Re volver photos n°02

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NUMERO 02/2014 - RE-VOLVER PHOTOS, cultural magazine - Una pubblicazione RE-VOLVER - Tutti i diritti riservati

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Simona Cavani


Foglio illustrativo del farmaco “Re-volver” Principi attivi Re-volver opera per il conseguimento di scopi culturali, al di sopra di qualsivoglia connotazione politica e ideologica. Il sistema mass-mediatico deve porsi al servizio degli utenti finali e non del potentato economico. Re-volver conduce il lettore verso lo sviluppo autogeno di una coscienza, che si discosti dall’omologazione del senso comune. L’essere umano è l’opera d’arte più elevata: operiamo al fine di preservarla. Composizione “Re-volver”, inteso nella duplice accezione di “ritornare” e “rimescolare”, e legato al significato di “arma da fuoco”, è il marchio che contraddistingue la libera, piena e consapevole presa di posizione adottata da un gruppo di artisti, autori e valide maestranze che ha deciso di firmare le proprie opere con questa etichetta. E se Pasolini ritornò all’amata terzina dantesca rimescolandola con ingredienti contemporanei, allo stesso modo noi ci riapproprieremodellatradizioneperpoirivolgere,comenovellelancedonchisciottesche, le potenti armi di una cultura fieramente indipendente contro i moderni mulini a vento.

Terza idea innestata: nella composizione e diffusione di opere d’arte, la domanda giustifica l’offerta. Il malato rifiuta di comprendere da chi sia generata la domanda. L’arte è l’ingranaggio principe dei complessi meccanismi di potere. Se la disinformazione odierna deriva, oltre che dall’oscurantismo, anche dall’eccesso d’informazioni sbagliate in circolazione, allo stesso modo funziona l’arte: l’intero circuito che va dalla produzione alla diffusione (editoria, case discografiche e cinematografiche, gallerie d’arte, televisioni, giornali) permette la proliferazione di prodotti scadenti in modo che siano alla portata di tutti e che l’industria “artistica” ne giovi. Difficilmente vengono alla luce opere rilevanti, sia per inadeguatezza culturale del possibile acquirente, sia per i contenuti di denuncia verso la società che dovrebbe comperarle. In casi limite il malato, attraverso un percorso assimilabile a un’evoluzione schizofrenica della patologia, acquista la credenza autocertificata di essere un artista. Quarta idea innestata: L’Antisistema è contro il putiferio di menzogne di cui sopra.

Occorre quindi che “Re-volver” diventi un grido di protesta contro l’impoverimento del sapere e la perdita del ruolo sociale da parte dell’artista. Re-volver parte sempre dalla qualità dei contenuti e mai dalla tecnica fine a se stessa.

In casi rari il malato percepisce la possibilità di un’alternativa alle idee innestate. Ma ogni pentola a pressione ha la sua valvola di sfogo e quella della società è costituita dall’Antisistema. Quest’ultimo si esprime attraverso l’esistenza paradossale di opinion-leader che indirizzano il malcontento verso forme soft di ribellione: manifestazioni, petizioni senza futuro, forum di opposizione e tutto ciò che svuoti i malati del senso di colpa provocato dall’apatia.

Indicazioni terapeutiche e informazioni sulla patologia

Posologia – Dose, modo e tempo di somministrazione

Trattamento sintomatico di stati alterati della psiche sviluppati attraverso l’acquisizione d’idee sovrastrutturali. Generate dal Sistema per i potenziali servi del Sistema, suddette idee favoriscono il contagio più di qualsiasi altro virus: si diffondono tramite i media come una peste cibernetica ed entrano in ogni cervello rilassatosi nei meccanismi imitativi. Non c’è atteggiamento, gusto o pensiero che non sia influenzato da esse.

Leggere un articolo per volta, riflettere adeguatamente e criticare (ove necessario) ogni aspetto del contenuto e dello stile. Re-volver deve essere diluito nell’arco di tre mesi.

Sviluppo della patologia e sintomatologia - Quando deve essere usato Lo sviluppo della patologia si manifesta attraverso l’innesto psichico di visioni alterate della realtà.

