Quaderni di
FARMACO ECONOMIA Q U A D R I M E S T R A L E D I I N F O R M A Z I O N E FA R M A C O E C O N O M I C A
In questo numero VALUTAZIONE ECONOMICA
Valutazioni Economiche della Vaccinazione contro il Virus del Papilloma Umano nell’Unione Europea POLITICA SANITARIA I biosimilari: evoluzione o involuzione? II Parte
Quaderni di
FARMACO ECONOMIA quadrimestrale di informazione farmacoeconomica
Quaderni di
farmaco economia
Comitato editoriale
numero 14 febbraio 2011
Iscrizione al Tribunale di Milano
Antonella Barale, Corrado Barbui,
n. 587 del 22/9/2006
Ettore Beghi, Maurizio Bonati,
Periodicità quadrimestrale
Gianluigi Casadei, Erica Daina, Roberto Dall'Aglio, Giovanni Fattore,
Direttore scientifico
Ida Fortino, Loredano Giorni,
Livio Garattini
Roberto Grilli, Luigi Mezzalira, Direttore Responsabile
Fulvio Moirano, Alessandro Nobili,
Alberto Salmona
Luigi Patregnani, Rosa Prato, Riccardo Roni, Francesca Tosolini, Progetto grafico e impaginazione Marzia Manasse, Laura Arcari
Mara Vezzani.
Abbonamento annuale € 60,00 (€ 100,00 per l’estero) Numero singolo: € 20,00
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Numero arretrato: €. 25,00
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2 Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
sommario
editoriale
Farmaci innovativi, Hta e trasparenza: l'anno che verrà
pag.
5
pag.
7
pag.
21
pag.
30
Gianluigi Casadei, Livio Garattini
Valutazione economica
Valutazioni economiche della Vaccinazione contro il Virus del Papilloma umano nell’unione europea: una revisione critica Paola De Compadri, Anna Padula, Livio Garattini
Politica sanitaria
I
biosimilari: evoluzione o involuzione? II PARTE Anna Padula, Gianluigi Casadei, Livio Garattini
farmacie e distribuzione del farmaco
Non c’è contrasto di visione tra agcm e corte costituzionale, né tra commissione ue e corte di Giustizia europea Nicola C. Salerno
3 Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
destina il tuo 5 per mille dell'irPef (sul mod. 730 o mod. unico Pf o mod. cud) con una firma indicando il nostro codice fiscale 03254210150 per aiutare a mantenere indipendente la ricerca scientifica dell'istituto mario negri, una fondazione privata senza scopo di lucro che da oltre 40 anni opera nell'interesse degli ammalati.
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editoriale
editoriale di Gianluigi Casadei, Livio Garattini
Farmaci innovativi, HTA e trasparenza: l'anno che verrà
2
I
l 2011 inizia con una notizia importante: da quest’anno i farmaci innovativi devono essere inseriti nei Prontuari Terapeutici Ospedalieri Regionali (PTOR) entro 60 giorni dalla pubblicazione della determina dell’AIFA. Così ha infatti convenuto la conferenza Stato-Regioni1 al termine di una lunga polemica fra autorità sanitarie centrale e regionali, che ha visto il coinvolgimento di associazioni mediche e di pazienti, istituti di ricerca sanitaria e produttori, con l’obiettivo di garantire l’uniformità di accesso ai farmaci su tutto il territorio nazionale. Il significato “collaterale” di questo accordo è il punto a favore della centralità delle decisioni in materia di farmaci e rimborsabilità, e quindi il ruolo primario dell’AIFA, rispetto alla tesi che il farmaco non rappresenti un servizio a sé stante, ma debba rientrare nel quadro complessivo (certamente più complesso) dell’offerta sanitaria di competenza regionale. Il tema in discussione è quindi molto importante e ha valenza generale. Seguendo il filo di parole innovazione, sostenibilità, valutazione economica si arriva facilmente al tema di gran moda, l’HTA, e ciò che più interessa, alla domanda da chi e come debba essere esercitata questa metodologia a supporto delle decisioni di acquisto di nuove tecnologie sanitarie, inclusi i nuovi farmaci ad alto prezzo. HTA centrale o regionale? Il nuovo Piano Sanitario
Nazionale 2011-13 non risponde alla domanda e auspica un intervento normativo di governo che coinvolga tutti (ma proprio tutti) gli enti pubblici. Nell’attesa di indicazioni specifiche è possibile avanzare qualche considerazione pratica, con l’obiettivo non tanto di contribuire a uno sviluppo culturale (esperti e convegni di certo non mancano), ma soprattutto di semplificare e rendere comprensibili i processi, tanto per l’operatore quanto per i fruitori del servizio sanitario, cioè i residenti in Italia. La trasparenza del processo valutativo e quindi delle valutazioni è un caposaldo metodologico dell’HTA. Nel 2000 l’International Network of Agencies for Health Technology Assessment (INAHTA) ha identificato proprio nella trasparenza un elemento chiave per 3l’armonizzazione a livello internazionale. Come si applica in Italia il principio metodologico di trasparenza nell’ambito delle valutazioni di rimborso e prezzo? Ad oggi, per quanto ci è dato di sapere, la confidenzialità copre non solo tutto il processo negoziale fra autorità sanitaria e produttore, come è giusto che sia, ma anche l’esito finale. Prendiamo ad esempio i farmaci innovativi: l’AIFA ha pubblicato un elenco di 19 principi attivi, in maggioranza inclusi nella classe A, specificando che l’innovatività è “importante” in 4 casi e “potenziale” nei rimanenti 15. 5
Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
editoriale Punto. Alcuni dei farmaci potenzialmente innovativi sono gli stessi che avevamo citato in un articolo intitolato “Farmaci, trasparenza all’innovatività”,4 in cui si evidenziava come i prezzi di questi farmaci fossero indubbiamente elevati, mentre la valutazione d’innovatività fosse difficile da comprendere. Ci rispose solo l’ufficio stampa di un’azienda farmaceutica che sostenne la tesi “innovatività=nuovo meccanismo d’azione”... così semplice! Forse non così tanto nella prospettiva del payer che, per legge, è chiamato a andare oltre la novità e valutare i benefici aggiuntivi (l’innovazione, ancorché potenziale) per giustificare un premium price. La metodologia dell’HTA vorrebbe che l’autorità sanitaria rendesse pubblica l’intera valutazione di place in therapy e di beneficio aggiuntivo atteso. È proprio quanto accade sia a livello europeo (EMA, NICE, DACEHTA, HAS, IQWiG, tanto per citare alcuni esempi) che italiano, (AgeNaS, UVEF, ASSR Emilia-Romagna e altre) che pubblicano nei propri siti le valutazioni di propria competenza, rendendole accessibili agli operatori e ai residenti. In pratica, sarebbe auspicabile che l’AIFA pubblicasse sul proprio sito le valutazioni ufficiali approvate dalla propria Commissione Tecnico-Scientifica entro pochi giorni dalla pubblicazione della determina di AIC. La pubblicazione dei criteri adottati per la definizione di place in
therapy di ciascun nuovo farmaco, a partire da quelli giudicati innovativi, permetterebbe non solo di assolvere il criterio metodologico di trasparenza della valutazione di costo-beneficio alla base del processo di prezzo e rimborso, ma permetterebbe anche ad ogni regione di focalizzare la propria valutazione su come introdurre il nuovo farmaco nel percorso diagnostico-terapeutico assistenziale, senza dover “ripartire da zero” come accade oggi, con spreco di tempo e risorse. Michael Drummond, un “padre dell’HTA”, ha già risposto in modo ovvio alla domanda scontata sulla confidenzialità: “Si possono sviluppare dei meccanismi che permettano di proteggere i dati confidenziali di interesse commerciale”. D’altra parte, la valutazione di place in therapy è principalmente basata su dati pubblicati. La trasparenza è un buon punto di partenza per lo sviluppo dell’HTA in Italia, in quanto rappresenta un elemento fondamentale per delineare un percorso sinergico fra autorità sanitarie centrali e locali finalizzato a un impiego condiviso e consapevole delle risorse. Anzi, nell’ottica di uno sviluppo del federalismo la capacità dell’autorità sanitaria centrale di ottenere il riconoscimento scientifico e metodologico di guida alle decisioni locali rappresenta un obiettivo prioritario per l’anno che verrà.
BIBLIOGRAFIA 1
2
3
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sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto
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casadei G e Garattini l. farmaci, trasparenza all'innovatività. sole 24 ore sanità, 3-9 novembre 2009.
Psn%202011_2013%20in%20cdm.pdf?cmd=art& codid=26.0.2621013181 (accesso 24/1/2011)
6 Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Valutazione economica Paola De Compadri, Anna Padula, Livio Garattini
Valutazioni Economiche della Vaccinazione contro il Virus del Papilloma Umano nell’Unione Europea: Una Revisione Critica
Abstract
PA R O L E C H I AV E :
Background: Il vaccino contro il Virus del Papilloma Umano (HPV) è un prodotto nuovo e costoso, potenzialmente efficace per prevenire il tumore alla cervice uterina.
VACCINO HPV, VALUTAZIONE ECONOMICA, UNIONE EUROPEA
Obiettivo: Abbiamo revisionato le Valutazioni Economiche (VE) sul vaccino realizzate negli Stati dell’Unione Europea (UE), al fine di stabilire il loro potenziale contributo al processo decisionale pubblico in un’area geografica sufficientemente omogenea, in cui la vaccinazione HPV è già stata diffusamente adottata. Metodi: E’ stata effettuata una ricerca della letteratura esistente nel data-base PubMed, usando i termini “vaccino HPV” e “Costi / Analisi dei Costi”, da cui sono state selezionate le VE sui vaccini HPV condotte negli Stati appartenenti all’Unione Europea (UE) nel periodo 2007–2009. Sono stati inclusi quattordici articoli, per un totale di ventidue VE. Sette Studi Clinici (SC) sono stati estratti dalle referenze bibliografiche, in quanto fonti di efficacia delle VE, e analizzati separatamente. Risultati: Tutte le VE sono state impostate su tecniche di modelling. Tre erano analisi costo utilità (ACU), tre analisi costo efficacia (ACE), le rimanenti hanno incluso entrambe le tecniche. Le VE esplicitamente concentrate su uno dei due vaccini sono state tutte sponsorizzate dai rispettivi produttori, mentre gli studi non correlati al tipo di vaccino sono stati finanziati da agenzie pubbliche. A parte uno studio belga (che ha usato un’indagine inglese non pubblicata) e uno olandese (che non ha fornito informazioni circa fonti e valori), le stime di utilità sono sempre state ottenute da indagini americane. I costi diretti inclusi nelle VE sono sempre stati quelli allegati alla vaccinazione, alla diagnosi e al trattamento di patologie correlate. La maggior parte degli studi sembra avere applicato prezzi del vaccino ex-factory, tre studi i prezzi al pubblico; solo gli studi inglesi hanno provato a stimare un prezzo aggiudicato tramite gare pubbliche di acquisto. Tutte le VE sponsorizzate tranne una hanno concluso a favore della strategia vaccinale, risultata addirittura dominante in uno studio inglese. Il rapporto costo-efficacia incrementale (ICER) è risultato meno favorevole quando nel caso–base sono stati valutati gli anni di vita guadagnati al posto degli anni di vita 7 Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
1 CESAV, Centro di Economia Sanitaria Angelo & Angela Valenti
Valutazione economica ponderati per qualità; è stata prevista l’estensione del vaccino ai maschi, ed è stata inclusa una dose booster ; sono stati esclusi i costi indotti dai CG (condilomi genitali). Gli ICER sono risultati molto sensibili principalmente al tasso di sconto, alla durata della protezione e al prezzo del vaccino. In generale, le conclusioni degli studi finanziati dalle agenzie pubbliche sono state più caute di quelle degli studi sponsorizzati dalle aziende produttrici di vaccini. Conclusioni: Avendo molti Paesi UE già preso la decisione di adottare la vaccinazione HPV, nonostante l’efficacia ancora incerta di lungo periodo, i decisori pubblici potrebbero trarre maggiori benefici da VE disegnate per valutare la sostenibilità dei prezzi dei vaccini, considerando stime realistiche di variabili cruciali quali i tassi di copertura, piuttosto che ricorrere a numerosi assunti incerti mirati a stimare ICER accettabili.
