6 minute read

La forza di osare

Next Article
News

News

LA FORZA DI OSARE Una nuova coltivazione è possibile!

Classe 1991 Ludovico Lucchi è un agricoltore di nuova generazione che, senza una famiglia di contadini alle spalle ha deciso che il suo futuro poteva avere il colore del luppolo. «Nel 2016 ho deciso che dovevo dare una chanche alla mia passione per la campagna; non avevo alcuna esperienza diretta ma avevo conosciuto Eugenio Pellicciari e ho iniziato a pensare al potenziale del luppolo. Sul mercato c’era tanta America e Germania ma si parlava poco o niente dell’Italia; consapevole di non avere una preparazione adeguata mi sono documentato, ho studiato e approfondito, ero alla ricerca di un nuovo modo di fare agricoltura qualcosa che non guardasse alle coltivazioni tipiche della zona. Ho deciso di puntare sul luppolo, una coltura poco sviluppata sul territorio su cui però c’erano i primi studi da parte dell’Università di Parma grazie alla collaborazione dello stesso Eugenio. I miei primi cinque ettari sono stati una sorta di investimento sul futuro, mi piaceva l’idea di poter contribuire alla creazione di un nuovo mercato che faceva del concetto di italianità un valore aggiunto». Dopo aver studiato le caratteristiche della pianta e il mercato del luppolo nasce così a Campogalliano, in provincia di Modena, l’Azienda Agricola Lucchi. «All’inizio non è stato affatto facile perché la coltivazione era poco conosciuta, mancavano delle vere e proprie basi, gli stessi interlocutori del settore come le Associazioni di categoria o il Consorzio Agrario non erano in grado di darmi il sostegno pratico che necessita chi deci-

de di avviare un luppoleto. Quando ho presentato il Piano di Sviluppo Rurale per l’azienda che avevo in mente, anche con lo scopo di poter attingere a qualche finanziamento, ho amaramente scoperto che non mi sarebbe stato possibile accedervi perché la coltivazione non era neanche censita, anzi veniva indicata come erba aromatica alla pari del basilico o del timo! Le Associazioni di categoria non disponevano di parametri che mi potessero supportare nella preparazione di un business plan; è stato grazie all’aiuto degli studi del professor Ganino dell’Università di Parma e all’esperienza di Eugenio Pellicciari, fresco della sua start up “Italian Hops Company”, che ho potuto disporre del supporto tecnico e pratico che mi ha permesso di stilare una previsione di bilancio e di iniziare la mia avventura».

La scommessa è stata partire con un investimento che si aggira sui 35mila euro ad ettaro e che richiede due anni per ottenere i primi parziali risultati, sempre che le intemperie o i parassiti non arrivino prima! «Ero consapevole che non sarebbe stato facile, credevo fortemente nel progetto ed oggi, anche se c’è ancora molto lavoro da fare, posso dire di avere in qualche modo contributo a gettare quelle basi che non c’erano e di riuscire a fornire risposte a quanti si vogliono cimentare nella coltivazione del luppolo». Oggi l’azienda agricola non solo coltiva, lavora ed essicca il luppolo ma fornisce anche assistenza ad altre aziende; nei cinque ettari si coltivano venti varietà di luppolo ed una parte è dedicata a campo test per le nuove coltivazioni. «Coltiviamo tre varietà autoctone registrate di luppolo: Aemilia, Mòdna e Futura che rappresentano un primo passo verso un prodotto autenticamente italiano. In questi tre anni, dopo una prima fase di studio nei territori di Marano e una parte di coltivazione intensiva a Campogalliano, che ha lo scopo di permetterci di capire se possiamo spingere verso una coltivazione italiana anche in termini economici e di resa, possiamo dire di avere ottenuto buoni risultati che ci fanno essere ottimisti in vista di un cammino futuro in questa direzione».

Di studiare e sperimentare non si finisce mai... «La parte dedicata al campo test è per noi molto importante perché è qui che sperimentiamo le diverse varietà incrociate dagli studiosi dell’Università di Parma per meglio comprendere come reagiscono alla coltivazione nei terreni italiani; in questi primi anni abbiamo imparato che ogni varietà reagisce a modo suo ma che tutto sommato il terroir italiano ha una buona adattabilità per il luppolo».

