Quaderni di
FARMACO ECONOMIA Q U A D R I M E S T R A L E D I I N F O R M A Z I O N E FA R M A C O E C O N O M I C A
In questo numero VALUTAZIONE ECONOMICA
Budget Impact Analysis: stato dell’arte in letteratura e proposta per una definizione in Italia POLITICA SANITARIA Indagine sulla gestione regionale della vaccinazione HPV
Quaderni di
FARMACO ECONOMIA quadrimestrale di informazione farmacoeconomica
Quaderni di
farmaco economia
Comitato editoriale
numero 15 maggio 2011
Iscrizione al Tribunale di Milano
Antonella Barale, Corrado Barbui,
n. 587 del 22/9/2006
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Periodicità quadrimestrale
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2 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
sommario
editoriale
Dove stiamo andando?
pag.
5
pag.
7
pag.
15
pag.
26
Gianluigi Casadei
Valutazione economica
Budget impact analysis: stato dell’arte in letteratura e proposta per una definizione in italia Valentina Fantelli, Katelijne Van de Vooren, Livio Garattini
Politica sanitaria
Indagine sulla gestione regionale della vaccinazione HPV Livio Garattini, Alessandro Curto, Anna Padula, Gianluigi Casadei
oPinioni a confronto
I
biosimilari in Germania: un caso di successo unico in europa Intervista a Gisbert Selke, Christoph Vauth
3 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
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editoriale
editoriale di Gianluigi Casadei
Dove stiamo andando?
I
l controllo della spesa farmaceutica è un tipico esempio di come si possano risolvere i problemi a colpi di provvedimenti d’urgenza, momento in cui emerge l’”italico ingegno dell’improvvisazione”. Parliamo ovviamente della farmaceutica territoriale che, con felice intuizione, nel 2008 è stata scorporata da quella ospedaliera, ceduta alla (pirandelliana) responsabilità delle regioni e in breve divenuta il tipico “rubinetto pubblico” che, con rassicurante costanza, “perde” 1-2 miliardi di euro all’anno. La territoriale invece ha sempre rispettato il tetto di spesa, nonostante nel tempo il budget sia diminuito dal 14 al 13,3% del fondo sanitario nazionale e, al contrario, i consumi siano costantemente aumentati. Infatti, sebbene l’anno scorso le ricette (587,5 milioni) siano aumentate del 2,7% (in termini assoluti +1,3 milioni al mese), alla fine si è realizzato un risparmio di 100 milioni di euro. Questo risultato è stato parzialmente ottenuto riducendo il prezzo dei farmaci fuori brevetto che, confermando una misura (purtroppo di reale urgenza) del 2009, sono stati decurtati del 12,5%. In aggiunta, si è urgentemente provveduto a modificare i margini ufficiali alla distribuzione, ma, come direbbe Michael Ende, “questa è un’altra storia.” Un’altra ragione, meno pubblicizzata, del successo della territoriale è l’incremento della compartecipazione dei cittadini che nel
2010 hanno versato un “tickettone” di quasi un miliardo di euro (998 milioni), +15,8% rispetto al 2009. Il ruolo contributivo dei pazienti è in realtà il doppio, in quanto bisogna aggiungere un altro miliardo di spesa privata per i farmaci di classe A; con un semplice calcolo si può stimare che la quota out of pocket (di tasca propria) abbia coperto il 12-13% della spesa reale per farmaci che, in linea di principio e secondo lo spirito ispiratore del SSN italiano, dovrebbero essere completamente gratuiti. In altre parole, bisogna rendere merito a noi tutti, cittadini, di essere stati i maggiori artefici del rispetto del tetto di spesa territoriale. L’attuale mix per il controllo della spesa sembra quindi poggiare su due cardini: il primo (assai pubblicizzato) è il taglio dei prezzi dei farmaci fuori brevetto, il secondo (in toni più sommessi) è l’imposizione di ticket (o “gabelle” che dir si voglia). La liceità di agire sul prezzo dei farmaci fuori brevetto sembrerebbe confermata da una recente ricognizione dei prezzi dei generici in Europa che ha evidenziato come il 60% delle 4.188 specialità inserite nelle liste di trasparenza avesse un prezzo superiore a quello medio ponderato in Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. Questo dato, che era in qualche modo atteso e si ipotizzava potesse spiegare le reazioni sempre contenute degli industriali a fronte dei ripetuti tagli di prezzo, apre alla domanda se il metodo del prezzo di riferimento sia an5
Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
editoriale cora lo strumento più efficace per garantire i migliori prezzi di mercato al SSN. La risposta potrebbe portare a una riflessione su come riformare il mercato dei farmaci fuori brevetto, da sempre dominato dai cosiddetti branded (20,7% della spesa territoriale di classe A nel 2009), mentre i generici (o equivalenti) propriamente detti hanno una quota di mercato tre volte inferiore. È sempre vero che un prezzo di riferimento influenzato dai branded sia il “miglior” prezzo per il SSN? La risposta che i funzionari pubblici frequentemente offrono è che “comunque” la perdita di brevetto porta a dei risparmi, un’autentica boccata d’ossigeno per i conti. Il citato confronto con mercati dove i generici veri si sono davvero affermati (Germania e Regno Unito) indica chiaramente che la risposta è negativa, confermando, laddove ce ne fosse bisogno, che solo una situazione di reale concorrenza permette di determinare un prezzo (appunto) competitivo. L’importanza di questa affermazione in una prospettiva futura a breve-medio termine emerge chiaramente dall’intervista riportata in questo numero di QF sul perché i biosimilari abbiano successo in Germania: i generici sono considerati dai pazienti e riconosciuti dalla classe medica in tutto e per tutto farmaci, senza differenze in termini di efficacia, sicurezza e disponibilità. La questione non è accademica, argomento buono per i salotti congressuali, dove tutti si affannano a ripetere che i generici sono il maggior contributo alle risorse necessarie per far fronte alla crescita dei consumi e ai costi delle novità e dell’innovazione. Infatti, se il mercato dei generici non è sufficientemente sviluppato per assolvere ai suoi compiti di bilancio, è necessario trovare altri modi di risparmiare. Sul primo numero di DIALOGO SUI FARMACI di quest’anno è stato ampiamente documentato che in anni recenti i branded offpatent non solo dominano il mercato, ma hanno iniziato una politica di premium price (da cui l’appellativo di generici griffati), con differenze rispetto al prezzo di riferimento variabili da 0,50 a 44,50 euro. La filiera è contenta: i medici continuano a prescrivere il vecchio marchio e non ci sono problemi di sostituzione, la distribuzione è retribuita in proporzione al prezzo e le
ASL rimborsano il prezzo di riferimento perché le differenze sono a carico dei pazienti. “Vuole il farmaco che le ha prescritto il medico o preferisce l’equivalente?”: questa è la domanda che ho sentito ripetere in una farmacia comunale. La risposta è scontata per la maggior parte dei pazienti, soprattutto se anziani, e il successo di mercato è stato immediato. Nel suo editoriale Luigi Bozzini si domandava se non ci si trovi di fronte a un tentativo di reintrodurre la classe B e, in termini molto pratici, chiedeva che nella lista di trasparenza venissero evidenziati prodotti e relative “gabelle”. Non sembra che questo semplice ed efficace suggerimento abbia ancora trovato riscontro. È successo invece che la manovra di risparmio per 536 milioni di euro sugli off-patent sia stata compiuta d’ufficio, riducendo il prezzo di riferimento e “invitando” le aziende di adeguarsi. L’“amor/carità di patria” vieta di ricordare il reality di comunicati e controcomunicati che ne è seguito. La reale questione è di politica sanitaria, visto che era troppo prevedibile il rischio che ogni mancato allineamento, in particolare degli off-patent più prescritti (cioè quelli griffati), finisse per gravare sui pazienti… non è che stiamo davvero ritornando verso una compartecipazione tipo la vecchia classe B? La pronta reazione della regione Toscana, seguita da altre di segno governativo come il Piemonte e la Lombardia, fanno pensare che sia in corso un dibattito, a costo di vanificare i risparmi attesi, per decidere se è arrivato ancora il momento di chiedere ai cittadini di mettere mano al portafoglio (già lo fanno). Assolutamente lecito e senza pregiudizi, purché sia un dibattito trasparente e finalmente si passi dai provvedimenti d’urgenza alle riforme strutturali. E allora, prima di chiedere una compartecipazione, sul tavolo dobbiamo porre anche (in ordine di fattibilità): i margini di distribuzione (come previsto dalla legge 122/2010), la spesa ospedaliera (perché continuare a tenerla separata dalla territoriale, visti i deficit del 2008-10?) e il mercato dei generici. Se poi emergerà che i cittadini devono pagare di tasca propria un’ulteriore quota dei farmaci rimborsati, almeno così avverrà consapevolmente. 6
Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Valutazione economica Valentina Fantelli,1,2 Katelijne Van de Vooren,1 Livio Garattini 1
Budget Impact Analysis:
stato dell’arte in letteratura e proposta per una definizione in Italia
Abstract
PA R O L E C H I AV E :
Le Valutazioni Economiche (VE) complete sono spesso condotte su un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, che non risponde alla domanda più immediata e frequente del decisore sulla sostenibilità finanziaria a breve termine (usualmente 1-3 anni) in una specifica area territoriale. Per corrispondere a questo bisogno, gli economisti sanitari hanno recentemente sviluppato una tecnica di valutazione finanziaria, la Budget Impact Analysis (BIA). L’obiettivo del presente lavoro è stato quello di valutare lo “stato dell’arte” della BIA sotto il profilo metodologico, cercando successivamente di fornire ai decisori una possibile proposta per il suo utilizzo nell’ambito del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN). È stata effettuata una ricerca della letteratura internazionale recensita da PubMed riferita al periodo 2001-2011, con lo scopo di reperire tutti i contributi metodologici relativi alla BIA pubblicati in lingua inglese; sono stati alla fine selezionati solamente quattro articoli che hanno descritto la BIA dal punto di vista metodologico. La revisione della letteratura ha evidenziato un quadro non del tutto soddisfacente degli aspetti metodologici che dovrebbero caratterizzare una BIA. Complessivamente, non appaiono chiari e condivisi alcuni aspetti cruciali, quali l’inclusione o meno di una valutazione dell’efficacia clinica differenziale fra la nuova tecnologia proposta e quelle esistenti, nonché le voci da includere nell’ambito dei costi sanitari. Abbiamo quindi cercato di fornire una definizione della BIA valida per il nostro SSN, riassumibile nei due aspetti seguenti: a) una VE effettuata nel breve periodo, secondo la prospettiva del soggetto pagante e in un contesto geografico ben specificato; in cui: b) i risultati sono espressi come differenza fra il costo sanitario complessivo della nuova tecnologia e quello del mix di terapie correntemente utilizzate nel contesto analizzato, valutando anche l’impatto del differenziale atteso di efficacia clinica fra le due alternative qualora sia probabile si manifesti nel breve periodo. 7 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
