LE MIE OLIMPIADI di Ahmed Bini
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INDICE
Introduzione
Il motto Il CIO La nascita delle Olimpiadi Moderne
Le origini
Pierre de Coubertin
Boicottaggio ed Embargo
Boicottaggio Embargo Differenze tra boicottaggio ed embargo
Olimpiadi dal 1896 al 1972
Atene 1896 Parigi 1900 St. Louis 1904 Londra 1908 Stoccolma 1912 Berlino 1916 Anversa 1920 Parigi 1924 Amsterdam 1928 Los Angeles 1932 Berlino 1936 Helsinki 1940 Londra 1944 Londra 1948 Helsinki 1952 Melbourne 1956 Roma 1960 Tokyo 1964 Città del Messico 1968 Monaco 1972
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Olimpiadi dal 1976 al 1996
Montreal 1976 Mosca 1980 Los Angeles 1984 Seul 1988 Barcellona 1992 Atlanta 1996
29 29 31 33 34 35 36
Muhammad Ali
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Olimpiadi dal 2000 al 2020
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Sydney 2000 Atene 2004 Pechino 2008 Londra 2012 Rio de Janeiro 2016 Tokyo 2020
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Conclusioni
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Le fonti
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Introduzione Il Motto Citius! Altius! Fortius! E’ il motto ufficiale delle Olimpiadi e del Comitato Olimpico Internazionale. Ideato dallo scrittore e frate dominicano Henry Martin Didon e impiegato dal barone Pierre De Coubertin già dal Congresso del 1894, fu adottato alle Olimpiadi di Parigi del 1924. Il motto vuole sottolineare l’impegno costante, lo slancio fisico e ideale, l’ambizione a superare i propri limiti. Lo scopo dell’olimpismo è di mettere ovunque lo sport al servizio dello sviluppo armonico dell’uomo, per favorire l’avvento di una società pacifica, impegnata a difendere la dignità umana. Assieme al motto ufficiale c’è n’è un altro, non ufficiale ma forse più noto: lo sport e la politica devono rimanere separati. Tuttavia la storia delle Olimpiadi moderne è una storia che si intreccia con quella della politica internazionale, oltre che con le tante trasformazioni che hanno accompagnato gli ultimi centoventi anni.
Il CIO Il Cio, Comitato Olimpico Internazionale, venne fondato nel giugno del 1894, in occasione del Congresso internazionale di Parigi, per lo studio e la diffusione dell'attività fisica amatoriale. Al pari dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), ha una propria struttura, un proprio regolamento che ne definisce gli organi, le finalità, i mezzi, il budget e così via. Inoltre il CIO può rivendicare un’estensione globale: l’Organizzazione delle Nazioni Unite riconosce 193 Stati membri mentre il Comitato olimpico internazionale riconosce 204 comitati olimpici nazionali e ha inoltre i propri ambasciatori.
La nascita delle Olimpiadi Moderne L’origine delle Olimpiadi moderne deve essere rintracciata nella cultura politica di fine Ottocento e nelle sue contraddizioni intrinseche: il darwinismo sociale, la crescita di nazionalismi tra loro rivali, ma anche progetti pacifisti. L’unione di questi elementi, che si concretizza nella persona e nei progetti del barone Pierre de Coubertin, accompagna lo svolgimento delle prime edizioni delle Olimpiadi. Nel Congresso del 1894 viene deciso che i primi Giochi si sarebbero tenuti ad Atene nel 1896, a Parigi nel 1900 ed in una città degli Stati Uniti nel 1904, che sarebbe poi stata St. Louis.
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Le Origini Pierre de Coubertin Pierre de Coubertin, nato a Parigi il 1° Gennaio 1863 e morto a Ginevra il 2 Settembre 1937, è stato un dirigente sportivo, pedagogista e storico francese, conosciuto per essere stato il fondatore dei moderni Giochi olimpici. Era di antiche origini italiane, nato da una famiglia aristocratica, quarto figlio di Charles Louis de Frédy (1822-1908), e di Agathe Marie Marcelle Gigault de Crisenoy (1823-1907). Per l’idea di riproporre i Giochi Olimpici dell’antica Atene in chiave moderna, venne ispirato da una sua visita ai colleges e alle università britanniche e statunitensi, in particolare dal rugby di cui fu presto appassionato e si impegnò in seguito nel miglioramento del sistema educativo. Parte di questo miglioramento sarebbe stato affidato all'educazione sportiva, che pensava avrebbe costituito una parte importante dello sviluppo personale dei giovani. Iniziò una campagna di promozione dello sport scolastico e pubblicò una serie di libri e articoli che sottolineavano la priorità di rigenerare la società francese attraverso la rieducazione fisica e morale delle future élite del paese dopo la sconfitta nella guerra franco-prussiana nel 1870. Tuttavia il corpo degli insegnanti e i genitori degli alunni non seguirono le sue convinzioni. Nel 1888 fu eletto al consiglio comunale di Mirville, ma l'esperienza politica ebbe breve durata e la pedagogia e lo sport divennero i suoi unici centri di interesse. Nei suoi scritti rivela di essere stato ispirato principalmente da Thomas Arnold (1795-1842), rettore del Collegio inglese di Rugby, i cui insegnamenti erano stati ben riassunti da Thomas Hughes nel libro Tom Brown's schooldays. Da Arnold derivava un concetto divenuto poi fondamentale nella pedagogia anglosassone, cioè che lo sport potesse fungere da elemento di educazione, suscettibile di preparare adeguatamente, fin dalla scuola, alle future lotte della vita. Le teorie di Arnold attrassero grandemente de Coubertin, che quale buon patriota soffriva in quegli anni, al pari di molti suoi connazionali, le conseguenze morali della sconfitta subita dalla Francia nella guerra del 1870 contro la Germania. A tutti questi elementi de Coubertin collegò fin dal principio quanto aveva appreso dai suoi studi sull'antica Grecia e soprattutto su quei Giochi Olimpici che lo avevano affascinato. Fra il 1875 e il 1881 una spedizione tedesca diretta dall'archeologo Ernst Curtius aveva riportato alla luce proprio i resti di Olimpia, teatro degli agoni più celebri dell'antichità. Cosi de Coubertin, ispirato anche da questi eccezionali ritrovamenti, concepì una competizione internazionale per promuovere l'atletica e, grazie al crescente interesse mondiale per le olimpiadi antiche (per le citate scoperte archeologiche), escogitò una strategia per riportare in vita i giochi olimpici. Per pubblicizzare il suo progetto, de Coubertin organizzò un congresso internazionale, il 23 giugno 1894 alla Sorbona di Parigi, dove annunciò per la prima volta l'idea di recuperare gli antichi giochi olimpici. Il congresso portò all'istituzione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), del quale de Coubertin divenne segretario generale. Presidente fu nominato il greco Demetrius Vikelas. Il congresso decise inoltre che la prima olimpiade moderna si sarebbe
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svolta in Grecia, ad Atene, nel 1896. I primi Giochi si rivelarono un successo, il che convinse de Coubertin ad assumere in prima persona la guida del CIO, succedendo allo stesso Vikelas. Nonostante il successo iniziale, il movimento olimpico affrontò tempi duri, quando i Giochi del 1900 (nella Parigi di de Coubertin) e del 1904 (a St. Louis) ricevettero poca attenzione. Questa situazione cambiò in meglio dopo le olimpiadi intermedie del 1906 (tra l'altro, non riconosciute ufficialmente) e i giochi olimpici crebbero fino a diventare il più importante evento sportivo del mondo, all'interno del quale il nobile francese aggiunse dei particolari importanti come i cinque cerchi e il giuramento olimpico. De Coubertin mantenne la presidenza del CIO fino ai Giochi del 1924 di Parigi, che si rivelarono un grande successo rispetto al primo tentativo del 1900. Successivamente cedette la presidenza al belga Henri de Baillet-Latour e si ritirò a vita privata. De Coubertin rimase presidente onorario del CIO fino alla sua morte, che avvenne in Svizzera, a Ginevra, nel 1937. Venne sepolto a Losanna (la sede del CIO), nel cimitero di Boisde-Vaux, anche se il suo cuore è stato seppellito separatamente, in un monumento vicino alle rovine dell'antica Olimpia. Fu anche l'ideatore della bandiera olimpica e di uno sport, il pentathlon moderno.
De Coubertin lasciò molti scritti, il più completo dei quali è probabilmente ‘Memorie olimpiche’, pubblicato in Italia da Mondadori nel 2003.
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Boicottaggio ed Embargo
Boicottaggio Il termine “boicottare” deriva dal capitano inglese Charles Boycott (1832-1897), un amministratore vissuto nel XIX secolo in Irlanda al soldo del Conte di Erne, ricco proprietario terriero, che non rifuggiva da vessazioni continue verso i contadini suoi affittuari. Quando ad un certo punto minacciò di sfrattare ingiustamente alcuni di questi contadini, tutti i suoi impiegati si rifiutarono di continuare a lavorare per lui, la comunità lo isolò completamente, i negozi smisero di servirlo, le lavandaie di lavargli i panni e le cuoche di fargli il pane. Le terre del conte cominciarono a inaridire e Boycott fu licenziato. Il boicottaggio è un'azione individuale o collettiva coordinata avente lo scopo di isolare, ostacolare e/o modificare l'attività di una persona, di un gruppo di persone, di un’azienda, di un ente o anche di uno Stato, in quanto ritenuta non conforme a un principio o ai diritti universali o a convenzioni sociali. Vi sono almeno tre tipi di boicottaggio: di "coscienza", "strategico" ed "etico-strategico". • Il boicottaggio di coscienza risponde allo scopo di compiere azioni volte a correggere un'attività considerata contraria ai principi morali o dannosa; • Il boicottaggio strategico ha invece finalità politiche o economiche e viene intrapreso da gruppi organizzati o anche da stati o organizzazioni internazionali, al fine di modificare comportamenti in atto presso altri gruppi o stati, usando ritorsioni economiche e commerciali sugli stessi; • Il boicottaggio etico-strategico condivide in qualche maniera entrambi i precedenti tipi. Consiste in una forma di ribellione e rifiuto di prodotti "eticamente scorretti", ma in maniera "strategica", vale a dire un boicottaggio che porti dei danni economici alle aziende incriminate.
Embargo Per embargo si intende il blocco degli scambi commerciali deciso da uno o più paesi nei confronti di un paese terzo, solitamente per motivi politici o economici. La Carta delle Nazioni Unite prevede che il Consiglio di sicurezza possa decidere l’adozione di misure di embargo contro uno Stato colpevole di una minaccia alla pace, di una violazione della pace o di un atto di aggressione. Le Nazioni Unite, inoltre, sono intervenute con l’embargo per reprimere violazioni gravi dei diritti umani.
Differenze tra boicottaggio ed embargo In conclusione le differenze tra embargo e boicottaggio sono queste: l’embargo è un blocco commerciale fatto per motivi politici o economici, mentre il boicottaggio riguarda azioni di tipo generale, messe in opera per motivi morali, politici o economici. 7
Olimpiadi dal 1896 al 1972 I - Atene 1896 Furono i primi Giochi olimpici dell'era moderna, voluti dal barone Pierre de Coubertin e ufficializzati durante il primo congresso olimpico, che si tenne a Parigi il 23 giugno 1894, durante il quale nacque anche il Comitato Olimpico Internazionale. Parteciparono 285 atleti, di cui nessuno di sesso femminile, provenienti da quattordici nazioni. Nonostante le difficoltà nell’organizzazione, anche perché all’epoca la Grecia era in crisi economica, alle 15.30 del 6 aprile 1896 allo stadio Panathinaiko di Atene il re Giorgio I dichiarò aperte le prime Olimpiadi moderne. Il primo campione olimpico fu James Connolly, che vinse nel salto triplo, gara di apertura dei Giochi: gli americani vinsero ben 11 medaglie d’oro contro le 10 della Grecia, ma l’atleta più premiato fu il tedesco Carl Schuhmann, che vinse tre ori nella ginnastica e uno nella lotta. La gara più memorabile, in ogni caso, fu vinta da un greco: Spiridon Louis, pastore e portatore d’acqua, che trionfò nella maratona, la gara che prendeva il nome dalla leggendaria impresa di Fidippide. Curiosità: si parla di medaglie d’oro, argento e bronzo solo per chiarezza, visto che nella prima edizione dei Giochi moderni i vincitori venivano premiati con una corona di ulivo e una medaglia di argento, i secondi classificati con una medaglia di rame e un ramo d’alloro, mentre addirittura non era previsto alcun premio per i terzi.
