costi a carico del SSN. In merito alla spesa ospedaliera, si pone innanzitutto la domanda sull’adeguatezza del budget assegnato. Visto che nei primi 9 mesi del 2009 tutte le regioni hanno sfondato (dal 2,8% di Trento al 5,1% della Sardegna), la risposta parrebbe ovvia: il fondo del 2,4% non è sufficiente, ma un suo adeguamento 5
Quaderni di Farmacoeconomia 11 - febbraio 2010
editoriale nell’ambito totale della spesa farmaceutica metterebbe inevitabilmente in crisi la territoriale, dimostrando quanto sia confondente il sistema instaurato nel 2007. In realtà, negli ultimi due anni il SSN ha speso almeno un miliardo di euro all’anno in più del previsto e la riduzione del budget della territoriale al 13,3% nel 2010 richiederà correzioni importanti per non farla retrocedere nella lista dei “cattivi”. Inoltre, nella spesa ospedaliera ricadono oramai molti dei farmaci ad alto costo, fra i quali i biologici, il cui prezzo è negoziato sulla base di “accordi di esito” (i famosi risk-sharing e payment-by-results). In auge dal secondo semestre 2006 e non sgraditi ai produttori, tali contratti prevedono l’accettazione del prezzo richiesto dall’azienda a fronte della possibilità da parte dell’ente erogante di richiedere il rimborso parziale in caso di insuccesso terapeutico, sulla base di criteri e tempi di risposta specifici per ogni singolo farmaco. Tutto il sistema è quindi “a posteriori”: l’ente acquista il farmaco a prezzo pieno e poi ha l’onere di verificarne i risultati, chiedendo una nota di credito per quelli negativi. Qualora manchi il followup del paziente o in caso di non-controllo, il SSR paga il farmaco al prezzo pieno richiesto dal produttore, vanificando ogni possibile risparmio in favore di quest’ultimo. Qual è l’impatto economico globale di un simile scenario in termini di costi che si sarebbero potuti evitare? Mancando dati ufficiali (l’ultimo rapporto pubblico sul Registro dei Farmaci Oncologici sottoposti a Monitoraggio risale al 2007), la risposta rimane rinchiusa nel sistema informativo di ogni singola regione. Pubblicamente c’è però almeno lo spazio per lanciare una proposta basata sul buon senso. Visto che tutti i registri sono centralizzati, in attesa che ogni regione si organizzi in modo adeguato, il gestore del registro potrebbe segnalare ad ogni ente il numero di esiti negativi per ogni farmaco e i nominativi dei medici che devono completare i follow-up mancanti. In tal modo le regioni sarebbero incentivate (per non dire “forzate”) a mettere in pratica i contratti di esito. Ad oggi, lo strumento più diffuso fra le
regioni per il controllo della spesa ospedaliera è il Prontuario Terapeutico Ospedaliero Regionale, grazie al quale il “controllo” si realizza essenzialmente ritardando di 6-7 mesi l’accesso dei nuovi farmaci ospedalieri ad alto costo e/o stabilendo limitazioni prescrittive. L’efficienza del PTOR è magari dubbia, ma sono certe le critiche, più o meno concrete, di una sanità differente da regione a regione che vengono periodicamente rilanciate sulla stampa nazionale a sostegno del centralismo sanitario. L’andamento della spesa ospedaliera è un sintomo dell’incapacità delle regioni di controllare la spesa ospedaliera? In realtà, molte regioni hanno dimostrato di riuscire a svolgere un ruolo proattivo in tema di prezzi e contenimento della spesa. L’applicazione estesa della legge n. 405/2001 sulla distribuzione dei farmaci al momento della dimissione ospedaliera è un buon esempio in tal senso che ha successivamente portato allo sviluppo della distribuzione diretta e per conto (ora incluse nella territoriale). Un caso recente e interessante di iniziativa regionale è quello dell’acquisto dei vaccini contro l’HPV, rimborsati dall’AIFA in classe H con un prezzo assai elevato, seppur e formalmente in linea con quanto riconosciuto da altre nazioni europee. Le regioni si sono trovate di fronte al problema di assumersi l’onere globale di una nuova vaccinazione inserita nei LEA, i cui esiti sanitari saranno necessariamente noti fra trent’anni. Disponendo di due vaccini diversi, ma giudicati sovrapponibili in termini di prevenzione del carcinoma della cervice, le regioni (o le ASL) hanno indetto le gare di acquisto che, pur con a volte prevedibili intoppi amministrativi a colpi di ricorsi al TAR da parte dei produttori, sono arrivate a dimezzare il costo per il SSR dei vaccini in alcune realtà. Infatti, l’andamento temporale dei prezzi aggiudicati in gara è stato caratterizzato da un declino drastico e sostanzialmente lineare dai primi bandi nel giugno-settembre 2007 (100 euro a dose), fino a un “picco minimo” di meno della metà (43,45 euro) due anni dopo. Questo semplice esempio mostra come le regioni siano potenzialmente in 6
Quaderni di Farmacoeconomia 11 - febbraio 2010
editoriale grado di spuntare prezzi decisamente inferiori rispetto a quelli negoziati da AIFA qualora siano nelle condizioni di ricorrere a gare di acquisto, ovvero quando esistano almeno due aziende da mettere in concorrenza su prodotti giudicati simili sotto il profilo terapeutico. Se nel caso del vaccino anti-HPV questo onere è stato prevalentemente assunto dalle regioni stesse, un’estensione di questa logica ai farmaci biologici dovrebbe certamente coinvolgere la Commissione Tecnico Scientifica che, al momento della conclusione della negoziazione, potrebbe indicare se il nuovo farmaco ad alto costo sia terapeuticamente simile ad altri già
disponibili sul mercato italiano. Il prezzo stabilito centralmente sarebbe veramente il prezzo massimo di cessione agli enti pubblici e le regioni sarebbero stimolate a negoziare localmente i prezzi dei farmaci ad alto costo in ragione dei propri consumi, traendo beneficio dalla concorrenza a tutto favore delle casse pubbliche. Unitarietà del sistema farmaceutico e federalismo sanitario sono compatibili? Forse, anzi probabilmente, se verranno meglio precisati i ruoli e definite responsabilità chiare e precise, rimuovendo distinzioni precarie e sovrapposizioni confondenti.
7 Quaderni di Farmacoeconomia 11 - febbraio 2010
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Valutazione economica Anna Padula,1 Gianluigi Casadei,1 Nicola Motterlini,1 Livio Garattini 1
Vaccinazione antinfluenzale
in ambiente di lavoro: uno studio caso-controllo
Abstract Il presente studio si prefigge di valutare l’impatto della scelta di vacci-
PA R O L E C H I AV E :
narsi sul consumo di risorse e sul numero di giornate di assenza lavorativa associati agli episodi influenzali in un gruppo di lavoratori di età inferiore a 65 anni. Lo studio è stato condotto presso le sedi di Milano e Bergamo dell’Istituto Mario Negri durante la stagione influenzale, nel periodo Novembre 2008-Aprile 2009. L’analisi è stata condotta su 104 coppie caso-controllo (vaccinati-non vaccinati), omogenee per età e sesso. I soggetti arruolati hanno compilato un questionario per la descrizione degli episodi influenzali contenente i dati seguenti: numero e durata degli episodi ILI, complicanze, numero di visite mediche, terapia farmacologica, esami diagnostici, ospedalizzazioni e giornate di assenza lavorativa. Il risultato principale, e inatteso, è stato il riscontro di una sostanziale sovrapponibilità in termini di incidenza, durata e gravità degli episodi ILI tra vaccinati e non, a cui si è associato un ridotto consumo di risorse sanitarie, sostanzialmente equiparabile nei due gruppi. Gli episodi influenzali hanno provocato complessivamente la perdita di 117 giornate di lavoro, 43 nei casi e 74 nei controlli. Il numero maggiore di giorni di assenza registrato nel gruppo dei soggetti non vaccinati è stato dovuto principalmente alle giornate di malattia ascrivibili ai secondi episodi ILI, i quali non hanno provocato alcuna perdita di giorni lavorativi nei soggetti vaccinati. Inoltre, i due gruppi differiscono per la durata media di ogni episodio di assenza lavorativa, poiché i controlli si sono assentati un giorno in più dei casi. Il costo medio di un soggetto vaccinato è risultato pari a €37,41, quello di un soggetto non vaccinato a €64,47. La differenza a favore del gruppo vaccinale va attribuita quasi esclusivamente ai costi indiretti dovuti all’assenza lavorativa, incidendo i costi sanitari in maniera trascurabile in entrambi i gruppi. Alla luce dei risultati ottenuti, l’opportunità di estendere la copertura pubblica della vaccinazione antinfluenzale alle persone adulte in età lavorativa appare assai dubbia. Viste le ricadute dell’influenza sul comportamento lavorativo, sarebbe più logico affidare ogni valutazione di convenienza ai singoli individui e/o ai datori di lavoro.