L’utilizzo del farmaco Re-volver deve essere associato all’esercizio della propria coscienza. Non è voce fuori dal coro neanche questa rivista! La catarsi derivante dalla sua lettura potrebbe contribuire ad addolcirvi lo sguardo nei confronti delle sbarre invisibili che vi siete costruiti. Il messaggio è: non fatevi ingannare.

Prima idea innestata: la libertà equivale ad una confortevole prigione.

Controindicazioni - Quando non deve essere usato

Nel suo stato allucinatorio il malato tende all’idealizzazione di case perfette, ultra accessoriate, televisori che aspirano ad essere cinema, cucine-ristorante, bagni con idromassaggio, sauna, bagno turco e lampade abbronzanti. Si tratta del livello “Bara Famiglia”, per aspiranti cadaveri. Ma la solitudine non è sopportabile all’uomo, così si passa al secondo livello: la “Bara Popolo”, che porta a competere con chi possiede la macchina più veloce, la borsa più firmata, la laurea più costosa. Il simbolo fallico più fallico.

Qualora i pazienti non possedessero una coscienza critica, si raccomanda l’assunzione del medicinale solo dopo una rilettura dei Classici associata a un periodo d’isolamento.

Seconda idea innestata: la scelta dei prodotti con cui nutrirsi va relegata al carrello della spesa e alle pubblicità. Il malato tende a rimuovere il concetto basilare per cui la salute fisica dell’essere umano dipende da due principali fattori: ciò che respira e ciò con cui si sfama. Egli si accontenta di cibi che hanno subito, nel processo d’industrializzazione, un’epurazione dei valori nutritivi, un’aggiunta di quelli cancerogeni e un’accattivante vestizione profetica (“mangia %*ç°§: avrai un’energia da campione!”), esotica e - nei casi d’ipocrisia sfrenata - “casareccia”. Il malato si convince che l’abbondanza sia decisamente meglio della misura. Un’analisi sociologica del problema ha portato alla conclusione che, attraverso lo sviluppo epidemico di quest’idea, si è giunti ad un incremento della percentuale di diabetici, ipertesi, gastrolesi. Alle comuni industrie farmaceutiche fa comodo la disinformazione relativa all’alimentazione: malattia, medicinali e controllo sono tre elementi di un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.

Effetti indesiderati

Sovradosaggio Un uso smodato del farmaco può indurre il malato a credersi intellettuale attivo, imprigionandolo in una forma mentis che, di fatto, lo rende passivo e ne intacca la lucidità. Sono stati riscontrati casi di diarrea, vomito, malattie psicosomatiche in genere. In casi isolati: morte immediata del precedente modello di pensiero e acquisizione di un modello alternativo che non si percepisce proprio e crea il rigetto del corpo ospitante. Scadenza e conservazione: Controllare la data di scadenza sul lato superiore della confezione. Tenere il medicinale alla portata dei bambini precoci.


