IoArch 50 Sep_Oct 2013

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COSTRUZIONI E IMPIANTI

Anno 7 - n 50 - settembre | ottobre 2013 - euro 4,50

IL VERDE VERTICALE

LIVING BUILDINGS

Font srl - via Siusi 20/a 20132 Milano - Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in. 27.02.2004 n. 46) Ar t. 1 Comma 1 DCB Milano


CONTROPARETE FONOASSORBENTE

PAVIMENTO VINILICO DECORATIVO www.evolutionpanel.com www.evolution-virag.com


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IL PROGETTO CONSAPEVOLE Con un vigoroso intervento, su questo numero l’architetto Angelo Vecchio ci invita a seguire la strada dell’etica riscoprendo i valori perduti del Movimento Moderno. Solleva insomma la questione della responsabilità dell’architettura, che non si ferma al committente ma include la comunità, l’ambiente e il paesaggio. Gli strumenti di progettazione e le tecnologie dei materiali e delle costruzioni non mancano. I casi che illustriamo nel servizio su tetti verdi e giardini verticali, lavorando su relazioni inedite tra natura e ambiente costruito, danno luogo a vantaggi inattesi, fino alla possibilità di creare nuovi habitat in grado di favorire e accogliere la biodiversità nelle nostre città. Ma confrontarsi con la natura, come insegna Paolo Bürgi, significa anche studiarne le componenti nascoste, per meglio comprendere la concatenazione di fenomeni che anche un singolo passo progettuale, in uno specifico luogo, può produrre. Significa, in una parola, progettare in una prospettiva olistica.

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IOARCH Costruzioni e Impianti n. 50

Comitato di direzione Myriam De Cesco, Carlo Ezechieli, Antonio Morlacchi Contributi Atto Belloli Ardessi, Edoardo Bit, Stefano Boeri, Ginevra Bria,

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IL LUOGO E OLTRE

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IL CANONE AUREO

44 LE SEDIE DEL CENACOLO

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DOV’ERA COM’ERA

46 HENRIQUE OLIVEIRA

THE MILLION DOLLAR PROJECT

48 SCULTORI MANCATI ARCHITETTI IMPROVVISATI

Direttore responsabile Sonia Politi

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In copertina, Supertree, foto ©Grant Associates

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Note da una conferenza di Paolo Bürgi

Una residenza sul lago

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Il Gritti Palace di Venezia

Aga Khan Award for Architecture

Chiara Brusini, Alice Gramigna, Alberto Giacopelli, Moreno Maggi, Luigi V. Mangano, Santo Eduardo Di Miceli, Giuseppe Todaro, Angelo Vecchio, Silvia Zotti Grafica e impaginazione Roberta Basaglia, Cristina Amodeo Fotolito e stampa Pinelli Printing, Milano

Tetti verdi e giardini verticali

Il design incontra Leonardo

Artefacts

Opinioni

Editore Font srl, via Siusi 20/a 20132 Milano Tel. 02 2847274 Fax 02 45474060 redazione@ioarch.it www.ioarch.it Abbonamenti Tel. 02 2847274 - Fax 02 45474060 abbonamenti@ioarch.it

Prezzo di copertina euro 4,50 arretrati euro 9,00. Abbonamento (6 numeri) euro 27,00; estero euro 54,00. Pagamento online su www.ioarch.it o bonifico a Font Srl - Unicredit Banca IBAN IT 68H02 008 01642 00000 4685386 Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004. Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 DCB Milano

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In questa pagina, l'osservatorio geologico di Cardada (Locarno) e dettaglio dei campioni di roccia della faglia utilizzati come elemento architettonico (©Paolo L. Bürgi).

IL LUOGO E OLTRE Note a margine di una conferenza dell'architetto paesaggista svizzero Paolo Bürgi Carlo Ezechieli

In occasione di mostre personali, Festschriften o conferenze è interessante, per chi assiste, ripercorrere i motivi del proprio interesse per un dato autore. Nel caso specifico, l’occasione del mio avvicinamento al lavoro di Paolo Bürgi era stata, a sua volta, una conferenza. L’aspetto che più mi aveva affascinato delle sue opere era la capacità, non comune, di utilizzare la materia per rivelare e tradurre in architettura quello che si potrebbe definire come le “componenti nascoste” del luogo e del paesaggio. Elementi che, nel lavoro di Bürgi, sono spesso riconducibili a una matrice scientifica e che rimandano sempre a qualcosa che trascende l’evidenza e i confini fisici del sito. È un aspetto che emerge in molti suoi lavori: tra gli altri, nella fontana di Kreuzlingen, disegnata emulando e rappresentando architettonicamente un principio geologico fondamentale e una forza lenta, implacabile e, appunto, “nascosta” come l’erosione. Nonché nell'ormai celebre osservatorio geologico di Cardada: un puro elemento di identificazione del luogo, un landmark sotto forma di una piattaforma circolare incuneata nel suolo. L’osservatorio si trova esattamente a cavallo della faglia insubrica: il punto di incontro tra la zolla continentale adriatica (una placca tettonica secondaria che si é staccata milioni di anni fa dalla zolla continentale africana) e la zolla continentale europea. Ai lati di una linea rossa - la stessa linea di faglia tracciata sulla superficie in cemento - campioni di rocce, elementi “profondi”, normalmente nascosti nel sottosuolo, vengono rivelati e portati in superficie partecipando al disegno complessivo. Com’è noto, dalla natura delle rocce dipendono importanti processi ecologici. Graniti e basalti, in particolare, hanno un ruolo primario nel ciclo del calcio che, a sua volta, ha ricadute fondamentali sulla composizione dell’atmosfera e di conseguenza, in base a variazioni nella concentrazione di gas serra, [4]

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sulla regolazione della temperatura terrestre. Il grado di acidità del suolo, alla cui definizione le rocce contribuiscono direttamente, condiziona le caratteristiche della copertura vegetale, che influenza la qualità visuale del paesaggio. Essere consapevoli di questi aspetti e saperli rappresentare architettonicamente coincide con una consapevolezza molto profonda ed estesa del luogo e del suo funzionamento in termini ambientali. Per la conferenza tenutasi al Politecnico di Milano lo scorso giugno, Paolo Bürgi ha scelto il titolo Il luogo e oltre, che è una sorta di manifesto programmatico. Come dimostrano infatti le opere appena descritte, il lavoro di Bürgi contiene una capacità (del resto presente in forma più o meno evidente in molte grandi opere di architettura) di connettere, attraverso una raffinata operazione di sintesi, il sito a qualcosa che sta “oltre”, che non è semplicemente un altrove ma che molto spesso è qualcosa di spazialmente molto vicino. Di favorire un legame


tra il luogo specifico e qualcosa che appartiene ad una concatenazione di elementi, di eventi e di processi molto più estesa. Ad un sistema - e qui i riferimenti alle scienze, all'ecologia o alle scienze della Terra sono diretti - che agisce in modo complesso e in profondità, permeando ogni cosa. E proprio quest’ultimo credo sia un punto di formidabile attualità: non solo per il progetto del paesaggio ma anche, e soprattutto, per l’architettura in quanto disciplina incaricata del progetto e della realizzazione di spazi abitabili. Ultimamente, termini di portata culturale immensa, come natura, ambiente ed ecologia, sono quanto mai ricorrenti nel dibattito architettonico. Le risposte - tutte immancabilmente orientate verso un obiettivo di sostenibilità (termine ormai talmente logoro da risultare inservibile) sono spesso ridotte a semplici, e frequentemente banali, questioni tecniche. E così facendo, si perde completamente di vista la chiave fondamen-

tale per una vera evoluzione in senso ecologico dell’architettura, e forse anche della società in generale, che é quella di rafforzare la connessione culturale ed emotiva delle persone con il sistema ambientale profondo che abitano e al quale, fondamentalmente, appartengono. Secondo le parole di Bürgi (tratte da un’intervista di Raffaella Fabiani Giannetto): “il mio lavoro riguarda la ricerca di un’essenza e la possibilità di evocare un’emozione, un momento di serenità, così quando lascerai il luogo, ti volterai, forse con qualche domanda che non trova risposta, ma con un sorriso”. É una frase che contiene termini troppo spesso dimenticati come “emozione” e “serenità”, ma che invece dovrebbero tornare ad essere l’obiettivo fondamentale di qualsiasi opera di architettura

A destra, la fontana della piazza di Kreuzlingen (Svizzera), rappresentazione architettonica della forza dell'erosione.

Paolo L. Bürgi

In alto, fotoinserimento dell'osservatorio di Doberdò, sul Carso italiano, vincitore di una gara a inviti indetta dal Comune di Gorizia nel quadro del masterplan strategico Carso 2014+ realizzato da Land di Andreas Kipar (©Paolo L. Bürgi).

A sinistra, prospettiva della piazza progettata per il Cern di Ginevra (©Paolo L. Bürgi)

Diplomato architetto paesaggista nel 1975 presso la Scuola di Ingegneria di Rapperswil, Paolo L. Bürgi è dal 1997 professore aggiunto di architettura del paesaggio alla School of Design di Philadelphia e dal 2003 professore a contratto presso lo Iuav di Venezia. È stato inoltre Visiting Professor all’Università Mediterranea di Reggio Calabria e alla School of Architecture di Columbus, Ohio. Nel 1988 riceve il Premio Aspan per il recupero della Cava Motto Grande a Camorino e nel 1999 il JMG Prize of Excellence Our visual landscape per il progetto “Osservatorio geologico Cimetta”. Nel 2003 ha ricevuto inoltre il primo premio internazionale del paesaggio European Landscape Award a Barcellona per il progetto “Cardada, Reconsidering a mountain” e il premio Die Besten 03-bronze per il progetto “Piazza a Lago di Kreuzlingen”. Il suo studio si trova a Camorino, in Canton Ticino. www.burgi.ch

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UNA RESIDENZA SUL LAGO

IL CANONE AUREO Sopra, l’uso del bianco e del grigio scuro per la colorazione delle facciate delinea con chiarezza i singoli parallelepipedi prefabbricati scomponendo l’edificio in volumi semplici e ben riconoscibili (foto ©dep studio).

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Le forme minimali di una residenza prefabbricata in legno a elevate prestazioni energetiche scaturiscono da specifiche relazioni dimensionali di volumi sovrapposti Disposta in una zona ampiamente edificata che affaccia direttamente sulle rive del lago d’Iseo, la nuova abitazione unifamiliare progettata da Dep Studio nasce dalla volontà di sfruttare le potenzialità panoramiche del sito, in passato trascurato e occupato da un’officina meccanica in disuso.

La nuova costruzione si trova a ridosso di un edificio residenziale risalente agli anni ‘70 e se ne distacca nettamente dal punto di vista tipologico. In fase progettuale è emersa inoltre la necessità di elevare i locali rispetto alla quota di strada, in modo da favorire la vista verso il lago a nord e un uliveto posto a est, creando al contempo una separazione verso sud e ovest. La composizione architettonica è il risultato della sovrapposizione di volumi semplici e ha previsto la creazione di tre parallelepipedi regolari destinati agli spazi abitativi sovrapposti a un quarto volume in cemento armato con finitura a vista destinato ad autorimessa. Ogni volume rispetta rigorosi rapporti geometrici in pianta e in alzato: la larghezza è sempre pari a 2 unità mentre la lunghezza varia da 4 unità per il blocco collocato alla quota più bassa e destinato alla zona giorno, 3 unità per quello a quota intermedia che ospita la camera e i bagni, 2 unità per l’ultimo volume. L’altezza invece è sempre costante e scaturisce da un rapporto aureo con la base – un’unità corrisponde a 3,10 metri. Ogni volume che compone l’edifi-

A sinistra, il volume che ospita la zona giorno termina sul lato nord con una terrazza contraddistinta da una cornice che delimita la vista verso il lago, nella foto della pagina accanto (foto @dep studio).


dep studio Viene fondato nel 2006 dagli architetti Paola Belussi (Sarnico, 1972) e David Moriggia (Lovere, 1979) che si occupano di progettazione architettonica, design e recupero del costruito per committenti pubblici e privati operando una continua sperimentazione formale e tecnologica in chiave essenziale. I loro lavori sono stati esposti presso la mostra Progetti di giovani architetti italiani organizzata alla Triennale di Milano nel 2010 e nel 2012 durante l’incontro Giovani architetti italiani/Incontro sull’architettura contemporanea svoltosi bell'ambito della 13^ Biennale di Architettura di Venezia. Tra le realizzazioni più recenti si segnala il restauro della funicolare di San Pellegrino – Vetta (San Pellegrino Terme, Bg) destinato ad esposizioni temporanee. www.depstudio.eu

cio si colloca quindi a una quota diversa e ospita al suo interno una destinazione d’uso specifica, con una chiara corrispondenza tra la disposizione esterna e l’organizzazione interna. L’armonia delle parti nasce dunque da precise relazioni geometriche seppur non percepibili a prima vista. L’ingresso dell’abitazione si trova in corrispondenza del vuoto tra i due volumi collocati alla quota più bassa ed è in linea con l’accesso pedonale dalla strada. La rampa di scale esterna conduce alla quota della zona giorno in uno spazio delimitato sui lati lunghi da due librerie a tutt’altezza che immette direttamente in un grande open space che ospita il soggiorno, la zona pranzo e la cucina. Ampie vetrate consentono un’abbondante illuminazione naturale e una vista privilegiata sul panorama circostante, mentre uno stretto lucernaio posto in corrispon-

IL MODULO BASE Ogni volume della casa rispetta rapporti geometrici in pianta e in alzato basati su una unità che corrisponde a 3,10 mt. Sopra, le piante del piano rialzato e del primo piano.

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denza della cucina apporta luce al piano di lavoro e al tavolo da pranzo. Il volume della zona giorno termina sul lato nord con una terrazza contraddistinta da una cornice che delimita la vista verso il lago e permette di inglobare lo spazio esterno nel volume principale. Dalla terrazza è possibile accedere direttamente al giardino privato superando il dislivello attraverso un massello in cemento indipendente dalla costruzione. Attraversando l’ingresso e percorrendo una rampa di scale si accede al secondo volume posto a un livello superiore che ospita la zona notte, con la camera da letto contraddistinta da una grande finestra a nastro con vista verso il lago e i bagni illuminati da un lucernario a soffitto e da due aperture in facciata orientate verso il cielo. Posto alla quota più elevata, il terzo volume abitativo ha due lati completamente vetrati e consente l’accesso a una zona-solarium in copertura. Un quarto volume interrato ospita infine l’autorimessa e altri spazi di servizio realizzati in cemento armato a vista. Sia internamente che esternamente, i volumi prefabbricati si distaccano nettamente da questo zoccolo realizzato in opera. Allo stesso modo, l’utilizzo del bianco e del grigio scuro per la colorazione delle facciate delinea con chiarezza i singoli parallelepipedi prefabbricati scomponendo l’edificio in volumi ben riconoscibili. La pavimentazione [8]

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esterna in cemento e la recinzione in lamiera forata zincata confermano l’immagine di concretezza che caratterizza l’intervento. Dal punto di vista costruttivo, gli spazi abitativi sono stati realizzati in pochi giorni con struttura prefabbricata a telaio in legno, riscaldamento radiante a pavimento e ventilazione meccanica controllata per garantire un alto confort abitativo e un forte risparmio energetico

Sopra e a sinistra le ampie vetrate garantiscono una corretta illuminazione e consentono di godere dei molteplici scorci sull’ambiente circostante. (foto @dep studio)

SCHEDA Località Paratico (Bs) Anno di realizzazione 2007-2012 Committente privato Progetto Dep studio Superficie 290 mq


Arredi su misura Negli spazi interni l’arredamento si fonde con l’architettura. Questo risultato si è reso possibile grazie alla progettazione esecutiva di ogni arredo e alle abilità dell’azienda esecutrice, la Falegnameria Salogni, che vanta anni di esperienza nel campo degli arredi su misura.