INFLUENZA LIKE ILLNESS, VACCINAZIONE INFLUENZALE, COSTI INDIRETTI
9 Quaderni di Farmacoeconomia 11 - febbraio 2010
1 CESAV, Centro di Economia Sanitaria “Angelo e Angela Valenti”
Valutazione economica INTRODUZIONE In Italia la sindrome influenzale ha un’incidenza di circa il 5% e causa ogni anno approssimativamente 8.000 decessi, in particolare fra le persone di età ≥65 anni (84% del totale).1 Alcuni studi supportano l’ipotesi che l’estensione della gratuità del vaccino a persone con più di 50 anni di età possa migliorare i risultati della campagna vaccinale, sotto il profilo sia sanitario (minimizzando le complicanze) che economico (riducendo il numero di ricoveri ospedalieri e le giornate lavorative perdute). In particolare, sette valutazioni economiche complete (VEC) condotte in Paesi dell’area OCSE nel periodo 2001-07 hanno stimato un impatto economico positivo della vaccinazione antinfluenzale nella fascia d’età 50-64 anni, concludendo a favore dell’estensione della vaccinazione agli ultracinquantenni sani.2,3,4,5,6 Tuttavia, una nostra revisione critica di queste VEC ha sollevato notevoli perplessità sulla metodologia e le numerose assunzioni adottate nella maggioranza di esse.7 Inoltre, un’analisi costo-beneficio effettuata dal CESAV, dal punto di vista sia del SSN (costi sanitari) sia della Società (aggiungendo i costi indiretti), ha condotto a stime molto meno ottimistiche: rispettivamente venti centesimi di euro di perdita media e € 1,8 di guadagno medio8 per soggetto vaccinato. Alla luce delle evidenze ancora insufficienti in letteratura sull’efficacia (e quindi sul rapporto costo-efficacia) del vaccino antinfluenzale in soggetti di età inferiore a 65 anni, abbiamo deciso di condurre uno studio caso-controllo (vaccinati e non) nel periodo Novembre 2008-Aprile 2009 presso le sedi di Milano e Bergamo della nostra organizzazione di appartenenza (Istituto Mario Negri), mirato a determinare il consumo di risorse sanitarie e il numero di giornate di malattia attribuibili agli episodi influenzali (Influenza Like Illness-ILI).
stosi alla vaccinazione antinfluenzale è stato “accoppiato” a un collega dello stesso genere e appartenente alla medesima classe di età. Ciascun soggetto, previo consenso informato scritto, ha ricevuto una scheda per la raccolta personale dei dati seguenti: Episodi ILI, definiti dalla comparsa rapida (entro 12 ore) di tosse, febbre, brividi, prostrazione e debolezza, mialgia o dolori diffusi, rinite e faringite (con almeno 6 sintomi concomitanti); Durata dei sintomi di ogni episodio; Terapia farmacologica (antibiotici); Complicanze (ad esempio, broncopolmonite); Numero di visite mediche (medico generalista e/o specialista); Esami diagnostici effettuati (emocromo, Rx torace); Numero, durata e tipologia delle ospedalizzazioni (incluso il ricorso al Pronto Soccorso); Giornate di assenza dall’ambiente di lavoro. La modalità di raccolta dei dati ha consentito di distinguere la durata degli episodi ILI dai giorni di lavoro persi a causa degli episodi influenzali, permettendo così di valutare la presenza di episodi dalla sintomatologia presumibilmente lieve, ai quali non corrisponde necessariamente una pari perdita di giornate di lavoro. La fase attiva dello studio (arruolamento e follow-up), coincidente con la stagionalità dell’influenza, si è protratta dal 3 Novembre 2008 all’8 Aprile 2009. Sono stati complessivamente arruolati 237 soggetti nello studio. 123 soggetti che si sono sottoposti alla vaccinazione antinfluenzale (offerta gratuitamente dall’Istituto a tutti i propri collaboratori) sono stati classificati come “casi”, mentre i restanti 114 che non hanno fatto ricorso al vaccino sono stati identificati come “controlli”. Allo scopo di rendere omogenee le caratteristiche dei due gruppi, si è successivamente proceduto alla selezione casuale di coppie “caso-controllo”: ad ogni “caso” è stato associato un “control-
METODI Lo studio è stato progettato come indagine prospettica caso-controllo, in cui ogni soggetto volontariamente sottopo10
Quaderni di Farmacoeconomia 11 - febbraio 2010
Valutazione economica lo” dello stesso genere appartenente alla medesima fascia d’età. In questo modo, sono state identificate 104 coppie, per un totale di 208 soggetti sui quali è stata condotta l’analisi; sono stati residualmente esclusi 29 soggetti (10 “controlli” e 19 “casi”) per i quali non è stato possibile operare un “accoppiamento” che rispondesse ai due requisiti sopra citati (età e sesso). I costi unitari delle prestazioni sanitarie sono stati ricavati dai tariffari nazionali (Tabella 1). La stima del costo di una giornata lavorativa persa è stata ottenuta dal Prodotto Interno Lordo (PIL) pro-capite relativo all’anno 2008 (diviso per 220, il numero medio di giorni lavorativi annui). Le variabili qualitative sono state descritte con frequenze e percentuali, mentre le variabili continue con medie e deviazioni standard. Le prime sono state analizzate mediante il test chi-quadrato, le seconde con il t-test di Student o i test non parametrici di Wilcoxon-Mann-Whitney in base alla normalità o meno della distribuzione. Data l’elevata asimmetria dei dati di costo, è stato utilizzato il metodo del bootstrap-t (con la correzione per varianze differenti) per confrontare i costi medi dei due gruppi, effettuando 1000 ricampionamenti.9
vamente cinque (2 fra i “casi”, 3 fra i “controlli”); nessun episodio di ILI ha richiesto il ricorso al pronto soccorso o al ricovero ospedaliero. La Tabella 3 mostra le risorse sanitarie assorbite dal campione e le giornate di lavoro perse. Il numero di visite mediche complessivamente richieste è risultato molto ridotto (21), con una lieve prevalenza nei controlli dovuta esclusivamente ai secondi episodi di ILI (tre visite). Il ricorso a procedure diagnostiche si è reso necessario solamente per due soggetti non vaccinati,
TABELLA 1 Costi unitari
Prestazione
€
Visite mediche Visita mmG a
12,00
Visita specialistica b
20,66
test di laboratorio emocromo b
3,20
test diagnostici radiografia torace b
RISULTATI Le caratteristiche demografiche del campione di 208 soggetti sono riportate in Tabella 2. I soggetti sono risultati in prevalenza di sesso femminile (64,4%), con età media di 43,6 anni. 53 soggetti hanno manifestato almeno un episodio ILI (25%), 32 dei quali appartenenti al gruppo dei “casi” e 21 a quello dei “controlli”. Essendosi manifestato più di un episodio di ILI in alcuni soggetti, sono stati registrati complessivamente 64 episodi, 35 nei casi e 29 nei controlli; quindi, la manifestazione di un secondo episodio ILI è risultata più frequente nei soggetti non vaccinati. La durata media per episodio è risultata di 4,95 giorni, praticamente identica fra vaccinati e non. Le complicazioni legate alla manifestazione di episodi ILI sono state solo complessi-
15,49
terapia antibiotica c amoxicillina
0,41
amoxicillina/acido clavulanico
0,79
cefixima
7,52
ceftibutene
10,10
claritromicina
1,89
levofloxacina
8,75
mmG, medico di medicina Generale. a fonte: Garattini l, castelnuovo e, lanzeni d, et al. durata e costo delle visite in medicina generale: il progetto dYsco. farmacoeconomia e percorsi terapeutici, 2003; 4(2): 109114. b fonte: “Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell’ambito del servizio sanitario nazionale e relative tariffe”- d.m.22 luglio 1996. c fonte: Prontuario farmaceutico, 2008. Prezzo medio per 1g di principio attivo.
11 Quaderni di Farmacoeconomia 11 - febbraio 2010
Valutazione economica mentre 12 soggetti, prevalentemente “casi” (8 vs. 4), hanno fatto ricorso alla terapia antibiotica. Gli episodi di ILI hanno procurato la perdita di 117 giornate lavorative, 43 delle quali nel gruppo dei vaccinati e 74 in quello dei controlli; la durata media di assenza dall’attività lavorativa, pari a 1,86 giorni, è risultata la metà nel gruppo dei “casi” rispetto ai “controlli” (1,23 vs. 2,64). Anche nel caso delle giornate di assenza le conseguenze associate al secondo episodio di ILI sono risultate diverse nei due gruppi: infatti il secondo episodio ILI ha provocato 22 giorni di as-
senza nel gruppo dei “controlli”, nessuno nei vaccinati. Il costo medio di un soggetto non vaccinato è risultato pari a €64,47, a fronte di un costo medio per soggetto vaccinato di €37,41 (Tabella 4). Essendo i costi sanitari assai trascurabili in ambedue i gruppi, la differenza a favore del gruppo vaccinale è da attribuirsi quasi esclusivamente al costo indiretto dovuto all’assenza lavorativa. Nessuna differenza fra le variabili prese in considerazione nello studio è risultata statisticamente significativa (p<0,05) fra i due gruppi di soggetti.
TABELLA 2 Caratteristiche demografiche
caratteristiche
totale (n = 208)
casi (n = 104)
controlli (n = 104)
p
sesso femmine maschi età media (ds)
134
(64,4%)
67
(64,4%)
67
(64,4%)
74
(35,6%)
37
(35,6%)
37
(35,6%)
43,6
(10,9)
43,7
(10,7)
43,4
(11,2)
0,835
età (per fasce) 20-30
24
(11,5%)
12
(11,5%)
12
(11,5%)
31-40
48
(23%)
24
(23,0%)
24
(23,0%)
41-50
74
(35,6%)
37
(35,6%)
37
(35,6%)
51-55
33
(15,9%)
17
(16,4%)
16
(15,4%)
56-60
17
(8,2%)
8
(7,7%)
9
(8,7%)
61-64
12
(5,8%)
6
(5,8%)
6
(5,8%)
si
53
(25,0%)
32
(31,0%)
21
(20,0%)
no
155
(75,0%)
72
(69,0%)
83
(80,0%)
64
(100%)
35
(55,0%)
29
(45,0%)
0,080
n° soggetti con episodi ili
n° episodi ili durata media episodi ili (ds)
4,95
(3,1%)
4,91
(4,4%)
5,00
(3,0%)
0,353
complicazioni
5
(7,8%)
2
(5,7%)
3
(10,3%)
0,492
ds, deviazione standard; ili, influenza like-illness
12 Quaderni di Farmacoeconomia 11 - febbraio 2010
Valutazione economica TABELLA 3 Consumo di risorse
Visite mediche Visite medie per paziente (ds)
totale (n=208)
casi (n=104)
21
9
0,10
(0,4)
0,09
controlli (n=104)
p
12 (0,4)
0,12
(0,5)
0,623
diagnostica radiografia torace
1
0
1
emocromo
1
0
1
esami medi per paziente (ds)
0,01
(0,1)
-
0,02
(0,1)
0,158
(5,8)
8
4
(3,9)
0,234
Pazienti con terapia antibiotica (%)
12
ricovero ospedaliero
(7,7)
0
0
0
117
43
74
Primo episodio ili
95
43
52
secondo episodio ili
22
0
22
assenza lavorativa (giorni)
durata media per episodio (ds)
1,86
(2,8)
1,23
(1,9)
-
2,64
(3,4)
0,072
ds, deviazione standard; ili, influenza like-illness.