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II - Parigi 1900 Le prime Olimpiadi moderne si erano rivelate un grande successo di pubblico. Nonostante le richieste della Grecia, che avrebbe voluto essere designata come sede unica dei Giochi, l’edizione successiva fu assegnata a Parigi. La proposta, anche questa volta, partì da De Coubertin, attratto dalla possibilità di far coincidere le Olimpiadi con l’Expo in programma nello stesso anno. Non vi fu cerimonia di apertura e di chiusura. A Parigi furono introdotte due importanti novità: l’ammissione delle donne alle gare e l’esclusione degli atleti dilettanti. Inoltre le nazioni partecipanti raddoppiarono (da 14 a 28), le discipline passarono da 9 a 20 e gli atleti in gara da 285 a quasi 1500. A Parigi arrivarono molte prime volte: il primo titolo olimpico della storia per l’Italia, con Giangiorgio Trissino nell’equitazione, seguito poi dallo sciabolatore Antonio Conte; la prima medaglia d’oro per un atleta asiatico, l’indiano Norman Pritchard, che vinse nei 200 e 200 ostacoli; e, naturalmente, la prima campionessa olimpica, ovvero la tennista inglese Charlotte Cooper.
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III - St. Louis 1904 Il CIO decise di assegnare i Giochi del 1904 alla città americana di St. Louis, sede della Louisiana Purchase Exposition. E, ancora una volta, le Olimpiadi si trasformarono in un’interminabile quanto disordinata sequenza di eventi sportivi durata quasi 5 mesi. Non solo: la posizione geografica di St. Louis scoraggiò molte federazioni e così furono solo 12 le nazioni rappresentate, con soli 651 atleti, meno della metà rispetto a Parigi. Ma la pessima organizzazione non fu il lato peggiore dei Giochi di St. Louis, che passeranno tristemente alla storia per aver ospitato le cosiddette “Antropological Days”. Apparentemente dedicate alla diffusione della cultura di popoli esotici provenienti da ogni parte del globo, queste “Giornate Antropologiche” si rivelarono ben presto per quello che erano: una manifestazione del razzismo imperante dell’epoca, nelle quali pigmei, inuit, ainu, sioux e altri ancora venivano fatti gareggiare in pseudo-sport come la lotta nel fango o il lancio della palla contro un palo del telegrafo, tra le risate e il disprezzo di migliaia di persone. Senz’altro una delle pagine più vergognose dello sport in ogni luogo ed epoca. A St. Louis furono introdotte alcune importanti novità. Innanzitutto, per la prima volta vennero assegnate le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo ai primi tre classificati. Furono quindi inseriti nel programma olimpico alcuni sport, come pugilato e pallacanestro, che da allora divennero punti fermi di tutte le future edizioni.
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IV - Londra 1908 Furono assegnate in un primo momento a Roma, che poi dovette rinunciare a causa della crisi economica italiana. Le Olimpiadi di Londra segnarono la rinascita dei Giochi dopo i fallimenti di Parigi e St. Louis. Ancora una volta furono fatti coincidere con una grande fiera internazionale, ma in questo caso la maggior parte delle gare furono concentrate nelle due settimane centrali di luglio, garantendo allo sport la necessaria visibilità. Inoltre, per la prima volta, fu costruito un impianto ad hoc (il White City Stadium, sede di gran parte delle competizioni) e un villaggio olimpico per ospitare gli atleti. Furono in tutto 2008 gli atleti che parteciparono ai Giochi di Londra (37 le donne), in rappresentanza di 22 nazioni, tra cui l’Italia, la cui spedizione era composta da 67 atleti. Curiosità: Australia e Nuova Zelanda si presentarono sotto un’unica bandiera, creata apposta per l’occasione, e con l’improbabile nome di Australasia. Per l’Italia arrivarono solo due ori, quelli di Alberto Braglia nella ginnastica e di Enrico Porro nella lotta, ma l’italiano più ricordato della IV Olimpiade fu Dorando Petri. Il garzone di Carpi dominò la maratona (per la prima volta portata a 42km e 195 metri), facendo il vuoto tra sé e gli avversari; ma, a un passo dal traguardo, crollò a terra. Fu aiutato a rialzarsi da un megafonista (che la leggenda vuole che fosse nientemeno che Arthur Conan Doyle) e tagliò il traguardo appena prima dell’americano Haynes. Gli Stati Uniti presentarono ricorso e la medaglia d’oro fu assegnata proprio al secondo classificato; ma né la decisione dei giudici, né il fatto che successivi controlli avessero accertato l’utilizzo da parte sua di sostanze dopanti, poterono oscurare la leggenda di Dorando Petri. Infatti, successivamente, egli ricevette un riconoscimento dalla regina Margherita d’Inghilterra.
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V - Stoccolma 1912 In Svezia, dove esordirono nazioni come Giappone e Russia, furono introdotte due innovazioni per l’epoca avveniristica: il fotofinish e il cronometraggio elettronico. Inoltre, si decise che sulla pista di atletica sarebbero state tracciate delle corsie per evitare che si ripetessero episodi come quello del 1908, quando nel corso della gara dei 400 metri piani due atleti americani ostacolarono volontariamente l’inglese Halswelle per favorire il loro compatriota Carpenter (poi squalificato). A sorpresa, la regina dei Giochi finì per essere la ginnastica: circa la metà dei 2400 atleti presenti a Stoccolma partecipò alle gare in programma in questa disciplina. Gli Stati Uniti confermarono il loro dominio nell’atletica leggera, con 41 medaglie. Le Olimpiadi di Stoccolma passarono alla storia per le gesta di un’atleta in particolare: James Thorpe, americano di sangue indiano, nato in una riserva algonchina dell’Oklahoma. Straordinariamente dotato, Thorpe conquistò due ori nel pentathlon e nel decathlon e meritandosi l’ammirazione del re di Svezia Gustavo V, che lo definì “il più grande atleta del mondo”. L’anno successivo, accusato di aver già giocato da semiprofessionista nel campionato di baseball, Thorpe si vide togliere le medaglie: solo nel 1983 gli furono riconsegnate d’ufficio. In ogni caso, quella dell’indiano Thorpe fu anche una rivincita morale sulle “Giornate Antropologiche” di St. Louis.
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VI - Berlino 1916 La Prima guerra mondiale, che dal 1914 al 1918 coinvolse buona parte dell'Europa e diversi paesi di altri continenti e dal 1917 gli Stati Uniti, mise il Comitato internazionale olimpico davanti a problemi nuovi e particolarmente gravi. L'attività sportiva divenne per ovvie ragioni molto precaria per tutte le nazioni coinvolte. Pierre de Coubertin scrive nelle sue Memorie: "La guerra creò uno stato di cose che rischiava di mettere in pericolo l'essenza stessa dell'istituzione olimpica". I Giochi del 1916 avrebbero dovuto svolgersi a Berlino, ma la Germania era una delle nazioni in guerra e aveva tra l'altro invaso il Belgio. Fin dall'inizio delle ostilità si capì che quei Giochi dovevano esser cancellati, pur salvando il numero progressivo di quella edizione (la sesta) in omaggio all'antica tradizione greca. Il CIO si trovò in difficoltà, avendo tra i suoi membri rappresentanti di tutte le potenze in guerra. L'organo internazionale non aveva una sede per così dire ufficiale. Ma il conflitto aveva creato una situazione nuova e lo stesso barone ebbe l'intelligenza di accorgersene: "Dopo avere avvisato quei membri con cui potevo ancora comunicare, decisi di rinunciare ad altre impossibili consultazioni e guardai alla neutrale Svizzera come sede ideale del CIO". Il progetto divenne realtà e la scelta fu a favore di Losanna che divenne sede amministrativa mondiale del CIO e dei suoi archivi il 10 aprile 1915, quando al Comune di quella città furono firmati gli accordi. Non c'è dubbio che quella scelta fosse indovinata: a quasi 90 anni da allora Losanna è ancora la sede del CIO.
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VII - Anversa 1920 Quando il grande conflitto ebbe fine (1918) de Coubertin e i suoi affrontarono il problema di ridare vita ai Giochi Olimpici. Già nel 1919 fu presa la decisione di assegnarli ad Anversa, nel Belgio, che per la verità aveva posto la sua candidatura fin dal giugno 1914, insieme a Budapest. Più tardi era stata avanzata anche quella di Lione, in Francia. La scelta definitiva a favore di Anversa, appoggiata da quelle che durante il conflitto erano definite le 'potenze alleate', fu in sostanza un gesto di sfida nei confronti dell'altra coalizione, composta da Germania, Austria, Ungheria, Bulgaria e Turchia, che era uscita sconfitta dalla guerra. E infatti il CIO decise di non invitare ai Giochi queste cinque nazioni. La Russia invece, pur invitata, rifiutò di prendervi parte per motivi politici. De Coubertin si rendeva conto che sarebbe stato rischioso far sfilare ad Anversa le squadre di coloro che, come i tedeschi, erano stati gli invasori del Belgio, visto che le ferite morali e materiali causate dalla guerra erano fin troppo recenti. Egli stesso, nelle sue Memorie, dirà più tardi che permettere ai tedeschi di partecipare a quei Giochi sarebbe stato imprudente. Ma aggiungeva anche: "D'altra parte, proclamare solennemente un qualsiasi ostracismo, sia pure all'indomani di un conflitto che aveva insanguinato l'Europa, sarebbe equivalso a derogare da quello spirito olimpico che fino ad allora era stato sempre così resistente; e quindi a creare un pericoloso precedente. La scelta di Anversa fu dettata dalla volontà di premiare uno dei paesi più devastati dal conflitto. Ma i Giochi del 1920 furono anche un punto di partenza: è da quell’edizione, infatti, che sui cieli della città ospite sventola la bandiera a cinque cerchi, in seguito diventata simbolo universale di fratellanza. La squadra statunitense si rivelò la migliore, collezionando 41 ori e 95 medaglie complessive. Ma, soprattutto, esplose la stella di Paavo Nurmi, il “finlandese volante”, uno dei più grandi atleti di ogni epoca. Il 23enne di Turku vinse in Belgio le prime 3 delle 9 medaglie d’oro della sua carriera olimpica, imponendosi nei 10.000 metri, nel cross individuale e nel cross a squadre, e conquistando anche l’argento nei 5000 metri. L’Italia, i cui atleti per la prima volta indossavano l’azzurro dei Savoia, raccolse 13 ori e 23 medaglie totali.