BUDGET IMPACT ANALYSIS, VALUTAZIONE ECONOMICA, REVISIONE LETTERATURA
1 CESAV, Centro di Economia Sanitaria “Angelo e Angela Valenti”, Ranica (BG) 2 UVEF, Unità di Valutazione Efficacia Farmaco, Verona
Valutazione economica INTRODUZIONE Le Valutazioni Economiche (VE) in campo sanitario si pongono l’obiettivo di corrispondere alla necessità di razionalizzare l’allocazione e l’utilizzo delle risorse disponibili (scarse per definizione), offrendo al decisore sanitario criteri di valutazione oggettivabili (in ragione delle informazioni disponibili e della loro affidabilità), tali da rendere giustificabili le scelte. Negli ultimi anni, da un lato la pressione dei governi al rispetto dei budget di spesa sanitaria, conseguenza anche della contingente e perdurante crisi economica mondiale (oltre che dell’invecchiamento della popolazione), dall’altro la costante crescita dei costi sanitari, alimentata dall’aumento dei consumi e dalla proposta di tecnologie sanitarie ad alto costo (farmaci biologici, dispositivi medici, tecniche chirurgiche, programmi di prevenzione primaria) hanno amplificato il bisogno di supporto economico alle decisioni, estendendo il campo delle VE dai farmaci a tutte le tecnologie, sotto il “denominatore comune” del Health Technology Assessment (HTA). Inoltre, la richiesta di VE si sta rapidamente estendendo dal tradizionale livello nazionale (l’agenzia sanitaria che valuta il costo-beneficio durante il processo di rimborsabilità della nuova tecnologia) ai decisori locali (amministratori regionali, ospedalieri) che si trovano nella necessità di misurare se e a quali condizioni la nuova tecnologia sia finanziariamente sostenibile. In linea generale, le VE complete, con particolare riferimento alle analisi costoefficacia (ACE) e alle analisi costo-utilità (ACU), sono spesso condotte su un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, che non risponde alla domanda più immediata e frequente del decisore sulla sostenibilità finanziaria a breve termine (usualmente 1-3 anni). Per corrispondere a questo bisogno, gli economisti sanitari hanno recentemente sviluppato (e offerto ai decisori) una tecnica di valutazione finanziaria, la Budget Impact Analysis (BIA), che si propone di stimare nel breve periodo le conseguenze finanziarie di adozione e diffusione di una nuova tecnologia sanitaria in una specifica area territoriale. L’obiettivo del presente lavoro è stato
quello di valutare lo “stato dell’arte” della BIA sotto il profilo metodologico, cercando successivamente di fornire ai decisori una chiara definizione delle potenzialità e dei limiti, nonché una possibile proposta per il suo utilizzo nell’ambito del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
REVISIONE DELLA LETTERATURA Metodi
È stata effettuata una ricerca della letteratura internazionale recensita da PubMed riferita al periodo 2001-2011, con lo scopo di reperire tutti i contributi metodologici relativi alla BIA pubblicati in lingua inglese. La ricerca è stata condotta in aprile 2011 utilizzando la parole chiave: “budget impact”. Dei 184 articoli identificati in lingua inglese, 180 sono stati esclusi per le seguenti ragioni: 116 erano analisi dei costi, revisioni di VE classiche, ACE o ACU; 64 erano studi veri e propri di BIA contenenti analisi di tecnologie specifiche e, quindi, non rilevanti ai fini di questa revisione di carattere prettamente metodologico. Di conseguenza, sono stati alla fine selezionati solamente quattro articoli che hanno descritto la BIA dal punto di vista metodologico, qui di seguito singolarmente analizzati in ordine cronologico.
Risultati
a) Trueman et al, 2001 1 È il primo contributo metodologico sulla BIA, che viene definita come un’analisi complementare (e non alternativa) a una VE classica. Infatti, la VE può aiutare a stabilire la priorità degli interventi sanitari, ma non è sufficiente a decidere se la tecnologia è adottabile rispetto alle risorse disponibili. Gli autori sottolineano come le aziende produttrici di nuove tecnologie debbano essere in grado di fornire solide analisi di impatto finanziario dei nuovi trattamenti sui bilanci dei sistemi sanitari, rendendo accessibili tali analisi e permettendo quindi ai decisori 8
Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Valutazione economica sanitari di adattarle alle proprie esigenze. Viene inoltre evidenziato come per il decisore sanitario l’orizzonte temporale rilevante sia spesso molto più breve di quello preso in considerazione da un economista: non è facile per un decisore investire una quota significativa del proprio budget annuale ipotizzando che i benefici di questo investimento si realizzeranno nel lungo periodo. Gli autori incoraggiano inoltre l’analisi dei seguenti aspetti: a) stima del grado di sostituzione della terapia esistente, b) valutazione dell’impatto sulla fornitura degli altri servizi sanitari influenzabili dalla nuova tecnologia sanitaria, c) identificazione della popolazione potenziale di pazienti. Trueman et al. hanno proposto i criteri di una linea guida su come condurre e valutare una BIA secondo la prospettiva dell’acquirente/decisore. 1. Trasparenza. La BIA dovrebbe consentire una chiara comprensione di tutti i dati impiegati per l’analisi (input), evidenziando la sensibilità dei risultati in ragione delle variabili considerate. Per tale motivo è opportuno sviluppare un modello trasparente e accessibile, in cui i parametri utilizzati siano referenziati e le modalità di calcolo costruite in modo tale da essere standardizzate e riproducibili in diverse realtà. 2. Prospettiva. Gli autori suggeriscono di adottare il punto di vista del responsabile del budget sanitario (budget holder), focalizzando l’analisi sui costi sanitari diretti. 3. Fonte dei dati. Come in tutte le analisi economiche, anche in questo caso le fonti dovrebbero essere chiaramente indicate; in mancanza di dati qualsiasi ipotesi o assunzione dovrebbe essere chiaramente descritta, in modo da permettere di condurre un’analisi di sensibilità. 4. Relazione tra end-point intermedio e finale. Nella maggior parte dei casi sarà inevitabile basare la BIA su modelli e/o ipotesi di efficacia, in assenza di dati sperimentali nella normale pratica clinica (effectiveness) e di studi clinici di lungo periodo condotti su tecnologie innovative.
5. Penetrazione della nuova tecnologia. Al momento dell’effettuazione della BIA, due fattori chiave sono da valutare nel prevedere il tasso di assorbimento della nuova tecnologia: a) sostituzione dei trattamenti esistenti e b) induzione della domanda (con conseguente aumento potenziale dei consumi complessivi). Qualora siano già disponibili trattamenti alternativi, dovrebbe essere sufficiente sostituire la nuova terapia con quelle già utilizzate. Nel caso (raro) di terapie totalmente innovative sarà presumibilmente più difficile prevederne la penetrazione. 6. Sottogruppi di popolazione. La BIA potrebbe essere applicata a sottopopolazioni di pazienti dove è atteso un migliore costo-beneficio sulla base delle VE. 7. Risultati. Dovrebbero essere espressi in unità naturali (ad esempio, visite mediche e ricoveri ospedalieri) e finanziarie (cioè i costi veri e propri). 8. Ridistribuzione delle risorse. Tra i maggiori ostacoli nell’adozione di nuove tecnologie in sostituzione delle esistenti viene individuata la riallocazione delle risorse risparmiate fra diversi fondi sanitari. 9. Orizzonte temporale. La BIA dovrebbe considerare un orizzonte temporale breve (1-5 anni), cioè quello di specifico interesse del budget holder. 10. Analisi di sensibilità. Gli autori sottolineano l’importanza di effettuare analisi di sensibilità, ma non si soffermano a discuterne i dettagli metodologici, lasciando libertà di scelta in merito alle variabili da sottoporre e ai metodi di analisi. b) Mauskopf et al, 2007 2 Particolare importanza sembrano aver assunto le più recenti raccomandazioni pubblicate nel 2007 dalla Task Force di ISPOR (Intenational Society for Pharmacoeconomics and Outcomes Research). Il documento è il risultato di un lavoro realizzato da un gruppo di esperti, il cui obiettivo è stato quello di fornire un orientamento comune sulla metodologia di analisi, cercando di promuovere la stan9
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Valutazione economica c) Marshall et al, 2008 3 In Canada, in mancanza di un metodo standardizzato, le autorità sanitarie hanno ritenuto opportuno redigere delle linee guida per la conduzione e la presentazione di una BIA, allo scopo di garantirne l’uniformità metodologica. Sulla base di un’indagine nazionale di fattibilità, sono emersi sette criteri di “buon senso” da tenere in considerazione durante il processo di elaborazione delle linea guida: 1) facilità d’impiego e interattività; 2) coinvolgimento dell’industria farmaceutica; 3) massima attenzione nell’evitare di raccogliere dati non validabili o comunque non affidabili; 4) garanzia di rigore metodologico; 5) comprensibilità dei risultati per i decisori; 6) diffusione in formato elettronico; 7) applicabilità specifica per le singole realtà (province) canadesi. Sebbene siano state sviluppate secondo i principi delineati dall’ISPOR, le linee guida canadesi sono limitate ai farmaci e ovviamente specifiche per il Canada; concettualmente sono state suddivise in tre sezioni principali. 1. Quadro analitico, dove sono sviluppati nove punti dell’analisi: disegno, prospettiva, orizzonte temporale, popolazione target, costi, scenari di confronto, analisi di sensibilità, attualizzazione e validazione del modello. 2. Fonte dei dati, necessariamente collegate a dati storici o a risultati attesi (obiettivi aziendali di vendita per il nuovo farmaco), dovrebbero permettere di valutare le variabili seguenti: dimensione del mercato, alternativa più rilevante, previsione dei diversi scenari (farmaco di riferimento e nuovo farmaco), stima di spesa dei farmaci espressa come costo annuale di terapia. Le fonti dei dati risultano specifiche per il farmaco di interesse, i costi unitari coerenti con la prospettiva adottata (federale o provinciale). 3. Reportistica, cioè come dovrebbe essere presentata una BIA (introduzione, epidemiologia e trattamento, impatto clinico, impatto economico, informazioni sulla tecnologia, fonte dei dati, analisi, etc.); particolare enfasi viene conferita all’analisi di sensibilità, specificamente all’analisi degli estremi.