TABELLA 4 Costo medio per paziente
totale (n=208) â&#x201A;Ź
casi (n=104)
(%)
â&#x201A;Ź
controlli (n=104)
(%)
â&#x201A;Ź
p*
(%)
costo diretto
2,63
(12,3)
(5,2)
1,90
(6,5)
(5,1)
3,35
(16,1)
(5,2)
0,364
Visite mediche
1,25
(5,4)
(2,5)
1,04
(4,5)
(2,8)
1,47
(6,2)
(2,3)
0,563
test di laboratorio e diagnostici
0,09
(1,1)
(0,2)
0,00
(0,0)
0,18
(1,5)
(0,3)
0,239
terapia antibiotica
1,28
(8,7)
(2,5)
0,86
(2,3)
1,71
(11,8)
(2,6)
0,516
ricovero ospedaliero
0,00
(0,0)
0,00
(0,0)
0,00
(0,0)
-
(3,4)
costo indiretto
48,32
(172,1)
(94,8)
35,52 (108,1)
(94,9)
61,12 (218,0)
(94,8)
0,236
costo totale
50,94
(181,6)
(100,0)
37,41 (111,5)
(100,0)
64,47 (231,3)
(100,0)
0,262
ds, deviazione standard. * bootstrap-t (1.000 ricampionamenti)
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Valutazione economica DISCUSSIONE Questo studio è stato condotto su un gruppo di lavoratori con età inferiore a 65 anni allo scopo di confrontare l’impatto dell’influenza stagionale sul consumo di risorse dipendente dagli episodi di ILI con la scelta alternativa di vaccinarsi. Il limite principale del lavoro è la ridotta numerosità del campione che non consente di attribuire ai risultati una sufficiente robustezza; inoltre, l’indagine è stata condotta su un campione di soggetti circoscritto all’ambito lavorativo di un istituto di ricerca, i cui dipendenti non possono essere considerati rappresentativi di tutte le altre possibili realtà lavorative, in particolare quelle di tipo industriale. Il risultato principale e inatteso di questa indagine è stato il riscontro di una sovrapponibilità dell’incidenza di episodi di ILI nei due gruppi. Tale risultato va ragionevolmente ricondotto alla bassa morbilità dell’epidemia influenzale nella stagione 2008-09, quando il modesto picco di incidenza nella classe di età 1564 anni (6,23 casi su 1.000 assistiti10) ha in qualche misura “mascherato” l’efficacia attesa del vaccino antinfluenzale. Va peraltro sottolineato che tale incidenza non rappresenta un fatto eccezionale per questa classe anagrafica nel periodo storico attuale, ma piuttosto una conferma di quella degli anni precedenti (200708: 6,01; 2006-07: 5,83)11,12. Pertanto, la scelta di un programma di vaccinazione antinfluenzale nella classe di età 1564 anni dovrebbe tenere in considerazione anche il rischio che la bassa morbilità vanifichi in buona misura l’efficacia attesa del vaccino. Più specificamente, i risultati suggeriscono che la gravità degli episodi è essenzialmente equiparabile nei due gruppi, dal momento che le complicanze ad essi associati e l’esigenza di ricorrere a visite mediche o terapie farmacologiche sono risultati sostanzialmente paragonabili nei vaccinati e non. Ne consegue che il consumo di risorse sanitarie associato ai due gruppi è risultato pressoché analogo. Diversamente, il numero di giorni di assenza dal luogo di lavoro è risultato maggiore nel gruppo dei soggetti non
vaccinati, seppur in modo statisticamente non significativo e i secondi episodi ILI sono stati in qualche modo più severi nei controlli, dal momento che solo nel gruppo dei soggetti non vaccinati sono stati rilevati giorni di assenza lavorativa ascrivibili alla comparsa di un secondo episodio influenzale. Inoltre, i due gruppi differiscono anche per la durata media di ogni episodio di assenza lavorativa, in quanto i controlli si sono assentati mediamente un giorno in più dei casi. Va peraltro sottolineato che tale differenza non è risultata statisticamente significativa e buona parte dello sbilanciamento verificatosi tra i due gruppi è ascrivibile a uno dei soggetti non vaccinati, il quale ha contribuito con ben 15 giornate all’ammontare complessivo di giorni di assenza dei controlli. Sotto il profilo economico, questa differenza ha comportato un costo medio incrementale di circa trenta euro aggiuntivi nei soggetti non vaccinati, quasi del tutto ascrivibili ai costi indiretti, incidendo i costi sanitari diretti in modo del tutto marginale in ambedue i gruppi. In conclusione, questa indagine ha confermato che la convenienza economica di vaccinare i soggetti di età inferiore a 64 anni, qualora sussista, è giustificata pressoché esclusivamente dai costi indiretti imputabili all’assenza dal posto di lavoro. L’opportunità di estendere la copertura pubblica della vaccinazione antinfluenzale ai soggetti di età inferiore a 64 anni appare dubbia, in considerazione degli investimenti economici addizionali affatto trascurabili che dovrebbe sostenere il SSN per attuarla. Questo studio sperimentale sembrerebbe ulteriormente confermare l’opportunità, già da noi sostenuta con un precedente esercizio di stima,8 di demandare qualsiasi valutazione in proposito a ciascun individuo e ai datori di lavoro, essendo questi ultimi i maggiori beneficiari degli eventuali esiti favorevoli ottenibili da una campagna vaccinale sui propri lavoratori. Peraltro, la limitatezza del campione rende doveroso il rinvio a futuri studi su popolazioni più ampie per confermare i risultati esposti.
14 Quaderni di Farmacoeconomia 11 - febbraio 2010
Valutazione economica BIBLIOGRAFIA 1
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Quaderni di
FARMACO ECONOMIA quadrimestrale di informazione farmacoeconomica
Anche sul web www.quadernidifarmacoeconomia.eu
Politica sanitaria di Nicola C. Salerno1
Gli extra sconti sui farmaci “A” dopo la Legge n. 77 del 2009
Abstract Nei mesi scorsi è tornato a riaccendersi il dibattito sulla prassi di alcuni
PA R O L E C H I AV E :
produttori di contrattare il riconoscimento alle farmacie di margini di ricavo più ampi rispetto a quelli fissati ex-lege, come strumento di incentivazione alla commercializzazione dei propri prodotti di fascia “A”. Una contrattazione di fatto in deroga alla legge e attraverso cui il produttore, a parità di prezzo al consumo, rinuncia a quote del proprio margine di ricavo a favore del distributore al dettaglio. Una simile prassi sembra sia maturata anche nei rapporti tra grossista e farmacia. La recente Legge n. 77/2009 non appare in grado di risolvere definitivamente il problema e di evitarne le ripercussioni sull’interazione concorrenziale tra produttori di farmaci, sul ciclo di vita dei prodotti farmaceutici e su sostenibilità e qualità della spesa farmaceutica pubblica di fascia “A”. Questo articolo argomenta il perché e descrive come il vero snodo risolutivo risieda nella riforma della distribuzione al dettaglio, verso una maggiore apertura al mercato e alla concorrenza.
EXTRA SCONTI, FARMACIE, FARMACI GENERICI
1 Attualmente, senior economist presso il Cerm (www.cermab.it). Le considerazioni espresse nel testo sono da ricondurre esclusivamente all’autore, e non impegnano in alcun modo la Fondazione Cerm.
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Politica sanitaria Nei mesi scorsi è tornato a riaccendersi il dibattito sulla prassi di alcuni produttori di contrattare il riconoscimento alle farmacie di margini di ricavo più ampi rispetto a quelli ex-lege, come strumento di incentivazione alla commercializzazione dei propri prodotti. Una contrattazione di fatto in deroga alla legge e attraverso cui il produttore, a parità di prezzo al consumo, rinuncia a quote del proprio margine di ricavo a favore del distributore al dettaglio. Una simile prassi è maturata anche nei rapporti tra grossista e farmacia.
to in loco), la distribuzione al dettaglio mantiene un assetto con forti resistenze alla concorrenza nel comparto dei farmaci “A” e “C” con obbligo di prescrizione. La possibilità di contrattare il proprio margine di ricavo (sui prodotti coperti da brevetto, su quelli un tempo coperti da brevetto e su quelli licenziatari del brevetto) la vede, inevitabilmente, in posizione di forza, perché essa costituisce un “collo di bottiglia” per la canalizzazione al consumo dei vari prodotti. b. La mancanza di contrasto di interessi produttore-farmacista. L’osservazione al precedente punto si aggrava, sul piano della tutela della concorrenza, per il fatto che produttori e farmacisti hanno, rispetto al Ssn terzo pagante, interessi comuni. Quando il prezzo di ammissione in fascia “A” è maggiore, possono essere maggiori anche i ricavi di tutti gli operatori lungo la filiera. Questo implica che il produttore, quando sa che ex-post andrà a ricontrattare con il distributore al dettaglio rinunciando a quote del proprio ricavo, tenterà di mantenere il più elevato possibile il prezzo di ammissione in fascia “A” contrattato con Aifa, in modo da avere più risorse da dedicare alla successiva ricontrattazione. E la stessa strategia diviene dominante quando il produttore si trova a dover decidere come variare il prezzo di un prodotto lungo il suo ciclo di vita, e in particolare subito dopo la scadenza del brevetto.