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VIII - Parigi 1924 Nel 1924 i Giochi ritornarono a Parigi per volontà del Barone De Coubertin, che intendeva vedere l’ultima edizione della sua presidenza (si dimise nel 1925) nella propria città, anche per consentirle di riscattare la pessima figura del 1900. Missione compiuta: nonostante le assenze di Germania e Unione Sovietica per motivi politici, l’Olimpiade del 1924 fu senza dubbio un successo organizzativo e di pubblico, oltre che sportivo. La Ville Lumière fu anche l’ideale punto d’incontro tra sport e cinema. Il nuotatore americano Johnny Weissmuller vinse i 100, 400 e 4x200 stile libero, oltre al bronzo nella pallanuoto; in seguito, dopo aver collezionato altri 2 ori ad Amsterdam nel 1928, lasciò il nuoto per diventare il più famoso Tarzan della storia del cinema. Interessante anche la vicenda sportivo-religiosa dei velocisti inglesi Eric Liddel e Harold Abrahams, rispettivamente cristiano fervente ed ebreo praticante, raccontata dal famoso “Momenti di Gloria” di Hugh Hudson del 1981. Curiosità: a Parigi ci fu l’ultima apparizione olimpica del rugby, escluso definitivamente dopo la violenta rissa tra pubblico e giocatori che fece seguito alla finale vinta dagli Stati Uniti sulla Francia.
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IX - Amsterdam 1928 Dopo due tentativi andati a vuoto per questioni politiche, nel 1928 Amsterdam ottenne finalmente la sua Olimpiade, aperta il 17 maggio e durata fino al 12 di agosto. I Giochi di Amsterdam, nonostante qualche falla nell’organizzazione – il Villaggio Olimpico non fu completato per tempo e così molte squadre furono costrette ad alloggiare nelle navi su cui erano giunte – furono un buon successo di pubblico. A livello agonistico, quella di Amsterdam fu una delle edizioni più equilibrate della storia olimpica. Gli Stati Uniti primeggiarono sì nel medagliere totale, ma totalizzando solo 56 medaglie contro le 90 di Parigi; al secondo posto chiuse la Germania con 36 medaglie (10 ori), al rientro ufficiale dopo le assenze post-belliche del ’20 e del ’24. L’Italia portò a casa 19 medaglie, di cui 7 ori. Più che da grandi imprese sportive, dunque, quella di Amsterdam fu un’edizione caratterizzata da molte “prime volte”: fu la prima Olimpiade post-de Coubertin; la prima ad avere uno sponsor ufficiale, l’immancabile Coca-Cola; la prima in cui le donne ebbero un ruolo di primo piano, con ben 300 iscritte anche in discipline prima “proibite” come l’atletica; e, soprattutto, la prima ad essere battezzata dalla fiamma olimpica, da qui in avanti uno dei simboli più potenti dello sport a livello globale.
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X - Los Angeles 1932 Parigi aveva avuto nel 1924 la possibilità di redimere la pessima Olimpiade del 1900; e così, nel 1932 toccò agli americani, chiamati a cancellare a Los Angeles il ricordo di St. Louis, l’edizione più disastrosa della storia dei Giochi moderni. E ci riuscirono: tutti gli atleti furono per la prima volta ospitati in un Villaggio Olimpico (e le donne in hotel) e in generale l’organizzazione fu giudicata molto positiva. Tuttavia, a causa della Depressione e della posizione geografica della città californiana, i Giochi di Los Angeles videro la partecipazione di soli 1332 atleti, meno della metà di quelli presenti ad Amsterdam 4 anni prima. La grande sorpresa dei Giochi californiani fu l’Italia, capace di posizionarsi al secondo posto nel medagliere, con un totale di 36 medaglie. Anche a causa delle ristrettezze economiche delle varie federazioni, venne deciso che le Olimpiadi sarebbero durate due settimane: un format che sarebbe proseguito fino a oggi. Altre novità di rilievo: l’introduzione di nuove discipline nell’atletica, come i 50km di marcia e il lancio del giavellotto, e l’esclusione del calcio dal programma olimpico, vista la scarsa popolarità di cui godeva in America; e, soprattutto, l’introduzione del podio e degli inni nazionali durante le premiazioni. Considerando anche l’atmosfera di festa e l’indotto, i Giochi di Los Angeles furono un successo memorabile.
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XI Berlino - 1936 Quella di Berlino fu una delle edizioni più controverse della storia dei Giochi Moderni. Da un punto di vista organizzativo, sportivo e commerciale, infatti, le Olimpiadi del 1936 rappresentarono uno dei massimi vertici mai raggiunti dalla manifestazione, con infrastrutture moderne e costose, un’enorme partecipazione popolare (grazie anche alla televisione, che fece il suo esordio olimpico) e all’elevato livello agonistico delle gare. Ma, purtroppo, non si può dimenticare come i Giochi di Berlino furono trasformati da Joseph Goebbels in un formidabile strumento di propaganda per il regime di Adolf Hitler. Il comitato olimpico tedesco, in conformità alle direttive naziste, impedì ai tedeschi di origine ebrea o rom di partecipare ai Giochi olimpici; l'unica ebrea tedesca a prendervi parte fu la fiorettista Helene Mayer. Questa decisione significò l'esclusione di molti dei migliori atleti del paese come Gretel Bergmann. Durante i Giochi, il comandante del Villaggio Olimpico, Wolfgang Fürstner, fu improvvisamente sostituito. La ragione ufficiale da parte dei nazisti era perché egli non aveva agito "con l'energia necessaria" causando danni significativi al sito. Egli si suicidò poco dopo la conclusione dei Giochi di Berlino, perché con l'introduzione delle leggi di Norimberga che lo classificavano come ebreo, era stato dimesso dal suo incarico di ufficiale dalla Wehrmacht. Assegnate alla capitale tedesca quando ancora il Fuhrer non era al potere, le Olimpiadi conobbero le prevedibili diserzioni di Spagna e Unione Sovietica. Presenti invece gli Stati Uniti, nonostante le molte riserve, che tuttavia dovettero lasciare il primato nel medagliere dopo quasi 30 anni di dominio: la preparatissima squadra tedesca, infatti, conquistò ben 89 medaglie (con 33 ori), contro le 56 (e 24 ori) degli americani, mancando il podio solo in tre sport: calcio, polo e basket (al suo esordio olimpico). Ma gli statunitensi regalarono ai Giochi il loro personaggio-copertina: l’afroamericano Jesse Owens che si aggiudicò 4 medaglie d’oro nei 100m, 200m, 4x100m e salto in lungo, un’impresa bissata solo da Carl Lewis 48 anni più tardi. La tradizione vuole che Hitler, furibondo per il trionfo di un atleta di colore, si sia rifiutato di salutare Owens, ma lo stesso velocista ha sempre negato l’episodio. 18
La squadra azzurra non riuscì a ripetere l’exploit di Los Angeles, chiudendo comunque al quarto posto nel medagliere generale, con 22 medaglie complessive, di cui 8 d’oro. Ma quello più importante arrivò da Ondina Valla negli 80m ostacoli: era il primo di una donna azzurra alle Olimpiadi. I Giochi del 1936 furono gli ultimi per il barone De Coubertin, che si spense l’anno successivo, e per altri milioni di persone: la guerra era alle porte, si sarebbe tornati a parlare di sport solo 12 anni dopo.
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XII - Helsinki 1940 I Giochi della XII Olimpiade si sarebbero dovuti svolgere a Tokyo in Giappone dal 21 settembre al 6 ottobre 1940. La capitale giapponese venne scelta come città organizzatrice dei Giochi il 31 luglio 1936. In seguito allo scoppio della seconda guerra sino-giapponese, però, l'organizzazione fu riassegnata l'anno successivo a Helsinki. Lo scoppio della seconda guerra mondiale portò infine all'annullamento definitivo dei Giochi della XII e della XIII Olimpiade, così come alla sospensione a tempo indeterminato delle attività del CIO.
XIII - Londra 1944 La capitale britannica vinse, nel 1939, la concorrenza di Roma, Detroit, Losanna, Atene, Budapest, Helsinki e Montréal. Le Olimpiadi però vennero annullate a causa del perdurare della seconda guerra mondiale. Per compensazione, Londra ospitò quattro anni più tardi i Giochi della XIV Olimpiade, i primi del secondo dopoguerra.
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XIV - Londra 1948 Dopo la cancellazione delle Olimpiadi di Tokyo/Helsinki e la mancata assegnazione dell’edizione del 1944 alla capitale britannica, il CIO, a guerra ancora in corso, decise di affidare a Londra l’organizzazione dei Giochi del 1948. Naturalmente, le conseguenze del conflitto si facevano ancora sentire – molti paesi non furono ammessi (gli aggressori Germania e Giappone, l’URSS, la Romania, la Bulgaria, il neonato Israele), il budget era ridottissimo, le delegazioni furono alloggiate anche negli accampamenti della RAF e, soprattutto, molti dei migliori atleti del mondo erano periti in battaglia o nei campi di concentramento. Nonostante questo, il bilancio dei Giochi di Londra fu positivo sia dal punto di vista del pubblico (furono i primi a essere interamente teletrasmessi) sia da quello sportivo. Tra i grandi protagonisti dell’Olimpiade ci fu la velocista olandese Fanny Blankers-Koen, che vinse ben 4 ori nei 100m, negli 80m ostacoli, nei 200m e infine nella 4x100m. Inoltre, a Londra esplose la stella di Emil Zatopek, all’epoca 23enne, che vinse l’argento nei 5000m e l’oro nei 10000m. Memorabile anche l’impresa dell’americano Bob Mathias, che trionfò nel decathlon a soli 17 anni: è tuttora il più giovane campione olimpico della storia dell’atletica maschile. La squadra britannica chiuse con la miseria di 3 medaglie d’oro: solo Messico e Canada, nel 1968 e nel 1976, fecero peggio come paesi ospitanti. L’Italia, ammessa in extremis nonostante la guerra, chiuse con un buon bottino di 8 ori e 27 medaglie complessive.
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XV - Helsinki 1952 Per decenni, le Olimpiadi di Helsinki sono state considerate le migliori mai organizzate. La Finlandia stupì tutti, costruendo magnifici impianti e ben tre Villaggi Olimpici (uno per gli occidentali, uno per il blocco sovietico e uno per le donne), e il mondo rispose con entusiasmo: a Helsinki convogliarono 69 nazioni, 10 in più che a Londra, comprese le rientranti Germania e Giappone e soprattutto l’Unione Sovietica, alla sua prima partecipazione della storia (come Russia, mancava dal 1912). E fu proprio l’URSS a imporsi come prima, vera grande antagonista degli Stati Uniti a livello di medagliere generale. I sovietici conquistarono infatti 71 medaglie, solo 5 in meno degli americani; e il successo del sistema orientale fu confermato dagli exploit dell’Ungheria, terza a sorpresa con 42 medaglie, e della Cecoslovacchia, sesta con 13 (e 7 ori). I paesi dell’Est avevano adottato il “dilettantismo di stato” introdotto dalla Germania nazista, per cui gli atleti, mantenuti dallo stato, potevano dedicarsi interamente allo sport senza infrangere le regole CIO. Da quel momento e fino alla caduta del blocco comunista, gli Stati Uniti prevalsero nel medagliere generale soltanto in altre tre occasioni, compresa l’Olimpiade di Los Angeles boicottata dai sovietici. L’URSS ci riuscì in sei, 1980 compreso.