FALEGNAMERIA SALOGNI Via Noce 34/b 25030 Zocco di Erbusco (BS) Tel. 030 7267798 falegnameriasalogni@hotmail.it

Parquet ecologici e personalizzati Hausfloor opera dal 1988 nel settore dei pavimenti in legno. Negli anni ha fatto dell'eco-biocompatibilità il cardine della propria visione aziendale, maturando un'approfondita esperienza cresciuta e consolidatasi nella realizzazione di opere grandi e piccole. Hausfloor effettua in proprio lavorazione e finitura dei parquet di grandi formati personalizzandoli per il cliente come “abiti su misura”. Grazie alla lunga esperienza e alle profonde conoscenze acquisite, Hausfloor è in grado di soddisfare le più differenti richieste nella realizzazione di qualsiasi progetto.

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Professionisti dell'edilizia La società Edilpitozzi Srl, con un’esperienza trentennale, opera in costruzioni e ristrutturazioni edili residenziali e industriali utilizzando materiali all’avanguardia e specializzazioni tecniche. Attiva nell’ambito del risparmio energetico, costruisce abitazioni a ridotto impatto ambientale e migliora l’efficienza di immobili esistenti. Qualità, innovazione, affidabilità, esperienza tecnica e gestionale caratterizzano questa realtà bresciana.

EDILPITOZZI SRL Via G. Di Vittorio 5 - 25030 Adro (BS) Tel. 030 7357243 info@edilpitozzi.it | www.edilpitozzi.it

Alta tecnologia della luce Light design e fornitura corpi illuminanti di Telmotor. L'azienda, fondata nel 1973 a Bergamo, è specializzata nella distribuzione di prodotti per l'automazione industriale. In Italia è presente con proprie sedi a Bergamo, Brescia, Cernusco S/N, Lecco, Saronno e Roma.

TELMOTOR SPA Via Zanica 91 24126 Bergamo (BG) Tel. 035 325111 Fax 035 319825 info@telmotor.it | www.telmotor.it

Infissi tutto il comfort che serve L’abitazione rientra nella classe energetica A+ grazie all’impiego di infissi ad alte prestazioni completi di vetri isolanti ad alta efficienza. L'installazione è stata realizzata da C2 Serramenti di Brescia, azienda specializzata in infissi in pvc e alluminio.

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Sopra il titolo, la terrazza del ristorante Club del Doge affacciata sul Canal Grande e la Chiesa della Salute. Sotto, l'ingresso da Campo Santa Maria del Giglio (foto courtesy The Gritti Palace) e, a fondo pagina, il palazzo durante i lavori di ristrutturazione.

IL GRITTI PALACE DI VENEZIA

DOV’ERA COM’ERA Da residenza ducale a testimone del Novecento, lo storico albergo veneziano è stato riportato agli antichi splendori da un importante intervento di conservazione e adeguamento funzionale Per restaurare il Gritti Palace, un albergo Luxury Collection a Venezia, affidandone i lavori al general contractor Impresa Tonon SpA di Colle Umberto, il gruppo Starwood Hotels and Resorts Worldwide Inc. ha preso la stessa decisione del consiglio comunale di Venezia che la sera del 14 luglio 1902, l’infausto giorno in cui il Campanile di San Marco collassò, decise di ricostruirlo esattamente dov’era e com’era. L’hotel più famoso di Venezia risaliva al 1948 e andava restaurato, ma conservandone per intero il fascino, che insieme alla posizione straordinaria sul Canal Grande di fronte alla chiesa della Salute è un fondamentale motivo di richiamo per la facoltosa clientela che a Venezia vuole soggiornare nei medesimi ambienti già condivisi da Greta Garbo, Winston Churchill, Charles De Gaulle, Igor Stravinsky, Frank Lloyd Wright o in tempi più recenti Woody Allen, Al Pacino e mille altre celebrità. Un albergo non è una casa (e peraltro, come spiegava la mamma, la casa non è un albergo), ma deve sembrarlo. La sua “anima” non risiede nei muri ma nel personale che accoglie e accudisce gli ospiti e nelle

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vite e nelle relazioni che lo hanno attraversato e che le stanze possono raccontare, a chi le voglia ascoltare, solo con l’insieme inconsistente ma potente di sensazioni che arredi, decori, materiali e finiture trasmettono. Insomma, un albergo è il massimo per un architetto perché l’involucro edilizio è l’inizio, non la fine del lavoro. Interventi sottopelle Il restauro, strutturale e conservativo, era necessario per molte ragioni, prima fra tutte il fenomeno dell’acqua alta che ha imposto la costruzione di una vasca impermeabile (high-tank water level) che ora circonda l’intero piano terra a difesa degli interni e delle strutture portanti a rischio. Si rendeva inoltre necessario il completo ammodernamento delle reti tecnologiche, con il ripristino degli impianti esistenti e l’inserimento di nuove funzioni adatte ai tempi e alle normative: un impianto di depurazione interno con recupero delle acque trattate, per ridurre i consumi e l’impatto in laguna; un nuovo sistema antincendio ad alta pressione denominato Hi-fog; cavi per reti tv e dati. Ed era un intervento impegnativo, non solo per


l’imperativo del committente (“salvate l’anima del Gritti”) ma perché si interveniva su un palazzo che aveva già 50 anni nel 1525, quando il Doge Andrea Gritti, acquistandolo come residenza per la sua famiglia, vi fece i primi interventi di ampliamento cui altri seguirono nei secoli successivi inglobando edifici confinanti. Anche qui, il massimo per una Sovrintendenza che deve vigilare.

Una foto storica del palazzo e, sotto, interno del Longhi Bar (foto courtesy The Gritti Palace).

PAVIMENTAZIONI

MARMI

Dal parquet in rovere a posa ungherese ai listelloni in faggio lucido, dalle moquette al marmo fino al terrazzo alla veneziana, che pavimenta i saloni principali del piano terra, parte dei corridoi e le 10 Special Suite: un’arte che dal 1586 Venezia insegna al mondo.

Rivestimenti e pavimenti delle sale del piano terra e nei bagni delle camere sono in15 diverse tipologie di marmi con disegni tipici della tradizione e pose a “macchia aperta”. Ditte specializzate hanno eseguito lavorazioni speciali per alcuni lavabi, i rivestimenti delle vasche da bagno e le cornici degli specchi di nuova realizzazione.

SPECCHI

LAMPADARI

Gli specchi antichi sono stati restaurati negli storici laboratori di Murano dove maestri artigiani li hanno ripuliti rallentandone il processo di deterioramento. Per conservare la patina del tempo sono stati evitati interventi invasivi di rimessa a nuovo.

Lampadari, applique da muro e lampade da tavolo in vetro di Murano, sono stati smontati pezzo a pezzo e puliti nelle fornaci dell’isola. Specialisti muranesi come Galliano Ferro hanno provveduto a sostituire, anche mediante ricostruzione, le parti mancanti restituendo l’antico valore.

FACCIATE

MOSAICI STUCCHI DECORAZIONI

Le facciate sono state oggetto di una attenta e puntuale pulitura. Una squadra specializzata ha curato il restauro dei cocciopesti, dei marmorini, degli elementi lapidei e dei mattoni faccia a vista del prospetto che affaccia su Canal Grande.

Veneziani sono i preziosissimi mosaici di alcune zone del piano terra e Veneziane le mani che hanno ritoccato gli stucchi mantenuti al piano nobile durante i lavori di rinnovamento impiantistico. Stessa sorte per il delicato recupero dei decori delle travi lignee al piano terra.

LEGNI E BOISERIE

TESSUTI

Artigiani del luogo sono intervenuti per il recupero di tutte le parti lignee, interne ed esterne, sia in laboratorio che in opera. I falegnami sono inoltre delicatamente intervenuti nel restauro conservativo delle boiserie in legno decorato che rivestono interamente 18 camere del Gritti Palace.

Materiali di pregio realizzati su disegno seguendo il progetto della direzione artistica sono stati utilizzati, oltre che per i fini funzionali tipici (tendaggi, letto) per i rivestimenti di arredi di valore recuperati e come rivestimento di numerose pareti di camere e di parte degli ambienti a piano terra.

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HIGH TANK WATER LEVEL

L’esterno Sottoposte a un delicato e accurato intervento condotto in stretto coordinamento con la Sovrintendenza, le facciate sono state restaurate in tutti gli elementi originali che le caratterizzano: cocciopesto, elementi lapidei, marmorino e mattoni faccia-a-vista sopra il bianco cremisi della terrazza bar/ristorante del fronte su Canal Grande.

Il Gritti Palace, come la maggior parte degli edifici di Venezia, poggia su palificazioni conficcate sul fondo della laguna: oltre che da porte e portoni i flussi di marea provocano infiltrazioni d’acqua anche attraverso i solai che definiscono il piano terra. La ristrutturazione ha comportato quindi la realizzazione di un involucro in cemento armato impermeabilizzato intorno e sotto l’edificio, con lo smontaggio e scavo dell’intero piano terra: una vera e propria “scatola” edilizia che protegge gli ambienti. Lo stato di “asciutto” è stato sperimentato con successo l’11 novembre 2012, poco prima della conclusione dei lavori, quando, con 149 cm sopra il medio mare, a Venezia si è presentata la sesta acqua alta di tutti i tempi.

Venezianità Fatto inconsueto per un’impresa, il cantiere prende avvio con l’imballaggio della biancheria. Seguono quadri (tra cui i tre dipinti di Pietro Longhi di proprietà dell’albergo), opere d’arte e suppellettili. Seguendo le indicazioni del direttore artistico Chuck Chewning, design director di Donghia Associates (firma che fa parte dell’iconica casa veneziana di tessuti Rubelli), porte, infissi, maniglie, specchi, boiserie, lampadari e applique in vetro di Murano vengono smontati e sottoposti a pulitura e ripristino, con la ricostruzione delle parti mancanti, da parte di artigiani veneziani specializzati. Marmi e pavimenti in terrazzo vengono rimossi, numerati e conservati. Il Gruppo Rubelli, attivo dal 1835, ricerca in archivio i disegni originali per ricostruire le sete e i damaschi di rivestimenti e tappezzerie e produce i tessuti per le nuove suite a tema previste dall’intervento. Complessivamente saranno più di 1.100 le maestranze, prevalentemente venete e veneziane, impegnate nei lavori di restauro, con una positiva ricaduta sull’economia e sulla cultura della qualità artigiana della città.

Tonon e Tonon Architettura Fondata nel 1955 da Giovanni Tonon e oggi guidata dalla seconda generazione, l’impresa Tonon SpA di Colle Umberto opera in tutto il Triveneto nell’edilizia e nei lavori pubblici, con interventi di ordine residenziale, collettivo, industriale e commerciale. Dall’esperienza del Gritti è nata ora la divisione Tonon Architettura, un team tecnico che affianca la squadra di cantiere per lo sviluppo del progetto esecutivo e per coordinare le richieste della committenza, della direzione lavori e dell’interior design con le esigenze di cantiere.

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I risultati 14 mesi e 35 milioni di euro dopo, un viaggiatore che facesse ritorno al Gritti Palace difficilmente troverebbe qualcosa di cambiato, anche se all’adeguamento funzionale si è aggiunto un radicale ripensamento della distribuzione interna. Oggi il Gritti Palace dispone di nuovi spazi, tra cui quelli a piano terra dove si organizzano corsi di cucina per gli ospiti; conta solo 82 camere, di cui 21 suite, ciascuna con un nome e una storia: la suite Fenice, arredata con le stesse stoffe delle sale

Toninato Impiantistica meccanica, antincendio e elettrica Fondata nel 1968, la Toninato Impianti dispone di un organico interno adeguato e di collaborazioni di elevata competenza in grado di soddisfare qualunque richiesta impiantistica, sia civile che industriale. Opera nel Nord e Centro Italia. Grandissima l’esperienza nelle grandi strutture commerciali, da decenni è presente nei cantieri del centro storico di Venezia. Tra i propri clienti annovera industrie, supermercati e centri commerciali, strutture sanitarie, hotel e ristoranti, case vinicole, scuole, uffici pubblici, caserme, impianti sportivi e piscine, lavanderie e cucine industriali, abitazioni.

IMPRESA TONON S.P.A.

TONINATO IMPIANTI S.R.L.

Via Menarè 25, 31014 Colle Umberto TV Tel. 0438 200227 info@impresatonon.it | www.impresatonon.it

Via Roma 108, 30020 Noventa di Piave VE Tel.0421 65095 info@toninatoimpianti.com | www.toninatoimpianti.com


Apollinee dell’omonimo Teatro; la Guggenheim, dedicata a Peggy, con due Mirò e un’aerea scultura di Calder. Rinnovata anche la suite Somerset Maugham così come la Ernest Hemingway, un appartamento d’angolo che al pomeriggio è illuminato dai riflessi del sole sul Canal Grande. Fino alla suite Redentore: ultimo piano, vista su Venezia, la laguna e le Dolomiti con terrazza di 250 mq e minipiscina sul tetto. Vostra a 12.000 euro per notte. Digitare luxurycollection.com/grittipalace per credere

SCHEDA Località

Direzione lavori e sicurezza

Committente

General contractor e impresa esecutrice

Starwood Hotels and Resorts

Impresa Tonon SpA, Colle Umberto TV

Anno di realizzazione

Imprese collaboratrici

Direzione artistica

Superficie calpestabile

Venezia, Campo Santa Maria del Giglio

Nov. 2011/Gen. 2013

Arch. Chuck Chewning e Gretchen A. Harnischfeger Gussalli Beretta, Donghia, Inc

Progettazione

Venice Plan Ingegneria, Venezia; Impresa Tonon SpA con Tonon Architettura, Colle Umberto TV

Ing. Franco Forcellini, Venice Plan Ingegneria, Venezia

A sinistra, la terrazza privata della Suite del Redentore e, qui sopra, la Suite Guggenheim (foto courtesy The Gritti Palace).

CBC Srl e Edilia Srl, Venezia 9.000 mq

Volume totale 38.000 mc

Investimento

35 milioni di euro

Galliano Ferro dal Rinascimento al Liberty

Orsoni Le emozioni di un mosaico

Riccardi Tecnologia water-mist

Nata nel 1955, la Galliano Ferro ha saputo emergere sulla scena artistica muranese. Centro di incontro per le migliori maestranze dell’isola e per i più importanti architetti e arredatori del mondo, i suoi prodotti illuminano e impreziosiscono ville, abitazioni, hotel, ristoranti, imbarcazioni, ambienti pubblici. Un sapiente connubio di forma, armonia e disegno ha permesso a Galliano Ferro di diventare il riferimento per il lampadario classico, non solo a Murano ma in tutto il mondo: modelli unici, realizzati su commessa o accurati lavori di restauro di preziosi corpi illuminanti, come nel caso del Gritti Palace.

Dal 1888 la fornace Orsoni produce a Venezia tessere di vetro e a foglia d’oro per la realizzazione di mosaici per opere d’arte, spazi privati, ambienti urbani e pubblici in tutto il mondo. Il mosaico Orsoni è un materiale unico, frutto di una storica e ineguagliabile esperienza, somma di quattro generazioni di Maestri Vetrai: dalla sapiente lavorazione rigorosamente artigianale prendono vita smalti e tessere a foglia d’oro dalle infinte gradazioni di colore. Accanto alle storiche decorazioni vengono offerte le proposte più moderne e funzionali, assemblate sartorialmente per ogni esigenza architettonica.