della cervice uterina (CC),3 molti Paesi europei hanno aggiunto la vaccinazione alle proprie strategie di prevenzione primaria dopo che l’EMA (l’Agenzia Europea dei Farmaci) ha autorizzato alla commercializzazione i due vaccini esisten4 ti. Sebbene l’impatto di lungo termine
INTRODUZIONE Il vaccino contro il virus del papilloma umano (HPV), il primo potenzialmente in grado di prevenire il cancro, è un prodotto nuovo e costoso.1,2 Nonostante i programmi di screening siano tuttora considerati necessari per prevenire il cancro TABELLA 1
Principali caratteristiche dei sette SC* riferiti alle 22 VE
35
sc Vaccino
Villa, 2005
quadrivalente
33
15
Villa, 2006
quadrivalente
Garland, 2007
quadrivalente
30
Villa, 2007
34
quadrivalente
Harper, 2004
bivalente
fase
ii
ii
iii
iii
ii
orizzonte temporale (anni)
3
5
3
3
3
alternative età media (anni) dimensione campione tasso infezione HPV Persistente
b
V
P
V
P
V
P
V
P
V
P
20,2
20,0
20,5
20,3
20,2
20,3
20,0
20,0
20,4
20,5
276
275
266
263
2.723
2.732
6.087
6.080
560
553
0,8
7,1
0,4
6,6
0,1%
3,1%
eV contro infezione HPV
88,0%
93,5%
(72,0; 96,0)
(82,5; 98,3)
0,0c
tasso cin b eV contro cini
1,0c
100,0%
eV contro condilomi Genitali
eventi avversi Gravi
0,0
0,6 -
i
1,0%
0,0d
0,8d
0,4
-
-
-
0,9e
(30,8; 100,0) 0,0
-
2,1e
0,5f
0,8f
4,9%g
55,0%
44,0%
92,9%
(26,0; 58,0)
(70,0; 98,3)
-
-
0,3
1,1
100,0%
76,0%
-
(61,0; 86,0)
-
-
0,4%g
(40,0; 66,0)
(0,0; 100,0) 1,0%
95,1% (63,5; 99,3)
100,0%
(32,0; 100.0) tasso condilomi Genitali b
a
1,8%
1,7%
0,7%
0,9%
4,0%
3,5%
ais = adenocarcinoma in situ; cin = neoplasia cervicale intra-epiteliale; HPV = Virus papilloma umano; eV = efficacia Vaccino; P = Gruppo Placebo; sc= studio clinico; V = Gruppo Vaccinati; Ve = Valutazione economica; Vea = Vaccino epatite a * risultati analisi itt a studio con estensione follow-up b incidenza anni a rischio per 100 donne c cin grado non specificato
d cin 1-3 e cin 1-3 e ais f cin 2-3 e ais
g anormalità citologiche di qualunque tipo (cin incluso) h cin2+ i tra parentesi: intervalli di confidenza 95%;
8 Quaderni di Farmacoeconomia 13 - novembre 2010
Valutazione economica rebbe certamente più probabile in caso di estensione della copertura ai maschi e la sola vaccinazione potrebbe essere più efficace nei Paesi meno sviluppati, dove i programmi di screening sono ancora del tutto insufficienti.6 Costi e benefici del programma di immunizzazione contro l’HPV sono stati stimati in molti Paesi europei. Analogamente, ad altre revisioni facenti riferimento a specifiche aree geografiche,11,12 abbiamo ritenuto interessante analizzare criticamente le Valutazioni Economiche (VE) realizzate sul vaccino nei Paesi dell’Unione Europea (UE), confrontando assunti chiave e scelte metodologiche. L’obiettivo principale è stato quello di valutare il loro contributo potenziale al processo decisionale pubblico in una realtà geografica sufficientemente omogenea, in cui la vaccinazione HPV è stata già ampiamente adottata. Abbiamo anche esaminato se e come la sponsorizzazione dell’industria dei vaccini abbia eventualmente influenzato i risultati.
dei due vaccini e la loro sicurezza siano ancora incerti, la vaccinazione può offrire un beneficio sanitario concreto anche in considerazione della ridotta adesione delle donne ai programmi di screening (paptest),4,5 benché essi siano oramai disponibili da parecchi anni in molti Paesi.6 In generale, vista la scarsità di risorse pubbliche, le autorità nazionali dovrebbero beneficiare da evidenze economiche che supportino la decisione di aggiungere questo costoso vaccino ai programmi già 7 esistenti di immunizzazione. In base a recenti revisioni della letteratura, la vaccinazione HPV sembra essere costo-efficace soprattutto considerando i programmi di prevenzione per le sole donne8,9 e nell’ambito di nazioni il cui prodotto nazionale lordo procapite sia abbastanza elevato;10 ciononostante, l’eradicazione del virus sa-
32
Harper, 2006
31
Paavonen, 2009
bivalente
bivalente
ii
iii
4.5a
2.9
V
P
V
Vea
23,0
23,0
20,0
20,0
560
553
9319
9325
0,1
1,2
QUADRO CLINICO EPIDEMIOLOGICO DELL’HPV L’infezione HPV vanta una delle più solide relazioni di causa-effetto con un tumore da sempre riscontrata in ricerche in campo oncologico.1 Il CC è il secondo cancro femminile più diffuso al mondo, colpendo principalmente donne di età compresa tra i 35 e i 55 anni e generando importanti conseguenze in termini di anni di vita perduti.13 Si stimano circa 60,000 nuovi casi di CC all’anno in Europa, a cui vanno ascritte circa 32,000 morti.4 L’infezione HPV è strettamente connessa all’attività sessuale ed è abitualmente acquisita durante il primo anno di rapporti, con almeno il 75% delle donne sessualmente5 attive infettate nel corso della loro vita. Fortunatamente l’infezione persiste solo in una piccola proporzione, conducendo a lesioni chiamate neoplasie cervicali intraepiteliali (CIN).14 Tra i circa 15 genotipi di HPV definiti come altamente oncogenici, il 16 e il 18 sono i più comunemente responsabili del CC invasivo (70%) e dei cancri vulvo-vaginali (VVC) (30%).4,13 I tipi HPV 6 e 11 (me-
-
94,0%
-
(61,1; 99,9) -
0,02h
100,0%h (-7,7; 100,0)
4,0%
0,39h 94,5%
(86,2; 98,4)
-
-
-
5,0%
3,5%
3,5%
9 Quaderni di Farmacoeconomia 13 - novembre 2010
Valutazione economica no oncogenici) causano principalmente condilomi genitali (CG) (90%), neoplasie di basso-grado e papillomatosi respiratorie ricorrenti.12,15 L’efficacia del vaccino contro l’HPV e nuovi promettenti tests di screening forni-
scono un’opportunità senza precedenti per definire strategie di gestione delle infezioni HPV, del CC e delle patologie maligne correlate.14 Il primo vaccino ricombinante contro i tipi 6, 11, 16, e 18 (il quadrivalente ®Gardasil)
TABELLA 2A Principali caratteristiche dei sei studi finanziati dal produttore del vaccino HPV quadrivalente
Variabili
20
annemans, 2009
Hillemans, 2009
28
25
bergeron, 2008
Paese
belgio
Germania
francia
tipo Ve
ace e acu
ace e acu
ace e acu
tipo modello
statico
statico
statico
Voci di costo
costi diretti
1) Pap test 2) Visite mediche 3) Vaccinazionea 4) colposcopia + biopsia 5) trattamento cin 6) trattamento cc 7) trattamento cG
1) Pap test 2) Vaccinazionea 3) colposcopia + biopsia 4) trattamento cin 5) trattamento cc 6) trattamento cG
1) Pap test 2) test HPV dna 3) Vaccinazionea 4) colposcopia + biopsia 5) trattamento cin 6) trattamento cc 7) trattamento cG
costi indiretti
-
-
-
fonte consumo di risorse
1) data-base nazionale 2) cartelle mediche 3) assunti
1) data-base nazionale 2) studi osservazionali
1) data-base nazionale 2) studi osservazionali
fonte dei costi unitari
1) tariffe 2) Prezzi 3) assunti
1) tariffe 2) Prezzi
1) tariffe 2) Prezzi
fonte valori di utilità
* punteggi di utilità usa #
* punteggi di utilità usa #
* punteggi di utilità usa#
orizzonte temporale
73 anni
73 anni
71 anni
risultati
ci/ lYG
€13,756
€15,684
€12,303
ci/ qalY
€10,546
€10,530
€8,408
tasso sconto
3,0% (costi) 1,5% (benefici)
4,0% (costi) 1,5% (benefici)
3,5% (costi) 1,5% (benefici)
copertura screening
58,6%
17,7% - 52,6%b
55%
copertura Vaccinazione
100%
80%
80%
efficacia Vaccino
100%d
100%d
100%d
analisi sensibilità
one-way
1) one-way 2) scenario
1) one-way 2) scenario
Principali variabili influenzanti icer nella analisi di sensibilità
1) tassi sconto 2) durata protezione 3) sensitività Pap test 4) efficacia Vaccino
1) tassi sconto 2) durata protezione 3) copertura screening
1) tassi sconto 2) durata protezione 3) incidenza c
conclusioni autori
un programma sanitario pubblico costo-efficace
costo-efficace in relazione a soglie tedesche ci/qalY
costo-efficace in relazione a soglie francesi ci/qalY
ace = analisi costo-effictacia; acu = analisi costo-utilità; cc = cancro cervice; cin = neoplasia cervicale intra-epiteliale; ci = costo incrementale; cG = condilomi Genitali; dna = acido deossiribonucleico; HPV = papilloma-virus umano; icer = rapporto costo-efficacia incrementale; lbc = citologia basata sul liquido; lYG = anni di Vita Guadagnati; nd = non disponibile; Pap test = test citologico Papanicolau; qalY = anni di Vita ponderati per qualità; uK = regno unito; Ve = economica Valutazione; * Pap test: 0.98; cin: 0.87-93; cc: 0.67-0.76; cG: 0.91 ** cc: 0.48-0.68 *** cin: 0.71-0.83; cc: 0.55 a include prezzo vaccino e costi della somministrazione b intervalli dei tassi di copertura e screening specifici per età
10 Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Valutazione economica è stato approvato nel 2006 dall’EMA per la prevenzione di lesioni displastiche cervicali (CIN 2/3) e vulvari (VIN 2/3) di grado elevato, dei CC, dei VVC, e dei CG. Successivamente, l’EMA ha approvato la commercializzazione del secondo vaccino
21
mennini, 2009
27
contro il cancro della cervice (il bivalente ®Cervarix) limitatamente alla prevenzione 4 di CIN e CC. Entrambi i vaccini si sono dimostrati molto efficaci e ben tollerati, sebbene il follow-up più lungo sia ad oggi solamente di sei anni.14
Kulasingam, 2008
dasbach, 2008
24
italia
regno unito
regno unito
ace e acu
ace e acu
acu
statico
statico
dinamico
1) Pap test 2) HPV dna test 3) Visite mediche 4) Vaccinazionea 5) colposcopia + biopsia 6) trattamento cin 7) trattamento cc
1) Pap test 2) Vaccinazionea 3) colposcopia + biopsia 4) trattamento cin 5) trattamento cc 6) trattamento cG
1) screening lbc 2) Vaccinazionea 3) colposcopia + biopsia 4) trattamento cin 5) trattamento cc 6) trattamento cG
-
-
-
1) data-base nazionale 2) assunti
1) cartelle mediche 2) assunti
1) cartelle mediche 2) assunti
1) tariffe 2) assunti
1) costi di struttura 2) assunti
1) costi di struttura 2) assunti
* punteggi di utilità usa#
* punteggi di utilità usa#
* punteggi di utilità usa#
tempo-Vita
73 anni
100 anni
€43,566
-
€9,569
€26,450
dominanza Vaccino
3,0% (costi) 1,5% (benefici)
3,5%
3,5%
73%
74% - 84%b
nd
80%
85%
80%
100%d
98%d
90%c
one-way
1) one-way 2) multi-way
1) one-way 2) scenario
1) tassi sconto 2) durata protezione
1) tassi sconto 2) durata protezione
1) Valori di utilità 2) durata protezione
un programma sanitario pubblico efficace e costo-efficace
costo-efficace nel ridurre l'impatto del cc
costo per qalY accettabile
c contro infezione HPV d contro malattie associate all’HPV e contro solo cc # myers er, Green s, lipkus i. Patient preferences for health states related to HPV infection: Visual analogue scales vs. time trade-off elicitation. Proceedings of the 21st internationalPapillomavirus conference. mexico city, mexico: february 20–26, 2004 § Gold m, franks P, mccoy Ki, et al. towards consistency in cost-utility analyses: using national measures to create condition-specific values. med care 1998; 36: 778–92
11 Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Valutazione economica TABELLA 2B Principali caratteristiche dei tre studi finanziati dal produttore del vaccino HPV bivalente
Variabili
22
Paese
coupé, 2009
de Kok, 2009
rogoza, 2009
16
18
olanda
olanda
olanda
tipo Ve
acu
ace e acu
ace e acu
tipo modello
statico
statico
statico
Voci di costo
costi diretti
1) Pap test 2) Vaccinazionea & booster 3) diagnosi 4) trattamento cin 5) trattamento cc 6) cure terminali 7) costi tempo lavoro
1) Pap test 2) Vaccinazionea 3) colposcopia + biopsia 4) trattamento cin 5) trattamento cc 6) cure terminali
1) Pap test 2) Vaccinazionea 3) colposcopia + biopsia 4) trattamento cin 5) trattamento cc 6) costi Viaggio
costi indiretti
-
-
Perdita di produttività
fonte consumo di risorse
1) data-base nazionali 2) cartelle mediche
studi osservazionali
assunti
fonte dei costi unitari
1) tariffe 2) Prezzi 3) indagini rappresentative
1) Prezzi 2) assunti
1) Prezzi 2) assunti
fonte valori di utilità
**usa§
**usa§
nd
orizzonte temporale
tempo-Vita
tempo-Vita
tempo-Vita
risultati
ci/ lYG
-
€59,700
€22,700
ci/ qalY
€19,430 €23,000 (booster)
€53,500
€18,500
tasso sconto
4,0% (costi) 1,5% (benefici)
3,0%
4,0% (costi) 1,5% (benefici)
copertura screening
80%
90%
80%
copertura Vaccinazione
85%
85%
95%
efficacia Vaccino
95%c
70%e
100%c
analisi sensibilità
1) one-way 2) scenario
1) one-way 2) analisi degli estremi
1) one-way 2) scenario 3) Probabilistica
Principali variabili influenzanti icer nell’ analisi di sensibilità
1) copertura screening 2) efficacia vaccino
1) Prezzo vaccino 2) somministrazione booster 3) efficacia vaccino 4) incidenza cc
1) Prezzo vaccino 2) somministrazione booster 3) tasso di sconto
conclusioni autori
i risultati supportano la vaccinazione in aggiunta allo screening del cc
non costo-efficace anche in caso di assunti favorevoli
strategia costo-efficace contro cc
ace = analisi costo-effictacia; acu = analisi costo-utilità; cc = cancro cervice; cin = neoplasia cervicale intra-epiteliale; ci = costo incrementale; cG = condilomi Genitali; dna = acido deossiribonucleico; HPV = papilloma-virus umano; icer = rapporto costo-efficacia incrementale; lbc = citologia basata sul liquido; lYG = anni di Vita Guadagnati; nd = non disponibile; Pap test = test citologico Papanicolau; qalY = anni di Vita ponderati per qualità; uK = regno unito; Ve = economica Valutazione; * Pap test: 0.98; cin: 0.87-93; cc: 0.67-0.76; cG: 0.91 ** cc: 0.48-0.68 *** cin: 0.71-0.83; cc: 0.55 a include prezzo vaccino e costi della somministrazione b intervalli dei tassi di copertura e screening specifici per età c contro infezione HPV d contro malattie associate all’HPV e contro solo cc # myers er, Green s, lipkus i. Patient preferences for health states related to HPV infection: Visual analogue scales vs. time trade-off elicitation. Proceedings of the 21st internationalPapillomavirus conference. mexico city, mexico: february 20–26, 2004 § Gold m, franks P, mccoy Ki, et al. towards consistency in cost-utility analyses: using national measures to create condition-specific values. med care 1998; 36: 778–92