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XVI - Melbourne 1956 Furono i primi e, per ora, unici Giochi a svolgersi nel mese di dicembre, i primi trasmessi dalla televisione, i primi, e questo molti non lo sanno, a subire un boicottaggio. L’Egitto, al quale dal Fondo Monetario Internazionale era stato rifiutato un prestito per la costruzione della diga di Assuan, aveva deciso di procurarsi la somma necessaria nazionalizzando il canale di Suez, fino ad allora controllato da compagnie anglo-francesi. L’Inghilterra, per tutta risposta, aveva invaso l’Egitto con l’aiuto della Francia e di Israele, provocando l’ira degli Stati Uniti, che proprio in quei mesi avevano gli occhi puntati sulla rivoluzione ungherese. Lo stato magiaro, al quale, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, era stato imposto un regime comunista, aveva chiesto di assumere lo status di Paese neutrale e di uscire dal patto di alleanza militare che lo legava all’Unione Sovietica. Per nulla intenzionato a perdere un paese satellite proprio in questa fase, dopo alcune settimane di scontri il governo di Mosca aveva invaso l’Ungheria e bombardato la capitale Budapest, tornando a imporre all’Ungheria un governo fedele all’Unione Sovietica. Sfruttando la crescente popolarità del movimento olimpico, Libano, Iraq e naturalmente Egitto, decisero di boicottare i Giochi. A quel punto, anche Svizzera, Spagna e Paesi Bassi decisero di boicottare i Giochi per solidarietà con l’Ungheria. Per ragioni politiche legate alla Guerra Fredda, al boicottaggio si aggiunse la Cina, che era da poco uscita da una guerra civile. La comunità internazionale ancora non aveva riconosciuto il nuovo governo di Pechino e il seggio che gli sarebbe spettato nel consiglio di sicurezza dell’Onu era stato invece assegnato a Taiwan. Non avendo a disposizione il palcoscenico delle Nazioni Unite per esporre le proprie rimostranze, i dirigenti cinesi ripiegarono sui Giochi Olimpici. La Repubblica Popolare Cinese, che nel 1952 aveva preso parte per la prima volta a un’Olimpiade, a Melbourne 1956 si univa agli altri paesi in protesta e diventava il settimo a mettere in atto il boicottaggio.
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XVII - Roma 1960 Oltre mezzo secolo dopo la rinuncia all’organizzazione della III Olimpiade, Roma fu il teatro dei Giochi del 1960, che per la bellezza degli scenari, il clima favorevole, la funzionalità delle strutture (12 impianti stabili, 5 temporanei, un Villaggio di circa 1500 appartamenti) e la qualità delle competizioni è ricordata come una delle edizioni meglio riuscite. Tra le novità: la massiccia partecipazione dell’Africa post-coloniale e la totale copertura televisiva della manifestazione. Come a Melbourne, l’Unione Sovietica si confermò in vetta al medagliere con 43 ori e ben 103 medaglie totali, oltre 30 in più degli Stati Uniti. I sovietici si dimostrarono ancora una volta insuperabili nella ginnastica: Boris Sachlin si portò a casa 4 ori, 2 argenti e 1 bronzo (miglior bottino individuale dei Giochi), e la squadra femminile si aggiudicò 14 medaglie individuali su 15 in palio. Al terzo posto del medagliere si issò l’Italia, con 13 ori, 10 argenti e 13 bronzi. L’impresa più eclatante della spedizione azzurra fu firmata da Livio Berruti sui 200m, il primo europeo della storia a battere gli americani su quella distanza – un exploit poi replicato soltanto da Borzov, Mennea e Kenteris. Tuttavia, la vera icona dell’Olimpiade romana fu un atleta che vi arrivò come un perfetto sconosciuto: Abebe Bikila. Guardia del corpo del negus Haile Selassie, Bikila vinse la maratona correndo a piedi nudi, stabilendo anche il nuovo record olimpico. Era la prima volta che un atleta africano trionfava ai Giochi olimpici, e la vittoria di Bikila divenne simbolo non solo di Roma 1960, ma anche di tutto il movimento anticolonialista.
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XVIII - Tokyo 1964 Nel 1964 i Giochi sbarcarono in Asia, e più precisamente a Tokyo, con 24 anni di ritardo rispetto alla data prevista: la capitale giapponese, infatti, avrebbe dovuto ospitare le Olimpiadi del 1940, annullate causa guerra – e non fu un caso che per l’accensione della fiamma olimpica fu scelto Yoshinori Sakai, nato a Hiroshima il giorno in cui fu distrutta dalla bomba atomica. Rispetto all’edizione romana calò il numero degli atleti (5120, circa 150 in meno) ma aumentò il numero delle nazioni iscritte, grazie soprattutto alla decolonizzazione. Il CIO escluse l’Indonesia filo-cinese, colpevole di non aver ammesso Israele né Taiwan ai Giochi Asiatici del ’62, e iniziò l’ostracismo del Sudafrica dell’apartheid, che sarebbe durato fino al 1992. Per la prima volta nella storia delle Olimpiadi la cura dei dettagli fu maniacale, persino le bandiere venivano mosse da ventilatori quando non c’era vento. Tutti gli impianti vennero costruiti o rimodernati nel migliore dei modi. Tra tutti spicca la piscina olimpica. Bellissimo anche il villaggio che ospitava gli atleti, i tecnici, i dirigenti e i giornalisti, composto da tante villette in mezzo al verde di un grande parco, in cui ci si poteva muovere facilmente con le tante biciclette messe a disposizione dall’organizzazione. Come al solito, il medagliere fu dominato dalle superpotenze USA e URSS. Terzo il Giappone, e quindi la Squadra Unificata Tedesca, che comprendeva gli atleti di Germania Est ed Ovest. I Giochi di Tokyo, nonostante il fuso orario e la mancata teletrasmissione in Europa, sono ricordati per diverse performance straordinarie, tra cui quella dell’australiana Dawn Fraser, che vinse in Giappone il terzo oro consecutivo nei 100sl, unica donna della storia a riuscirci.
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XIX - Città del Messico 1968 Le Olimpiadi di Città del Messico, datate 1968, non potevano essere da meno. Pochi giorni prima della cerimonia di apertura, l’esercito messicano aveva represso nel sangue la protesta studentesca (40 morti) e si andò perfino vicini all’annullamento o al trasferimento dell’Olimpiade – che, tuttavia, alla fine si disputò secondo programma. Il motivo principale per cui i Giochi di Città del Messico sono passati alla storia, infatti, non risiede in un’impresa sportiva, ma in una delle più potenti immagini che si siano mai impresse nella memoria collettiva: quella che ritrasse i velocisti afroamericani Tommie Smith e John Carlos con il pugno chiuso guantato di nero, sollevato durante la premiazione della gara dei 200m, in segno di protesta contro il razzismo e a sostegno del movimento per i diritti civili. I due atleti furono espulsi dal Villaggio Olimpico e la loro carriera fu gravemente compromessa, ma il loro gesto resta una dei simboli più evocativi della storia dello sport moderno. Ricordato nella storia un saltatore in alto: Dick Fosbury, che vinse l’oro con la tecnica di salto dorsale che rivoluzionò la disciplina e che per questo motivo porta ancora oggi il suo nome.
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XX - Monaco 1972 A Berlino nel 1936 la fiamma olimpica ardeva in mezzo alle svastiche, il segno di una Germania di ritrovata potenza e orgoglio, il segno di una Germania che di lì a poco avrebbe stravolto il mondo trascinandolo in una guerra folle e dalle ferite calde persino oggi. Il ritorno in terra tedesca dei cinque cerchi olimpici avvenne – ironia dei numeri – 36 anni dopo quel ’36, nel 1972 nella capitale del più ricco land di tutta la nazione: Monaco di Baviera. Trentasei anni non sono poi tanti misurati sulla lenta linea della storia, ma nel pazzo secolo ventesimo bastarono eccome a trasformare radicalmente la pomposa e belligerante Germania del terzo Reich in quella sconquassata nell’identità della Repubblica Federale con capitale a Bonn, governata e rappresentata nel mondo dal cancelliere Herbert Ernst Karl Frahm, al secolo Willy Brandt. Era per la verità pure una mezza Germania, quella che gli abili scacchieri della ricostruzione post-bellica avevano assegnato al campo liberale e capitalista, contrapposta alla Germania socialista costituita nella parte orientale e che si era tenuta Berlino, anche se non tutta. All’alba di quel 1972 la ferita di quella Germania spezzata per la verità andava lenendosi, proprio grazie all’opera diplomatica di Willy Brandt che un anno prima aveva conquistato il premio Nobel per la pace meritato per la sua famosa Ostpolitik: i gesti distensivi rivolti alla Germania Est e al blocco sovietico nel suo complesso simboleggiati da un niente affatto banale riconoscimento delle colpe tedesche nel conflitto mondiale, con l’omaggio rivolto in ginocchio di fronte al monumento che commemora le vittime dell’insurrezione del ghetto di Varsavia. Nonostante si siano svolti nel cuore dell’Europa ferita, in uno dei poli del magnete della guerra fredda, i Giochi della XX Olimpiade furono relativamente distesi e le scaramucce geopolitiche restarono un po’ a margine, perlomeno nella loro forma più consueta. A turbare la pace olimpica fu invece un cruento episodio dalla natura anch’essa geopolitica se vogliamo, ma traslata su un conflitto allora meno visibile, quello israelo-palestinese e che portò ai Giochi l’ombra di un episodio divenuto famoso come il Massacro di Monaco. Il Massacro in questione, ben noto alle cronache, consistette nell’uccisione da parte del gruppo armato palestinese noto come Settembre Nero di undici atleti israeliani di cui due freddati durante il tentativo di cattura e gli altri nove rimasti uccisi durante il maldestro blitz di liberazione da parte della polizia tedesca che portò alla morte anche di cinque feddayin e di un poliziotto. L’evento, inserito in un contesto internazionale che aveva appena visto finire la guerra dei sei giorni e preparava quella dello Yom Kippur, ebbe ripercussioni più grandi dell’orizzonte olimpico. I Giochi, seppur vivacemente turbati dagli eventi e trascinati in un dibattito sulla sicurezza degli atleti, si svolsero in maniera piuttosto regolare regalando le consuete emozioni di uno spettacolo olimpico, seppur macchiato di sangue innocente. 27
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Olimpiadi dal 1976 al 1996
XXI - Montreal 1976 Negli primi anni ’70 dominati dalla guerra fredda, la scelta della nazione ospitante dei ventunesimi giochi olimpici sembrava un gioco tra le due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica. Ma, mentre le principali nazioni votarono Mosca o Los Angeles, gran parte degli stati più piccoli scelsero la via neutrale e, a sorpresa, la seconda città del Canada, Montreal, si aggiudicò l’organizzazione dell’Olimpiade del 1976. In realtà però, fino a poche settimane dall’inizio dei giochi, l’inizio degli stessi fu in forte dubbio, a causa di una serie di incredibili ritardi nei lavori, che fecero lievitare i costi dell’organizzazione. Si pensi che il budget preventivato venne usato quasi completamente per la costruzione del solo stadio olimpico, e che per poter recuperare i costi, i cittadini canadesi dovettero pagare un’apposita tassa speciale sulle sigarette per i 30 anni successivi. Sta di fatto che, in un modo o nell’altro, il 17 luglio 1976 l’Olimpiade prese il via, proprio in quello stadio, che con la sua torre inclinata ancora oggi è ritenuto un capolavoro di architettura organica moderna (completata poi con il tetto retrattile solo nel 1987). Solo poche ore prima, però, ci fu il primo vero e proprio boicottaggio olimpico. 29 nazioni, tutte africane oltre a Iraq e Guyana, decisero infatti di ritirare i propri atleti in segno di protesta contro l’ammissione della Nuova Zelanda, che aveva mandato gli All Blacks a giocare in Sud Africa, nazione esclusa dal CIO a causa dell’apartheid. “O noi o loro” fu la presa di posizione delle nazioni, ma il CIO, non essendo il rugby sport olimpico, non prese posizione: le uniche nazioni africane presenti furono così la Costa d’Avorio e il Senegal, mentre la Nuova Zelanda chiuse l’edizione con due medaglie d’oro, nell’atletica leggera (1.500 metri) e nell’hockey su prato. Dopo un’apertura molto istituzionale (fu dall’Olimpiade seguente che le cerimonie divennero veri e propri eventi spettacolari), presero il via i 198 eventi, per la prima volta trasmessi a colori dalla tv italiana, in via sperimentale.
