QF numero 18 - maggio 2012

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Quaderni di

FARMACO ECONOMIA Q U A D R I M E S T R A L E D I I N F O R M A Z I O N E FA R M A C O E C O N O M I C A

In questo numero VALUTAZIONE ECONOMICA Il costo delle infezioni HIV in età Pediatrica OPINIONI A CONFRONTO I biosimilari: “stato dell’arte” e prospettive future



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FARMACO ECONOMIA quadrimestrale di informazione farmacoeconomica


Quaderni di

farmaco economia

Comitato editoriale

numero 18 - maggio 2012

Iscrizione al Tribunale di Milano

Antonella Barale, Corrado Barbui,

n. 587 del 22/9/2006

Ettore Beghi, Maurizio Bonati,

Periodicità quadrimestrale

Gianluigi Casadei, Erica Daina, Roberto Dall'Aglio, Giovanni Fattore,

Direttore scientifico

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Livio Garattini

Roberto Grilli, Luigi Mezzalira, Direttore Responsabile

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Alberto Salmona

Luigi Patregnani, Rosa Prato, Riccardo Roni, Giovanna Scroccaro, Progetto grafico e impaginazione Marzia Manasse, Laura Arcari

Francesca Tosolini, Gianvincenzo Zuccotti.

Abbonamento annuale € 60,00 (€ 100,00 per l’estero) Numero singolo: € 20,00

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2 Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


sommario

editoriale

Recessione economica e Hta: una sinergia da sviluppare

pag.

5

pag.

8

pag.

17

pag.

28

Gianluigi Casadei

Valutazione economica

Il costo delle infezioni HiV in età Pediatrica R. Lo Muto, M. Caiazzo, V, Fabiano, V. Giacomet, O. Rampon, L. Garattini

Politica sanitaria

Liberalizzazioni in farmacia: un’analisi della riforma in prospettiva europea A. Curto, L. Garattini

oPinioni a confronto

I biosimilari: “stato dell’arte” e prospettive future Intervista a Ida Fortino, Alessandro Rambaldi, Giancarlo Taddei

3 Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


destina il tuo 5 per mille dell'irPef (sul mod. 730 o mod. unico Pf o mod. cud) con una firma indicando il nostro codice fiscale 03254210150 per aiutare a mantenere indipendente la ricerca scientifica dell'istituto mario negri, una fondazione privata senza scopo di lucro che da oltre 40 anni opera nell'interesse degli ammalati.

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editoriale di Gianluigi Casadei

Recessione economica e HTA: una sinergia da sviluppare

C

he siamo in recessione ormai è evidente. Un dato di fatto confermato dalla pressione fiscale, diretta e indiretta, che affanna quotidianamente buona parte delle 24,5 milioni di famiglie appena censite. In sanità mancano i fondi e non è una novità: i €106,2 miliardi del FSN 2012, che le Regioni si sono divise senza tante discussioni (non si sa mai!) cresce dell’1,65%, ben al di sotto dell’inflazione acquisita per quest’anno (2,7%).1 I centri di ricerca più istituzionali hanno dichiarato che il divario cumulato fra bisogni e finanziamento pubblico dovrebbe essere di €17 miliardi nel 2015.2 La nuova strategia introdotta con le varie misure di austerità dal 2010 ad oggi è stata quella di “far pagare” i cittadini: tagli ai servizi e aumento dei ticket, trasformati da strumento di responsabilizzazione a vere e proprie accise. Secondo AgeNaS, con i ticket siamo arrivati a quota €4 miliardi, il 3,5% della spesa sanitaria.3 Inoltre aumenta la spesa sanitaria privata: €30,6 miliardi con un aumento di prestazioni sanitarie a basso costo.3 Che la soluzione più applicata sia un continuo trasferimento di costi dal SSN al cittadino è chiaramente scritto nelle misure di razionalizzazione della spesa: 40% di nuovi ticket su farmaci e prestazioni sanitarie nel 2014 (legge 111/2011, art. 17). Si vocifera di ticket sulle ospedalizzazioni e,

dulcis in fundo, l’AgeNaS propone un nuovo sistema di compartecipazione (termine accattivante fino a quando si realizza che il FSN è pagato dagli stessi cittadini chiamati a compartecipare) mediante una franchigia annuale rispetto al reddito (dichiarato) per specialistica, diagnostica e pronto soccorso (quelli sui farmaci rimarrebbero di competenza regionale).4 Secondo il direttore dell’agenza, i ticket sono una conditio sine qua non per il mantenimento di un equo sistema universalistico.5 E la razionalizzazione della spesa? In attesa di vedere cosa accadrà con i costi standard, che dovrebbero partire nel 2013 in concomitanza con le elezioni politiche nazionali, parrebbe naturale affermare che, in un contesto di conclamata carenza di risorse, l’HTA potrebbe rappresentare un valido strumento a supporto delle decisioni sanitarie, in alternativa ai “tagli lineari”. Anzi in un contesto dove l’economista è il “cavaliere bianco”, anche l’HTA, che stando ai risultati dell’indagine regionale pubblicata sul precedente numero di QF non è riuscita ad andare oltre l’aspetto burocratico-formale, potrebbe trovare motivo di crescita (parola chiave di questi tempi). È arrivato il momento di passare alla pars construens, partendo dal presupposto di modificare solo i processi, continuando a fare riferimento a organizzazioni già esistenti, in modo da tentare di 5

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editoriale mantenere i tempi entro limiti ragionevolmente brevi. Anche gli obiettivi devono essere concreti: la spesa farmaceutica ospedaliera e i dispositivi medici, due mercati (o capitoli di spesa) sostanzialmente equivalenti: globalmente 10 miliardi di euro, per i quali nulla (fino a oggi) è chiesto al cittadino. La proposta è illustrata nello schema. Gli enti responsabili sono quelli attuali: AIFA per i farmaci e AgeNaS per i dispositivi e le nuove tecnologie (soprattutto diagnostica, inclusi i biomarcatori). Da un punto di vista normativo non sono necessarie modifiche per i farmaci, mentre per le nuove tecnologie si dovrebbe emanare una procedura obbligatoria di valutazione HTA ai fini della erogabilità da parte del SSR. La valutazione economica dovrebbe essere riservata solo all’alto costo: farmaci il cui costo-terapia (giornaliero o per ciclo) è maggiore rispetto alle alternative disponibili in aree terapeutiche ad elevato impatto (ad esempio, oncologici e artrite reumatoide). Per le tecnologie potrebbe valere sempre il costo incrementale rispetto alle alternative, così come potrebbe essere utile definire una soglia. Per i farmaci ad alto costo, l’unica vera novità è la pubblicazione, contestuale all’emanazione della determina di AIC, di una valutazione economica: ACE e BIA limitata ai farmaci erogati in classe H, per conoscere quale sia la stima di impatto dell’introduzione del nuovo farmaco ad alto costo per la durata del contratto negoziale (1-2 anni). La BIA rappresenterebbe invece una valutazione indispensabile per le Regioni che volessero condurre una propria valutazione di impatto di budget riferito questa volta all’ambito più esteso del percorso assistenziale effettivamente in atto sul territorio per la patologia di interesse; la medesima considerazione può essere applicata ai dispositivi. Ovviamente anche la valutazione regionale dovrebbe essere pubblica. Quali vantaggi? Senza richiedere grandi riforme, a parte la procedura per i dispositivi, si darebbe ordine logico al sistema HTA, consolidando il ruolo chiave delle agenzie nazionali per l’accesso al mercato delle nuove terapie in base ai benefici addizionali rapportati al prezzo richiesto

dai produttori (e negoziato nel caso dei farmaci). La disponibilità di questa valutazione a livello nazionale costituirebbe un riferimento ufficiale, a oggi mancante, per ogni successiva valutazione in ambito locale. Le Regioni (o le ASL/AO a seconda dell’organizzazione) potrebbero partire da questo punto per elaborare un proprio modello di impatto economico che, così come richiede la metodologia (vedi QF 17), dovrebbe interessare il percorso diagnostico terapeutico specifico, valutando la sostenibilità dell’introduzione della nuova tecnologia per quanto possibile in base a dati locali certificati. In questo modo l’HTA potrebbe rappresentare davvero uno strumento a supporto delle decisione del Direttore generale. Non ultimo, la pratica dell’HTA potrebbe motivare le autorità regionali a “registrare” le prescrizioni aumentando l’appropriatezza prescrittiva, sempre più permettendo all’agenzia nazionale di rivalutare le condizioni negoziali “dati in mano”. Le criticità? Si può iniziare domandandosi se in Italia ci sono risorse e competenze sufficienti. La risposta più plausibile dovrebbe essere positiva. Probabilmente è una questione di organizzazione: è certamente indispensabile una elevata competenza interna per gestire e coordinare il sistema, ricorrendo al bisogno a risorse esterne. Il NICE si avvale di istituti selezionati, con la precauzione di offrire loro un carico di lavoro annuale con un congruo budget. Tenere “occupato” l’esperto con un contratto di esclusiva aiuta a minimizzare il rischio, molto concreto, dei conflitti di interesse. I costi dovrebbero essere coperti dall’aumento delle tasse di registrazione. Tempi di accesso al mercato: scarso impatto per i farmaci (la valutazione di HTA è già parte del processo negoziale), definibile in base anche alla curva di implementazione dell’obbligatorietà per i dispositivi. Addirittura ipotizzabile una riduzione dei tempi di accesso ai PTOR, perché a questo punto le regioni non avrebbero davvero giustificazioni (la ACE è già pubblicata) e la decisione sul PTOR dovrebbe avvenire entro un paio di mesi per tutti i farmaci approvati. Un vantaggio 6

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editoriale Figura 1.

a) costo di terapia giornaliera o ciclo terapeutico maggiore rispetto alle alternative disponibili b) dispositivi con costo per paziente maggiore rispetto alle alternative disponibili o nuova tecnologia con un costo superiore ad una soglia da stabilire c) in G.u. contestualmente alla determina di aic oppure sul sito dell’agenzia in area accessibile al pubblico. d) sul sito dell’agenzia in area accessibile al pubblico.

per produttori e pazienti, e fine delle polemiche sulla disomogeneità interregionale. La pubblicazione è un passaggio fondamentale e insostituibile della metodologia della HTA, già da tempo messo in pratica all’estero (Gran Bretagna, Germania, Francia) e in Italia da AgeNaS e da alcune regioni. Manca l’AIFA e non se ne vede la ragione.

