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DOP/IGP: La Corte di Giustizia stringe le maglie del concetto di evocazione
Il caso Champanillo
Non c’è pace nel mondo delle denominazioni tutelate. L’obiettivo di assicurare una tutela quanto mai estesa ha spinto la Corte di Giustizia a ravvisare un’evocazione illecita non solo in relazione ai prodotti ma anche ai servizi. È del settembre 2021 la sentenza dei Giudici di
Lussemburgo, Quinta sezione, nella Causa C.783/2019 con cui passa il principio della tolleranza zero contro ogni forma di usurpazione, imitazione, evocazione già adottato nelle precedenti pronunce.
Il caso
Una catena di bar spagnoli di tapas utilizzava nella propria denominazione il termine “CHAMPANILLO” unitamente a un’immagine raffigurante due coppe riempite di una bevanda spumante, per designare e promuovere i propri locali di ristorazione sia tramite insegne che attraverso i social network. L’organismo di tutela degli interessi dei produttori di champagne (Comité interprofessionnel du Vin de Champagne – CIVC) adisce i giudici spagnoli al fine di ottenere il divieto di usare il termine “CHAMPANILLO” – che in lingua spagnola significa “piccolo champagne” – in quanto l’uso di tale termine costituirebbe una violazione della denominazione d’origine protetta (DOP) “Champagne”. In primo grado il Tribunale ha ritenuto che l’uso del segno CHAMPANILLO non richiamasse la DOP “Champagne”, in quanto tale segno non si riferiva a una
È era necessario chiarire se il termine “CHAMPANILLO”, che in lingua spagnola significa “piccolo champagne”, fosse o meno evocativo della DOP “Champagne”
bevanda alcolica, ma a locali di ristorazione – in cui non si commercializza champagne – e, quindi, a prodotti diversi da quelli protetti dalla DOP, destinati a un pubblico diverso e, pertanto, non violava tale denominazione. La Corte provinciale di Barcellona, adita in appello, ha chiesto alla Corte di Giustizia di interpretare il diritto dell’Unione in materia di protezione dei prodotti DOP/IGP e in particolare di stabilire se fosse possibile utilizzare tali nomi registrati per indicare dei servizi e non dei prodotti.
Le norme
La Corte parte dalla disamina del regolamento (UE) 1308/2013 che contiene al suo interno la disciplina delle Denominazioni di origine, indicazioni geografiche e menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo. Il considerando 97 di tale regolamento afferma che: “Le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche registrate dovrebbero essere protette dagli usi che sfruttano la notorietà dei prodotti conformi. Per incoraggiare la concorrenza leale e non trarre in errore i consumatori, la protezione dovrebbe essere estesa anche ai prodotti e ai servizi non disciplinati dal presente regolamento, inclusi quelli non compresi nell’allegato I dei trattati”. L’articolo 103, intitolato “Protezione”, disciplina i diversi livelli di tutela assicurata a tali denominazioni. In particolare: § “1. Le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette possono essere utilizzate da qualsiasi operatore che commercializza vino prodotto in conformità con il relativo disciplinare di produzione. § 2. Le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette e i vini che usano tali denominazioni protette in conformità con il relativo disciplinare sono protette contro: § a) qualsiasi uso commerciale diretto o indiretto del nome protetto: § i) per prodotti comparabili non conformi al disciplinare del nome protetto, o § ii) nella misura in cui tale uso sfrutti la notorietà di una denominazione di origine o di una indicazione geografica; § b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto o servizio è indicata o se il nome protetto è una traduzione, una trascrizione o una traslitterazione o è accompagnato da espressioni quali
“genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”,
“imitazione”, “gusto”, “come” o espressioni simili. § c) qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all’origine, alla natura o alle quali-
Avv. Chiara Marinuzzi
Studio Legale Gaetano Forte Diritto penale agroalimentare e sicurezza alimentare
tà essenziali del prodotto usata sulla confezione o sull’imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi al prodotto vitivinicolo in esame nonché l’impiego, per il condizionamento, di recipienti che possono indurre in errore sulla sua origine; § d) qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto.”
La Corte richiama inoltre quanto previsto dal regolamento (UE) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari nel cui considerando 32 si legge che: “La tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dovrebbe essere estesa ai casi di usurpazione, imitazione ed evocazione dei nomi registrati relativi sia a beni che a servizi, onde garantire un livello di tutela elevato e analogo a quello che vige nel settore vitivinicolo. È opportuno tener conto della comunicazione della Commissione intitolata ‘Orientamenti sull’etichettatura dei prodotti alimentari ottenuti da ingredienti a denominazione di origine protetta (DOP) e a indicazione geografica protetta (IGP)’ quando le denominazioni di origine protette o le indicazioni geografiche protette sono utilizzate come ingredienti”.