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XXII - Mosca 1980 Era il gennaio 1980, mancavano circa 7 mesi alle Olimpiadi di Mosca, l’Unione Sovietica aveva inviato le proprie truppe in Afghanistan per aiutare il governo filo-sovietico instauratosi da pochi mesi con un colpo di stato. Negli Stati Uniti intanto nell’autunno dello stesso anno si sarebbero svolte le elezioni presidenziali e il presidente democratico Jimmy Carter iniziò a promuovere un boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca e minacciò che, se l’Unione Sovietica non avesse ritirato le sue truppe dall’Afghanistan entro giugno, gli Stati Uniti non avrebbero partecipato alle Olimpiadi di Mosca. La sera del 24 dicembre le forze sovietiche diedero il via all’invasione: i primi reparti della 40esima Armata attraversarono senza problemi il confine posto lungo il fiume Amu Darya. Ma un’operazione militare di facile compito si trasformò in una guerra che durò fino a metà febbraio del 1989. Fin da subito gli Stati Uniti valutarono azioni di risposta e le imminenti Olimpiadi parvero l’obiettivo più adatto da colpire. Il 9 gennaio 1980, in un promemoria firmato dal direttore della CIA Stansfield Turner e diretto al Presidente Carter, venivano riassunti i punti fondamentali relativi alla preparazione dell’Olimpiade da parte delle autorità sovietiche e si valutava l’utilità o meno di una possibile azione da parte degli statunitensi. Prima di muoversi ufficialmente gli Stati Uniti chiamarono a raccolta i loro alleati e i primi a rispondere furono i governi di Canada e Gran Bretagna. L'esempio statunitense sarà poi seguito da altri Paesi (in tutto saranno 65, tra cui il Canada, la Germania Ovest, la Norvegia, il Kenya, il Giappone, la Cina e il blocco delle nazioni arabe). La posizione del governo britannico non coincise con quella del Comitato Olimpico Nazionale che decise di inviare comunque i propri atleti a Mosca. Una scelta condivisa dal blocco occidentale Europeo, tra cui l’Italia, che partecipò ai Giochi Olimpici senza bandiera nazionale, né inno. I Giochi della XXII Olimpiade furono innanzitutto il coronamento del sogno di Pietro Mennea. Il velocista pugliese diventato icona popolare, protagonista recentemente di una serie tv Rai e citato nella memoria collettiva come uno dei più grandi atleti italiani di sempre, ma anche personaggio dagli interessi alquanto eclettici, era arrivato a Mosca da fresco detentore del record mondiale sui 200m piani fatto segnare alle Universiadi di Città del Messico dell’anno precedente con il tempo di 19’’72.
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XXIII - Los Angeles 1984 Quattordici nazioni aderirono al boicottaggio Sovietico dei Giochi olimpici del 1984 in risposta al boicottaggio statunitense dell'Olimpiade precedente. L'Unione Sovietica annunciò la sua intenzione di boicottare i Giochi di Los Angeles l'8 maggio 1984: in questa atmosfera di isteria politica e accuse reciproche, il Cremlino chiese garanzie scritte di sicurezza per gli atleti sovietici da parte degli Stati Uniti, ma gli americani si rifiutarono di fornirle. Inoltre, proibirono ai russi di volare direttamente dall’Urss a Los Angeles con voli charter e non concessero il permesso alla nave “Georgia”, una base galleggiante, di attraccare in un porto americano. Nel maggio 1984 il Politburo, sotto la direzione del segretario generale Konstantin Chernenko, decise di boicottare i Giochi. Sei nazioni la seguirono inizialmente: la Bulgaria, la Repubblica Democratica Tedesca, la Mongolia, il Vietnam, il Laos e la Cecoslovacchia. La Cina popolare confermò invece la sua presenza alle olimpiadi americane. L'Afghanistan fu l'ottava nazione a boicottare i Giochi del 1984. L'Iran decise di boicottare i giochi a causa di una "eccessiva interferenza degli Stati Uniti nel Medio Oriente e come suo sostegno per il regime che occupava Gerusalemme e dei crimini commessi dagli Stati Uniti in America Latina, in particolare in El Salvador". La stella indiscussa della rivoluzionaria edizione losangelina fu Carl Lewis. Il Figlio del Vento fece rivivere la leggenda di Jesse Owens, vincendo l’oro nei 100m, 200m, 4x100m e salto in lungo, e dominando l’Olimpiade anche dal punto di vista dell’immagine.
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XXIV - Seul 1988 Con gli splendidi giochi di Seul del 1988 si chiusero molte epoche: quella dei boicottaggi, quella del dilettantismo e quella della supremazia del blocco sovietico sui paesi confinanti. Parteciparono ben 159 stati con oltre 8000 atleti, polverizzando tutti i record precedenti. Mancarono solo Corea del Nord (ancora formalmente in guerra con la Corea del Sud), Cuba e Etiopia, ma finalmente non si parlò più di politica, ma solo di sport. Però queste olimpiadi presentarono aspetti altrettanto negativi: la gara più attesa dei Giochi fu la finale dei 100 m. dove si trovarono di fronte il “figlio del vento” Carl Lewis, campione uscente e l’astro nascente della velocità, il canadese Ben Johnson, che aveva appena realizzato il nuovo record mondiale dei 100 portandolo a 9.83”. La finale non ebbe storia al contrario di tutte le aspettative. Johnson balzò nettamente davanti a tutti già al momento di uscire dal blocchi di partenza e a metà gara lasciò tutti gli altri a un metro di distanza. Lewis ebbe una partenza difficile che lo vide a metà gara fuori dal podio. L’arrivo di Ben Johnson a braccia alzate segnò il nuovo straordinario record del mondo, 9.79”, tre centesimi meglio del precedente record. Carl Lewis, con un recupero strepitoso arrivò secondo a 9.92”, sua miglior prestazione di sempre. Due giorni dopo però arrivò la vera notizia bomba della Olimpiade, quella che lascerà per sempre un segno indelebile nella storia dei Giochi Olimpici: Ben Johnson, risultato positivo al test antidoping, venne immediatamente squalificato, perdendo nello stesso momento l’oro olimpico e il primato del mondo. Johnson risultò positivo allo stanozololo, un potente steroide anabolizzante che gli aveva permesso di creare un fisico possente. Da quando, nel 1968 a Città del Messico, erano iniziati i controlli antidoping, Johnson è stato il 43esimo risultato positivo nella storia dei Giochi, ma mai come in questo caso un grande campione era stato colto con le mani nel sacco. Lo scandalo e lo stupore fu enorme e l’eco di quanto successo a Seul attraversò rapidamente tutti i continenti, con commenti anche da parte di persone che nulla avevano a che fare con lo sport. L’oro dei 100 metri passò quindi a Carl Lewis.
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XXV - Barcellona 1992 I giochi olimpici di Barcellona furono quelli di un mondo profondamente differente da quello che aveva sfilato quattro anni prima a Seul. Il crollo del muro di Berlino nel 1989 portò all’unificazione della Germania, la liberazione di Nelson Mandela nel 1990 tolse l’embargo al Sudafrica, nel 1991 Unione Sovietica e Jugoslavia cessarono di essere nazioni unitarie, il regime fascista di Franco era terminato da qualche anno e una Spagna finalmente democratica si apprestava ad ospitare i Giochi Olimpici. Il suo ingresso nella Comunità Europea era la dimostrazione della volontà spagnola e nel caso specifico del governo, guidato dal socialista Felipe González, di procedere rapidamente all'integrazione con le altre grandi nazioni europee. Di valore non soltanto simbolico era, poi, la ricorrenza dello storico viaggio di Cristoforo Colombo dalla costa meridionale della Spagna verso il continente che sarebbe stato chiamato America. A tutti questi buoni motivi, Barcellona univa un realistico piano di sviluppo e ammodernamento dei suoi impianti sportivi, avendo presentato un budget minimo per l'organizzazione dell'Olimpiade di 667 milioni di dollari. Inoltre, a differenza di quanto era accaduto per la candidatura ad ospitare i giochi del 1972, poi assegnati alla Germania Ovest, tutta la Spagna era unita con la candidatura di Barcellona: lo era il governo centrale, lo era quello della regione autonoma, lo erano i cittadini. L’URSS non esisteva più: al suo posto si presentò a Barcellona una vasta delegazioni di atleti ex-sovietici con la denominazione di Squadra Unificata o CSI; la Germania era finalmente unita, la Cecoslovacchia unita per l’ultima volta, mentre nuove nazioni salivano alla ribalta. Non solo: tornarono paesi assenti da lungo tempo, come Cuba e il Sudafrica. E, naturalmente, i Giochi di Barcellona fecero registrare record sia nel numero di paesi iscritti (172) che di atleti (9094). È per questo che le Olimpiadi di Barcellona sono ricordate come le “Olimpiadi della Pace”.
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XXVI - Atlanta 1996 Nel 1996, le Olimpiadi moderne festeggiarono il secolo di vita. Fosse stato per De Coubertin, i Giochi avrebbero certamente fatto ritorno a casa, ad Atene; ma nel frattempo la competizione rusticana che aveva immaginato lui si era trasformato in un business colossale, e così la scelta del CIO ricadde su Atlanta, anonima città della Georgia in cui risiede però la Coca-Cola, tradizionale sponsor olimpico. Furono i Giochi della disorganizzazione, dei volontari impreparati, dell’informatica primordiale e di uno smodato condizionamento commerciale. Nessuno, a quanto pare, aveva imparato nulla da Los Angeles 1984. I diritti TV regnarono incontrastati su tutto e atleti meravigliosi furono costretti a gareggiare in stadi trasformati in autentiche fornaci per garantire ai fruitori europei di potersi giovare del “servizio” ad orari a loro congeniali. Di Olimpico, ad Atlanta, si respirò ben poco. Nella notte fra il 27 e il 28 luglio, dieci giorni dopo l’inaugurazione dei Giochi, un ordigno rudimentale esplose nel parco olimpico del centenario durante un concerto. Due morti e oltre cento feriti. Prese la parola il presidente Clinton e in nome dello spirito olimpico si andò avanti come se non fosse accaduto nulla. Nonostante le feroci polemiche e alcuni eccessi organizzativi, la quarta olimpiade americana della storia, inaugurata dal braccio tremante del grande Muhammad Alì, si rivelò un successo, con 197 paesi in gara (cioè, tutti quelli iscritti al CIO) e ben 79 in grado di conquistare almeno una medaglia.