I decisori nazionali e regionali dovrebbero rispondere alla domanda se non è ormai inevitabile aggiungere la terza E: Epidemiologia, Efficacia clinica ed Economia. Non per risparmiare, ma per operare in modo Efficiente nella salute pubblica. Questa proposta è un contributo per mantenere viva la discussione, con i piedi per terra…

BIBLIOGRAFIA 1

2

3

4

istat. Prezzi al consumo: dati provvisori http://www.istat.it/it/files/2012/04/cs_prezzi_provv _apr2012.pdf?title=Prezzi+al+consumo+%28provvisori%29+-+30%2fapr%2f2012+-+testo+integrale.pdf (accesso 7/5/2012)

Giuliani f, cislaghi c. la misura attuale a livello nazionale del copayment in sanità. http://www.agenas.it/agenas_pdf/la%20misura%20attuale%20a% 20livello%20nazionale%20del%20copayment%20i n%20sanit%c3%a0.pdf (accesso 7/5/2012).

censis. quale sanità dopo i tagli? quale futuro per le risorse in sanità? roma, 15 marzo 2012.

5

quotidianosanità.it ticket. agenas: “Via le esenzioni. franchigie annue da 30 a 300 euro in base al reddi-

quotidianosanità.it ticket. agenas: costano 4 miliardi, e pesano il 3,5% della spesa sanitaria. http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=8520 (accesso 7/5/2012).

to”.

http://www.quotidianosanita.it/studi-e-

analisi/articolo.php?articolo_id=8615 (accesso 7/5/2012). 7

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Valutazione economica di R. Lo Muto,1 M. Caiazzo,2 V, Fabiano,3 V. Giacomet,3 O. Rampon,4 L. Garattini 1

Il costo delle infezioni HIV in età Pediatrica

PA R O L E C H I AV E :

Abstract Ancora oggi in Italia tanti bambini risultano HIV-infetti per tra-

HIV

smissione materno-fetale, nonostante le terapie di profilassi esistenti. Nel 1996 è stata introdotta la HAART (Highly Active Antiretroviral Therapy), terapia basata su farmaci antiretrovirali che ha migliorato notevolmente la vita del paziente e il decorso della patologia, permettendone la cronicizzazione. Questa novità ha però fortemente inciso sulla spesa sanitaria, sia per l’elevato costo dei farmaci sia per il loro utilizzo per un arco temporale di lungo periodo. Questo studio si prefigge di calcolare i costi medi per paziente pediatrico affetto da HIV per via verticale, avvalendosi dei dati raccolti in tre centri italiani che seguono circa un quarto della popolazione italiana locale, in modo tale da riportare una fotografia significativa dei costi indotti dal trattamento dei casi evitabili con una tempestiva profilassi.

HAART PEDIATRIA TRASMISSIONE MATERNO-FETALE CAREGIVER

1

CESAV, centro di Economia Sanitaria “Angelo e Angela Valenti”

2

Dipartimento di Pediatria dell’Università di Napoli Federico II

3

Dipartimento di Pediatria dell’Università di Milano, Ospedale “L. Sacco”

4

Dipartimento di Pediatria dell’Università di Padova

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Valutazione economica INTRODUZIONE Il virus dell’immunodeficienza umana (HIV, Human Immunodeficiency Virus) è responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). Tale patogeno risulta suddiviso in due ceppi: HIV-1 e HIV-2; il primo è prevalentemente localizzato in Europa, America e Africa centrale; il secondo, per lo più diffuso in Africa occidentale e Asia, determina una sindrome clinicamente più moderata rispetto al primo. Entrambi sono in grado di infettare i linfociti che presentano il recettore CD4 sulla propria membrana. Nella cellula il virus si integra con il genoma dell’”ospite”, sviluppando gli anticorpi anti HIV e determinando la sieropositività; il patogeno può rimanere inattivo per un periodo di tempo variabile, fortunatamente anche per molti anni.1 La condizione di malattia conclamata (comunemente definita AIDS) si verifica quando il soggetto sieropositivo comincia a manifestare infezioni opportunistiche e/o tumori. La trasmissione di tale infezione può essere orizzontale (sessuale o ematica) e verticale, cioè da madre infetta che invia gli anticorpi anti HIV al feto attraverso la placenta. Siccome la trasmissione per via maternofetale può verificarsi durante la gestazione, il parto o l’allattamento, per evitarla è necessario: ridurre la carica virale materna e il livello soglia di esposizione del feto e del neonato mediante farmaci antiretrovirali; evitare l’esposizione neonatale al virus mediante parto cesareo elettivo e, successivamente, l’allattamento al seno. Esiste anche una specifica profilassi atta a ridurre al minimo il rischio che una madre HIV positiva possa trasmettere il virus al feto prima e al neonato poi; tale trattamento prevede la somministrazione di zidovudina per via orale dalla 14a settimana di gestazione fino al termine della gravidanza, per endovena durante il travaglio fino al parto e, infine, per via orale al neonato per le prime sei settimane di vita. Tale profilassi è da considerarsi aggiuntiva alla terapia antiretrovirale per migliorare le condizioni di salute materna. Quindi, una donna gravida con infezione da HIV già in trattamento con terapia antiretrovi-

rale combinata deve proseguire la terapia; nel caso non fosse trattata precedentemente, deve comunque intraprendere una terapia combinata con due o tre farmaci. Attuando tutte le terapie profilattiche in gravidanza e il cesareo elettivo nelle donne gravide HIV positive, la percentuale di trasmissione dell’infezione si riduce drasticamente, fino a incidenze irrisorie del 2-3%2 dei casi totali. In Italia, dall’esordio dell’epidemia da HIV, sono stati complessivamente segnalati circa 8.000 bambini nati da madre sieropositiva, dei quali circa 1.500 con infezione documentata.3 La diagnosi certa di infezione può essere già definita nella maggior parte dei bambini a un mese dalla nascita e virtualmente in tutti dopo 6 mesi di vita. Un test virologico positivo (coltura virale/ HIV DNA/ RNA PCR/ p24 Ag/ HIV-RNA quantitativo) indica la possibile infezione da HIV; è comunque necessario eseguire un secondo test per confermare la diagnosi.4 L’approccio terapeutico attuale, introdotto nel 1996 e impiegato anche per gli adulti, è basato su una combinazione di farmaci antiretrovirali (Highly Active Antiretroviral Therapy, HAART) che hanno modificato significativamente la storia naturale dell’infezione stessa.5 È stato osservato che l’introduzione della terapia combinata ha ridotto del 70% il rischio di morte nei bambini infetti;6 inoltre, è stata registrata una riduzione del numero di ricoveri totali per patologie correlate all’HIV.7,8 L’utilizzo di tali farmaci ha quindi cronicizzato l’infezione, consentendo al paziente di condurre un’esistenza più soddisfacente. La HAART prevede solitamente l’utilizzo di tre farmaci, tra cui almeno un inibitore delle proteasi e un inibitore non nucleotidico della trascrittasi inversa; tali trattamenti, sicuramente valutati in modo positivo per l’efficacia dimostrata, incidono comunque significativamente sulla spesa a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), sebbene inizialmente compensati dal risparmio indotto dalla riduzione dei ricoveri ospedalieri.9,10,11 In letteratura non esistono specifiche valutazioni economiche focalizzate esclusivamente sui costi nei pazienti pediatrici; 9

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Valutazione economica tuttavia è stata rintracciata un’analisi dei costi dell’HIV pediatrico che compara tutti gli approcci terapeutici adottati dal 1986 al 2007.12 In tale lavoro Wilson e collaboratori stimano le spese inerenti la monoterapia (utilizzata fino al 1990), la terapia di combinazione (1990-1996) e la HAART (dal 1996 al 2007), includendo anche i dati sull’utilizzo dell’assistenza sanitaria estrapolati dalle cartelle cliniche di bambini HIV-infetti. Nonostante la nuova terapia comporti l’utilizzo di farmaci più costosi, i costi complessivi in regime di HAART sono stati stimati inferiori rispetto alla terapia di combinazione precedentemente impiegata, in quanto i costi sanitari ospedalieri e ambulatoriali risultano notevolmente diminuiti. Le conseguenze economiche indotte dall’HIV13,14 includono il consumo di risorse sanitarie impiegate nella sua prevenzione e nel trattamento dell’immunodeficienza, la cura delle infezioni opportunistiche associate a tale patologia, nonché gli eventuali costi indiretti collegati alla perdita di produttività di pazienti e caregivers (soprattutto nel caso di minorenni). Questo studio osservazionale, multicentrico e prospettico, si prefigge di fornire informazioni sui costi complessivamente indotti dalle infezioni anti HIV in ambito pediatrico in Italia.

parti pediatrici con diagnosi confermata di HIV dovuta a trasmissione diretta materno-fetale (cioè di tipo esclusivamente verticale). L’arruolamento è iniziato il 12 aprile 2010 ed è terminato il 9 Marzo 2011. Al momento dell’arruolamento un medico pediatra ha completato un questionario per ogni paziente, raccogliendo così dati di riferimento relativi a caratteristiche anagrafiche e cliniche (conteggio dei linfociti CD4+, CDC93, carica viraleHIV RNA). Inoltre, sono state incluse informazioni riguardanti il consumo di risorse: atto d’ingresso (visita ambulatoriale/day-hospital), esami di laboratorio diagnostici e analisi strumentali, consulenze mediche, farmaci inclusi nella terapia HAART e farmaci relativi ad altre patologie e infezioni conseguenti. Essendo il punto di vista dell’analisi quello più ampio della società, sono stati inclusi anche i costi diretti non sanitari (collegati all’accesso in ospedale) e quelli indiretti associati alla perdita di produttività nel lavoro dei caregivers (tipicamente parenti stretti). I costi delle prestazioni sanitarie sono stati monetizzati utilizzando le tariffe regionali del SSN lombardo, in quanto giudicato il tariffario più completo e aggiornato a livello regionale; per i farmaci ci siamo attenuti ai prezzi del Prontuario Farmaceutico Nazionale (PFN) aggiornati a settembre 2011. Non essendo stati registrati pernottamenti alberghieri collegati all’accesso alle cure, i costi diretti non sanitari concernono esclusivamente i mezzi di trasporto che pazienti e/o relativi caregivers hanno utilizzato per raggiungere la struttura ospedaliera: per le auto ci si è avvalsi dell’utilizzo di un sito web16 per calcolare i chilometri percorsi (itinerario più rapido), includendo il prezzo del biglietto autostradale laddove necessario; inoltre, per il carburante è stata adottata la tariffa media relativa al periodo di arruolamento. 17 Per l’utilizzo dei mezzi pubblici di trasporto ci si è attenuti alla tariffazione locale (relativa, quindi, alle regioni Lombardia, Veneto e Campania), mentre per i treni è stata considerata la tariffa di 2a classe.18