Il sistema brevettato ad alta pressione water mist Hi Fog di Marioff, progettato e installato da Riccardi a protezione dell’Hotel Gritti Palace, utilizza il 90% di acqua in meno degli impianti sprinkler tradizionali, consente di guadagnare spazio poiché non richiede il serbatoio di riserva idrica, è di installazione poco invasiva grazie ai diametri ridotti delle tubazioni. Una vera e propria nebbia fuoriesce dagli ugelli e riesce a contenere ed estinguere velocemente l’incendio. Il ridotto quantitativo di acqua permette inoltre l’utilizzo di questo sistema in ambienti di alto pregio, fermando

GALLIANO FERRO

ANGELO ORSONI S.R.L.

RICCARDI S.R.L.

Fondamenta A. Colleoni 6 - 30141 Murano (VE) Tel. 041 739477 - Fax 041 739521 info@gallianoferro.it | www.gallianoferro.it

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l’incendio con tempestività.

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Premio all’architettura islamica

THE MILLION DOLLAR PROJECT LO STUDIO D’ARCHITETTURA ITALIANO TAMASSOCIATI TRA I CINQUE VINCITORI DELLA XIII EDIZIONE DELL’AGA KHAN AWARD FOR ARCHITECTURE

Centro di cardiochirurgia Salam

KHARTOUM Località Khartoum, Sudan Progetto Tamassociati Committente Emergency Progettazione 2004-2008 Realizzazione 2010 Superficie complessiva 14.000 mq

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Istituito nel 1977 con cadenza triennale, l’Aga Khan Award for Architecture premia le migliori realizzazioni in ambito islamico meritevoli non solo per l’eccellenza architettonica, ma anche per la loro capacità di migliorare la qualità complessiva della vita delle comunità a cui sono indirizzate. Nominata dal comitato direttivo presieduto dall’Aga Khan e composto tra gli altri dagli architetti Norman Foster, Mohsen Mostafavi e Rahul Mehrotra, la giuria dell’edizione 2013 ha nominato i cinque progetti che si divideranno il premio di un milione di dollari: la riqualificazione del centro storico di Birzeit in Palestina; il restauro del Bazar di Tabriz, in Iran; il

Cimitero Islamico di Altach, in Austria; il ponte Hassan II a Rabat, in Marocco; il Centro di chirurgia cardiaca Salam di Khartoum, in Sudan. Commissionato da Emergency allo studio italiano TamAssociati, precursore nell’applicazione dei principi della progettazione etica, il Centro Salam è costruito da due edifici principali disposti intorno a grandi corti. Il blocco ospedaliero, con 63 posti letto e un staff medico di 300 persone, è di altissimo livello tecnico e accoglie funzioni complesse tra cui tre sale operatorie disposte in maniera ottimale in relazione ai laboratori di diagnostica. Originale e sostenibile la soluzione ideata dagli

architetti per gli alloggi del personale: riciclare 90 container impiegati in fase di cantiere per il trasporto dei materiali da costruzione. Ogni unità abitativa comprende una piccola veranda affacciata sul giardino ed è coibentata attraverso un sistema “a cipolla” formato da pannelli isolanti interni, tetto metallico ventilato e pannelli di bambù. Il progetto del Centro Salam è stato premiato dalla giuria per il suo profondo legame con la natura circostante e perché costituisce un “modello responsabile, efficiente e stimolante di assistenza sanitaria in una società segnata da guerre, conflitti interni e dalla mancanza di beni fondamentali come acqua e servizi igienico-sanitari”.


› APPUNTAMENTI / MOSTRE / PREMI Ponte Hassan II RABAT, MAROCCO Il ponte completa un collegamento essenziale tra i centri di Rabat e Salé, in pratica un solo agglomerato urbano, migliorando la qualità della vita delle persone e la qualità dell’aria e dell’ambiente dei rispettivi centri storici, liberati dal traffico. Tenendo conto dell’orizzontalità del panorama naturale e costruito circostante, il progetto evita soluzioni strallate. In questo modo la Torre Hassan, del XII secolo, rimane il landmark del paesaggio. I sostegni in cemento, con archi di diverse misure, seguono un delicato disegno e la struttura nel suo insieme offre uno spazio pubblico protetto sulla piana alluvionale del fiume Bouregreg.

Cimitero islamico

ALTACH, VORARLBERG Costruito nella regione del Vorarlberg, la più occidentale dell’Austria e dove più dell’8% della popolazione è musulmana, il Cimitero trae ispirazione dal “giardino primordiale”, è delimitato da mura di cemento rosato inserite in una struttura di legno e conta cinque siti tombali rettangolari, una sala riunioni e ambienti per le preghiere e le abluzioni. II visitatore è accolto in un percorso di griglie geometriche decorate da intarsi ispirati ai motivi islamici che sono ripresi nella sala di preghiera ai margini della corte.

Località Rabat, Marocco Progetto Marc Mimran Architecture Committente Agence pour le Développment de la Vallée du Bouregreg Progettazione 2007 Realizzazione 2011 Lunghezza ponte 330 m Lunghezza del viadotto 600 m Larghezza nautica 100 m

Località Altach, Austria Progetto Bernando Bader Architects Committente Comune di Altach Progettazione 2008 - 2011 Realizzazione 2011 Superficie edificata 4.235 mq Superficie lotto 8.415 mq

Restauro del Bazar

TABRIZ, IRAN

Riqualificazione del centro storico

BIRZEIT, PALESTINA

Località Birzeit, Palestina Progetto Riwaq – Centre for Architectural Conservation Committente Comune di Birzeit Progettazione 2007 2011 Realizzazione 2009 - in corso Superficie lotto 40.640 mq

Il progetto, durato cinque anni, rientra in un piano di riqualificazione intrapreso dall’organizzazione palestinese Riwaq che ha riqualificato la città di Birzeit attraverso il rilancio dell’artigianato locale e il coinvolgimento dell’intera comunità “in un processo di guarigione non solo fisico, ma anche sociale, economico e politico”, secondo la motivazione della giuria. Gli edifici storici e gli spazi pubblici sono stati riconvertiti in centri per le attività comuni utilizzando tecniche tradizionali e materiali locali dai costi contenuti e sostituendo dove necessario le parti originarie perdute senza compromettere la coerenza architettonica dell’insieme.

Risalente al X secolo, lo storico bazar di Tabriz, in Iran, è stato a lungo il principale centro commerciale della città e uno dei più importanti del Medio Oriente lungo l’antica Via della Seta. Divenuto luogo protetto nel 1975 e oggetto di misure speciali di gestione responsabile dal 2010, anno in cui è stato dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, il complesso si estende per circa 27 ettari e conta più di 5 km di strutture coperte. La giuria del premio ha ritenuto il progetto di riqualificazione un notevole esempio di coordinamento e cooperazione che ha portato a nuova vita una struttura storica unica nel suo genere.

Località Tabriz, Iran Progetto ICHTO East Azerbaijan Office Committente Tabriz Bazaari Community Progettazione 1994 – in corso Realizzazione 2006 – in corso Superficie costruita 164.000 mq

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CONVEGNO

LIVING BUILDINGS TETTI VERDI E GIARDINI VERTICALI PROGETTARE E COSTRUIRE CON IL VERDE PER IL BENESSERE DEGLI UTENTI E DELL'AMBIENTE

I vantaggi del verde nell'ambiente costruito: Il Bosco Verticale Boeri Studio

Il valore del verde: i giardini che non c’erano

Arch. Ing. Angelo Vecchio_SCAU Studio, Presidente AIAPP Sicilia

Il padiglione Italia per Expo2015 Studio Nemesi

Densità, comunità, energia: l'isolato Casanova EA8 a Bolzano Arch. Roberta Casarini, Arch. Andrea Rinaldi_LabArch

Sistemi di integrazione tra involucro edilizio e vegetazione Arch. Edoardo Bit_Il nuovo verde verticale

Progettare e realizzare coperture a verde D.ssa Anita Tschigg_Climagrün

Installazione e manutenzione di tetti verdi La botanica per l'architettura verde Soluzioni e materiali Introduce e modera l'incontro Carlo Ezechieli, del comitato editoriale di IoArch docente di architettura del paesaggio al Politecnico di Milano

GIOVEDÌ 3 OTTOBRE 2013 h 14.30 Centro Congressi - Sala Aries Made Expo Fiera Milano-Rho


IL PAVIMENTO CON LE VENTOSE veloce, removibile, riposizionabile Tack Dry è una pavimentazione vinilica eterogenea composta da sei strati accoppiati a caldo tramite pressatura. Adatta ad ambienti residenziali e commerciali, è removibile e riposizionabile più volte, la soluzione ideale per sopraelevati e pedane in ambienti espositivi. Come suggerito dal nome, le doghe del pavimento della linea Evolution di Virag non devono essere incollate ma restano bloccate al sottofondo grazie ad un nuovo ed ecologico sistema di micro-ventose. La posa è rapida e può essere effettuata su tutte le superfici lisce, compatte e prive di polvere quali cemento primerizzato o elicotterato, pavimenti

in resina, marmo, ceramica con fughe ridotte, legni e Pvc. Inoltre, grazie all’elevata capacità di resistenza e alle micro-ventose, la pavimentazione può essere riposizionata per nuovi impieghi anche dopo diversi anni di utilizzo. In particolari zone sottoposte a intenso calpestio, le singole doghe eventualmente deteriorate possono essere facilmente rimosse e sostituite. Dopo la posa il pavimento è immediatamente pedonabile e non richiede ceratura in quanto già trattato con superficie in poliuretano puro Pur. Tack Dry è compatibile inoltre con il riscaldamento a pannelli radianti.

COME UN GECO... L’INNOVATIVA PAVIMENTAZIONE DI VIRAG GRAZIE AD UN SISTEMA DI MICRO-VENTOSE PUÒ ESSERE INSTALLATA FACILMENTE SENZA UTILIZZO DI COLLE

Dall’alto le finiture effetto legno: Rovere Black Rovere Francese Noce Americano Rovere Grigio Acero Grigio Nella foto, pavimento a doghe riposizionabili effetto Rovere grigio

Dall’alto le finiture: Effetto pietra, color ardesia Effetto lava color grigio-azzurro Tendency effetto cemento Nelle foto, pavimenti in fibra di vetro color ardesia e Tendency, superfici rifinite con poliuretano

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‹ BREVI / NEWS PROGETTARE CON IL VERDE

NATURA E AMBIENTE COSTRUITO

Alla luce dei recenti studi sull’interazione tra ambiente costruito e spazi verdi e dei contributi da parte di discipline come bioclimatica, progettazione ambientale, bioarchitettura, sollecitate dalla crescente richiesta di vivibilità e qualità urbana, questo volume tratta l’importanza che l’elemento verde può assumere in fase progettuale per migliorare le condizioni di comfort termico e mitigare il microclima negli spazi urbani esistenti o di nuova costruzione.

MADE IN SLUMS Inattesi territori del design

Con 500mila abitanti, Mathare è la seconda baraccopoli di Nairobi. Qui la comunità locale ogni giorno risponde alle proprie necessità recuperando e trasformando scarti e rifiuti. Il lavoro sul campo della ONG Liveinslums e del designer Francesco Faccin, incaricato dall’associazione di realizzare arredi e attrezzature di una scuola locale utilizzando materiali e mano d’opera del luogo, hanno permesso di raccogliere un catalogo di questi oggetti autoprodotti ma pensati in una logica di produzione di piccola serie, in mostra al Triennale Design Museum per la cura di Fulvio Irace dal 26 settembre all’8 dicembre.

Tra le ultime tendenze dell’architettura contemporanea, la Vegetecture sintetizza l’unione tra natura e spazio urbano e si propone come nuovo atteggiamento progettuale che considera l’elemento vegetale non più semplice decorazione ma materiale primario alla base della costruzione. Il testo costituisce una prima raccolta in ordine alfabetico di tutti i progettisti che utilizzano il verde in architettura, da Emilio Ambasz a Zaha Hadid, offrendo una panoramica mondiale di progetti e realizzazioni organizzata in ordine cronologico per leggerne l’evoluzione nel corso del tempo. Vegetecture Autore Maurizio Corrado Editore Sistemi Editoriali 256 pp - euro 32,00 ISBN 978-88-513-0698-4

Spazi verdi urbani Autori Gianni Scudo, José Manuel Ochoa de la Torre Editore Sistemi Editoriali 224 pp - euro 22,00 ISBN 978-88-513-0132-3

Made in Slums-Mathare Nairobi 26.09.2013_08.12.2013 Per informazioni: http://triennale.org/it/triennale-design-museum

LIGHTOPIA

SCELTE DI DESIGN

Una panoramica del design della luce

L’esperienza e il metodo di selezione dell’ADI Design Index in mostra a Ginevra

Al centro della nuova esposizione del Vitra Design Museum, dal prossimo 28 settembre, saranno i lavori di designer ed artisti contemporanei come Olafur Eliasson, Chris Fraser, Front Design, Daan Roosegaarde, Joris Laarman, mischer'traxler che presentano nuove possibilità creative tramite la luce. Ma tra le 300 opere in mostra anche icone della collezione d’illuminazione del VDM mai esposte al pubblico, come quelle di Wilhelm Wagenfeld, Achille Castiglioni, Gino Sarfatti e Ingo Maurer. O il famoso Licht-Raum-Modulator del 1930 di László Moholy-Nagy. Un’imperdibile panoramica sul design della luce e sui modi in cui ha formato l’ambiente moderno. Aperta tutti i giorni dalle 10 alle 18 fino al 16 marzo 2014. Sono previsti numerosi eventi collaterali con ospiti come Michele de Lucchi, Ben van Berkel, Richard Sapper e altri. Lightopia 28.09.2013_16.03.2014

Per informazioni:

http://www.design-museum.de/en /sprachmicrosites/italian.html

Achille Castiglioni con la Taraxacum '88 (Courtesy Archivio Storico FLOS, foto ©Cesare Colombo)

mischer’traxler, Emil & Clara, dalla serie Relumine, 2010 (foto ©mischer’traxler 2010)

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Il volume ADI Design Index 2012. Sedia Stratos, Francesco Faccin per Danese.