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MUHAMMAD ALI Muhammad Ali Cassius Marcellus Clay, (nel 1964 Clay si convertì alla fede islamica, aderì alla Nation of Islam e cambiò legalmente il suo nome in Muhammad Ali), nacque il 17 gennaio 1942 a Louisville, nel Kentucky, e gli fu imposto lo stesso nome di suo padre, Cassius Marcellus sr. (1912-1990), che a sua volta portava nome e cognome di un politico abolizionista del XIX secolo. Cassius Marcellus jr. aveva un fratello minore, Rudolph Valentine, poi noto come Rahman Ali dopo la sua conversione all'Islam. Crebbe in un contesto di segregazione razziale. La madre Odessa ripercorse un episodio in cui fu negato al figlio di comprare una bottiglietta d'acqua a un negozio: "Non gli diedero la bottiglietta per via del suo colore. Quella vicenda lo colpì profondamente". Fu particolarmente scosso anche dal brutale assassinio di Emmett Till nel 1955, il che portò Clay e un amico di colore a tirar fuori la loro frustrazione compiendo atti vandalici su una stazione di smistamento locale. Fu indirizzato al pugilato dal poliziotto di Louisville Joe E. Martin, che lo incontrò mentre, dodicenne, inveiva contro chi aveva rubato la sua bicicletta minacciando di malmenarlo. Il poliziotto gli consigliò di imparare prima a boxare e lo portò alla palestra Columbia, dove iniziò a mettere in mostra il suo talento. Ali nella sua vita si sposò quattro volte ed ebbe sette figlie e due figli. Si sposò la prima volta con Sonji Roi nel 1964 ed ebbe due figlie da relazioni extra-coniugali. Muhammad e Sonji divorziarono nel 1966 perché lei rifiutava di cambiare il suo stile di pettinatura e vestiario all'occidentale, in particolare si stirava i capelli e questo era visto da lui come retaggio della schiavitù dove i capelli crespi erano considerati antiestetici. Nel 1967 Ali si sposò con Belinda Boyd, una ragazza di otto anni più giovane, dalla quale ebbe quattro figli. Nel 1976 i due divorziarono e nel 1977 il pugile sposò Veronica Porchè, attrice e modella e insieme ebbero due figlie. Nel 1986 Muhammad e Veronica divorziarono e alla fine di quell'anno l'ex-campione si sposò con Yolanda Lonnie Ali, la figlia di due vecchi amici dei suoi genitori. Qualche anno dopo adottarono un bambino. Il 20 dicembre 2014, Ali venne ricoverato in ospedale per un caso delicato di polmonite. Venne poi curato ancora una volta il 15 gennaio 2015, per un'infezione del tratto urinario, e dimesso il giorno successivo. L'ultima visita in ospedale di Ali fu il 2 giugno 2016 a Scottsdale, in Arizona, per delle complicazioni respiratorie, e rimase ricoverato per due giorni. Nonostante le sue condizioni fossero definite normali, peggiorarono rapidamente: il giorno dopo, alle 6.30 del mattino, ora italiana, l'ex campione del mondo dei pesi massimi moriva a 74 anni per uno shock settico, sopraggiunto in seguito all'aggravarsi del suo stato di salute. Subito dopo il decesso la figlia, Laila Ali, disse che il suo cuore aveva continuato a battere per mezz'ora, quasi come se si rifiutasse di fermarsi. I funerali iniziarono a Louisville il 9 giugno 2016, con la Ṣalāt al-Janāzah, la tipica preghiera funebre islamica, alla Freedom Hall del Kentucky Exposition Center. Un corteo funebre ha attraversato le strade di Louisville, Kentucky, il 10 giugno, terminando al cimitero di Cave Hill Cemetery, dove si è svolta una cerimonia di sepoltura privata. 37
Clay passò al professionismo il 29 ottobre 1960, sconfiggendo ai punti Tunney Hunsaker. Da lì in poi, sino al 1963, accumulò un record di 19 vittorie e nessuna sconfitta, con 15 successi prima del limite. Tra i suoi primi avversari vi furono Tony Esperti, Jim Robinson, Donnie Fleeman, Alonzo Johnson, George Logan, Willi Besmanoff, Lamar Clark, Doug Jones e Henry Cooper. Il giovane pugile batté anche l'ex allenatore e veterano Archie Moore nel 1962. Questi primi combattimenti non si rivelarono comunque semplici. Clay fu atterrato sia da Sonny Banks sia da Cooper. Nella sfida con quest'ultimo, Clay cadde al tappeto dopo un poderoso gancio sinistro al termine del quarto round e fu salvato dalla campanella. La battaglia con il temuto Doug Jones del 13 marzo 1963 fu probabilmente la più difficile mai affrontata dal nativo di Louisville sino a quel momento. Clay e Jones si sfidarono al Madison Square Garden di New York. Jones mise in difficoltà Clay già al primo round e la vittoria del giovane di Louisville per decisione unanime dei giudici fu pesantemente contestata dal pubblico, che non esitò a lanciare oggetti di ogni tipo sul quadrato. L'acceso match fu in seguito nominato "incontro dell'anno" da Ring Magazine.
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In ognuno di questi primi incontri, Clay sminuiva vocalmente i suoi avversari e si vantava delle proprie abilità sul ring. Definì Jones "un piccolo uomo brutto" e Cooper "un inesperto". Affermò inoltre di essere imbarazzato a entrare sul ring con Alex Miteff e reputò il Madison Square Garden come un'arena "troppo piccola" per lui. Questi atteggiamenti allora inusuali causarono l'ira di molti appassionati della nobile arte. Il suo comportamento provocatorio e stravagante sul ring fu ispirato dal wrestler Gorgeous George, che Ali ammirava molto. Durante questa prima fase di carriera mostrò velocità di mani e di piedi eccezionali per qualcuno della sua stazza: era solito tenere le mani basse ed evitava i colpi alla testa con frequenti spostamenti di direzione. Col passare del tempo sviluppò un jab pungente e migliorò la potenza dei suoi destri. Nel 1964 il campione in carica dei pesi massimi era Sonny Liston, pugile potente e aggressivo. Egli sconfisse Floyd Patterson, celebre pugile che, però, venne battuto appunto alla prima ripresa. Cassius Clay riuscì a ottenere il posto di sfidante e nel febbraio dello stesso anno affrontò il campione Liston, sfavorito però sia dal pubblico sia dalla stampa. Il match però non fu come tutti si aspettavano, grazie all'agilità e alla velocità di Clay, che riuscì a schivare parecchi colpi e a colpire ripetutamente Liston. Quando i secondi del campione lo videro in difficoltà, misero del sale sui suoi guantoni in modo da colpire il volto di Clay, accecandolo. Il pugile di Louisville incominciò ad accusare le conseguenze di questa mossa scorretta, ma durante i round successivi si riprese, fino a quando non riuscì a battere Liston per abbandono all'inizio della settima ripresa, stupendo la gente e tutto il mondo sportivo. Il giorno dopo la conquista del titolo, nel 1964 Clay si convertì alla fede islamica, aderì alla Nation of Islam e cambiò legalmente il suo nome in Muhammad Ali.
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Rifiutato dalle principali sedi pugilistiche americane e da Las Vegas, il match di rivincita con Liston si disputò nel 1965 a Lewiston nel Maine. Il 25 maggio Ali, detentore della corona dei massimi, e Liston si incontrarono di nuovo. Alla prima ripresa dopo appena un minuto il campione del mondo colpì l'avversario con un colpo d'incontro apparentemente innocuo, passato alla storia come il cosiddetto pugno fantasma (the phantom punch). Liston rimase al tappeto apparentemente tramortito; Ali sembrò consapevole di non aver colpito così duramente lo sfidante e lo invitò con veemenza ad alzarsi per continuare il combattimento. Secondo gli esperti che hanno visionato al rallentatore la ripresa, il colpo di Ali, assestato da brevissima distanza e quasi invisibile, sembra aver colpito la tempia dell'avversario, che in quel momento stava portando un attacco con il suo caratteristico stile ed era fortemente sbilanciato in avanti. L'immagine del campione del mondo che sovrasta Liston al tappeto è divenuta una delle icone della nostra epoca.
La mafia riuscì a guadagnare enormi somme di denaro scommettendo sull'allora sfavorito Muhammad Ali, inoltre l'ascesa del giovane campione sembrava poter aumentare la popolarità del pugilato più di quanto il poco pubblicamente apprezzato Liston potesse fare. Ali difese il titolo per otto volte, poi la sua carriera fu interrotta quando si rifiutò di combattere in Vietnam. Ciò nel 1967 gli costò il ritiro della licenza da parte delle commissioni atletiche pugilistiche statunitensi. 40
Note sono le sue battute al riguardo: «Ali, sai dov'è il Vietnam? — Sì, in TV.» «Non ho niente contro i Vietcong, loro non mi hanno mai chiamato "negro".» Nel 1971 tornò sul ring vincendo 2 incontri per KO tecnico con Jerry Quarry e con Oscar Bonavena. Il successivo incontro, valido per il titolo mondiale dei pesi massimi fu contro il detentore del titolo Joe Frazier in quello che è stato all'epoca definito come "l'incontro del secolo". Joe Frazier aveva vinto il titolo durante la pausa di Ali per le questioni politiche, il match si svolse a New York, e fu seguito da milioni di persone. Ali però non si impose su Frazier, che anzi riuscì a metterlo al tappeto al 15º round dopo averlo fatto barcollare diverse volte nel corso dell'incontro. Ali si rialzò ma perse comunque ai punti e conobbe la sua prima sconfitta. Dopo 10 vittorie, Ali conobbe la seconda sconfitta contro Ken Norton ai punti, ma sempre ai punti si prese la rivincita. Il 28 gennaio 1974 si tenne anche la rivincita tra Ali e Frazier dove, dopo 12 riprese, Ali vinse ai punti. Nel 1973 Joe Frazier aveva perso il titolo inaspettatamente per mano di un avversario allora poco noto: George Foreman. L'incontro fu disputato a Kingston capitale della Giamaica, dove Frazier venne letteralmente travolto dalla terrificante potenza dello sfidante, finendo sei volte al tappeto nei primi due round. Così, all'ultimo atterramento, causato da un violentissimo montante destro, l'arbitrò pose termine al combattimento decretando la vittoria di Foreman per ko tecnico. Successivamente George Foreman affrontò Ken Norton e lo mise al tappeto in due round. Avendo battuto gli unici due pugili capaci di sconfiggere Ali, Foreman decise di voler dare una dimostrazione al mondo intero di chi era effettivamente il più forte, così nel 1974 si organizzó lo scontro tra Ali e Foreman, noto come The Rumble in the Jungle. Ali era di nuovo sfavorito dalla stampa 3 a 1. Il 30 ottobre dello stesso anno Muhammad Ali affrontò quindi George Foreman a Kinshasa, nello Zaire. Prima del match Ali cercò di innervosire il suo avversario con del trash-talking, insultandolo pesantemente e irritandolo con i suoi comportamenti provocatori. Il pubblico manifestò il suo forte sostegno ad Ali e la sua ostilità verso Foreman; la gente gridava: "Ali boma ye" ovvero "Ali uccidilo". Il match iniziò alle 4 di mattina: nel primo round Ali dimostrò un'inattesa aggressività e colpì ripetutamente Foreman al volto ma venne poi costretto alle corde e dovette subire i colpi dell'avversario. Foreman per i successivi round continuò a mettere sotto pressione Ali e stringerlo alle corde. Ali diversamente dalle previsioni della vigilia, non ricorse alla sua classica tattica basata sulla mobilità ma sembrò limitarsi a subire, stretto alle corde, i colpi dell'avversario. Egli, mentre era costretto a parare i continui colpi dell'avversario, peraltro non diede segni di cedimento e continuò a provocare e insultare Foreman cercando di scuotere la sua sicurezza. Gli osservatori non compresero la tattica apparentemente rinunciataria di Ali, ma con il trascorrere dei round l'azione di Foreman apparve più disordinata e il pugile diede i primi segni di stanchezza fisica. Alí ne approfittò e nel quinto round una serie velocissima al volto colpì il campione facendolo barcollare. All'ottavo round George Foreman apparve stremato e Alí poté 41
infine prendere l'iniziativa e con una serie rapidissima di colpi culminata con un diretto destro, mise al tappeto il campione, mentre il pubblico esultava per l'esito inatteso del confronto. George Foreman non riuscĂŹ a rialzarsi in tempo e venne dichiarato sconfitto per KO all'ottava ripresa.