MATERIALI E METODI Lo studio di tipo osservazionale prospettico, condotto in accordo con le linee guida emanate dall’Agenzia Italiana del Farmaco,15 ha coinvolto i Dipartimenti di Pediatria dell’Università di Milano (Ospedale “L. Sacco”), dell’Università di Padova e dell’Università di Napoli Federico II. Il protocollo di studio è stato approvato dai Comitati Etici di ciascun centro. Ogni paziente o, qualora minorenne, il suo tutore legale o chi esercita la patria potestà ha espresso il consenso scritto alla partecipazione a questo studio, dopo essere stato adeguatamente informato sulle finalità e sulle modalità di conduzione. Sono stati arruolati pazienti da 0 a 24 anni (di ambo i sessi) seguiti dai tre re10

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Valutazione economica I costi indiretti sono risultati riconducibili esclusivamente alla perdita della giornata lavorativa riferita all’atto di ingresso nello studio, nella maggior parte dei casi relativa ai caregivers come logico attendersi, trattandosi di pazienti pediatrici. Essendo una diretta conseguenza della modalità di arruolamento, con implicita assenza dal luogo di lavoro (stimabile per l’intera giornata o per parte) coincidente con l’arruolamento dello studio, si è deciso di valutarne i soli effetti, non effettuando alcuna monetizzazione che sarebbe risultata comunque necessariamente e strettamente correlata al costo dell’atto di ingresso. È stata condotta anche un’analisi statistica di varianza fra i centri per le variabili demografiche, cliniche ed economiche (consumo di risorse e costi). Per effettuare il confronto fra i tre sottogruppi di pazienti, sono stati utilizzati test parametrici (Anova) e non parametrici (Kruskal-Wallis), rispettivamente per variabili che seguano o meno una distribuzione gaussiana. Il livello di significatività è stato valutato adottando un valore di p ≤0,005. Tutti i dati analizzati si riferiscono al momento dell’arruolamento; i costi sono stati estrapolati a tre mesi, durata scelta in base alla periodicità delle visite dichiarate dai tre centri.

lanciato per genere, risultando complessivamente costituito da femmine per il 54%. La stragrande maggioranza dei soggetti è di nazionalità italiana (88%) e risiede nella stessa regione in cui è ubicato il centro di riferimento o comunque in zone limitrofe (93%); solamente nel centro B si è registrata una percentuale elevata di bambini stranieri (31%; p=0,0002). Trattandosi di pazienti in età pediatrica, sono stati analizzati anche i dati relativi ai caregivers: l’84% del totale dei soggetti è risultato accompagnato, quasi sempre da parenti; il restante 16% è risultato costituito esclusivamente da maggiorenni; di conseguenza, la loro proporzione è risultata rilevante solamente nel centro A (30%; p=0,0001). In Tabella 2 sono state analizzate le caratteristiche cliniche del campione mediante tre indicatori specifici di gravità della patologia. L’analisi CD4+ consta di una conta linfocitaria che permette di suddividere i pazienti in due gruppi (200-500 mm3, >500mm3) in base al numero di molecole riscontrate; per questo test sono stati registrati livelli elevati in tutti i centri. L’HIV RNA è un test che permette di quantificare le particelle virali presenti nel paziente al momento del prelievo; la media complessiva del campione in analisi è risultata molto elevata (3.726), con la sola eccezione del centro C (406), peraltro con differenze fra centri statisticamente non significative. CDC93 rappresenta una ulteriore classificazione che permette di suddividere i pazienti in base alla sintomatologia (A,B,C,N) e alla quantità di cellule CD4/ul (1,2,3); da questa analisi la popolazione è risultata distribuita in modo significativamente diverso fra i tre centri (p=0,0001), con un picco relativo alla categoria B per i centri C (45,5%) e B (41,1%). La Tabella 3 riassume i dati medi di consumo delle risorse sanitarie per paziente. L’arruolamento dei pazienti è avvenuto mediante Day Hospital (DH) o Visita Ambulatoriale (VA). Nonostante un sostanziale equilibrio complessivo delle due prestazioni (49% per il primo e 51% per il secondo), l’analisi per centro ha mostrato una situazione molto eterogenea (p=0,0001): nel centro B quasi

RISULTATI La Tabella 1 mostra le caratteristiche demografiche dei 142 pazienti complessivamente arruolati in questo studio. Il centro A ha arruolato più della metà dei pazienti, gli altri due centri un quarto ciascuno. L’età media generale è risultata pari a 14 anni (16 anni per il centro A, 13 per il B e 12 per il C). Suddividendo i pazienti in quattro classi di età, è possibile notare una distribuzione relativamente omogenea: in tutti i centri si registrano pochi soggetti di età inferiore a 6 anni, il loro numero cresce con l’età fino al picco relativo alla fascia 12-18 anni, per poi decrescere nell’ultima classe dei maggiorenni. Solo il centro A si discosta leggermente da questo andamento, registrando una maggiore concentrazione di pazienti nell’ultimo gruppo. Il campione in analisi è ben bi11

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Valutazione economica tutti i pazienti sono stati reclutati con VA (97%), in C con DH (88%); solo il centro A ha fatto registrare una distribuzione sostanzialmente equilibrata fra le due modalità (53% per DH e 47% per VA). Il numero medio di analisi di laboratorio eseguite è risultato pari a 16,4 per paziente, mentre per le altre due categorie di prestazioni (consulenze mediche e analisi strumentali) si sono regi-

strati valori medi decisamente più bassi (rispettivamente, 0,3 e 0,6 per paziente). Per tutte e tre le prestazioni si sono rilevate differenze assai significative per centro (p=0,0001), con picchi di esami (18,3) e analisi strumentali (1,0) nel centro C. La Tabella 4 mostra i costi diretti sanitari per paziente proiettati su base quadrimestrale. Il costo medio complessivo,

TABELLA 1 Caratteristiche socio-demografiche del campione di bambini analizzato

totale

numero Pazienti

centro a

V.a.

%

142

100%

V.a. 73

centro B % 51%

centro c

V.a.

%

35

25%

V.a. 34

P % 24%

età media

14

16

13

12

intervallo di Variazione

1-24

1-24

1-19

1-22

0-6

14

10%

6

8%

2

6%

6

18%

6-12

43

30%

20

27%

13

37%

10

29%

12-18

52

36%

20

27%

16

46%

16

47%

18-24

34

24%

28

38%

4

11%

2

6%

maschi

66

46%

33

45%

17

49%

16

47%

femmine

76

54%

40

55%

18

51%

18

53%

italiana

125

88%

69

95%

24

69%

32

94%

estera

17

12%

4

5%

11

31%

2

6%

e aree limitrofe

132

93%

68

93%

30

86%

34

altro

10

7%

5

7%

5

14%

0

0,056#

sesso 0,945#

nazionalità 0,0002§

residenza regione del centro 100%

0,068§

0%

caregivers 23

16%

22

30%

1

3%

0

0%

0,0001§

accompagnato

non accompagnato

119

84%

51

70%

34

97%

34

00%

0,0001§

Parenti

118

99%

50

98%

34

100%

34

100%

0,0083§

97

68%

48

66%

28

80%

21

62%

0,1034§

accompagnato da percettori di reddito da lavoro

# anova test; § Kruskal-wallis test

12 Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


Valutazione economica stimato in € 5.458, è frutto di forti e significative variazioni a livello di centro e per tipologia di costo, eccezion fatta per la voce di costo residuale dei farmaci prescritti al di fuori della terapia HAART. In particolare, è possibile registrare una netta differenza fra i centri conseguente alla diversa modalità con cui sono stati arruolati i pazienti: il centro B (€579,44) ha fatto registrare un costo per paziente di gran lunga inferiore rispetto agli altri due centri (centro A €3.102,93, centro C €5.048,50). Per la spesa relativa ai farmaci si riporta un picco per il centro B (€3.289,30), sensibilmente al di sopra della media complessiva (€2.509,56); tale differenza è di fatto quasi esclusivamente imputabile alla terapia HAART. Complessivamente, il centro C risulta il più dispendioso

(€7.314,32), mentre il centro B il più economico (€3.868,74). I costi diretti non sanitari imputabili ai trasporti oscillano tra €15 relativamente al centro C e €30 al centro A, con una media complessiva per paziente pari a €26 (Tabella 5). È possibile notare come la maggior parte dei pazienti abbia raggiunto l’ospedale in auto, unica tipologia di costo per cui si registra una differenza significativa fra i centri (p=0,0001).

DISCUSSIONE Questo studio illustra il consumo di risorse sanitarie e i costi diretti (sanitari e non) relativi ai pazienti infetti da HIV reclutati in tre centri italiani nel periodo 2010 - 2011. È stato stimato che nel 2008 l’intera popolazione italiana di pazienti

TABELLA 2 Caratteristiche cliniche del campione di bambini analizzato

totale

centro a

V.a.

%

(n. 142)

100%

centro B

V.a.

%

(n. 73)

51%

V.a. (n. 35)

centro c % 25%

P

V.a.

%

(n. 34)

24%

cd4+ media

861

795

845

1.018

intervallo di Variazione

217-2.830

217-2.824

240-2447

323-2.830

200-500mm3

26

18,3%

17

23,3%

5

14,3%

4

11,8%

>500mm3

116

81,7%

56

76,7%

30

85,7%

30

88,2%

0,0194§

HiV rna media

3.726

6.445

1.281

406

intervallo di Variazione

20-298.600

37-298.600

47-24.162

20-12.200

<50

114

80,3%

60

82,2%

25

71,4%

29

85,3%

>50

14

9,9%

4

5,5%

6

17,1%

4

11,8%

>2.100

14

9,9%

9

12,3%

4

11,4%

1

2,9%

a1, a2, a3

46

33,1%

25

34,7%

9

26,5%

12

36,4%

0,0001§

B1, B2, B3

51

36,6%

22

30,5%

14

41,1%

15

45,5%

0,0001§

c1, c2, c3

31

22,4%

18

25,0%

8

23,5%

5

15,1%

0,0001§

n1, n2, n3

11

7,9%

7

9,8%

3

8,9%

1

3,0%

0,0001§

0,191§

cdc93*

* dati mancanti per tre pazienti; # anova test; § Kruskal-wallis test

13 Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


Valutazione economica HIV-infetti in ambito pediatrico ammontasse a 600 soggetti, dei quali si ritiene che circa un terzo avessero raggiunto e superato i 20 anni; tale stima era basata sulle segnalazioni annualmente pervenute al Registro Italiano per l’infezione da HIV in età pediatrica e sui dati del programma nazionale anonimo di siero-sorveglianza fra i neonati italiani.19 Pertanto, appare significativo proporre uno studio relativo a un campione di 142 pazienti, pari a circa un quarto della “popolazione”, distribuito sul territorio italiano. Nel corso dello studio, su indicazione degli sperimentatori, il limite massimo di età per l’inclusione è stato innalzato a 24 anni; peraltro, tale soglia trova riferimento anche in un rapporto americano, nel quale i soggetti affetti da patologie croniche sono risultati di competenza pediatrica fino a 24 anni.20

Il punto di forza dello studio appare quello di poter usufruire di dati sperimentali raccolti in modo multicentrico e prospettico. Sotto il profilo delle caratteristiche demografiche e cliniche, il campione analizzato appare distribuito in modo sufficientemente omogeneo fra i centri per età, sesso e gravità della patologia, seppure in modo non del tutto concordante in base ai test effettuati. Sotto il profilo sociale, va solamente sottolineato che tutti i pazienti minorenni sono risultati accompagnati da parenti. Risultano invece immediatamente evidenti alcune differenze cruciali fra i tre centri nella gestione organizzativa dei pazienti, dipese prevalentemente dalla modalità di arruolamento: il centro C arruola la maggior parte dei pazienti in

TABELLA 3 Consumo medio di risorse sanitarie nel campione di bambini analizzati

totale

centro a

centro B

centro c

P

accesso V.a.