Incontriamo Ludovico nel bel mezzo del raccolto, durante una pausa ci spiega che queste giornate di settembre, più calde del solito, lo obbligano ad una raccolta rapida e veloce tesa ad evitare che i coni si degradino. «La raccolta sta andando bene, l’annata è stata buona così come la media di produzione. A distanza di tre anni siamo entrati in piena produzione; certo quella di questi giorni è la fase più delicata. La raccolta di per sé è un’attività semplice ma una volta separato il luppolo dalla parte verde della liana c’è la necessità di entrare al più presto in essicazione per evitare che i fiori fermentino e per preservarli al meglio. Il ciclo di essicazione varia dalle 8 alle 10 ore a temperature che oscillano tra i 48 e i 50 gradi, il prodotto secco ottenuto viene poi imballato e inviato per essere impellettato e confezionato in buste da 5

kg. Ci stiamo creando una filiera ed oggi l’Azienda Agricola essica anche luppolo di altri coltivatori; coltivare è il meno, la lavorazione ma soprattutto la vendita sono le fasi più delicate; non serve a niente coltivare un buon prodotto se non si sa poi come lavorarlo e non hai a chi venderlo».

Con lo sguardo rivolto sempre al futuro Nel 2019 Ludovico Lucchi è entrato a far parte di Italian Hops Company al fianco di Eugenio Pellicciari. «La società aveva la necessità di un referente che si occupasse della coltivazione, della processazione e della lavorazione del prodotto in azienda con lo scopo di arrivare, nel tempo, a coltivare e produrre prodotti italiani. I nostri obiettivi collimavano e così le strade mie e di Eugenio si sono incontrate ancora una volta. Oggi puntiamo a creare una filiera ed un giusto equilibrio che permetta ad altri agricoltori di trovare i giusti interlocutori nel loro processo di crescita; in qualche modo l’Azienda Agricola Lucchi funge da garante per dimostrare che una coltivazione diversa è possibile!». Nel frattempo qualcosa si muove, il mercato e le associazioni di categoria sono più preparati sull’argomento e attenti ai nuovi cambiamenti. «Dai miei primi passi in un campo a dir poco inesplorato, sono passati pochi anni ma sono stati fatti passi da gigante. Oggi le aziende studiano e lanciano nuovi percorsi per prodotti a base di rame e zolfo pensati apposta per risolvere gli attacchi fungini alle piante di luppolo; altre ancora si occupano di concimazioni fogliari per meglio comprendere

come il loro uso modifichi il luppolo; le associazioni di categoria iniziano a spostare il focus anche su questa coltivazione per riuscire a fare le cose come si deve e garantire un prodotto che sia identificato come italiano e valorizzato dai birrifici stessi. Dopotutto, non serve fare ottimo luppolo se il birrificio per primo non sposa la causa di un luppolo italiano!». L’Azienda Agricola Lucchi è pronta ad ampliarsi con l’arrivo in società di Eugenio: «Mio fratello è agronomo e il supporto iniziale al progetto si è trasformato nel tempo in aiuto materiale; è lui ad occuparsi della gestione del luppoleto, della produzione e delle fasi di processazione per Italian Hops Company. Il nostro obiettivo è di ampliare la coltivazione aggiungendo ettari di luppoleto fino ad arrivare, nel tempo, a 15».

La capacità di guardare avanti e di andare oltre il conosciuto, sono le caratteristiche che hanno trasformato in soli quattro anni, il sogno di Ludovico in una realtà ben radicata a terra, pronta a crescere ancora designandolo come il degno erede di Alfonso Magiera che guarderebbe con orgoglio ai millenial pronipoti modenesi, figli della sua stessa terra. Molto lavoro resta ancora da fare in merito ad una normativa che tuteli e aiuti le aziende agricole che vogliono misurarsi con la coltivazione del luppolo, ma molto è stato fatto, le basi sono state gettate ed è ora di raccogliere il testimone di quel documento del 1875 nel quale si valutavano i pro e i contro di questa coltivazione. Inutile dire che erano maggiori i pro ed ora, ad ulteriore conferma raccolta, non resta altro che rimboccarsi le maniche e lavorare la terra! ★

This article is from: