COSTRUZIONI E IMPIANTI
Anno 8 - n 54 - luglio/agosto 2014 - euro 4,50
SPECIALE EXPO MILANO 2015
ALLESTIRE IL FUTURO
TRA ALIMENTAZIONE ARCHITETTURA E AMBIENTE
Architetture ålborg milano weil am rhein / Speciale expo2015 / Design compasso d’oro Architetti marco visconti francisco lópez guerra / Eventi biennale absorbing modernity Font srl - via Siusi 20/a 20132 Milano - Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in. 27.02.2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 DCB Milano
STONE + DESIGN + TECHNOLOGY INTERNATIONAL TRADE FAIR
organized by
Verona, ITALY 24/27 SEPTEMBER 2014
marmomacc.com
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PROVE DI FUTURO
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Dalla nostra prima ricognizione su Expo Milano 2015, che inevitabilmente, per le sue dimensioni (è il più grande cantiere aperto d’Europa) e le attese di ordine economico si concentra su ciò che sta per essere realizzato, emerge però già chiara la dimensione immateriale di questa città globale, ovvero quali saranno le relazioni tra uomo e ambiente nel XXI secolo. Le regole di partecipazione, particolarmente rigide nel rapporto tra superfici edificate e aree a verde e sulla separabilità dei materiali in fase di decostruzione, si sono tradotte in progetti leggeri, tecniche impiantistiche passive integrate a fonti rinnovabili, materiali a basso impatto ambientale, architetture sorprendenti non già per monumentalità ma per la forte integrazione con la natura. Prove di futuro per un luogo dove fare cultura su temi vitali. Per noi, per le multinazionali dell’agroalimentare e per le comunità che ancora vivono, o no, di agricoltura.
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4 ARMONIE SUL FIORDO
Casa della Musica di Coop Himmel(b)lau
46 UN’ITALIA D’ORO
13 È SOLEA
60 TRA STORIA E NATURA
20 ARTIGIANO MODERNO
62 QUESTIONI DI STILE
Milano Porta Nuova
IOARCH Costruzioni e Impianti n. 54
Direttore responsabile Sonia Politi
Speciale Expo Milano 2015
10 LA PROMENADE E LA TORRE
Nuove architetture per il Campus Vitra
In copertina, modello di Palazzo Italia (foto ©Moreno Maggi).
23 TRA CARDO E DECUMANO
XXIII Compasso d’Oro ADI
BSI Swiss Architectural Award
Intervista a Marco Visconti
Comitato di direzione Myriam De Cesco Carlo Ezechieli Antonio Morlacchi
Contributi Atto Belloli Ardessi, Luisa Bocchietto, Roberto Bosi, Ginevra Bria, Moreno Maggi, Flor Nasheli Santacruz Motte, Silvia Zotti
Editore Font srl, via Siusi 20/a 20132 Milano Tel. 02 2847274 Fax 02 45474060 redazione@ioarch.it www.ioarch.it
Grafica e impaginazione Cristina Amodeo, Roberta Basaglia, Alice Ceccherini
Fotolito e stampa Pinelli Printing Milano
Abbonamenti Tel. 02 2847274 - Fax 02 45474060 abbonamenti@ioarch.it
Biennale Architettura 2014
Prezzo di copertina euro 4,50 arretrati euro 9,00. Abbonamento (6 numeri) euro 27,00; estero euro 54,00. Pagamento online su www.ioarch.it o bonifico a Font Srl - Unicredit Banca IBAN IT 68H02 008 01642 00000 4685386 Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004. Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 DCB Milano
© Diritti di riproduzione riservati. La responsabilità degli articoli firmati è degli autori. Materiali inviati alla redazione salvo diversi accordi, non verranno restituiti.
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‚ XXXXXXXXX CASA DELLA MUSICA DI AALBORG
ARMONIE SUL FIORDO Il mare del Nord si riflette sulle grandi aperture vetrate del centro multifunzionale progettato da Coop Himmelb(l)au che raggruppa nello stesso edificio auditorium e scuola di musica
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› ARCHITETTURA PER LA MUSICA
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A sinistra, l’ingresso della Casa della Musica di Aalborg si apre sulla piazza luminosa affacciata sul fiordo (in alto). Al centro, l’edificio verso la città (foto ©Duccio Malagamba).
A destra, inquadramento urbano (©COOP HIMMEL(B)LAU).
rogettata sulla base di un più ampio masterplan urbano sviluppato nel 2008, sempre con il contributo di Coop Himmelb(l)au, la Casa della Musica di Aalborg si colloca nell’area più orientale della Piazza della Cultura, un grande lotto urbano rettangolare connesso al centro della città danese da un edificio polifunzionale a corte e da un’alta torre hotel e delimitato sul versante nord da una passeggiata lungo il fiordo che bagna Aalborg. Elemento complementare alle funzioni culturali e ricreative ospitate nel Nordkraft, excentrale elettrica recentemente riqualificata, la Casa della Musica e gli spazi urbani definiti dal piano regolatore hanno trasformato quest’area in un centro modello dedicato all’arte, allo spettacolo e all’educazione. Concepita per promuovere l’incontro e la condivisione tra studenti e insegnanti da una parte e il pubblico e gli artisti dall’altra, la Casa della Musica si configura come una struttura complessa che connette al suo interno funzioni diverse. L’impostazione architettonica si basa quindi sul concetto di sinergia unito alla necessaria autonomia delle diverse attività che ospita. Dove possibile, il progetto ha previsto la condivisione degli spazi e la sovrapposizione tra le aree destinate al pubblico e quelle adibite alle esibizioni. Secondo l’intenzione
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‹ ARCHITETTURA PER LA MUSICA
foto ©Manfred Klimek
Wolf Prix - COOP HIMMELB(L)AU Considerato, dalla mostra Deconstructivist Architecture svoltasi al MoMA nel 1988, uno degli esponenti di punta del decostruttivismo, Wolf D. Prix (Vienna, 1942) è co-fondatore, capo architetto e Ceo di Coop Himmelb(l)au. Ha studiato architettura a Vienna, all’Architectural Association di Londra e allo SCI-Arc di Los Angeles. Membro del Österreichische Bundeskammer der Architekten und Ingenieurkonsulenten, del Bund Deutscher Architekten, del RIBA, dell’American Institute of Architecture, del Österreichischen Kunstsenat e dell’Academia Scientiarum et Artium Europaea di Salisburgo, nel corso della sua carriera Wolf D. Prix ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Fondato a Vienna nel 1968 e ampliatosi nel 1988 a Los Angeles, lo studio di progettazione COOP HIMMEL(B)LAU opera nel campo dell’architettura, dell’arte, della pianificazione urbana e del design e conta un team di oltre 100 persone provenienti da 19 Paesi diversi. Tra i suoi progetti più noti, la sede BMW Welt di Monaco, il cinema multisala UFA di Dresda, il Museo dell’Arte di Akron in Ohio, il Centro Conferenze Internazionale di Dalian in Cina. Attualmente lo studio è impegnato nella realizzazione di numerosi progetti in Europa, Asia e Medio Oriente. Tra i progetti in corso, il Musée des Confluences di Lione e la Banca Centrale Europea a Francoforte sul Meno. www.coop-himmelblau.at
dell’architetto Wolf D. Prix, Ceo dello studio Coop Himmelb(l)au, l’idea di condivisione che sta alla base del concept architettonico può essere immediatamente intuita a partire dalla forma esterna dell’edificio. Il cuore fisico e concettuale del complesso è rappresentato da una grande sala da concerti con 1.300 posti a sedere circondata dalle aule per la didattica e dalle sale per le prove disposte secondo uno schema a U attorno al nucleo centrale. I due ambiti sono connessi da un grande fo-
In alto, due viste (foto ©Duccio Malagamba) del grande foyer che collega le diverse funzioni illustrate nel diagramma (©COOP HIMMEL(B)LAU).
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yer sviluppato su più livelli e definito da grandi vetrate a tutta altezza con vista panoramica sugli spazi esterni della piazza e del fiordo. Aperture vetrate disposte nel foyer e nelle sale prova permettono ai visitatori e agli studenti di osservare le attività svolte all’interno dell’auditorium centrale. L’edificio dispone di altre tre sale di varie dimensioni destinate alla danza e ad altre attività culturali e collocate al di sotto del foyer, spazio dinamico e multifunzionale che si propone come fulcro di incontro per il pubblico e gli studenti.
› ARCHITETTURA PER LA MUSICA
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Pianta del livello 1 con lo studio dell’acustica. 1_Performance spaces 2_Music education 3_Back stage 4_Aalborg symphony orchestra 5_Foyer 6_Restaurant 7_Bar 8_Kitchen 9_Library 10_Technical spaces
Caratterizzata da un impianto curvilineo e da una predominanza di forme fluide che contrastano con la rigidità del volume che la avvolge, la sala da concerti è stata progettata sulla base di un concept acustico estremamente complesso sviluppato in collaborazione con Tateo Nakajimam, designer del suono ed esperto di acustica per Arup. Dallo spazio destinato all’orchestra, i posti a sedere e i palchi ricurvi sono disposti in modo da offrire i migliori punti di vista verso il palco, così come le strutture decorative amorfe di gesso collocate sui muri e le sospensioni a soffitto regolabili in altezza sono state progettate sulla base di calcoli precisi che garantiscono un’esperienza del suono perfetta. Grazie alle sue qualità architettoniche e acustiche, con una riduzione del livello di rumore pari a 10 NR (Noise Ratings) la sala da concerto si inserisce tra le eccellenze in Europa per l’esecuzione di opere sinfoniche. Per quanto riguarda il concept energetico, la ventilazione all’interno del foyer è assicurata dal naturale galleggiamento termico del grande spazio verticale anzichè da normali sistemi a ventola. Il pavimento in cemento è attraversato da tubature idriche ipocaustiche che riscaldano d’inverno e raffreddano in estate grazie anche all’apporto dell’acqua del fiordo, mentre le pareti di cemento che cir-
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‹ ARCHITETTURA PER LA MUSICA
SCHEDA Località Aalborg, Danimarca Progetto 2003-2008 Anno di realizzazione 2010-2014 Committente North Jutland House of Music Foundation Progetto COOP HIMMELB(L)AU, Wolf D. Prix & Partner Senior project partner Michael Volk Progetto interni Eva Wolf, Ivana Jug, Ariane Marx
Acustica Arup Progetto paesaggistico Jeppe Aagaard Andersen Progetto strutturale Rambøll, B+G Ingenieure, Bollinger und Grohmann GmbH
Progetto impianti Nirás Superficie 17.637 mq Sala concerti 1.298 posti
condano la sala da concerto fungono da riserva addizionale di energia termica. I condotti e le prese d’aria sono dotati di scambiatori di calore rotanti altamente efficienti e al di sotto dei sedili dell’auditorium sono installati sistemi di ventilazione a bassa velocità. L’aria viene estratta da una griglia posizionata sul soffitto al di sopra del sistema di illuminazione per evitare che il calore prodotto da quest’ultimo provochi un aumento della temperatura nell’ambiente
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Forme fluide e avvolgenti per l’auditorium (foto ©Duccio Malagamba e sezione ©COOP HIMMEL(B)LAU).
Dalla cava all'ARCHITETTURA Marmi Faedo vanta una tradizione di oltre cent’anni nella lavorazione di varie tipologie di marmi sia italiani che di importazione. L’elevata capacità produttiva unita all’alta tecnologia delle linee di lavorazione consente alla Marmi Faedo di gestire progetti complessi, di grandi dimensioni e pregio, riservando un’attenzione particolare all’ambiente prevedendo l’escavazione del marmo e nel contempo l’esecuzione di ripristino ambientale e rimboschimento. Il fiore all’occhiello della produzione è rappresentato dal marmo Grolla escavato in esclusiva nella vallata di Cornedo-Valdagno (Vicenza) dalla cava di Faba Marmi Srl. Il marmo Grolla è un materiale storico che trova applicazione in molti progetti di pregio architettonico. È costituito per il 98% da carbonato di calcio ed è dotato di particolari caratteristiche fisicomeccaniche che ne permettono l’uso in ambiente esterno anche in zone climatiche difficili. Grazie al basso coefficiente di imbibizione e alla buona resistenza agli agenti atmosferici non ha problemi di gelività – con conseguente frantumazione - e non è soggetto agli attacchi della salsedine marina. Il basso assorbimento d’acqua, la resistenza all’invecchiamento dovuto all’inquinamento, la resistenza chimica ai sali per piscine (classe UA) e alla cristallizzazione dei sali marini lo rendono ideale per l’utilizzo in esterni. Grazie alle peculiarità estetiche e alle colorazioni discrete e versatili, il marmo Grolla si adatta a qualsiasi tipo di ambiente e tipologie di lavorazione in superficie.
MARMI FAEDO SPA Via Monte Cimone, 13 36073 Cornedo Vicentino (VI) info@marmifaedo.com www.marmifaedo.com
RESISTENTE ALLA SALSEDINE E AGLI AGENTI ATMOSFERICI, IL MARMO GROLLA SI DISTINGUE PER LE SUE QUALITÀ TECNICO-MECCANICHE CERTIFICATE E LE CARATTERISTICHE ESTETICHE DI PREGIO
‹ ARTE E INDUSTRIA
NUOVE ARCHITETTURE PER IL CAMPUS VITRA
LA PROMENADE E LA TORRE Sono ben sette i premi Pritzker che hanno lasciato la loro impronta al Campus Vitra. Che cresce ancora con due interventi di Álvaro Siza e Carsten Höller, inaugurati durante la tradizionale festa d’estate La famiglia Fehlbaum prosegue con appassionata costanza un percorso culturale intrapreso negli anni Cinquanta. Dall’interesse per il Movimento Moderno e l’amicizia con gli Eames allo sviluppo, negli anni Ottanta, del piano di ricostruzione del sito produttivo con Nicholas Grimshaw, alle operazioni recenti, ultima la realizzazione del prototipo di abitazione off-grid Diogene con Renzo Piano, la svizzera Vitra (anche se il campus si trova in Germania, a 5 chilometri da Basilea) è un caso unico ed esemplare di convivenza tra industria e cultura. Qui arte ed economia si alimentano a
1_Tadao Ando, Conference pavilion, 1993 2_C. Oldenburg e C. von Bruggen, Balancing tools, 1984 3_Frank Gehry, Vitra Design Museum, 1989 4_Frank Gehry, ingresso al Vitra Design Museum, 2003 5_Jasper Morrison, fermata dell’autobus, 2006 6_Herzog e De Meuron, Vitra Haus, 2010 7_Nicholas Grimshaw, stabilimento produttivo, 1981_1986 8_Jean Prouvé (su disegno di), stazione carburante, 1953_2003 9_R. Buckminster Fuller (su disegno di), Thomas. C. Howard Dome, 1975_2000 10_Álvaro Siza, stabilimento produttivo, 1994 11_SANAA, magazzino e centro logistico, 2012 12_Zaha Hadid, stazione dei pompieri, 1993 13_Renzo Piano, prototipo Diogene, 2013 14_Álvaro Siza, Siza Promenade, 2014 15_Carsten Höller, Vitra Clock & Slide tower, 2014
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vicenda, a vantaggio di tutta la società: prima di tutto dei dipendenti e dei collaboratori; della comunità locale che gode dell’indotto generato da un luogo che ogni anno richiama più visitatori di molti musei italiani; dei designer e degli artisti chiamati a progettare nuove opere; del pubblico di professionisti e appassionati, con i percorsi espositivi e un ininterrotto calendario di appuntamenti culturali. Anno dopo anno, il sito produttivo di Weil am Rhein si è trasformato in un’esposizione dinamica di architettura contemporanea. Ultimi in ordine di tempo, inaugurati il 18
giugno alla presenza degli autori, la Siza Promenade, disegnata da Álvaro Siza, che partendo dal parcheggio pubblico nord collega la Vitra Haus costruita da Herzog e de Meuron alla stazione dei pompieri disegnata nel 1993 da una giovane Zaha Hadid, frequente luogo di dibattiti e presentazioni, e la Slide Tower dell’artista Carsten Höller, frutto di un lungo lavoro di ricerca sugli scivoli come nuove forme di collegamento verticale, sfociato nella grande installazione Test Site alla Tate Modern nel 2006 e nello studio di un edificio high-rise multifunzione sviluppato da Foreign Office Architecture. Dalla piattaforma a 17 metri di altezza che offre un’inedita visuale sul campus e sul paesaggio, calzando apposite slitte di feltro i visitatori tornano a terra in 10 secondi tuffandosi nei 38 metri di spire dello scivolo in acciaio e vetro della struttura. La torre, retta da pilastri di acciaio convergenti
e sormontata da un orologio girevole del diametro di 6 metri, sorge come uno degli episodi dei 500 metri di percorso progettato da Álvaro Siza: una strada asfaltata, di sera illuminata da lampade disegnate dal maestro portoghese, fiancheggiata da siepi di carpino a tratti aperte su aree verdi del campus o create ad hoc come “stazioni” del percorso, con panche in granito. Lo stesso materiale usato per incorniciare lo snodo principale, uno stretto portale che introduce a una stanza senza soffitto che a sua volta conduce all’ultima sezione della Promenade, tra il fianco ovest dello stabilimento produttivo disegnato dallo stesso Siza nel 1994 e la stazione dei pompieri di Zaha Hadid. La piazzetta conclusiva del percorso si ricollega a sua volta all’arteria principale del complesso, quella finora attraversata, tra gli edifici della produzione, per raggiungere l’area sud del sito, e che in futuro potrebbe diventare il nuovo collegamento tra il Campus Vitra e Basilea.
Già con la Vitra Haus di Herzog e de Meuron, esterna ai quartieri produttivi, iniziava infatti a prendere forma una riconfigurazione planimetrica che, evitando sovrapposizioni tra i flussi produttivi e quelli museali-espositivi, rende più fruibile il sito al pubblico, migliorando l’esperienza spaziale dei visitatori e favorendo i momenti di incontro, in un mix unico al mondo tra arte, cultura e produzione industriale. Prossima tappa del cantiere permanente dell’architettura e del design Vitra la fine del 2015, quando è prevista l’apertura di un nuovo spazio museale progettato da Herzog e de Meuron. Nell’edificio, che si aggiunge al museo esistente disegnato da Frank Gehry, verranno esposte, a rotazione, parti della collezione privata di Vitra, finora non accessibile al pubblico - più di 7mila pezzi - e delle proprietà di molti importanti designer, tra cui Ray e Charles Eames, Verner Panton e Alexander Girard
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In basso, il prototipo Diogene di Renzo Piano e la Slide Tower di Carsten Höller (anche nelle foto ©Attilio Maranzano in alto) visti dalla nuova Siza Promenade. Nella pagina di sinistra, la piazzetta in cui oggi si conclude la promenade, di fronte alla stazione dei pompieri di Zaha Hadid, e la stanza a cielo aperto in granito portoghese e mattoni olandesi che fa parte del percorso (foto ©Julien Lanoo).
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dada-kitchens.com
CUCINA VELA— DANTE BONUCCELLI CREDENZA PIROSCAFO— ALDO ROSSI, LUCA MEDA
MILANO PORTA NUOVA
È SOLEA QUINDICI PIANI PER TRENTATRE APPARTAMENTI, ANCHE A DOPPIA E TRIPLA ALTEZZA. VILLE IN QUOTA CHE CON GRANDI CORNICI AGGETTANTI SI AFFACCIANO SUI PANORAMI DI MILANO: QUELLA NUOVA, RIFLESSA DALLE LISCE SUPERFICI IN VETRO DI SOLEA E QUELLA STORICA DEL NOVECENTO MODERNO A CUI LO STUDIO CAPUTO PARTNERSHIP SI È ISPIRATO PER QUESTA INEDITA RIVISITAZIONE DELLA TIPOLOGIA DELLA RESIDENZA A TORRE. UNO STILE ITALIANO INTERNAZIONALE CHE SI RITROVA NEGLI INTERNI PROGETTATI DA COIMA IMAGE CON DOLCE VITA HOMES
‹ EVOLUZIONI URBANE
Paolo Caputo Docente di Progettazione Architettonica, Urbana e degli Interni presso la Facoltà di Architettura e Società del Politecnico di Milano, dal 1978 svolge attività di progettista in forma individuale e con la Caputo Partnership. Tra i suoi primi progetti, il programma di trasformazione dell’Area IP di La Spezia, quello relativo alle aree di Santa Giulia, Parco Adriano e Cascina Merlata a Milano, alle aree Bassetti di Vimercate e Falck di Arcore e l’area Necchi di Pavia. Visiting professor presso le Università di Madrid, Rio de Janeiro, Buenos Aires, Santiago del Cile, Porto, Siviglia, Paris La Seine e Marsiglia, Caputo è stato presidente della sezione Lombardia e segretario Nazionale dell’Istituto Nazionale di Architettura InArch. Dal 2002 al 2008 nel CdA della Fondazione Triennale di Milano, dal 2009 è membro del Comitato Scientifico di EIRE-Expo Italia Real Estate. www.caputopartnership.it
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olea è situata a sud-ovest dell’area di Porta Nuova in posizione strategica sull’asse che collega il quartiere al centro storico di Milano. Assieme alle altre due torri residenziali Aria e Solaria, progettate dallo Studio Arquitectonica di Miami, la torre definisce una piazza pubblica aperta su un podio che accoglie funzioni comuni di hall e distribuzione ai piani residenziali e ai garage sottostanti. Concepita secondo un gioco di incastri che tiene conto della morfologia del luogo e della vicinanza delle altre architetture di Porta Nuova, la pianta di Solea è composta da tre elementi articolati tra loro a partire dalle [ 14 ]
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› EVOLUZIONI URBANE
principali direttrici prospettiche. L’edificio si sviluppa in altezza come un grande volume prismatico i cui spigoli si aprono con terrazze e logge a doppia e tripla altezza che guardano la città secondo affacci diversi: a nord verso il parco pubblico della Biblioteca degli Alberi (in fase di realizzazione), a est verso il Giardino degli Aceri e la Promenade delle Varesine, a sud verso l’asse di Porta Nuova e il centro storico della città, a ovest su Corso Como e l’area di Porta Garibaldi. Con i suoi quindici piani e sessantanove metri di altezza – relativamente pochi rispetto alle costruzioni vicine – la torre rappresenta il punto d’incontro ideale tra le ville urbane e
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Accanto, studio della piazza comune definita dalle tre torri Solea (1), Aria (2) e Solaria (3). Sopra a sinistra, prospetto sud dell’edificio. L’orientamento dei fronti segue le principali direttrici prospettiche e la morfologia del sito.