%

V.a.

%

V.a.

%

V.a.

%

142

100%

73

51%

35

25%

34

24%

day Hospital

70

49%

39

53%

1

3%

30

88%

Visita ambulatoriale

72

51%

34

47%

34

97%

4

12%

0,0001§

analisi cliniche V.a.

%

V.a.

%

16,1

V.a.

%

15,0

V.a.

%

esami di laboratorio

16,4

18,3

0,0001§

Pazienti senza esami

6

4,2%

1

1,4%

0

0%

5

14,7%

V.a.

%

V.a.

%

V.a.

%

V.a.

%

consulenze

consulenze mediche

0,3

Pazienti senza consulenze

88

0,6 62,0%

25

0,1 34,3%

33

0,1 94,3%

30

0,0001§ 88,2%

analisi strumentali V.a. analisi strumentali Pazienti senza analisi

%

0,6 84

V.a.

%

0,6 59,2%

47

V.a.

%

0,1 64,4%

31

V.a.

%

1,0 88,6%

# anova test; § Kruskal-wallis test

14 Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012

6

0,0001§ 17,7%


Valutazione economica DH ed effettua un numero maggiore di esami clinici rispetto al centro B, il quale, al contrario, recluta i soggetti quasi esclusivamente mediante VA. Il diverso approccio organizzativo incide considerevolmente sulla stima dei costi all’accesso: infatti il centro C ha un costo per paziente pari quasi al doppio del totale e undici volte maggiore rispetto al centro B. La VA è risultata comunque nettamente più conveniente rispetto al DH sotto il profilo economico. Questa fotografia rispecchia anche lo scenario regionale di riferimento dei vari centri in termini di linee guida organizzative al momento dello studio. In assenza di improbabili controindicazioni sanitarie, l’adozione della VA come standard di reclutamento dei pazienti porterebbe sicuramente a notevoli riduzioni di costo. Il costo dei farmaci per la terapia HAART, stimato su base quadrimestrale, è l’altra voce di costo rilevante; si registra

un picco di spesa in un centro, mentre gli altri due non si discostano sostanzialmente dalla media complessiva. Trattandosi di trattamenti prevalentemente quotidiani e cronici, tale differenza a livello di centri è imputabile pressoché esclusivamente ai prezzi più elevati dei farmaci utilizzati. I costi diretti non sanitari sono risultati assai ridotti, a causa di un bacino di utenza quasi esclusivamente locale. Pur essendo i centri coinvolti in questo studio considerati di eccellenza nell’ambito dell’infettivologia pediatrica, risultano coprire prevalentemente le esigenze della regione di appartenenza e delle aree limitrofe; diversamente da quanto atteso, non è stato quindi evidenziato alcun fenomeno di forte mobilità sanitaria. Anche gli effetti indiretti sull’attività lavorativa sono risultati limitati e strettamente correlati alla tipologia di arruolamento, con un’assenza dal luogo di lavoro stimabile da mezza

TABELLA 4 Costi medi sanitari per paziente all’arruolamento (proiezione su base quadrimestrale)

totale

centro a

centro B

centro c

P

day Hospital

€ 2.806,66

€ 2.983,43

€ 220,99

€ 5.037,16

0,0001#

Visita amb. + esami

€ 165,02

€ 139,03

€ 358,45

€ 15,54

0,0001#

farmaci Haart

€ 2.432,59

€ 2.115,18

€ 3.276,15

€ 2.245,72

0,0003#

altri farmaci

€ 76,96

€ 65,50

€ 13,15

€ 20,10

0.4844#

totale

€ 5.457,82

€ 5.283,61

€ 3.868,74

€ 7.314,32

0,0001#

totale

centro a

centro B

centro c

P

auto

€ 14,44

€ 10,95

€ 24,01

€ 12,10

0,0001#

mezzi pubblici

€ 0,95

€ 0,99

€ 0,85

€ 0,97

0,8804#

treno

€ 4,00

€ 5,59

€ 2,47

€ 2,14

0,7035#

aereo

€ 6,53

€ 12,71

€ 0,00

€ 0,00

0,4011#

totale

€ 25,92

€ 30,23

€ 27,33

€ 15,21

0,4700#

TABELLA 5 Costi Trasporto per paziente

15 Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


Valutazione economica giornata per le VA all’intero giorno lavorativo per i DH. Concludendo, dal nostro studio si evince che la voce di costo complessivamente più elevata e variabile fra i centri non è la terapia HAART, per quanto rilevante e caratterizzata da una certa variabilità nei prezzi delle sue componenti, ma piuttosto la modalità di arruolamento adottata dai centri.

Tale risultato suggerisce di raccomandare un utilizzo diffuso della VA al posto del DH ai fini di un’ottimizzazione delle risorse economiche in ambito sanitario. Sarebbe inoltre auspicabile in un futuro prossimo una rivalutazione della tariffa di DH, che appare eccessiva e sproporzionata rispetto alla sommatoria delle singole voci di costo confrontabili a livello ambulatoriale.

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16 Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


Politica sanitaria di A. Curto,1 L. Garattini 1

Liberalizzazioni in farmacia:

un’analisi della riforma in prospettiva europea

Abstract La distribuzione farmaceutica è un settore storicamente soggetto

PA R O L E C H I AV E :

a rigida regolamentazione non solamente in Italia, a causa della particolarità del bene “farmaco” e del suo legame intrinseco con la salute umana. L’obiettivo principale del seguente lavoro è stato quello di esaminare nel dettaglio le nuove misure del governo Monti riguardanti le farmacie contenute nel decreto legge “Cresci Italia” (D.L. n. 1 del 24 gennaio 2012), nel tentativo di offrire al lettore uno strumento di analisi critica del provvedimento e del suo possibile impatto sul sistema Paese. Inoltre, è stata condotta una breve analisi comparativa a livello europeo, utile a una comprensione ad ampio raggio del fenomeno, riguardante i sistemi di regolazione delle farmacie esistenti nei quattro principali Paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito e Spagna), ai quali è stata aggiunta l’Olanda per l’interesse sollevato da questa specifica esperienza. In realtà, più che una liberalizzazione nel vero senso della parola, siamo di fronte a un allargamento della pianificazione dell’offerta a favore di nuovi farmacisti titolari, che saranno però costretti a “dividersi la stessa torta” o quasi. Non è quindi affatto scontato che ne scaturisca un beneficio netto, né per il SSN né per i consumatori.

FARMACIE, LIBERALIzzAzIONI, ITALIA, EUROPA, CONTINGENTAMENTO

1

17 Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012

CESAV, centro di Economia Sanitaria “Angelo e Angela Valenti”


Politica sanitaria INTRODUZIONE La distribuzione farmaceutica è un settore storicamente soggetto a rigida regolamentazione in Italia (e non solo) a causa della particolarità del bene “farmaco” che, diversamente da qualsiasi altro genere di consumo, possiede un forte legame intrinseco con la salute umana, bene primario per la collettività oltre che diritto individuale inalienabile e costituzionalmente garantito (art. 32 Cost.). A testimonianza di tale peculiarità, anche nel nostro Paese sono state introdotte in tempi relativamente meno recenti una serie di norme atte a regolarne l’attività di distribuzione a livello di filiera: alcune di carattere generale, simili a quelle di altri prodotti importanti per la salute come gli alimentari, riassumibili nelle c.d. “buone pratiche di distribuzione” (D.M. 6 Luglio 1999); altre più specifiche, sintetizzabili nel concetto di “tracciabilità del farmaco” (D.M. 15 Luglio 2004), ossia di monitoraggio dell’intero ciclo di vita dei prodotti, col duplice obiettivo di una maggiore appropriatezza prescrittiva e di una più efficace azione di contrasto alle frodi. L’attività regolatoria del settore in Italia risale addirittura agli albori del secolo scorso, quando, dopo un periodo ispirato alla massima libertà nell’apertura ed esercizio delle farmacie (L. 5849/1888), il Governo dell’epoca, al fine di assicurare una più capillare distribuzione su tutto il territorio nazionale della funzione di dispensazione del farmaco in quanto servizio di pubblico interesse, decise di riservarne l’esercizio ai comuni o indirettamente ai privati in regime di concessione governativa vitalizia, ottenibile tramite concorso pubblico per esami, ma senza possibilità di vendita o trasferimento per successione (L. 468/1913).1 Da allora molte cose sono cambiate, ma il sostanziale “monopolio distributivo” di cui godono tuttora le farmacie italiane, storicamente giustificato da esigenze di carattere sanitario e di pubblica utilità, è rimasto di fatto inalterato, se non rafforzato, nonostante oggi appaia anacronistico ai più, oltre che discutibile sotto il profilo economico. La recente conversione in legge del “decreto liberalizzazioni” (D.L. n. 1 del 24 Gennaio 2012), noto con il nome di “Cresci Italia”,2 offre lo spunto per ridiscutere di

un tema assai spinoso, oramai noto anche al di fuori del “cerchio magico” dei supposti esperti del settore. Partendo dal presupposto che un elevato grado di concorrenza è teoricamente auspicabile in qualsiasi mercato, in quanto precondizione essenziale per una crescita sana e duratura al riparo da “rendite di posizione”, è stata esaminata analiticamente la nuova normativa relativa al settore delle farmacie, con particolare riferimento all’art. 11 sul “potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica, accesso alla titolarità delle farmacie, modifica alla disciplina della somministrazione dei farmaci e altre disposizioni in materia sanitaria”, nel tentativo di evidenziarne criticamente pregi e limiti, cercando di contribuire così, almeno per quanto concerne il nostro ristretto ambito di studio, al ben più ampio dibattito in tema di liberalizzazioni attualmente in corso in Italia. Dato l’interesse e la complessità del tema, è stato ritenuto opportuno anteporre un breve inquadramento giuridico-politico del concetto teorico di liberalizzazione.