Allestita nella sede di Ginevra della WIPO-OMPI (Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale), la mostra Italian Design Innovation: ADI Design Index 2012 propone al pubblico internazionale una panoramica sullo stato di salute del design italiano. Presentando gli oggetti fisici e la documentazione relativa a 128 prodotti inseriti nel catalogo dell’Associazione per il Design Industriale, l’esposizione si sofferma soprattutto sul metodo di selezione adottato dall’Osservatorio permanente del Design e dalle commissioni tematiche e territoriali dell’ADI. Un’iniziativa promossa dal Ministero dello Sviluppo Economico italiano insieme a WIPO-OMPI, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di promuovere il concetto di proprietà intellettuale del disegno industriale, che pone l’accento sulla necessità di sostenere i valori del progetto e della produzione di qualità nell’epoca della globalizzazione. Italian Design Innovation

25.09.2013_18.11.2013 Ginevra


DALLA CITTÀ

AL BOSCO URBANO LE DUE TORRI DEL BOSCO VERTICALE IN VIA DI COMPLETAMENTO A MILANO RAPPRESENTANO UN PROGETTO DI FORESTAZIONE METROPOLITANA CHE CONTRIBUISCE A RIGENERARE L’AMBIENTE E LA BIODIVERSITÀ URBANA SENZA IMPLICARE UN’ESPANSIONE DELLA CITTÀ NEL TERRITORIO: UN NUOVO MODELLO DI DENSIFICAZIONE IN ALTEZZA DEL VERDE ALL’INTERNO DELLA CITTÀ COSTRUITA CHE SI RICOLLEGA ALLE POLITICHE DI RINATURALIZZAZIONE DEI BORDI DELLE GRANDI AREE URBANE E METROPOLITANE, E PIÙ IN GENERALE DI SOPRAVVIVENZA AMBIENTALE, SU CUI SI CONFRONTANO IN QUESTI ANNI LE CITTÀ EUROPEE. LE MOLTEPLICI STRATEGIE DI RIDUZIONE DELL’IMPRONTA AMBIENTALE OFFERTE DAL BOSCO VERTICALE (ASSORBIMENTO DI POLVERI SOTTILI E CO2, MAGGIORE EFFICIENZA ENERGETICA, PRODUZIONE DI OSSIGENO, ABBATTIMENTO DELLE ISOLE DI CALORE) NE FANNO ANCHE UN NUOVO LANDMARK URBANO, CHE CAMBIA CON LE STAGIONI, E IL SENSORE DELLA RICOLONIZZAZIONE NATURALE SPONTANEA DELLA CITTÀ, CON I SEMI TRASPORTATI DAL VENTO E NUOVI HABITAT CHE POTRANNO ACCOGLIERE LE SPECIE VOLATILI. Stefano Boeri


‹ LIVING BUILDINGS

IL NUOVO

VERDE VERTICALE FRA INNOVAZIONE DI SISTEMA, PERFORMANCE E INNALZAMENTO DEL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ DELL’AMBIENTE COSTRUITO Edoardo Bit

Sopra, Giubbini Architekten, Raiffeisenbank, Chur, 2010. Il sistema GrüneWand impiega particolari specie vegetali su substrati di resine fenoliche contribuendo all’umidificazione evaporativa e al condizionamento climatico passivo degli ambienti (foto ©Art Aqua). A destra, un turf building in Islanda. Gli involucri verticali e superiori inglobano del substrato inerbito alle superfici di chiusura, pratica adottata come elemento di mitigazione dei carichi ambientali esterni. L’impermeabilizzazione era eseguita con strati di corteccia di betulla (foto CC Thomas Ormston).

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Impiegata da secoli, dapprima perché sfruttare le risorse disponibili sul luogo era condizione imprescindibile per la pratica edilizia, poi per migliorare le condizioni termo-igrometriche dell’ambiente interno (protezione solare, inerzia termica, coibentazione, qualità dell’aria), la tecnica del verde parietale è stata in seguito trascurata per essere riscoperta solo di recente, sull’onda delle teorie legate allo sviluppo sostenibile. Disciplina gemella, che ha fin qui riscosso un successo relativamente maggiore anche grazie all’operato teorico e pratico di alcuni maestri dell’architettura del Novecento (tra gli altri Le Corbusier e Friedensreich Hundertwasser) è quella dei tetti verdi e dei giardini pensili. Fin dagli anni ’70 nel Nord Europa i tetti verdi sono stati utilizzati con decisione, anche in questo caso per motivazioni non solo formali ma anche tecnologiche e di qualità urbana: da allora il verde pensile

ha iniziato a diffondersi anche in Italia, tanto che nel nostro Paese qualche anno fa è stata emanata la norma tecnica UNI 11235:2007 intitolata Istruzioni per la progettazione, l’esecuzione, il controllo e la manutenzione di coperture a verde. Il verde verticale non ha avuto, almeno per il momento, la stessa fortuna, ma ha certamente goduto indirettamente dello sviluppo del verde pensile, anche se gli obiettivi funzionali e le caratteristiche tecnologiche specifiche di un tetto verde sono ben diverse da quelle di una facciata. Altro fattore fondamentale d’implementazione è stato il brevetto del Mur Végétal, ad opera del botanico francese Patrick Blanc e basato sulla tecnica agronomica della coltivazione idroponica. Negli ultimi 10/15 anni, l’adozione del Mur Végétal da parte di architetti di fama mondiale, come Renzo Piano, Herzog & de Meuron o Kazuyo Sejima, ha dato visibilità planetaria al verde verticale, favorendone la diffusione. Ciò ha generato da una parte un’intensa ricerca progettuale sul tema, per trasferirlo anche a contesti e committenze lo-

cali, e dall’altro alla nascita di nuove nicchie di mercato prontamente occupate dall’industria delle costruzioni, che sviluppa e mette in commercio nuovi prodotti finalizzati all’inverdimento di frontiere edilizie. Ad oggi il “verde verticale” – definizione generica riferibile indistintamente a tutte le tecniche esistenti finalizzate all’inverdimento di involucri verticali – si compone di due grandi classi tipologiche, che divergono per modalità costruttive e d’impianto, per essenze vegetali impiegabili e per obiettivi sistemici specifici: la categoria dei Rivestimenti Vegetali, che in sostanza deriva dalle facciate ricoperte di rampicanti largamente rilevabili nella storia dell’architettura; e la categoria delle Chiusure Verticali Vegetate, interpretabili come l’evoluzione dei turf building vichinghi e comprendenti anche il Mur Végétal. Entrambe queste categorie sono state caratterizzate negli ultimi periodi da diversi stadi d’affinamento che le hanno portate ad essere oggi, in tutto e per tutto, assimilabili a sistemi tecnici per la realizzazione di faccia-


Sopra, dettaglio dell’involucro dell’Espai Tabacalera a Terragona (sistema Vivers Ter): l’acqua grigia, passando attraverso la parete, oltre ad irrigare le piante ne esce fitodepurata, e quindi riutilizzabile per usi sanitari (foto ©Josep Lluis Puig); sopra a destra, GJP Arquitectos, Natura Towers, Lisbona, 2009. Esempio di chiusura verticale vegetata: la parete, modulare e prefabbricata, basata sulla tecnica della coltura idroponica, contiene 25-30 piante per metro quadro. (foto ©Michael Hellgren, Vertical Garden Design). A destra, Mur Végétal presso un information point a Tenerife, 2007. La particolarità del progetto risiede nella non verticalità dell’installazione. Architetti Herzog & de Meuron (foto ©Giovanni Zannoni).

te edilizie contemporanee, sottostando alle regole tipiche dell’industrializzazione dei processi: modularità, reversibilità esecutiva, accrescimento nel numero di stratificazioni tecnologiche e relativa specializzazione dei componenti, razionalizzazione produttiva e cantieristica. Nell’economia esecutiva di un involucro a verde l’elemento più importante è l’apparato vegetale poiché, oltre a rappresentare il fattore da cui dipende la riuscita o il fallimento del sistema, è anche il più impegnativo da manutenere. Le piante sono organismi viventi e quindi è necessario dedicare loro cure costanti durante l’intera service life della chiusura, con tutte le attività di gestione ordinaria o straordinaria che ciò comporta. Inoltre, a causa della complessità agro-tecnica dell’insieme, il processo edilizio caratterizzante una parete verde si rivelerà interdisciplinare: per il progettista architettonico risulta indispensabile la collaborazione con figure professionali specifiche (agronomi, botanici, giardinieri ecc.) fin dalle prime fasi del processo progettuale e durante tutta la vita utile dell’involu-

cro. Pena il rischio di decadimento – parziale o totale – del sistema. A conclusione di questa breve rassegna sullo stato dell’arte raggiunto dai sistemi d’inverdimento parietale è possibile innanzitutto evidenziare come la storia contemporanea del verde verticale stia oggi muovendo solo i primi passi, e che ci sarà quindi ancora da lavorare per affinare il sistema al fine di renderlo sia maggiormente affidabile sia più sostenibile. Inoltre molta ricerca rimane da compiere per poter sfruttare al meglio le possibilità garantite dalle piante ivi integrate. Gli organismi vegetali esprimono infatti interessanti potenzialità in termini di contributo al comfort ambientale e nei confronti della qualità dello spazio edificato. Già oggi le pareti verdi possono essere adottate come elementi di condizionamento termo-acustico indoor, o come umidificatori naturali; mentre, per quanto riguarda l’ambiente esterno, oltre agli ovvi benefici sulla qualità dell’aria e nell’assorbimento di gas serra, vi è anche la fitodepurazione di fluidi liquidi

Sopra, Arnold Gapp, edificio polifunzionale a Marlengo (BZ), 2009. Esempio di rivestimento a verde piantumato in vaso: essendo distaccato qualche metro dal retrostante curtain wall, funge anche da schermatura solare (foto ©Edoardo Bit). A sinistra, Diamond & Schmitt Architects, Royal Botanical Gardens, Burlington, 2010. Due pareti verdi di BioWall, tecnica che sfrutta le proprietà fisiche e fisiologiche dell’insieme piante-substrato per purificare l’aria indoor (foto© Elizabeth Gyde, courtesy Green Roofs for Healthy Cities).

Edoardo Bit Architetto e Ph.D. in Tecnologia dell’Architettura, Bit si occupa di sistemi d’integrazione fra vegetazione naturale e involucro edilizio, con particolare riferimento alle relazioni tecnologiche e progettuali di tali tecniche alla scala sia urbana che del singolo edificio. Su questi temi è autore di articoli e saggi su diverse pubblicazioni scientifiche e relatore a convegni. Nel 2012 ha pubblicato il volume Il Nuovo Verde Verticale - Tecnologie, progetti, linee guida (Wolters Kluwer Italia). Socio e consigliere di AIVEP (Associazione Italiana Verde Pensile), è stato, per la stessa associazione, coordinatore nazionale del Gruppo di Lavoro Verde Verticale. Parallelamente all’attività di ricerca svolge la libera professione di architetto. edoardo.bit@gmail.com

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PADIGLIONE ITALIA EXPO 2015

LA FORESTA URBANA DALLA TRADIZIONE DEL BORGO A UN NUOVO PAESAGGIO ARCHITETTONICO ISPIRATO AL MONDO VEGETALE E ALL’ARCHITETTURA SISTEMICA RELAZIONALE. IL PROGETTO DI NEMESI & PARTNERS PER IL PADIGLIONE ITALIA DI EXPO 2015 SUPERA IL CONCETTO DI EDIFICIO-CONTENITORE PER DEFINIRE UNO SPAZIO FLUIDO COMUNITARIO IN STRETTO DIALOGO CON L’AMBIENTE CIRCOSTANTE

Nei render di Nemesi & Partners, il Padiglione Italia di Expo 2015 e una vista della piazza-atrio interna.

Uno spazio avvolgente dove riscoprire il senso della comunità attraverso il cibo e sperimentare una ritrovata simbiosi con la Natura. È questa l’immagine del Paese Italia che il progetto dello studio Nemesi & Partners di Roma, sviluppato con Proger SpA di Pescara e BMS Progetti di Milano, intende trasmettere ai visitatori dell’Expo 2015. Il progetto è risultato vincitore tra 68 elaborati provenienti da tutto il mondo valutati dalla commissione del concorso internazionale presieduta dall’ingegner Antonio Acerbo e formata dagli architetti Patricia Viel e Ciro Mariani, dall’ingegnere Monica Antinori e dall’avvocato Antonella Cupiccia. La giuria ha in particolar modo apprezzato la particolare cura espressiva e la chiarezza formale con cui il progetto di Nemesi & Partners declina il tema generale dell’Expo Nutrire il pianeta, Energia per la Vita e amplifica il concept del Vivaio Italia di Marco Balich definendo un’architettura-paesaggio in cui la natura “da rito antico si trasforma in rito della contemporaneità”, come espresso dalla relazione ufficiale. L’architettura avvolgente del Padiglione Italia

si connette infatti alla tradizione italiana del borgo, riunito intorno alla piazza centrale, e a un’idea di architettura sistemica come generatrice di relazioni per trasmettere l’importanza

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‹ LIVING BUILDINGS

In alto, un modello di studio 1:50 del padiglione. (©Nemesi & Partners, foto ©Moreno Maggi) e, sotto, sezione.

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del sentirsi parte di una comunità locale o globale. Necessariamente, il concetto di condivisione ha suggerito ai progettisti di superare l’immagine architettonica di edificio-contenitore per dar vita a un intricato sistema di spazi in connessione tra di loro. Il Vivaio del futuro Metafora architettonica dell’Albero della Vita come forza generatrice della Natura, il Padiglione Italia è concepito come uno spazio fluido e trasparente che dialoga con l’ambiente circostante e, proprio come un organismo vivente, è in grado di mutare il proprio aspetto nel corso della giornata. Il progetto prevede nella sua articolazione volumetrica quattro blocchi principali disposti intorno a un vuoto centrale e collegati tra loro da elementi-ponte. Destinati a ospitare le funzioni principali - area espositiva, auditorium, uffici e sale riunioni - i volumi architettonici del Palazzo Italia rappresentano gli alberi di una foresta costruita che poggiano su grandi masse-radici al piano terra per poi espandersi come chiome verso l’alto attraverso superfici vetrate percorse da una trama leggera di ponti-rami. Il visitatore avrà l’impressione di arrampicarsi, come un novello Barone Rampante, tra le fronde di un vero e proprio labirinto vegetale che gradualmente si espande dal basso verso l’alto. Il tema della scoperta diventa così centrale in un percorso che, dalla grande piazza al piano terra che prosegue il percorso espositivo principale del Cardo, sale al livello dello spazio Vivaio destinato alle attività dei giovani talen-


› LIVING BUILDINGS

ti e ai locali e laboratori di sperimentazione e ricerca, fino alla vera e propria area espositiva concentrata principalmente nel blocco ovest. La grande scala int erna posta in corrispondenza dell’angolo nord-ovest del padiglione attraversa longitudinalmente lo spazio espositivo e ne connette visivamente tutti i piani, riservando ai visitatori scorci sempre differenti a seconda del punto in cui ci si trova. Si giunge così all’ultimo livello-terrazza, con giardino pensile, ristorante panoramico e auditorium ricoperti da ampie vetrate, da cui sarà possibile ammirare nella sua interezza la grande foresta costruita e il Cardo espositivo. Più compatti e regolari verso l’esterno per una maggiore armonizzazione con gli altri padiglioni posti lungo il Cardo (viale che si estende per 325 metri), i fronti architettonici affacciati sulla piazza interna presentano una grande dinamicità e leggerezza grazie alle superfici inclinate dal

basso verso l’alto e curvate in corrispondenza degli spigoli. Nearly Zero Energy Building Il progetto adotta alcune soluzioni tecnologiche volte a limitare al minimo il prelievo di energia da fonti esterne e rendere quasi energeticamente indipendente il complesso architettonico. La facciata a doppia pelle, con vetri interni a bassa emissione e contro-facciata esterna in pannelli brise-soleil di GRC, permette di ridurre le dispersioni per irraggiamento, mentre la struttura in cemento armato e la presenza di tetti verdi aumentano l’inerzia termica del Padiglione. Inoltre, la presenza della corte centrale garantisce una movimentazione naturale dell’aria (con effetto camino) e consente di ridurre l’uso di sistemi di climatizzazione attivi; questi ultimi sono alimentati dai pannelli fotovoltaici presenti sul tetto e integrati nei volumi di vetro dell’auditorium e

Dall’alto, i prospetti nord, sud, ovest, est. In alto a sinistra ancora due render del progetto vincitore e, sotto, la collocazione del Padiglione nel sito di Expo 2015 (materiale @Nemesi & Partners).