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‹ EVOLUZIONI URBANE
In alto, pianta del piano nove. Sotto, gli ultimi tre livelli della torre ospitano un unico appartamento con terrazza su due livelli e soggiorno passante a doppia altezza lungo la direttrice di Porta Nuova (©Caputo Partnership).
la tipologia residenziale a sviluppo verticale. Il suo aspetto esterno si qualifica per l’elegante contrapposizione materica tra la lucentezza del rivestimento in vetro e la finitura opaca della pietra nera, che connette idealmente l’architettura al luogo, mentre la luminosità cangiante del cristallo ne accentua la presenza volumetrica e garantisce la pulizia della superficie da smog e annerimenti dovuti all’azione del tempo. L’edificio ha ottenuto la pre-certificazione LEED silver che garantisce la qualità e la sostenibilità ambientale del progetto, dalla scelta del sito e dei materiali di costruzione reperibili in prossimità del cantiere, all’efficienza degli impianti e al contenimento dei consumi idrici e delle emissioni.
A destra, l’ampio e luminoso living, con le poltrone di Zanuso, apre a sud sul giardino d’inverno, dal lato opposto sulla grande loggia (foto ©Marco Garofalo).
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In alto, il giardino d’inverno dell’appartamento al 9° piano è definito da lame di vetro regolabili, sostenute e azionate da montanti in alluminio. Ogni residenza è dotata di almeno una loggia ampia e profonda, spesso a doppia altezza, realizzata in pietra, legno e vetro e arredata seguendo lo stile degli interni di cui costituisce una naturale estensione verso l’esterno (foto ©Marco Garofalo).
Alida Forte Catella - Coima Image Guidata dall’a.d. Alida Forte Catella, Coima Image nasce come società di consulenza e di progettazione integrata nel campo dell’architettura, interior design e space planning e vanta un’esperienza pluriennale unita all’acquisizione di tecnologie avanzate riguardanti l’efficienza energetica e la sostenibilità ambientale. Coima Image propone soluzioni innovative per l’abitare contemporaneo e in ambito residenziale sviluppa con Dolce Vita Homes residenze di qualità. www.coima.it
Il progetto degli interni delle aree comuni e delle residenze di Solea è stato sviluppato da Coima Image con Dolce Vita Homes, secondo una logica coerente e allo stesso tempo eterogenea che propone tre modelli abitativi differenti per finiture e arredamento. L’ingresso principale delle residenze è collocato sul versante meridionale in direzione
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‹ EVOLUZIONI URBANE
Curato da Coima Image con Dolce Vita Homes, il progetto degli interni propone nuovi standard dell’abitare contemporaneo, con un’integrazione funzionale tra i diversi ambienti. Cucina con piano cottura e di lavoro Dada (foto ©Marco Garofalo).
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di Porta Nuova ed è direttamente connesso con l’accesso agli spazi e ai servizi ipogei. Un secondo ingresso pedonale a uso esclusivo dei residenti connette la piazza pubblica con il podio e le facciate trasparenti della zona commerciale. Le aree comuni al piano terra si caratterizzano per gli ambienti ampi e luminosi con superfici vetrate alte fino a nove metri ed elementi di arredo customizzati. Oltre alla lobby principale, un’altra area comune posta a un secondo livello sulla piazza pedonale sopraelevata consente l’accesso diretto ai garage sottostanti e ai livelli superiori residenziali. I trentatré appartamenti disposti lungo i quindici piani della torre presentano grandezze e tipologie differenti ma ognuno di essi è dotato di terrazze e balconi che aumentano gli spazi interni verso l’esterno. Si va dai bilocali compatti e funzionali dei livelli inferiori, ciascun dei quali ospita quattro appartamenti da 70, 100 e 150 mq, alle più ampie metrature dei piani superiori che ospitano duplex e triplex con doppie altezze sia interne che nelle logge esterne, arrivando infine agli ultimi tre livelli in cui è allocato un unico appartamento dotato di terrazza su doppio livello e soggiorno passante a doppia altezza con vista panoramica lungo la direttrice di Porta Nuova.
Il progetto degli interni ha inteso valorizzare al massimo l’apporto di luce naturale e ogni ambiente è studiato per avere il giusto equilibrio tra estetica e funzionalità. La zona giorno è illuminata da ampie aperture vetrate che affacciano su grandi terrazze abitabili e schermate da pannelli regolabili che proteggono dal vento e dall’eccessivo irraggiamento. Ogni appartamento è dotato di almeno una
loggia ampia e profonda – spesso a doppia altezza – e alcune soluzioni abitative sono dotate anche di giardini d’inverno e di terrazze con predisposizione impiantistica per vasche e piscine. Le logge sono concepite come una naturale estensione esterna degli spazi abitativi e ne riprendono gli stessi arredi e materiali – vetro, legno e pietra nera – trasformandosi in vere e proprie stanze en plein air immerse nello skyline di Milano
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› EVOLUZIONI URBANE
SCHEDA Località Milano Anno di progetto/realizzazione 2006-2014 Committente Hines Italia SGR Spa Progetto architettonico Paolo Caputo, Caputo Partnership
Team progetto urbano Luciana De Rossi, Silvia Cingano, Simona Cornegliani
Team progetto architettonico e Direzione artistica Simona Cornegliani, Petra Hirsch, Alessandro Finozzi, Fabrizio Ruiu
Progetto degli interni Alida Forte Catella - Coima Image con Dolce Vita Homes
Allestimento e decorazioni Nina Yashar, Nilufar Gallery Progetto strutture Arup Italia Spa Progetto Impianti Deerns Italia SLP 5.180 mq
Synua
L’arredamento delle residenze si ispira a un gusto tipicamente italiano e accosta pezzi di design d’autore a materiali naturali e soft: tappeti d’epoca e contemporanei, divani in velluto verde e viola, pareti dalle tonalità intense e pavimenti in rovere (foto ©Marco Garofalo).
Schindler
Design e Sicurezza
Alte prestazioni
Per la Torre sono state scelte le porte d’ingresso Synua di Oikos con finitura interna in laccato bianco ed esterna con boiserie in ebano o in noce canaletto. Synua è la porta ideale per grandi dimensioni a bilico verticale che può raggiungere i 2.2 m di larghezza e i 3 m di altezza. Disponibile in svariate essenze di legno, gres porcellanato, vetro, pelle, specchio, acciaio e pietra acrilica, garantisce la classe 3 di serie per l’antieffrazione, i 38 DB di isolamento acustico e un valore di isolamento termico U=1.6 innalzabile a 1.2 su richiesta.
OIKOS VENEZIA SRL
SCHINDLER SPA
Via della Tecnica, 6 30020 Gruaro (VE) Tel. 0421 7671 oikos@oikos.it | www.oikos.it
Via Monza 1 20863 Concorezzo (MB) Tel. 039 6652-1 info.mil@it.schindler.com | www.schindler.it
In Solea sono installati sei ascensori Schindler con caratteristiche diverse: due 5400 MRL (machine romless) con portata 1.000 kg, corsa 75 m e 20 fermate, due 5300 MRL, corsa 17 m e 4 fermate, due 2400 a uso montacarichi MRL, portata 2000 kg, corse di 17 m e 75 m. Si tratta di ascensori all’avanguardia progettati per ridurre al minimo lo spazio occupato dai dispositivi tecnici e ottenere – a parità di vano – cabine più ampie e confortevoli. In particolare, l’innovativo sistema di trazione della linea 5300 consente l’utilizzo di pulegge più compatte rispetto a quelle richieste dalle tradizionali funi d’acciaio e richiede un motore gearless più piccolo, potente ed efficiente che riduce la rumorosità in cabina e negli ambienti circostanti.
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‹ INTERVISTE
UN INVOLUCRO VIBRANTE Torre per uffici a Lodi
Affacciata su specchi d’acqua pensili, la nuova torre per uffici nasce dalla riqualificazione di uno stabile appartenuto alla Provincia di Lodi e si propone come un’aggregazione volumetrica dagli elevati standard qualitativi e dalla forte impronta formale. Da un punto di vista compositivo, il progetto si traduce in un involucro trasparente ispirato alle forme minerali, avvolto da una trama metallica schermante modellata sulla base delle diverse esposizioni solari. L’idea progettuale è guidata da strategie combinate volte al risparmio energetico e al benessere dei fruitori: soluzioni passive per garantire elevato isolamento termico, ventilazione naturale attivata tramite camino solare, impiego di energie rinnovabili, protezione solare, diffusione del verde sia all’interno che all’esterno dell’edificio, attorno al quale è prevista la creazione di una nuova piattaforma sospesa a uso pubblico.
TORRE PER UFFICI A LODI Committente Zucchetti Spa Architettura e direzione artistica Marco Visconti – Aedas Visconti con V. Da Costa Ferreira, M.Palmisano, F.Lanzetti, C.Bisi, P.Rizzuto, C.Tousjin, S.Alcamo Strutture Carlo Pavesi – Studio Tecnico Pavesi Impianti e fisica Manens-Tifs Superficie lotto 901,3 mq Superficie coperta 753,56 mq Volume 17.371,67 mc
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INTERVISTA
ARTIGIANO MODERNO Una formazione multidisciplinare, un approccio creativo e sostenibile all’architettura. Intervista a Marco Visconti, progettista alla ricerca della migliore relazione tra uomo, edificio e natura Carlo Ezechieli Formatosi inizialmente come ingegnere, Marco Visconti ha sviluppato la propria carriera di architetto conseguendo un master alla UCLA, lavorando con Renzo Piano negli anni 1980 e successivamente ricoprendo per diversi anni il ruolo di capo della divisione architettura di Fiatengineering. Titolare dello studio MVArchitects con sede a Torino, Visconti è autore di progetti caratterizzati da una costante e sapiente combinazione tra tecnologia e attenzione per i temi ambientali. Qualità ben espresse sia nelle sue opere più note, realizzate per Ferrari e per Fiat, sia nei lavori più recenti come ad esempio la Torre per Zucchetti a Lodi (vedi approfondimento a sinistra). Attualmente coordina in qualità di site architect per Foster&Partners il progetto del Padiglione degli Emirati Arabi all’Expo 2015 di Milano.
La classica domanda imbarazzante: come definiresti il tuo lavoro in trenta secondi? Sono un creativo che fa i conti con la vita. Nel senso che un professionista è qualcuno che ha mestiere, in senso pratico, ma allo stesso tempo è un inventore che però si basa sull’esperienza e sulla concretezza. L’artigiano risponde alle esigenze dei clienti ed è capace di convertire il proprio pensiero in azione concreta. Cerco di applicare questo principio nella vita di tutti i giorni, anche nella gestione del mio ufficio, dove per realizzare un’idea è sempre necessario fare fronte a complicazioni di tutti i tipi. È proprio vero che il lavoro dell’architetto è talmente omnicomprensivo da poter essere considerato il lavoro più difficile del mondo. Sognare ma con i piedi per terra, talora si trova in alcuni esempi dove tra due architet-
‹ OCCHIELLO
SOSTA AD ALTA TECNOLOGIA Ristorante aziendale e centro servizi Ferrari ti, uno è quello che rende possibili le trovate geniali, ma impossibili, dell’altro. Si, effettivamente ci sono diverse coppie di architetti che lavorano così. Nel mio caso ho orientato l’ufficio verso un’estrema flessibilità. Siamo versatili, siamo capaci di affrontare e risolvere problemi molto diversi grazie a uno staff interdisciplinare che si compone di una decina di persone, per almeno un terzo provenienti dall’estero. Credo che un’apertura in senso collaborativo e interdisciplinare sia fondamentale. Come comportarsi in un ambiente professionale dove la tendenza alla specializzazione è sempre più evidente? Personalmente, siamo specializzati nel campo della progettazione di edifici per industria e terziario con un’attenzione particolare ai temi della sostenibilità, anche se preferiamo non addentraci nei particolari tipici da impresa esecutrice. Sviluppiamo esecutivi ma a un certo punto ci si ferma e spesso si lasciano gli esecutivi di dettaglio ad altri. Questo mi ha permesso di mantenere un gruppo compatto, ottimamente affiatato e facile da gestire. La sostenibilità è un tema di cui ti occupi da
molti anni, come ci sei arrivato? Credo che la sostenibilità stia alla base di ogni progetto e, in poche parole, voglia dire lavorare bene. È un atteggiamento che ho interiorizzato da ragazzo lavorando a Genova con Renzo Piano. Devo aggiungere che da studente ho preso una scelta che alla fine si è rivelata determinante, ovvero decidere di iscrivermi a ingegneria anziché ad architettura - e non solo perché la fila era più corta. Mi ha dato un bagaglio solido, completato con la composizione studiata poi alla facoltà di architettura, che ora mi dà gli strumenti per considerare tutti gli aspetti del progetto e poter dialogare alla pari con ogni soggetto di team sempre più interdisciplinari. Come si sviluppa il tuo lavoro, segui un metodo preciso? Quali sono i passi principali e quali gli strumenti? Se fino a qualche tempo facevo io qualche schizzo che poi passavo ai miei collaboratori per la messa a punto, oggi ho preso dimestichezza con la logica e le potenzialità del CAD e sviluppo le idee direttamente con loro attraverso un approfondimento fino alla scala 1:200. Per la torre di Lodi, trovandoci nella particolarissima situazione di
Fondato su principi di bioclimatica passiva, l’impianto compositivo dell’edificio è caratterizzato dalla giustapposizione di due volumi, un padiglione dalla forma aerodinamica sospeso su una seconda ala ad asse sfalsato con una “coda” triangolare verticale. Il disegno degli interni si articola su tre livelli: a piano terra rivolte a sud si trovano la piazza coperta e il volume a doppia altezza della hall d’ingresso, entrambe attraversate dal sistema di scale che conduce alla sala ristorante completamente vetrata. Grande attenzione è stata riservata all’analisi dell’esposizione solare: il padiglione superiore è chiuso sul lato sud, il corpo verticale contenente le cucine e i locali di servizio è rivestito da una facciata ventilata in lamiera forata che ne evita il surriscaldamento e da un giardino pensile di copertura. Fonti di ombreggiamento naturale sono disposte lungo la facciata ovest vetrata della hall di ingresso.
RISTORANTE FERRARI Località Maranello Anno di realizzazione 2007 Committente: Ferrari General Project: MaireTecnimont- G.De Martini Architettura e direzione lavori Marco Visconti, D. Chiaruttini, G. Pairone, C. Ghione, G. Rissone, P. Bettini, V.Lazzeri Superficie area 4.500 mq (foto ©D. Vicario)
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‹ INTERVISTE avere il tempo sufficiente, abbiamo deciso di sviluppare parallelamente quattro diverse versioni di progetto − la mia assieme a quella di tre miei collaboratori, ognuna sviluppata in totale autonomia − e di presentarle tutte al committente. Ne sono risultate quattro idee completamente diverse: due con una linea più morbida, che immaginavo il committente avrebbe preferito e che pertanto contraddistingueva il mio progetto, e altre un po’ più spigolose. Tra tutte il committente ne aveva selezionate due: una più rigida, contrariamente alle mie aspettative, assieme all’idea morbida che avevo sviluppato. Dalla combinazione e reciproco potenziamento delle due soluzioni abbiamo sviluppato il progetto. Purtroppo, per motivi legati alla tempistica, come in un recente progetto presentato a Ferragamo e un altro per un centro di ricerche della Fiat, non siamo più riusciti a ripetere questa esperienza. Quali sono le tue principali fonti di ispirazione? Sicuramente è il circostante, si parte cercandolo anche quando non c’è. Per un progetto in Turchia, ad esempio, in un contesto pressoché completamente privo di riferimenti abbiamo guardato alla cultura locale dei prefabbricati a secco. E poi il razionalismo tecnologico, come la scuola inglese in
tempi più recenti, anche per via del lavoro con Foster per il Padiglione degli Emirati Arabi all’Expo di Milano. Inoltre, anche se non l’ho mai conosciuto personalmente quando era ancora in vita, Jean Prouvé è stato per me un grandissimo riferimento e un soggetto di studio approfondito attraverso viaggi, interviste a eredi e collaboratori, ricerche documentarie. Quali pensi siano le caratteristiche fondamentali di una grande opera di architettura? Per me il valore di un’opera è molto legato alla flessibilità nell’uso, alla capacità di progettare e realizzare edifici che possano essere ricondizionati con poca spesa. Il progetto per Ferrari, ad esempio, è stato pensato come un edificio che si potesse tagliare a fette e trasportare. Una grande opera deve essere flessibile sia in pianta che in facciata e raccontare la propria storia all’interno di realtà che già esistono. Non credo nel “gesto” o nell’intervento iconico che si impone ignorando tutto il contesto. La sostenibilità è sicuramente un aspetto che contraddistingue il tuo lavoro. Da cosa deriva questo interesse? Secondo me avere un approccio orientato verso la sostenibilità spinge inevitabilmente
alla massima integrazione tra i vari aspetti del progetto. Si deve lavorare in modo sempre più interdisciplinare per raggiungere uno stesso obiettivo. Per il progetto di Lodi, data la sua importanza, la dimensione non eccessiva e la sua complessità, stiamo disegnando anche tutti i dettagli esecutivi. Siamo già arrivati al quarto tavolo di collaborazione con gli ingegneri, un momento per me importantissimo dato che ogni volta ne escono miglioramenti fondamentali al progetto. In queste sessioni entro come architetto e quando esco mi chiamano ingegnere perché affronto il vero funzionamento e l’economia dell’opera. Come vedi il futuro? Sono contento del mio gruppo perché credo sia organizzato ottimamente per affrontare il futuro. Mi piace l’idea di una struttura piccola ma versatile e questo ci mette in condizione di lavorare senza problemi con tutti. La verità è che ognuno di noi cerca di applicare e di esprimere quello che ha dentro e credo che, nonostante tutto, l’Italia abbia molto da offrire e insegnare a tutto il mondo
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Marco Visconti Nato a Torino nel 1957, Marco Visconti si laurea in ingegneria presso il Politecnico di Torino e in architettura all’Università degli Studi di Genova, dove collabora con Renzo Piano dal 1984 al 1986. Dal 1987 al 2006 è direttore a Torino del gruppo architettura di Fiatengineering e nel 2007 fonda MDNMan design and nature, che dopo due anni si unisce a Aedas costituendone la sede italiana. Dal 2011 è a capo di Marco Visconti Architects, gruppo multidisciplinare che si occupa di sostenibilità nell’architettura per industria, terziario, formazione e cultura. Tra le sue realizzazioni, il complesso industriale Fiat di Melfi, i centri di calcolo per le Ferrovie a Mestre e a Palermo, il training center Iveco a Torino e quello Hitachi a Lecce, gli showroom FAL di Berlino, Parigi, Londra, la sala conferenze del museo dell’auto di Torino, il restyling della sede FPT di Verrone. www.mvarchitects.it
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NUOVO SISTEMA HOSPITALITY Circuito del Mugello
La nuova hospitality e ristorante del circuito del Mugello è la fase finale di un progetto che prevede anche l’ampliamento della tribuna, con una lunga passerella pedonale che passando sopra la pista collega funzionalmente i due corpi di fabbrica. L’impronta scultorea, leggera e dinamica dei nuovi elementi ne favorisce l’inserimento in un contesto ambientale caratterizzato da colline e ampie zone verdi.
L’edificio della tribuna è funzionalmente diviso in tre livelli di gradinate. Il livello principale affaccia al rettilineo e si collega al livello secondario posto verso le curve. Entrambi sono coperti da un’unica superficie metallica, mentre un ulteriore livello, a diretto contatto con la pista, è posizionato al di sotto della tribuna principale e coperto da essa. I posti previsti verso le curve sono 534, quelli rivolti verso il rettilineo 3660.
CIRCUITO DEL MUGELLO Committente Mugello circuit Architettura e direzione artistica MDN Marco Visconti & Partners con: D. Chiaruttini, G Pairone, M. Palmisano, F. Lanzetti, P. Rizzuto, M. Pol, M. Marrano, C. Bisi Posti a sedere 4.194
Flag Boulevard, foto ©Italo Lupi
TRA CARDO E DECUMANO “L’Expo che abbiamo immaginato sarà un grande parco botanico planetario aperto ai cittadini di Milano e del mondo. Il luogo inedito di un incontro tra agricoltura e città … che richiamerà la sostenibilità ambientale, la precisione tecnica e la struggente bellezza delle calli di Venezia, dei canali navigabili disegnati da Leonardo, delle grandi campiture agricole”. Così scriveva la consulta internazionale di architetti composta da Stefano Boeri, Richard Burdett, Joan Busquets, William McDonough e Jacques Herzog consegnando il masterplan presentato ufficialmente l’8 settembre del 2009
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‹ MILANO EXPO 2015 Cinque anni dopo quel piano, reso esecutivo da una squadra di giovani progettisti coordinata dall’architetto Matteo Gatto e dall’ingegnere Renzo Gorini, prende forma con tutti i limiti del reale, primo tra tutti la rivalità tra Paesi espressa dalle architetture dei padiglioni self-built. Anche se non si tratta di architetture monumentali, dati i rigidi vincoli riguardanti il rapporto tra aree edificate e spazi aperti e quelli relativi alla decostruzione, riuso e riciclabilità dei materiali impiegati, da cui un ampio ricorso alla prefabbricazione in legno. Del masterplan originale rimane l’acqua, con un canale di 4,5 chilometri che corre intorno al sito e alimenta il grande invaso della Lake Arena, con gradinate per 3.000 posti a sedere. Rimane l’idea dei cluster che raggruppano Paesi per grandi aree tematiche legate all’alimentazione. Rimane, soprattutto, la natura ortogonale della griglia fondativa, sviluppata sui due assi del cardo (sud-nord) e del decumano, lungo il quale sorgeranno la maggior parte dei padiglioni nazionali (36 metri di larghezza e 1.400 metri di lunghezza da ovest a est), che favorisce una distribuzione regolare degli spazi e che rappresenta un’ottima premessa per trasformare in nuovo brano di città un’infelice area suburbana. Riguardo al futuro, il bando per l’assegnazione del milione e passa di metri quadri è quasi pronto: i soci di Arexpo hanno fretta di rientrare dei 300 milioni investiti nei terreni. Di certo, con un indice di edificabilità di 0,52, si tratta di 489.000 metri quadri potenziali, mentre altri 440.000 saranno a verde. Se Expo, con le aspettative di indotto stimate in 60mila posti di lavoro e 15 miliardi, sta assumendo una dimensione salvifica, il dopo Expo potrà essere invece un’occasione urbanistica irripetibile
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IL PIANO DEL VERDE
NATURA MODELLATA UN VIAGGIO TRA I PAESAGGI NATURALI E CULTURALI DEL TERRITORIO ITALIANO Il progetto delle aree verdi riflette il carattere di Expo Milano 2015, meno monumentale rispetto alle esposizioni universali che l’hanno preceduta e più attenta al rapporto tra uomo e natura. Pensato anche per migliorare il microclima del sito espositivo, il piano paesaggistico è organizzato secondo ambiti diversi per tematiche e caratteristiche. Il primo è rappresentato dall’anello verde, una fascia boschiva perimetrale che funge da filtro ambientale tra l’area espositiva e il territorio circostante e in prossimità della quale saranno realizzate vasche di fitodepurazione, veri e propri giardini d’acqua. All’estremità est del Decumano sorgerà la collina mediterranea, alta 12
metri e caratterizzata da un sistema di percorsi e terrazzamenti con coltivazioni tipiche dell’area mediterranea (uliveti, agrumi, querceto misto, vite maritata). All’interno del sito sono poi previste declinazioni del paesaggio di carattere più urbano come gli Hortus, otto aree di sosta ispirate all’hortus conclusus medievale con pergolati, tavoli e sedute, arricchite da un apparato decorativo ispirato a codici miniati. In corrispondenza dei punti d’ingresso saranno realizzate tre grandi piazze maggiori - accesso Ovest, Porta delle vie d’acqua, Piazza del lago - mentre nei pressi delle aree di servizio e ristoro sono previste venticinque Piazze minori denominate in base alla specie arborea che le caratterizza (piazza dei peri, dei
tigli, dei platani, ad esempio). Curato dall’architetto Benedetto Selleri di PAN Associati assieme all’architetto paesaggista Franco Zagari per il progetto degli Hortus, il programma verde prevede la piantumazione di specie autoctone: 12.000 alberi, 85.300 arbusti, 107.600 piante acquatiche e 151.700 erbacee coltivate in gran parte in air pot - vasi di plastica riciclabile che riducono i tempi di crescita e ottimizzano il trapianto - in vivai tra Lombardia, Veneto, Emilia e Toscana. L’insieme delle opere paesaggistiche occuperà una superficie di 200.000 mq e le architetture a esse legate - come sedute, pergole, pavimentazioni - sono progettate per essere smontate e recuperate al termine dell’Esposizione Universale.