IL CONCETTO DI LIBERALIZZAZIONE La liberalizzazione è teoricamente un processo legislativo, ispirato dai dettami del liberismo economico, che consiste nella riduzione e/o eliminazione totale di barriere e restrizioni alla concorrenza in un dato mercato, col fine ultimo di migliorare l’efficienza allocativa delle risorse.3 In qualsiasi settore la si consideri, ha la tendenza a polarizzare le opinioni tra: 1) chi, forte della vasta letteratura sui “fallimenti del mercato”, considera l’intervento pubblico indispensabile ai fini dello sviluppo e della crescita (c.d. statalisti); 2) chi invece ritiene che, in nome del libero mercato, si debbano comunque ridurre al minimo le barriere all’accesso che ostacolano la libera iniziativa economica (c.d. liberisti). In entrambi i casi, sia che lo Stato gestisca in modo diretto il mercato o che si limiti a regolarlo in modo residuale, si pone un problema di qualità della regolazione e di efficienza normativa che ha finito per convincere ambedue le posizioni in gioco (sebbene con finalità diverse) sulla neces18

Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


Politica sanitaria sità di una migliore cornice regolatoria (better regulation) che sia motore della competitività di un territorio e permetta la riduzione dei sempre più elevati costi di transazione a essa imputabile che finiscono spesso per scoraggiare gli operatori economici del settore.4 In questo senso, una “buona regolazione” dovrebbe quindi essere considerata un “bene pubblico”, non escludibile né rivale, ostacolato spesso da interessi di parte (basti pensare a quelli opposti sostenuti dalle varie lobby), ma da cui la collettività nel suo complesso dovrebbe trarre benefici sociali enormi.5 A partire dagli inizi degli anni ‘90 del secolo scorso le liberalizzazioni sono oramai parte integrante di quel pacchetto standard di misure di politica economica per i Paesi in stato di crisi (noto con il nome di Washington Consensus), imposto dalle principali organizzazioni economiche internazionali (Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale) ed europee (Banca Centrale Europea in primis) per concedere agevolazioni finanziarie alle nazioni, allo scopo di favorire, almeno in teoria, la ripresa, la competitività e la crescita economica. Nel solco di questo “sentiero obbligato”, si inseriscono la c.d. “direttiva Bolkestein” (Dir. 2006/123/CE) in materia di libera circolazione dei servizi, di recente adottata in Italia (d. lgs. n. 59 del 26 Marzo 2010), e la nota lettera della BCE dell’agosto 2011 al precedente Governo italiano, in cui la massima autorità monetaria e finanziaria europea, tra le numerose indicazioni, si augurava la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. In un quadro europeo di crisi dei debiti sovrani e di potenziale “rischio contagio” come quello attuale, considerati i doverosi e sempre più stringenti vincoli economico-finanziari, la liberalizzazione in quanto tale è dunque considerata (in chiave neoliberista, ma non solo) uno degli strumenti indispensabili allo sviluppo e alla crescita economica di un Paese. Le radici giuridiche di tale orientamento politico-economico erano già rinvenibili, anche per quanto concerne le farmacie, nel c.d. decreto legge “Salva Italia” (D.L. n. 201 del 6 Dicembre 2011, convertito con modificazioni nella L. n. 214 del 22 Di-

cembre 2011) del nuovo Governo Monti che stabiliva la “liberalizzazione delle attività economiche e l’eliminazione dei controlli ex-ante”. L’approccio ha assunto forme più concrete e definite con il decreto legge “Cresci Italia” che, al di là dei risultati, affronta il tema delle liberalizzazioni in modo trasversale, dedicando un apposito e corposo articolo alle farmacie e alla regolazione del loro mercato. A differenza di altri settori, come i servizi di pubblica utilità, dove esistono generalmente un monopolio naturale e/o un’infrastruttura non replicabile per la sua vastità e importanza, la liberalizzazione nel caso delle farmacie dovrebbe assumere teoricamente i connotati di una semplice deregolamentazione, indispensabile alla rimozione degli ostacoli (essenzialmente giuridici) esistenti all’accesso alla libera iniziativa economica, dettati da una normativa protezionistica che tende a favorire la categoria professionale che opera già nel mercato, a discapito della concorrenza e dell’efficienza complessiva del settore.

MATERIALI E METODI L’obiettivo principale del seguente lavoro è stato quello di esaminare nel dettaglio le nuove misure riguardanti la distribuzione del farmaco contenute nel recente decreto legge “Cresci Italia”, nel tentativo di offrire al lettore uno strumento di analisi critica del provvedimento e del suo possibile impatto sul sistema Paese. Sono stati raccolti e analizzati anche i principali documenti tecnici presentati in fase di discussione parlamentare, allo scopo di comprendere in modo chiaro le posizioni in campo dei principali portatori di interessi (stakeholders), senza peraltro alcuna presunzione di poterli comprendere e interpretare tutti. Inoltre, dal momento che l’obiettivo esplicitamente dichiarato nel decreto dal nuovo governo Monti sarebbe quello di “favorire la crescita economica e la competitività del Paese, al fine di allinearla a quella dei maggiori partner europei e internazionali”, si è deciso di condurre parallelamente una breve analisi comparativa a livello europeo, utile a una comprensione ad ampio raggio del fenomeno, riguardante i sistemi di regolazione delle farmacie esistenti nei quat19

Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


Politica sanitaria Figura 1.

Variabili di riferimento per l’analisi comparativa

1. Pianta organica delle farmacie

4. Regolazione margini alla distribuzione dei farmaci

2. Restrizioni sulla proprietà delle farmacie

5. Regolazione dei prezzi dei farmaci

3. Regolazione orari di apertura delle farmacie

6. Densità farmacie/10.000 abitanti

tro principali Paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito e Spagna), ai quali è stata aggiunta l’Olanda per l’interesse sollevato da questa specifica esperienza. In particolare, sono state investigate sei variabili di riferimento (Figura 1). Per il reperimento delle informazioni sono stati consultati e analizzati i dati e le evidenze disponibili sui principali siti internet nazionali e internazionali specializzati di enti pubblici e privati, associazioni di categoria e società di consulenza, oltre alle pubblicazioni esistenti in letteratura sull’argomento.

(GDO) ai sensi del “decreto Bersani” del 2006 (D.L. 223/2006 poi convertito in L. 248/2006). L’esercizio commerciale della farmacia può essere di proprietà di una sola persona fisica in possesso di laurea in farmacia (gli anglosassoni definiscono tale regola “one pharmacy one pharmacist”) o di più farmacisti in forma associata (fino a un massimo di quattro esercizi, sempre grazie al decreto Bersani del 2006). Diversamente, alla luce di un’eccezione normativa che non trova apparente fondamento giuridico, le circa 1.600 farmacie pubbliche possono essere gestite anche attraverso società di capitali non composte da soli farmacisti, dopo il caso emblematico della cessione per un periodo di 99 anni dell’80% delle azioni da parte della società che gestisce le farmacie comunali milanesi a una nota società di distribuzione tedesca. Esistono attualmente più di 230 farmacie controllate da società i cui pacchetti azionari sono in parte o per la quasi totalità in possesso di meno di una decina di gruppi imprenditoriali eterogenei (multinazionali, società cooperative e multiutility), tra cui vanno citate per importanza: Admenta Italia (156 in 7 Comuni), Comifar (21 in un solo Comune), Farmacoop e CEF di Brescia (entrambe con 12 esercizi in un solo Comune), Alleanza Salute Italia (9 in due Comuni) e Alliance Unichem (8 in un solo Comune).6 Il numero di farmacie è rigidamente regolamentato a livello territoriale in base alla pianta organica (Figura 1), con distanze minime fra un esercizio e l’altro, ragion per cui è assai limitata qualsiasi forma di concorrenza fra punti al dettaglio, eccezion fatta per la ristretta lista di farmaci contendibile anche dalle parafarmacie e dai c.d. ”corner della salute” della GDO. Oltre ai consueti obblighi

RISULTATI La presentazione dei risultati dello studio è stata conseguentemente suddivisa in due paragrafi. Nel primo sono state esaminate le misure contenute nel nuovo decreto, a partire dal quadro normativo italiano di riferimento con particolare riguardo agli aspetti di regolazione del mercato in esso contenuti. Nel secondo sono stati presentati gli esiti riassuntivi dell’analisi comparativa europea. 1) Il quadro normativo italiano in materia di farmacie e il decreto “Cresci Italia”. L’attuale normativa italiana in materia di farmacie è sostanzialmente caratterizzata dai seguenti aspetti principali. Qualsiasi prodotto definito come farmaco dev’essere a norma di legge distribuito esclusivamente tramite una farmacia, ad eccezione dei medicinali Senza Obbligo di Prescrizione (SOP) pagati interamente dal cittadino, tra cui quelli “da banco” (indicati con la sigla anglosassone OTC - Over The Counter) potenzialmente oggetto di pubblicità, che possono essere venduti anche nelle c.d. “parafarmacie” o “corner della salute” della Grande Distribuzione Organizzata 20

Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


Politica sanitaria di registrazione, esistono invero limiti geografici e dimensionali anche per le parafarmacie e i corner (attualmente meno di 4.000 esercizi complessivamente), ma assai più limitati. Il servizio distributivo garantito dalle farmacie al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è remunerato attraverso una percentuale fissa sul prezzo del farmaco e quindi sostanzialmente proporzionale ad esso, seppure sia stata inserita una “correzione” di carattere regressivo già a partire dal 1997, modificata in seguito negli anni (Tabella 1). Attualmente, fatto 100 il prezzo al pubblico al netto dell’IVA, la ripartizione economica fra le diverse entità del comparto farmaceutico per le specialità medicinali erogabili attraverso il SSN sono: 66,65% per l’industria, 30,35% per la farmacia e 3% per la distribuzione intermedia. Inoltre, è ridistribuita tra grossisti e farmacie secondo trattativa commerciale una quota

pari all’8% del margine dell’industria sui farmaci equivalenti (L. 122/2010), ossia quelli per cui è scaduta la copertura brevettuale e sono inseriti nelle apposite liste di trasparenza AIFA. Le misure contenute nell’art. 11 del “decreto legge liberalizzazioni” hanno come obiettivo primario quello di facilitare l’accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti (aventi i requisiti di legge), nonché di favorire le procedure per l’apertura di nuove sedi, garantendo al contempo una presenza sul territorio del servizio farmaceutico più capillare e auspicabilmente concorrenziale. In particolare, vengono stabiliti: 1) nuovi criteri per la pianta organica e l’assegnazione delle farmacie (commi 1-11 e 17); 2) una sostanziale “liberalizzazione” degli orari di apertura al pubblico degli esercizi, una volta garantite le fasce minime obbligatorie, congiuntamente alla possibilità di praticare sconti sul prezzo di tutti i prodotti (farmaci