Ali vinse l'incontro grazie a una tattica sorprendente e del tutto inattesa chiamata rope-a-dope; persino i suoi allenatori erano stupefatti e sul momento furono increduli per l'andamento dello scontro. Dopo aver proclamato per settimane che avrebbe "ballato" sul ring e che Foreman non lo "avrebbe mai colpito", AlĂ invece 42
rimase alle corde per quasi tutti gli otto round e subì quasi costantemente i colpi dell'avversario, facendo sfogare tutta la potenza di cui disponeva Foreman contro un bersaglio inaspettatamente "elastico" costituito dal corpo di Ali e le corde del ring: l'azione elastica delle corde attenuava la potenza dei colpi di Foreman. Ali riuscì infine a vincere, divenendo campione del mondo per la seconda volta. Dal 1976 la velocità di Ali cominciò a diminuire, probabilmente a causa dell'avanzare dell'età, e dal 1977 non riuscì più a mettere KO i suoi avversari. Un segnale dell'evidente declino di Ali fu la vittoria unanime ai punti (anche se molto deludente) contro Alfredo Evangelista, un pugile poco dotato. Nel 1977 Ali affrontò Earnie Shavers, battendolo per decisione unanime ai punti in un incontro spettacolare. Ali dichiarò in seguito che Shavers fu il più potente pugile che avesse mai affrontato. In molti attribuiscono alla violenza di questo incontro la malattia che qualche anno dopo lo avrebbe colpito. Nel 1978 perse il titolo per decisione non unanime ai punti contro Leon Spinks, il quale perse subito dopo il titolo WBC per essersi rifiutato di combattere contro Ken Norton, contendente numero uno a quel tempo per il titolo unificato. Ali vinse per decisione unanime ai punti la rivincita contro Spinks, riottenendo il titolo WBA, ma subito dopo annunciò il suo ritiro. Ritornò nel 1980 per tentare di riconquistare il titolo WBC contro Larry Holmes; per arrivare preparato all'incontro assunse una grande quantità di diuretici, ma non fecero altro che appesantirlo. Resistette fino alla decima ripresa, finché il suo allenatore Dundee gettò la spugna e lo ritirò dal match. Combatté per l'ultima volta l'11 dicembre 1981 alle Bahamas contro Trevor Berbick e perse per decisione unanime ai punti dopo dieci round. In quel combattimento Ali apparve molto lento nei movimenti e il suo allenatore Angelo Dundee notò che parlava più lentamente del solito: erano i primi sintomi della Sindrome di Parkinson. Su 61 incontri disputati, vanta un record di 56 vittorie, 37 delle quali per KO. Ha perso per KO una sola volta. Prima del ritiro della licenza, lo stile di combattimento di Ali era incentrato su un notevole gioco di gambe, atto a consentirgli una elevata dinamicità, prontezza di riflessi nello schivare i colpi degli avversari (qualità che gli permetteva addirittura di combattere con la guardia perennemente abbassata) e velocità esecutiva nel finalizzare l'attacco. Al ritorno sul ring, Ali non era più capace di "ballare" come prima e dovette concentrarsi di più sui pugni che sul lavoro di gambe. Inoltre acquisì notevoli capacità di incassatore, dimostrate sia nell'incontro di Kinshasa sia in quello di Manila. Il suo pugilato basato sul movimento di gambe resta comunque inimitabile per qualsiasi pugile di categoria "pesante". Egli una volta disse: "Vola come una farfalla, pungi come un'ape" per sottolineare la leggerezza dei suoi stessi movimenti, coadiuvata da una tecnica sopraffina. Ritiratosi definitivamente dall'attività agonistica nel 1981, nel 1984 gli fu diagnosticata la malattia di Parkinson. Commosse il mondo apparendo come ultimo tedoforo alle Olimpiadi di Atlanta del 1996; in quell'occasione gli fu anche riconsegnata la medaglia d'oro vinta a Roma nel 1960, che anni prima, tornato in patria dall’Italia, aveva gettato in un fiume perché contrario a quello che simboleggiava.
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Olimpiadi dal 2000 al 2020 XXVII - Sydney 2000 A Sydney il fenomeno del doping fu circoscritto a soli nove casi, anche perché per la prima volta furono autorizzati i controlli abbinati sangue-urine per smascherare l'uso dell'EPO, la famigerata eritropoietina che fa aumentare la concentrazione di globuli rossi nel sangue e con essa la facilità del trasporto d'ossigeno e l'efficienza muscolare, consentendo a un atleta imprese al di là delle sue naturali capacità. Due anni di squalifica furono inflitti a Marion Jones, velocista statunitense, che confessò l'uso di sostanze dopanti prima delle Olimpiadi di Sydney 2000, e che restituì in seguito tutte le medaglie vinte durante la competizione olimpica. La Federazione Internazionale di Atletica Leggera ha cancellato tutti i risultati ottenuti dalla atleta trentaduenne a partire dal primo settembre 2000. L'annullamento dei risultati non riguarda solo le gare individuali ma anche le staffette. I due anni di squalifica vengono calcolati a partire dall'8 ottobre 2007, fino al 7 ottobre 2009. La Jones, già da tempo nella bufera per il presunto coinvolgimento nel caso Balco, laboratorio chimico dove venivano prodotte sostanze dopanti, aveva confessato tra le lacrime di aver assunto steroidi e anche di aver mentito agli agenti federali. In quell'occasione aveva annunciato il ritiro dall'attività agonistica e quattro giorni dopo aveva restituito le medaglie vinte e accettato lo stop di due anni, previsto per l'assunzione di anabolizzanti. Ai Giochi di Sydney, la Jones aveva conquistato tre medaglie d'oro (100 metri, 200 metri e staffetta 4x400 m) e due di bronzo (salto in lungo, staffetta 4x100 m). Furono Giochi tranquilli dal punto di vista politico, per fortuna, ed anzi, la cerimonia d'apertura segnò uno storico abbraccio tra le due Coree che sfilarono insieme. Durante le gare poi le due rappresentative si separarono ed ognuna disputò le gare per conto proprio, ma rappresentò un passo, un contributo importante verso la ricucitura di una delle ultime ferite della guerra fredda. Le ferite più recenti furono invece quelle di Timor Est: il piccolo paese cattolico si era sottratto da poco all'Indonesia e la sua situazione era tutt'altro che tranquilla, con i caschi blu dell'ONU a cercare di portare ordine dopo le violenze dei filo-indonesiani. Il CIO decise di far 45
gareggiare sotto la bandiera olimpica quattro atleti provenienti da Timor Est ed anche questo fu un segnale di speranza. Gli atleti in gara a Sydney furono 10.651, con ben 4069 iscritte alle competizioni femminili e furono proprio alcune donne a lasciare un'impronta indelebile su quei Giochi, a partire da Catherine 'Cathy' Freeman, scelta come simbolo dell'abbattimento delle barriere dell'incomprensione, dell'intolleranza, del razzismo, che gli stessi australiani avevano alimentato per tanto tempo nei confronti degli aborigeni. Freeman, vestita con un body interamente bianco, nella notte dell'inaugurazione accese il fuoco olimpico, poi sulla pista di atletica mandò in delirio il suo popolo quando vinse i 400 m, arrivando sfinita sul traguardo. Il nuoto azzurro fu ricco di soddisfazioni. Domenico Fioravanti passò alla storia come il primo italiano a vincere un oro olimpico nei 100 rana, bissando l’impresa anche nei 200 (con Rummolo ottimo bronzo), mentre Rosolino trionfò nei 200 misti. In generale, l’Olimpiade di Sydney fu positiva per la delegazione azzurra, che chiuse con l’ottimo bottino di 13 ori, 8 argenti e 13 bronzi
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XXVIII - Atene 2004 Dopo 108 anni la Grecia tornò ad appropriarsi delle Olimpiadi e per la prima volta, con il ritorno dell’Afghanistan, escluso nel 2000, e l’esordio di Kiribati e Timor Est, ai Giochi di Atene del 2004 parteciparono tutti i 202 paesi membri del CIO, pronti a sfidarsi in 28 sport diversi. Purtroppo, nonostante le imponenti misure di sicurezza, la prima edizione post-Torri Gemelle non replicò il grande successo di pubblico dei Giochi di Sydney, con un calo di affluenza pari a circa il 20%. I lavori eseguiti furono di fatto imponenti. L'opera più importante è stata la costruzione del nuovo aeroporto internazionale, costato 1 miliardo di euro. Due autostrade nuove hanno servito i collegamenti con Atene ed è stato eseguito il cablaggio della città per le telecomunicazioni. I lavori hanno coinvolto aree nuove e vecchie, dal centro olimpico di Faliro al complesso di Liossia, risistemando il Palazzo della pace e dell'amicizia, ristrutturando il centro acquatico e dando vita, presso centro di Hellenikon, alla palestra del Peristeri e al villaggio olimpico. Tra tutte le realizzazioni, tuttavia, quella che ha colpito di più ‒ anche perché sembrava impossibile da portare a conclusione, considerando che l'appalto è stato dato solo nel 2001 ‒ è stata la copertura dello stadio olimpico, opera dell'architetto spagnolo Santiago Calatrava: un tetto sostenuto da due archi di acciaio e tenuto insieme da una tessitura di cavi a formare una tela di ragno, con piastrelle di policarbonato, capaci di offrire ombra agli spettatori, lasciando trasparire la luce del sole. Tuttavia, la celerità con la quale vennero portati a termine i lavori per l’Olimpiade, volle dire anche minor attenzione alla sicurezza sui luoghi di lavoro e costò un alto numero di vittime, le cosiddette morti bianche; in totale furono 19 le vite perse per realizzare il sogno a cinque cerchi. Ancora per quanto riguarda il Doping, i velocisti Kenteris ed Ekaterini Thanou, campionessa dei 100 m in Australia, non hanno potuto partecipare alla cerimonia e alle Olimpiadi, dopo aver simulato un incidente in motocicletta ed essersi fatti ricoverare in ospedale per sottrarsi ai controlli antidoping. Nel nome di Kenteris il pubblico greco ha poi commesso l'unica vera e colpevole scorrettezza nella storia di questa Olimpiade: la partenza della finale sui 200 m, quella a cui avrebbe dovuto partecipare il campione, è 47
stata ritardata, creando pericoloso nervosismo fra i finalisti, perché la gente non faceva silenzio nel momento in cui il giudice di partenza doveva dare il via. Non essendosi presentati ai controlli, Kenteris e Thanou sono stati quindi sospesi. È importante il segnale che si è voluto mandare a quegli atleti che per la gloria o per i guadagni scelgono la via delle sostanze proibite. La paura degli attentati terroristici spinse il governo greco a organizzare imponenti misure di sicurezza: quasi 50.000 persone coinvolte, mobilitata persino la Nato e nella città furono piazzate anche alcune batterie missilistiche. Il risultato furono dei Giochi tranquilli, ma troppo militarizzati. Atene fu anche l'Olimpiade della lotta al doping: 3.500 i controlli effettuati da un team di 566 esperti. Tuttavia, le grandi spese da parte del Paese ospitante, portarono in rovina lo Stato. Infatti il budget venne sforato fino a raggiungere una spesa di oltre i 10 miliardi di euro. La Grecia, infatti, ne risentì quando scoppiò la crisi nel 2008 e fu lo Stato che pagò più di tutti gli altri. Oggi il villaggio olimpico è completamente abbandonato. Uno spreco, sia materiale che di denaro, dovuto a causa del vecchio premier Costas Karamanlis, che a causa dei ritardi nella installazione degli impianti e costruzioni, ha dovuto chiedere dei prestiti per velocizzare il lavoro. Cosa che, alla fine, ha causato diversi e tanti problemi alla Grecia. L’atletica leggera regalò poche sorprese, con la solita tirannia degli americani nello sprint e degli africani nel mezzofondo; straordinario, a questo proposito, il marocchino El Guerrouj, vincitore di 1500m e 5000m. Per l’Italia da segnalare la medaglia d’oro nella maratona di Stefano Baldini. La squadra azzurra di nuoto invece deluse: la salvò in parte una 16enne veneziana, Federica Pellegrini, argento nei 200m stile libero.