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Nemesi Studio Lo studio viene fondato a Roma nel 1997 dall’architetto Michele Molè, direttore unico dal 2002. Partner di Nemesi, l’architetto Susanna Tradati si occupa dello sviluppo professionale e promozionale dello studio, che dal 2007 è affiancato dalla società Nemesi & Partners per servizi di supporto e management del progetto. Studio Nemesi segue un approccio progettuale integrato ed ecosostenibile: le realizzazioni sono il risultato di un lavoro meticoloso sulla forma e di un processo analitico che elabora i diversi input ambientali, culturali, sociali ed economici che influenzano il progetto. www.nemesistudio.it

del ristorante. Oltre alla funzione di controllo dell’irraggiamento solare, la pelle dell’involucro assume un importante valore simbolico nel trasmettere l’idea di rete sociale e di comunità-vivaio dove le idee e le energie si incontrano e trovano terreno fertile per germogliare. La metafora dell’albero si rafforza grazie a un utilizzo comunicativo del colore, con calde tonalità naturali ispirate al legno della seconda pelle dell’involucro contrapposte alla colorazione più fredda virante al verde assunta dalle vetrate interne

Nel render, i brisesoleil in GRC nel colore del legno come seconda pelle della facciata nord. A lato, la pianta alla quota 0 evidenzia la natura di “piazza” dalla quale può prendere avvio l’esplorazione. La sezione, sotto, sottolinea la relazione tra il Padiglione, il Cardo e l’edificio sul fronte contrapposto (materiali ©Nemesi & Partners).

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SCHEDA Progetto architettonico Nemesi &Partners srl Progetto strutturale e impiantistico

Proger SpA, BMS progetti

Sostenibilità energetica prof. Livio De Santoli Concept ingegnerizzazione facciate ABeC Superficie lorda pavimentata 12.800 mq Altezza Palazzo Italia 25 m Dimensioni lotto 59,5 m x 67 m Spazi espositivi 2.500 mq Spazi per eventi 1.920 mq Spazi di rappresentanza 2.350 mq Spazi per la ristorazione 1.050 mq


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Dekton è una miscela sofisticata di materie prime utilizzate in edilizia, vetro, materiali porcellanati di ultima generazione e superfici in quarzo. Ricorrendo a un esclusivo processo tecnologico (TSP), si ottiene un’accelerazione delle modifiche metamorfiche alle quali è sottoposta la pietra naturale per millenni in condizioni di alta pressione e temperatura elevata. La pressatura di Dekton avviene con una pressa da 25.000 tonnellate, che trasforma il piano in una superficie ultracompatta di grande formato e altamente resistente.

Durante il processo vengono utilizzate fino a 16 tecniche diverse di decorazione, che consentono un design tridimensionale e infinite possibilità estetiche.

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ACQUAWORLD DI CONCOREZZO

LA COLLINA CHE NON C’ERA Il primo parco acquatico coperto d’Italia ridisegna il paesaggio della periferia milanese con una grande cupola a verde estensivo e pannelli di ETFE

Nelle immagini a destra, l'AcquaWorld sorge in una zona a insediamento misto (inserimento aereo, vista da ovest ©Sering Srl);

la torre ludica da cui partono gli scivoli d'acqua vista dalla copertura verde; la cupola interna dell'area funworld (foto ©Federico Brunetti)

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La selling proposition del primo centro acquatico coperto d’Italia, collocato in un’area facilmente raggiungibile da un’utenza potenziale di più di 3 milioni di persone, oltre al divertimento è il benessere, e trasmette al pubblico questo messaggio già attraverso la sua architettura. Tanto lontano dalle forme da lunapark dei parchi di divertimento quanto dalle scatole in CA prefabbricato delle sale multiplex di periferia, quello di Sering è un progetto a geometria variabile caratterizzato dalle grandi cupole del parco acquatico vero e proprio. Per il 60% ricoperte di verde estensivo che ne rende il profilo simile a quello di una collina e per la parte rimanente rese trasparenti da pannelli in ETFE (pellicola di Etilene TetraFluoroEtilene, già usata ad esempio da Herzog & deMeuron nell’Allianz Arena di Monaco di Baviera o da Grimshaw nell’Eden Project in Cornovaglia), le cupole costituiscono piuttosto una mitigazione paesaggistica in un territorio con scarse attrattive. Geometria variabile, dicevamo, che distingue i blocchi rispondenti alle diverse funzioni previste dal programma. Forme lineari, superfici e materiali (fibrocemento, vetro e corten) dell’area ingresso e uffici e dell’adiacente palestra polivalente, si pongono infatti in aperta antitesi con le aree del parco acquatico vero e proprio e della torre dei giochi da cui partono gli scivoli coperti. Solo l’acciaio e le travature

in legno lamellare si ripresentano, coniugandosi in tutt’altre e più complesse forme, nella struttura portante delle “gocce” del parco acquatico, in grado di sopportare tutti i carichi d’esercizio, compreso quello di 200 kg/mq della copertura verde. Con dimensioni max di 80 x 60 x 12 metri di altezza, la cupola principale è retta da una struttura “trilobata” in acciaio reticolare e legno lamellare su cui poggiano 53 travi curve secondarie di legno lamellare, ognuna diversa per dimensioni e curvatura.


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Federico Pella

In apertura, foto panoramica scattata dalla cupola più alta; sul fianco ovest le piscine all'aperto. Accanto e sotto, sezioni dell'edificio di ingresso e uffici e della palestra polifunzionale.

Federico Pella (Milano, 1977) si laurea in architettura al Politecnico di Milano e svolge numerose collaborazioni con studi nazionali e internazionali, tra cui quelli di Steven Holl e Simone Giostra a New York, Paolo Caputo, Stefano Boeri e Matteo Nunziati a Milano, Massimo Carmassi a Firenze prima di avviare, nel 2004, la collaborazione con la società di architettura e ingegneria Sering srl di Concorezzo (MB), dove attualmente operano circa 50 professionisti e di cui Pella è partner e a.d. Negli ultimi anni si è occupato della progettazione di complessi residenziali, industriali e commerciali e di masterplan in Italia e all’estero. Tra i progetti recenti o in corso gli EcoVillage, quartieri residenziali a impatto zero, il masterplan per il recupero di un’area urbana a Madrid, un edificio pubblico in Kurdistan, vari entertainment park in italia e all’estero e lo Smart Parma Park, primo quartiere terziario-commerciale in Italia con strutture fuori terra in legno e interamente green. Nel 2009 inoltre Pella fonda con altri soci JPS engineering, società di ingegneria delle infrastrutture di cui attualmente è a.d. Tra i lavori più recenti di JPS l’ampliamento della A9 MilanoComo-Chiasso, la tangenziale di Como e progetti speciali per la Bre.Be.Mi e la Pedemontana lombarda. www.seringsrl.it

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Sopra, lo spazio sotto la cupola principale. I dettagli della copertura sono lasciati a vista. Nelle due foto piccole sulla destra l'edificio polifunzionale e di ingresso e la vasca principale dell'area relaxworld (foto @Federico Brunetti).

A centro pagina, planimetria generale con la pianta del 1° livello interrato.

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Un mezzanino coperto la raccorda alla cupola sferoide dell’area relax, con raggio di 25 metri, retta da tre travi reticolari principali in legno e acciaio che sostengono 31 travi secondarie lamellari curve. Ovunque, i dettagli costruttivi sono stati volutamente lasciati a vista e permettono di comprendere il lavoro svolto per progettare e realizzare più di 500 collegamenti diversi tra le varie parti. Alla struttura centrale si affianca infine il volume della torre ludica, alto 18 metri e realizzato con struttura mista in cemento armato, acciaio e vetro, da cui partono una serie di scivoli acquatici chiusi che si sviluppano all’esterno per poi concludersi nell’area coperta delle vasche, che prosegue all’esterno con due grandi vasche di acqua calda salina accessibili tutto l’anno

SCHEDA Località Concorezzo (MB) Anno di realizzazione 2009-2011 Committente Bluwater SpA Progetto Arch. Federico Pella, Sering Srl Direzione lavori Ing. Fausto Pella, Sering Srl Progetto strutture lignee Armalam Srl

Impresa edile Frigerio Appalti Srl Copertura in ETFE Vector Foiltec Ltd, UK Copertura verde Climagruen Srl, Bolzano Superficie lotto 35.000 mq Superficie pavimentata 15.000 mq Superficie acqua 2.100 mq


Vegetale e trasparente Al pari delle strutture di sostegno, anche la copertura esterna ha rappresentato una sfi da progettuale e ingegneristica. La superfi cie di 3.800 mq a verde estensivo copre, su falde lunghe fi no a 20 metri, pendenze che raggiungono il 60% e, data la luce interna richiesta (e di conseguenza la leggerezza necessaria), possono contare su uno spessore di soli 8 cm. L’inverdimento è stato realizzato con un sistema a funi e traverse antierosione che scarica la spinta sulle traverse pesando il meno possibile sull’impermeabilizzazione. Il calcolo della spinta, per determinare il posizionamento delle traverse e dei giunti, è stato eseguito sezione per sezione. I pannelli di ETFE della porzione trasparente della copertura sono tenuti a pressione da un sistema di gonfi aggio brevettato, che evita la formazione di condense. All’interno, la superfi cie della pellicola è stata pigmentata per generare zone d’ombra, conservando tuttavia l’effetto “serra” che contribuisce al riscaldamento dell’ambiente e, in parte, dell’acqua delle piscine.

Se conviene all‘ambiente conviene a tutti Climagrün è la sua impresa specializzata per tetti verdi, facciate vegetali, sistemi di anticaduta dall‘alto e impianti fotovoltaici integrati nel verde pensile.

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SOUTH BAY GARDENS A SINGAPORE

NATURALE ARTIFICIALE Un budget di 600 milioni di euro per un immenso parco aperto sulla baia. Dove natura, tecnologia e innovazione si fondono per offrire informazione e intrattenimento. È la strategia di Singapore: la città immersa in un giardino Sopra, i South Bay Gardens a Singapore; sotto, il diagramma che descrive l’ecosistema studiato per ridurre al minimo i consumi termici, elettrici e idrici (foto e immagini courtesy ©Grant Associates).

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Più della metà della popolazione mondiale vive ormai nelle città. Mentre noi ce lo raccontiamo per l’ennesima volta (perlopiù senza approfondire), ci sono città che si restringono o falliscono, come Detroit, e altre che crescono, come Singapore. Con un’estensione pari alla metà del comu-

ne di Roma ma il doppio della popolazione, la piccola Svizzera dell’estremo Oriente, quarta piazza finanziaria dopo New York, Londra e Tokyo, già oggi vanta la più alta concentrazione di miliardari per chilometro quadrato. Qui il PIL pro-capite è di 60mila dollari, la prima lingua è l’inglese e la metà dei suoi 5 milioni di abitanti è formata da stranieri. Tutti motivi di investimento a cui corrisponde un frenetico sviluppo urbano, tanto che la superficie della capitale cresce: trasportando in mare rocce e terra delle colline, Singapore ha già rubato più di 100 kmq di superficie edificabile all’oceano e altrettanti ne recupererà entro il 2030. È su una porzione di questa terra artificiale che negli anni ‘90 ha preso avvio lo sviluppo della nuova downtown delle tre E - explore, exchange, entertain - con l’obiettivo di raddoppiare il distretto finanziario, creare molteplici forme di intrattenimento e costruire residenze “high end”. Le tre torri del Marina Bay Sands, hotel, residenze per nuovi ricchi e casinò disegnate da Moshe Safdie, caratterizzano l’area; recentemente sono stati inaugurati i South Bay Gardens. Autore del masterplan lo studio inglese Grant Associates. Sviluppato su 57 ettari è il maggiore dei tre parchi di Marina Bay e conta su due icone


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Grant Associates Fondato nel 1997 da Andrew Grant, Grant Associates è uno studio internazionale di architettura del paesaggio con sede principale a Bath, nel Somerset, e uffici a Singapore. Per il loro design visionario, applicato a tutte le scale, dal residenziale alla progettazione urbana, l’attività dello studio si potrebbe definire come “ecologia creativa”, alla costante ricerca di connessioni tra natura e tecnologia per realizzare progetti in grado di migliorare la qualità ambientale e sociale della vita. Attraverso i numerosi progetti realizzati negli anni, spesso al fianco di famosi architetti, lo studio ha costruito una reputazione di innovazione e sensibilità ecologica e conta su clienti come il National Trust inglese, il Ministero degli esteri e del Commonwealth, Rolls Royce. www.grant-associates.uk.com Nella foto: Andrew Grant (a destra) con Keith French, socio e project leader dei South Bay Gardens.

architettoniche: le cupole delle biosfere vegetali, progettate da Wilkinson Eyre Architects, e i 18 supertree di Grant Associates. Le biosfere Le gigantesche cupole vetrate del Flower Dome (per specie vegetali del Mediterraneo e dei climi asciutti temperati) e della Cloud Forest (clima umido delle zone montuose tropicali) coprono complessivamente una superficie di 28mila mq e accolgono circa 226mila specie vegetali all’interno di un volume complessivo di quasi 350.000 mc. Si tratta di specie provenienti da tutti i continenti, in molti casi minacciate dal cambia-

mento climatico e dalla perdita di habitat causata dalle attività dell’uomo. Associando informazione a intrattenimento (all’interno del Flower Dome vi sono anche una food court e un’area eventi con capienza di mille persone), questi orti botanici del nuovo millennio si propongono di far crescere la consapevolezza del pubblico nei confronti dell’ecosistema. Gli accorgimenti tecnologico-impiantistici adottati riducono di circa il 30% il non indifferente fabbisogno energetico del complesso: gli oltre 6.000 pannelli vetrati delle cupole sono in vetro selettivo per abbattere il surriscaldamento garantendo al contempo il massimo apporto

di luce naturale; un sistema domotico governa le schermature solari; l’aria interna viene deumidificata e poi raffrescata, riducendo così il fabbisogno energetico del condizionamento; scambiatori di calore acqua/aria affogati nelle piastre in CA e un sistema di ventilazione forzata raffresca le cupole solo al livello terreno mantenendo la giusta temperatura per tutta la loro altezza interna (nella Cloud Forest raggiunge i 54 metri). Larga parte dell’elettricità necessaria per il condizionamento delle biosfere viene prodotta da una turbina a biomassa che proviene in parte dagli scarti vegetali delle

Sotto, i 18 supertree del parco sono strutture artificiali, formate da un nucleo di sostegno in cemento ricoperto da tubi metallici che sorreggono giardini verticali. Nella foto di sinistra la passerella che collega due supertree a un’altezza di 22 metri (foto ©Grant Associates).