LA LEGGE N. 77/2009 È intervenuta la Legge n. 77/2009 che, con riferimento agli extra sconti, prevede i seguenti punti: In riferimento ai farmaci copia di prodotti a brevetto scaduto, ma escludendo i farmaci un tempo coperti da brevetto e gli altri prodotti che abbiano usufruito di licenze derivanti da questo brevetto, la quota di prezzo al consumo (al netto di Iva) per legge di spettanza del produttore passa dal 66,65% al 58,65%: gli 8 punti percentuali in meno, secondo la libera interazione commerciale tra grossista e farmacia, potranno diventare appannaggio del primo o della seconda; Per il mancato rispetto dei nuovi margini di ricavo, in qualunque modo questi possano esser aggirati, sono previste sanzioni in capo sia al produttore che al grossista e alla farmacia.
c. Contrattazione pubblica vs. contrattazione privatistica. Quello che accade con gli extra sconti, in sintesi, è che il ruolo della contrattazione pubblica con Aifa è, almeno in parte, sostituito con quello della contrattazione privatistica tra produttore e distributore. Ma gli effetti, all’interno dell’attuale contesto regolatorio non sono, ovviamente, gli stessi. In un caso, la contrattazione guidata da Aifa si
GLI EFFETTI SULLE DINAMICHE DI MERCATO La Legge n. 77/2009 non risolve del tutto i problemi connessi alle pratiche di extra sconto: a. Chiusura al mercato della distribuzione al dettaglio. Anche dopo le riforme riguardanti il comparto dei prodotti Sop-Otc (ora vendibili fuori dalle farmacie, ma solo alla presenza di farmacista abilita18
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Politica sanitaria svolge nell’interesse del Ssn e, alle spalle di questo, della collettività; nell’altro caso, si svolge nell’interesse di produttori e distributori. Se il margine che il produttore (o il grossista) si riserva per la contrattazione privatistica con la farmacia emergesse e fosse utilizzato nella contrattazione con l’Aifa, esso andrebbe a beneficio del Ssn e non della catena distributiva.
e. Ostacolo alla diffusione degli off-patent a prezzo più basso. Come conseguenza del precedente punto, ne deriva un rallentamento del processo di diffusione degli offpatent a prezzo più basso. Siccome quanto più elevato è il prezzo al consumo, tanto maggiore è la quota assoluta di proprio ricavo che il produttore può decidere di trasferire alla farmacia, è evidente che quest’ultima ha tutta convenienza a dotarsi in magazzino, pronti per la commercializzazione, dei prodotti a prezzo più elevato per ogni raggruppamento Atc-4. Siccome la strategia dominante per una singola farmacia è la medesima per tutte, in virtù della quasi inesistente tensione concorrenziale nella distribuzione al dettaglio e della facile coordinabilità delle azioni anche attraverso l’Ordine, i prodotti più economici equivalenti non riescono ad affermarsi. Gli extra sconti smorzano la concorrenza di prezzo tra offpatent, e in ciò rafforzano una distorsione già presente negli attuali margini di ricavo che la legge dispone in percentuale del prezzo al consumo.
d. Il danno al Ssn. Il Ssn riceve un danno economico duplice. In primo luogo, è molto probabile che il prezzo di ammissione a rimborso si collochi al di sopra del livello che emergerebbe se la contrattazione non si svolgesse in due fasi, e questo comporta maggior spesa del Ssn per ogni unità di farmaco commercializzata. In secondo luogo, poiché la contrattazione privatistica tra produttore e farmacia consiste in uno scambio volontario, che a un maggior margine di ricavo della farmacia fa corrispondere l’incentivo ad una più intensa canalizzazione al consumo dei farmaci di quel produttore, ne deriva un meccanismo premiale per le farmacie a commercializzare i prodotti con prezzo al pubblico più elevato. Dopo la Legge n. 77/2009, queste distorsioni restano non solo per i prodotti sotto brevetto (in-patent), ma anche per quelli che hanno beneficiato di brevetto (originator offpatent) e per i loro licenziatari. Per gli in-patent, per definizione senza copie economiche, la distorsione riguarda la tendenza a canalizzare al paziente-consumatore poche varietà di confezionamento, con scarsa possibilità di adattare i volumi alle esigenze terapeutiche (frequenza e durata dei trattamenti). Per gli off-patent, invece, abbraccia anche l’incentivo a canalizzare l’originator o suoi licenziatari anche quando, tra gli equivalenti nell’Atc-4, questi prodotti abbiano prezzo più alto degli altri e permettano margini di ricavo maggiori per la distribuzione.
f. Ingessato il reference pricing sugli off-patent di fascia “A”. Il mancato sviluppo del comparto delle copie economiche di prodotti off-patent impedisce il buon funzionamento di uno strumento regolatorio essenziale per promuovere il consumo oculato e l’interazione concorrenziale tra produttori: il reference pricing all’interno di raggruppamenti di prodotti off-patent equivalenti. Ad oggi, la normativa fissa il prezzo di rimborso al livello del prezzo del prodotto equivalente più economico disponibile nel normale circuito distributivo regionale. Poiché le farmacie non hanno obblighi di detenzione in magazzino in termini di economicità dei prodotti ma solo in termini di famiglie di molecole e combinazioni di molecole (principi attivi), se gli incentivi espliciti (i margini di ricavo percentuali fissati ex-lege) ma soprattutto impliciti (gli extra sconti) le 19
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Politica sanitaria spingono a dotarsi dei farmaci a prezzo più elevato, inevitabilmente ne viene influenzato anche il circuito distributivo regionale che può esser inteso come “normale”. E anche qualora formalmente il circuito distributivo rimanesse quello più ampio, se i farmaci prezzati al livello di riferimento non sono effettivamente e immediatamente disponibili per l’acquisto, gli effetti distorsivi permangono: da un lato, il paziente-consumatore deve necessariamente optare per un altro prodotto equivalente pagando in cash la differenza tra il suo prezzo e quello di riferimento; dall’altro, a lungo andare, la mancata canalizzazione al consumo degli off-patent più economici compromette la profittabilità della loro produzione che, come è noto, si basa soprattutto sui volumi e non sui margini unitari.
punti percentuali dal margine del produttore a quello delle due fasi della filiera distributiva potrebbe ricadere nella stessa “trappola”, come suggerisce il successivo esercizio di statica comparata.
UN ESERCIZIO DI STATICA COMPARATA: QUANTA CONVENIENZA È RIMASTA PER GLI EXTRA SCONTI? Le vendite di farmaci “A” si concentrano per quasi il 90% nella fascia di prezzo al consumo sotto i €23,47 Iva esclusa. Rispetto a Francia, Germania e Spagna, in Italia si nota un addensamento delle vendite nella parte alta di questa fascia, cui corrispondono percentuali di ricavo di produttore, grossista e farmacia pari, rispettivamente, a 66,65%, 6,65% e 26,70% del prezzo al consumo. Il 26,70% della farmacia diviene 22,95% dopo lo sconto obbligatorio di 3,75 p.p. dovuto al Ssn. Si può provare a confrontare quale sia la convenienza della farmacia a commercializzare un prodotto off-patent con prezzo collocato nella parte media del primo scaglione, ad esempio €15 al netto di Iva, piuttosto che un prodotto copia con prezzo inferiore per il quale la farmacia benefici sia della rimozione dello sconto obbligatorio al Ssn, sia degli 8 p.p. in più concessi dalla Legge n. 77/2009. Per beneficiare della rimozione dello sconto obbligatorio, il prodotto copia deve anche essere prodotto di riferimento (il più economico nel raggruppamento cui si applica il reference pricing). Alla luce dei margini ex-lege, i €15 del prodotto off-patent si suddividerebbero così: € 10,00 al produttore; € 1,00 al grossista; € 3,44 alla farmacia (residua lo sconto pari a € 0,56). Affinché il margine della farmacia resti di €3,44 anche quando il suo margine percentuale aumenta di 3,75 p.p. (rimozione sconto obbligatorio) e di 8 p.p. (Legge n. 77/2009), il prezzo del prodotto copia deve esser pari a €9,91, con una riduzione di quasi il 34% rispetto al
g. Quanto vale mettere in gioco 8 punti percentuali del prezzo? Preliminarmente, ci si dovrebbe interrogare sul perché del modesto effetto riscosso dal provvedimento che, con l’intenzione di promuovere la diffusione delle copie più economiche di prodotti off-patent, ha stabilito, a decorrere dal 1° Gennaio 2005, che lo sconto obbligatorio dovuto dalle farmacie al Ssn (all’atto del pagamento dei prodotti mutuati commercializzati) non trova più applicazione su “specialità o generici che abbiano un prezzo corrispondente a quello di rimborso”. Alla luce del dibattito sugli extra sconti appare ora chiaro perché questo provvedimento non abbia sortito gli effetti sperati in termini di sviluppo del comparto delle copie più economiche: con ogni probabilità, è accaduto che i maggiori ricavi ottenibili dalla farmacia grazie alla rimozione dello sconto obbligatorio dovuto al Ssn si sono dimostrati inferiori ai maggiori ricavi ottenibili tramite gli extra sconti riconosciuti dal produttore (e in alcuni casi anche dal grossista) alla farmacia su prodotti equivalenti e più costosi. Il trasferimento di 8 20
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Politica sanitaria prezzo del primo prodotto. Il prezzo della copia si suddividerebbe così: € 5,81 al produttore (che perde gli 8 p.p. di margine trasferiti alla farmacia); € 0,66 al grossista; € 3,44 (lasciato costante) alla farmacia. Ma si tratta di un equilibrio contrattuale sostenibile? E che cosa accade nello “spazio contrattuale” che si apre tra il prezzo di € 9,91 della copia e il prezzo di €15 del primo prodotto? Nel complesso, dalla commercializzazione della copia prezzata a € 9,91, produttore e grossista perdono € 4,53 di ricavo. Questi Euro sono disponibili, nella logica degli extra sconti, per la contrattazione privatistica con la farmacia al fine di incentivarla a continuare a commercializzare il primo prodotto. Si ipotizzi che queste risorse vengano offerte alla farmacia in aggiunta ai € 3,44 di ricavo che la farmacia già matura quando commercializza il primo prodotto. La farmacia si troverebbe, evitando di commercializzare la copia, a maturare un ricavo di € 7,97. Ci si chieda, allora, quale dovrebbe essere il prezzo al consumo (netto di Iva) del prodotto copia che permetterebbe di maturare lo stesso ricavo. Tale prezzo dovrebbe essere di € 22,97, superiore di € 7,97 rispetto a quello del primo prodotto. E se produttore e grossista fossero disposti a destinare alla farmacia il solo 40% di quanto perdono se si commercializza la copia (il 40% di € 4,53), allora il prezzo della copia dovrebbe essere superiore a €15 per garantire alla farmacia lo stesso ricavo che essa ottiene dalla commercializzazione del primo prodotto (la soglia di indifferenza è di € 15,13). Un prezzo superiore a quello del primo prodotto. Nell’intervallo di prezzo in cui si concentrano le vendite di prodotti “A”, resta la convenienza alla commercializzazione del primo prodotto (presumibilmente un originator off-patent o un suo vecchio licenziatario), da ricondurre al fatto che, in questo caso, più risorse sono disponibili per la loro suddivisione tra produttore, grossista e farmacia, tutte a carico del Ssn terzo pagante.