dardizzazione e la trasparenza della BIA a livello internazionale. Le singole indicazioni fornite dagli autori sono in realtà basate sugli elementi fondamentali descritti nel 2001 da Trueman et al. Gli autori pongono particolare enfasi sulla prospettiva dell’analisi, l’utilizzo dei dati locali e l’analisi di sensibilità. Anche la Task Force raccomanda lo svolgimento dell’analisi dal punto di vista del budget holder, ma uno spunto aggiuntivo riguarda il suggerimento dell’utilizzo di dati locali che, per poter articolare una BIA, dovrebbero riflettere sei elementi chiave: 1) dimensione e caratteristiche della popolazione interessata, 2) mix di trattamenti esistenti senza il nuovo intervento, 3) costo del mix dei trattamenti esistenti, 4) nuovo mix di trattamenti con l’aggiunta del nuovo intervento, 5) costo del mix dei nuovi trattamenti, 6) utilizzo e costi di altri trattamenti sanitari collegati alla nuova tecnologia. Particolare enfasi viene attribuita all’analisi di sensibilità: non è sufficiente considerare un’unica stima, ma è necessario calcolare una serie di risultati che riflettano un esito compreso in un intervallo di variabilità ragionevole e utile al decisore sanitario. È opportuno considerare sia lo scenario più favorevole che quello più sfavorevole alla nuova tecnologia, costruiti e condivisi con il budget holder, la persona più indicata per formulare delle ipotesi realistiche e fornire i vari parametri stimati nell’analisi. Inoltre, si dovrebbero effettuare diverse tipologie di analisi di sensibilità (univariata, multivariata, probabilistica, etc.), la cui utilità dipenderà dalla quantità e dalla qualità dei dati disponibili, nonché dalle esigenze del budget holder. Tutti i risultati e i parametri utilizzati nella BIA dovrebbero essere presentati in forma disaggregata per ciascun anno considerato e come intervallo di valori, piuttosto che come singola stima. Infine, non viene reputato necessario scontare i costi anche qualora l’orizzonte temporale superi l’anno, in quanto i budget holders sono interessati ai maggiori costi (o risparmi) del budget di ciascun periodo (anno), piuttosto che ai maggiori costi (o risparmi) complessivamente riconducibili a una nuova terapia nel tempo. 10
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Valutazione economica d) Orlewska e Gulasci, 2009 4 Sull’argomento BIA è stata recentemente pubblicata anche una revisione della letteratura. Gli autori hanno effettuato una ricerca della letteratura internazionale su PubMed mirata a selezionare le BIA pubblicate su riviste scientifiche nel periodo 2000-2008. La valutazione metodologica degli studi selezionati è stata effettuata utilizzando come criterio di riferimento le linee guida ISPOR precedentemente descritte. Sono stati selezionati 34 studi, due terzi dei quali pubblicati negli ultimi due anni; circa la metà sono risultati sponsorizzati dall’industria farmaceutica (54%) e realizzati prevalentemente negli Stati Uniti (41%); nel 65% degli studi la BIA è stata il principale obiettivo dello studio, mentre nei rimanenti era riportata come analisi complementare a una ACE. Questa revisione ha dimostrato come siano state rispettate le raccomandazioni di ISPOR per aspetti quali: prospettiva dell’analisi, tipologia dei costi considerati, scelta dell’alternativa e fonte dei dati. Sono invece emerse eterogeneità per quanto riguarda i diversi metodi utilizzati per produrre i risultati, l’estensione dell’orizzonte temporale e la scelta della popolazione di riferimento. Un importante aspetto critico emerso da questa revisione è la scarsa trasparenza delle modalità di calcolo. Infatti, in molti studi non è stata rispettata la raccomandazione di fornire tutte le informazioni necessarie affinché il decisore sanitario possa verificare ed eventualmente modificare i parametri e, di conseguenza, i risultati. A questa criticità si aggiunge l’analisi di sensibilità condotta in modo insoddisfacente, a giudizio degli autori, in circa tre quarti degli studi. Nella maggior parte degli studi è stata effettuata anche l’attualizzazione dei costi, con tassi compresi tra il 3% e il 5% annuo, diversamente da quanto raccomandato dalle linee guida ISPOR.
Definita fin dall’inizio da Trueman et al come una sorta di VE “minore”, meramente complementare alle tecniche consolidate (tipicamente ACE e ACU), e giudicata utile esclusivamente per soddisfare le istanze dei decisori sanitari, sempre più “assetati” di evidenze economiche, la BIA stenta in realtà a trovare una collocazione precisa nell’ambito della teoria della VE; in tal senso, curioso anche notare come non si trovi alcuna definizione di BIA nemmeno nel manuale di VE di Drummond et al,5 il più apprezzato e conosciuto al mondo, tradotto com’è oramai in numerose lingue (italiano incluso6). Tutti i contributi che abbiamo analizzato in letteratura sembrano “affannarsi”, da un lato a puntualizzare dettagli assai specifici (quali la massima durata di una BIA, la necessità di un “foglio di calcolo” per permettere la riproducibilità dei dati, le varie forme di analisi di sensibilità da condurre), dall’altro a fornire raccomandazioni assai generali sulla necessità di utilizzare fonti di dati credibili e presentare i risultati nel modo più analitico possibile, quasi come se ciò non valesse per qualsiasi tipologia di VE. Complessivamente, però, non appaiono chiari e condivisi alcuni aspetti cruciali anche per la conduzione di questo tipo di studi, quali l’inclusione o meno di una valutazione dell’efficacia clinica differenziale fra la nuova tecnologia proposta e quelle esistenti, nonché le voci da includere nell’ambito dei costi sanitari (ad esempio, limitata a quella dei farmaci nel caso delle linee guida canadesi). In sintesi, la definizione di BIA sembra oscillare fra una mera proiezione finanziaria dei dati di spesa sanitaria conseguente all’introduzione di una nuova tecnologia e una nuova tipologia di VE completa dai contorni indefiniti, eccezion fatta per l’orizzonte temporale di breve periodo, la prospettiva del sistema sanitario e la valutazione dei costi sanitari totali nell’ambito di uno specifico contesto territoriale.
Discussione
La revisione della letteratura ha evidenziato un quadro a nostro avviso non del tutto soddisfacente, per non dire lacunoso, degli aspetti metodologici che dovrebbero caratterizzare una BIA.
SITUAZIONE IN ITALIA Contesto Attuale
Per quanto riguarda il contesto regolatorio italiano, la procedura di negoziazione dei prezzi dei medicinali tra AIFA e azien11
Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Valutazione economica de farmaceutiche7 prevede che l’azienda indichi: a) il numero annuo prevedibile di soggetti interessati al trattamento; b) il mercato totale dello specifico settore terapeutico; c) la quota di mercato annua del prodotto stimata dall’azienda nei primi tre anni di rimborsabilità. Sebbene la delibera evidenzi un approccio del tutto facoltativo alla presentazione di analisi farmaco-economiche, i parametri richiesti permettono comunque di misurare l’impatto economico di un nuovo farmaco limitatamente al budget farmaceutico. In Italia, inoltre, a partire dal Prontuario Farmaceutico Nazionale (PFN), si sono sviluppati in molte regioni dei Prontuari Regionali. Ad esempio, in Veneto opera da tempo una commissione tecnica del Prontuario Terapeutico Regionale (PTORV), a cui se ne è aggiunta più recentemente una seconda per il Repertorio dei Dispositivi Medici (CTRDM).8 Per i farmaci è stato approvato un nuovo mo-
dulo per la richiesta di inserimento nel prontuario che, oltre alle prove di efficacia e sicurezza, richiede specifiche informazioni di carattere economico. In particolare, la scheda di valutazione di un nuovo farmaco deve contenere una BIA condotta su una popolazione target, con diversi scenari ipotizzati per la penetrazione della nuova tecnologia nella pratica clinica. Per quanto riguarda i dispositivi medici (DM), nel modulo per la richiesta di valutazione regionale è stata sviluppata una sezione che comprende: a) aspetti economici generali (prezzo medio e condizione di vendita del DM, tariffa della prestazione ospedaliera correlata all’uso del DM, tariffa della prestazione ambulatoriale, VE pubblicate in materia, etc.), b) una BIA specificamente condotta sul DM in questione. In assenza di una vera e propria analisi, il modulo prevede la compilazione di alcune informazioni rilevanti, quali: stima della prevalenza corrente in
TABELLA 1 Proposta metodologica CESAV per la BIA confrontata con le tecniche di valutazione economica consolidate Bia
acB
Prospettiva
Budget holder
alternativa
mix di trattamenti esistenti
orizzonte temporale
≤3 anni
attualizzazione
nessuna
efficacia
costi
risultati
analisi di sensibilità
ace
acu
Variabile (società, sistema sanitario, Paziente)
una o più di una, scelta/e a discrezione degli autori
Variabile (breve/medio/lungo periodo)
da applicare negli studi di medio-lungo periodo
costi aggiuntivi e risparmi in servizi sanitari
monetaria
unità naturali
qalY
sanitari diretti
diretti e indiretti in funzione della prospettiva
Δ costi sanitari totali
incremental cost effectiveness ratio (icer)
estremi e scenario
univariata, multivariata, estremi, soglia, probabilistica
acB= analisi costo-Beneficio; ace=analisi costo-efficacia; acu=analisi costo-utilità; Bia=Budget impact analysis; qalY= quality adjusted life Year.
12 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Valutazione economica Veneto dei pazienti affetti dalla condizione/patologia oggetto di trattamento, stima del numero di pazienti con nuova diagnosi, numero di pazienti attualmente trattati per la condizione oggetto di valutazione, numero di pazienti potenzialmente eleggibili al nuovo trattamento in regione, costo paziente del nuovo DM e costo paziente del trattamento alternativo. I rapporti strutturati di HTA sono pubblicati sul sito.9,10
altri servizi sanitari entro l’orizzonte temporale stabilito (3 anni). 7. Costi. Devono essere inclusi tutti i costi sanitari che possono differire fra la nuova tecnologia e il mix di quelle correntemente utilizzate. 8. Risultati. I risultati dovrebbero essere espressi come differenza fra i costi sanitari totali della nuova tecnologia e quelli indotti dal mix delle terapie correnti, escludendo quindi il calcolo del rapporto incrementale di costo-efficacia (ICER) utilizzato nelle ACE e nelle ACU. 9. Analisi di sensibilità. Si suggerisce di condurre le seguenti analisi: a) “degli estremi” per valutare l’intervallo massimo di variazione; b) “di scenario” per stimare realisticamente l’impatto economico della possibile penetrazione della nuova tecnologia. La Tabella 1 cerca di riassumere le caratteristiche analoghe e quelle divergenti fra la BIA così strutturata e le tecniche di VE consolidate.