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Affacciate sulla baia, le biosfere, autentici orti botanici del nuovo millennio, accolgono centinaia di migliaia di piante di specie diverse; accanto, esploso; in basso, vista interna del Flower Dome (courtesy ©Grant Associates).

biosfere. Il calore in eccesso è utilizzato per rigenerare il liquido del processo di deumidificazione. I supertree Grant Associates ha progettato anche i 18 supertree disseminati nel parco. Strutture artificiali alte da 25 a 50 metri, questi “alberi” su cui crescono giardini verticali hanno il compito di stabilire una relazione in altezza con gli edifici che già sorgono e ancora sorgeranno intorno ai South Bay Gardens, e quella di offrire ombra e riparo ai visitatori durante il giorno. A un core di sostegno in cemento armato è agganciato un tronco in tubi d’acciaio che regge una chioma, sempre metallica, a forma di ombrello rovesciato; al tronco sono inoltre ancorate le strutture che sostengono e irrigano la “pelle” vegetale che li riveste: 162.900 piante di più di 200 specie adatte al clima di Singapore ma provenienti prevalentemente dal Centro e Sud America, tra cui orchidee, tillandsie, felci e rampicanti, scelte per la loro leggerezza, ridotta necessità di terreno, semplicità di manutenzione e aspetto. Se di giorno i superalberi ombreggiano, di notte si trasformano in un luminoso sistema di proiezione multimediale (progetto di LPA). Due supertree sono collegati tra loro da una passerella che offre ai visitatori scorci insoliti dell’intero parco da 22 metri di altezza, mentre il più alto degli alberi artificiali accoglie alla sommità una caffetteria (design Wilkinson Eyre) con vista panoramica sulla baia. Alle funzioni di intrattenimento e scoperta i supertree uniscono compiti ambientali. Oltre ai giardini verticali, alcuni alberi accolgono pannelli fotovoltaici che contribuiscono al fabbisogno elettrico del complesso, altri raccolgono le acque meteoriche facendole confluire verso il serbatoio di servizio del sistema di irrigazione delle biosfere. Il parco Di Grant Associates l’intero progetto di paesaggio dell’area. Concepito anch’esso per destare interesse e curiosità, il parco si articola in due grandi ambienti a tema suddivisi in altri più piccoli: gli Heritage Gardens, che ricostruiscono giardini storici delle culture delle principali etnie che popolano Singapore, con giardini cinesi, indiani, coloniali e dei tradizionali villaggi del sud-est asiatico; e The World of Plants, dedicato alla natura, all’ambiente e alle biodiversità. Alla realizzazione dei Bay South Gardens ha collaborato un team internazionale multidisciplinare. Coordinati da Grant Associates, responsabili del masterplan e della progettazione degli interni delle biosfere, dei supertree, dei giardini tematici e delle strutture botaniche, hanno lavorato architetti, ingegneri, botanici, illuminotecnici e specialisti in digital signage. In particolare Wilkinson Eyre Architects (UK) per gli edifici e le architetture, Atelier Ten (UK) per le strategie ambientali e l’impiantistica, Land Design Studio (UK) per lo sviluppo dei percorsi pubblici informativi e LTA Lighting Planners Associates (Giappone) per l’illuminazione

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KLIMA HOTEL MILANO FIERE

GREEN

DENTRO E FUORI ALLE PORTE DELL’AREA EXPO 2015, L’INVOLUCRO NE COMUNICA GIÀ LA VOCAZIONE ECOLOGICA. PANNELLI FOTOVOLTAICI E UN FRONTE VERDE SUL RETRO CHE ASSORBE POLVERI E RUMORI DELLA VICINA AUTOSTRADA

Inaugurato da pochi mesi, il Klima Hotel Milano Fiere sorge in un’area strategica della nuova Milano, a nord-ovest della città, non lontana dalla fiera di Rho/Pero e contigua all’area di Expo e del futuro sviluppo di Cascina Merlata, dove sono già sorte nuove strutture alberghiere. Il fronte nord, rivolto verso l’autostrada, dichiara subito la vocazione verde dell’albergo

con una parete di 15 piani interamente rivestita di verde. Non si tratta di un mur végétal ma di una soluzione realizzata interamente in-house, con progettisti e installatori locali, dall’architetto Elena Bozzini, che ha progettato tutto il complesso. Una struttura in ferro, comodamente accessibile da ogni piano dell’albergo, che regge file di vasi piantumati che possono essere facilmente sostituiti e un

Su ballatoi in ferro che lo rendono accessibile da ogni piano, il verde riveste interamente la parete a nord, che affaccia sull’autostrada. Nella foto a destra, la parete verde realizzata nella lounge dell’hotel.

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Pannello di controllo a parete per la gestione indipendente della climatizzazione. In alto la parete verde interna.

sistema di ferti-irrigazione a caduta. Data la grande visibilità, questa parete verde potrebbe diventare anche strumento di comunicazione, disponendo specie di colori diversi per creare messaggi visibili a distanza. Per esempio dal sito di Expo, subito al di là dei raccordi autostradali. In ogni caso, funzionando quasi come una seconda pelle, contribuisce all’insonorizzazione degli ambienti e assorbe le polveri sottili generate dal traffico.

Il fronte principale, orientato a sud, accoglie invece i visitatori con la facciata alta interamente rivestita in pannelli fotovoltaici intervallati da lame frangisole orizzontali e con una vera parete vegetale, con essenze adatte all’esposizione solare, incorniciata nell’ingresso. Il verde prosegue nella lounge interna subito oltre la reception. L’architettura è definita dal contrasto tra l’ampio volume orizzontale della lounge, che copre tre piani interrati con 400 posti auto e si sviluppa su due piani, con le sale convegni del business centre e un centro benessere, e la torre verticale di 15 piani con 115 camere. La struttura dell’edificio è stata realizzata interamente in c.a. gettato in opera con solette piene di 30 cm di spessore su una maglia di pilastri di modulo 7,20 m. e rivestita da una facciata ventilata in gres porcellanato bianco che, oltre ad assicurare un’adeguata coibentazione,

contribuisce a ridurre i consumi e le operazioni di manutenzione. L’impiego di fonti di energia rinnovabile e di soluzioni impiantistiche innovative e altamente efficienti per la climatizzazione assicurano un ridotto impatto ambientale dell’edificio e un consumo energetico attestato in 21,2 kWh per mq/anno, valori che hanno permesso la certificazione in classe energetica A dell’hotel. Un esempio dell’efficienza degli impianti è rappresentato dal sistema di climatizzazione a recupero di calore a tre tubi in pompa di calore, flessibile e veloce nell’inversione del ciclo, che permette di raffrescare o riscaldare in maniera istantanea e indipendente i diversi ambienti. Il sistema è inoltre in grado di decidere autonomamente il funzionamento in raffrescamento o in riscaldamento per mantenere la temperatura impostata nei singoli ambienti. Per rispondere alle specifiche esigenze degli ospiti, Le specie utilizzate da Verde Profilo nel progetto della parete interna: • Tradescanthia • Aeschynanthus • Ficus repens • Spathiphyllum • Epipremnum • Scadens • Saxifraga • Adiantum • Ripsalis • Clorophytum • Anthurium • Asplenium

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in ogni camera dell’albergo è stato installato, oltre al sensore ambiente, un dispositivo a filo VDA che permette di ottenere istantaneamente la temperatura desiderata e la commutazione caldo/freddo. All’efficienza energetica contribuisce il sistema di ventilazione meccanica forzata in grado di recuperare più del 65% dell’energia contenuta nell’aria espulsa. La produzione di acqua calda sanitaria è fornita da una caldaia a condensazione e da un impianto solare termico di 90 mq. Le strategie ambientali e le soluzioni impiantistiche fanno parte di una filosofia di sostenibilità dell’accoglienza che l’albergo persegue nei confronti degli ospiti: la linea di prodotti di cortesia delle camere è biologicamente garantita; il ristorante dell’albergo propone speciali menu a base di prodotti integrali e bio; e nel parcheggio esterno sono installate due colonnine per la ricarica di auto e moto elettriche

Studio Bozzini Specializzato nella progettazione e ristrutturazione alberghiera e di strutture turistico-ricettive, lo studio Bozzini, con sede a Vigevano, è stato fondato da Elena Bozzini, laureata in architettura al Politecnico di Milano. Lo studio segue l’intero iter progettuale, dalla creazione dell’idea alla realizzazione in cantiere, sviluppando sia la parte architettonica e tecnologica sia il progetto di interior design. Tra gli interventi più recenti, oltre al Klima Hotel Milano Fiere citiamo il piano integrato dell’intero comparto dell’area denominata “ex pista prove Pirelli” nel comune di Lainate.

SCHEDA In alto, la lounge e i pannelli fotovoltaici sulla parete sud; sopra, una delle colonnine per la ricarica elettrica installate nel parcheggio esterno. A sinistra, il sistema di vasi che protegge la parete nord.

Località Milano Anno di realizzazione 2009-2012 Committente Immobiliare Giulia Venezia srl Progetto architettonico arch. Elena Bozzini Progetto opere c.a. Studio S.P.S. Impresa di costruzione Paganoni Costruzioni srl Giardini Verticali Verde Profilo srl Superficie costruita 15.000 mq

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IL VERDE IN CITTÀ

LA HIGHLINE DI ROTTERDAM Catalizzatore di trasformazione e elemento di ricucitura urbana, il Dakpark, costruito sulla copertura di un complesso commerciale, diventerà il nuovo landmark di una delle zone portuali della città L’apertura al pubblico della prima parte del Dakpark, lo scorso 10 luglio, è stata una festa, soprattutto per i bambini di Bospolder, il vicino quartiere popolare di Rotterdam per metà abitato da immigrati. Siamo sulla Vierhavenstraat, il viale dei quattro porti, già zona industriale degradata da anni di abbandono, nella zona ovest di Rotterdam non lontana dal centro. Il ponte di Erasmo di Ben van Berkel, punto di riferimento degli italiani in visita alla città, dista da qui solo 4 chilometri, le torri dell’Europoint compongono l’orizzonte in direzione di Marconiplein. Il lungo lotto lineare sul quale lo sviluppatore Dura Vermeer ha pianificato la costruzione di un intero isolato di negozi e ristoranti era occupato da una ferrovia al servizio dei moli. La rinascita della zona era iniziata nel 2009, con il progetto di recupero dell’HaKa

Building, un edificio del 1932 già sede di una cooperativa di grossisti importatori (Handelskammer, da cui l’abbreviazione HaKa), e con l’arrivo di artisti e agenzie creative. Episodi spontanei di riqualificazione che ora trovano una sintesi nella costruzione di un blocco commerciale lungo il chilometro di un ex-sedime ferroviario e nel progetto di un edificio alto destinato a ospitare uffici e una scuola. L’iniziativa privata, condivisa con la cittadinanza e l’amministrazione comunale, diventa elemento di ricucitura del fronte del porto,

diventato terra di nessuno, con il quartiere alle sue spalle grazie alla costruzione di un parco pensile vivibile e abitabile dalla comunità, che richiama gli abitanti delle residenze a nord al contempo separandole visivamente dal lungo viale e dai moli a sud. Il progetto del Parkboulevard commerciale è stato sviluppato da Butzelaar van Son Architechten: una struttura lineare in CA interamente rivestita in mattoni, un ampio parcheggio retrostante seminterrato con 750 posti con accessi al livello dello shopping ogni 80 metri,

Sopra, un render del parco con le pendenze che digradano verso il quartiere di abitazioni e sul fondo la serra/ristorante. All'estremità ovest sorgerà un edificio alto (nel disegno qui sotto, visto da Vierhavenstraat (©Buro Sant en Co)


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Butzelaar CS, Architecten Allo studio di Amsterdam, fondato nel 1993 da Wouter Butzelaar, sono associati dal 1998 Max van Son e dal 2013 Gertjan Vlaar. Butzelaar CS ha realizzato numerosi progetti in Olanda e possiede una specializzazione nella rivitalizzazione di aree urbane, seguendo un percorso progettuale nel quale il dialogo con le comunità svolge un ruolo essenziale. www.butzelaar-cs.nl

Buro Sant en Co Fondato nel 1990 da Monique de Vette e Edwin Santhagens, Buro Sant en Co lavora sui punti di unione tra architettura del paesaggio e pianifi cazione urbana per realizzare progetti di urban landscape, dalla scala del masterplan fi no ai dettagli di arredo esterno. Nel corso degli anni lo studio di Den Haag (L’Aia) ha realizzato parchi, campus, piazze, aree commerciali e giardini privati con design e scelte di materiali innovative per unire bellezza a funzionalità, semplicità di manutenzione e sostenibilità complessiva. www.santenco.nl

Nelle foto a destra, dall'alto, due immagini della festa di inaugurazione della prima parte del parco, il 10 luglio scorso; vista del blocco commerciale rivestito in mattoni, con la scala che sale al parco; il parcheggio seminterrato (foto ©Buro Sant en Co e © Max van Son, Blauwplaat)

SCHEDA Località Rotterdam, Vierhavenstraat Committente Dura Vermeer, MAB Development Realizzazione edifici commerciali 2009/2011 Realizzazione parco pensile 2009/2013 Progetto Butzelaar Van Son Architecten: Wouter

Butzelaar, Max van Son, Gertjan Vlaar

Architettura del paesaggio Buro Sant and Co, ds+V Ingegneria strutturale Bartels Constructies SLP Edifici commerciali 59.000 mq Volumetria lorda 471.000 mc Superficie del parco 81.000 mq

una rigorosa progettazione dei fronti, attenta anche alla qualità delle insegne esterne per assicurare coerenza ed evitare il caos di scritte, colori e dimensioni tipico dei centri commerciali. Per l’impermeabilizzazione è stato scelto il sistema del tetto rovescio di Dow (ovvero con l’impermeabilizzante Floormate 500 a contatto diretto con il piano solare e l’isolante termico Styrofoam posto sopra, per proteggere lo strato impermeabile dallo shock termico e ridurre il rischio di condensa). Lo studio di architettura del paesaggio Buro Sant en Co ha progettato il layout e la costruzione del parco pensile, sviluppato a un’altezza di circa 8 metri dal livello stradale e con una larghezza media di 85 metri (sviluppandosi sulle coperture del blocco commerciale e dei retrostanti parcheggi) per l’intera lunghezza del lotto. Digradante verso il popoloso quartiere di Bospolder, cui è connesso da scale (quella centrale parzialmente trasformata in cascata) e declivi verdi, verso il mare e i moli il parco si conclude sopra il fronte dei negozi con un collegamento all’altezza del ristorante (che prosegue sul parco con una serra) e una protezione trasparente continua disegnata ad hoc che fa parte del completo sistema di recinzione che ne permette la chiusura nelle ore notturne. Una volta completato, il parco correrà tra l’edificio alto per uffici e una scuola a ovest e un secondo edificio di tipo culturale a est. Una densità vegetativa variabile segna le diverse aree del parco, progettualmente organizzato in tre zone: quella più facilmente accessibile come parco giochi e orto urbano, dove anche la comunità potrà coltivare specie vegetali; la serra prossima al ristorante sarà un giardino mediterraneo con palme alte che dal livello stradale raggiungeranno la sommità; e l’estremità ovest, con boschetti arborei. Alberi alti e fiori a bulbo sono distribuiti per tutta la lunghezza sul fronte aperto sul quartiere abitato

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ATTICO A MESSINA

TERRAZZE SULLO STRETTO Il progetto per un attico nel centro di Messina prevede una distribuzione abitativa dinamica e funzionale che integra spazi coperti e terrazze-giardino con vista panoramica sul mare e la città

Frutto del lavoro di squadra dell’architetto Andrea Caporali e dell’agronomo Roberta Andaloro dello studio Omphalos di Enna, l’impostazione progettuale accantona l’idea di un unico grande attico con singolo terrazzo privilegiando la realizzazione di diversi ambienti coperti e di quattro terrazze con un panorama a 360° sullo Stretto di Messina, sull’abside del Duomo, sul Municipio e sulla collina con la chiesa del Cristo Re.