CONCLUSIONI E UNA PROPOSTA L’apertura al mercato delle possibilità di interazione tra produttore e distributori può addurre vantaggi quando realmente esistono condizioni di mercato. Finché il comparto della distribuzione al dettaglio rimane restìo alla concorrenza, gli extra sconti ne amplificano la possibilità di esercitare potere di mercato; anzi, essi sono una diretta manifestazione di potere di mercato. E poiché gli interessi delle farmacie collimano con quelli dei produttori nell’obiettivo di canalizzare al mercato i prodotti a prezzo più elevato o quelli di confezionamento maggiore, la contrattazione “a due fasi” (prima produttore-Aifa, poi produttore-farmacia e grossista-farmacia) che si realizza tramite gli extra sconti: smorza il livello della concorrenza di prezzo sugli off-patent; falsa il funzionamento del reference pricing, addossando quote di costo al paziente-consumatore anche quando evitabili; impedisce la segmentazione del mercato italiano in comparto in-patent a prezzo elevato e comparto off-patent a prezzo allineato ai costi efficienti di produzione; rende, così, difficile l’applicazione di schemi equilibrati di copayment in percentuale del prezzo; complica la governance annuale della spesa farmaceutica; sottrae risorse dedicabili a premiare con prezzi più elevati i farmaci innovativi da ammettere a rimborso. Se davvero ci si vuole avvalere delle potenzialità del mercato e volgere in positivo la libertà di interazione produttoredistributore portando “alla luce del sole” le contrattazioni sui margini di ricavo, allora è necessario, seguendo le indicazioni che da tempo provengono dall’Antitrust, dalla Commissione Europea e dalla Corte di Giustizia Europea: rimuovere, o comunque allentare significativamente, la pianta organica delle farmacie; disaccoppiare proprietà delle farmacie (anche a non farmacisti) ed esercizio della farmacia (a soli farmacisti abilitati); permettere che le farmacie si possano 21
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Politica sanitaria organizzare in catene senza limiti di numero e di copertura territoriale, e possano assumere anche la natura di società di capitali; trasformare il prezzo contrattato produttore-Aifa in prezzo massimo al consumo sul territorio nazionale; permettere che, a partire dal prezzo massimo al consumo, ogni farmacia possa praticare lo sconto che ritiene più opportuno, senza discriminare tra pazienti-consumatori, e tenuto conto delle relazioni contrattuali (in questo caso liberalizzabili con effetti positivi) che intrattiene con il produttore e il distributore all’ingrosso; permettere che la concorrenza tra produttori, distributori, e produttori e distributori favorisca strutturalmente la canalizzazione al pazienteconsumatore degli equivalenti più economici tra gli off-patent.
In questo modo, le riduzioni di prezzo al consumo potrebbero seguire il costo della vita e il costo delle strutture necessarie alla distribuzione (negozio, magazzino, etc.). Questa soluzione sarebbe praticabile sia che il margine della distribuzione rimanga fissato in percentuale del prezzo (come oggi), sia che auspicabilmente si passi ad uno schema di fee-for-service a remunerazione del grossista e della farmacia. Gli extra sconti non avrebbero più ragione di esistere, perché verrebbe meno il potere di mercato della distribuzione di chiederli ed ottenerli. La distribuzione raggiungerebbe livelli di trasparenza e di efficienza molto maggiori dell’attuale. Il Ssn potrebbe, con le risorse a disposizione, più concretamente perseguire, bilanciandoli, gli obiettivi della sostenibilità della spesa e dell’innovatività dei prodotti ammessi a rimborso.
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oPinioni a confronto Luigi Patregnani,1 Ida Fortino,2 Riccardo Roni 3
Il controllo della spesa farmaceutica ospedaliera: esperienze regionali a confronto
Abstract Alla spesa farmaceutica convenzionata territoriale è stato aggiunto un
PA R O L E C H I AV E :
tetto del 3% per la spesa ospedaliera, successivamente definito in modo vincolante con la legge 222 del 2007 che ha ridotto tale percentuale al 2,4%. I temi in discussione sono rilevanti per comprendere l’adeguatezza di tale limite alla luce dello sforamento della maggior parte delle Regioni. Il Prontuario terapeutico regionale (PTR), laddove presente, è costituito da un elenco di medicinali e da schede di valutazione e documenti sui farmaci da utilizzare nelle strutture delle Aziende Sanitarie, sia in regime di ricovero ospedaliero, sia nei percorsi di continuità assistenziale. Ci si chiede se sia uno strumento idoneo a controllare la spesa farmaceutica ospedaliera, considerato che consiste in uno strumento che necessita di essere continuamente aggiornato affinché si possa attuare una politica del farmaco credibile, intesa come valutazione delle risorse terapeutiche disponibili, sicurezza e sostenibilità economica. Quali sono, dunque, gli strumenti efficaci da adottare per il controllo della spesa farmaceutica ospedaliera? Le proposte dei responsabili regionali sono complesse: riclassificare tutti i farmaci ospedalieri in fascia A, rivedendo in tal modo i prezzi. Puntare sull’appropriatezza prescrittiva per responsabilizzare il medico sull’utilizzo del farmaco e migliorare l’informazione da parte delle autorità pubbliche sui nuovi medicinali.
SPESA FARMACEUTICA OSPEDALIERA, REGIONI
1 Assessorato Sanità, Servizio Salute, Regione Marche 2 Struttura Farmaceutica, Protesica e Dispositivi Medici- Direzione Generale Sanità, Regione Lombardia 3 Servizio Farmaceutico Apss Trento
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oPinioni a confronto anche più di uno, in modo tale che la spesa farmaceutica ospedaliera possa essere ponderata e confrontata. Oggi il problema principale è che il rispetto di questo 2,4% dipende anche dall’“orientamento governativo”, potendo essere più o meno vincolante o sanzionabile per le singole Regioni in sede di verifica. In linea di principio, sembrerebbe che, se la Regione è complessivamente in equilibrio economico-finanziario, non si pongano problemi al tavolo di confronto con il Governo, anche superando il tetto del 2,4%. Questo è un aspetto che, bene o male, ci conforta; però, essendo il finanziamento determinato in base alle prestazioni da erogare, è ovvio che, se per l’ospedaliera registro una spesa maggiore, devo comunque compensare quelle risorse economiche sottraendole ad altri settori (beni, servizi o personale). Questa è un po’ la difficoltà che abbiamo come sistema. A livello regionale, stiamo monitorando la spesa farmaceutica complessiva da diversi anni: attualmente, conti alla mano, quel 2,4% è più che doppio nelle Marche, regione quasi completamente dotata di assistenza erogata da ospedali pubblici. Ciò comporta sicuramente la necessità di rimodellare un sistema che, però, dev’essere concertato con le altre Regioni per modificare le “regole del gioco”: imporre un tetto così vincolante e penalizzante ricade alla fine sui problemi delle Regioni stesse. Ritornando all’esempio della Calabria, ha la spesa più bassa perché le strutture pubbliche sono quasi inesistenti o, perlomeno, non erogano le prestazioni che implicano una spesa rilevante di farmaci (ad esempio oncologici); guarda caso, è anche la Regione che registra la spesa assistenziale convenzionata più alta in Italia nel 2008.
ALLA LUCE DELLO SFONDAMENTO DA PARTE DELLA STRAGRANDE MAGGIORANZA DELLE REGIONI, REPUTATE ADEGUATO IL TETTO DEL 2,4%? SE NO, AVETE DELLE PROPOSTE ALTERNATIVE PER LA SUA FISSAZIONE?