Si configura un’evocazione quando l’uso di una denominazione produce, nella mente di un consumatore europeo medio, un nesso sufficientemente diretto e univoco tra tale denominazione e la DOP
In primo grado il Tribunale ha ritenuto che l’uso del segno CHAMPANILLO non richiamasse la DOP “Champagne”
La decisione
La normativa sulla quale la Corte è stata chiamata a pronunciarsi come si è visto è il regolamento (UE) n. 1308/2013 e in particolare l’art. 103, par. 2, lett. b) relativo alle condotte che non utilizzano né direttamente né indirettamente la denominazione protetta ma la suggeriscono in modo tale che il consumatore sia indotto a stabilire un nesso di vicinanza con quest’ultima. Nel caso di specie era necessario chiarire se il termine “CHAMPANILLO”, risultante dalla combinazione del termine spagnolo “chàmpan” con il suffisso diminutivo “illo”, che in lingua spagnola significa “piccolo champagne”, fosse o meno evocativo della DOP “Champagne”. La Corte di Lussemburgo, innanzitutto, ha precisato che la disposizione in oggetto protegge le denominazioni DOP/ IGP da condotte relative a nomi evocativi sia nei confronti di prodotti che di servizi al fine di garantire una protezione ad ampio raggio destinata a estendersi a tutti gli usi che sfruttano la notorietà associata ai prodotti protetti da un’indicazione geografica. Il regolamento OCM è infatti diretto a tutelare i consumatori affinché i prodotti agricoli muniti di un’indicazione geografica registrata presentino caratteristiche peculiari e offrano una garanzia di qualità dovuta alla loro provenienza geografica, consentendo allo stesso tempo agli operatori agricoli di impedire che soggetti terzi si avvantaggino abusivamente della notorietà discendente dalla qualità di tali prodotti. In secondo luogo, i giudici comunitari hanno rilevato che il regolamento non contiene indicazioni relative al fatto che la protezione contro qualsiasi evocazione sarebbe limitata alle sole ipotesi in cui i prodotti designati da DOP e i prodotti o servizi per i quali viene utilizzato il segno controverso siano “comparabili” o “simili”. In altre parole, il criterio per individuare un’evocazione si basa sulla percezione che il consumatore ha della denominazione e prescinde dall’ambito merceologico nel quale la denominazione si inserisce: secondo la giurisprudenza comunitaria, per riconoscere un’evocazione occorre verificare se il consumatore, in presenza di una denominazione controversa, sia indotto a configurare come immagine di riferimento, la merce protetta dalla DOP/IGP. È pertanto essenziale accertare il nesso che il consumatore stabilisce tra il termine utilizzato per designare il prodotto/servizio in questione e l’indicazione geografica protetta. Alla luce delle considerazioni sviluppate dalla Corte: “si configura [un’evocazione] quando l’uso di una denominazione produce, nella mente di un consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, un nesso sufficientemente diretto e univoco tra tale denominazione e la DOP. L’esistenza di un tale nesso può risultare da diversi elementi, in particolare, dall’incorporazione parziale della denominazione protetta, dall’affinità fonetica e visiva tra le due denominazioni e dalla somiglianza che ne deriva, e anche in assenza di tali elementi, dalla vicinanza concettuale tra la DOP e la denominazione di cui trattasi o ancora da una somiglianza tra i prodotti protetti da tale medesima DOP e i prodotti o servizi contrassegnati da tale medesima denominazione”. Spetta al giudice nazionale effettuare tale valutazione, tenendo conto dell’insieme degli elementi che caratterizzano l’uso della DOP/IGP e il contesto in cui avviene l’uso. Nel caso di specie il Tribunale spagnolo, al fine di verificare la sussistenza di un’evocazione (vietata), sarà quindi chiamato a verificare se la denominazione riservata ai tapas bar “CHAMPANILLO” sia tale da creare nella mente del consumatore medio europeo un nesso diretto e univoco con la bevanda DOP francese “Champagne”.
Conclusioni
Con questa pronuncia viene ulteriormente rafforzata la tutela delle Indicazioni Geografiche, confermando l’orientamento estremamente rigoroso contro ogni forma di usurpazione, imitazione, evocazione adottato dalla Corte europea con le ultime sentenze (v. C-614/17 - sentenza del 2.05.2019 “Queso Manchego” e C-490/19 - sentenza del 17.12.2020 “Fromage Morbier”). Il contesto deve indurre l’operatore a fare molta attenzione in ogni forma di utilizzo di indicazioni che possano evocare o richiamare una denominazione tutelata al fine di non incorrere in sanzioni sia di tipo amministrativo che di tipo penale.