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Simona Cavani



Simona Cavani - Fiabe senza tempo di Luca Torzolini Simona Cavani tace. Osser va, medita e scatta. Sono le sue foto a parlare: dotate di eccelsa capacità di sintesi, le immagini della fotografa narrano universi paralleli, fiabe pulp, frattaglie d’infinito. Il media fotografia concorre alla tribalizzazione caparbia e ner vosa dello spettatore, lo tira negli abissi dell’argomento bandendo il ritornello del bianconiglio carroliano “È tardi, seguimi!”. Prendendo distanza dal determinismo tecnologico, dalla cultura del mezzo per il mezzo, dell’immagine per l’immagine, messaggio e mezzo si fondono rendendo la forma formante e arricchendo i contenuti con cascate empatiche di emozioni, lasciando intravedere fiabe sospese, emarginazione del divino canonizzato e divinizzazione dell’umano, diatribe fra il destino e il libero arbitrio. In queste decadenti poesie di luce, ribellione e conformità amoreggiano procreando un più vasto spettro interpretativo: il bene e il male sono giudizi di valore confezionati dalla moralità e dalle religioni, ma al di là cosa vediamo? E forse la domanda corretta sarebbe “Siamo in grado di vedere?”. Per i pochi capaci di una visione antropologica esautorata da pregiudizi condizionanti, lo straordinario vive nell’ordinario e le variabili dell’equazione fotografica gratificano il bisogno d’invenzione: contesto geografico e momento storico, aforismi polisemici del tempo e dello spazio. Al centro, visibile o invisibile, l’uomo. A volte tanti studi e speculazioni filosofiche valgono quanto lo sguardo attento di un essere curioso che fotografa, giocando a inver tire i ruoli e accostando elementi antitetici. Nell’incer tezza di fronte ad un contenuto, lo spettatore è dunque indirizzato al dialogo: con se stesso, per vedersi; con gli altri, per sapere a cosa è subordinata la semantica nella società. Quante volte ci indigniamo per la restituzione da par te dei media di cer ti fenomeni in cer ti termini, così come essi sperano, e gridiamo una reazione incapace di coscienza? Perché non abbassare il tono della voce e aumentare l’indignazione nell’uso delle parole? Così la Cavani trasforma l’impatto violento d’immagini esaustive nel jab calibrato e ripetuto al ventre di un esper to boxer. Compatta il multistrato del detto e del non detto facendo trasudare trame al contesto vitale di Mario e Salvatore; gioca con realtà e fantasia in ceteris paribus raccontando la storia di chi, come Anna, affronta diversamente il mondo; ci mostra un luna park che parla di sé in ogni elemento che lo compone; propone i paesaggi della Maddalena come se fossero di un altro pianeta. Un pianeta incontaminato. Simona Cavani ci mette di fronte alla panplegia (sic!) emozionale della società contemporanea. Insegna ad evadere i limiti dello sguardo omologato dalle mode per vasive e si incentra sull’acies mentis come possibilità per mettere in relazione l’io magico e primordiale con il mondo esterno. E alla fine penso: le immagini sono molto più di queste parole, seppur sentite. E Luca Torzolini tace.



D I VAG A Z I O N I D I D E N I S B AC H E T T I


14 del mese di dicembre. Sono le 8. Ho un piede piantato nel passato. Guarda le mie mani: non ho affatto pudore, da quando le ho così non mi parli che tu. Guardale meglio le mie mani: vi sono le mappe del cielo e le relative scorciatoie. Guarda qui Orione. S’è rappresa in un grumo di sangue stretto, difficile a capire. Ogni vena è un’incrociata, una festa di alfieri, un filamento ceruleo di nuovi vettori; radure e volti e bivacchi fino alla piana. Ora senti che silenzio; da qui si succhia il terrore.

M’hanno rosicchiato i calcagni mentre ero fuori; sono rincasata ed eri seduto: Contavi i pasti al gregge. Il capo chino e sui fogli niente. <<Sono belle le parole>> mi dissi, e tu non respiravi. Il sublime è sfuggente, pensai. E ti ridevano le mani.



L’immagine palesa un vivo interesse nell’indagare le cose umane attraverso un volto, un sorriso, un’espressione. Le migliori immagini narrano perchè sia accaduto e cosa sarà poi. Qui il volto palesa, apre, respira, rassicura, da coraggio; Chi fotografa lo incastona in un vezzo: l’uomo nel fondo rappresenta la storia, le vicissitudini in un arco temporale senza fine. Il grande volto, di contro, congela la storia in un ghigno, e l’angusta dimora nella sua neutralità ne aumenta la dinamica e la suggestione. I panni ed il maglione non sono che dettagli; mancano del calore che ho io. Vivo. Presente. compresso in una geometria nuda ed invincibile.



La scarna dimora è ingentilita da umili elementi di decoro. La vita quotidiana si compone inesorabile: il notiziario, il divano-letto, il buon gusto a tavola, la superstizione e quell’umorismo nero che dispiega la miseria; il vivere sotto un tetto di ricordi e recriminazioni. Quanti segni hanno potuto farci. C’è odore di cenere e fa freddo. Un’amalgama di modestia fa da primo attore in questo scatto; l’elemento ludico lo modera dal basso: la scacchiera del tovagliato, il ferro di cavallo, la radio. Un racconto semplice e convincente.



L’immagine dell’uomo disteso costituisce un campo esaudiente di studio per chi voglia indagare l’estetica come scienza del percepire. I meccanismi che generano lo stupore, lo sconcer to, il disgusto, vibrano come corde ed un sublime grottesco investe il fruitore secondo una dinamica che punta alla ragione stessa del bello, alla sua genesi, all’istinto insaziabile e primordiale che lo sottende. L’audacia del soggetto, la sapienza compositiva, il giusto corredo cromatico fanno dell’uomo disteso un bastione posto ad arginare il super fluo.