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PALAZZO ITALIA E EDIFICI DEL CARDO
SISTEMA ITALIA Architettura-foresta avvolta da una pelle ramificata in cemento biodinamico, per l’edificio è prevista una funzione dopo-Expo come polo per l’innovazione tecnologica Nel render, vista aerea del Padiglione Italia. Il concept architettonico dell’edificio rimanda all’idea di comunità e di condivisione. A destra, la collocazione del Padiglione nel sito di Expo 2015 (©Nemesi & Partners).
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Organizzata nell’area centrale del Cardo, la partecipazione italiana a Expo, risultato di un concorso internazionale di progettazione cui hanno partecipato 68 team vinto dal raggruppamento formato da Nemesi&Partners (architettura) Proger e BMS Progetti (ingegneria strutturale) e Livio De Santoli (im-
piantistica e efficienza energetica), si sviluppa in due diversi momenti spaziali: Palazzo Italia, rivolto verso la Piazza d’Acqua, a nord ovest del Cardo, e i manufatti temporanei e gli spazi aperti lungo i 300 metri del Cardo. Progettato da Nemesi&Partners il Palazzo, che sopravviverà a Expo, è sicuramente l’ele-
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Dall’alto, Palazzo Italia visto dalla Piazza d’Acqua e, sotto, sezione (©Nemesi & Partners).
mento più rappresentativo del concept della partecipazione italiana – il vivaio, pensato da Marco Balich e approvato dal commissario italiano Diana Bracco – e della vocazione progettuale, ingegneristica, costruttiva e di ricerca nel campo dei materiali dei migliori professionisti e industrie italiani. Il concept architettonico di Palazzo Italia è quello di un’architettura-paesaggio in cui l’edificio assume, attraverso la propria pelle e l’articolazione volumetrica, le sembianze di un albero foresta in cui immergersi. Su pianta quadrata di 57,5 metri di lato e con una Slp di circa 13.000 mq (incluse scale e altri spazi di distribuzione) su sei livelli fuori
terra, alto 25 metri, il Palazzo è organizzato intorno a quattro grandi blocchi, collegati tra loro da elementi-ponte, che si espandono come chiome in altezza, verso una grande copertura in vetro e acciaio, definendo il grande vuoto della piazza centrale. Ciascun blocco definisce un diverso ambito funzionale: zona espositiva a ovest; area eventi e auditorium a sud; uffici di rappresentanza a nord; sale conferenze-meeting a est. L’ispirazione vegetale segna anche la pelle disegnata da Nemesi&Partner per avvolgere l’edificio, un involucro con trama geometrica a intensità variabile formato da una serie di pannelli reticolari in cemento ad alte pre-
stazioni e fotocatalitico i.design biodynamic® di Italcementi. I 900 pannelli di forme diverse, realizzati con uno speciale sistema di casseri progettati su misura da Styl-Comp, hanno una larghezza di 4 m e altezze pari agli interpiani (3,80 m e 4,50 m). Le vele di copertura, che convergono verso un grande lucernario vetrato di forma conica che inonderà di luce la piazza al piano terra, sono strutture reticolari in acciaio che formano riquadri geometrici piani e curvi chiusi con vetro fotovoltaico. Il percorso inizia nella piazza interna, grande hall di accoglienza dei visitatori, dove superfici inclinate e curve conferiscono fluidità e
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Pianta del piano terra di Palazzo Italia LEGENDA 1_Scala principale d’ingresso 2_Ingresso 3_Spazio eventi 4_Area Expo 5_Area uffici 6_Area delegati 7_Ristorante e Cucine 8_Superficie comune e foyer 9_Collegamenti verticali 10_Area tecnica 11_Terrazza
Nord
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Sud
dinamismo alle volumetrie architettoniche disegnando uno spazio suggestivo. La grande scala che si innalza dalla piazza attraversa longitudinalmente lo spazio e ne connette visivamente tutti i piani. Dal secondo al quarto livello, a tripla altezza, un grande guscio “sospeso” e completamente visibile dalla piazza accoglie al suo interno la Zona Espositiva. Per quanto riguarda gli edifici temporanei del Cardo, il concept architettonico di Nemesi&Partners si basa sull’idea del borgo formato da volumi giustapposti a piccole piazze, terrazze e percorsi porticati. Progettati con un sistema strutturale a secco per essere smontati e riutilizzati al termine dell’evento, le costruzioni sono caratterizzate da composizioni geometriche differenti e talvolta a sbalzo che si susseguono incastrandosi tra loro e connotate da piccole piazze al piano terra e al primo piano generate dall’alternanza dei volumi. Gli edifici del Cardo ospiteranno su tre livelli fuori terra gli spazi espositivi e di rappresentanza delle regioni italiane, aree eventi e di ristorazione, terrazze eventi, mentre un edificio di maggiori dimensioni a nord, di fronte a Palazzo Italia, ospita uno spazio riservato all’Unione Europea
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Ovest
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Nemesi&Partners Fondata nel 2008 da Michele Molè (Roma, 1964, laurea in architettura alla Sapienza nel 1993) e Susanna Tradati (Brescia, 1974, laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 1999), già partner dal 2004 in Nemesi Studio, Nemesi&Partners è una società romana di servizi integrati di architettura che sta per aprire due nuove sedi a Milano e Shangai. Tra i numerosi progetti realizzati e in corso, oltre alle architetture del Padiglione Italia per Expo, il nuovo centro direzionale ENI, concorso vinto in partnership con Morphosis. Direttore creativo della società, Molè, che tra gli altri riconoscimenti nel 2005 con il progetto Waterpower ha vinto in gruppo con altri progettisti un Holcim Awards Europe, ha insegnato a Roma e Ferrara e tiene regolarmente lectures presso università e istituzioni in Italia e all’estero. Susanna Tradati, ch segue il progetto di Padiglione Italia, è project manager di Nemesi e responsabile delle relazioni esterne della società anche in riferimento alle strategie di internazionalizzazione. www.nemesistudio.it Proger SpA Fondata nel 1951 come studio professionale e costituitasi in forma societaria nel 1980, è specializzata nel settore della progettazione integrata e del project management nell’ambito dell’edilizia e ingegneria civile (infrastrutture e sistemi di traporto), energia e Oil & Gas, che la vedono coinvolta in progetti di portata internazionale. www.proger.it Bms Progetti Srl Nata come società di progettazione specializzata nel campo delle strutture, ha poi ampliato il proprio campo d’azione nell’architettura e negli impianti ed è in grado di sviluppare, con un approccio organico e integrato, progetti complessi in ambito nazionale e internazionale. www.bmsprogetti.it
SCHEDA Committente Expo 2015 SpA - Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comune di Milano, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Camera di Commercio Milano Progetto architettonico Nemesi & Partners, architetti Michele Molè e Susanna Tradati Engineering Proger SpA Strutture e impianti Bms Progetti Srl Sostenibilità energetica prof. ing. Livio de Santoli Team di progetto Alessandro Miele (coordinatore), Alessandro Belilli, Claudio Cortese, Daniele Durante, Enrico Falchetti, Alessandro Franceschini, Davide Giambelli, Alessandra Giannone, Paolo Greco, Mariarosaria Meloni, Fabio Rebolini, Giuseppe Zaccaria, Kai Felix Dorl, Matteo Pavese, Paolo Maselli
Area di intervento 13.500 mq Superficie Palazzo Italia 13.275 mq Superficie edifici Cardo 13.776 mq Realizzazione involucro esterno Palazzo Italia Italcementi SpA e Styl-Comp Group
Livio De Santoli Professore ordinario di Fisica Tecnica Ambientale e responsabile dell’Energia presso l’Università di Roma La Sapienza, è coordinatore del Servizio Ateneo per l’Energia (SAE) e ha pubblicato numerosi testi sulla sostenibilità energetica.
