EDITORIALE
Perché l’Italia non cresce più da vent’anni?
ANGELO ARTALE, Direttore Generale Finco
Occorre cambiare passo, ma bisogna farlo sul serio
A
novembre Finco ha inviato al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, un documento con alcune riflessioni in merito alla prolungata mancanza di crescita del Paese. Il titolo del documento, non a caso, è: “Perché l’Italia da vent’anni non cresce più”. Non solo l’Italia non cresce da vent’anni, ma è anche ultima nelle previsioni di innalzamento del PIL per il 2020. Nell’anno appena iniziato in Europa non c’è Paese che farà peggio di noi, con un previsto (striminzito) +0.4 % (ma ora già ridimensionato), lontano dal già non entusiasmante +1.4 % della media europea. In sostanza, gli ultimi degli ultimi.
Si può continuare così ? È possibile trovare i segnali di questa consapevolezza di effettuare quell’urgente e radicale cambio di passo cui abbiamo dedicato il titolo del documento? Certamente no! Anche le recenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio sui principali temi economici brillano per genericità (Corriere della Sera, 13 gennaio 2020). La vicenda Alitalia è l’emblema di un approccio demagogico – e va avanti ormai da anni – che continua a sacrificare il futuro del nostro Paese, soprattutto dei suoi giovani, sull’altare del consenso; tutti i manager apicali che si sono succeduti andrebbero denunciati per omissione di atti di ufficio per non avere portato i libri in Tribunale, come da legge societaria. Anche il caso Tirrenia si sta avvicinando ai livelli raggiunti da Alitalia grazie al club dei “professionisti” dei disastri (come si può leggere in un recente articolo comparso su La Repubblica). Non parliamo, poi, delle forze sindacali andate in audizione parlamentare sul tema – senza vergogna – a sollecitare un prestito più sostanzioso, più lungo e che rigettano qualunque piano di revisione del numero di dipendenti.
Vale la pena di riportare integralmente il passo di una recente intervista tratta da Il Foglio (10.01.20) di Maria C. Cipolla e rilasciata da Tommaso Valletti, ex Direttore Generale alla Direzione Concorrenza della Commissione Europea: “... ho dovuto, poi, guardare anche dentro al buco di Alitalia. È un dossier ormai politico, dal punto di vista tecnico lo conosco molto bene ed è stato consentito tanto, fin troppo. Anche sulla legge che permette l’ultimo dei finanziamenti possibili, Roma ha dato risposte lente, incomplete: puntano sul fatto che l’Ue non ha vantaggi a fare muso duro, perché le ripercussioni sulla concorrenza sono minuscole, Alitalia è ormai un piccolo vettore. È un pozzo che mangia soldi senza molto senso economico...”. Pertaltro, come dimostra una foto postata dal deputato PD Filippo Sensi, è vergognoso che l’Aula della Camera fosse del tutto vuota quando, invece, avrebbero dovuto dibattere sul provvedimento di conferma degli ulteriori 400 milioni (che naturalmente non vedremo più) di prestito “ponte” ad Alitalia. Da questi casi, emblematici come Alitalia, forse derivano le non risposte a chiarimento della mancata crescita del Paese. Va detto a chiare lettere che le motivazioni di questo sfacelo vanno ricercate per il 90% all’interno del Paese. Neanche con l’aiuto del Quantitative Easing e del prezzo basso del petrolio siamo riusciti a far registrare tassi di crescita decenti: non c’è scusa che tenga. Rispondere dunque al quesito iniziale non è semplice, specie nello spazio di un editoriale. In aggiunta, mi sento di affermare: è inutile sperare troppo nella digitalizzazione e nell’innovazione tout-court. Nell’immediato – e forse non solo – ridurrà i posti di lavoro o almeno “quelli” tradizionalmente difesi.
www.casaeclima.com n.84
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