Proposta CESAV
In assenza di una chiara definizione di BIA riscontrata in letteratura e alla luce della sentita esigenza di condurre sempre più spesso questo tipo di studio anche fra i budget holders del nostro SSN, abbiamo cercato di fornire una definizione autonoma (e non solo complementare alle VE classiche) della BIA, fornendo un sintetico commento per ognuno dei nove punti chiave che secondo il CESAV costituiscono la struttura metodologica di una qualsiasi VE.11 Le scelte per condurre una BIA dovrebbero a nostro avviso rispettare i seguenti principi. 1. Prospettiva. Si suggerisce di prendere in considerazione il punto di vista del budget holder, specificando chiaramente se nazionale, regionale o locale. 2. Alternativa. L’alternativa alla nuova tecnologia dovrebbe riflettere nel modo più fedele possibile il mix di trattamenti al momento impiegati nel contesto (nazionale, regionale o locale) analizzato. 3. Orizzonte temporale. Si suggerisce di considerare un periodo non superiore a 3 anni. 4. Attualizzazione. Non si ritiene necessario, alla luce del punto precedente, applicare alcun tasso di sconto in uno studio di BIA. 5. Popolazione target. È necessario identificare nel modo più dettagliato possibile la dimensione della popolazione da trattare nel setting analizzato, senza ricorrere a stime derivate da altri contesti internazionali o nazionali. 6. Efficacia. Dovrebbe essere inclusa qualora la nuova tecnologia possa realisticamente influenzare l’utilizzo di
CONSIDERAZIONI FINALI In conclusione, alla luce di questa proposta, la BIA verrebbe definita come: a. una VE effettuata nel breve periodo, secondo la prospettiva del soggetto pagante e in un contesto geografico ben specificato; in cui: b. i risultati sono espressi come differenza fra il costo sanitario complessivo della nuova tecnologia e quello del mix di terapie correntemente utilizzate nel contesto analizzato, valutando anche l’impatto del differenziale atteso di efficacia clinica fra le due alternative qualora si manifesti nel breve periodo. Al di là della scelta degli aspetti più squisitamente tecnici (orizzonte temporale, attualizzazione, analisi di sensibilità), va sottolineato che, mentre il primo aspetto caratterizza la BIA e viene ripetuto sostanzialmente in tutti documenti analizzati nella revisione della letteratura, il secondo risulta invece meno esplicito e più controverso nei suddetti documenti, generando a nostro avviso una certa confusione anche nell’ambito dei deci13
Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Valutazione economica sori sanitari sulle variabili da considerare in questo tipo di studi. Una volta chiarito definitivamente che anche la valutazione di efficacia clinica della nuova tecnologia e il suo conseguente possibile impatto nel breve periodo sui costi sanitari (ad esempio, riduzione dei ricoveri ospedalieri) vanno inclusi nella BIA, anche questo tipo di analisi dovrebbe trovare una collocazione più precisa nell’ambito della teoria della valutazione economica e, di conseguenza, in quello della regolamentazione delle autorità sa-
nitarie che decidano di avvalersene. Rimane infine un ultimo punto di buon senso, sempre e comunque da ricordare per “smorzare” facili ottimismi da parte di chi si approccia da profano alla materia: anche la BIA, analogamente a qualsiasi altra VE, può fornire un supporto concreto al processo decisionale solo se i dati sono affidabili e rappresentano il contesto territoriale esaminato; altrimenti, qualora non si disponga di un buon database, rimane a nostro avviso preferibile affidarsi al buon senso.
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14 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Politica sanitaria Livio Garattini,1 Alessandro Curto,1 Anna Padula,1 Gianluigi Casadei 1
Indagine sulla gestione regionale della vaccinazione HPV
Abstract La recente disponibilità in commercio di vaccini contro l’HPV (Human
PA R O L E C H I AV E :
Papilloma Virus) ha risvegliato aspettative diffuse sul vaccino quale efficace strumento di prevenzione di malattie dal grande impatto sociale. Di conseguenza, abbiamo ritenuto interessante monitorare e documentare la gestione a livello regionale della campagna di vaccinazione in questione promossa dal Ministero della Salute. L’obiettivo è stato quello di indagare e analizzare i criteri e le modalità organizzative adottati dalle Regioni per ottimizzare la propria offerta vaccinale contro l’HPV. L’indagine ha coinvolto 12 enti territoriali, tra cui 11 Regioni (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Basilicata, Puglia e Sicilia) e una Provincia autonoma (Trento). Inizialmente sono stati intervistati i responsabili dell’area prevenzione di ciascun ente territoriale coinvolto e successivamente è stato inviato loro un questionario mirato a raccogliere informazioni omogenee e confrontabili sull’organizzazione dei servizi di prevenzione a livello regionale e sulle modalità di offerta territoriale della vaccinazione anti HPV. L’indagine ha confermato, come prevedibile, l’esistenza di un quadro regionale eterogeneo sotto il profilo organizzativo. Se, da un lato, lo sforzo nella promozione di attività di prevenzione ha trovato riscontro positivo nel sufficiente livello di copertura vaccinale (59,2% a fine 2009) delle ragazze appartenenti alla prima coorte vaccinata, dall’altro l’obiettivo di raggiungere una copertura con tre dosi di vaccino pari al 95% entro il 2013 sembra essere ancora molto lontano. Dall’analisi dei risultati delle gare regionali, emerge chiaramente una tendenza alla diminuzione del prezzo dei vaccini nel tempo, probabilmente imputabile a una “guerra dei prezzi” fra le due aziende concorrenti. Da sottolineare come il vaccino quadrivalente sia risultato mediamente più economico rispetto al suo comparator nell’anno 2009, sebbene il prezzo negoziato inizialmente da AIFA a livello nazionale sia superiore a quello del bivalente. In conclusione, l’analisi condotta può essere considerata un buon punto di partenza per future valutazioni del programma di vaccinazione anti-HPV, in attesa di dati consolidati che saranno disponibili solamente a partire dai prossimi anni.
VACCINAZIONE, HPV, REGIONI
15 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
1 CESAV, Centro di Economia Sanitaria “Angelo e Angela Valenti”
Politica sanitaria INTRODUZIONE La vaccinazione rappresenta tecnicamente uno degli interventi più efficaci e sicuri a disposizione della sanità pubblica per la prevenzione primaria delle malattie infettive. Tale pratica comporta sia benefici diretti per i soggetti vaccinati, inducendo una risposta immunitaria simile a quella provocata da un’infezione naturale, sia indiretti a livello collettivo, limitando la diffusione dell’agente patogeno e delle sue conseguenti ripercussioni su larga scala (c.d. “effetto gregge”). In base al d. lgs. n. 502 del 30 dicembre 1992 (e successive modificazioni), il Ministero della Salute elabora su base triennale il Piano Nazionale dei Vaccini (PNV), un documento tecnico-specialistico di supporto all’accordo Stato e Regioni sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ai sensi del d. lgs. 229/1999 (e successive modifiche), in tema di “diritto alla prevenzione di malattie per cui esistono vaccini efficaci e sicuri da garantire a tutti i cittadini italiani”. In questo quadro generale, le Regioni, a cui sono state devolute sulla base della riforma del Titolo V della Costituzione (L. Cost. n. 3/2001) competenze e responsabilità in materia sanitaria, hanno il compito di organizzare e attuare concretamente l’offerta vaccinale sul proprio territorio, nel rispetto dei principi fondamentali determinati dallo Stato. La recente disponibilità in commercio di vaccini contro l’HPV (Human Papilloma Virus), oltre ad aprire una nuova strada per la strategia di prevenzione dei tumori a livello dell’epitelio anogenitale, orofaringeo e cutaneo (tra cui, con maggiore prevalenza, quello della cervice), ha anche risvegliato aspettative diffuse sul vaccino quale efficace strumento di prevenzione di malattie dal grande impatto sociale. Di conseguenza, abbiamo ritenuto interessante monitorare e documentare la gestione a livello regionale della campagna di vaccinazione in questione promossa dal Ministero della Salute,1 evidenziandone livello di partecipazione e criticità in relazione al tempo, allo spazio e alle modalità esecutive di realizzazione della stessa. I mezzi di prevenzione disponibili per la diagnosi precoce delle neoplasie ad essa
connesse sono lo screening tramite Paptest e il DNA-test: il primo resta tuttora raccomandato ogni tre anni per le donne tra 25 e 64 anni,2 per la sua capacità di identificare le lesioni precancerose prima che evolvano in carcinoma; il secondo, un test virologico utilizzato per lo più in situazioni di incertezza derivanti da un Paptest anomalo e non esaustivo, è in grado di rilevare mediante tecnologia molecolare la presenza del virus in un campione uterino appositamente prelevato e immerso in un liquido. A prescindere dal fatto che la maggior parte delle infezioni da HPV è fortunatamente transitoria, in quanto il virus viene naturalmente eliminato dal sistema immunitario prima di sviluppare un effetto patogeno, l’introduzione di un vaccino contro l’HPV ha determinato nuove e interessanti prospettive di prevenzione per le neoplasie ad esso connesse; va ricordato che il tempo intercorrente fra un’infezione persistente e l’insorgenza delle lesioni precancerose è di circa cinque anni, mentre il tempo di latenza per l’insorgenza del carcinoma cervicale può essere di 20-30 anni. Attualmente sono stati autorizzati dalla European Medicines Agency (EMA) due tipi di vaccini già disponibili sul mercato che coprono i genotipi HPV maggiormente oncogeni: il quadrivalente Gardasil® (Sanofi-Pasteur MSD) a copertura dell’HPV 6, 11, 16 e 18 (introdotto nel 2006)3 e il bivalente Cervarix® (SKF) che protegge dall’HPV 16 e 18 (introdotto nel 2007).4 Entrambi i vaccini sono altamente efficaci nel prevenire le lesioni precancerose del collo dell’utero connesse all’infezione da tipi di virus 16 e 18, che si stima siano complessivamente responsabili di circa il 70% dei casi di neoplasie della cervice,5 con il primo avente il maggior potenziale oncogeno.6 Il quadrivalente Gardasil® è anche altamente efficace nel prevenire condilomi ano-genitali, comune malattia generalmente riconducibile a infezione da HPV tipi 6 e 11. Su proposta del Ministero della Salute, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha deliberato con la Determina del 28 febbraio 2007 (G.U. n. 52 del 3 marzo 2007) e del 29 ottobre 2007 (G.U. n. 16
Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Politica sanitaria 271 del 21 novembre 2007) il regime di rimborsabilità e il prezzo di vendita dei due vaccini anti-HPV, classificati in classe H e in regime di gratuità per le pre-adolescenti nel corso del dodicesimo anno di vita. In linea con le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) in materia,7 tale scelta di gratuità è dettata dal fatto che l’età considerata è compresa nella finestra di massima risposta immunogenica al vaccino (9-13 anni) e dalla concomitanza temporale con altre vaccinazioni (vaccino antidifto-tetanico-pertossico, MPR, antimeningococco C, varicella), potenzialmente in grado di aumentare l’adesione alla proposta vaccinale. Inoltre, è altamente improbabile che a tale età sia già iniziata l’attività sessuale e, con essa, il rischio di acquisizione del virus, nonché gravidanze in corso. Dal punto di vista operativo, il ciclo vaccinale consiste nella somministrazione per via intramuscolare di tre dosi, di cui la seconda e la terza a distanza variabile dalla prima in base al tipo di vaccino: 2 e 6 mesi per Gardasil®;3 1 e 6 mesi per Cervarix®.4 La conferma nella proposta del PNV 2010-2012 della gratuità dei due vaccini contro l’HPV per lo stesso target potrebbe presagire a un loro futuro inserimento stabile nel calendario dei vaccini dell’età evolutiva, insieme a quelli contro la difterite, il tetano, la poliomielite, l’epatite B (obbligatori per legge) e gli altri contro la pertosse acellulare, H. influenzae b, il morbillo, la rosolia e la parotite. Come descritto nell’Intesa Stato, Regioni e Province Autonome siglata nel 2007, l’obiettivo dichiarato del programma di vaccinazione HPV è il raggiungimento di una copertura con tre dosi di vaccino pari al 95% entro 5 anni dall’avvio del programma di immunizzazione. Lo scopo della seguente ricerca è quello di indagare e analizzare i criteri e le modalità organizzative adottati dalle Regioni per ottimizzare la propria offerta vaccinale contro l’HPV, il grado di copertura con tre dosi di vaccino (al 31 dicembre 2009), nonché l’aderenza dell’azione a inizio campagna agli obiettivi prefissati, in attesa di valutarne ulteriormente gli effetti nel medio-lungo termine.