Est
Vela di copertura Palazzo Italia Stahlbau Pichler Realizzazione Palazzo Italia Italiana Costruzioni SpA con Consorzio Veneto Cooperativo SCPA
UNA PELLE DINAMICA Per il Padiglione Italia a Shangai 2010 aveva inventato il cemento trasparente i.light. Ora Italcementi, nel 150° anniversario dalla fondazione, ci riprova e, con più di 10mila ore di calcoli e sperimentazioni, il centro ricerche di Bergamo, per i 9.000 mq di involucro di Palazzo Italia, sforna 2mila tonnellate di i.active biodynamic. Bio grazie alle proprietà fotocatalitiche di TX Active, il principio attivo brevettato da Italcementi che cattura sostanze atmosferiche inquinanti trasformandole in sali inerti con l’azione dei raggi solari. Dynamic per le caratteristiche di lavorabilità e resistenza superiori rispetto alle malte classiche. La maggiore fluidità iniziale (300 mm contro 100 mm) consente di realizzare forme complesse come quelle che caratterizzano i pannelli di Palazzo Italia in spessori sottili come quelli dei casseri a trama ramificata realizzati da StylComp per la produzione dei pannelli. I.active biodynamic è più resistente alla compressione (oltre 60 MPa a fronte di 30 MPa) e alla flessione (oltre 10 MPa a fronte di 5 MPa) ed è composto per l’80% da aggregati riciclati, in parte provenienti da sfridi di lavorazione del marmo di Carrara, che gli conferiscono una brillantezza superiore rispetto ai cementi bianchi tradizionali. Nella foto di Mario Carrieri, ENtreePIC, installazione di Nemesi&Partners realizzata da Italcementi e Styl-Comp per la mostra-evento di Interni per il Fuorisalone 2014
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IL MERCATO, LA PIAZZA Nel cuore del sito espositivo, il Future Food District è il padiglione dove sperimentare forme di alimentazione consapevoli sensibili all’ambiente, alla crescita demografica e ai singoli individui
foto ©Lars Kruger
Carlo Ratti Architetto e ingegnere, Carlo Ratti è titolare dello studio Carlo Ratti Associati, con sede a Torino, e direttore del MIT SENSEable City Lab di Boston. Laureato presso il Politecnico di Torino e l’École Nationale des Ponts et Chaussées a Parigi, PhD in Architettura all’Università di Cambridge (UK), Ratti è proprietario di numerosi brevetti e autore di più di 250 pubblicazioni. Il suo Digital Water Pavilion all’Expo di Saragozza 2008 è stato definito da Times una delle migliori invenzioni dell’anno. Premiato dalla Fondazione Renzo Piano come uno dei tre migliori giovani architetti italiani, relatore al TED 2011, Ratti è direttore didattico allo Strelka Institute di Mosca, Inaugural Innovator in Residence per il governo del Queensland, membro dell’Italian Design Council e del World Economic Forum - Global Agenda Council for Urban Management. www.carloratti.com senseable.mit.edu
“L’Expo di Milano dovrà servire per sperimentare nuove forme di città, sarà un laboratorio ideale per testare alcune ipotesi di vivibilità e di sopravvivenza” Carlo Ratti [ 30 ]
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Nel cuore del sito espositivo, l’area tematica curata da Carlo Ratti, architetto e direttore del Senseable City Lab al MIT, è dedicata alla sperimentazione di un futuro alimentare connesso e intelligente, in cui la tecnologia dell’informazione potrà anche favorire un ritorno a tecniche colturali e modalità di scambio antiche. Innovazioni che cominciano dall’architettura: due padiglioni di 2.500 mq ciascuno il cui involucro è rivestito da un sistema vegetale di alghe (v. approfondimento) collegati da una piazza pubblica di 4.500 mq pavimentata con una leggera velatura d’acqua in grado di creare un microclima favorevole e con zone dove coltivare con tecnica idroponica verdure che potrebbero anche essere commercializzate nel Supermercato del futuro. Gestito da Coop, il supermercato occupa uno dei due padiglioni del FFD e si sviluppa su due livelli. Al piano terra, le tecnologie: un magazzino totalmente automatizzato che, in base a informazioni sul progressivo esaurimento dei banchi di vendita, rifornisce il mercato vero e proprio al piano superiore, dove gli articoli sono esposti su tavoli interattivi. Una disposizione orizzontale, senza le barriere visive dei tradizionali scaffali, in cui è più semplice stabilire contatti e relazioni: tra persone, e tra le persone e il cibo, resa possibile dal sistema di rifornimento. Sospesi al di sopra dei banchi, grandi schermi riflettono i prodotti esposti, rendendoli immediatamente individuabili anche a distanza. Sensori di movimento percepiscono i gesti dei visitatori fornendo loro informazioni “aumentate” che permettono di ripercorrere l’intera filiera del cibo, dal pro-
duttore, al luogo, ai trattamenti cui è stato sottoposto. Come in un tradizionale mercato, lo spazio di acquisto potrà tornare ad essere luogo di scambio, in cui ciascuno può essere al contempo produttore e consumatore. Scomparsi gli scaffali, cambia l’intero layout del punto di vendita, che si sviluppa lungo percorsi (acqua, pesce, carne, frutta latte, cereali e uova) che rappresentano altrettante scelte alimentari e culturali. All’uscita, un display mostrerà ai clienti informazioni in tempo reale sulle quantità scambiate, il totale delle calorie, il numero di clienti, i cibi più venduti. Il secondo padiglione di FFD, il cui allestimento definitivo è ancora “top secret”, oltre agli spazi di servizio ospiterà un vasto auditorium che sarà luogo di dibattito sul futuro dell’alimentazione e sul ruolo che le reti intelligenti potranno giocare per mettere a punto diete personalizzate e legate allo stato di salute individuale minimizzando al contempo l’impatto ambientale delle nostre abitudini alimentari
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SCHEDA Curatore Carlo Ratti Progetto architettonico Carlo Ratti Associati Progettazione Strutturale e Impiantistica Favero & Milan Ingegneria
Progettazione Paesaggistica Capatti Staubach Landschaftsarchitekte
Mobilità Systematica Algae Canopy Design ecoLogicStudio e Cesare Griffa Studio
Coltivazione Idroponica ENEA e Ceres Srl
Esploso assonometrico dei due padiglioni del FFD. Nei render, la piazza e il supermercato (©Carlo Ratti e Associati). A destra, diagramma di Waterlilly 2.0 (©Cesare Griffa).
› MILANO EXPO 2015
ALGAETECTURE L’involucro dei padiglioni di Future Food District sarà una Urban Algae Façade. Ne parliamo con Cesare Griffa, l’ideatore del sistema WaterLilly 2.0 I prototipi erano stati presentati in Statale a Milano lo scorso aprile: una coltivazione di micro alghe in copertura o in facciata che produce numerosi benefici: protegge e raffresca l’involucro, assorbe CO2 (le alghe sono macchine fotosintetiche dieci volte più efficienti di un albero), produce biomassa come materia prima per molteplici usi: biocarburanti, molecole nutraceutiche, cosmetiche e farmaceutiche. In cosa consiste il progetto WaterLilly? In breve, è un sistema di coltivazione verticale di micro alghe formato da camere di crescita in materiale plastico contenenti acqua e alghe. Ogni “sacchetto” possiede aperture che permettono lo scambio gassoso con l’atmosfera attraverso il quale le alghe assorbono diossido di carbonio e rilasciano ossigeno. Tutte le camere sono collegate tra loro e controllate mediante sensori che gestiscono un sistema automatizzato di “rabbocco” e ricambio dell’acqua.
cui stiamo quantificando anche la produttività del sistema. Luce e temperatura sono fattori chiave. Il sistema è studiato per mantenere la temperatura della soluzione algosa entro il range migliore per la sopravvivenza e la riproduzione delle micro-alghe. Anche le microalghe hanno bisogno di periodi di riposo, e il ciclo naturale giorno/notte è quello ottimale. Ovviamente, quando le giornate sono più lunghe la produttività è maggiore, ma cicli di 24 ore di luce sarebbero insostenibili per le alghe. Comunque stiamo studiando anche sistemi di illuminazione artificiale per pompare le colture in condizioni di luce ridotta, ad esempio in applicazioni interne
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Ci lavora da molto? WaterLilly è parte di una ricerca sperimentale avviata dal mio studio di Torino nel 2010 per lo sviluppo di componenti architettonici intelligenti dotati di un sistema nervoso elettronico che dia loro la capacità di reagire in modo virtuoso a stimoli ambientali. Durante lo sviluppo del progetto abbiamo collaborato con Carlo Ratti per lo studio di un’applicazione specifica per Expo 2015, con Environment Park di Torino per le tecnologie impiantistiche e con Fotosintetica e Microbiologica Srl guidata dal Prof. Mario Tredici dell’Università di Firenze per lo sviluppo microbiologico. Quali accorgimenti richiede realizzare una facciata in micro alghe? Quando si appendono sacchetti pieni d’acqua su una facciata uno dei problemi maggiori è l’aumento di carico provocato dall’acqua. Per questo usiamo sacchetti studiati per rimanere molto sottili anche quando riempiti di soluzione acquosa. Così facendo riusciamo a limitare l’aumento di carico in facciata entro pochi kg per metro quadro. E i costi? Stiamo lavorando per semplificare al massimo il sistema costruttivo limitando così i costi di realizzazione, anche perché siamo convinti che un sistema di questo genere possa avere un conto economico complessivo positivo: l’idea è che possa nascere un servizio di gestione della biomassa algosa in grado di ripagare le spese di realizzazione e manutenzione del sistema grazie alla vendita della biomassa generata. Avete già valutato l’efficacia del sistema nelle diverse condizioni di luce? Al momento siamo in una fase sperimentale in
Cesare Griffa Laureato in architettura al Politecnico di Torino e all’Architectural Association di Londra, dove ha collaborato con gli studi di Zaha Hadid e Arata Isozaki, Cesare Griffa (Torino, 1973) ha aperto il suo studio a Torino nel 2006. Visiting professor al Technion Israel Institute of Technology di Haifa e al Politecnico di Torino, borsista del programma Fulbright e visiting scholar al MIT, è autore dei volumi “La Città Digitale” (Meltemi, 2008) e “Smart Creatures” (Edilstampa 2012). Il lavoro dello studio si fonda su un approccio sperimentale sviluppato attraverso attività di ricerca. Oltre a WaterLilly, le ricerche in corso riguardano la progettazione 3D parametrica e gli strumenti di prototipazione rapida. www.cesaregriffa.com
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ACQUA
TUTTE LE FORME DELL'
dal 1980 piscine ® e wellness blue pool
GRAMAGLIA GRAMAGLIA Srl Via d’Ancona 67 | 60027 Osimo AN | Tel. 071 7108700 info@gramaglia.it | www.gramaglia.it
› MILANO EXPO 2015 CACAO Sviluppo dei contenuti Università Cattolica del Sacro Cuore Responsabile scientifico Pier Sandro Cocconcelli Concept e layout espositivo Fabrizio Leoni, Mauricio Cardenas, Cesare Ventura Superficie totale 3.546 mq Area espositiva 875 mq
CAFFÈ Sviluppo dei contenuti Università Commerciale Luigi Bocconi Responsabile scientifico Chiara Mauri Concept e layout espositivo Alessandro Colombo, Stefan Vieths, Francesca Rapisarda Superficie totale 4.427 mq Area espositiva 1.250 mq
SPEZIE Sviluppo dei contenuti Università IUAV di Venezia Responsabile scientifico Benno Albrecht Concept e layout espositivo Michele Brunello, Pierluigi Salvadeo, Corrado Longa, Silvia Bertolotti Superficie totale 3.702 mq Area espositiva 875 mq
CEREALI Sviluppo dei contenuti Università degli Studi di Milano Responsabile scientifico Francesco Bonomi, Claudio Gandolfi, Gian Vincenzo Zuccotti Coordinatore di ricerca Ambrogina Pagani, Guido Sali Concept e layout espositivo Franco Tagliabue, Alessandro Rocca, Maria Feller, Marta Geroldi Superficie totale 3.820 mq Area espositiva 1.125 mq
FRUTTA E LEGUMI Sviluppo dei contenuti Università Vita e Salute San Raffaele Responsabile scientifico Roberto Mordacci Coordinatore di ricerca Ambrogina Pagani, Guido Sali
I CLUSTER
VARIETÀ PLANETARIE Parti di mondo accomunate da problematiche, identità e specificità agricole, i cluster propongono un modello di condivisione senza frontiere Spazi espositivi concettualmente innovativi, i nove Cluster di Expo 2015 sono padiglioni dedicati a un tema specifico e condiviso. Sei, dedicati ad altrettante filiere alimentari: Caffè, Riso, Cacao, Spezie, Frutta e Legumi, Cereali e Tuberi sono distribuiti lungo il Decumano. Tre, collocati nei pressi del Parco delle Biodiversità, propongono identità tematiche: Agricoltura e Nutrizione in Zone Aride, Mare e Isole, gli ecosistemi del Bio-Mediterraneo. L’idea di realizzare spazi che superano il tradizionale concetto geografico e accolgono il contributo di Paesi accomunati dalla produ-
zione di un prodotto alimentare o interessati a sviluppare un tema condiviso e rappresentativo, nasce da un workshop organizzato presso il Politecnico di Milano da Matteo Gatto (Direttore del Settore Aree Tematiche di Expo 2015) e da Luisa Collina (Delegata per Expo del Politecnico di Milano) con il coinvolgimento di università e studenti provenienti da tutto il mondo. I Paesi che non svilupperanno un proprio padiglione avranno così la possibilità di uno spazio in cui far emergere il proprio contributo allo sviluppo del Tema di Expo Milano 2015 “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”
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Render di alcuni cluster. In apertura, le Spezie. Sotto, da sinistra in senso orario: Cereali; Frutta e legumi; Isole, mare e cibo; Caffè.