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XXIX - Pechino 2008 Se da un lato la Cina ha voluto dimostrare il proprio potere economico azionando la più grande macchina mai messa in moto (si tratta dell’Olimpiade più costosa della storia con un bilancio di oltre 40,9 miliardi di dollari spesi tra il 2001 ed il 2007 e più di 11.000 volontari coinvolti), dall’altro non ha fatto altro che evidenziare le innumerevoli e profonde falle con le quali l’invulnerabile governo cinese è costretto da anni a fare i conti. Per i Giochi cinesi vennero preparate imponenti misure di sicurezza, per prevenire qualsiasi tipo di problema. Furono impiegati 80 cani poliziotto per controllare il sistema metropolitano e annusare la presenza di prodotti infiammabili. Uno dei problemi che attanagliarono la città di Pechino fu l'inquinamento: il livello delle sostanze inquinanti era tale da mettere a rischio la disputa di gare su lunga distanza. Per mitigare gli effetti nocivi la città varò diverse norme, fra cui leggi più restrittive sulle auto nuove in vendita. Al termine dei Giochi olimpici di Pechino, Amnesty International accusò le autorità cinesi di aver preferito badare all’immagine rispetto alla sostanza e di aver continuato a perseguitare e punire attivisti e giornalisti durante i Giochi. L’organizzazione inoltre criticò il Comitato internazionale olimpico (CIO) per aver macchiato l’eredità dei Giochi in tema di diritti umani, chiudendo un occhio sulle violazioni commesse. “Le Olimpiadi sono state uno spettacolare evento sportivo, ma si sono svolte in un contesto di violazione dei diritti umani: agli attivisti è stato impedito di esprimere le proprie idee pacifiche e molti di essi sono stati imprigionati senza aver commesso alcun reato”, dichiarò da Hong Kong Roseanne Rife, vicedirettrice del Programma Asia-Pacifico di Amnesty International. “Le autorità cinesi e il Cio avevano l’opportunità di mostrare che il rispetto dei diritti umani fosse migliorato ma hanno ampiamente fallito: sfratti forzati, arresti di attivisti e restrizioni ai danni dei giornalisti non dovranno caratterizzare un’altra Olimpiade”. Il nuotatore Phelps, il cannibale di Baltimora, non arrivava in Cina da matricola; già ad Atene aveva attentato al più grande dei record, quello dei 7 ori di Mark Spitz, mancandolo per una sola medaglia. Ma a Pechino i tempi erano maturi per l’attacco alla leggenda. Phelps vinse i 200m, 400m misti e 4x100 misti, 200m, 4x100m e 4x200 stile libero, 100m e 200m farfalla, facendo segnare 7 nuovi record del mondo e diventando non solo l’atleta con più ori nella stessa Olimpiade (8), ma anche l’uomo con più medaglie in assoluto (16). I record di Phelps oscurarono tutti gli altri atleti in gara a Pechino, tranne uno. A differenza di Phelps, Usain Bolt era esploso solo pochi mesi prima, ai Mondiali di Osaka, anche se arrivava a Pechino forte del record del mondo sui 100m stabilito a New York in maggio. Ma nessuno si aspettava di vedere la tripletta del giamaicano sui 100m, 49
200m r 4x100m, con relativi record mondiali. Per la sua personalità scoppiettante, Usain Bolt diventa ancor piÚ di Phelps l’uomo-immagine di Pechino 2008.
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XXX - Londra 2012 Londra ebbe l’onore di essere la prima città nella storia a ospitare per la terza volta i Giochi Olimpici moderni. Secondo quanto riportato dalla BBC, le olimpiadi del 2012 sono state le piu ecologiche di sempre. Stando al rapporto della Commissione, il riciclaggio di materiali e la rigenerazione di aree delle città abbandonate sono state un successo. Ad esempio lo Stadio Olimpico è stato costruito in parte con materiali riciclati, in un’area un tempo degradata. Inoltre i materiali da costruzione sono arrivati tramite ferrovia o via fiume, per ridurre le emissioni di carbonio. Gli organizzatori hanno, inoltre, puntato sulla riduzione dei consumi: ridotte le pagine delle brochures che informano sulle manifestazioni e spazio a tecnologie come le app per gli smartphones. Sostenibili sono stati anche i menu speciali venduti in imballaggi che facilitano la raccolta differenziata. E la fiamma olimpica? Alimentata con butano, e non a benzina. Il risultato? Centrato l'obiettivo di ridurre le 400.000 tonnellate di anidride carbonica, grazie ad un impianto centralizzato che gestisce il riscaldamento e la climatizzazione di tutto il parco olimpico dove alloggiano gli atleti. I XIV Giochi paralimpici estivi si sono svolti a Londra, nel Regno Unito, dal 29 agosto al 9 settembre 2012. Questa paralimpiade fu la più ampia mai disputata, per numero di partecipanti provenienti da 164 paesi diversi, di cui ben quattordici per la prima volta. Dopo la sospensione da Sydney 2000, in questa edizione vennero tenute gare per atleti con disabilità intellettive. E’ da ricordare, in questa olimpiade, il caso di Alex Schwazer. Il 6 agosto 2012 viene annunciato che l'atleta è stato trovato positivo all'eritropoietina ricombinante in un controllo a sorpresa effettuato dall'Agenzia Mondiale Antidoping il 30 luglio e viene escluso dal CONI dalla squadra della 50 km di marcia dei Giochi olimpici, mentre il giorno seguente sempre il CONI sospende l'atleta su richiesta del Tribunale Nazionale Antidoping. A seguito dello scandalo, si presenta ai Carabinieri di Bologna, cui appartiene, con l'intenzione di riconsegnare pistola e tesserino; viene quindi sospeso dal servizio e successivamente congedato. Inoltre la Ferrero, che aveva un contratto di sponsorizzazione con lo stesso Schwazer, decide di non rinnovare l'accordo, una volta venuta alla luce la positività dell'atleta. Al termine della squalifica (29 aprile 2016), allenato da Sandro Donati, da sempre assolutamente contrario al doping, torna in gara nella marcia 50 km l'8 maggio 2016, 51
in occasione dei campionati del mondo a squadre di marcia organizzati a Roma, gara che vince con il tempo di 3h39'00". Il 21 giugno 2016 viene diffusa la notizia della positività di un campione di urine prelevato il 1º gennaio 2016, campione che era risultato negativo ad una prima analisi standard. Il successivo test più approfondito rivela però la presenza nelle urine di metaboliti di testosterone, accertando quindi l'effettiva positività. Lo staff di Schwazer si difende affermando che il testosterone era in quantità minime e non in grado di avere effetti dopanti. Nella conferenza stampa convocata lo stesso giorno, l'atleta ed il suo staff respingono le accuse di doping definendole "false e mostruose" ed annunciano una denuncia contro ignoti perché risulterebbero delle incongruenze nel controllo antidoping. L'8 agosto 2016, in sede olimpica a Rio de Janeiro, viene discusso il ricorso sotto l'arbitrato del TAS; due giorni dopo il ricorso viene respinto e Schwazer viene squalificato per 8 anni. Nuove analisi portate avanti nel luglio 2018 dal RIS di Parma rivelano un'alta concentrazione di DNA all'interno dei campioni di urina risultati positivi, il che secondo la difesa dell'atleta dimostrerebbe i presunti interventi di manipolazione. E’ dell’ultima ora la notizia che il TAS di Losanna (Tribunale Arbitrale dello Sport) ha confermato la squalifica di Schwazer fino al 2024. Riguardo le olimpiadi di Londra 2012 è stato scritto un libro che s’intitola “Non dirmi che hai paura”, che racconta la vera storia di Samia Yusuf Omar, ragazza somala e atleta che voleva realizzare il sogno di diventare campionessa olimpica nella corsa, ma che, invece, il 2 aprile 2012 viene inghiottita dal Mediterraneo durante la traversata verso le terre d’Europa. Mentre quelle del ’48 furono le prime Olimpiadi interamente teletrasmesse in bianco e nero, nel 2012 la tecnologia HD consente di contare una ad una le gocce di sudore di Usain Bolt e quelle d’acqua sollevate dalle bracciate di Michael Phelps. I Giochi della XXX Olimpiade vedono ancora loro protagonisti, come già era stato a Pechino quattro anni prima. Mentre Bolt conferma il suo strapotere di velocista vincendo per la seconda volta 100 metri, 200 metri e 4×100, Phelps diventa l’atleta più titolato della storia delle Olimpiadi moderne. A Londra, il nuotatore americano conquista sei medaglie
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XXXI - Rio de Janeiro 2016 Il Brasile è così diventato il primo Stato sudamericano e il secondo latinoamericano, dopo il Messico che organizzò i giochi nel 1968, a ospitare un'edizione delle Olimpiadi estive. Ci sono state contestazioni per gli alti costi a fronte di una difficile situazione economica della nazione. Già Nell'estate del 2013 molte voci si sono levate a sostenere che la gravissima crisi economica greca, con le sue conseguenze su tutta l’eurozona, traeva origine proprio dalle spese per i Giochi. Ciò ha influito sulla scelta del nostro governo nel ritirare la candidatura di Roma per l’Olimpiade del 2020. Negativa l’immagine degli uomini addetti alla sicurezza. Secondo l’Istituto di sicurezza pubblica dello Stato di Rio de Janeiro, la polizia della città ha ucciso 51 persone nel giugno 2016, 40 a maggio e 35 ad aprile – più di una ogni singolo giorno. Atleti Olimpici Rifugiati è il nome con il quale una squadra di atleti partecipa per la prima volta ai Giochi della XXXI Olimpiade. La loro presenza è frutto di un'iniziativa del Comitato Olimpico Internazionale per portare attenzione sulla crisi globale dei rifugiati e agire come simbolo di speranza per i rifugiati. Tra i risultati, da menzionare ancora Usain Bolt e la sua impresa leggendaria di centrare per la terza volta consecutiva l'accoppiata vittoriosa 100 e 200 metri piani portando così a 9 il totale delle medaglie (tutte d'oro) conquistate alle Olimpiadi, salendo al sesto posto assoluto nella storia degli atleti più medagliati.
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XXXII - Tokyo 2020 I Giochi della XXXII Olimpiade, piĂš semplicemente noti come Tokyo 2020, secondo il calendario originale si sarebbero dovuti tenere a Tokyo, in Giappone, dal 24 luglio al 9 agosto 2020. A causa della pandemia di COVID-19 le date sono state posticipate di un anno, dal 23 luglio all'8 agosto 2021.
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Conclusioni Secondo me aver reintrodotto le Olimpiadi moderne è stata un’idea “spettacolare”, soprattutto dal punto di vista simbolico, quindi quello che vogliono rappresentare: la pace fra i paesi del mondo e nel frattempo la loro unione nei giochi Olimpici. L’idea che mi fa considerare l’invenzione delle Olimpiadi ancora più grandiosa è il fatto che si svolgano solo ogni quattro anni e ogni volta in città diverse: questo fa sì che le Olimpiadi siano attese da tutto il mondo e, di conseguenza, ci siano più partecipanti alle gare; inoltre per i partecipanti può essere sì una concorrenza, ma anche un viaggio in cui si possono imparare culture e lingue diverse, vedere paesaggi mai visti prima e mangiare cose mai mangiate. L’aspetto negativo delle Olimpiadi è il fatto che le nazioni le prendano come pretesto per scopi politici ed economici, boicottandole. Questo non si dovrebbe verificare visto che lo scopo fondante delle Olimpiadi è la pace e la concordia fra i popoli. Concludo che l’idea della professoressa di Scienze motorie di farci scrivere un libro in cui parliamo delle “nostre Olimpiadi”, dove riportiamo le informazioni più significative dal nostro punto di vista, sia di carattere storico ché di carattere sportivo, sia stata ottima.
Ahmed Bini
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Le fonti
Scritte Wikipedia www.olimpiade.corriere.it www.storiologia.it www.sportface.it www.wikizero.com www.repubblica.it www.ilsole24ore.com www.amnesty.ch
Orali I ricordi di mio padre: dalle olimpiadi di Mosca 1980 in poi.
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