Luigi Patregnani Farei innanzitutto una premessa su come è nato questo 2,4%. Come forse già sapete, alla spesa farmaceutica convenzionata territoriale è stato aggiunto originariamente un tetto per l’ospedaliera del 3% come prima indicazione. Questo tetto derivava da un’ipotesi di spesa complessiva a livello nazionale che, in base al finanziamento dello Stato, rappresentava appunto circa il 3% in ambito ospedaliero. Successivamente, il tetto è stato definito in maniera più vincolante: con la legge 222 del governo Prodi del 2007 (applicata nel 2008), dal 3% si è passati al 2,4%. Questa percentuale è complementare alla territoriale, ragion per cui da un 16% iniziale (13 + 3), si è arrivati a 14% + 2,4%. Questa differenziazione discende da una valutazione di quello che poteva essere l’impatto della distribuzione diretta sulla convenzionata. Infatti la politica farmaceutica è cambiata con la legge 222: la spesa territoriale, come sapete, riguarda la convenzionata e la fornitura diretta di farmaci di classe A, mentre tutto il resto ricade in questo 2,4% residuale. Il problema è che quest’ultima spesa risente delle specificità dell’organizzazione regionale e alcune terapie ad alto costo (oncologiche, HIV, sclerosi multipla) possono avere una rilevanza economica non indifferente in ragione della loro diffusione. Qualcuno ha fatto l’esempio della Calabria: è l’ultima regione in termini di spesa, ma potrei dire che, se nella mia regione Marche la spesa ospedaliera pubblica fosse zero, rientreremmo anche noi nel tetto. Il denominatore non è omogeneo tra Regioni, per cui bisognerebbe trovare un eventuale parametro di riferimento fra le Regioni stesse che potrebbe essere il numero di posti letto o le giornate di degenza (come si è discusso anche a livello regionale), ma
Ida Fortino Io mi concentrerò sulla questione pubblico-privato perché la regione Lombardia ha una componente privata rilevante. Dobbiamo ricordare che nel 2,4% non rientra soltanto la spesa farmaceutica ospedaliera di degenza, ma anche il cosiddetto file F, elemento sempre più dibattuto dalle varie Regioni. La maggior 24
Quaderni di Farmacoeconomia 11 - febbraio 2010
oPinioni a confronto parte della spesa deriva dai farmaci innovativi che in regione Lombardia (e nella maggior parte delle altre Regioni) vengono rendicontati nel file F e in casi specifici scorporati dal DH anche per le strutture private convenzionate. Quindi, dev’essere pure tenuto in considerazione il problema del quanto sia pubblico e quanto privato in una Regione, anche se non è l’unica “chiave di volta” che può rendere sostenibile o meno il 2,4% come percentuale di spesa ospedaliera. Nel 2007 la regione Lombardia è stata nel tetto complessivo del 16%, rispettando sia il 13% che il 3%; nel 2008 ha rispettato il tetto complessivo del 16,4%, anche se non quello del 2,4% per come è stato costruito. Il file F è in crescita, nel 2008 più del 10%, vedremo ora come andrà a finire nel 2009. Bisogna vedere dove le regole nazionali collocheranno il file F per fare proposte alternative al 2,4%, cioè proprio partendo da cosa compone il 2,4%. Si tratta principalmente di farmaci innovativi per cui esiste il problema della fissazione del prezzo, questione collegata anche ai cosiddetti risk sharing e payment by results (contratti di esito). Ciò che noi oggi stiamo chiedendo a AIFA come Regione, per ripensare questo 2,4%, è la ripartizione a livello regionale dei soldi che le aziende farmaceutiche pagano alle singole aziende ospedaliere nei contratti di esito, in modo tale che questo 2,4% possa essere ricostruito correttamente, chiarendo quanto effettivamente una Regione ha speso per questi farmaci innovativi. E’ chiaro che nemmeno noi abbiamo una soluzione chiara in testa: il 2,4% non tiene e, come ha già spiegato Luigi Patregnani, quest’anno vedremo come verrà valutato il problema al tavolo di confronto col Ministero dell’Economia. Se varrà il 2,4%, il complessivo sarà 16,4%, mentre nel 2009, con la conversione del DL Abruzzo, diventerà del 13,6% + 2,4%, ritornando a essere complessivamente il 16% di prima. Va infine ricordato che il file F è sì uno strumento di controllo della spesa, ma pure di appropriatezza prescrittiva legata alla possibilità, fornita a tutte le strutture ospedaliere erogatrici, di inserire questi farmaci nel cosiddetto registro AIFA. Per la
cronaca, il 23% delle schede di questo registro afferiscono alla regione Lombardia.
Riccardo Roni Anche da noi succede quello che capita ovunque: il tetto del 2,4% non è stato rispettato e, constatando che praticamente nessuna Regione lo ha rispettato, abbiamo già fornito implicitamente la risposta alla domanda se sia adeguato o meno. In provincia di Trento l’incidenza della spesa farmaceutica ospedaliera su quella sanitaria è del 3,3%, a fronte dell’8,9% di incidenza della territoriale. Quando le due spese venivano valutate in modo indistinto, c’era un margine ampissimo e l’esiguità della territoriale consentiva di mantenere il tetto complessivo. L’incremento 2007-2008 della spesa farmaceutica ospedaliera in Trentino è stato dell’11%, un trend importante di crescita. Non è stato affatto semplice mettere insieme questi dati, seppure in una situazione ideale di provincia autonoma dotata di una sola azienda sanitaria basata su due ospedali principali e altri otto presidi ospedalieri specialistici (tutti pubblici). Sono stati attuati criteri per scorporare la spesa riferita al PHT e ai farmaci prescritti alla dimissione, ma, ciononostante, la spesa ospedaliera rimane ancora un “calderone” disomogeneo di voci. Quindi, la disomogeneità emersa anche dall’indagine presentata dal CESAV richiede che, voce per voce, ci si accordi su cosa richiedere alle Regioni. Visto che si pretende un rispetto al decimale di una percentuale, è necessario anche dare precise indicazioni su cosa va incluso o va escluso dal tetto.
REPUTATE I PRONTUARI REGIONALI UNO STRUMENTO ADEGUATO PER CONTROLLARE LA SPESA FARMACEUTICA OSPEDALIERA A LIVELLO LOCALE?
Luigi Patregnani Nelle Marche non abbiamo ancora redatto un prontuario ospedaliero regionale: siamo tra le pochissime Regioni a non averlo ed è stata una scelta voluta. Mentre 25
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oPinioni a confronto oggi questi prontuari vengono costruiti con una filosofia diversa, negli anni ‘90 erano anche collegati alla presenza di farmaci di dubbia efficacia clinica. Oggi i farmaci rimborsati sono sottoposti a una più attenta valutazione della loro efficacia clinica, ragione per cui l’adozione di un prontuario, così come era stato originariamente ideato e gestito per l’attività della farmacia ospedaliera, ha oggi sicuramente un significato ben diverso. Nelle nostre riflessioni siamo ripartiti dall’ipotesi di valutare i nuovi farmaci, quelli innovativi, con una commissione regionale che effettui una verifica del nuovo farmaco immesso sul mercato. Non è una valutazione del dossier per l’autorizzazione all’immissione in commercio, è ovvio, ma una valutazione di più ampio respiro, mirata soprattutto a cercare di prevedere l’impatto del nuovo farmaco sul territorio, il suo differenziale sanitario ed economico, effettuando necessariamente un confronto con i prodotti già disponibili. Il limite dei nuovi farmaci registrati dall’EMEA è che l’approvazione non viene effettuata confrontandosi con i concorrenti attualmente presenti sul mercato, un limite che noi cerchiamo di superare. Già esistono vari sistemi mutuabili anche dall’estero: ad esempio, il modello scozzese ha una validità e una metodologia di analisi a nostro avviso interessante. Anche nella regione Marche si sta pensando alla costruzione di un prontuario regionale, non concepito a livello centrale, ma costruito in maniera periferica. In pratica, ogni area vasta che nella mia realtà coincide con la provincia, ha prodotto un suo prontuario di area vasta che raggruppa tutte quelle attività, legate all’ospedale, che sono sul territorio e/o con ricaduta territoriale. Quindi, l’obiettivo principale è la razionalizzazione della ricaduta territoriale delle scelte che devono essere fatte, spesso economicamente penalizzanti per l’ospedale. Per capirci, se acquisto un farmaco a costo zero in ospedale, ma non prescritto a costo zero sul territorio, è preferibile pagare quello che magari costa di più in ospedale; ciò comporta una ricaduta economica a lungo termine più contenuta dal punto di vista della spesa sanitaria complessiva. Da qui la produzione di questi prontuari di
area vasta e, a seguire, l’elaborazione di un prontuario regionale che sarà una sintesi di questi prontuari di area vasta. È ovvio che non potrà essere un semplice elenco di farmaci; quindi, il lavoro che si dovrà fare entro qualche mese, con una commissione specifica, sarà quello di cercare di trovare degli indirizzi tali per cui il sistema di gestione dei farmaci sia coerente con quelle che sono state le procedure di acquisto. In pratica, se abbiamo svolto una gara regionale per l’acquisto di farmaci che va a modificare la situazione pregressa di fornitura, si deve poi anche essere coerenti con quelle che sono le aspettative di utilizzo del farmaco. Esemplificando, se un gruppo di cinque principi attivi vengono ritenuti equivalenti dal punto di vista terapeutico, ma con prezzi diversi, devo ovviamente orientare le prescrizioni verso quelli che hanno il costo più basso per avere una ricaduta positiva sul territorio. Infine, concludo la mia risposta sui farmaci soggetti al registro di monitoraggio AIFA. Questi, avendo già dei criteri ben precisi, possono sicuramente essere approvati d’ufficio, evitando ulteriori valutazioni da parte della commissione regionale farmaci. Nelle Marche, comunque, la valutazione del farmaco e la sua presentazione vengono fatte direttamente dall’azienda farmaceutica, evitando di coinvolgere i clinici: l’azienda produce la documentazione e la commissione esprime un parere vincolante. Abbiamo già dato dei pareri, favorevoli per alcuni farmaci sfavorevoli per altri, ma soprattutto diamo delle raccomandazioni e delle limitazioni e questo rappresenta l’aspetto più innovativo. La prescrizione del farmaco può essere limitata solo ad alcuni centri, oppure altre raccomandazioni particolari possono essere proposte a livello regionale.