Concept e layout espositivo Matteo Vercelloni, Massimo Ferrari Superficie totale 3.705 mq Area espositiva 1.125 mq
ISOLE, MARE E CIBO Sviluppo dei contenuti IULM Responsabile scientifico Vincenzo Russo Concept e layout espositivo Marco Imperadori, Valentina Gallotti Superficie totale 2.535 mq Area espositiva 750 mq
ZONE ARIDE Sviluppo dei contenuti Politecnico di Milano Responsabile scientifico Luisa Collina Concept e layout espositivo Michele Zini, Alessandro Biamonti, Barbara Camocini Superficie totale 4.030 mq Area espositiva 1.250 mq
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CLUSTER DEL RISO
NEL DATASCAPE L’elemento paesaggistico e la dimensione temporale assumono qui un’importanza fondamentale. Una risaia fuori scala che svela al visitatore un paesaggio informativo celato dai campi allagati
Foto del modello e, sotto, prospetto del cluster del riso, che accoglierà 5 Paesi: Sierra Leone, Blngladesh, Cambogia, Laos e Myanmar. Nella pagina di destra, diagramma del sistema di risaie che nasconde anche un sistema informativo/didattico.
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Il progetto del cluster del riso nasce dalla collaborazione tra un team della facoltà di architettura, ingegneria e design dell’Università degli Studi di Milano Bicocca e un gruppo di studenti e docenti universitari di Vietnam e Cina con il supporto dello studio Ghigos. Un brainstorming di tre settimane durante le quali il team ha raccolto e tradotto in macro-temi corrispondenti ad altrettanti approcci progettuali un insieme di immagini e suggestioni legate al valore simbolico e nutrizionale del riso e alle diverse tradizioni orientali e occidentali, anche attraverso visite alle risaie per approfondire gli aspetti pratici della sua coltivazione. Ne sono scaturiti tre progetti preliminari caratterizzati da un approccio diverso: un’esplorazione didattica legata alla vita del chicco di riso, una progettazione metaforica sul concetto di “pugno di riso” e una visione prettamente paesaggistica che dopo l’esame dei diversi Paesi par-
tecipanti al cluster è stata infine scelta dalla commissione. Il concept si basa sulle fasi di coltivazione delle risaie, che coincidono con le datedell’Esposizione. L’area espositiva appare come una risaia in miniatura che varierà in base alle diverse fasi di allagamento, crescita, fioritura e maturazione. L’allestimento consiste in una mostra a carattere botanico con aree coltivate tra i padiglioni, che saranno rivestiti da pannelli compositi di alluminio Alucobond a specchio (naturAL reflect 405), alcuni dei quali tagliati al laser in modo da riprodurre in sfondato le silhouette di elementi grafici ispirati al paesaggio della risaia - alberi, cascine, animali da cortile e stormi di uccelli. Le sagome saranno enfatizzate lungo i profi li da luci a LED e grafiche personalizzabili dai singoli Paesi su fondo bianco. Le facciate principali lungo il Decumano avranno una finitura superficiale a specchio,
mentre quelle posteriori saranno rivestite da pellicola adesiva bianca con segni grafici e un effetto sfumato in trasparenza verso le facciate laterali. Oltre al dato paesaggistico, il progetto propone un secondo livello di lettura dal Landscape al Datascape, come dichiarato già dal portale d’ingresso. Si tratta di un paesaggio informativo composto da dati, statistiche e notizie sul riso: un allestimento narrativo disperso che sembra affiorare a pelo d’acqua attraverso lettere volumetriche in polistirene resinato bianco annegate nelle vasche e leggibili percorrendo i sentieri del cluster. Indicazioni botaniche connesse ai diversi lotti della risaia e codici QR con informazioni sul tema del riso saranno visibili su piastre metalliche poste all’estremità di canne in plexiglass trasparente. Telescopi e periscopi interattivi permetteranno infine ai visitatori di scoprire in “realtà aumentata” le risposte alle domande disperse nelle vasche
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Ghigos Sorto nel 1998 e diventato studio nel 2004, Ghigos è un gruppo di lavoro formato da Davide Crippa e Barbara Di Prete, entrambi architetti, dottori di ricerca e docenti presso il Politecnico di Milano e in NABA (Nuova Accademia di Belle Arti di Milano) e da Francesco Tosi, architetto ed esperto in comunicazione visiva e web design. Tramite lo scambio di reciproche competenze, il gruppo Ghigos porta avanti una ricerca ad ampio respiro, in un’ottica di dissoluzione dei confini disciplinari che diventa occasione di riflessione critica e progettuale alle diverse scale del progetto, dalla grafica all’architettura. Ghigos è riconosciuto nel panorama europeo come uno dei più promettenti giovani studi italiani. www.ghigos.com Tema Riso - Abbondanza e sicurezza Sviluppo dei contenuti Università degli Studi di Milano Bicocca Responsabile scientifico e coordinatore di ricerca Marialuisa Lavitrano Concept e layout della mostra Agnese Rebaglio, Davide Crippa, Barbara Di Prete e Francesco Tosi Area totale 3.546 mq Area espositiva 1.000 mq Area comune 2.420 mq Area eventi 738 mq
e altre narrazioni altrimenti invisibili. Gli elementi di arredo e di sosta - sedute, tavoli, cucine e postazioni ludiche - richiameranno nelle forme i covoni delle risaie. Destinati alla vendita di street food e all’esposizione delle varietà di riso, i moduli abitabili sono realizzati con struttura metallica e pareti esterne in lamiera zincata con finitura in resina di colore giallo-grano che evoca in negativo una texture di chicchi e spighe di riso. Stessa finitura anche per sedute e tavolini realizzati su scala minore in polistirene ad alta densità e facilmente spostabili all’interno del cluster
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Tema Bio-Mediterraneo - Salute, bellezza e armonia Sviluppo dei contenuti Università degli Studi di Napoli Federico II Responsabile scientifico e coordinatore di ricerca Cherubino Gambardella
Cherubino Gambardella Cherubino Gambardella (Napoli, 1962) è architetto e professore ordinario di progettazione architettonica della Seconda Università di Napoli. Ha insegnato in diverse università italiane, tenuto conferenze per la Cornell University, per l’Eth di Zurigo, la Catholic Univerity di Washington e scritto numerosi libri. Gambardella ha partecipato più volte (inclusa l’edizione in corso) alla Biennale Architettura di Venezia. Le sue opere, realizzate sia in centri storici e aree paesaggistiche di pregio sia in periferie difficili, sono state pubblicate sulle maggiori riviste di architettura ed esposte in diversi musei e fondazioni europee, americane e asiatiche. www.gambardellarchitetti.com
Il modello del cluster del Bio-Mediterraneo in una vista a volo d’uccello e, in alto, zenitale. Al centro, uno schizzo del concept.
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Team Stefano Guidarini (coordinamento laboratorio), Lorenzo Capobianco, Simona Ottieri,Camillo Magni, Marcello Bondavalli, Nicola Breglia, Carlo Alberto Tagliabue, Francesco Maria Vozza, Concetta Tavoletta, Maria Gelvi, Gianluca Ferriero, Nada Tarkhan, AntonelaSaliaj, Ba Brian Elbar Concept e layout della mostra Cherubino Gambardella, Stefano Guidarini, Camillo Magni, Lorenzo Capobianco Superficie totale 7.304 mq Area espositiva 2.625 mq Area comune 4.350 mq Area eventi 486 mq
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CLUSTER DEL BIO-MEDITERRANEO
REGIONALISMO VISIONARIO La ricchezza culturale e alimentare del bacino del Mediterraneo raccolta in un villaggio collettivo dominato dal candore di padiglioni-isola e dalle sfumature azzurre del Mare Nostrum
In alto, render del cluster, a cui partecipano 12 Paesi: Serbia, Croazia, Albania, Montenegro, Grecia, Libano, Egitto, Libia, Malta, Tunisia, Algeria, San Marino. Sotto, sezione ovest-est.