12 Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Valutazione economica MATERIALI E METODI E’ stata effettuata una ricerca della letteratura sul database internazionale Pub-Med per selezionare le VE, condotte sui vaccini HPV nei paesi aderenti all’Unione Europea (UE), pubblicate in inglese nel periodo Gennaio 2007 - Dicembre 2009. I termini usati per la ricerca sono stati “vaccini HPV” e “Costi / analisi dei costi.”Dei 141 articoli identificati, 107 sono stati esclusi per le seguenti ragioni: 1) 53 erano articoli metodologici (lineeguida), editoriali o commentari su implicazioni politiche, 2) 34 erano studi clinici/epidemiologici e revisioni cliniche, 3) 20 erano revisioni economiche, analisi di costo o VE con obiettivi diversi da quelli di questo studio (ad esempio focalizzate esclusivamente su CG o screening). La Figura 1 riassume la strategia di ricerca e i suoi risultati. 34 articoli includenti VE focalizzate sulle strategie di vaccinazione contro l’HPV sono stati considerati inseribili nell’analisi; 20 sono stati successivamente esclusi perchè facevano riferimento a Paesi non appartenenti alla UE. Di conseguenza, sono stati alla fine selezionati 14 articoli,16-29 comprendenti 22 VE poichè tali articoli16,18-21,25,27,28 contenevano due analisi separate. Sette studi clinici (SC) randomizzati15,30-35 sono stati estratti dalle referenze di questi 14 articoli, in quanto fonti di efficacia delle VE, e revisionati separatamente in base a una semplice checklist clinica includente caratteristiche quali: il disegno dello studio, le caratteristiche base dei pazienti e i risultati clinici (Tabella 1). Le VE sono state valutate utilizzando una checklist comune (Tabella 2) composta da variabili correlate al modello (tipo di modello, popolazione target, efficacia del vaccino, copertura vaccinale e dello screening) e variabili economiche (tassi di sconto, voci di costo, costi unitari e fonti del consumo di risorse); checklists simili, derivate da quella applicata per sintetizzare gli studi del database EURONHEED,36 sono già state da noi utilizzate in revisioni precedenti.37,38 Tutte le VE si sono basate su tecniche di modelling (principalmente modelli di Markov); in base alla letteratura esistente, i modelli (di coorte) possono sostanzial-
mente essere distinti in “statici”, in quanto mantengono costanti nel tempo i tassi di flusso tra gli stati di salute, o “dinamici”, tendenzialmente generatori di stime più sofisticate riflettenti la storia naturale della malattia (inclusi i benefici correlati all’“effetto gregge”).8,10,29,39 Abbiamo ulteriormente classificato le VE in relazione al fatto che avessero ottenuto o meno un supporto finanziario dalle aziende produttrici di vaccini; a tal fine, sono stati attentamente esaminati i ringraziamenti e le affiliazioni degli autori. Gli studi che abbiano dichiarato un qualsiasi finanziamento aziendale e/o siano stati cofirmati da almeno un autore dipendente di un’azienda produttrice di vaccini sono stati considerati sponsorizzati dall’industria. Per rendere confrontabili i valori monetari, la sterlina inglese è stata convertita in euro al tasso di cambio 2008 (anno di pubblicazione dei tre studi inglesi).40 Poiché qualsiasi valutazione critica è un esercizio soggettivo per definizione, due ricercatori hanno valutato parallelamente gli articoli selezionati al fine di minimizzare le discrezionalità interpretative.
RISULTATI Fonti di Efficacia
Tre SC31,32,34 si sono focalizzati sull’analisi del vaccino bivalente (ceppi HPV 16/18), quattro15,30,33,35 su quella del vaccino quadrivalente (ceppi 6/11/16/18) (Tabella 1). Uno studio ha confrontato il vaccino bivalente HPV con quello dell’epatite A, tutti gli altri il vaccino con il placebo.31 Tre SC15,30,31 erano di fase III, due32,33 hanno presentato un’estensione di circa due anni addizionali e uno30 è stato completato da un ulteriore studio15 che ha valutato la prevenzione di malattie ano-genitali tramite il vaccino. L’orizzonte temporale è stato generalmente di tre anni, crescendo a cinque negli studi con estensione del follow-up.32,33 L’efficacia del vaccino (EV) è stata misurata come riduzione dell’infezione HPV32-35 e dei tassi delle CIN,15,30-35 con l’aggiunta dei tassi dei CG negli studi sul vaccino quadrivalente. Complessivamente, i vaccini quadrivalente e bivalente hanno mostrato una sostan13
Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Valutazione economica TABELLA 2C Principali caratteristiche dei sei studi finanziati dal produttore del vaccino HPV quadrivalente
Variabili
23
Jit, 2008
19
Paese
regno unito
belgio
tipo Ve
acu
ace e acu
tipo modello
dinamico
statico
Voci di costo
1) Pap test 2) Visita medica 3) Vaccinazionea 4) colposcopia 5) trattamento cin 6) trattamento cc
1) Pap test 2) Visita medica 3) Vaccinazionea & booster 4) colposcopia + biopsia 5) trattamento cin 6) trattamento cc
costi diretti
costi indiretti
thiry, 2009
-
-
fonte consumo di risorse
1) data-base nazionale 2) cartelle mediche 3) assunti
1) cartelle mediche 2) assunti
fonte dei costi unitari
1) tariffe 2) Prezzi 3) costi di struttura
1) tariffe 2) Prezzi 3) assunti
fonte valori di utilità
* punteggi di utilità usa#
*** studio inglese non pubblicato eq-5d41
orizzonte temporale
100 anni
tempo-vita
ci/ lYG
-
€22,663 €51,256 (booster)
ci/ qalY
€18,958
€14,382 €32,665 (booster)
tasso sconto
3,5%
3,0% (costi) 1,5% (benefici)
copertura screening
80%
79%
copertura Vaccinazione
80%
84%
efficacia Vaccino
100%c
60%e
analisi sensibilità
1) one-way 2) Probabilistica
1) Probabilistica 2) scenario
Principali variabili influenzanti icer nella analisi di sensibilità
1) tassi sconto 2) durata protezione 3) efficacia Vaccino
1) Prezzo Vaccino 2) durata protezione 3) efficacia Vaccino
conclusioni autori
Probabilmente costo-efficace
dovrebbe essere considerata solo se il livello dello screening viene mantenuto dopo la vaccinazione
risultati
ace = analisi costo-effictacia; acu = analisi costo-utilità; cc = cancro cervice; cin = neoplasia cervicale intra-epiteliale; ci = costo incrementale; cG = condilomi Genitali; dna = acido deossiribonucleico; HPV = papilloma-virus umano; icer = rapporto costo-efficacia incrementale; lbc = citologia basata sul liquido; lYG = anni di Vita Guadagnati; Pap test = test citologico Papanicolau; qalY = anni di Vita ponderati per qualità; uK = regno unito; Ve = economica Valutazione; * Pap test: 0.98; cin: 0.87-93; cc: 0.67-0.76; cG: 0.91 ** cc: 0.48-0.68 *** cin: 0.71-0.83; cc: 0.55 a include prezzo vaccino e costi della somministrazione b intervalli dei tassi di copertura e screening specifici per età
14 Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Valutazione economica
29
usher, 2008
17
zechmeister, 2009
boot, 2007
26
irlanda
austria
olanda
ace
ace
ace
dinamico
dinamico
dinamico
1) Pap test 2) Vaccinazionea 3) colposcopia + biopsia 4) trattamento cin 5) trattamento cc
1) Pap test 2) Visita medica 3) Vaccinazionea & booster 4) trattamento cin 5) trattamento cc
1) Pap test 2) Vaccinazionea 3) trattamento cin 4) trattamento cc
-
perdita di produttività
perdita di produttività
1) data-base nazionale 2) assunti
1) data-base nazionale 2) cartelle mediche
1) data-base nazionale 2) assunti
1) tariffe 2) Prezzi 3) assunti
1) tariffe 2) Prezzi
1) Prezzi 2) assunti
-
-
** indagine rappresentativa Hrqol usa§
70 anni
52 anni
tempo-vita
€17,383
Payer (booster incluso): €64,000 (donne) €311,000 (donne & uomini) society (booster incluso): €50,000 (donne) €299,000 (donne & uomini)
€24,000
-
-
-
3,5%
5,0%
4,0% (costi) 1,5% (benefici)
80%
30%
70%
80%
65%
95%
95%d
90%c
100%d
1) one-way 2) Probabilistica
1) one-way 2) scenario
scenario
1) 2) 3) 4) 5)
1) tassi sconto 2) Prezzo Vaccino 3) orizzonte temporale
1) tassi sconto 2) durata protezione 3) somministrazione booster
costo-efficace quando si adotta un orizzonte temporale più lungo e il punto di vista della società
un accettabile rapporto costo-efficacia per la vaccinazione universale delle ragazze
tassi di sconto Prezzo Vaccino somministrazione booster copertura Vaccinale incidenza cc
costo-efficace dal punto di vista del pagante
c contro infezione HPV d contro malattie associate all’HPV e contro solo cc # myers er, Green s, lipkus i. Patient preferences for health states related to HPV infection: Visual analogue scales vs. time trade-off elicitation. Proceedings of the 21st internationalPapillomavirus conference. mexico city, mexico: february 20–26, 2004 § Gold m, franks P, mccoy Ki, et al. towards consistency in cost-utility analyses: using national measures to create condition-specific values. med care 1998; 36: 778–92
15 Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Valutazione economica Figura 1.
Strategia di ricerca della letteratura
termini mesH: • Vaccini HPV • costi e analisi dei costi
141 articoli
esclusione: • articoli metodologici, editoriali, commentari: 53 • studi clinici, epidemiologici e revisioni cliniche: 31 • revisioni economiche, analisi dei costi o Ve con obiettivo diverso da quello della nostra revisione: 20
20 Ve in nazioni non appartenenti alla ue: • africa: 1 • america: 12 • asia: 4 • oceania: 2 • europa: 1*
34 articoli 11 Ve sul vaccino quadrivalente selezione: 14 articoli
22 Ve**
5 Ve sul vaccino bivalente 6 Ve non correlate al tipo di vaccino
* svizzera, nazione non appartenente all’ unione europea ** otto articoli17,19-22,26,28,29 hanno incluso sia acu che ace cea = analisi costo-efficacia; acu = analisi costo-utilità; Ve = Valutazione economica; HPV = papilloma-virus umano; mesH = medical subject heading; ue = unione europea
ziale equivalenza per le indicazioni comuni e l’EV è risultata molto elevata per entrambi; tuttavia, è necessario ancora una volta sottolineare come l’orizzonte temporale di questi studi sia ancora troppo breve per avere certezze di lungo periodo circa la prevenzione del tumore. Anche il profilo di sicurezza è apparso soddisfacente: gli effetti avversi riportati sono oscillati dal 0,7% a 4,0% negli SC sul vaccino bivalente (0,9% - 5,0% nei gruppi placebo), da 1,0% a 1,8% in quelli sul vaccino quadrivalente (1.0% - 1.7% nei gruppi placebo). Dal momento che tutti gli SC sono stati disegnati con l’obiettivo di ottenere l’autorizzazione alla commercializzazione, gli studi revisionati sono sempre
stati sponsorizzati da uno dei due produttori dei vaccini. Valutazioni Economiche
I 14 studi selezionati sono stati condotti in otto paesi Europei, tutti (tranne l’Austria) membri fondatori della UE, dove la vaccinazione HPV è già stata adottata e supportata. Tre22-24 studi hanno realizzato analisi costo-utilità (ACU), tre17,26,29 analisi costo-efficacia (ACE), i rimanenti otto16,18-21,25,27,28 hanno incluso sia ACU che ACE (Tabella 2). A parte lo studio belga,19 che ha usato un’ indagine inglese41 non pubblicata, e quello olandese,18 che non ha fornito informazioni su fonti e valori, le stime di utilità sono sempre state ricavate 16
Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Valutazione economica da indagini statunitensi. L’alternativa di confronto è sempre stata quella dello screening; solo una VE17 ha incluso la vaccinazione del maschio. Undici studi hanno adottato il sistema sanitario come punto di vista dell’analisi; solo tre17,18,26 hanno applicato la prospettiva della società, includendo le perdite di produttività lavorativa. In tutti gli studi i costi diretti inclusi sono stati quelli relativi alla vaccinazione, alla diagnosi e al trattamento di patologie correlate, includendo sempre le seguenti voci di costo: il vaccino (tre dosi) e la sua somministrazione, lo screening (Pap-test o test DNA-HPV), la diagnosi (colposcopia, biopsia, visite ginecologiche) e il trattamento (del CIN 3 o del CC). Solo tre studi17,19,22 hanno introdotto una “dose booster” nell’analisi del caso base, sollevando la questione dell’efficacia tempo-vita della vaccinazione standard (come da protocollo) di tre dosi.42 I costi unitari non sono stati spesso riportati in modo trasparente, in particolare in due studi.26,29 In dodici studi sono stati usati i prezzi e le tariffe nazionali, in dieci dei quali integrati con assunzioni; solo i tre studi inglesi23,24,27 hanno utilizzato costi di struttura, applicando tutti stime di costo tratte dalla stessa fonte.43 Sebbene non chiaramente specificato, la maggior parte degli studi sembra abbia applicato prezzi ex-factory del vaccino, solo tre i prezzi al pubblico.23,24,27 Gli studi inglesi sono i soli che hanno provato a stimare esplicitamente un prezzo di acquisto aggiudicato tramite gare pubbliche. I tassi di sconto applicati ai costi sono oscillati dal 3% al 5% nei diversi Paesi; i benefici sono stati scontati diversamente dai costi in otto studi.18-21,22,25,26,28 I risultati finali sono stati espressi in termini di costi incrementali per anno di vita guadagnato (LYG),17,26,29 o per anno di vita guadagnato ponderato per la qualità (QALY)22-24 o per entrambi,16,18-21,25,27,28 in relazione al tipo di analisi condotta (ACE e/o ACU). Il rapporto incrementale costo-efficacia (ICER) è risultato molto sensibile ai tassi di sconto (11 studi), alla durata della protezione9 e al prezzo del vaccino5. Come previsto, gli ICER sono stati meno favorevoli quando: sono stati valutati i LYGs al posto dei QALYs, i CG sono stati esclusi, le dosi booster e l’estensio-
ne della vaccinazione ai maschi sono state incluse nell’analisi del caso-base. Lo studio austriaco17 è stato l’unico ad adottare contestualmente tutte queste scelte conservative. Sei studi20,21,24,25,27,28 hanno specificamente analizzato il vaccino quadrivalente, tre 16,18,22 il bivalente, mentre i cinque17,19,23,26,29 restanti hanno affermato di avere analizzato i ceppi HPV ad elevato rischio (16 e 18) indipendentemente dal tipo di vaccino. In Inghilterra sono stati realizzati due studi sul vaccino24,27 quadrivalente, in Olanda ben tre sul vaccino bivalente.16,18,22 Nove studi sono stati sponsorizzati da un produttore di vaccini, i rimanenti cinque sono stati supportati da agenzie pubbliche. Le VE che hanno analizzato esplicitamente uno dei due vaccini sono risultate tutte sponsorizzate dal rispettivo produttore, mentre tutti gli studi non correlati a un vaccino specifico sono stati finanziati da agenzie pubbliche. Tra le VE sponsorizzate, tutte tranne una16 hanno concluso che la strategia vaccinale è costo-efficace, addirittura in modo dominante (cioè più efficace e meno costosa) in uno studio inglese.24 Anche la maggior parte degli studi non sponsorizzati ha concluso a favore della vaccinazione; tuttavia, le conclusioni finali degli studi finanziati dalle agenzie pubbliche sono risultate più prudenziali (rispetto a quelle degli studi sponsorizzati) nel modo in cui hanno commentato i risultati favorevoli. Inaspettatamente, il solo studio che ha chiaramente concluso contro la strategia vaccinale16 è stato uno dei tre sponsorizzati in Olanda dal produttore del vaccino bivalente.