Ida Fortino Per rispondere alla domanda se il prontuario può essere uno strumento adeguato, bisogna partire dal concetto che un prontuario dev’essere uno strumento da aggiornare velocemente, qualora lo si voglia utilizzare in modo veramente efficace. Esce un nuovo farmaco e noi sappiamo 26
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oPinioni a confronto che è già conosciuto non solo dallo specialista, ma spesso anche dal paziente che lo richiede allo specialista stesso o al farmacista ospedaliero. Quindi, un problema cruciale nella gestione ottimale di un prontuario è quello di essere informati e prevedere strumenti molto dinamici per adeguarli alla tempistica. La regione Lombardia non ha adottato un prontuario farmaceutico regionale; però, tra gli obiettivi per il 2009 di molti colleghi, sia di azienda ospedaliera (AO) che di ASL, è stato incluso un prontuario condiviso. Come voi forse già sapete, dal 1997 in Lombardia, con la legge 31, le AO sono separate dalle ASL; ora, a fronte di indicazioni da parte sia dei colleghi del territorio che dell’ospedale, è stata prevista la possibilità di definire degli obiettivi condivisi e arrivare a fine anno con la pubblicazione sui siti web aziendali di un prontuario alla dimissione condiviso tra AO e ASL, sempre nella logica per cui il vero problema è il monitoraggio integrato della spesa sul territorio. La regione Lombardia, ancorchè virtuosa perché rispetterà il tetto del 16,4%, si pone comunque un po’ al di sotto della media prescrittiva di generici/equivalenti: a livello nazionale la media è del 33% nel 2008, mentre noi ci attestiamo sul 28%-29% in termini di spesa. Quindi, un’idea sottostante è anche quella di promuovere la prescrizione del generico per riportarlo al livello nazionale. Sarà interessante attendere la pubblicazione di questi prontuari alla dimissione, prevista alla fine del 2009, per poi valutare che effetti avranno sul territorio a partire dal 2010.
pubblico incanto per l’aggiudicazione delle forniture farmaceutiche, privilegiando prodotti magari più datati, ma che consentono grandi risparmi di spesa generati poi sul territorio; in questa logica, penso proprio possano essere uno strumento utile. Lo strumento del prontuario è però oggi molto contestato anche da una certa parte del mondo della sanità. Ricordo che qualche mese fa, a seguito della pubblicazione di due paginoni sul “Corriere della Sera”, scoppiò una polemica sul ritardo delle Regioni nel recepire l’innovazione terapeutica nei propri prontuari. Le Regioni furono messe sul banco degli imputati: si disse, ma come, escono nuovi farmaci già in ritardo rispetto all’Europa, dopodichè passano ancora mesi dall’immissione in commercio al loro utilizzo negli ospedali, con notevoli differenze da regione a regione e una geografia dell’Italia piuttosto strana perché, anche in questo caso, la Calabria risultava la regione più virtuosa, facendo registrare pochissimo tempo dall’immissione in commercio all’ingresso nel prontuario ospedaliero. La conclusione voluta era che le Regioni frenano l’innovazione, ma questo “freno” è in realtà dettato dall’attività valutativa che richiede tempo ed è pienamente giustificata dal fatto che, nel momento in cui una Regione mette a disposizione delle proprie strutture un certo farmaco, ha tutto il diritto di valutare se l’inclusione di questo farmaco nel Prontuario sia necessaria. Pensiamo a una nuova categoria di farmaci, quella degli inibitori della renina, farmaci potenzialmente di vasto utilizzo sul territorio. Se andiamo a guardare i dati di efficacia, capiamo anche che tutte le cautele poste nell’accompagnare la loro immissione in commercio sono collegate a un fabbisogno oggettivo di ulteriori dati di efficacia e sicurezza; da parte mia, auspico che questo principio di cautela diventi una modalità sempre più diffusa nel valutare nuovi farmaci prima di includerli in un prontuario terapeutico ospedaliero, che non limita comunque lo specialista nella loro prescrizione alla dimissione, con possibilità di prescrizioni inappropriate sul territorio.
Riccardo Roni Nella provincia di Trento non abbiamo un prontuario provinciale poiché, essendoci un’unica azienda sanitaria, sarebbe ridondante rispetto al prontuario aziendale. I prontuari non possono essere predisposti esclusivamente per gestire la spesa farmaceutica, ma possono essere strumenti mirati a un’oculata politica di approvvigionamento per produrre dei riflessi positivi sul territorio. Quando un prontuario è impostato già per categorie terapeutiche omogenee, può orientare il 27
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oPinioni a confronto maci, prescrizione informatizzata, gestione delle procedure di acquisto condivisa con le aziende farmaceutiche. Inoltre, in alcuni campi il farmacista può dare un contributo particolarmente qualificato nel seguire i trattamenti terapeutici, ad esempio in ambito oncologico e nefrologico.
QUALI POTREBBERO ESSERE A VOSTRO AVVISO DEGLI STRUMENTI EFFICACI DA ADOTTARE PER IL CONTROLLO DELLA SPESA FARMACEUTICA OSPEDALIERA?
Luigi Patregnani Strumenti efficaci in assoluto non ne esistono, questa è la realtà; classificare tutti i farmaci ospedalieri in fascia A sarebbe probabilmente lo strumento più indicato, rivedendo così tutti i prezzi. In regione Marche abbiamo adottato anche noi una delibera per cercare di rendere più razionale l’utilizzo dei farmaci in ambito ospedaliero. Tutti quei provvedimenti che vanno nella logica di ottimizzare le risorse, dall’acquisto, allo stoccaggio, alla fornitura diretta dei farmaci in ambito ospedaliero sulla base dei criteri a cui accennavo anche prima, vanno sicuramente nella direzione giusta da seguire. Anche la prescrizione informatizzata, come “scelta di sistema” che migliora la qualità ed elimina gli errori formali, può sicuramente aiutare a rendere più razionale e efficace la situazione. Il limite principale resta quello di convincere i prescrittori, ancora almeno nella mia realtà, molto autonomi e indipendenti. Persiste purtroppo una mancanza di dialogo e collaborazione a tutti i livelli con i decisori di utilizzo delle risorse pubbliche che non riguarda solo i farmaci, ma anche altre prestazioni quali diagnostica e dispositivi medici volendo allargare il ragionamento ad altre attività che assorbono risorse rilevanti del SSN. La strategia ideale dovrebbe essere quella di costringere i prescrittori a stimare in anticipo quale sarà il fabbisogno previsto, in modo tale che il sistema possa adeguarsi e soddisfare le esigenze dei cittadini per quelle prestazioni che siamo tenuti a fornire e devono comunque essere garantite. E’ sicuramente un percorso un po’ articolato, per il quale sono necessari vari indirizzi e strategie che non porteranno benefici immediati, ma piuttosto incrementali e di lungo respiro. Alcuni strumenti sono già stati precedentemente citati: condivisione della lista dei far-
Ida Fortino Come regione Lombardia abbiamo adottato un piano di governo della spesa farmaceutica ospedaliera a marzo del 2009, puntando sempre sull’appropriatezza delle prescrizioni. L’obiettivo è quello di responsabilizzare il clinico sull’utilizzo del farmaco nel rispetto delle indicazioni previste da AIFA; in tal senso, la regione Lombardia ha attivato tavoli di confronto con gli oncologi, i farmacisti ospedalieri, gli oculisti e ultimamente altre categorie ancora. È chiaro che la spesa ospedaliera crescerà perché arrivano nuovi farmaci (auspicabilmente innovativi) che vengono confinati all’interno degli ospedali anche per una questione di monitoraggio e controllo; perciò non ha senso prevedere una diminuzione della spesa ospedaliera, assistendo oltretutto in questa fase a una diminuzione di quella territoriale. Bisogna essere onesti e ammettere che non siamo in grado di bloccare la spesa; piuttosto, la regione Lombardia sta puntando su un monitoraggio sistematico, ad esempio le ASL stanno oggi chiedendo alla Regione la possibilità di consultare i registri attualmente disponibili soltanto all’interno degli ospedali, ma non accessibili dal territorio. Da questi tavoli nasceranno delle regole condivise fra la parte regionale amministrativa, che parte dal concetto di controllo della spesa, e il clinico e il farmacista che, comunque, ci ricordano anche la necessità di curare il paziente, vero e unico soggetto da porre al centro del sistema, come spesso si ama affermare nei convegni. Laddove si crea una responsabilizzazione da parte di entrambe le parti, il sistema funziona, altrimenti è chiaro che, se non ci si incontra mai, le strade necessariamente divergono e 28
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oPinioni a confronto l’amministrazione finirà per allontanarsi dalla realtà pratica, cioè il territorio e l’ospedale. La possibilità di condividere delle regole, e intervenire per rivederle se non funzionano, è fondamentale per poter modificare e migliorare il sistema. Mi piace anche ricordare che il controllo delle spesa nella nostra Regione non è entrato in vigore dal 2008 o dal 2009, ma è una filosofia praticata ormai da tanti anni.