TABELLA 1 Margini di legge delle farmacie per la distribuzione dei farmaci in Italia

tipologia di medicinali fascia a

margine (%)

sconto al ssn (%)

fascia di prezzo (€)

30,35

3,75

0

-

6,00

25,83

-

51,65

9,00

51,66

-

103,28

12,50

103,29

19,00

25,82

-

154,94

>

154,94

ulteriore trattenuta a favore del ssn di 1,82% (*****) fascia a – farmacie rurali sussidiate a basso fatturato (*)

30,35

1,50

-

fascia a – farmacie urbane e rurali a basso fatturato (**)

30,35

1,50

0

-

2,40

25,83

-

51,65

3,60

51,66

-

103,28

5,00

103,29

7,60

-

154,94

>

154,94

riduzione del 60% sul totale dovuto al ssn Generici di fascia a

26,70 - 41,35

-

-

medicinali di fascia c e generici non ssn con obbligo di ricetta

Variabile (***)

-

-

Variabile (****)

-

-

tariffa nazionale ferma al 1993

-

-

medicinali omeopatici per uso umano medicinali magistrali

(*) con fatturato annuo ssn non superiore a € 387.324,67 (**) con fatturato annuo ssn non superiore a € 258.228,45 (***) dipende dalle condizioni di acquisto (****) dipende dalle condizioni di acquisto e dal prezzo al pubblico praticato (*****) ex art. 11 del d.l. 78 del 31/05/2010, convertito in l. 122 del 30/07/2010

21 Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012

25,82


Politica sanitaria Figura 2.

Confronto fra pianta organica pre e post riforma Pianta organica ante D.L.

Pianta organica post D.L.

Comuni < 12.500 abitanti

Comuni > 12.500 abitanti

Qualsiasi Comune

1 farmacia ogni 5.000 abitanti

1 farmacia ogni 4.000 abitanti

1 farmacia ogni 3.300 abitanti

21.000b

17.600a

+ 5% del totale ( 1.000) potenziale per Farmacie in luoghi ad alta frequentazione

a

fonte: ministero della salute; b stima cesaV su dati istat

inclusi) a carico dei clienti (comma 8); 3) una limitata estensione del numero di farmaci contendibile dalle parafarmacie e dai corner dei supermercati (commi 13-15); 4) l’introduzione in farmacia del concetto di dotazione minima di personale (commi 16); 5) l’obbligo di cedere la direzione della farmacia privata al raggiungimento dell’età pensionabile. Oltre a questi aspetti, sono previsti alcuni strumenti di contenimento della spesa sanitaria, quali nuovi doveri e obblighi in capo al medico e al farmacista, rispettivamente, nella prescrizione e vendita dei farmaci generici e l’introduzione a livello teorico del concetto di confezionamento ottimale dei farmaci, anche in forma monodose (comma 12). Per ragioni di chiarezza espositiva, verranno discussi unicamente i punti fondamentali riferiti alle farmacie, già di per sé abbastanza complessi, cercando di non disperdere l’attenzione del lettore in dettagli eccessivi esclusivo interesse degli operatori del settore. In primo luogo, è stato rivisto il criterio demografico alla base dell’attuale “pianta organica”, cancellando di fatto il vincolo delle distanze minime (eccezion fatta per quella minima di 200 metri tra due farmacie), in modo tale da garantire una farmacia ogni 3.300 abitanti (valore assai inferiore ai 5.000/4.000 abitanti previsti dalla normativa precedente per i comuni con popolazione inferiore/superiore a 12.500 abitanti). Il parametro dell’eccedenza di abitanti, previsto per il computo dei resti per l’apertura di un’ulteriore farmacia, è stato fissato pari al 50% del valore di riferimento (ossia 1.651 abitanti), in modo del tutto simile

nel metodo (ma logicamente non nelle cifre) alla normativa precedente. Complessivamente, il Governo prevede l’apertura di 5.000 nuove farmacie,7 mentre attraverso una simulazione su dati ISTAT ne abbiamo stimate poco meno di 3.500 (Figura 2), più del 50% delle quali concentrate geograficamente nelle prime cinque regioni per popolazione (Figura 3). Bisogna peraltro sottolineare che la stima in questione non tiene conto del numero “reale” di farmacie aperte al pubblico, ma confronta semplicemente i due modelli teorici “ante” e “post” riforma. È stata inoltre prevista, nel rispetto di nuovi specifici limiti di distanza e localizzazione, la possibilità da parte di regioni e province autonome di apertura in deroga di ulteriori farmacie in luoghi ad alta frequentazione (quali stazioni, porti, aeroporti, aree di servizio autostradale e centri commerciali), con il limite del 5% sul totale di quelle esistenti (incluse le nuove sedi), da assegnarsi fino al 2022 in prelazione ai comuni competenti per territorio, ovvero dichiarate vacanti. Sulla base della stima precedente, rappresentano un altro potenziale migliaio di nuovi esercizi, per un totale di circa 4.500 nuove farmacie potenziali. Al fine di assicurare l’adeguamento della pianta organica ai nuovi dettami di legge, sono stati stabiliti tempi certi e obblighi di attuazione agli enti amministrativamente competenti, pena una sanzione e nomina di un commissario ad acta. Diversamente da quanto contemplato in origine dal Governo che prevedeva di affidare tale responsabilità alle regioni, spetterà ai comu22

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Politica sanitaria Figura 3.

Stima del numero aggiuntivo di nuove farmacie a livello regionale

ni (sentita la ASL e l’Ordine provinciale dei farmacisti) l’onere di fissare la pianta organica, nel rispetto dei criteri di equa distribuzione e di copertura delle aree scarsamente abitate entro 30 giorni di tempo dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, oltre a provvedere alla relativa revisione biennale sulla base delle rilevazioni ISTAT. Alle Regioni e alle Province Autonome è invece delegato il compito di bandire il concorso straordinario per soli titoli per il conferimento delle nuove sedi a privati (entro 60 giorni dall’invio dei dati comunali). L’intera procedura di concorso straordinario e l’assegnazione delle sedi farmaceutiche dovranno essere completate entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di con-

versione del decreto, mentre i tempi previsti nel D.L. originario erano assai più ristretti (cinque mesi circa). Tra le altre misure mirate ad agevolare l’accessibilità dei servizi farmaceutici ai cittadini, compare la “liberalizzazione” degli orari di apertura delle farmacie, le quali potranno svolgere il servizio in ulteriori turni e orari oltre a quelli obbligatori. Per incrementare la vendita di farmaci al di fuori delle farmacie territoriali, il nuovo decreto ha anche previsto la possibilità di vendita nelle parafarmacie e nei corner dei centri commerciali di alcuni farmaci appartenenti alla fascia C appositamente individuati e riclassificati dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) come dispensabili “senza ricetta” (59 principi attivi per 23

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Politica sanitaria un totale di 220 confezioni). Oltre a ciò, è data facoltà alle farmacie di praticare sconti su tutti i prodotti direttamente pagati dai clienti (farmaci inclusi), dandone ovviamente adeguata informazione; a tale proposito, è utile notare che, per gran parte di questi farmaci tale opportunità era già prevista dal “decreto Bersani” del 2006, così come in teoria per “la vendita di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica”. Al fine di agevolare l’accesso dei giovani farmacisti alla titolarità delle farmacie, viene ridotto da due anni a sei mesi, a decorrere dalla presentazione della dichiarazione di successione, il termine concesso agli eredi del titolare per la cessione dei diritti previsti. Inoltre, viene introdotto il concetto formale di dotazione minima di personale per la farmacia convenzionata con il SSN in relazione al fatturato e ai nuovi servizi aggiuntivi erogati, peraltro da fissare in sede di rinnovo dell’accordo collettivo nazionale. Per favorire infine il ricambio generazionale, non è più consentito al direttore di farmacia privata di superare il limite del requisito di età pensionabile nell’esercizio professionale.

contingentamento delle farmacie, esiste una pianta organica basata su criteri demografici in Francia, Spagna e Italia. In questi ultimi due Paesi sono presenti anche limiti di localizzazione, con distanze minime tra esercizi. Ambedue le restrizioni sono invece assenti in Olanda, Regno Unito e Germania. Il quadro è sostanzialmente simile anche per quanto attiene la proprietà dell’esercizio. In Francia, Spagna e Italia la titolarità di una farmacia spetta esclusivamente a un farmacista o a più farmacisti in forma associata, ma è vietata l’adozione di forme societarie complesse (c.d. incorporation). In Germania, pur essendoci limitazioni simili per le farmacie private, il mercato è stato aperto alla GDO (oltre che alle farmacie online) per particolari tipologie di farmaci. Sono totalmente assenti qualsiasi tipo di limitazione alla proprietà in Olanda e Regno Unito, dove anche la costituzione di farmacie su internet è già da tempo realtà consolidata. Gli orari di apertura sono liberi in Olanda, Regno Unito, Germania e Francia. In Spagna, allo stesso modo che in Italia fino alle ultime modifiche del Governo Monti, è prevista una regolamentazione degli orari di apertura, giustificata da obiettivi di continuità e accessibilità del servizio. In tutti i Paesi sono stati rilevati sistemi di regolazione dei prezzi dei farmaci con prescrizione (indicati con il termine anglosas-

2) Analisi comparativa In Tabella 2 è riassunto il quadro regolatorio attualmente esistente nei sei principali Paesi europei oggetto della nostra indagine. In riferimento alle politiche di TABELLA 2

Quadro regolatorio delle farmacie nei principali Paesi europei.

Paesi europei olanda

regno unito

Germania

italia

francia

spagna

1) Pianta organica ✓

2) restrizioni alla proprietà per soggetto giuridico

3) regolamentazione orari di apertura 4) tipologia margini

fisso per confezione

alla distribuzione

Proporzionale regressivo

fissati per legge

misto

5) regolazione dei prezzi dei farmaci

Pom

✓ ✓ ✓

otc

otc = over the counter; Pom = Prescription only medicines.

24 Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012

✓ ✓


Politica sanitaria Figura 4.