Discesa agli inferi. L’immagine mostra i segni del vissuto attraverso un volto in posa turbato ma dignitoso nella sua pudica compostezza. Si può annusare il vero.Toccarlo con mano. E’ lontano il sussiego del fotografo professionista, il suo manuale deontologico che par te dall’impugnatura dell’apparecchio; qui l’aria fa male e non c’è tempo. I vostri trucchi e il “bene così” mi guastano l’appetito. Sono naufrago del tempo. L’antiritratto.



Anna danza immota, spuma d’incanto. Anna è fatta d’aria: timore notturno incudine in soffitta oltraggio o scherzo ardito. Nell’orlo di un’insensatezza sì ben ordita mi lascio traspor tare nella tua nuvola di zucchero. La tua fiaba struggente d’anima inquieta ed alienata mi tocca dentro per non guastarmi fuori.



Anna è un’arcana promessa, un’allucinazione. Essa impersona in uno il nerbo vivido del terrore ed insieme il volto insano e sofisticato dell’ar te. Anna è per versa ironia, per fezione, vapore di sogno. La piccola donna in abito rosso è un esempio debordante di ruvido talento espressivo. La sua figura batte come una percossa e si è turbati di fronte al fantastico indefinibile come alla luna e ai pianeti. Conviene tacere e guardare oltre.



Quando anche Lorrey saltò per la strada, nel caseggiato semidistrutto dalle mitragliate non rimase che il Tenente Romn. Ritto nella penombra della cantina, sanguinava da un orecchio e respirava con affanno. Estrasse una garza dalla tasca dell’uniforme quando avver tì un rumore provenire dai piani alti. Si mosse lentamente curando di rimanere immobile negli inter valli di silenzio. Risalì due rampe di scale quando vide un’ombra proiettarsi sul muro sopra di lui. Carìcò quindi il fucile affrontando carponi gli ultimi gradini verso un ballatoio che apriva su una stanza. Giunto in cima tirò un profondo respiro poi balzò allo scoper to urlando e detonando alcuni colpi. Dinnanzi a lui al centro della stanza una figura alata di indicibile candore e purezza campeggiava solenne ed incantata: una figura femminile di mole contenuta insisteva immobile e sacrale ai suoi occhi. Il Tenente si raggelò alzando d’istinto il dito dal grilletto e rivolgendo in alto la canna del fucile. Rimase qualche istante a fissare quella figura senza respirare. Pensò a qualcosa ma non riuscì a parlare.



Un’ironica ambiguità non fa che velare un’inquietudine di fondo implicita e latente. L’immagine è aper tamente fruibile. Vi si avver te un pensiero tagliente, un messaggio dirompente, un impulso di natura sovversiva. La figura che lo veicola è di contro fiabesca, carica di simboli e rimandi ai ricordi infantili ed adolescenziali. L’occhio è attento e minuziosamente focalizzato sui par ticolari. Un’immagine che colpisce, aggrada e dolcemente turba.



Il grande viso di adulto col cilindro è l’ espressione figurata dello humour nero, operante sulla psiche attraverso latente ironia ed impalpabile sarcasmo verso effetti drammatici. La mimica beffarda e raffinata seduce pericolosamente e si ha l’impressione che l’immagine sia par te di un racconto ignoto, un flusso di immagini dall’inconscio: il non vissuto.



L’istantanea mostra un uomo seduto in un ambiente domestico spoglio e disadorno.I pochi elementi ritratti e la loro abitudinarietà esaltano le qualità spirituali dell’uomo, il valore intrinseco del suo meditare; la postura e la mimica facciale ne disvelano il carisma, la bambola mutilata il genio trasgressivo ed esoterico. L’innocenza e l’esiguità estetizzante di un candore precario, quel rosa sospeso e vibrante tra ombra e luce risolvono l’immagine in termini di sfida empatica con l’osser vatore.



L’immagine contempla in modo sardonico l’immanenza della natura umana indagando l’uomo dal punto di vista ontologico verso rilievi di natura escatologica.