HTA che permettono di monitorare quali tecnologie arriveranno, come l’horizon scanning, per poter valutare in largo anticipo se ci serviranno o meno. Sono tutti strumenti molto raffinati che piacciono molto a noi farmacisti; tuttavia, ho l’impressione possano servire a creare una cultura di fondo di controllo del sistema che però, stringi stringi, non darà effetti immediati. Se un’impostazione culturale di questo tipo ha sicuramente il pregio di focalizzare l’attenzione sulla sicurezza e l’efficacia dei medicinali che arrivano in brevissimo tempo sul mercato con procedure accelerate, bisogna anche ammettere che, alla fine, i risultati migliori si ottengono con le politiche distributive e le opportune negoziazioni di budget di spesa a livello locale con i reparti e le unità operative, tutti strumenti che possono essere indifferentemente applicati ai farmaci, ai dispositivi e alle apparecchiature. Il PHT è stato molto pubblicizzato e ben “infiocchettato” dall’AIFA, grazie ai richiami ai concetti di posizionamento del paziente al centro del sistema e continuità terapeutica, ma in realtà è risultato funzionale soprattutto al controllo della spesa. Infine, un accenno al discorso della retribuzione della farmacia con una quota fissa per confezione prescritta, oggi già presente a livello di accordi per la DPC da noi, nelle aree vaste di Verona e Venezia e forse anche in altre realtà di cui non sono a conoscenza. Mi domando perché non si sia arrivati prima alla quota per confezione al posto della retribuzione a percentuale, essendo quello del farmacista evidentemente un atto professionale che va retribuito con un onorario per il servizio reso, a prescindere dal fatto che la confezione costi tre o tremila euro.
Riccardo Roni Anche se di solito “piccolo è bello”, in questo campo non ci sono soluzioni magiche nemmeno in piccole realtà quali il Trentino. Condivido quindi quello che ha detto Luigi Patregnani, ivi inclusa l’affermazione che uno degli strumenti più efficaci per il controllo della spesa è quello delle logiche distributive. E’ sotto gli occhi di tutti che negli ultimi anni i risparmi si sono realizzati classificando i farmaci in vari modi; saranno anche una “stramberia” tutte queste sigle (PHT, DPC, ecc...), ma un po’ hanno funzionato: se la spesa ha tenuto, è anche merito di queste classificazioni che hanno condotto a canali distributivi nuovi e in via di sviluppo. Mi piace ricordare che il primo accordo sulla DPC in Italia fu siglato nel 2002 nel Trentino; quindi, avevamo colto subito che questa era una grande opportunità. Cos’è che fa impennare la spesa farmaceutica ospedaliera? L’innovazione. Ci piacerebbe dire che in realtà si governa la spesa farmaceutica ospedaliera con strumenti più nobili, quali l’informazione di parte pubblica sui nuovi medicinali, l’enfasi sui registri di monitoraggio, l’appropriatezza, nonchè l’attivazione di quelle funzioni di
LEGENDA ABBREVIAZIONI dH: day Hospital dPc: distribuzione Per conto PHt: Prontuario della distribuzione diretta per la presa in carico e la continuità assistenziale ospedale-territorio
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CESAV Istituto Mario Negri
Il CESAV, Centro di Economia Sanitaria Angelo e Angela Valenti, è attivo dal 1992 con sede a Ranica (BG) presso Villa Camozzi. Svolge attività di ricerca nel settore sanitario, al cui sviluppo offre il proprio contributo in materia di economia e di management. In particolare, la ricerca verte sulla valutazione economica, consistente nell'analisi dei costi e dei benefici di possibili alternative in sanità, e sull'analisi comparativa, basata principalmente sullo studio di sistemi sanitari esteri, al fine di individuare eventuali innovazioni da proporre al SSN e da estendere, più in generale, ai Paesi dell'Unione Europea. Publicazioni 1992-2007
PUBBLICAZIONI 2007 Articoli in inglese Garattini L, Ghislandi S “Should we really worry about “launch delays” of new drugs in OECD countries?” (Editoriale) The European Journal of Health Economics 8(1): 1-3. Cornago D, Li Bassi L, De Compadri P, Garattini L “Pharmacoeconomic studies in Italy: a critical review of the literature” The European Journal of Health Economics 8(2): 89-95. Garattini L, Koleva D, Motterlini N, Cornago D “Medical Costs of Chronic Musculoskeletal Pain in Italy” Clinical Drug Investigation 27(2): 139-148. Garattini L, Cornago D, De Compadri P “Pricing and reimbursement of in-patent drugs in seven European countries: A comparative analysis” Health Policy 82: 330-339. Koleva D, Motterlini N, Schiavone M, Garattini L “Medical Costs of Glaucoma and Ocular Hypertension in Italian Referral Centres: A Prospective Study” Ophthalmologica 221(5): 340347. Koleva D, Motterlini N, Banfi P, Garattini L “Healthcare costs of COPD in Italian referral centres: A prospective study” Respiratory Medicine 101: 2312-2320.
Articoli in italiano Motterlini N, Garattini L “I costi di struttura dei reparti di pneumologia in Italia” FarmacoEconomia News 1: 3-7. Garattini L “Finanziaria 2007: vere e false novità” (Editoriale) Quaderni di FarmacoEconomia 2: 5. Cerzani M, Barbui C, Garattini L “Le valutazioni economiche del trattamento farmacologico con antipsicotici nella schizofrenia: una rassegna degli studi italiani” Quaderni di FarmacoEconomia 2: 17-28. Cerzani M, Pasina L, Clavenna A, Nobili A, Garattini L “Revisione critica degli studi italiani di farmacoeconomia sull’uso dei farmaci antinfiammatori non steroidei in medicina generale” Quaderni di FarmacoEconomia 3: 17-28. Gritti S, De Compadri P, Garattini L “L’informazione medico scientifica fra Stato e Regioni” Quaderni di FarmacoEconomia 4: 7-15. De Compadri P, Koleva D, Zaniboni A, Garattini L “Modalità di somministrazione per terapie del CCR a confronto: un esercizio di valutazione economica” Quaderni di FarmacoEconomia 4: 16-27. Garattini L “Finanziaria 2007: vere e false novità” Dialogo sui farmaci 1: 33-34.
ATTIVITÀ DI FORMAZIONE
ANALISI COMPARATIVA
Il CESAV offre contributi formativi originali prevalentemente cor-
L'obiettivo di questa linea di ricerca è studiare l'organizzazione
relati ai propri progetti di ricerca, attività primaria del centro.
dei sistemi sanitari per trarre delle indicazioni dai confronti sistematici fra gli stessi. Le scelte dei legislatori nazionali, a fronte di problemi comuni in ogni Paese, variano molto da una
VALUTAZIONE ECONOMICA
nazione all'altra.
L'obiettivo di questa linea di ricerca è valutare i costi delle pa-
L'intervento pubblico è presente in ogni nazione, poiché il ser-
tologie e i rapporti costo-efficacia delle alternative diagnostico-
vizio sanitario non possiede meccanismi regolatori di mercato
terapeutiche disponibili. I tipi di analisi si differenziano a
collegati alle leggi economiche della domanda e dell'offerta;
seconda che si tratti di studi osservazionali di costi della pato-
pertanto, l'analisi comparativa a livello internazionale di tali
logia, oppure di studi di valutazione economica in senso com-
scelte è utile per verificare il livello di razionalità perseguito da
pleto (tipicamente analisi costo-efficacia).
ogni politica sanitaria nazionale.
Guidelines INVIO E PREPARAZIONE DEI MANOSCRITTI i manoscritti devono essere impostati come segue: a. Prima pagina con il titolo del manoscritto, nome degli autori e loro affiliazione, seguito da un abstract in lingua italiana (massimo 200 parole) e da tre parole chiave. b. testo dell’articolo indicativamente suddiviso in: -introduzione -materiali e metodi -risultati -discussione -conclusioni -eventuali ringraziamenti -Bibliografia c. tabelle (ognuna numerata e compresa di didascalia stampata su una pagina distinta) d. figure (ognuna numerata e stampata su una pagina distinta) le pagine dei manoscritti devono essere numerate. nel testo devono comparire i riferimenti a tutte le tabelle e figure con numerazione progressiva (in numeri arabi) secondo l’ordine di comparsa nel testo stesso. i termini in lingua straniera (eccettuati quelli di uso comune) devono essere scritti in corsivo. non devono comparire note a pie’ di pagina.
BIBLIOGRAFIA Citazioni nel testo: identificare i riferimenti nel testo, nelle tabelle e nelle legende con un numero arabo progressivo in apice, scritto dopo l’eventuale punteggiatura. le eventuali citazioni bibliografiche presenti soltanto in tabelle, grafici, ecc. devono seguire la numerazione progressiva secondo l’ordine di comparsa delle tabelle nel testo. Voci bibliografiche: devono essere elencate nell’ordine numerico di comparsa nel testo, possibilmente inserite in automatico come “note di chiusura”. inoltre, se gli autori sono tre o meno, devono essere indicati tutti; se sono più di tre, se ne devono indicare due, aggiungendo et al. dopo il secondo autore. le iniziali dei nomi non devono essere puntate. Alcuni esempi
Articoli da riviste: Garattini l, tediosi f. l’ossigenoterapia domiciliare in cinque Paesi europei: un’analisi comparativa. mecosan 2000; 35:137-148. Libri o monografie: libro standard: drummond mf, o’Brien B et al. methods for the economic evaluation of Health care Programme. oxford: oxford university Press, 1997. Capitoli di libri: arcangeli l, france G. la logica del nuovo sistema di remunerazione dell’assistenza ospedaliera. in: falcitelli n, langiano t, editors. “Politiche innovative nel ssn: i primi dieci anni dei drg in italia”. Bologna: il mulino, 2004. 32 Quaderni di Farmacoeconomia 11 - febbraio 2010