Densità farmacie per abitante nei principali Paesi europei

fonti: Pharmaceutical Group of the european union (PGeu) per numero di farmacie; eurostat per popolazione.

sone Prescription Only Medicines, POM), mentre sono sostanzialmente possibili ovunque sconti su quelli Senza Obbligo di Prescrizione (SOP e anche OTC). Il sistema di remunerazione della funzione pubblica di distribuzione della farmacia è variabile da Paese a Paese. In Regno Unito e Olanda si basa su una quota fissa a carico dei sistemi sanitari per singola prescrizione (ad hoc), oltre a un possibile margine spuntato con i distributori nelle trattative commerciali. In Italia e Spagna il margine della farmacia è calcolato invece in percentuale al prezzo del farmaco, con uno sconto regressivo a favore del servizio pubblico da applicare successivamente. In Francia e Germania il sistema è misto, cioè combina quote fisse e proporzionali regressive. Vale la pena ricordare che un recente confronto da noi effettuato fra prezzi ricavo industria e quelli al pubblico nei principali Paesi europei, ha evidenziato che in Italia si registrano costi di distribuzione superiori alla media tali da controbilanciare il vantaggio comparato di fruire di prezzi ricavo industria tra i più bassi in Europa.8 La Spagna detiene la più alta densità di farmacie per abitante, seguita dalla Francia e più a distanza dall’Italia e dalla Germania. Valori decisamente inferiori sono riscontrabili in Regno Unito e soprattutto in Olanda. A tale proposito, pare utile

sottolineare che in Spagna, pur essendo la regolamentazione piuttosto accentuata e la popolazione inferiore a quelle degli altri grandi Paesi considerati, è stato registrato comunque un aumento costante di nuove licenze a partire dalla metà degli anni ’80. La Francia, d’altro canto, oltre a detenere la seconda posizione per densità di farmacie nel nostro campione, possiede in termini assoluti il numero maggiore di esercizi (all’incirca 22.600). La Germania invece, con le sue 21.600 farmacie e una popolazione superiore agli 82 milioni di abitanti, può essere considerato un mercato a metà strada tra il “modello mediterraneo protetto” e quello “nordico liberalizzato” rappresentato nel nostro campione da Regno Unito e Olanda. L’attuale normativa italiana nel settore delle farmacie, se analizzata in chiave comparativa, appare quindi assai rigida e restrittiva e fa sì che l’Italia sia nel panorama europeo il Paese con la più bassa densità di farmacie per abitante fra quelli che non hanno ancora attuato alcuna forma di reale “liberalizzazione economica” del mercato, Francia e Spagna per citare i più importanti (Figura 4). A livello quantitativo, il dato più significativo emerso dal confronto europeo è che le modifiche normative introdotte dal nuovo governo Monti ci avvicineranno maggiormente ai Paesi che detengono un 25

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Politica sanitaria Figura 5.

Numeri di farmaci e abitanti nei principali Paesi europei

sistema rigidamente “regolamentato” (Francia e Spagna), allontanandoci di fatto da quelli i cui mercati sono estremamente “liberalizzati” (Figura 5).

un allargamento della pianificazione dell’offerta a favore di nuovi farmacisti titolari, che saranno però costretti a “contendersi la stessa torta” o quasi. Non è quindi per niente scontato che ne scaturisca un beneficio netto per il SSN, dal momento che, aumentando il numero della farmacie e quindi il numero delle “privative”, i soggetti da remunerare aumenteranno, così come i centri di spesa. Inoltre, il nuovo provvedimento potrebbe essere trascurabile anche in termini di benefici diretti per i consumatori, visto che l’estensione della contendibilità di alcuni prodotti sul “mercato” è marginale (si stima rappresenti circa il 5% della quota in fatturato sul totale della fascia C9), non promuovendo in modo ampio la concorrenza tra forme organizzative diverse. Anche l’effetto sulla crescita potrebbe rivelarsi minimo, non essendo tali interventi associati a reali innovazioni (ad esempio, farmacie online adeguatamente regolamentate) o investimenti ad alto valore aggiunto. L’impatto atteso sull’occupazione sembra invece possa essere più che positivo, almeno nel breve-medio periodo; magari più incerto nel lungo a causa di un fisiologico calo di fatturato medio delle farmacie, di una prospettiva di crescita quanto mai incerta per le parafarmacie e di un ancora indecifrabile concetto di dotazione minima di personale, da stabilirsi in sede di rinnovo dell’accordo collettivo nazionale e senza che

CONSIDERAZIONI FINALI Al di là dei risultati potenzialmente conseguibili, il governo Monti ha senz’altro avuto il merito di riaprire la discussione sul tema della distribuzione farmaceutica a distanza di pochi anni dalla parziale liberalizzazione contenuta nel c.d. “decreto Bersani”, senza fermarsi al primo “passo falso” del decreto “Salva Italia”. Peraltro, se la precedente riforma poteva essere considerata come un primo passo verso una più ampia apertura dei mercati, allo scopo di vincere le resistenze degli “interessi costituiti” e tranquillizzare il più vasto pubblico che la salute non ne sarebbe risultata compromessa, l’ambiziosa (almeno a parole) liberalizzazione del nuovo Governo si discosta sostanzialmente per impostazione e contenuto da quella precedente, in quanto, pur modificando radicalmente l’attuale pianta organica, non la scardina, ma la ripropone di fatto in una nuova veste, senza ampliare i benefici concorrenziali introdotti qualche anno orsono dall’introduzione di nuove tipologie di gestori commerciali. In realtà, più che una liberalizzazione nel vero senso della parola, siamo di fronte a 26

Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


Politica sanitaria tale clausola sia condizione necessaria e sufficiente per il mantenimento della convenzione con il SSN (come invece era previsto nel testo originario). In sostanza, la sensazione è che le nuove modifiche legislative non faranno altro che avvicinare l’Italia a quei Paesi che detengono un regime regolatorio “protetto”, allontanandoci di fatto da quelle veramente all’avanguardia in questo settore, rafforzando un simbolico “spartiacque” tra il modello mediterraneo regolamentato e protetto e quello nord europeo liberalizzato e aperto, dove sono praticamente assenti restrizioni in materia di contingentamento, localizzazione e, soprattutto, vincoli tra proprietà ed esercizio (c.d. bundling), con conseguente divieto di partecipazione da parte di società di capitale. In questa stessa logica, anche i principali attori istituzionali non hanno lesinato critiche sui possibili effetti distorsivi sul mercato del decreto. L’ufficio studi di Banca d’Italia, in occasione dell’audizione in Senato, non ha mancato di sottolineare la parzialità delle misure scelte e la mancanza di coraggio nell’adottare un approccio orientato a rendere maggiormente contendibile il mercato, in particolare riconsiderando le riserve di attività e le esigenze di servizio universale, pur con tutte le necessarie garanzie e tutele per gli utenti. La Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome ha invece espresso particolari perplessità sul coinvolgimento dei Comuni in materia di

pianta organica, quando tale questione avrebbe dovuto essere “naturale” competenza esclusiva delle regioni. Per non parlare poi del fatto che il noto “patto di stabilità”, a cui i Comuni si devono attenere, ne limita fortemente la possibilità di investimento e difficilmente favorirà la creazione di nuove farmacie pubbliche nei luoghi ad alta frequentazione; tali esercizi rischiano di rimanere solo sulla carta, essendo facoltativa la loro apertura. Infine, l’Antitrust ha auspicato, come già più volte aveva fatto in passato, la possibilità di limitare l’esclusiva delle farmacie ai soli medicinali di fascia A, consentendo la vendita al di fuori di esse (sempre alla presenza di un farmacista abilitato) dei medicinali di fascia C (mercato che si stima di poco superiore a tre miliardi di euro annui), sempre nell’ottica di aumentare la pressione concorrenziale a beneficio del cittadino. In conclusione, al di là di singoli giudizi di merito, parrebbe dunque che le nuove misure nell’ambito delle farmacie siano l’ennesima “occasione mancata” per un reale cambiamento, in quanto, oltre a non eliminare di fatto la pianta organica e rendere contendibile sul mercato una parte invero molto ridotta e poco significativa dell’intero mercato farmaceutico, potrebbero procrastinare ulteriormente una vera e propria liberalizzazione del settore, ipotizzando pure che saranno molti di più in futuro i titolari di farmacie a rivendicare le proprie posizioni di privilegio.

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27 Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


oPinioni a confronto Intervista a Ida Fortino,1 Alessandro Rambaldi,2 Giancarlo Taddei 3

I biosimilari: “stato dell’arte” e prospettive future

PA R O L E C H I AV E :

Abstract Biosimilari: nuova opportunità o ulteriore criticità? La scadenza

BIOSIMILARI

dei brevetti per i primi farmaci biotecnologici ha determinato la commercializzazione di preparati biosimilari che, a un prezzo decisamente inferiore, potrebbero sostituire a fine brevetto i costosi “farmaci intelligenti”, con un notevole risparmio per le casse del Servizio Sanitario Nazionale. Ma le aziende ospedaliere sono pronte a tale passaggio o si frappongono ulteriori ostacoli? Efficacia, sicurezza e reale possibilità di somministrare tali farmaci sono i quesiti che sono stati posti a tre dirigenti sanitari lombardi, al fine di gettare luce su una tipologia di prodotti che stenta ancora a decollare, e non solamente in Italia.

ORIGINATORI EFFICACIA CLINICA

1

Struttura farmaceutica, protesica e Dispositivi Medici - Direzione Generale Sanità, Regione Lombardia

2

Direttore Unità di Ematologia Ospedali Riuniti, Bergamo

3

Direttore Dipartimento di Farmacologia Clinica Ospedali Riuniti, Bergamo

28 Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


oPinioni a confronto già l’esperienza precedente dei farmaci generici, avendo vissuto la loro introduzione sul mercato; pertanto, credo nella loro efficacia. Tali prodotti sono stati introdotti con successo nel nostro ospedale, incidendo in maniera estremamente significativa sia a livello clinico che economico.

REPUTATE CHE I BIOSIMILARI POSSANO ESSERE CONSIDERATI EFFICACI SINO A PROVA CONTRARIA?

Ida Fortino Sarebbe più appropriato rivolgere la domanda alle autorità regolatorie appositamente designate all’Autorizzazione all’Immissione in Commercio sulla base di un European Public Assessment Report (EPAR) che ne “certifica” l’efficacia e di fatto ne assicura la “similarità” e quindi la comparabilità nei confronti del prodotto di riferimento. Inoltre, così come avviene per tutti gli altri farmaci, anche i biosimilari sono sottoposti al monitoraggio attivo di farmacovigilanza; quindi, qualora si dovesse verificare un qualsiasi problema inerente la sicurezza del prodotto, le Autorità regolatorie hanno il diritto e il dovere di intervenire ai fini di tutela della salute.

QUALI OSTACOLI SI FRAPPONGONO ANCORA PER UN LORO UTILIZZO PIÙ DIFFUSO?