Cosa siamo e cosa accadrà ti è concesso supporlo se non rinunci prima: questo sembra dirci l’istantanea su quest ’uomo alato sospeso tra la modestia del suo aspetto e le ambizioni del suo spirito destate da un fascio di luce che ne investe la figura nel mezzo di tanta oscurità.


Una donna posa di fronte ad uno specchio. Maschere femminili riposte in una scatola si antepongono al suo viso riflesso ed un’altra maschera, posta nella nuca della donna forma nello specchio un rompicapo visivo. L’atmosfera è incantata ed inquietante al contempo: le ombre ed i visi inanimati delle maschere creano un effetto di turbamento suggellato dall’espressione severa della donna.



La candida casetta con albero sorge in un luogo ameno, dove il cielo è arioso e lucente. L’approccio è anche qui fiabesco; l’atmosfera irreale, metafisico il respiro. Lo scatto immor tala un attimo perenne; non vi è narrazione, piuttosto un inno all’universo, un encomio totalizzante attraverso l’esaltazione di esigui segni del presente umano.



L’espediente, la trovata, il sotter fugio, il mero ar tifizio sono scansati con cinica aper tura in questa immagine di indiscussa integrità. Questa figura di donna austera ed elengante è un passo nell’essenza dell’essere, una boccata di purezza e di cruda essenzialità. Il por tamento della donna stride con la modestia della dimora alle sue spalle ma è tuttavia preponderante la sua cristallina personalità ed il vigore del messaggio sotteso al suo severo meditare.


La figura ed il volto ritratto pur travisato da una maschera buffa ed infantile suscitano angoscia e disarmo in forza della loro incongruenza con l’ambiente che li circonda. La donna mascherata appare come una figura di sogno gravemente premonitrice, un’allucinazione, un presagio sinistro che esprime in veste beffarda ed ingannevole la caustica ambiguità di un’evenienza reale o immaginaria.


Perché io leggo? Cosa fa di un’immagine un profumo? A cosa ser ve confezionare fotografie in quadri da appendere, allestir vi in infiniti corridoi se da questo non ne so trarre nulla? Voglio dire che questo dopotutto avrebbe a che fare col bello e lo sciccoso ma se a tutti piace guardar vi io da voi cosa traggo? Finzione, brivido addomesticato, interessanti spunti di altri spunti; e poi? E Io? E l’Autore? Baccanali di silenzio e plausi da far ribrezzo. L’aria si fa nauseabonda alla mostra. Guardo l’ora, ringrazio per l’invito ed esco. Mi riparo dalla pioggia rovistando nelle tasche della giacca: cosa ho con me che non avevo prima? I palazzi sono macigni di vetro e il freddo confidenzialmente mi sviscera mentre sbatto le palpebre facendo finta di niente. Cosa sono le immagini se non sequenze di nulla, risa nel buio, riverberi di remote allegrie e collose emozioni? Vago nella pioggia coi pugni stretti, le gote incavate dal freddo. Entro in un Luna Park. Non soppor to i pantani specialmente se grossi come laghi. Gira desolata una Giostra più in là, il giostraio vi scuote via l’acqua dopo il temporale. Eccolo che mi guarda. E’ atroce il volto logistico dell’allegria, quell’aria rarefatta nel tendone dopo lo spettacolo. Ho finito i “come”, così guardo una bambina mentre lei guarda me. Tossisco e passo oltre. Una donna posa diver tita mentre un uomo si avvicina infuriato. E’un marito che s’adira poiché la moglie offre il volto ad un fotografa. Ha scelto di cogliere il nocciolo della questione: togliere la patina agli umori ed evadere gli empori. Scatta alla rinfusa verso il cielo cercando di catturare il freddo, di renderne la barbarie, l’incanto delle stelle, la verità vera, il volto insano del sorriso, l’amara contropar te del divetimento. Vago trepidante mentre si fanno le otto al luna park. Non c’è nessuno in giro, persino i bambini posano annoiati mentre un peluche ruggisce desolato ed affranto: vago come uno sciacallo. Raggiungo la fermata dell’autobus saltellando dal freddo. Accendo una sigaretta, mi guardo attorno. Cosa ho con me che non avevo prima?







Il mio silenzio accompagnerĂ i paesaggi, cosĂŹ come essi sembrano suggerire.











www.simonacavani.com


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