MATERIALI E METODI L’indagine è stata condotta successivamente alla prima attivazione del programma nazionale di vaccinazione contro l’HPV e ha coinvolto 12 enti territoriali: 11 Regioni (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Basilicata, Puglia e Sicilia) e la Provincia autonoma di Trento. Il campione selezionato può considerarsi sufficientemente rappresentativo del quadro nazionale, costituendo il 71% della popolazione residente al 1/1/20088 e il 70,5% della spesa annuale 2008 sostenuta dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN).9 Dopo una pre-analisi dei bisogni informativi necessari per la ricerca, sono stati intervistati i responsabili regionali dell’area vaccinale del campione in esame, con l’obiettivo di elaborare un quadro preliminare sulla gestione della vaccinazione contro l’HPV a livello regionale. Successivamente è stato inviato ai partecipanti un questionario, con domande aperte e chiuse, mirato a raccogliere informazioni omogenee e confrontabili sull’organizzazione e le modalità di offerta territoriale della vaccinazione. Le informazioni sono state riferite agli anni 2008 e 2009, allo scopo di seguirne l’andamento oltre il periodo di lancio dell’iniziativa e di tracciare eventuali tendenze riscontrabili in ogni Regione, anche a discapito di dati non ancora consolidati. A tale proposito, occorre sottolineare che i dati raccolti sono stati aggiornati e integrati nella fase di elaborazione con quelli attualmente disponibili nei principali database nazionali e regionali a libero accesso. Particolare attenzione è stata rivolta all’analisi dei prezzi dei vaccini e dei bandi di gara d’acquisto centralizzati. Sotto il profilo qualitativo, la ricerca si è focalizzata sui seguenti aspetti: quadro normativo di riferimento, con l’individuazione dei provvedimenti regionali con cui è stata deliberata la campagna di prevenzione vaccinale contro l’HPV e la data di effettiva attivazione della vaccinazione; dati epidemiologici, con raccolta dei dati relativi a casi diagnosticati come cancro alla cervice, cellule tumorali 17
Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Politica sanitaria maligne di tipo squamocellulare o ghiandolare e relative incidenze, totale decessi causati o riconducibili in parte al carcinoma della cervice; screening, con verifica dell’esistenza o meno di programmi di prevenzione per sottoporsi a un Pap-test gratuito per le donne tra i 25 e i 64 anni e dell’eventuale esistenza di test virologici, oltre alle modalità di invito alla prevenzione e al tasso di adesione alle campagne stesse; vaccinazione anti-HPV, con particolare riferimento alle coperture per ognuna delle tre dosi previste, alla tipologia di strutture coinvolte, all’eventuale coinvolgimento dei Pediatri di Libera Scelta (PLS) e alla disponibilità di prezzi agevolati per soggetti non inclusi nella coorte del trattamento gratuito; modalità di comunicazione, con particolare riferimento ai media coinvolti, ai destinatari delle campagne informative di sensibilizzazione e alle organizzazioni (sanitarie e non) coinvolte; formazione del personale, con verifica dell’esistenza o meno di piani di formazione per gli operatori sanitari, numero e tipologia di operatori che hanno partecipato ai corsi e monte ore ad essi dedicato; prezzi e gare d’acquisto, con verifica dell’espletamento di eventuali gare regionali d’acquisto del vaccino e relativi criteri di aggiudicazione, periodo di svolgimento, tipologia di vaccino aggiudicatario e prezzo conseguente. Una volta ricevuti i questionari, è stato deciso di escludere dall’analisi i dati epidemiologici e gran parte di quelli relativi alla formazione, a causa dell’indisponibilità o della lacunosità delle risposte fornite dalla maggioranza dei soggetti coinvolti. Inoltre, al fine di chiarire possibili dubbi e incomprensioni, i dati preliminari sono stati discussi e verificati in un’apposita riunione tenuta a Ottobre 2010 presso la nostra sede di Milano, a cui hanno partecipato quasi tutti i responsabili regionali coinvolti. Nella stessa circostanza è stato poi concordato l’invio di un ulteriore brevissimo questionario supplemen-
tare focalizzato esclusivamente su screening, vaccinazioni eseguite, coperture al 31 dicembre 2009 e andamento dei prezzi dei vaccini, al fine di colmare le residue esigenze informative sorte a posteriori.
RISULTATI Dal punto di vista normativo, tutte le Regioni incluse nell’indagine hanno formalmente provveduto all’attuazione del programma di vaccinazione mediante apposite Delibere della Giunta Regionale, eccezion fatta per la Regione Sicilia e la Provincia Autonoma di Trento che hanno utilizzato, rispettivamente, una Delibera dell’Assessorato Sanità e un semplice Comunicato. Peraltro, sono trascorsi in media tre mesi fra l’approvazione del provvedimento legislativo e la sua concreta implementazione, con una punta massima di sei riscontrata nelle regioni centrali. Prima di procedere ulteriormente alla descrizione dei risultati della rilevazione, è opportuno premettere che in tutte le Regioni analizzate sono stati avviati programmi di screening fin dagli anni Novanta, eccezione fatta per quelle meridionali, dove l’introduzione è avvenuta in epoca più recente. È oramai prevista ovunque la possibilità di sottoporsi a un Pap-test gratuito per le donne tra i 25 e i 64 anni: nell’anno 2009 sono state invitate a sottoporsi al test poco più del 37% delle donne residenti, delle quali solo il 45% ha aderito all’invito alla campagna di prevenzione, con una partecipazione più alta nel Nord Italia, dove più del 50% delle donne ha deciso di sottoporsi al controllo. A completezza del dato, bisogna tuttavia tener presente che quello dell’area centrale è fortemente distorto a causa dell’assenza dei dati della Regione Lazio, mentre quello dell’area settentrionale risente della mancanza dei dati della Regione Piemonte (Grafico 1). Le coperture vaccinali medie nazionali delle ragazze appartenenti alla coorte del 1997, target privilegiato del programma di prevenzione anti-HPV nell’anno 2009, sono risultate pari a 66,9% per la prima somministrazione, 63,4% per la seconda
18 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Politica sanitaria Grafico 1.
Inviti e adesioni per screening (Pap-test)
e 56,3% per la terza, oscillando tra il valore minimo (30,1%) della Sicilia e quello massimo (78,2%) della Puglia nell’ultima somministrazione (Grafico 2). Va però rilevato che il dato in questione è parzialmente disomogeneo sotto il profilo temporale, con particolare riferimento alle regioni Basilicata e Piemonte (dato aggiornato al 30/06/2010) e al Veneto (dato riferito al 30/09/2009); in particolare, la copertura riferita alla terza dose del Veneto dovrebbe quindi essere molto sottostimata rispetto a quella delle altre reGrafico 2.
gioni. Ad ogni modo, al 31 dicembre 2009, solo un terzo delle regioni analizzate si trovava al di sotto del valore medio (aritmetico) di 59%, cioè la quota percentuale di ragazze che mediamente hanno portato a termine il trattamento vaccinale (Grafico 2). A livello nazionale, sembra altresì importante sottolineare il maggior tasso di abbandono dell’iter vaccinale al Nord (11,6%), seguito dal Sud (8,7%) e in misura nettamente inferiore dal Centro (4,8%), anche se, come appena accenna-
Copertura vaccinale anti-HPV per dose e Regione*
* il dato della regione Veneto è riferito al terzo trimestre 2009.
19 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Politica sanitaria to, tale dato andrebbe riconsiderato in relazione alla disomogeneità di alcune rilevazioni. D’altra parte, in tutte le tre macro-aree considerate (Nord, Centro, Sud e Isole) si è assistito comunque a un raddoppio della percentuale di abbandono dopo ciascuna delle prime due somministrazioni (Grafico 2). In due terzi delle regioni oggetto di indagine è stato deciso di attivare altre coorti a offerta gratuita, ma solo in due casi su otto in un numero superiore all’unità (Tabella 1). In linea con una generale tendenza di estensione e promozione della vaccinazione, si è osservato che quasi ovunque, con la sola esclusione di Piemonte e Lombardia (fino al 2009), è stata attivata la possibilità per le minori di 26 anni di poter usufruire, previa prescrizione medica, di un prezzo agevolato per
il vaccino (Tabella 1), peraltro assai variabile da regione a regione. Dai dati parziali in nostro possesso, fa comunque riflettere il differenziale massimo di prezzo del vaccino (comprensivo di somministrazione) praticato nelle varie regioni, che arriva a sfiorare i 44 euro (con il valore minimo di 56,65 euro riscontrato nella regione Lazio e quello massimo di 99,90 euro nella regione Marche). In riferimento ai luoghi coinvolti operativamente nella campagna di vaccinazione, la somministrazione delle dosi di vaccino è avvenuta per la quasi totalità presso i distretti sanitari delle ASL, con la sola eccezione della Valle d’Aosta dove sono stati utilizzati anche i consultori. Inoltre, non si evince alcun ruolo strettamente operativo da parte dei PLS e dei MMG, nonostante l’Intesa Stato-Regioni
TABELLA 1 Modalità di comunicazione, piani di formazione e offerta ad altre coorti della vaccinazione HPV
regioni
modalità di comunicazione
Principali destinatari
Basilicata
libretto informativo, lettere d'invito, richiamo e sollecito, mass media locali e manifesti
famiglie e ragazze
emilia romagna
libretto informativo, lettere d'invito, richiamo e sollecito, stampa locale e manifesti
famiglie e ragazze
friuli Venezia Giulia
libretto informativo, lettere d'invito, mass media locali e manifesti
famiglie
lazio
lettere d'invito, richiamo e sollecito e manifesti
famiglie e ragazze
lombardia
libretto informativo, lettere d'invito, stampa locale e manifesti
famiglie e ragazze
marche
libretto informativo, lettere d'invito, richiamo e sollecito, stampa locale e manifesti
famiglie
Piemonte
libretto informativo, lettere d'invito, richiamo e sollecito e manifesti
famiglie e ragazze
Puglia
libretto informativo, lettere d'invito, richiamo e sollecito e manifesti
famiglie e ragazze
sicilia
lettere d'invito, richiamo e sollecito e manifesti
famiglie e ragazze
trento
libretto informativo, lettere d'invito, richiamo e sollecito, stampa locale e manifesti
famiglie
Valle d'aosta
lettere d'invito, richiamo e sollecito, mass media locali
famiglie
Veneto
lettere di invito
famiglie
20 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Politica sanitaria del 2007 ne avesse sottolineato l’importanza ben al di là del loro ruolo naturale di supporto tecnico-informativo alla popolazione. Inoltre, emerge in tutte le regioni una particolare attenzione alla formazione dell’intero personale coinvolto, anche se il trend è fortemente in calo già a partire dall’anno successivo all’introduzione della vaccinazione, quando meno della metà delle regioni considerate dichiara di avere ancora svolto appositi corsi di formazione (Tabella 1). A sostegno del programma di vaccinazione, tutte le regioni hanno attivato, di concerto con il Ministero della Salute, una campagna informativa attraverso i media e internet volta al coinvolgimento di tutti gli attori, al fine di dare un’immagine unita e compatta della sanità pubblica italiana e limitare il rischio di disorientare operatori
sanitari e cittadini con una molteplicità di messaggi sovrapponibili o contraddittori. Nonostante ciò, dai dati in nostro possesso emergono discrepanze temporali e prassi eterogenee nelle strategie di comunicazione e di fornitura delle prestazioni sanitarie da parte delle regioni oggetto d’indagine. È interessante notare come la quasi totalità della comunicazione sia stata indirizzata ai nuclei familiari coinvolti, mentre solo la metà di questa è stata rivolta anche alle ragazze direttamente interessate (Tabella 1). I materiali adoperati sono stati prevalentemente lettere d’invito, comunicazioni di richiamo e sollecito, oltre a manifesti, opuscoli e libretti informativi; solo in poche regioni si è deciso di utilizzare i mass media locali (Tabella 1). In riferimento ai luoghi oggetto della campagna informativa, si è preferito concentrare
Principali luoghi e strutture pubbliche coinvolte
Piani di formazione annuali
altre coorti con offerta gratuita del vaccino
Prezzo vaccino agevolato per utenti di altre coorti (<26 anni)
strutture sanitarie, scuole, università, studi medici e/o farmacie, uffici comunali, sito web
2008, 2009
14, 17 e 24 anni
si
strutture sanitarie, scuole, università, studi medici e/o farmacie
2008, 2009
13 anni
si
n.d.