Ida Fortino Appare oramai sempre più urgente la necessità di dare maggiore supporto e visibilità ai farmaci biosimilari per farli conoscere appieno, nelle loro caratteristiche e potenzialità, non solo al mondo dei prescrittori, ma anche a quello dei farmacisti ospedalieri. Tuttavia, è anche doveroso ammettere che il percorso che ci attende è tutt’altro che facile; basti pensare ai forti pregiudizi e alla scarsa conoscenza cui ancora oggi sono sottoposti i farmaci “equivalenti”. Da questo punto di vista, se in passato la situazione economica italiana ed europea ha consentito di poter sopportare e supportare tale condizione di sostanziale ostracismo, è evidente che oggi, di fronte a una crisi economica generalizzata di dimensioni colossali, emerge il dovere morale di valutare nuovi percorsi che anche le autorità sanitarie hanno il dovere di intraprendere, nell’ottica di sviluppare nuovi paradigmi virtuosi di cura e assistenza e, in senso più ampio, garantire una maggiore sostenibilità della spesa pubblica sanitaria.

Alessandro Rambaldi Per il momento, il confronto all’interno della nostra azienda ospedaliera è sostanzialmente fra ematologi e nefrologi, come immagino confermerà Taddei, dato che percepisco tutt’ora una mal celata ostilità da parte degli oncologi nell’affrontare questi temi. Pur nei limiti di un’esperienza ancora relativamente limitata, utilizzo anche dei biosimilari da poco più di un anno, nella nostra pratica clinica non abbiamo notato ad oggi alcun effetto negativo rispetto agli end points da monitorare. Inoltre, ho registrato la massima attenzione e disponibilità anche da parte dei reumatologi della nostra azienda sanitaria, tant’è vero che, andando ad analizzare la loro attività all’interno del File F, risulta palese che i farmaci biologici vengano da loro abbondantemente utilizzati, seppure sotto monitoraggio attivo.

Alessandro Rambaldi Credo che, attualmente, una più ampia diffusione risponda alle logiche e alle pressioni del mercato: da un lato si tende a tutelare gli “originatori”, dall’altro a introdurre questi nuovi protagonisti. Le aziende seguono la logica della concorrenza, utilizzando le armi commerciali in loro possesso per promuovere i propri prodotti; al contrario, operatori e prescrittori dovrebbero a mio avviso ragionare in una “logica di sistema” e sottrarsi al confronto parziale. Tale logica dovrebbe essere perseguita soprattutto da chi lavora

Giancarlo Taddei Presso l’ospedale Riuniti di Bergamo questo tema è stato affrontato già da alcuni anni; come anticipato da Rambaldi, confermo che i confronti con gli ematologi e i nefrologi ci hanno agevolato nell’orientamento e consentito un approccio costruttivo e stimolante. Personalmente, ho 29

Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


oPinioni a confronto in un’azienda ospedaliera complessa come la nostra, dove è possibile sfruttare un intero sistema aziendale; in altri termini, l’operatore non dovrebbe essere in balìa della pressione esercitata dalle singole aziende produttrici, ma dovrebbe potere ragionare e decidere per favorire la causa comune.

QUALI SONO I VOSTRI SUGGERIMENTI EVENTUALI PER FAVORIRNE UNA PIÙ RAPIDA DIFFUSIONE?

Ida Fortino Se realmente volessimo passare “dalle parole ai fatti” e proporre degli interventi normativi a sostegno dei farmaci biosimilari, sarebbe opportuno partire dall’osservazione sperimentale e dallo studio delle più innovative esperienze estere sul tema. A tale proposito, nel Marzo 2012 è stato pubblicato negli Stati Uniti uno specifico documento dalla Food & Drug Administration (FDA), in cui si è di fatto stabilita una modalità “facilitata” di approvazione per i prodotti biologici laddove venga dimostrata la “biosimilarità” o “l’intercambiabilità” rispetto agli originators. Pertanto, è mia opinione che su questo tema sia fondamentale il ruolo attivo e fattivo delle autorità regolatorie centrali (EMA e AIFA nel nostro caso), le sole in grado di evitare, attraverso interventi normativi mirati e ineccepibili, il rischio per i biosimilari, invero sempre più concreto, di ricalcare gli errori commessi nel passato nel caso dei farmaci “equivalenti”.

Giancarlo Taddei Ritengo che, da parte nostra, ci sia ancora poca preparazione: infatti, questi temi appaiono ancora lontani e poco trattati in Lombardia. A mio avviso, se da un lato c’è tutt’ora molta ignoranza nell’affrontare questo percorso, dall’altro risulta evidente l’esigenza di garantire il giusto prodotto e la possibilità di individuare specifici percorsi farmacologici per i biosimilari, in linea con la logica della continuità terapeutica. È necessario, pertanto, avere a disposizione degli strumenti che possano garantire la tracciabilità del farmaco per singolo paziente. Tale soluzione ci consentirebbe anche di rivalutare i trattamenti a posteriori evitando errori banali. Esiste l’esigenza di supportare e condividere questi percorsi anche da parte delle direzioni aziendali ospedaliere, visto che attualmente risultano di competenza esclusiva del medico e del farmacista. A onor del vero, devo testimoniare che la nostra attuale direzione aziendale ha investito moltissimo in questo campo. A tale proposito, vorrei darvi una sola e semplice informazione: posso orgogliosamente testimoniare che abbiamo chiuso il 2011 in pareggio di bilancio grazie anche all’introduzione dell’appropriatezza prescrittiva, nonché dei farmaci generici e dei biosimilari. La scelta o meno di un prodotto può dipendere anche dalla sua incidenza economica all’interno del reparto; è opportuno tenere presente che esistono sempre più primari preparati ed attenti ai percorsi farmaco-economici. La regione Lombardia ha investito per anni in tale direzione e ora si incomincia ad avvertire concretamente questo forte senso di responsabilizzazione. Resta comunque fondamentale una direzione generale che supporti questi percorsi, i quali sono prima di tutto clinici, ma hanno anche una ricaduta economica evidente.

Alessandro Rambaldi A mio avviso, per quanto riguarda i nuovi farmaci, è la promozione degli studi che aiuta le aziende produttrici a farli penetrare nel mercato, in quanto l’assenza di dati e di dimestichezza col prodotto nuovo crea diffidenza. Prima era possibile richiedere dei campioni di prova per i nuovi farmaci, in modo tale da provarli direttamente “sul campo”; ora, invece, in assenza di un’introduzione progressiva del prodotto nella pratica clinica, bisogna sopperire mediante degli studi specifici che supportino la validità e l’efficacia del farmaco stesso. A tale proposito, peraltro, la sensazione negativa è che gli studi di vigilanza e di monitoraggio non siano mai giudicati come sufficientemente esaustivi da parte degli operatori sanitari, essendo troppo spesso messe arbitrariamente in discussione l’efficacia e la sicurezza del prodotto nella specifica patologia che si sta cercando di curare. 30

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oPinioni a confronto Giancarlo Taddei Ritengo che si debba lavorare ancora molto nell’ambito dell’informazione in questo settore; è necessario che gli operatori siano convinti e quindi garanti del prodotto. Bisogna assicurare al medico e ai suoi pazienti un farmaco preparato bene; quindi, oltre al controllo necessario e puntuale a cui AIFA è preposta, risulta indispensabile anche il nostro intervento. È doveroso, pertanto, un maggiore impegno volto a potenziare l’attività di farmaco-vigilanza. Laddove si è sviluppata la cultura del farmaco generico o equivalente (ad esempio in Germania), è possibile riscontrare la presenza nelle farmacie ospedaliere di un laboratorio di controllo-qualità sul prodotto finito, acquistato esternamente o

prodotto internamente che sia. In Italia, al contrario, si investe ancora poco sul controllo-qualità. Inoltre, persiste il problema della disomogeneità organizzativa in regione Lombardia; ad esempio, a Bergamo, Brescia e Milano si possono registrare tre approcci totalmente differenti, ma non è ragionevole che il malato che arriva a Bergamo sia destinato al farmaco biosimilare, mentre a quello diretto a Brescia venga prescritto il brand. Tutti i giorni, insieme ai clinici, bisogna assumere delle decisioni importanti che inevitabilmente avranno delle ricadute pratiche; è a questo livello che dovrebbe esserci il coinvolgimento tecnico regionale, in modo tale che vengano promossi percorsi specifici in maniera più equa e omogenea.

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Guidelines INVIO E PREPARAZIONE DEI MANOSCRITTI i manoscritti devono essere impostati come segue: a. Prima pagina con il titolo del manoscritto, nome degli autori e loro affiliazione, seguito da un abstract in lingua italiana (massimo 200 parole) e da tre parole chiave. b. testo dell’articolo indicativamente suddiviso in: -introduzione -materiali e metodi -risultati -discussione -conclusioni -eventuali ringraziamenti -Bibliografia c. tabelle (ognuna numerata e compresa di didascalia stampata su una pagina distinta) d. figure (ognuna numerata e stampata su una pagina distinta) le pagine dei manoscritti devono essere numerate. nel testo devono comparire i riferimenti a tutte le tabelle e figure con numerazione progressiva (in numeri arabi) secondo l’ordine di comparsa nel testo stesso. i termini in lingua straniera (eccettuati quelli di uso comune) devono essere scritti in corsivo. non devono comparire note a pie’ di pagina.

BIBLIOGRAFIA Citazioni nel testo: identificare i riferimenti nel testo, nelle tabelle e nelle legende con un numero arabo progressivo in apice, scritto dopo l’eventuale punteggiatura. le eventuali citazioni bibliografiche presenti soltanto in tabelle, grafici, ecc. devono seguire la numerazione progressiva secondo l’ordine di comparsa delle tabelle nel testo. Voci bibliografiche: devono essere elencate nell’ordine numerico di comparsa nel testo, possibilmente inserite in automatico come “note di chiusura”. inoltre, se gli autori sono tre o meno, devono essere indicati tutti; se sono più di tre, se ne devono indicare due, aggiungendo et al. dopo il secondo autore. le iniziali dei nomi non devono essere puntate. Alcuni esempi

Articoli da riviste: Garattini l, tediosi f. l’ossigenoterapia domiciliare in cinque Paesi europei: un’analisi comparativa. mecosan 2000; 35:137-148. Libri o monografie: libro standard: drummond mf, o’Brien B et al. methods for the economic evaluation of Health care Programme. oxford: oxford university Press, 1997. Capitoli di libri: arcangeli l, france G. la logica del nuovo sistema di remunerazione dell’assistenza ospedaliera. in: falcitelli n, langiano t, editors. “Politiche innovative nel ssn: i primi dieci anni dei drg in italia”. Bologna: il mulino, 2004. 32 Quaderni di Farmacoeconomia 18 - maggio 2012


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