DISCUSSIONE Abbiamo effettuato una revisione delle VE sulla vaccinazione HPV in Europa, quasi tutte condotte in Paesi membri fondatori della UE che hanno adottato rapidamente la vaccinazione HPV. L’ obiettivo principale è stato quello di fornire ai decisori sanitari una valutazione critica degli studi esistenti, facendo riferimento sia ad aspetti clinici che economici. Abbiamo inoltre valutato l’influenza della sponsorship sulle modalità di presentazione e sui risultati stessi degli 17
Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Valutazione economica studi economici. Diversamente da altre revisioni, abbiamo deliberatamente limitato l’analisi ai Paesi appartenenti alla UE, al fine di controllare meglio la credibilità dei principali assunti inclusi nei modelli e valutarne la consistenza in un insieme di nazioni non eccessivamente eterogenee sotto il profilo politico e economico. Un limite potenziale è che, come in tutte le revisioni basate su referenze bibliografiche ottenute da un data-base internazionale, alcuni studi possano essere stati omessi nonostante i nostri sforzi, sebbene questo rischio dovrebbe essere stato minimizzato dall’utilizzo di tecniche sistematiche di ricerca bibliografica e dal confronto con revisioni analoghe già pubblicate sullo stesso argomento. In generale, la vaccinazione HPV appare un ambito in cui le VE costruite su modelli mostrano limiti evidenti se chiamate a contribuire a un processo decisionale razionale. Laddove siano disponibili soltanto dati sperimentali di breve-termine, il bisogno di ricorrere a numerosi assunti rappresenta un limite intrinseco dei modelli di lungo termine disegnati per prevedere la storia naturale della malattia. E’ probabile che questa situazione determini una grande variabilità tra gli studi, generata da scelte soggettive degli autori in materia di fonti informative e assunti. Il principale limite delle VE revisionate concerne l’attendibilità di cruciali parametri clinici, epidemiologici ed economici inclusi nei modelli. Sebbene la metodologia degli SC (base delle VE) sia apparsa rigorosa, il loro orizzonte temporale è tuttora troppo breve, rispetto al tipo di patologie da prevenire. Ulteriori incertezze possono derivare dall’incompletezza dei dati relativi, ad esempio, alla mortalità del CC nei “registri oncologici“ di alcuni Paesi UE come l’Italia; tali cifre sono abitualmente sottostimate poichè molte morti causate dal CC (i cosiddetti casi “non altrimenti specificati”) sono classificate nella voce della mortalità da cancro uterino.44 Anche l’assunzione diffusa di coperture vaccinali molto elevate e di adesione delle donne ai programmi di screening rischia di condurre a stime poco realistiche. Un’altra scelta discutibile appare l’adozione dei punteggi di utilità americani, al posto di
quelli europei stimati su scale validate, nei modelli che hanno utilizzato la ACU.45-49 Pure i metodi economici hanno presentato limiti rilevanti; in generale, alla luce dell’incertezza sull’EV di lungo termine, l’orizzonte “tempo-vita” sembra rendere più probabile le possibilità della vaccinazione di risultare costo-efficace, come dimostra indirettamente la criticità del tasso di sconto nell’analisi di sensibilità. Le stime dei costi sono state costruite sulla base di vari assunti, talvolta non vi è stata uniformità nemmeno nell’ambito della stessa nazione, come nel caso dei costi associati alla diagnosi del CC in Inghilterra e al trattamento del CC in Olanda. Gli studi inglesi sono stati gli unici che hanno cercato di valutare: 1) i costi reali della diagnosi e del trattamento di tumore (al posto di utilizzare le tariffe di riferimento); 2) il prezzo di acquisto del vaccino ottenuto tramite gara pubblica. Ancorché non sempre espresso chiaramente, la maggior parte degli studi ha applicato il prezzo ex-factory del vaccino, in luogo del prezzo al pubblico (includente il margine alla distribuzione) come avrebbe richiesto la prospettiva del “terzo pagante”. Gli studi finanziati dalle agenzie pubbliche e quelli sponsorizzati dai produttori sono apparsi sostanzialmente simili in termini di metodologia e risultati, eccezion fatta per una maggiore enfasi posta da parte degli studi sponsorizzati sui risultati positivi attribuiti alla strategia vaccinale. E’ interessante osservare come in Olanda siano stati realizzati ben quattro studi, tutti pubblicati nel 2009, tre dei quali sponsorizzati dallo stesso produttore. Poiché uno dei tre studi sponsorizzati non è pervenuto a conclusioni favorevoli, circostanza assai rara in letteratura,50 potremmo dedurne che il numero elevato di studi rifletta problematiche insorte nelle strategie di marketing del produttore in questione. In linea di massima, i nostri risultati sono simili a quelli di due recenti revisioni critiche, una focalizzata sul setting americano 12 e una limitata alle ACU.51 Entrambe sono pervenute alla conclusione che, a causa della mancanza di trasparenza negli assunti chiave e nelle 18
Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Valutazione economica scelte metodologiche, i modelli sulla vaccinazione HPV contribuiscono ad alimentare ulteriore incertezza in questo settore, risultando di scarsa utilità ai fini decisionali delle autorità pubbliche. In conclusione, le VE europee che abbiamo revisionato possono essere considerate meri esercizi previsionali di lungo termine, in cui l’evidenza clinica di breve termine risulta insufficiente per giustificare stime di lungo termine basate su assunti incerti; in questa situazione, la complessità dei modelli non può compensare la mancanza
di informazioni epidemiologiche rilevanti. Allo stato attuale dell’arte, caratterizzato da decisioni rapide (indotte da pressioni politiche) già prese in molti Paesi UE in materia di adozione della vaccinazione HPV, nonostante l’efficacia sia ancora incerta, i decisori pubblici potrebbero beneficiare maggiormente da analisi economiche mirate a valutare prezzi sostenibili in relazione a tassi di copertura realistici, piuttosto che abusare di assunti incerti per aumentare le probabilità di pervenire a rapporti costo-efficacia accettabili.
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20 Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Politica sanitaria Anna Padula,1 Gianluigi Casadei,1 Livio Garattini 1
I biosimilari: evoluzione o involuzione? Parte II
Abstract Si conclude il documento di ricerca sullo stato dell’arte sui bio-
PA R O L E C H I AV E :
similari con un aggiornamento di natura regolatoria rappresentato dalla bozza delle linee guida per gli anticorpi monoclonali biosimilari pubblicate dall’EMA a Dicembre 2010. È ragionevole attendersi che il dibattito che si svilupperà sarà intenso e costituirà il terreno di confronto, non solo regolatorio ma soprattutto politico, dal cui esito dipenderà nel breve periodo lo sviluppo o meno di un mercato dei biosimilari in Europa. Altrettanto importanti sono gli sviluppi attesi negli USA dove a Marzo 2010 con il Patient Protection and Affordable Care Act è stato ufficializzato il processo di approvazione dei biosimilari e sono state poste le basi per la nascita di un mercato, stabilendo un periodo di esclusività per i farmaci branded e garantendo 12 mesi di esclusività al primo biosimilare intercambiabile. Alla Food and Drug Administration è stato affidato il delicato e difficile compito di stabilire entro il 2011 se esistono criteri affidabili in termini di sicurezza ed efficacia a sostegno della interscambiabilità, il vero “motore” secondo la Federal Trade Commission per l’affermazione dei biosimilari.
BIOSIMILARI, NORMATIVA, EUROPA, USA
1 CESAV, Centro di Economia Sanitaria “Angelo e Angela Valenti”
21 Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Politica sanitaria EMA - BOZZA LINEE GUIDA PER GLI ANTICORPI MONOCLONALI A Novembre 2010 è stata pubblicata per commenti la versione preliminare di una nuova linea guida relativa agli anticorpi monoclonali (monoclonal Antibody, mAb) biosimilari, che sarà presumibilmente approvata in forma definitiva entro il 2011. Il documento descrive la modalità di conduzione degli studi pre-clinici e clinici necessari per la dimostrazione della comparabilità tra mAbs biosimilari, i criteri di estrapolazione dei dati e la programmazione del piano di farmacovigilanza.1,2 Gli anticorpi monoclonali sono la classe di farmaci derivanti da biotecnologie che vanta il maggior numero di specialità medicinali. Pur condividendo la stessa struttura proteica di base, ciascun mAb è caratterizzato da un profilo farmacocinetico e farmacodinamico differente. Tuttavia, le disposizioni della nuova linea guida si riferiscono all’intera classe dei mAb piuttosto che a una singola molecola, diversamente da quanto accade per le linee guida prodotto-specifiche precedentemente pubblicate. Secondo questa proposta, lo sviluppo preclinico di un mAb biosimilare dovrebbe essere condotto sulla base di una valutazione di rischio specifica per ogni singolo anticorpo, al fine di determinare quali studi sia necessario condurre inizialmente in vitro e successivamente in vivo, in base a modelli animali disponibili per valutare il profilo farmacocinetico e farmacodinamico e la tollerabilità del biosimilare. Lo sviluppo clinico dovrebbe iniziare con uno studio di farmacocinetica (e, se necessario, di farmacodinamica), disegnato in modo appropriato e condotto su una popolazione di volontari sani o pazienti, che sia in grado di fornire dati predittivi dell’efficacia e sicurezza del mAb biosimilare nelle diverse indicazioni d’impiego clinico. La dimostrazione della biosimilarità richiede la conduzione di studi clinici di confronto con il mAb originatore, disegnati in pieno accordo alle linee guida del CHMP specifiche per l’indicazione d’uso. Ogni studio clinico deve essere in grado di fornire dati “rassicuranti” su ogni aspetto di efficacia e sicurezza. La valutazione del rischio di immunoge-
nicità e delle sue possibili conseguenze in ambito clinico è dettagliata in una specifica linea guida. L’estrapolazione dei risultati ad altre indicazioni dipenderà dall’evidenza di biosimilarità nell’indicazione principale e la commercializzazione di ogni mAb biosimilare dovrà essere seguita da un adeguato programma di farmacovigilanza. LINEE GUIDA DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ (OMS)3 L’OMS ha stabilito i seguenti principi chiave per l’autorizzazione dei biosimilari. I biosimilari non possono essere equiparati ai generici e il loro sviluppo deve basarsi sulla dimostrazione della similarità rispetto all’originatore in termini qualitativi, preclinici e clinici, valutati singolarmente e globalmente. La scelta del prodotto di riferimento (originatore) deve essere giustificata sulla base di parametri quali: disponibilità di sufficienti dati di qualità, sicurezza d’impiego ed efficacia clinica, stessa forma farmaceutica e via di somministrazione, consolidata diffusione sul mercato in Paesi dove siano presenti autorità regolatorie qualificate. Sotto il profilo qualitativo, è necessario dimostrare la similarità molecolare, in accordo a quanto richiesto dalle autorità regolatorie internazionali, come prerequisito per predire un profilo di sicurezza ed efficacia simile all’originatore. Considerando la natura eterogenea delle proteine, il confronto delle caratteristiche fisico-chimiche, immunochimiche e dell’attività biologica rispetto all’originatore deve essere specifico per ogni biosimilare. Il riscontro di differenze, come le impurità e gli eccipienti, deve essere giustificato e accompagnato da una valutazione del loro possibile impatto sulla sicurezza ed efficacia clinica. Ancora, una differenza di glicosilazione che modifichi la bio-distribuzione del biosimilare può inficiare la dimostrazione di similarità. Il processo produttivo deve ottemperare agli stessi standard dell’originatore e deve essere ottimizzato al fine di minimizzare ogni differenza. Ad esempio, è necessario impiegare le stesse cellule ospiti; in caso contrario, è indispensabile documentare 22
Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Politica sanitaria l’assenza di implicazioni sulla immunogenicità del prodotto o sulla sua attività farmacologica. La necessità di condurre studi pre-clinici è inversamente correlata alla dimostrazione della similarità molecolare. Una documentazione pre-clinica può essere necessaria in presenza di fattori di variabilità, sia qualitativi (differenze dell’espressione cellulare o dei metodi di purificazione e presenza di impurità scarsamente caratterizzabili, correlate o meno al processo produttivo) che di ordine farmaco-tossicologico (meccanismo d’azione non noto o poco conosciuto, elevata tossicità o ridotto indice terapeutico del principio attivo, scarsa esperienza maturata con l’originatore). La valutazione clinica deve essere ottenuta attraverso studi di confronto con l’originatore che definiscano innanzitutto il profilo farmacocinetico e farmacodinamico del biosimilare, in modo da giustificare la posologia; non sono invece necessari gli studi di determinazione della dose. I dati di efficacia e sicurezza nell’indicazione principale devono essere ottenuti mediante uno o più studi con un disegno sperimentale adeguato (randomizzato, prospettico a gruppi paralleli, in doppio cieco) e condotti in accordo alle linee guida internazionali. L’obiettivo di tali studi dovrebbe essere la dimostrazione dell’equivalenza terapeutica e i margini di variabilità dovrebbero riflettere la pratica clinica, così come l’ipotesi di non-inferiorità deve essere adeguatamente giustificata. L’immunogenicità dei biosimilari deve essere adeguatamente studiata prima dell’autorizzazione all’immissione in commercio. La dimostrazione della similarità nell’indicazione principale può essere sufficiente a estrapolare i dati di sicurezza ed efficacia in altre indicazioni, senza la necessità di condurre altri studi qualora le valutazioni cliniche adottate siano in grado di evidenziare le differenze potenziali nei confronti dell’originatore, il meccanismo d’azione sia il medesimo e i dati di sicurezza d’impiego e immunogenicità siano applicabili nelle altre indicazioni. La commercializzazione di un biosimilare deve essere condizionata all’avvio di un programma di farmacovigilanza strutturato, in grado di evidenziare eventuali rischi.
Le linee guida dell’OMS non hanno un significato regolatorio, ma di indirizzo e soprattutto mirate a quei paesi in via di sviluppo non dotati di autorità regolatorie sviluppate. INTERNATIONAL NONPROPRIETARY NAME (INN) L’INN è un nome comune, globalmente riconosciuto e di proprietà pubblica assegnato a ciascun principio attivo dall’International Nonproprietary Name Expert Group, un comitato di esperti istituito dall’OMS nel 1950. La definizione di un nome unico e universalmente riconosciuto è fondamentale per identificare univocamente un farmaco, “tracciare” le prescrizioni, facilitare la comunicazione e lo scambio di informazioni. I nomi dei principi attivi che mostrano un’attività farmacologica simile sono definiti sulla base di una “radice” comune, così da poter rapidamente identificare i farmaci che appartengono a una stessa classe. Inoltre, al fine di evitare confusione, il nome commerciale di una specialità medicinale non può derivare dall’INN del principio attivo contenuto e non può neppure contenere la stessa “radice” utilizzata per l’assegnazione dell’INN stesso.4 Nel 1982, l’INN insulina umana è stato proposto per identificare la prima insulina ricombinante identica all’ormone endogeno. Da allora un INN viene assegnato a tutte le proteine ricombinanti, mentre per i prodotti derivati dal sangue umano e per i vaccini viene adottato il nome scientifico, e non una denominazione comune. Proteine ricombinanti con la stessa sequenza, ma con profili di glicosilazione diversi, sono classificate posponendo all’INN le lettere dell’alfabeto greco secondo l’ordine di introduzione del principio attivo sul mercato. Una revisione degli INN dei farmaci biologici e biotecnologici è stata pubblicata nel 2006 dall’OMS,5 seguita dopo tre anni da una linea guida per la nomenclatura degli anticorpi monoclonali.6 L’introduzione in commercio dei biosimilari ha sollevato un acceso dibattito sull’attribuzione dell’INN a questi farmaci. Diversamente da quanto accade per i generici, ai quali viene automaticamente at23
Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011
Politica sanitaria la specialità medicinale. Di segno opposto è ovviamente la posizione adottata dall’EGA (European Generic medicines Association), la quale ritiene che l’attuale sistema di nomenclatura sia adeguato e non richieda aggiornamenti. Ai farmaci biotecnologici per i quali viene dimostrata la comparabilità, dovrebbe essere assegnato lo stesso INN del farmaco di riferimento; in caso contrario, l’OMS dovrebbe conferire un nuovo INN in base alle regole già esistenti per i farmaci biologici. Secondo l’EGA l’attribuzione ai biosimilari dello stesso INN dell’“originatore” non comprometterebbe l’efficacia della farmacovigilanza, né influenzerebbe le politiche nazionali in materia di prescrizione e dispensazione dei biosimilari.9
tribuito l’INN del corrispondente principio attivo, per i biosimilari sembra non essere scientificamente corretto l’utilizzo dello stesso INN dell’originatore, dal momento che i due farmaci non sono strutturalmente identici. Nel 2006 l’OMS ha organizzato una consultazione, alla quale hanno partecipato i rappresentanti delle agenzie regolatorie di Australia, Canada, Europa, Giappone, Corea e Stati Uniti, con lo scopo di definire la politica da adottare per la designazione dell’INN dei biosimilari. Il dibattito si è focalizzato sul rapporto tra INN, intercambiabilità e farmacovigilanza. L’attribuzione ai biosimilari dell’INN dell’originatore potrebbe da un lato favorire la sostituibilità automatica, così come avviene per i generici, dall’altro pregiudicare la corretta conduzione degli studi di farmacovigilanza. Tutti i partecipanti sono stati concordi nel sostenere che l’assegnazione dell’INN dovrebbe essere indipendente da potenziali implicazioni politiche o regolatorie. L’INN dei biosimilari dovrebbe essere determinato sulla base delle caratteristiche molecolari e della classe farmacologica, utilizzando la stesse procedure attualmente in vigore per tutti i farmaci biologici. La scelta dell’INN non dovrebbe influenzare le decisioni in materia di sostituibilità, prerogativa delle singole autorità nazionali, né compromettere il processo di farmacovigilanza.7 L’industria degli “originatori” sostiene che l’attuale sistema di designazione degli INN per i farmaci biologici debba essere rinnovato, alla luce della crescente complessità strutturale dei nuovi farmaci ricombinanti. Per soddisfare l’obiettivo dell’OMS di preservare la sicurezza dei pazienti rintracciando il farmaco attraverso l’INN, è necessario assegnare alle proteine ricombinanti ottenute mediante processi di produzione diversi un INN diverso che garantisca la chiara identificazione del farmaco. Ai biosimilari non dovrebbe essere assegnato lo stesso INN dell’originatore: solo in questo modo sarà possibile associare eventuali eventi avversi a uno specifico farmaco.8 Questa proposta potrebbe modificare l’INN in nome identificativo non del principio attivo, ma del-
FOLLOW-ON BIOLOGICS: I BIOSIMILARI IN USA Competizione, copertura brevettuale, esclusività di mercato
Nel 2009 la Federal Trade Commission (FTC) ha elaborato un documento di discussione, in cui affronta la questione della competizione sul mercato dei farmaci biosimilari, analizzando gli aspetti legati alla copertura brevettuale e alla esclusività.10 Le dinamiche del mercato dei biosimilari non sono valutate come pienamente assimilabili a quelle dei generici. L’immissione in commercio di un generico provoca una rapida erosione del mercato del branded, dovuta prevalentemente al prezzo scontato e alla possibilità di eseguire una sostituzione automatica tra i due farmaci. Questa competizione brandto-generic è diversa dalla competizione brand-to-brand che si verifica in seguito alla introduzione di un secondo branded, che non sostituisce quello già esistente, ma si aggiunge ad esso ampliando di fatto il mercato. La FTC ritiene che l’ingresso sul mercato di un biosimilare si accompagni a una competizione di tipo brand-tobrand, dovuta in larga misura alla mancanza di una sostituibilità automatica tra originatore e biosimilare, che limita di fatto la prescrizione di quest’ultimo ai soli pazienti di prima diagnosi. È stato ipotiz-
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Politica sanitaria zato che un biosimilare sia in grado di guadagnare per molto tempo solo dal 10 al 30% del mercato, assicurando così all’industria del branded guadagni significativi anche dopo anni dall’introduzione del biosimilare. Alla luce di queste previsioni, la FTC ha avanzato la proposta di approvare biosimilari “terapeuticamente equivalenti” e quindi intercambiabili, dal momento che solo i “biogenerici sostituibili” (e non biosimilari) possono garantire una maggiore competizione. I sostenitori dell’industria del branded hanno suggerito di stabilire un periodo di esclusività di 12-14 anni per il farmaco “originatore”, giustificando questa proposta con la necessità di garantire e promuovere l’innovazione biotecnologica. Questo periodo di tempo, ritenuto peraltro sufficiente per recuperare gli investimenti della fase iniziale di sviluppo, è stato ricavato da una stima del cosiddetto Nature Model,11 le cui assunzioni di base sono tuttavia ritenute imprecise e poco robuste. L’industria del branded sostiene, inoltre, che il meccanismo di tutela brevettuale non garantisca un’adeguata protezione dell’innovazione tecnologica, in quanto un biosimilare potrebbe essere progettato in maniera tale da non violare il brevetto, e suggeriscono pertanto di predisporre un piano per risolvere le questioni derivanti dalle violazioni del brevetto in maniera simile a quanto previsto per i generici. Dato che l’immissione in commercio di un generico provoca una notevole perdita dei profitti, lo Hatch-Waxman Act 12 ha definito una procedura per risolvere i contenziosi derivanti da una eventuale violazione brevettuale. Poiché il mercato dei biosimilari non può essere considerato alla stregua di quello dei generici, la FTC ritiene non sia necessario elaborare una procedura speciale per risolvere le controversie tra l’industria del branded e quella del biosimilare. Oggetto di discussione è stata anche la possibilità di stabilire un periodo di esclusività per il primo biosimilare intercambiabile, al fine di incoraggiare lo sviluppo di farmaci sostituibili. La dimostrazione della intercambiabilità richiede studi addizionali e un periodo di esclusività consen-
tirebbe il recupero degli investimenti della fase di sviluppo. Tuttavia, la FTC ritiene che la garanzia di un periodo di esclusività per i primi biosimilari sostituibili non sia necessaria, dal momento che il mercato di tali farmaci si prospetta sufficientemente forte e le probabilità che numerosi altri biosimilari sostituibili siano approvati sembrano essere assai ridotte. La legislazione sui biosimilari negli USA
Negli Stati Uniti la Food and Drug Administration (FDA) è l’organo preposto alla concessione delle AIC. I processi di approvazione previsti sono due. I farmaci di sintesi chimica sono approvati in base al Federal Food, Drug and Cosmetic Act (FD&C Act),13 mediante la presentazione di un dossier completo (New Drug Application, NDA), i cui contenuti sono essenzialmente paragonabili a quelli richiesti dalle linee guida EMA. Una seconda legge, il Public Health Service Act (PHS Act),14 definisce la procedura di approvazione per i farmaci biologici. Nel 1984 il Congresso approvò un emendamento allo FD&C Act (noto come Hatch-Waxman Act) che stabiliva un processo di approvazione abbreviato per i farmaci generici (Abbreviated New Drug Application, ANDA), basato principalmente sulla dimostrazione della bioequivalenza. Un processo di approvazione specifico per i farmaci biosimilari è stato approvato solo nel 2010; in precedenza, alla scadenza del brevetto di un prodotto branded, il produttore di un biosimilare doveva necessariamente eseguire tutte le prove pre-cliniche e cliniche, come per un farmaco biologico di nuova introduzione. La duplicazione dell’intera sperimentazione non solo è costosa, ma anche poco etica, a causa delle implicazioni legate alla sperimentazione umana di un principio attivo del quale sono già noti gli effetti clinici. Secondo l’FDA, le differenze sostanziali tra farmaci chimici e biologici rendevano oltre modo ardua la definizione di un processo di approvazione abbreviato per i biosimilari. In mancanza di una legislazione definitiva, i primi biosimilari (Hylenex®, Hydase®, Fortical®, Ampha-dase®, GlucaGen®, Omnitrope®) sono stati
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Politica sanitaria approvati sulla base del processo riportato nel FD&C Act che normalmente disciplina l’autorizzazione dei farmaci di origine chimica. Nel 2007 furono presentate al congresso numerose proposte di legge che identificavano la dimostrazione della sicurezza ed efficacia del nuovo farmaco quale obiettivo principale del processo di valutazione e approvazione di un biosimilare, non trascurando però l’analisi dell’ampio spettro di interessi coinvolti nel dibattito sui biosimilari.15 Due di queste proposte di legge (Patient Protection and Innovative Biologic Medicines Act 16 e Affordable Biologics for Consumers Act 17) sostenevano l’industria del brand, proponendo per gli originator un periodo di esclusività di 15-16 anni e impedendo alla FDA di dichiarare l’equivalenza terapeutica e/o l’intercambiabilità tra biosimilare e branded. A sostegno dell’industria del generico era invece l’Access to Life-Saving Medicines Act 18 che proponeva un periodo di esclusività di 36 mesi per il primo biosimilare intercambiabile. Va infine menzionato il Biologics Price Competition and Innovation Act 19 che suggeriva un percorso atto a identificare e risolvere le controversie legali legate alla violazione della copertura brevettuale da parte dei produttori di biosimilari. È stato necessario aspettare il marzo del 2010 perché un processo di approvazione dei biosimilari venisse legalmente ufficializzato nel Patient Protection and Affordable Care Act.20 La legge stabilisce un periodo di esclusività di 12 anni (più 6 mesi addizionali per i farmaci pediatrici) per i farmaci branded, ridotti a 7 (più 6 mesi per i pediatrici) nel caso di farmaci orfani. Vengono inoltre garantiti 12 mesi di esclusività al primo biosimilare intercambiabile che aumenterebbero a 42 nel caso in cui si registrasse una violazione della copertura brevettuale da parte del produttore di un secondo biosimilare. Infine, un’ampia sezione viene dedicata ai brevetti, alle questioni derivanti da una loro eventuale violazione e alle modalità di risoluzione delle controversie ad essi collegate. Il PHS Act impegna la FDA a emanare per il 2011 un processo di approvazione ab-
breviato per i biosimilari che si basi sui passaggi seguenti: a) dimostrazione di caratteristiche fisico-chimiche molto simili; b) medesimo meccanismo d’azione e c) dimostrazione dell’assenza di differenze clinicamente significative. Quest’ultimo punto è molto significativo, in quanto traduce il concetto di equivalenza terapeutica in assenza di differenze significative del profilo rischio-beneficio in confronto all’originatore. Diversamente da quanto accade in Europa, ciò prelude a un atteggiamento positivo rispetto all’intercambiabilità, che diviene l’obiettivo primario di tutto il contesto regolatorio. Ad Aprile 2010 la FDA ha costituito un gruppo di lavoro che ha il delicato compito di redigere le regole sull’intercambiabilità fra biosimilari e originatori. Il 2 e 3 Novembre 2010 la FDA ha tenuto un’audizione pubblica mirata a raccogliere le opinioni degli esperti, dei produttori, delle associazioni professionali e delle assicurazioni sulla definizione di “prodotto biologico”, sugli aspetti tecnico-scientifici correlati alla definizione di biosimilarità e intercambiabilità, sul tipo di informazioni necessarie e sulla sicurezza d’impiego e la farmacovigilanza.21 La posizione espressa dalla Pharmaceutical Research and Manufacturers of America (PhRMA), l’associazione delle aziende farmaceutiche, è riassumibile in due punti: a) le conoscenze scientifiche non sono sufficienti per dimostrare un’interscambiabilità; b) pertanto lo sviluppo dei biosimilari dev’essere “simile” a quello degli originatori e prevedere tutte le fasi di sviluppo come se fossero nuovi prodotti. Tuttavia Novartis, a cui appartiene l’affiliata Sandoz che commercializza biosimilari, ha sostenuto che non è necessario duplicare gli sviluppi, ma è sufficiente dimostrare un’elevata similarità. L’associazione delle aziende di generici (Generic Pharmaceutical Association, GPhA) ha ribadito che la duplicazione degli studi non necessari aumenta solo i costi e rappresenta una barriera competitiva all’ingresso al mercato; secondo la GPhA l’interscambiabilità dovrebbe basarsi sulla dimostrazione che la sicurezza d’impiego, la purezza del principio attivo e la potenza farmacologica non hanno effetti sul paziente, 26
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Politica sanitaria anche in caso di sostituzioni multiple fra biosimilare e originatore.22 Com’era ragionevole prevedere, le opinioni raccolte sono ampiamente differenti e quindi la FDA dovrà operare in un contesto tecnico-scientifico fortemente condizionato da interessi commerciali. È ragionevole ipotizzare che il risultato avrà un impatto anche a livello internazionale e costituirà un passaggio fondamentale per lo sviluppo o meno dei biosimilari nei prossimi decenni.
di similarità; per tali motivi, sono poche le aziende di generici che possono di fatto impegnarsi in questo settore. La necessità di recuperare gli investimenti di sviluppo limiterà inizialmente al 10-30% la riduzione dei prezzi rispetto all’originatore. Comunque, si tratterebbe per i consumatori americani di un risparmio fino a 10 miliardi di dollari all’anno. Così come sottolineato dalla FTC, lo sviluppo del mercato dei biosimilari e, quindi, la sua attrattività industriale è condizionato dalla sostituibilità automatica dell’“originatore”. La FDA sta lavorando al delicato e difficile compito di stabilire se esistono criteri affidabili in termini di sicurezza ed efficacia a sostegno della interscambiabilità. La discussione è tuttora in corso ed è ragionevole ritenere che la decisione della FDA sarà determinante per decretare lo sviluppo o la fine dei biosimilari anche a livello mondiale. In Europa le autorità sanitarie nazionali appaiono in fase di attesa prudente. In ambito regolatorio, l’EMA si è fatta inizialmente carico di fornire l’impulso che ha portato allo sviluppo di alcune linee guida per la dimostrazione di similarità terapeutica; più recentemente, ha sviluppato anche una proposta di linea guida per gli anticorpi monoclonali biosimilari che probabilmente rappresentano il terreno di confronto dal cui esito dipenderà nel breve periodo lo sviluppo o meno di un mercato dei biosimilari. Sul mercato i biosimilari sembrano avere trovato spazio solo in Germania, traendo verosimilmente vantaggio da una esperienza sui “generici di marca” consolidata fra i prescrittori, i distributori e i terzi paganti. Le prospettive per i biosimilari in Italia appaiono confuse, probabilmente perché l’introduzione dei generici è di recente istituzione e il mercato dei “fuori brevetto” è in grande parte appannaggio delle aziende produttrici del farmaco originatore. Il 75% del mercato a valori è riferito ai farmaci che hanno perduto la copertura brevettuale (i cosiddetti branded), mentre i generici veri e propri si contendono solo un quarto del mercato. In sintesi, in Italia si è sviluppato un mercato “fuori brevetto” dove i generici sono utili soprattutto perché, con la loro presenza, “costringo-
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI I farmaci biologici rappresentano oggi il principale fattore di crescita a medio-lungo termine per l’industria farmaceutica: sono centinaia i prodotti in sviluppo nelle grandi aziende e soprattutto da parte di piccole aziende biotecnologiche, secondo un modello one-product-one company.23 Biologico è sinonimo di alto costo. Sulla base dei dati OsMed, nel 2009 gli anticorpi monoclonali hanno rappresentato il 20,8% della spesa per i farmaci erogati dalle strutture pubbliche: 507 milioni di euro per erogare 4,2 milioni di giorni di terapia, a fronte di 409 milioni di euro spesi per 30 milioni di giornate di trattamento con gli antineoplastici citostatici. L’aumento del costo per singola giornata (e l’aggravio per il SSN) è stato quindi pari a 8,9 volte.24 Assumendo l’appropriatezza della spesa in termini di guadagno di sopravvivenza, è evidente che nel breve non si potrà continuare a gestire il deficit farmaceutico ospedaliero con spostamenti “tampone” da un capitolo di spesa all’altro, ma si imporrà il problema della sostenibilità complessiva della spesa. Così come accade per i generici, i biosimilari possono rappresentare un fattore importante per il mantenimento della sostenibilità economica dei servizi sanitari nel prossimo futuro. Alla luce dell’analisi condotta dalla FTC, le differenze rispetto ai generici non sono trascurabili e il loro impatto potenziale è caratterizzato da una concorrenzialità inferiore, più vicina a quella fra “me-too drugs” che a quella fra generici e originatore. Il loro sviluppo è costoso, richiede investimenti ingenti e a rischio in caso di mancata dimostrazione 27
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Politica sanitaria no” i branded a ridurre il prezzo. In un contesto poco evoluto, non è una sorpresa che in Italia il mercato dei biosimilari sia di fatto inesistente: nel 2009 la quota di mercato a valori delle epoetine alfa biosimilari è stata dello 0,1%. Sotto il profilo normativo, a causa dei potenziali rischi per la salute pubblica, ma forse grazie anche all’attività di lobbying delle grandi aziende farmaceutiche che tentano di preservare prezzi elevati indipendentemente dalla copertura brevettuale, il legislatore sta cercando di togliere ogni spazio alla possibilità di intercambiabilità, vietandola in modo esplicito senza considerare che il progresso scientifico potrebbe
un domani non troppo lontano fornirci gli strumenti necessari per documentarne la sicurezza. Bisogna dare atto e riconoscere che la proposta legislativa di vietare la sostituibilità trova di fatto riscontro non solo fra le associazioni scientifiche, ma anche nella stessa associazione delle aziende di genericisti, per motivi forse meramente tattici, che comunque sfuggono alla nostra comprensione. Resta il fatto che, se è vero che l’intercambiabilità è il “motore” per l’affermazione dei biosimilari, così come lo è per i generici, non è difficile prevedere un futuro assai incerto per i biosimilari in Italia. A quel punto, la sostenibilità della spesa non potrà che es-
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farmacie e distribuzione del farmaco Nicola C. Salerno,1 Senior Economist CERM
Non c’è contrasto di visione né
tra Agcm e Corte Costituzionale, né tra Commissione UE e Corte di Giustizia Europea
PA R O L E C H I AV E :
Abstract Nel dibattito che accompagna i tentativi di riforma degli eserci-
FARMACIE, ANTITRUST, COMMISSIONE EUROPEA, CORTE COSTITUZIONALE, CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA
zi farmaceutici e della distribuzione del farmaco si è aggiunto, negli ultimi tempi, un argomento nuovo. Un presunto contrasto tra le indicazioni dell’Antitrust e della Commissione Europea da un lato e le sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia Europea dall’altro. Antitrust e Commissione, nei rispettivi ruoli e con gli strumenti propri a ciascuno, chiedono il superamento degli aspetti anti-concorrenziali e di chiusura corporativistica che caratterizzano il settore. Dalle due Corti sono sopraggiunte sentenze che, a prima vista e soprattutto a un occhio inesperto, potrebbero sembrare sconfessare rispettivamente l’Antitrust e la Commissione. Poiché questo argomento ricorre sempre più spesso, potendo confondere il confronto tra le parti e così ostacolare la finalizzazione delle riforme, si riporta, di seguito, una lettura ragionata delle posizioni espresse dalle quattro Istituzioni, che tiene conto della loro sfera di competenze e delle loro attribuzioni. Sarà alla fine evidente che il loro disallineamento è solo apparente.