2008
15 anni
si
strutture sanitarie, scuole, università
2008
12 anni
si
strutture sanitarie, studi medici e/o farmacie, uffici comunali
2008, 2009
no
no
strutture sanitarie, studi medici e/o farmacie
2008
n.d.
si
strutture sanitarie, studi medici e/o farmacie
2008
16 anni
no
strutture sanitarie, siti web, regione e oer
2008
no
si
scuole, università, studi medici e/o farmacie
2008, 2009
no
si
strutture sanitarie, studi medici e/o farmacie
2008, 2009
no
si
strutture sanitarie
2008, 2009
16 anni
si
strutture sanitarie, studi medici e/o farmacie
2008
12 e 13 anni
si
21 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Politica sanitaria gli sforzi su strutture sanitarie, studi medici e farmacie. È interessante evidenziare come al Centro-Sud si sia investito molto anche sugli interventi informativi nelle scuole e nelle università; marginale e poco significativa è stata invece la comunicazione negli uffici comunali. Per quanto riguarda infine le procedure d’acquisto dei vaccini somministrati, si evidenziano anche qui ampie differenze da regione a regione. Escludendo la Valle d’Aosta, in cui è presente un’unica ASL per ragioni di dimensione demografica e geografica, l’approvvigionamento per l’anno 2008 è stato effettuato in nove casi su undici con procedura centralizzata, tramite i c.d. Centri Regionali Acquisti; tra queste, cinque regioni si sono aggiudicate il bivalente, quattro il quadrivalente. Nelle due restanti, Basilicata e Sicilia, l’approvvigionamento si è invece concretizzato attraverso bandi di gara delle singole ASL, con l’aggiudicazione del Gardasil® in ambedue i casi. Laddove sono state adottate procedure d’acquisto centralizzate, il criterio di aggiudicazione prevalente è stato quello del prezzo più basso; solo in tre Regioni (Emilia Romagna, Veneto e Sicilia) il criterio è stato quello del prezzo/qualità. A questo proposito, sebbene avessimo a disposizione i soli capitolati tecnici di aggiudicazione 2009 delle Regioni Emilia-Romagna e Veneto, abbiamo riscontrato comunque modalità differenti. Più precisamente, l’impatto del criterio qualità in Emilia-Romagna è stato del 35% rispetto al punteggio totale, mentre nel Veneto è salito al 50%. Tra le variabili considerate nel primo caso compaiono: 1) l’efficacia protettiva del vaccino verso lesioni precancerose e cancerose, valutata in base a studi clinici e immunologici pubblicati su riviste di rilevante “impact factor” (12/35 punti), 2) la durata della protezione superiore a cinque anni dimostrata con studi clinici o immunologici, anche con l’applicazione di modelli predittivi (10/35 punti), 3) la dimostrazione di reattività incrociata verso altri sierotipi di HPV ad alto rischio diversi da 16 e 18 (6/35 punti), 4) l’implicazione economica di costo efficacia della prevenzione delle lesioni non tumorali da
HPV valutata mediante stime prospettiche a lungo termine (7/35). Nel secondo caso sono state considerate: 1) l’efficacia di prevenire tumori dovuti ad HPV (25/50 punti), 2) la reattività crociata con altri singoli sierotipi oncogeni di HPV (10/50 punti), 3) la durata dell’efficacia del vaccino (6/50 punti), 4) gli eventi avversi (5/50 punti) e 5) l’efficacia nel prevenire lesioni non tumorali (4/50 punti). Nell’anno successivo non emergono grosse differenze, avendo otto Regioni su undici provveduto all’acquisto dei vaccini attraverso una gara regionale. In questa occasione però, diversamente dall’anno precedente, le Regioni Sicilia e Basilicata hanno indetto una gara centralizzata regionale, mentre in Puglia le singole ASL hanno provveduto all’acquisto del vaccino singolarmente (le ASL di Bari, Lecce, Foggia, e Taranto si sono aggiudicate il bivalente; l’ASL di Brindisi il quadrivalente). In termini di tipologia di vaccino adottato a livello regionale, le uniche variazioni sono state riscontrate in Piemonte, dove dal bivalente si è passati al quadrivalente, e a Trento, dove è accaduto l’opposto. Per quanto riguarda l’andamento dei prezzi dei due vaccini, è stato registrato un calo “fisiologico” del prezzo medio per vaccino dal 2008 al 2009, conseguenza di una generale tendenza alla diminuzione del prezzo d’acquisto nel tempo (Grafico 3); il dato più sorprendente è che il quadrivalente Gardasil® è risultato mediamente più economico nell’anno 2009 rispetto al bivalente Cervarix®, nonostante il prezzo fissato a livello nazionale sia lievemente più alto (188,15 euro vs 156,79 euro come prezzi al pubblico -IVA inclusa- negoziati inizialmente da AIFA). A livello di gara, nel nostro campione regionale Gardasil® passa da un prezzo medio di 85,7 euro nel 2008 a 50,0 euro nel 2009, Cervarix® da 77,6 euro a 60,7 euro.
DISCUSSIONE Lo scopo principale della nostra indagine è stato quello di fornire ai decisori sanitari una valutazione sulla gestione a livello regionale dei primi due anni della campa-
22 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Politica sanitaria gna di vaccinazione contro l’HPV, nel tentativo di verificarne l’andamento e le eventuali criticità. Un limite potenziale dell’intera ricerca risiede nella natura campionaria dell’indagine stessa, i cui risultati potrebbero non rispecchiare pienamente la reale situazione nel Paese. Abbiamo comunque cercato di raggiungere un campione il più ampio possibile di realtà territoriali, comprendente alla fine 11 regioni e una provincia autonoma rispetto alle 21 esistenti in Italia. Ulteriori incertezze possono derivare dall’incompletezza delle risposte ai questionari relativamente a specifici temi, soprattutto screening e formazione, che potrebbero alterare significativamente i risultati ottenuti qualora fossero coinvolte regioni dal grande impatto demografico. Si è cercato inoltre di limitare eventuali incomprensioni ed alterazioni di significato delle risposte date, predisponendo questionari con domande qualitative standardizzate a risposta multipla (con l’opzione di introdurre la risposta “altro” ove necessario) e con richieste di dati prettamente quantitativi. Inoltre, come già rilevato in precedenza, i dati raccolti sono stati discussi e chiariti in un’apposita riunione con quasi tutti i referenti regionali per la prevenzione. In generale, l’indagine ha confermato, come prevedibile, l’esistenza di un quadro
Grafico 3.