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L’impianto dell’attico è quindi suddiviso in due grandi aree collegate tramite un percorso definito da una struttura in acciaio e vetro protetta da una parete in brise-soleil di legno. L’intera costruzione sarà realizzata in acciaio AISI 316 - con ottima resistenza alla corrosione data la vicinanza del mare - e vetrate con sistema integrato di lamelle schermanti. Le due grandi aree accolgono rispettivamente una zona cucina-pranzo e un ambiente

living-relax con divani e vasca idromassaggio, mentre gli spazi esterni ospitano funzioni specifiche connesse agli interni e sono suddivisi in quattro terrazze con aiuole in acciaio AISI 316 verniciato in cui saranno disposte essenze mediterranee arboree ed erbacee. Dal lato ovest della sala pranzo si accede al primo e più ampio terrazzo, affacciato sul mare e dimensionato in modo tale da ospitare un tavolo cinto da due fioriere lunghe e strette con essenze resistenti alla salsedine quali Pittosporum tobira Nano e Agapanthus africanum, e un’area relax con divano definita da due vasi cubici nei quali verranno impiantati esemplari di Olea europea con Lantana delicatissima bianca e Ryncospermum jasminoides. Dal lato sud della cucina si accede al secondo terrazzo con vista sul Duomo, barbecue esterno e un piccolo angolo colazione con poltrone Kubric di Serralunga che diventa il luogo ideale in cui inserire essenze aromatiche e un arbusto di Arbutus unedo. Dall’area living e relax si accede al terrazzo rivolto a nord con una pavimentazione in doghe di teak e fio-

Sopra, render dell’area living e del terrazzo definito da fioriere bianche che ospitano esemplari di Olea europea e Lantana delicatissima.

Nel disegno a sinistra, vista d’insieme dell’attico. L’impostazione progettuale ha privilegiato la realizzazione di spazi contenuti e funzionali che permettessero scorci panoramici differenti.


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Andrea Caporali_Studio Omphalos Andrea Caporali (Enna, 1974) si laurea in architettura presso l’Università degli Studi di Palermo e dal 2003 svolge attività didattica presso lo stesso Ateneo e l’Università Kore di Enna. La sua attività di ricerca è incentrata sulla centralità del progetto architettonico nel contesto urbano e territoriale. Organizza anche eventi culturali di livello internazionale legati all’architettura e alle arti visive. Nel 2007 fonda con l’architetto Maurizio Campo lo studio Omphalos, con sede a Enna, di cui nel 2010 entrano a far parte anche Roberta Andaloro, agronomo, e Gianluca Ferraro, architetto. www.omphalosarchitettura.it

Roberta Andaloro_Studio Omphalos Roberta Andaloro (Milazzo, 1979), laureata in Agraria a Catania, si specializza in progettazione del paesaggio e delle aree verdi a Torino. Socio AIAPP dal 2008, progetta giardini e residenze private in Italia e all’estero, allestimenti di mostre di arte contemporanea, complessi residenziali e strutture ricettive in collaborazione con l’arch. Andrea Caporali. Nel 2010 entra a far parte dello studio associato Omphalos continuando la sua attività di progettista del paesaggio. www.robertaandaloro.it

riere dai colori pastello per una collezione di essenze succulente tipiche della tradizione dei cortili siciliani, quali Aeonium arboreum, E. arbereum Artropurpurea, Aloe plicatilis, Echeveria alba. Una parete in brise-soleil separa questo terrazzo da un piccolo spazio riservato che ospita basse aiuole in acciaio verniciato di nero con quadri di tre varietà di Sedum e vasi neri di ceramica di Caltagirone con Camelia japonica e Ficus repens

SCHEDA Località Messina (ME) Anno di realizzazione in corso Committente privato Progetto architettonico arch. Andrea Caporali Progetto paesaggistico Dr. Agr. Roberta Andaloro Superficie coperta 78 mq Superficie complessiva terrazzi 57 mq

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SCHEDA Località Mont-de-Marsan, Francia Committente

Communauté d’agglomération du Marsan

Architetti Archi5 con B. Huidobro Strutture Mizrahi Ingegneria acustica Tisseyre & Associés Progetto e realizzazione 2007/2012 Superficie totale netta 4.750 mq Parcheggio seminterrato per 80 vetture

Sotto, la copertura verde della mediateca appare come un’estrusione della piazza, che a sua volta ha subito una leggera rotazione rispetto all’impostazione del quartiere militare preesistente (foto ©Marsan Agglomération).

MEDIATECA A MONT-DE-MARSAN

RIFLESSIONI CULT Con rigore geometrico, acciaio e vetro sollevano letteralmente la vecchia piazza d’armi trasformandola in luogo di conoscenza per la comunità La Francia è Parigi, si diceva un tempo, confrontando la scarsa densità urbana dell’hexagone con quella italiana. Ma non è vero, almeno per quanto riguarda l’architettura, fin dagli anni Settanta promossa da istituzioni centrali e amministrazioni locali. Un impegno che ha favorito l’emergere di grandi talenti, francesi e stranieri (anche italiani). Il recente nuovo Louvre di SANAA si trova a Lens, una cittadina di 35mila abitanti nel Pas de Calais. Un altro esempio è Mont-deMarsan, capoluogo del dipartimento della Lande. 32mila abitanti, unico cittadino illu-

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stre Alain Juppé, sindaco di Bordeaux dopo essere stato per breve tempo ministro degli esteri. Qui lo studio Archi5 ha realizzato la mediateca di questo servizio, un segno culturale forte senza essere monumentale. Al centro delle caserme Bosquet, il nuovo edificio dialoga con le austere costruzioni militari attraverso il rigore della pianta (60 metri x 60) e riflettendone le facciate sulla pelle vetrata dell’involucro. La piazza, con una lieve ma significativa rotazione, sottolinea la contemporaneità dell’intervento. In questa geometria, il tetto verde dell’edificio


› LIVING BUILDINGS

Archi5 Fondato nel 2003 da Jacques Sebbag, Laurent Boudrillet, Anne Pezzoni, Thomas Dryjski e Bernard Guillien, archi5 conta oggi 35 collaboratori nelle sedi di Montreuil (Parigi) e Varsavia. Chiave dello studio è l’approccio al progetto attraverso il contesto, di cui vengono raccolti e esaminati i dati ambientali, culturali e sociali per offrire risposte adeguate, esaustive e rigorose. Un approccio evidente in tutte le realizzazioni dello studio, che ha partecipato con successo a concorsi internazionali pubblici e privati e che attualmente sta portando avanti importanti lavori su scala urbana in Brasile e in Argentina e un museo a Rabat in Marocco. www.archi5.fr Gli Archi5: da sinistra Jacques Sebbag, Laurent Boudrillet, Anne Pezzoni, Thomas Dryjski, Bernard Guillien.

URALI appare come un’estrusione del tappeto erboso che lo circonda e la cui pendenza, creata anche per accogliere il parcheggio sotterraneo, induce a sollevare lo sguardo. Al piano terreno la trasparenza, lo spazio interno completamente libero e la pavimentazione uniforme confermano l’impressione di trovarsi in una piazza coperta anziché all’interno di un edificio. Un patio centrale, la cui forma evita l’arbitrarietà ispirandosi all’arte e alla natura (la pianta si rifà alle foglie d’acanto di Matisse, l’inclinazione delle pareti ricorda i vasi di Alvar Aalto, i piccoli pali in acciaio che sorreggono le lastre curve in vetro sporgono in copertura come un boschetto di arbusti), ordina le diverse aree dell’open space, aumenta l’apporto di luce naturale e offre agli utenti un’intima sala di lettura all’aperto in continuità visiva con la mediateca. In un’epoca in cui l’informazione è ubiqua e incontrollata, la convinzione di Archi5 è che i contenitori pubblici di sapere debbano concentrarsi sulle persone più che sugli oggetti-libro diventando luoghi democratici di condivisione per la comunità, motori aggreganti di eventi e di forme di intrattenimento (possibilmente intelligenti). Forma e trasparenza della mediateca di Mont-de-Marsan denunciano questa convinzione; il successo che ha riscosso tra i cittadini dallo scorso dicembre, mese dell’apertura, ne confermano la bontà

La facciata trasparente, definita da una griglia a losanghe di profili d’acciaio, e lo spazio interno adiacente all’auditorium (foto ©Didier Boy de la Tour)

VETRO, ACCIAIO E SEDUM Strutturali e autoportanti, i profili d’acciaio di montanti e traverse formano una griglia a losanghe di m. 4,5 x 3 controventata all’altezza della soletta del mezzanino che sostiene direttamente le vetrate (540 mq per ogni facciata), fissate in maniera puntuale. Alle ragioni architettoniche, la copertura in sedum e graminacee della Mediateca aggiunge valide motivazioni energetiche e ambientali, contribuendo all’isolamento termico e acustico dell’edificio e alla ritenzione delle acque piovane. Oltre alla copertura vegetale, contribuisce all’isolamento dell’edificio la doppia pelle vetrata alle facciate Sud e Ovest. Le intercapedini della doppia pelle accumulano e restituiscono calore in inverno mentre in estate, mediante aperture superiori regolate da termosonde, contribuiscono al raffrescamento. Quasi sempre in ombra, in estate anche il patio interno contribuisce a raffrescare l’ambiente. Infine, il corpo interno dell’auditorium affacciato a sud e gli archivi al livello +1 esposti a ovest contribuiscono a creare spazi tampone che limitano la diffusione del calore proveniente dalle vetrate.

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IL DESIGN INCONTRA LEONARDO

LE SEDIE DEL CENACOLO Nella mostra 1:13 ideata da Ghigos Design, 13 progettisti propongono una personale ricostruzione delle sedie mai dipinte da Leonardo nell’Ultima cena. Un progetto tra arte, immaginazione e artigianato esposto dal 19 ottobre presso il Museo d’Arte Contemporanea di Lissone

Sopra, nel progetto 1:13 una nuova generazione di designer incontra la tradizione artigianale della Brianza (foto still life ©Max Falsetta Spina).

www.tredicisedie.it

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Opera tra le più emblematiche e ammirate della storia dell’arte mondiale, il Cenacolo Vinciano offre da sempre lo spunto per nuove letture e interpretazioni (non ultimi, i racconti tra storia e noir di Dan Brown). Ed è proprio dalla volontà di guardare “oltre” la scena” che nasce 1:13, il progetto espositivo curato da Ghigos Ideas che ha coinvolto 13 designer italiani nel dare una personale interpretazione delle sedute di Gesù e degli Apostoli celate dalle silhouette dei corpi dipinti.

Allestita in forma di anteprima lo scorso aprile durante la Milano Design Week, la mostra dei bozzetti si completa ora con le 13 realizzazioni dei prototipi che hanno preso forma presso le botteghe di artigiani lissonesi e con il contributo di fotografi e critici che hanno offerto un’ulteriore lettura artistica e letteraria delle 13 sedute. L’esposizione, che invita a riflettere sul potere dell’immaginazione e sul valore propositivo del progetto, sarà visitabile presso il MAC, Museo di Arte Contemporanea di Lissone dal 19 ottobre al 1 dicembre 2013

San Bartolomeo, Intus et in cute

San Giacomo Minore, Giusta

Sant’Andrea, Supplizio

Lo studio CTRLZAK di Thanos Zakopoulos e Katia Meneghini immagina per San Bartolomeo una seduta dalle linee essenziali e rivestimento in pelle che rimanda al martirio dell’apostolo, scuoiato dai pagani.

Composta da un possente telaio realizzato con morali in legno che sorregge seduta e schienale dalle dimensioni “giuste”, la sedia disegnata da JoeVelluto diventa metafora della struttura morale di Giacomo il Giusto.

Oltre a ricordare la forma a X della croce del martirio di Sant’Andrea, Supplizio riflette anche sull’idea di scelta, offrendo 4 posizioni differenti di ristoro e scomodità al tempo stesso.

Design CTRLZAK

Design JoeVelluto (JVLT)

Design Brian Sironi

Azienda 2B di Borsato Gabriele & C snc, G.V. di Villa Gianluca

Azienda GD Snc di Valter Guidetti & Stefano Dessi

Azienda Citterio F.lli; Cereda Softline snc

Cristo, Sedio Veterano del design italiano e fondatore nel 1976 del gruppo Alchimia, Alessandro Guerriero assume un ruolo d’eccezione nell’interpretare la seduta di Gesù con Sedio, oggetto di tutti e per tutti ispirato al pensiero estetico e funzionale di Enzo Mari. Design Alessandro Guerriero Azienda Sangalli Arredamenti di Sangalli Fabio, Carlo & C.


› DESIGN

Giuda Iscariota, Io Giuda

San Pietro, Kefa

San Giovanni, Ad lucem

La sedia disegnata da Alberto Biagetti ha l’aspetto tradizionale di una seduta impagliata a mano, con l’aggiunta sul retro di uno strascico lungo circa 10 metri di fibre di paglia annodate e intrecciate con filamenti policromi. Una coda di paglia.

Composta unicamente da una seduta di legno grezzo che poggia come un pilastro su un basamento di pietra appena sbozzata, Kefa diventa simbolo di Pietro, primo Papa e fondatore della Chiesa di Roma.

L’aquila, simbolo del discepolo più ‘illuminato’, è stilizzata nella forma dello schienale in rovere inserito in una seduta in vetro, che evoca il cielo in cui il rapace vola verso la luce. Le lettere del primo versetto del Prologo ‘cadono’ nella teca.

Design Alberto Biagetti

Design Alessandro Marelli

Design Elena Salmistraro

Azienda Galbiati Natale & Figli snc con Seregni Sedie

Azienda Dassi Albano di Dassi Fausto & C. snc

Azienda AC Srl

San Tommaso, Sedersi ovunque

San Giacomo Maggiore, Ascesa

San Filippo, Paniepesci

Rimandando all’incredulità dell’apostolo Tommaso, che dubitò della resurrezione di Cristo, il designer Lorenzo Damiani riflette sulle infinite possibilità di sedersi in un mondo già invaso da oggetti.

Metafora del pellegrinaggio come processo d’elaborazione interiore, Ascesa di Ghigos Ideas è una sedia-scala in cedro che tende idealmente verso l’infinito dissolvendo nel bianco la sua forma rastremata.

Con struttura portante in noce, pianta simbolo della vita che si rigenera, e schienale-mosaico di riquadri in pelle colorata che rimandano all’azzurro del mare e all’oro del grano, Paniepesci rende concreta l’essenza inafferrabile del miracolo.

Design Lorenzo Damiani

Design Ghigos Ideas

Design Alessandro Zambelli

Azienda Cazzaniga Silvano Mariano, Domenico Snc

Azienda PROMA Provasi Mobili Arredamenti

Azienda Arosio Carlo snc; G.V. di Villa Gianluca

San Matteo, Seguimi

Giuda Taddeo, Giuda Taddeo

San Simone Zelota, Un santo Diviso

Un filo rosso avvolto attorno al simbolo della croce evoca l’episodio della Vocazione di Matteo che, seduto al banco delle imposte, fu esortato da Gesù: ‘Seguimi!’. Ed egli si alzò e lo seguì.

Laura Fiaschi e Gabriele Pardi di Gumdesign partono dal significato aramaico di Giuda Taddeo ‘uomo di grande cuore’ per immaginare una sedia che si sporge verso gli altri, pronta ad accogliere e di semplice fattura.

Il titolo della sedia e la sua seduta composta da due metà separate fanno riferimento al martirio del santo, compiuto per mezzo di una sega, e al suo essere diviso tra fede e impegno rivoluzionario contro l’Impero Romano.

Design Sovrappensiero

Design Gumdesign

Design PG Bonsignore

Azienda Sanvito Arredamenti Snc di Alberto, Luca e Stefano

Azienda M.I.A. srl

Azienda Arredamenti Perego snc

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ARTEFACTS BUILDINGS ‹ LIVING

HENRIQUE OLIVEIRA AL PALAIS DE TOKYO RAMI PER VOLARE, RADICI PER TORNARE, LUCE PER RIMANERE

In alto, l’installazione Baitogogo, groviglio di rami-radici in legno, invade e trasforma gli spazi del Palais de Tokyo di Parigi (foto ©André Morin).