1 Dirigente di ricerca in CeRM – Competitività, Regolazione, Mercati (www.cermlab.it).
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farmacie e distribuzione del farmaco AGCM E CORTE COSTITUZIONALE Nella sua ormai quasi ventennale attività di analisi e segnalazione riguardo la distribuzione dei farmaci, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) ha ripetutamente sollecitato Parlamento e Governo ad affrontare i nodi strutturali di origine corporativistica e di ostacolo alla concorrenza. L’Agcm ha periodicamente richiesto: la rimozione della pianta organica con copertura delle zone che restano scoperte a cura del Comune; il superamento della sovrapposizione proprietàgestione e del divieto che la proprietà possa essere di società di capitali; l’introduzione di un nuovo criterio di remunerazione per la distribuzione dei farmaci in fascia “A”, senza la proporzionalità al prezzo al consumo; la trasformazione di tutti gli obblighi in termini di ore, giorni e periodi di apertura da tetti massimi a standard minimi di servizio pubblico; l’eliminazione del vincolo di prezzo unico nazionale per i farmaci rimborsati; e via discorrendo... Alla base di queste richieste, sembrano opportune alcune valutazioni di carattere economico. Innanzitutto, i vincoli posti dal Legislatore sono sovradimensionati rispetto all’obiettivo di perseguire la salute pubblica. Infatti, è nell’interesse del SSN e dei cittadini un ampliamento dell’offerta, con conseguente aumento di efficienza della distribuzione e maggior concorrenza “a monte” tra i produttori: il SSN potrebbe, con le risorse a disposizione, perseguire più concretamente, bilanciandoli, gli obiettivi di tenere sotto controllo la spesa e di ammettere a rimborso i prodotti in-patent con prezzi all’altezza della loro innovatività e del sottostante impegno in ReS. I cittadini, a loro volta, avrebbero sempre a disposizione una più ampia varietà di farmaci, sia in fascia “A” (i rimborsabili) che in fascia “C-Op” (i non rimborsabili con obbligo di prescrizione), per ottimizzare il loro impiego a seconda delle esigenze terapeutiche. Se l’Antitrust non ha mai nutrito dubbi sull’agenda settoriale da indicare al Parlamento e al Governo, da qualche tempo a questa parte, ovvero da quando il dibattito si è intensificato, tra le varie tesi è
comparsa anche quella di un presunto contrasto tra gli intenti dell’Agcm e le sentenze della Corte Costituzionale. Invero, in più occasioni la Corte si è espressa su questioni inerenti la distribuzione al dettaglio dei farmaci e, dalla lettura delle motivazioni e del dispositivo delle sentenze, si vorrebbero ricavare conferme dell’efficacia dell’attuale struttura di settore. Su questo punto e sui rapporti tra Agcm e Corte Costituzionale, è importante maturare un punto di vista approfondito che tenga conto delle rispettive competenze e dei ruoli; in caso contrario, si rischierebbe, infatti, di rimanere confusi da un’apparente contrapposizione tra due alte Istituzioni che avrebbe del paradossale, dal momento che l’Agcm è nata per dare attuazione a principi economici affermati nella Costituzione (libertà di impresa, diritto al lavoro, uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, etc.), mentre la Corte Costituzionale è un Organo costituzionale di garanzia della legittimità costituzionale che, come tale, non può esprimersi nel merito delle scelte di politica economica di Parlamento e Governo. Il contrasto con l’Agcm è solo apparente. In altri termini, la Corte adotta un punto di vista giuridico, verificando la coerenza interna della normativa, e per giunta non complessivo (visione settoriale e connessioni intersettoriali), ma focalizzato sulla fattispecie in cui è richiesto il suo intervento; l’Antitrust pone invece la normativa al vaglio dell’analisi economica, in una prospettiva di potenziale riscrittura e ristrutturazione. In altri termini, la Corte prende in esame il corpus normativo esistente per giudicare su eventuali aporie e inconsistenze interne che minino l’unitarietà con cui il complesso delle leggi deve tendere a rispettare i principi fondanti della Costituzione. L’Agcm si esprime sulla migliorabilità delle norme attraverso processi di riforma pro-concorrenziali, per adeguarle ai tempi, alle nuove capacità organizzative e imprenditoriali, ai nuovi strumenti di governance, etc.. Non deve sembrare una diminutio della Corte affermare che, per forza di cose, il suo giudizio si veste di una maggior prevalenza formale, mentre quello dell’Agcm 31
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farmacie e distribuzione del farmaco può puntare direttamente ai fondamenti economici. Per esempio, si prendano la Sentenza n. 446/1988, la Sentenza n. 27/2003, e la Sentenza n. 275/2003, le tre maggiormente invocate nel dibattito attuale. Nella Sentenza n. 446/1988, la Corte Costituzionale si esprime sugli obblighi di chiusura estiva e infrasettimanale e sulla fissazione degli orari giornalieri, sui quali hanno competenza le Regioni. Qui la stessa Corte, a latere della disposizione che rigetta il ricorso contro gli obblighi di chiusura, inserisce una precisazione che fa assumere alla stessa sentenza una luce completamente diversa: “[Si rammenta] che il potere [di questa Corte] di giudicare in merito all’utilità sociale alla quale la Costituzione condiziona la possibilità di incidere sui diritti dell’iniziativa economica privata concerne solo la rilevabilità di un intento legislativo di perseguire quel fine e la generica idoneità dei mezzi predisposti per raggiungerlo”. In altri termini, la Corte sostiene che nel corpo normativo regionale si riscontra (nella formulazione degli articoli, nelle premesse, nei rimandi ai principi costituzionali, etc.) la volontà di volgere quelle limitazioni delle libertà di intrapresa verso finalità socialmente meritorie (organizzazione della rete di welfare locale, mantenimento delle qualità psicofisiche dei lavoratori, etc.). La stessa Corte ne prende atto, riconoscendo possa esistere un generico legame tra le limitazioni e le finalità sociali. Tuttavia, il punto da approfondire è proprio questo: non fermarsi alla dichiarazione formale delle finalità, ma entrare nel merito dei legami di azione-effetto che ci sono tra la misura di policy e l’auspicata utilità sociale. Solo che la Corte non può assolvere questa funzione, in quanto non può impegnarsi nella valutazione di merito sulla proporzionalità tra l’azione e l’effetto né, tantomeno, sull’esistenza di altre eventuali misure in grado di perseguire le stesse finalità secondo modalità e con esiti migliori. La Sentenza n. 27/2003 offre un esempio ancora più chiaro. La Corte è di nuovo chiamata a esprimersi sui vincoli ai periodi di apertura degli esercizi (orari, ferie estive, giorni di lavoro nella settimana). In
questo caso non si dubita che la scelta del Legislatore (nazionale e regionale) sia volta a perseguire la salute pubblica e che i limiti alla concorrenza tra esercizi farmaceutici abbiano natura strumentale alla salute pubblica. La Corte “giustifica“ i vincoli sui periodi di apertura rimandando alla stessa ratio alla base del contingentamento numerico delle farmacie (la pianta organica), aspetto non coinvolto (in questo specifico caso) dal ricorso alla stessa Corte. Assunto (nel “Ritenuto in fatto” e nel “Considerato in diritto” della sentenza) che il contingentamento numerico mira a una migliore realizzazione del servizio pubblico la Corte conclude che i vincoli agli orari possono esser visti come un completamento dello stesso contingentamento, condividendone la finalità. Non è un giudizio di adeguatezza e proporzionalità dello strumento, ma un giudizio di coerenza interna del corpus normativo in vigore. È evidente che, se la ratio viene costruita in questa maniera, i singoli aspetti del corpus normativo in vigore si sostengono a vicenda, senza passare per un’analisi di congruità e di adeguatezza. Da questo punto di vista, di particolare interesse è quanto la Corte afferma poco prima del dispositivo, quando riconosce che: “[…] Le mutate condizioni di fatto e di diritto consentirebbero un cambiamento dei convincimenti [circa i vincoli di apertura], [… sennonché] appare evidente che una simile operazione di rimodulazione del dettato legislativo fuoriesce dai compiti della Corte, la quale deve limitarsi a uno scrutinio di legittimità costituzionale delle norme […]”. Infine, con la Sentenza n. 275/2003, la Corte si è attivata in merito alla diversa applicazione dell’incompatibilità tra attività all’ingrosso e al dettaglio per le farmacie private (su cui illo tempore sussisteva) e pubbliche (per le quali illo tempore non era prevista). L’articolo 8, comma 1, lettera a), della Legge n. 362/1991 doveva prevedere, secondo la Corte, che la partecipazione a società di gestione di farmacie comunali fosse incompatibile con qualsiasi altra attività nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco. La incompatibilità erga omnes tra vendita all’ingrosso e vendi32
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farmacie e distribuzione del farmaco ta al dettaglio è stata infatti subito dopo introdotta dal D. Lgs. n. 219/2006, poi a sua volta modificato dalla Legge n. 248/2006 (riforma “Bersani-1”), che ha permesso al farmacista titolare di impegnarsi anche in attività di distribuzione all’ingrosso dei farmaci. Con la Sentenza n. 275/2003 la Corte non entra in nessun modo nel merito della ratio dell’incompatibilità e della sua proporzionalità con gli scopi dichiarati dal Legislatore. Riconosciuto che l’incompatibilità è (era) attestata per le farmacie private, la Corte si limita a chiedere la rimozione della disparità di trattamento, con estensione del vincolo anche alle farmacie comunali. L’azione della Corte è tesa a rimuovere una disparità di trattamento tra cittadini e tra professionisti/lavoratori, con la richiesta che appariva più rispettosa delle intenzioni del Legislatore: se quella incompatibilità è (era) stata disposta in previsione di uno scopo meritorio, allora è (era) corretto che riguardasse tutte le farmacie, private e pubbliche senza alcun distinguo. Riassumendo, dalle sentenze della Corte Costituzionale non è possibile far discendere elementi con cui confutare le tesi sostenute dall’Antitrust. L’apparente contrasto che è emerso con riguardo al settore della distribuzione al dettaglio dei farmaci suggerisce, piuttosto, la necessità di una maggior collaborazione istituzionale. Per il futuro, l’auspicio è quello di una convergenza e di un raccordo tra le due Istituzioni, prevedendo che l’Antitrust possa sia attivare la Corte Costituzionale su tematiche inerenti la concorrenza e il mercato, sia comparire tra le parti audite dalla Corte su queste stesse tematiche.
struttura e regolazione del settore presentano caratteristiche fondamentali simili in molti Paesi europei, soprattutto in quelli mediterranei e di diritto romano, quali Francia, Italia, Portogallo, Spagna, ma non solo questi se si considerano i casi del Belgio e della Germania. Questa condizione implica che dal confronto internazionale degli status quo possono giungere ben poche indicazioni dirimenti per l’agenda delle riforme, se non a patto di ampliare i casi Paese posti a confronto e di concentrarsi sugli aspetti migliori rinvenibili nelle situazioni specifiche. Se si analizzano gli interventi della Commissione Europea nell’arco degli ultimi cinque-sei anni, emerge una chiara condivisione di visione e di ragioni con l’Antitrust italiano. I principi dell’Unione Europea di libera circolazione di persone, professionisti e capitali e di libertà di insediamento delle attività economiche e imprenditoriali (articoli 43-56 del Trattato delle CE) spingono la Commissione a sollecitare i Partner a superare la pianta organica, la sovrapposizione proprietà/gestione, il divieto che la proprietà sia di società di capitali, il divieto di formazione di catene, i vincoli di coordinamento dei periodi di apertura, etc.. Per portare alcuni esempi, con l’IP/05/1665 (Infraction Procedure) del 21 Dicembre 2005 la Commissione ha ufficialmente chiesto all’Italia di rimuovere i vincoli sulla proprietà delle farmacie, giudicata ben oltre quanto necessario per perseguire l’obiettivo della salute pubblica. Si legge: “La Commissione crede che la restrizione vada al di là di quanto necessario per perseguire l’obiettivo della salute pubblica. Il problema del conflitto di interessi può, infatti, essere evitato con misure diverse dal divieto assoluto per le imprese impegnate nella distribuzione all’ingrosso di investire anche nella distribuzione al dettaglio. Come già osservato a proposito del divieto di detenere la proprietà di farmacie per soggetti non farmacisti abilitati e per persone giuridiche diverse da società di persone composte da soli farmacisti abilitati, l’obiettivo della salute pubblica rimarrebbe ugualmente garantito fissando il requisito che solo il farmacista abilitato può di-
COMMISSIONE UE E CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA Le considerazioni appena espresse sul rapporto tra Agcm e Corte Costituzionale servono anche per comprendere quanto sta accadendo a livello europeo, dove Commissione UE e Corte di Giustizia appaiono, a prima vista, anch’esse disallineate nelle valutazioni sulla struttura e sulla regolazione del settore. Preliminarmente, occorre sottolineare che 33
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farmacie e distribuzione del farmaco spensare il farmaco al paziente-cliente e deve essere necessariamente presente in farmacia […]”. Con l’IP/06/858 del 28 Giugno 2006, la Commissione ha deciso di chiedere alla Spagna di addurre giustificazioni per la pianta organica e i vincoli di accesso alla proprietà, aspetti simili a quelli italiani e valutati eccessivi e controproducenti. Si legge: “La scelta di limitare il numero di farmacie appare sproporzionato e addirittura controproducente rispetto all’obiettivo di assicurare un buon rifornimento di medicinali sul territorio […]”. E ancora: “[I vincoli di accesso alla proprietà] sono restrizioni esagerate rispetto al requisito legittimo e necessario che i rapporti tra la farmacia e i pazienticlienti si svolgano alla presenza e sotto la responsabilità di farmacisti abilitati. [Questi vincoli alla proprietà] non sono in alcun modo necessari a perseguire l’obiettivo della salute pubblica”. Nello stesso documento richieste speculari sono state rivolte all’Austria. E sempre nello stesso documento è stato inserito il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Europea come proseguimento dell’iter avviato con l’IP/05/1665 (vedi sopra). Con l’IP/08/1352 del 18 Settembre 2008, la Commissione ha formalmente richiesto alla Germania e al Portogallo di riformare la regolazione di settore. Per la prima in particolare, la richiesta ha riguardato l’eliminazione dei vincoli di accesso alla proprietà e di creazione di catene (“[anche queste limitazioni] non trovano giustificazione alcune nell’obiettivo di perseguire la protezione della salute”). Per il secondo, la richiesta ha riguardato il divieto per i grossisti di assumere la proprietà di farmacie, oltre ai vincoli alla creazione di catene di esercizi (“[…] sono vincoli sproporzionati rispetto al fine di garantire la pubblica salute e, per questo motivo, non compatibili con il principio comunitario della libertà di stabilimento di lavoratori, professionisti e attività imprenditoriali”). Infine, con l’IP/08/1785 del 27 Novembre 2008, la Commissione si è nuovamente rivolta all’Italia, chiedendo di eliminare il vincolo di possedere più di un esercizio per farmacista, e quello di
possedere più di quattro esercizi per le società di farmacisti, per giunta necessariamente ubicati all’interno della stessa Provincia: “[…] I vincoli vanno al di là di quanto obiettivamente necessario per perseguire quell’obiettivo di salute pubblica invocato dalle Autorità italiane”. Se le posizioni della Commissione sono chiare e inequivocabili, da quando alcuni dei procedimenti avviati dalla Commissione sono approdati al vaglio finale della Corte di Giustizia, sono emerse delle divergenze apparenti tra le valutazioni delle due Istituzioni. Tuttavia, a una lettura attenta delle sentenze della Corte, si comprende come si stia ripresentando a livello europeo quel diverso “punto di vista” rilevabile in Italia tra l’Agcm e la Corte Costituzionale. La Corte di Giustizia non può sostituirsi ai policy maker nazionali; né riconsiderare il corpus normativo e regolamentare esistente in una prospettiva di riorganizzazione, ristrutturazione e ammodernamento. Compito della Corte è accertare che non esistano punti di contrasto tra le legislazioni nazionali e il Trattato CE. Nell’assolverlo, la Corte non può entrare nel merito specifico della scelta degli strumenti per perseguire le varie finalità a livello Paese. La salute pubblica e la libertà di impresa sono entrambi presenti nel Trattato CE, come lo sono nella Costituzione Italiana, e se un Legislatore nazionale afferma di aver posto dei vincoli alla concorrenza perché nella sua valutazione questi sono importanti per perseguire l’obiettivo di salute pubblica, la Corte di Giustizia non può sindacare sul “quantum”, ma si limita a vagliare la coerenza interna della legislazione nazionale, che abbia agito senza ignorare le due finalità e compiendo scelte precise sulla loro realizzazione coordinata. Alcuni esempi confermano questa lettura. Con la Sentenza delle Grande Sezione del 1 Giugno 2010 (procedimenti riuniti C-570/07 e C-571/07), la Corte, esprimendosi sulla pianta organica nella Provincia spagnola delle Asturie, arriva sì a valutarla non in contrasto con il Trattato CE, ma sottolinea come questa stessa valutazione valga solo in linea di principio, nella misura in cui la pianta organica è 34
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farmacie e distribuzione del farmaco strumentale al perseguimento della salute pubblica. Si legge: “Nel valutare il rispetto dell’obbligo [di non introdurre ingiustificate restrizioni alla concorrenza e alla libertà di intrapresa], è necessario tenere conto del fatto che la salute e la vita delle persone occupano una posizione preminente tra i beni e gli interessi protetti dal Trattato, e che spetta agli Stati Membri stabilire il livello al quale intendono garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui tale livello deve essere raggiunto. Poiché detto livello può variare da uno Stato all’altro, si deve riconoscere agli Stati Membri un margine discrezionale”. È significativo che l’Avvocato Generale, nel presentare la causa alla Grande Sezione che doveva poi decidere, così concludesse la sua audizione: “[…] Spetta al Giudice nazionale determinare se la distanza specifica imposta [tra farmacie] sia giustificata, tenendo conto del livello di interferenza con il diritto di stabilimento, della natura dell’interesse pubblico, nonché del livello di copertura universale che potrebbe essere raggiunto con sistemi meno restrittivi”. Resta così elusa e ancora aperta la questione della proporzionalità e dell’adeguatezza della regolamentazione settoriale, proprio le due qualità che la Commissione Europea considera alla base di ogni valido assetto regolatorio. Infatti, con il “Report on competition in professional services” (COM(2004)_83_final del 9 Febbraio 2004), la Commissione Europea ha invitato i Partner UE a sorvegliare sull’applicazione di due principi fondamentali della regolamentazione: (a) la proporzionalità tra gli interventi e i benefici, attuali e concreti, generabili nell’interesse della collettività; e (b) il collegamento logico e diretto tra le misure restrittive del libero mercato e gli effetti positivi sul perseguimento dell’interesse generale dei cittadini. Un altro esempio è costituito dalla Sentenza delle Grande Sezione del 1 Maggio 2009 (procedimento C-531/06), riguardante direttamente l’Italia deferita dalla Commissione UE con la citata IP/06/858. Qui la Corte reputa i vincoli di accesso alla proprietà non in contrasto con il Trattato CE.