regionale eterogeneo sotto il profilo organizzativo. Emblematiche in questo senso sono le date di attivazione concreta dell’offerta gratuita del vaccino, comprese in un intervallo di 16 mesi (tra luglio 2007 in Basilicata e novembre 2008 in Piemonte), che testimoniano ancora una volta l’asincronicità delle politiche pubbliche locali in ambito sanitario. Non a caso, la ricerca ha richiesto un breve questionario supplementare che, al di là dell’obiettivo di colmare ulteriori esigenze informative emerse a posteriori, è servito anche a dare il tempo ad alcune Regioni di inviare dati completi relativamente alle coperture vaccinali per le due annualità in esame. Se, da un lato, lo sforzo sempre maggiore nella promozione dell’attività di prevenzione ha trovato riscontro positivo nel sufficiente livello di copertura vaccinale (59,2% a fine 2009) delle ragazze appartenenti alla prima coorte vaccinata (target prioritario del programma di prevenzione anti-HPV), dall’altro l’obiettivo di raggiungere una copertura con tre dosi di vaccino pari al 95% entro il 2013, così come descritto nell’Intesa Stato, Regioni e Province Autonome siglata nel 2007, sembra essere ancora un traguardo molto lontano. Il dato in questione appare comunque confortante se confrontato con la stima di adesione nazionale al Pap-test (45%) del-
Trend dei prezzi di aggiudicazione differenziati per vaccino
23 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Politica sanitaria le donne tra i 25 e i 64 anni. A questo proposito, andrebbe valutata con attenzione la scarsa propensione a sottoporsi a tale screening che, nonostante sia previsto e raccomandato ormai da alcuni decenni, rimane ancora a livelli troppo bassi per essere giudicati accettabili. In tal senso, va peraltro precisato che rimane sconosciuto il numero di donne che decidono di sottoporsi al test su indicazione del proprio ginecologo e, quindi, al di fuori della campagna pubblica di prevenzione. Una mancanza di uniformità e coordinamento appare emergere nelle strategie di comunicazione e informazione che, nonostante le comprensibili differenze imputabili alle diverse peculiarità delle varie Regioni, appaiono comunque assai eterogenee. Dal punto di vista comunicativo, è riscontrabile una forte tendenza a informare prevalentemente le famiglie, prima ancora delle adolescenti direttamente coinvolte nella campagna, dando quasi per scontato che queste ultime non siano in grado di comprendere individualmente il valore della prevenzione e della vaccinazione in questione. In prospettiva, andrebbe forse rivisto e ampliato il coinvolgimento attivo delle scuole, con educatori e specialisti del settore, nell’ottica di una più efficace promozione di attività extracurricolari di informazione, sensibilizzazione ed educazione alla salute, oltre alla necessità di un utilizzo più vasto di mezzi di comunicazione moderni per il coinvolgimento attivo delle nuove generazioni, tra cui internet relegato finora a un ruolo puramente marginale. Dall’analisi dei risultati delle gare regionali, emerge chiaramente una tendenza alla diminuzione del prezzo dei vaccini nel tempo, probabilmente imputabile a una “guerra dei prezzi” fra le due aziende concorrenti e, parallelamente, alla c.d. “clausola di salvaguardia” (ai sensi dell’art. 89 del D. Lgs. n. 163/2006) che prescrive all’ente aggiudicante di tener conto del miglior prezzo di mercato ove rilevabile, al fine di valutare la convenienza o meno dell’aggiudicazione e non incorrere nell’ipotesi di danno erariale, prefigurabile dalla Corte dei Conti nel caso di condotta contraria al generale principio di econo-
micità (alla base del “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”). Tale clausola, ad esempio, pare abbia consentito di recente alla Regione Lombardia di conseguire una riduzione del prezzo del bando di gara 2009. Da sottolineare come il vaccino quadrivalente sia risultato mediamente più economico rispetto al suo comparator nell’anno 2009, sebbene il prezzo negoziato inizialmente da AIFA a livello nazionale sia superiore a quello del bivalente. Pur essendo difficile ricostruire le dinamiche di prezzo in questione, l’andamento registrato sembrerebbe indicare un forte livello di competizione fra i due concorrenti in gioco, piuttosto che una tacita spartizione di quote mercato in condizione di oligopolio; al di là dello scarso potere concorrenziale manifestato da parte di AIFA nei confronti delle richieste dei produttori al momento dell’autorizzazione in commercio. In tal senso, è interessante segnalare che nelle tre Regioni in cui è stato adottato il criterio di selezione prezzo-qualità (Emilia-Romagna, Veneto e Sicilia) il prezzo aggiudicatario è stato comunque fra i più bassi nelle gare più recenti, quasi che il fattore qualità non abbia giocato un ruolo rilevante nella procedura di aggiudicazione, anche se in due casi su tre è prevalso il vaccino quadrivalente, in grado di coprire più sierotipi oncogeni e valutato come più efficace nel prevenire le lesioni non tumorali. In generale, anche se le evidenze sono ancora poche, sembrerebbe in ogni caso opportuno procedere sulla strada di acquisti centralizzati, potenzialmente in grado di spuntare un miglior prezzo. In conclusione, l’analisi condotta può essere considerata un buon punto di partenza per future valutazioni del programma di vaccinazione anti-HPV, in attesa di dati consolidati che saranno disponibili solamente a partire dai prossimi anni.
Ringraziamenti Ferma restando la loro esclusiva responsabilità per quanto riportato in questo arti-
24 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
Politica sanitaria colo, gli autori ringraziano gli intervistati delle Regioni e della Provincia Autonoma di Trento per la fattiva collaborazione dimostrata. In particolare, si esprime riconoscenza a: Claudio Angelini, Antonella Barale, Valter Carraro, Lorenza Ferrara, Tolinda Gallo, Paolo Giorgi Rossi, Francesco Locuratolo, Giancarlo
Malchiodi, Mario Palermo, Maria Grazia Pascucci, Rosa Prato, Francesca Russo, Luigi Sudano, Giacomo Vazzana. Il CESAV ha ricevuto un contributo finanziario da Sanofi-Pasteur MSD che ha reso possibile lo svolgimento dell’indagine sul campo e l’attività di ECM ad essa connessa.
BIBLIOGRAFIA 1
2
3
4
conferenza stato-regioni, “strategia per l’offerta attiva del vaccino contro l’infezione da HPV in italia”, intesa ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131. repertorio atti n.: 264/csr del 20/12/2007. http://www.statoregioni.it/documenti/ doc_016696_264%20csr.pdf (accesso 03/05/ 2011) intervento del ministro della salute livia turco alla conferenza stampa promossa dall’osservatorio nazionale sulla salute della donna (onda). http://www.salute.gov.it/resources/static/primopiano/377/vaccino_HPV.pdf (accesso 03/05/2011) ema/429427/2010. http://www.ema.europa.eu/ docs/it_it/document_library/ePar_-_summary_ for_the_public/human/000703/Wc500021146.pdf (accesso 03/05/2011) ema/423507/2010. http://www.ema.europa.eu/ docs/it_it/document_library/ePar_-_summary_ for_the_public/human/000721/Wc500024634.pdf (accesso 03/05/2011)
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25 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
www.quadernidifarmacoeconomia.eu La rivista italiana di economia sanitaria è consultabile anche on-line da Maggio 2008 con: notizie dal mondo della farmacoeconomia indice dellâ&#x20AC;&#x2122;ultimo numero con abstract archivio completo di tutti i numeri con possibilitĂ di scaricarli in formato pdf
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www.quadernidifarmacoeconomia.eu
oPinioni a confronto Intervista a: Gisbert Selke,1 Christoph Vauth 2
I biosimilari in Germania:
un caso di successo unico in Europa
Abstract I biosimilari sono prodotti potenzialmente di grande interesse per
PA R O L E C H I AV E :
le autoritĂ sanitarie, essendo meno costosi delle specialitĂ di riferimento e con un rapporto rischio-beneficio comparabile in base alla registrazione ottenuta dallâ&#x20AC;&#x2122;EMA. Ciononostante, i biosimilari hanno fatto registrare ad oggi una diffusione molto limitata in Europa, eccezion fatta per il mercato tedesco. Al fine di raccogliere informazioni in proposito, abbiamo condotto due interviste con autorevoli esperti locali appartenenti alle krankenkassen (i fondi assicurativi tedeschi). Le interviste sono precedute da un breve quadro di sintesi del sistema sanitario tedesco.
BIOSIMILARI, FONDI ASSICURATIVI, GERMANIA
1 Ricercatore WIdO (Wissenschaftliches Institut der AOK), Berlino 2 Responsabile Assistenza Sanitaria Integrata, KKH-Allianz, Hannover
27 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
oPinioni a confronto Quadro Normativo
il sistema sanitario tedesco è impostato su
tre livelli diversi di applicazione del prezzo di
una pluralità di fondi assicurativi (c.d. “model-
riferimento.
lo Bismarckiano”). caratterizzato da una forte decentralizzazione, il potere decisionale è di-
Primo livello per i prodotti contenenti lo
stribuito fra il Governo federale e i 16 Länder
stesso principio attivo a brevetto scaduto.
(in tutto equiparabili alle nostre regioni).
secondo livello per i prodotti contenenti
il ministero della salute è responsabile delle
principi attivi farmacologicamente o tera-
materie seguenti.
peuticamente simili.
il quadro normativo generale, mirato a ga-
terzo livello per i prodotti con effetti tera-
rantire l’equità territoriale dei servizi sanitari.
peuticamente simili, in particolare associa-
la garanzia di adesione individuale alle
zioni di farmaci.
krankenkassen e concorrenza fra le krankenkassen.
i gruppi di riferimento di secondo e terzo livel-
i contenuti minimi dei “pacchetti assicura-
lo possono includere sia prodotti tuttora co-
tivi” delle krankenkassen (cioè l’estensione
perti dal brevetto che a brevetto scaduto.
della copertura dei servizi).
nel
la sfera delle negoziazioni fra krankenkas-
Bundesausschuss), il comitato federale dei far-
sen e categorie professionali sanitarie.
maci, ha riconosciuto la possibilità ai biosimila-
l’appartenenza a una krankenkassen è obbli-
ri di essere inclusi in gruppi di riferimento del
gatoria per il personale dipendente percetto-
primo livello, sebbene al momento tale decisio-
re di un reddito inferiore a un determinato li-
ne sia stata presa solamente per l’epoetina.
vello (i più ricchi possono optare per un’assi-
in aggiunta al sistema dei prezzi di riferimento,
curazione privata). i contributi sanitari sono
le krankenkassen sono state recentemente
ripartiti fra datori di lavoro e lavoratori. le
autorizzate a condurre delle gare di acquisto
krankenkassen sono enti senza fini di lucro
per abbassare i prezzi dei farmaci, soprattutto
che possono afferire a un’industria piuttosto
quelli dei principi attivi a brevetto scaduto. tali
che a una categoria professionale; il lavorato-
gare possono includere i biosimilari, a prescin-
re ha comunque la possibilità di scegliere la
dere dal fatto che sia stato formato o meno un
propria krankenkassen.
gruppo di riferimento. le gare delle
l’associazionismo, prevalentemente rappre-
krankenkassen riguardano esclusivamente i
sentato dalle associazioni legali dei medici e
farmaci dispensati attraverso le farmacie terri-
da quelle delle krankenkassen, gioca un ruolo
toriali, cioè quelli prescritti dai medici ambula-
importante nel sistema sanitario tedesco.
toriali (specialisti inclusi). e’ opportuno rilevare
Per controllare la spesa farmaceutica, dal
che, diversamente da quanto accaduto da noi
1989 è stato introdotto un sistema di prezzi
negli anni recenti, in Germania i farmaci acqui-
di riferimento (festbetraegssytem), essendo
stati in ospedale continuano a rappresentare
stata la Germania la prima nazione in europa
una percentuale assai modesta del mercato
ad adottare un sistema del genere. esistono
farmaceutico complessivo.
2009
la
28 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
G-BA
(Gemeinsamer
oPinioni a confronto tanti anche nel mercato dei biosimilari. La differenza principale fra i due mercati risiede nella sostituibilità, in quanto i farmacisti sono abituati a sostituire con i generici, mentre la sostituzione con i biosimilari è predominantemente nelle mani del prescrittore. In pratica, ciò significa che l’azienda non necessita di informatori per contattare i prescrittori quando commercializza i generici, mentre ha bisogno di fornire informazione medico-scientifica ai prescrittori (principalmente sulla sicurezza) quando promuove i biosimilari.
ESISTONO DIFFERENZE NELLA COMMERCIALIZZAZIONE DEI BIOSIMILARI E DEI GENERICI IN GERMANIA?