Tra i 53 eventi di Nouvelles Vague che in diversi luoghi della città hanno animato l’estate parigina, indimenticabile l’installazione Baitogogo del brasiliano Henrique Oliveira, che trasforma il legno compensato dei tapumes in una sospesa, intricatissima architettura arborea. Baitogogo significa letteralmente confinato, ed è il nome di un uomo che secondo una leggenda indigena rimase confinato nel regno dell’infanzia. Ma la sua leggenda coincide anche con quella della nascita dell’acqua e delle malattie. Baitogogo è colui che favorì il disordine naturale seppellendo la moglie nella terra senza poi ricoprirla d’acqua, come vorrebbe l’usanza. Se non fosse stato per il figlio che, trasformandosi in un bellissimo uccello, fece crescere un albero sulla spalla di Baitogogo, egli avrebbe favorito le malattie della terra. Dalla progressiva scomparsa di questo albero si generò l’acqua dei fiumi e l’ordine fu ripristinato. Attraverso una forma di architettura organica, l’installazione convoca all’interno di una soli-

HENRIQUE OLIVEIRA. BAITOGOGO 21/06/2013 - 09/09/2013 Parigi, Palais de Tokyo, Niveau 2 - Alcôve www.palaisdetokyo.com

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da, fluida combinazione di volumi, la sovrapposizione tra un’incontrollabile crescita vegetale e la sua omologa espansione urbana. L’installazione di tapumes, nata nel segno di una Natura totale, come quella della foresta amazzonica, porta il tempo a coincidere con la successione dei fenomeni naturali. Il progetto utilizza compensato usato oggi per delimitare le aree edificabili, rappresentando l’antico disordine. Henrique Oliveira dal 2010 lo raccoglie per le strada del Brasile trasformandolo in opera d’arte. Molto sottile e dalle sfumature simili a quelle pittoriche, può adattarsi alle forme più disparate immaginate dall’artista. Oliveira avrà come punto di riferimento per la sua riflessione artistica la situazione reale di una città come San Paolo, in bilico tra l’ordine naturale della foresta e il disordine della cementificazione selvaggia che non rispetta le regole sociali della collettività. L’installazione, animata da una straordinaria energia, rappresenta una natura ribelle che a contatto con le travi architettoniche reagisce strutturalmente segnando i confini del proprio dominio. Baitogogo si ricollega all’idea dell’installazione del 2011 Bololô, “groviglio della vita”, nel Museo d’Arte Africana di Washington, in cui alla distruzione si affianca il concetto di una nuova vita. L’arte ecologica di Henrique Oliveira è apprezzata in tutto il mondo e il Museo Nazionale di Arte africana è il primo museo che presenta il

lavoro di questa stella emergente come parte di un dialogo con il Sud Africa. Le opere di Henrique Oliveira ricordano sempre quei grandi alberi centenari con enormi radici che invadono lo spazio con prepotenza sinuosa, il cui spirito di adattamento permette loro di sopravvivere al tempo e alle architetture che gli si costruiscono attorno, spesso sventrate dalla loro forza nascosta. Le installazioni di Oliveira aggrediscono le superfici come metastasi vegetali, budelli legnosi che si ribellano allo spazio in cui sono costretti. Baitogogo, il suo ultimo lavoro realizzato al Palais de Tokyo a Parigi, gioca con gli spazi prolungandone e invadendone le forme. L’edificio diventa il grembo che nutre il suo groviglio caotico di rami o radici. Oliveira prende in prestito i materiali dal paesaggio urbano brasiliano, in particolare il tapumes, legno preso da recinzioni e dalle costruzioni delle favelas, mettendo in evidenza la natura endemica e parassitaria di queste costruzioni. Le sue installazioni assumono una forma ibrida di scultura e pittura, discipline che si integrano, entrambe fuoriuscendone, dagli spazi ad esse riservati dal Palais de Tokyo. Baitogogo, utilizzando elementi in netta contrapposizione tra loro, rende visibile il lato parassitario di costruzioni umane che, come radici elevate al cielo, sovvertono l’ordine naturale e metaforico del pensiero, destabilizzando come un’illusione ottica immanente la vista degli spettatori

Atto Belloli Ardessi e Ginevra Bria


NOTIZIE SULLO STATO DELLA FOTOGRAFIA DI ARCHITETTURA Santo Eduardo Di Miceli*

PER UN’ETICA DELL’ARCHITETTURA Viaggio a fumetti tra edifici e luoghi italiani simboli di un’architettura bella e coraggiosa, che rifiuta la spettacolarizzazione, la superficialità e la dittatura del denaro e si oppone a una realtà troppo spesso brutale e ingiusta verso le persone e l’ambiente. Dagli stabilimenti Olivetti a Pozzuoli al Museo della Memoria di Bologna, dal nuovo Auditorium di L’Aquila al Parco Archeologico di Selinunte, queste architetture visionarie invitano alla consapevolezza e alla condivisione di una nuova idea democratica di creatività e bellezza. Architetture resistenti A cura di Raul Pantaleo e Luca Molinari Disegni Marta Gerardi Editore BeccoGiallo 128 pp - euro 16,00 ISBN 978-88-97555-66-7

Cimitero di San Cataldo a Modena, Aldo Rossi (foto ©Gabriele Basilico/ Studio Gabriele Basilico).

GABRIELE BASILICO Dal moderno italiano degli anni Trenta al mondo come vedute

DALL’UNIVERSALE AL PARTICOLARE Dentro le città e gli edifici che la compongono, le diversità delle esperienze quotidiane degli uomini sono state spesso avvilite da progetti architettonici algidi e spettacolari prodotti da software digitali, incapaci di comprendere le sfumature infinite e forse indecifrabili della condizione umana e del pensiero intuitivo. Davide Ruzzon esorta a riflettere sul ruolo necessariamente centrale e politico che l’architettura contemporanea deve assumere nell’epoca digitale per dare spazio e dignità alle differenze sociali. L’architettura delle differenze Autore Davide Ruzzon Editore Tarch 196 pp - euro 20,00

Il punto di partenza del lavoro di Basilico è la serie Milano, ritratti di fabbriche, progetto svolto senza soluzione di continuità dal 1978 al 1981. Dedicato a tutta l'area industriale periferica di Milano, questo lavoro si pone come un'interpretazione della sua morfologia urbana. La fotografia di architettura e di paesaggio urbano è stata al centro del dibattito tematico nel nostro paese negli ultimi 20 anni. Questi confronti coinvolgono direttamente Gabriele Basilico, che a cavallo degli anni '60 e '70 studia architettura e di conseguenza il rapporto tra cultura del progetto e cultura della visione rappresenta per lui un cantiere aperto nell'esperienza della fotografia. Nello stesso tempo durante questi anni c'è stata, nell'esperienza dei fotografi in Italia e all'estero, una coincidenza di pensiero e un'esperienza sul campo che hanno spostato l'asse dell'impegno, tipicamente professionale, teso a restituire nuova bellezza agli edifici, verso una più articolata e problematica rappresentazione dell'architettura, come se essa, ovvero i luoghi, gli oggetti e lo spazio della città, fossero i protagonisti di una disputa conoscitiva aperta su cui confrontarsi.

Basilico tende a riproporre l'architettura, filtrata dalla luce, in modo scenografico e monumentale. Fotografo delle città, inizia un percorso che partendo da Napoli lo porta a Trieste, Genova, Rotterdam, Anversa, Amburgo, Barcellona, Vigo, Losanna, Zurigo, Madrid e approda a Bilbao, Nizza, Graz, Francoforte, Palermo, Mosca e infine a Berlino. "Ho rivisto le immagini nascere da un'operazione di astrazione, di isolamento, di assenza. Ho trasferito l'oggetto della mia percezione dalla macchina fotografica alla carta, e quando le immagini stampate in bianconero mi hanno ricondotto con esattezza ai luoghi, suscitando le stesse emozioni, ho avuto la verifica che cercavo" Gabriele Basilico

Nel 1996 la VI Biennale di Architettura di Venezia, gli affida l'incarico di un grande lavoro fotografico sulla trasformazione sul paesaggio italiano, per il quale intraprende insieme a Stefano Boeri un viaggio on the road in diversi luoghi del Paese, da una città all'altra. Per realizzare i suoi lavori Gabriele Basilico era solito recarsi più volte sul posto per stabilire quell'empatia generata dai meccanismi che il gesto del ritorno induce, risvegliando energie altrimenti sopite

* Fotografo, architetto e docente di storia della fotografi a e fotografi a del paesaggio, Santo Eduardo Di Miceli inizia con questo omaggio al grande fotografo scomparso quest'anno una ricognizione sui maggiori fotografi di architettura contemporanei.

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‹ OPINIONI

SCULTORI MANCATI

ARCHITETTI IMPROVVISATI OGGI COME DUEMILA ANNI FA, ETICA E RESPONSABILITÀ SONO LA BUSSOLA CHE CI PUÒ GUIDARE NELLA TRANSIZIONE E NELLA DISCONTINUITÀ Angelo Vecchio

La torre della China Central Television di Pechino progettata dallo studio olandese OMA. (foto CC Scottmeltzer).

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Un linguaggio autoreferenziale e indifferente ai luoghi caratterizza molta stararchitecture che strizza l’occhio a una pretesa modernità dalle riviste e dai blog. Con le possibilità offerte dalla tecnologia, nel disegno e nei materiali, gli architetti hanno pensato di poter realizzare di tutto con qualsiasi forma, quasi sempre utilizzando tre volte la quantità di materiale strettamente necessario per costruire. Facendo ricorso, con l’alibi dell’efficienza e della sostenibilità, a materiali high-tech che nascondono costi enormi in termini economici, ambientali, gestionali e di manutenzione. L’ego degli architetti e delle imprese, insieme alla cattiva coscienza dei committenti, producono musei dove non si può esporre nulla, torri vetrate energivore, residenze con alti costi di manutenzione. E in cui si è persa la poesia dei vuoti, delle viste, delle ombre, dei luoghi. L’architettura

ha poco a che fare con la scultura. L’architettura non si accontenta di essere osservata, ma pretende di essere usata e vissuta nel tempo. Fino a ieri forse una società ricca poteva permettersi il gioco di sperimentare con scultori mancati, architetti improvvisati. L’architettura prodotta poteva essere distrutta nel giro di qualche generazione, generando nuovo credito e PIL. Ma quando mutano le condizioni dell’operare, quando si modificano le sensibilità a causa di accadimenti generali o privati, come la crisi che ha preso avvio dalla finanza nel 2008, cambiano anche le domande che si rivolgono alla storia. In queste occasioni le gerarchie dei riferimenti non possono rimanere le stesse, e sul tronco delle conoscenze consolidate s’innestano nuove scoperte, compaiono percorsi prima invisibili. Se sono intere generazioni a essere attraversate dal cambiamento, può capitare che ciò che ha nutrito un’epoca esaurisca d’un tratto la sua capacità di produrre idee, generi, cultura e non sia più linfa per nuovi progetti. Dunque una domanda è d’obbligo. Dove va l’architettura? Io penso che la strada da seguire sia quella dell’etica, riscoprendo i valori perduti del movimento moderno: architetture contenitori di vita al servizio delle necessità degli esseri umani e capaci di collegare i bisogni di ognuno con quelli degli altri e con la natura. L’etica del costruire risiede nell’utilità, nella durabilità e nella funzione: sarà la crisi che stiamo attraversando a farci riscoprire, e velocemente, quest’etica e con essa forse anche la durabilità delle nostre architetture. Non è il caso di lasciare il compito di questo radicale rinnovamento a un piccolo gruppo di architetti famosi che riempiono il nostro mondo di strani oggetti. Sarà bene che tutti concentriamo gli sforzi di immaginazione,

progettazione, conoscenza e cultura sulla vera questione dei bisogni delle persone, mettendo fine alla vergogna dello spreco. L’architettura può ancora esercitare una funzione strutturale nella società, partecipando allo sviluppo civile ed economico, senza ridursi a sovrastrutturali edonismi. La cultura del costruire che rispetta i valori umani non ha bisogno di giustificazioni perché ne viene intuitivamente percepita l’utilità.


› OPINIONI

Questa è la sfida che si pone oggi agli architetti. Ognuno di noi ha il dovere di investire in studi e ricerche per mettere a punto soluzioni e individuare tecnologie per la produzione edilizia rispettose degli utenti, dei materiali, dell’ambiente e del paesaggio. Questioni quali la facilità di riciclaggio dei materiali, la quantità d’energia e d’acqua necessarie, per la costruzione e il mantenimento, l’impatto sull’ambiente oggi sono di fondamentale importanza. In questa logica è sicuramente importante costruire recuperando o sostituendo il patrimonio edilizio esistente e progettare spazi a misura d’uomo adatti alla società che si va prefigurando, mentre la crescita della popolazione mondiale e l’aumento del patrimonio costruito comportano una riflessione obbligata sul concetto di ecosistemi. Il corretto impiego dei materiali riguarda in primo luogo i processi di deperimento e consumo nel tempo. Molti edifici recenti non riusciranno a superare la prova del tempo e per mantenerne l’efficienza saremo costretti a una continua e costosa manutenzione. La ricomposizione dei no-

stri territori urbani d’altra parte possiede enormi potenzialità e costa poco. È necessario ripensare gli spazi pubblici così come sono venuti configurandosi nel corso delle grandi espansioni urbane prodotte nel secolo scorso. Lo spazio pubblico urbano, che conferisce identità al quartiere o alla città, deve ritrovare il ruolo di elemento di socialità e di relazioni smarrito tra i mall dei centri commerciali da quando i cittadini

sono diventati “gentili clienti”. Fondamentale diventa poi il ridisegno dei margini urbani. Nel secolo scorso si è molto costruito e lo si è fatto con scarsa attenzione al paesaggio e all’ambiente circostante. L’urgenza è di ordinare, riparare, trasformare, ridefinire spazi e territori già abitati e occupati riequilibrando la proporzione tra paesaggio ed edificazione. Un territorio in equilibrio deve comprendere almeno un quinto di spazi verdi e oggi è difficile fare accettare tutto ciò. Se queste sono alcune delle sfide per le giovani generazioni si può ancora guardare con fiducia al futuro, senza dimenticare quanto ci ha insegnato il passato

Nessun aspetto della vita, negli argomenti pubblici o privati, sia che tu affronti una situazione da solo, sia che contragga un impegno con altri, può sottrarsi ad una responsabilità etica Marco Tullio Cicerone - De officiis

Angelo Vecchio

In alto, Il Museo Guggenheim Bilbao di Frank Gehry (foto CC Adolfo Urrutia Díaz de Guereñu). A sinistra,

il Galaxy Soho di Pechino firmato da Zaha Hadid.

Cofondatore e titolare di SCAU Studio ad Acireale, Angelo Vecchio (Santa Venerina, 1955) è architetto, ingegnere e presidente di AIAPP Sicilia. La sua ricerca coniuga innovazione e sperimentazione con l’intento di ridefinire i rapporti tra tecnologia, funzionalità ed estetica, riservando particolare attenzione all’integrazione tra l’architettura, il giardino e il paesaggio. Ha inoltre sviluppato e consolidato una chiara capacità nell’interpretare le ragioni di un territorio definito e circoscritto come è quello siciliano.

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Verona - Italy

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