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Produzioni più green: è forse giunta l’ora di abbandonare l’insilato?

Ne è convinto Angelo Frascarelli, che propone questa soluzione a favore di un’alimentazione a secco, più sostenibile, al fine di ridurre le emissioni di CO2 da parte degli animali. Pareri favorevoli e discordi tra i nostri intervistati

Martina Halker

Abbiamo voluto approfondire con alcuni produttori lattiero-caseari le affermazioni del professor Angelo Frascarelli del Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Ambientali dell’Università di Perugia apparse su Terra mantovana lo scorso 28 gennaio. In particolare Frascarelli propone, fra le soluzioni per ridurre l’impatto ambientale, l'utilizzo delle energie rinnovabili (biogas e fotovoltaico), ma anche l’abbandono dell’insilato per ridurre le emissioni di CO2 da parte degli animali. Alla domanda precisa del giornalista: “Con una forte spinta verso la direzione verde, quali soluzioni suggerisce alla imprese zootecniche mantovane?”, Frascarelli ha così risposto: “Mantova, insieme a Brescia e Cremona saranno fra le province d’Italia che dovranno cambiare di più, perché il tipo di agricoltura che oggi praticano richiede un rinnovamento che mantenga la produzione, ma con una forte innovazione. Questo per ridurre la dispersione di nutrienti nel suolo, tagliare l’impiego di agrofarmaci e per una zootecnia nuova, moderna, che non si basi solo sulla resa di latte per vacca come indicatore, ma guardi agli effetti ambientali e contenga le emissioni di gas serra. Non possiamo sottovalutare che la zootecnia della pianura padana subirà accuse crescenti di responsabilità nei confronti del cambiamento climatico. Questo a prescindere dall’effettiva responsabilità, sarà inevitabile prepararsi per una zootecnia che riduca gli effetti ambientali negativi”. Entrando nel concreto, Frascarelli ha poi spiegato che: “Bisognerà applicare le soluzioni di agricoltura e zootecnia 4.0; tutti gli allevamenti dovranno avere un impianto di biogas, che sarà ulteriormente rifinanziato dalla nuova PAC, ma anche il fotovoltaico su tutti i tetti. Soprattutto gli alle-

ANGELO FRASCARELLI

Professore del Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Ambientali dell’Università di Perugia

“La richiesta di maggiore sostenibilità e di economia circolare porterà a molti cambiamenti, tra cui anche il superamento dell’insilato”

vatori saranno costretti ad abbandonare l’insilato per una alimentazione a secco, che è più sostenibile. Ciò significa che ci vorrà una forte innovazione, perché non vogliamo ridurre le produzioni, ma dobbiamo necessariamente rispondere alle aspettative ambientali. Bisognerà raggiungere gli obiettivi di una zootecnia circolare, che riutilizza tutti i rifiuti e i reflui, che produce energia rinnovabile e che riduce l’impatto della CO2 prodotta dai rumini. È questa la strada da percorrere”.

ABBANDONARE L’INSILATO? SÌ, NO, FORSE

Ai nostri interlocutori abbiamo chiesto di commentare le affermazioni di Frascarelli, soprattutto quella che riguarda l’abbandono da parte degli allevatori dell’insilato per una alimentazione a secco che è più sostenibile, tenendo conto che le province di Brescia, Cremona e Mantova producono, anche grazie all’insilato di mais, il 30% del latte nazionale e il 70% di Grana Padano DOP. Le reazioni sono state diverse.