Alla base della sentenza vi sono le medesime considerazioni appena sintetizzate: spetta agli Stati Membri decidere il livello al quale vogliono garantire la salute pubblica e il modo in cui questo livello debba essere raggiunto; la diversità dei sistemi di protezione sociale richiede che ciascun Paese possa esercitare discrezionalità nella scelta degli strumenti con cui perseguire la pubblica utilità; spetta poi al singolo Paese esprimersi sui rapporti di produzione (professionali, di lavoro, di compravendita) più idonei a perseguire l’obiettivo della salute pubblica. Su quest’ultimo punto, la Corte si “avventura” anche in alcune considerazioni opinabili, e anche un po’ inopportune dato il livello istituzionale, circa la ricattabilità dei farmacisti stipendiati (alinea 64), o il rischio che la gestione dell’esercizio venga affidata a soggetti non abilitati alla professione (alinea 63). Da un lato, emerge la tentazione di valutazioni di tipo etico, confermate anche dal fatto che, si sostiene (alinea 61), “[… i farmacisti di professione gestiscono] la farmacia non in base a un obiettivo meramente economico, ma altresì in un’ottica professionale. [L’interesse del farmacista] connesso alla finalità di lucro viene quindi temperato dalla sua formazione, dalla sua esperienza professionale, e dalla responsabilità ad esso incombente, considerato che un’eventuale violazione delle disposizioni normative o deontologiche comprometterebbe non soltanto il valore del suo investimento, ma altresì la propria vita professionale”. D’altro canto, la Corte sembra cadere nell’errore di confondere proprietà e gestione, quest’ultima mai coinvolta, in Italia come negli altri Partner, in discussioni che potessero non vederla appannaggio/responsabilità esclusiva di farmacisti abilitati. Per inciso, le argomentazioni qui utilizzate dalla Corte porterebbero alla conclusione che, se è lecito che i Paesi Membri mantengano vincoli all’accesso alla proprietà, non si intravedono ragioni per cui farmacisti abilitati (valutati in grado di esercitare la professione dai singoli ordinamenti nazionali) non possano liberamente avviare e gestire direttamente un loro esercizio. In Italia, i farmacisti titolari sono circa diciassettemila (quanti gli esercizi farmaceu35
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farmacie e distribuzione del farmaco tici), mentre gli iscritti complessivi agli Ordini provinciali di tutto il Paese arrivano a cinquantacinquemila. Considerazioni di questo tenore possono essere ripetute anche per altri procedimenti in corso presso la Corte di Giustizia. Le conclusioni dell’Avvocato Generale sulla Causa C-393/08, per portare altri esempi, suggeriscono alla Corte di rigettare un ricorso avverso la pianificazione dei periodi di apertura (tra l’altro anche questo procedimento riguardante l’Italia). Le argomentazioni addotte sono varie, ma su tutte si impone quella che il coordinamento dei periodi è un aspetto collaterale al contingentamento numerico, a sua volta rientrante in una pianificazione sistemica che, negli intenti del Legislatore, mira a garantire adeguatezza dell’offerta in quantità e qualità. Si legge: “[tanto più che, in presenza di un esercizio chiuso] chiunque può utilizzare le altre farmacie aperte o di guardia”. Si dà per assodato che la pianta organica abbia virtù positive non superabili e non eguagliabili da nessun altro assetto, visto che il Legislatore nazionale l’ha posta alla base dell’organizzazione di settore. Come conseguenza, gli altri aspetti regolatori, che mirano alla stesse finalità della pianta organica e possono esser visti come collaterali alla stessa, trovano tout court giustificazione. Anche qui, come prima a proposito della Corte Costituzionale, non è un giudizio di adeguatezza e proporzionalità dello strumento, ma un giudizio di coerenza interna del corpus normativo in vigore. Al pari di quanto concluso per la Corte Costituzionale, non è possibile far discendere dalle sentenze della Corte di Giustizia elementi con cui confutare le argomentazioni e le richieste della Commissione Europea. Il contrasto è solo apparente e, piuttosto che far concludere per l’assenza di problemi nell’attuale assetto di settore e la non necessità di interventi di riforma/rinnovamento, esso rimanda all’esigenza di migliorare l’intera-
zione e il supporto reciproco tra Istituzioni nazionali e internazionali che, con competenze e ruoli diversi, partecipano a decidere dell’evoluzione delle economie e della società europea. È importante che il dibattito si approfondisca subito e liberi il campo da convincimenti infondati e pretestuosi sui rapporti tra l’Antitrust, la Commissione Europea e le due Corti. Se questo punto di vista sbagliato viene propugnato e si afferma nella distribuzione del farmaco, è concreto il rischio che esso venga esteso anche ad altri settori sovraregolati e presidiati da lobby. Non è accettabile che equivoci istituzionali di questo tipo trasformino l’affermazione della legalità in un’azione di natura soltanto formale, non falsificabile e strumentalizzabile, per mantenere lo statusquo anche quando palesemente pervaso da storture corporativistiche.
Nel 1888, in un discorso tenuto in Parlamento, l’allora Presidente del Consiglio del Regno d’Italia Francesco Crispi, ebbe a dire: “ La professione dei farmacisti è la sola che conserva ancora le forme medioevali delle corporazioni e dei mestieri e quindi può durare solo transitoriamente. Ogni limite, o Signori, è un privilegio che torna a danno delle popolazioni. Dalla libertà dell’esercizio delle farmacie non si può ricavare che beneficio ed io non capisco il concetto dell’espropriazione accennato dai vari Oratori. Espropriazione di che? Se domani voi dichiarerete libero l’esercizio della farmacia voi non lo torrete certo a coloro che già lo posseggono. Questi ultimi avranno forse una diminuzione di lucro, se però sapranno far meglio dei nuovi venuti il loro spaccio non temerà concorrenza. La libertà, o Signori, nacque prima di tutti questi vincoli e dobbiamo dolerci ché per la sola professione della farmacia la libertà non sia ancora spuntata, mentre è già adulta per tutte le altre”
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CESAV Istituto Mario Negri
Il CESAV, Centro di Economia Sanitaria Angelo e Angela Valenti, è attivo dal 1992 con sede a Ranica (BG) presso Villa Camozzi. Svolge attività di ricerca nel settore sanitario, al cui sviluppo offre il proprio contributo in materia di economia e di management. In particolare, la ricerca verte sulla valutazione economica, consistente nell'analisi dei costi e dei benefici di possibili alternative in sanità, e sull'analisi comparativa, basata principalmente sullo studio di sistemi sanitari esteri, al fine di individuare eventuali innovazioni da proporre al SSN e da estendere, più in generale, ai Paesi dell'Unione Europea. Publicazioni 1992-2008
PUBBLICAZIONI 2008 Articoli in inglese Garattini L, Motterlini N, Cornago D “Prices and distribution margins of in-patent drugs in pharmacy: A comparison in seven European countries” Health Policy 85(3):305-313. De Compadri P, Koleva D, Mangia A, Motterlini N, Garattini L “Cost minimisation analysis of 12 or 24 weeks of peginterferon alfa-2b + ribavirin for hepatitis C virus” JME 11(1):151-163. Garattini L, De Compadri P, Koleva D, Pasina L, Nobili A “A critical review of the full economic evaluations of pharmacological treatments for colorectal cancer” JME 11(1):177-197. Garattini L, Casadei G “Health technology assessment: for whom the bell tolls?” The European Journal of Health Economics 9(4):311-312. Beghi E, Atzeni L, Garattini L “Economic Analysis of Newer Antiepilectic Drugs” CNS Drugs 22(10):861-875.
Articoli in italiano Garattini L, Gritti S “Prezzi dei farmaci coperti da brevetto” Ricerca & Pratica 24:117-118. Garattini L, Cornago D, De Compadri P, Gritti S “Confronto di prezzi e margini alla distribuzione di farmaci coperti da brevetto in sette Paesi Europei” Quaderni di Farmaco Economia 5:15-21 (1a parte). Gritti S, Casadei G, De Compadri P, Garattini L “ECM: analisi comparativa in sei diversi Paesi europei” Quaderni di Farmaco Economia 6:17-28. Garattini L “Fra aziende private e settore pubblico: le difficoltà della ricerca indipendente in Italia” (Editoriale) Quaderni di Farmaco Economia 7:5-6 Garattini L, Motterlini N, Cornago D “Confronto di prezzi e margini alla distribuzione di farmaci coperti da brevetto in sette Paesi Europei” Quaderni di Farmaco Economia 7:7-16 (2a parte). Garattini L “Finanziaria 2008” Dialogo sui farmaci 1:23-24.
Koleva D, De Compadri P, Virgili G, Nobili A, Garattini L “ A critical review of the full economic evaluations of pharmacological treatments for glaucoma” JME 11(4):719-741.
Garattini L “Finanziaria e farmaci” Editoriale Ricerca & Pratica 24 (2):47-49.
ATTIVITÀ DI FORMAZIONE
ANALISI COMPARATIVA
Il CESAV offre contributi formativi originali prevalentemente cor-
L'obiettivo di questa linea di ricerca è studiare l'organizzazione
relati ai propri progetti di ricerca, attività primaria del centro.
dei sistemi sanitari per trarre delle indicazioni dai confronti sistematici fra gli stessi. Le scelte dei legislatori nazionali, a fronte di problemi comuni in ogni Paese, variano molto da una
VALUTAZIONE ECONOMICA
nazione all'altra.
L'obiettivo di questa linea di ricerca è valutare i costi delle pa-
L'intervento pubblico è presente in ogni nazione, poiché il ser-
tologie e i rapporti costo-efficacia delle alternative diagnostico-
vizio sanitario non possiede meccanismi regolatori di mercato
terapeutiche disponibili. I tipi di analisi si differenziano a
collegati alle leggi economiche della domanda e dell'offerta;
seconda che si tratti di studi osservazionali di costi della pato-
pertanto, l'analisi comparativa a livello internazionale di tali
logia, oppure di studi di valutazione economica in senso com-
scelte è utile per verificare il livello di razionalità perseguito da
pleto (tipicamente analisi costo-efficacia).
ogni politica sanitaria nazionale.
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BIBLIOGRAFIA Citazioni nel testo: identificare i riferimenti nel testo, nelle tabelle e nelle legende con un numero arabo progressivo in apice, scritto dopo l’eventuale punteggiatura. le eventuali citazioni bibliografiche presenti soltanto in tabelle, grafici, ecc. devono seguire la numerazione progressiva secondo l’ordine di comparsa delle tabelle nel testo. Voci bibliografiche: devono essere elencate nell’ordine numerico di comparsa nel testo, possibilmente inserite in automatico come “note di chiusura”. inoltre, se gli autori sono tre o meno, devono essere indicati tutti; se sono più di tre, se ne devono indicare due, aggiungendo et al. dopo il secondo autore. le iniziali dei nomi non devono essere puntate. Alcuni esempi
Articoli da riviste: Garattini l, tediosi f. l’ossigenoterapia domiciliare in cinque Paesi europei: un’analisi comparativa. mecosan 2000; 35:137-148. Libri o monografie: libro standard: drummond mf, o’brien b et al. methods for the economic evaluation of Health care Programme. oxford: oxford university Press, 1997. Capitoli di libri: arcangeli l, france G. la logica del nuovo sistema di remunerazione dell’assistenza ospedaliera. in: falcitelli n, langiano t, editors. “Politiche innovative nel ssn: i primi dieci anni dei drg in italia”. bologna: il mulino, 2004. 40 Quaderni di Farmacoeconomia 14 - febbraio 2011