Gisbert Selke In Germania, i generici sono storicamente commercializzati come branded, non come unbranded, diversamente dal Regno Unito. Le grosse aziende di generici tradizionalmente presenti sul mercato tedesco hanno oramai una posizione consolidata che attribuisce loro un’immagine di affidabilità. A prescindere dal fatto che produrre biosimilari sia più complesso di produrre generici, questa reputazione li facilita poiché non sono percepiti come dei produttori anonimi e sconosciuti. Di conseguenza, la commercializzazione dei biosimilari appare come un’estensione naturale della gamma di prodotti delle grosse aziende di generici, che possono mantenere la propria immagine di fornitori full service, essendo tutti i propri prodotti percepiti di qualità come quelli delle aziende farmaceutiche che commercializzano specialità. In generale, questa situazione ha indotto come conseguenza negativa un livello dei prezzi dei generici piuttosto alto in Germania, anche se recentemente la conduzione di gare d’acquisto da parte delle krankenkassen li ha drasticamente ridotti. Comunque, i prezzi elevati hanno anche permesso a queste aziende di finanziare l’attività di ricerca e gli investimenti produttivi necessari per lanciare una linea di biosimilari. Riassumendo, non c’è preoccupazione sulla sicurezza dei biosimilari fra pazienti e prescrittori in Germania, in quanto i genericisti di maggiori dimensioni hanno il know how e le risorse finanziarie necessarie per produrre e promuovere i biosimilari. Nemmeno il fatto che i biosimilari siano prodotti o meno in Germania costituisce un problema, prevalendo sotto questo aspetto la buona reputazione delle aziende e la loro capacità di fornire un’ampia gamma di prodotti di buona qualità.
LA REGOLAMENTAZIONE ATTUALE DELLA SOSTITUIBILITÀ INFLUENZA I BIOSIMILARI? QUALI SONO GLI INCENTIVI PER MEDICI E PER FARMACISTI A PRESCRIVERE E DISPENSARE BIOSIMILARI?
Gisbert Selke La condizione ordinaria è la c.d. clausola aut idem: il medico prescrittore che rifiuta la sostituzione di una specialità con un generico deve segnalarlo sulla ricetta, con un’indicazione specifica su un apposito riquadro. La regola per i biosimilari è diversa, in quanto sono considerati troppo complessi per essere assoggettati alla piena sostituibilità. In generale, non c’è una forte pressione per far passare i “vecchi” pazienti ai biosimilari, mentre i nuovi pazienti costituiscono una realtà a parte. Per i biosimilari sono fissati degli obiettivi (verordnungmindestquoten) anche nei contratti nazionali e regionali fra le associazioni mediche e le krankenkassen. Negli anni 2010 e 2011 il 30% di tutte le prescrizioni di epoetina avrebbero dovuto essere rappresentate da biosimilari in base all’accordo quadro nazionale, sebbene quest’ultimo non sia vincolante per le regioni. Infatti, dipende dai contratti regionali fra prescrittori e fondi assicurativi la fissazione di incentivi o sanzioni. L’obiettivo è applicato anche a livello regionale, ma è l’associazione medica a decidere se questo possa essere declinato a livello individuale e, comunque, anche gli obiettivi possono essere modificati a livello regionale. Non sono mai stati fissati obiettivi specifici per il
Christoph Vauth Dal punto di vista commerciale, le grosse aziende di generici sono “attori” impor29
Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
oPinioni a confronto filgrastim, mentre per i biosimilari della somatropina era stato fissato un target pari al 7,5% delle prescrizioni totali nel 2010, poi cancellato nel 2011. L’indiscrezione sarebbe che alcuni target giudicati di scarsa rilevanza sono stati tolti dall’accordo quadro federale per renderlo di più facile applicazione, probabilmente anche perché le associazioni mediche si erano mostrate riluttanti ad accettarli durante il processo negoziale.
non ci sono problemi nel prescrivere i biosimilari. Naturalmente, queste dichiarazioni sono state molto apprezzate sia dalle krankenkassen che dalle aziende produttrici di biosimilari.
I RISULTATI DELLE GARE DI ACQUISTO DELLE KRANKENKASSEN DI CUI SONO AGGIUDICATARI I BIOSIMILARI POSSONO INFLUENZARE LA SALUTE DEI PAZIENTI CRONICI?
Christoph Vauth Le farmacie territoriali giocano un ruolo marginale nel mercato dei biosimilari, non essendo autorizzate a sostituire gli originatori. Le verordnungmindestquoten costituiscono un incentivo per spingere i medici a prescrivere biosimilari. Queste quote sono fissate dalle associazioni mediche a livello regionale (Kassenärztlichen Vereinigungen, KV). Se gli obiettivi non sono raggiunti, aumenta la probabilità che un medico riceva una valutazione di efficienza economica della propria attività prescrittiva (un tabulato con l’analisi statistica dei propri dati prescrittivi). Può accadere che le krankenkassen richiedano al medico di rimborsare delle somme di denaro qualora valutino che quest’ultimo non abbia prescritto in modo efficiente. Un obiettivo specifico è attualmente fissato solo per l’epoetina, non per gli altri due biosimilari (filgrastim e somatropina), probabilmente perché non hanno ancora raggiunto una quota di mercato significativa. La Commissione Farmaceutica dell’Associazione Medica Tedesca ha recentemente dichiarato che non esistono problemi di sicurezza nel caso di prescrizione dei biosimilari,1 citando a supporto le linee guida dell’EMA (n.d.r. l’agenzia europea del farmaco), in base alle quali i produttori sono tenuti a sottoporre più documentazione per i biosimilari rispetto ai generici. L’obiettivo principale dell’associazione era quello di convincere i propri associati che
1
Gisbert Selke Penso che il dibattito sulla sostituibilità con gli originatori sia oramai tanto vecchio quanto i generici e forse non si spegnerà mai! Indubbiamente, il problema della sostituzione è abbastanza diverso per i biosimilari rispetto ai generici. Sebbene suppongo che anche per talune categorie di pazienti cronici affetti da patologie di un certo rilievo clinico e sociale (ad esempio, l’epilessia) possano a volte sorgere delle difficoltà nel passare dalle specialità ai generici, il problema può essere mediamente più rilevante per i biosimilari. In generale, comunque, non viene esercitata una forte pressione per passare dagli originatori ai biosimilari.
Christoph Vauth Non solamente per l’epoetina, ma anche per filgrastim e somatropina, le gare d’acquisto delle krankenkassen includono i prodotti biosimilari. Tali gare sono più rilevanti per i generici, in quanto tali prodotti sono sostituibili al 100% da parte del farmacista e i genericisti aggiudicatari concedono grandi sconti rispetto al prezzo di riferimento (in media -60%), mentre lo sconto sui biosimilari è molto più ridotto (-10-20%), oltre al problema della sostituibilità appena citato. Questa scontistica ridotta è probabilmente anche il motivo per cui le krankenkassen esercitano una pressione inferiore per la sostituibilità sui biosimilari rispetto ai generici.
http://www.akdae.de/stellungnahmen/Weitere/20081209.pdf
30 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011
CESAV Istituto Mario Negri Il CESAV, Centro di Economia Sanitaria Angelo e Angela Valenti, è attivo dal 1992 con sede a Ranica (BG) presso Villa Camozzi. Svolge attività di ricerca nel settore sanitario, al cui sviluppo offre il proprio contributo in materia di economia e di management. In particolare, la ricerca verte sulla valutazione economica, consistente nell'analisi dei costi e dei benefici di possibili alternative in sanità, e sull'analisi comparativa, basata principalmente sullo studio di sistemi sanitari esteri, al fine di individuare eventuali innovazioni da proporre al SSN e da estendere, più in generale, ai Paesi dell'Unione Europea.
ATTIVITÀ DI FORMAZIONE
ANALISI COMPARATIVA
Il CESAV offre contributi formativi originali prevalentemente cor-
L'obiettivo di questa linea di ricerca è studiare l'organizzazione
relati ai propri progetti di ricerca, attività primaria del centro.
dei sistemi sanitari per trarre delle indicazioni dai confronti sistematici fra gli stessi. Le scelte dei legislatori nazionali, a fronte di problemi comuni in ogni Paese, variano molto da una
VALUTAZIONE ECONOMICA
nazione all'altra.
L'obiettivo di questa linea di ricerca è valutare i costi delle pa-
L'intervento pubblico è presente in ogni nazione, poiché il ser-
tologie e i rapporti costo-efficacia delle alternative diagnostico-
vizio sanitario non possiede meccanismi regolatori di mercato
terapeutiche disponibili. I tipi di analisi si differenziano a
collegati alle leggi economiche della domanda e dell'offerta;
seconda che si tratti di studi osservazionali di costi della pato-
pertanto, l'analisi comparativa a livello internazionale di tali
logia, oppure di studi di valutazione economica in senso com-
scelte è utile per verificare il livello di razionalità perseguito da
pleto (tipicamente analisi costo-efficacia).
ogni politica sanitaria nazionale.
Guidelines INVIO E PREPARAZIONE DEI MANOSCRITTI i manoscritti devono essere impostati come segue: a. Prima pagina con il titolo del manoscritto, nome degli autori e loro affiliazione, seguito da un abstract in lingua italiana (massimo 200 parole) e da tre parole chiave. b. testo dell’articolo indicativamente suddiviso in: -introduzione -materiali e metodi -risultati -discussione -conclusioni -eventuali ringraziamenti -Bibliografia c. tabelle (ognuna numerata e compresa di didascalia stampata su una pagina distinta) d. figure (ognuna numerata e stampata su una pagina distinta) le pagine dei manoscritti devono essere numerate. nel testo devono comparire i riferimenti a tutte le tabelle e figure con numerazione progressiva (in numeri arabi) secondo l’ordine di comparsa nel testo stesso. i termini in lingua straniera (eccettuati quelli di uso comune) devono essere scritti in corsivo. non devono comparire note a pie’ di pagina.
BIBLIOGRAFIA Citazioni nel testo: identificare i riferimenti nel testo, nelle tabelle e nelle legende con un numero arabo progressivo in apice, scritto dopo l’eventuale punteggiatura. le eventuali citazioni bibliografiche presenti soltanto in tabelle, grafici, ecc. devono seguire la numerazione progressiva secondo l’ordine di comparsa delle tabelle nel testo. Voci bibliografiche: devono essere elencate nell’ordine numerico di comparsa nel testo, possibilmente inserite in automatico come “note di chiusura”. inoltre, se gli autori sono tre o meno, devono essere indicati tutti; se sono più di tre, se ne devono indicare due, aggiungendo et al. dopo il secondo autore. le iniziali dei nomi non devono essere puntate. Alcuni esempi
Articoli da riviste: Garattini l, tediosi f. l’ossigenoterapia domiciliare in cinque Paesi europei: un’analisi comparativa. mecosan 2000; 35:137-148. Libri o monografie: libro standard: drummond mf, o’Brien B et al. methods for the economic evaluation of Health care Programme. oxford: oxford university Press, 1997. Capitoli di libri: arcangeli l, france G. la logica del nuovo sistema di remunerazione dell’assistenza ospedaliera. in: falcitelli n, langiano t, editors. “Politiche innovative nel ssn: i primi dieci anni dei drg in italia”. Bologna: il mulino, 2004. 32 Quaderni di Farmacoeconomia 15 - maggio 2011