ENERGIA FOTOVOLTAICA? UNA GRANDE OPPORTUNITÀ

Giovanni Guarneri, Coordinatore nazionale settore Lattiero-Caseario Alleanza Cooperative Italiane, ha risposto: “Tengo in grande considerazione le valutazioni del professore Frascarelli e il tema generale della circolarità sollevato è di primaria importanza nel solco di un’evoluzione sempre più sostenibile dell’attività agricola e zootecnica. Condivido la grande opportunità che la produzione di energia fotovoltaica è per la zootecnia, in particolare se si riflette sul fatto che mentre si ha il massimo irraggiamento, spesso nel periodo estivo, si ha anche il massimo fabbisogno energetico per il raffrescamento delle stalle. È molto importante anche l’evoluzione degli impianti di biogas che si integrano molto bene con la zootecnia professionale, la quale vede allevamenti di medie dimensioni in crescita e con dotazioni di reflui adatti alla fermentazioni in aumento. Ciò anche nel più generale quadro del migliore sfruttamento possibile dei liquami, come fertilizzanti già disponibili in azienda, e della contemporanea riduzione delle emissioni di metano. Trovo invece difficile immaginare l’attività zootecnica senza la produzione di mais, laddove le condizioni agronomiche ne permettono un’efficiente produzione, perché è una straordinaria coltura che permette di ottenere, con un ridotto utilizzo di suolo, ottime quantità di nutrienti zootecnici molto importanti. Diversamente occorrerebbe più suolo e inevitabilmente l’efficienza produttiva diminuirebbe e i costi di produzioni diretti (alimenti necessari aggiuntivi per mancata produzione aziendale) e indiretti (la maggiore dotazione di terreno) aumenterebbero sostanzialmente”.

GIOVANNI GUARNERI

Coordinatore nazionale settore Lattiero-Caseario Alleanza

Cooperative Italiane

“Trovo difficile immaginare l’attività zootecnica senza la produzione di mais”

ALIMENTAZIONE A SECCO E INSILATO COESISTERANNO

Stefano Berni, Direttore generale del Consorzio Grana Padano, spiega: “Che vi sarà, in prospettiva, un maggiore utilizzo di secco, lo ritengo probabile. Anche l’uso dell’insilato proseguirà, tuttavia occorrerà rendere sempre meno impattante il silomais attraverso accorgimenti, limitazioni e adozione di alimentazione di precisione e dell’economia circolare”.

È NECESSARIO UN CORRETTO BILANCIAMENTO DELLA DIETA

Mauro Donda, Direttore generale di A.I.A., spiega che: “L’Associazione Italiana Allevatori sta lavorando da tempo – e non potrebbe essere altrimenti – per accompagnare il settore zootecnico verso gli obiettivi che il mercato e le politiche di settore stanno indicando molto chiaramente. Quando si parla di sostenibilità degli allevamenti, dobbiamo avere chiaro il concetto che si tratta di trovare un equilibrio tra la sostenibilità economica, quella ambientale e quella legata al benessere animale. Sotto il profilo tecnico-produttivo le strumentazioni, le tecnologie e le conoscenze che oggi abbiamo a disposizione stanno guidando concretamente il settore zootecnico all’interno un percorso virtuoso di economia circolare. I fattori che concorrono al raggiungimento di questi obiettivi sono molteplici: l’organizzazione aziendale, il modello di allevamento, le strutture, la genetica degli animali e, non da ultimo, l’alimentazione. La razione a base di cereali e mais riveste un ruolo centrale. In fatto di emissioni sappiamo che un corretto bilanciamento della dieta concorre al contenimento delle emissioni enteriche. Anche l’attenzione a un maggiore riuso degli effluenti dell’attività zootecnica, per tramutarli in risorse, è fondamentale. Vediamo quindi con favore lo sviluppo di impianti a biogas, purché correttamente dimensionati sulle singole realtà aziendali. Si tratta, in ogni caso, di

STEFANO BERNI

Direttore generale del Consorzio

Grana Padano

“Occorrerà rendere sempre meno impattante il silomais”

MAURO DONDA

Direttore generale di A.I.A.

“Sostenibilità degli allevamenti: trovare un equilibrio tra la sostenibilità economica, quella ambientale e quella legata al benessere animale”

realizzare miglioramenti possibili, graduali e costanti. Soluzioni drastiche e velleitarie rischiano di non essere efficaci e di mettere in crisi un settore che già di per sé è esposto a molti rischi. Visti gli argomenti trattati, vale la pena ricordare che già da qualche anno A.I.A. è capofila, con importanti partner, dell’innovativo progetto LEO (Livestock Environment Opendata) che tra i parametri studiati, ai fini della creazione di una banca dati digitale “open” condivisa, annovera anche quelli destinati a misurare (e ridurre) l’impatto ambientale dell’attività zootecnica, a contrastare le alterazioni climatiche (minore emissione di gas serra) e quelli necessari per studiare un miglior utilizzo delle risorse, per ridurre il consumo di acqua, cibo per l’alimentazione animale e energia”.

LA ZOOTECNICA DEVE VALORIZZARE IL MAIS

Il Presidente della Copagri Lombardia, Roberto Cavaliere, spiega la sua posizione: “Sulla questione dell’alimentazione degli animali bisogna, a nostro avviso, puntare a una zootecnia che riprenda la valorizzazione del mais, coltivazione sulla quale si registra negli ultimi anni un allarmante calo produttivo del 50% circa, in modo da poter preservare la distinzione e le specificità delle principali produzioni agroalimentari lombarde e nazionali. Riteniamo, inoltre, che il punto di-

rimente sia la relazione tra il contesto produttivo e la sostenibilità economica e ambientale di quell’area. In altre parole, il modello zootecnico a cui tendere deve essere sostenibile, ovvero basato su uno stretto connubio e una correlazione costante tra la capacità del territorio e l’imprenditorialità. Ricordiamo infatti, a tale proposito, che il silomais è un elemento caratterizzante di molte tipicità del nostro Made in Italy agroalimentare. Per questo motivo puntiamo a una zootecnia non generalizzata, ma sostenibile e che possa essere adattata ai territori, sviluppando modelli virtuosi in considerazione della specificità del territorio e dell’ambiente. Crediamo e promuoviamo una zootecnia che sviluppi il miglioramento tecnologico e valorizzi i reflui zootecnici, non solo con impianti di biogas, ma attraverso nuovi impianti di gestione delle deiezioni animali che possano favorire l’arricchimento dei suoli di sostanza organica “nobile”, che da sempre rappresenta la base della buona pratica agricola e conseguentemente del non impoverimento dello strato fertile dei terreni. Puntiamo, inoltre, a una zootecnia che possa considerare le produzioni animali alla base dello sviluppo economico circolare in un sistema di prevalenza rispetto alle produzioni di energia che, invece, deve rimanere attività connessa all’agricoltura e non la principale. In tale contesto, la riforma della PAC deve puntare sulla zootecnia quale sistema virtuoso dell’economia circolare, potenziandone tutti quei fattori oggi ritenuti critici attraverso lo sviluppo delle tecnologie e della ricerca. Il risultato della nuova zootecnia dovrà essere “sostenibile” e connesso a un sistema di filiere del giusto prezzo che possa trasmettere ai consumatori finali il miglior prodotto a un prezzo equo e ai produttori un valore adeguato ai costi di gestione a oggi troppo elevato. In conclusione, è giusto ribadire che i concetti ambientali sulle emissioni in atmosfera e sull’inquinamento delle falde acquifere sono più da attribuire ad altri comparti che al settore agricolo, il quale storicamente contribuisce a preservare il ciclo della vita, in un equilibrio immutato nei secoli”.

ROBERTO CAVALIERE

Presidente della Copagri

Lombardia

“La riforma della PAC deve puntare sulla zootecnia quale sistema virtuoso dell’economia circolare”

FAUSTO TURCATO

Presidente della Latteria

Sociale Mantova

Soc. Agr. Coop.

“Con il silomais siamo cresciuti molto”

LA RISPOSTA È NO

La pensa in modo diametralmente opposto a Frascarelli Fausto Turcato, Presidente della Latteria Sociale Mantova Soc. Agr. Coop., il quale afferma: “Noi siamo contrari, con il silomais siamo cresciuti molto. Anche se fuori quota”.

SCENARI FUTURI

Interpellato da noi, il professor Angelo Frascarelli del Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Ambientali dell’Università di Perugia su quando dovrebbe avvenire all’abbandono dell’insilato di mais nell’alimentazione delle lattifere e quali sarebbero gli effetti sulla sostenibilità ambientale, economica e commerciale di tale cambiamento strategico, ci ha così risposto: “La richiesta di maggiore sostenibilità e di economia circolare porterà a molti cambiamenti, tra cui anche il superamento dell’insilato. Non sarà un evento immediato, ci vorranno circa 10 anni. I cambiamenti saranno dettati dagli studi sulle emissioni di CO2 e dalle pressioni dei cittadini. Il tema è in evoluzione”.

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