Autunno 2012. Il Politecnico di Milano mi invitava a dirigere, insieme a Stefano Guidarini del Politecnico, un gruppo di lavoro della Seconda Università di Napoli che avrebbe portato alla scelta – da parte dei delegati dei Paesi ospitati nel cluster –del progetto per il cluster dell’identità ambientale del Mediterraneo. Occorreva pensare a un grande spazio sovranazionale che già dall’inizio sembrava porre problemi di architettura, geopolitica, allestimento, interpretazione. 13 padiglioni nazionali da disporre in uno spazio rettangolare piuttosto grande (60 x 70 metri), di fronte a Palazzo Italia. Con i miei colleghi immaginammo subito un villaggio. Volevamo costruire una piazza, intendevamo realizzare un allestimento, puntavamo all’esecuzione di uno dei luoghi più caratterizzanti di Expo. Da tempo mi occupo di studi sull’architettura
mediterranea e così mi era capitato in diversi luoghi della costa italiana di realizzare frammenti di un mito meticcio e imperfetto. Una mediterraneità centrata sulla potenza plastica e sulla godibilità dello spazio, perché negli ultimi tempi è come di colpo mancata quella dimensione epica tra utopia e realismo che ha sempre fatto delle città mediterranee dei veri capolavori. E, d’altra parte, oggi siamo avvezzi a considerare l’imprecisione, la licenza come capriccioso frutto della fantasia e non come una libera uscita dell’immaginazione verso il pittoresco o l’analogia. Lo spazio doveva, quindi, essere analogo a una imprendibile idea sovranazionale del Mediterraneo e congegnato in modo che tutti potessero leggerne le potenzialità formali come l’esito di un vero e proprio regionalismo visionario. Vincolati da strutture seriali già date, la mossa progettuale - ancora una volta - si concen-
tra sul potere simbolico della coppia instabile del mare nostrum: baluardo e telaio. Nel progetto distinguiamo le parti: i padiglioni sono scatole bianco latte chiuse e trattate con lamiera microforata retroilluminata. Ogni scatola è un villaggio/Paese, un palazzo affacciato su una piazza d’asfalto e di ginestre dipinta di tanti toni di azzurro come i colori del mare. Ma c’è bisogno anche di ovvietà fisiognomica. Scegliamo di coprire la piazza colorata come il mare trasformandola in un bacino chiuso su cui far galleggiare una copertura modulare, una griglia possente piena di volte, guglie, pinnacoli, minareti. I percorsi di ingresso sono vicoli trasformati in misteriosi miradores. Luglio 2014. Il nostro villaggio è in costruzione. Nella piazza allestirò una mostra dove una lunga favola scritta da Giacomo Papi dialogherà con le foto di Ferdinando Scianna e un cortometraggio di Paolo Sorrentino racconterà il mistero di questi luoghi. 40 fotomontaggi immaginari saranno il mio contributo personale all’arredamento di questa casa del mare, spazio reale e immaginario dove tessere una tela sottile tra il sogno dei luoghi e il sostentamento delle persone
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Cherubino Gambardella
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Italo Rota Italo Rota (Milano,1953) si laurea in architettura al Politecnico di Milano. Alla fine degli anni Ottanta si trasferisce a Parigi, dove firma l’allestimento del Musée d’Orsay, la ristrutturazione del Museo d’Arte Moderna al Centre Pompidou (con Gae Aulenti), l’illuminazione della cattedrale di Notre Dame e la ristrutturazione del centro di Nantes. Recentemente con il suo studio ha realizzato progetti alberghieri a Milano, Roma e Dubai, il Museo del Novecento e la riqualificazione dell’area industriale Carlo Erba a Milano. Direttore scientifico di NABA e Domus Academy, Italo Rota ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra cui due Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana e il Grand Prix de l’Urbanisme. www.studioitalorota.it
KUWAIT
COLTIVARE IL DESERTO La sfida tecnologica e culturale di un paese dalle condizioni ambientali e climatiche estreme per garantire acqua dolce, agricoltura, energia Deserto, sole, mare e, dalla loro combinazione, l’acqua, fonte di vita. Le caratteristiche del territorio kuwaitiano diventano la chiave d’ispirazione per il concept architettonico dello studio Italo Rota. Il percorso espositivo si articola in tre tappe attraverso la storia, la natura e lo sviluppo del Paese: dalla presentazione del territorio e delle condizioni climatiche del Kuwait alle ricerche tecnologiche, alle tecniche agroalimentari e all’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e infi ne, all’incontro con le espressioni della cultura nazionale. L’ingresso è caratterizzato da strutture mobili ispirate alle velature del sambuco o dhow, la tradizionale imbarcazione a vela triangolare in uso nell’area del Golfo Arabico e a protezione delle serre e dei sistemi agricoli idroponici del Paese. Da qui si accede a un ambiente sensoriale che riproduce l’habitat desertico e l’effetto dei monsoni che solo una volta l’anno rende fertile il territorio arido. Segue un percorso multimediale che illustra le tecniche e i progressi per la desalinizzazione e la purificazione dell’acqua - nel 1953 il Kuwait realizzò il
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primo impianto al mondo di desalinizzazione. Infi ne, un grande spazio dedicato alla ristorazione dove saranno serviti cibi prodotti con coltura idroponica, impiegata da tempo in Kuwait con sistemi all’avanguardia e su vasta scala per ovviare alla scarsità dei terreni coltivabili. Le stesse colture idroponiche rivestiranno anche l’involucro esterno del padiglione, interamente riciclabile nei suoi materiali di base
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Tema La sfida della natura Committente Stato del Kuwait General contractor Nüssli Italia Architettura e design Studio Italo Rota Progettazione impiantistica e strutturale Studio Progetto CMR Tecnologia multimediale e illuminazione Nussli Multimedia - CWS Coltura idroponica Archiverde Superficie dell’area 2.790 mq Area edificata 1.423 mq Facciata interna con piante idroponiche 1.100 mq
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EMIRATI ARABI UNITI
CASTELLI DI SABBIA Il paesaggio del deserto diventa architettura interattiva ad alta efficienza energetica. Un progetto che tiene conto di due climi, quello di Milano e quello degli Emirati Arabi Uniti, futura destinazione del padiglione alla conclusione di Expo 2015 Tema Cibo per la mente Committente National Media Council Progetto architettonico Foster + Partners Collaboratore Marco Visconti Progetto Strutturale Foster + Partners Consulente paesaggio WATG Consulente illuminazione David Atkinson Consulente acustica Sandy Brown Associates Superficie lotto 4.386 mq Superficie espositiva 1.175 mq
Coordinato localmente dallo studio Marco Visconti Architects di Torino, il progetto di Foster and Partners per il padiglione degli Emirati Arabi è concepito come un percorso, una fluida sequenza di spazi lungo i quali si sviluppa un racconto ampiamente supportato da un elaborato e spettacolare sistema multimediale. La forma del lotto ha avuto senza dubbio un’influenza importante nell’impostazione del progetto ma ciò che emerge in modo evidente è un approccio ormai ricorrente in molte opere architettoniche recenti: il riferimento esplicito a forme e paesaggi naturali,
nel caso specifico alla sabbia e alle dune del deserto, alla dinamica dei fluidi e alle configurazioni della sabbia mossa dal vento. Il paesaggio sta evidentemente interessando gli architetti molto più che in passato e l’edificio stesso diventa un paesaggio, o comunque un insieme di elementi che formano una successione fi lmica di vedute. Alti muri al posto delle dune dunque, raccontando un luogo e una cultura non attraverso la sua architettura ma tramite l’emulazione di spazi e scenari paesaggistici “naturali”. Esposizione Universale e alimentazione, sostenibile ovviamente.
Ma nonostante l’ormai logora banalità di questo termine, a forza di sostenere il “sostenibile” stiamo forse incominciando ad attribuire e riconoscere valori differenti: un nuovo tipo di architettura tematica che riprende non tanto la cultura quanto la natura. Questo secondo il principio wilsoniano di biophilia come riconoscimento di un legame istintivo con altri sistemi viventi e, appunto, i paesaggi in cui vivono
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Carlo Ezechieli
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Il team di progettazione Simmetrico è un network di professionisti e professionalità guidato dal suo fondatore Daniele Zambelli che dal 2007 si dedica alla progettazione, costruzione e produzione di eventi a livello internazionale. Un hub culturale e centro studi che coniuga architettura, marketing territoriale di nuova concezione e creatività, realizzando progetti articolati in ambito museale e espositivo. Fondato nel 1997 dagli architetti Marco Brandolisio, Giovanni Da Pozzo, Massimo Scheurer e Michele Tadini, lo studio Arassociati persegue l’idea di continuità tra edificio e territorio attraverso i criteri razionali della costruzione sostenibile. Lo Studio AG&P è nato dall’iniziativa di un gruppo di agronomi, architetti e ingegneri per affronatre con una visione interdisciplinare d’insieme tutte le fasi del progetto riguardanti gli spazi esterni alle diverse scale, dal verde pensile all’intervento nel paesaggio e all’inserimento di elementi architettonici e opere infrastrutturali.
Nella foto di Filippo Romano per Simmetrico, da sinistra, seduti: Daniele Zambelli di Simmetrico Network, Aldo Giordano di Ideas, Paolo Palmulli (AG&P), Michele Tadini, Arassociati. Alle loro spalle, Biagio Luca e Andrea Intorrella di Fratelli&Co con, al centro, Massimo Scheurer di Arassociati.
AZERBAIJAN
LE BIOSFERE Emergono dalle forme del padiglione azero, in un ambiente fluido protetto e svelato da una flessuosa pelle di lamelle lignee Ideato da Simmetrico Network (che ne è anche il general contractor) in collaborazione con lo studio di architettura Arassociati e lo studio di architettura del paesaggio AG&P, il concept del padiglione azero si basa su criteri di ottimizzazione della qualità bio-architettonica attraverso l’impiego di materiali tradizionali della bella repubblica caucasica, principalmente legno, lavorati in modo innovativo e abbinati a materiali universali. Il padiglione presenta un impianto semplice a pianta rettangolare sviluppato su tre livelli in quota compenetrati da tre grandi biosfere realizzate con vetri ricurvi selettivi – la prima
dedicata ai paesaggi e all’incrocio dei percorsi continentali, la seconda alle nove zone climatiche azere, la terza alle culture tradizionali e all’innovazione delle ultime generazioni. Il padiglione è protetto esternamente da un involucro di lamelle lignee che lo avvolge completamente su tre lati lasciando più libero solo il fronte nord. Una soluzione che ne caratterizza fortemente l’estetica e assicura un controllo passivo del microclima interno massimizzando gli scambi energetici tra l’edificio e l’esterno. Le forme e la distribuzione degli ambienti offrono massima flessibilità degli spazi e degli allestimenti e la possibilità di riadattamento funzionale nel tempo. Le strutture in elevazione e gli orizzontamenti saranno in ferro e legno, le chiusure perimetrali con serramenti in metallo e vetro schermati da lamelle di legno stabilizzato. Legno anche per i pavimenti e i rivestimenti interni, mentre gli spazi esterni saranno lastricati in gres
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Committente Ministero dell’Economia e Industria, Repubblica dell’Azerbaijan Direzione creativa generale Simmetrico Network, Daniele Zambelli Progetto architettonico Arassociati Progetto paesaggistico AG&P Progetto strutturale Ideas Facciate People and Project Light design Voltaire Design Installation design Fratelli&Co Realizzazione e coordinamento Simmetrico Network Superficie 887 mq
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XTU Architects Fondato nel 2000 da Anouk Legendre e Nicolas Desmazières, lo studio XTU è formato da un team di 25 persone che condividono le proprie competenze nell’ambito dell’architettura, pianificazione e agricoltura urbana, design e ricerca. Dai primi lavori per strutture pubbliche e accademiche, negli ultimi anni lo studio ha ampliato il proprio campo di intervento a progetti residenziali, ambientali e museali in Francia e all’estero: dal museo della preistoria a Jeongok in Corea al Musée des Civilisations MCUR a Saint Paul la Réunion, primo museo energeticamente efficiente dell’Oceano Indiano. Al momento lo studio è impegnato nella realizzazione della Cité des civilisations du vin a Bordeaux. www.x-tu.com
FRANCIA
PAESAGGI CAPOVOLTI Una struttura ispirata ai mercati coperti delle Halles parigine. La copertura-paesaggio svela la varietà agro-alimentare d’oltralpe Un edificio-territorio che affonda le proprie radici nella tradizione e al contempo nell’innovazione. Si presenta così il padiglione progettato dagli architetti Anouk Legendre e Nicolas Desmazières (XTU) con Alix Afferni a partire dal tema del mercato coperto e dalla lezione di Victor Baltard. La volta interna si presenta come un paesaggio capovolto punteggiato di prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento che rappresentano l’identità francese in tutta la sua varietà. Articolato su tre piani, l’impianto del padiglione prevede uno spazio al piano terra organizzato attorno a grandi pilastri con una boutique,
una panetteria e spazi condivisi. Al primo piano, grandi saloni di accoglienza che potranno essere accorpati in un unico spazio di ricevimento, mentre al secondo piano sarà realizzata una tipica brasserie francese con terrazze coperte da pergolati e giardini pensili. Il padiglione sarà all’avanguardia anche per quanto riguarda le tecniche di coltivazione fuori suolo: luppolo sulla facciata, erbe aromatiche sulla terrazza, frutta e verdura nei ristoranti. La complessa geometria del padiglione sarà interamente realizzata in legno proveniente dalla vicina regione del Jura francese, con tagli a controllo numerico, linee libere e assemblaggi
nascosti alla vista. Un sistema di ventilazione e raffrescamento naturale e un sistema di tiraggio termico attraverso un lucernario posto al centro assicureranno un ridotto fabbisogno energetico
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Tema Produrre e nutrire diversamente
Leggero e composto di elementi prefabbricati, il padiglione francese sarà realizzato in meno di 90 giorni, per essere completato entro marzo 2015
(render ©XTU architects Studio A. Rispal, schema sistema strutturale ©XTU architects).
Committente Repubblica Francese Progetto Anouk Legendre, Nicolas Desmazières, Alix Afferni Realizzazione CMC - Coop. Muratori e Cementisti Strutture in legno Simonin Sas Superficie totale 3.600 mq circa Superficie utile 2.000 mq circa
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‹ MILANO EXPO 2015 Netwerk GmbH L’attività dello studio ha inizio nel 2004 quando Noah Baumgartner e Daniel Christen sviluppano insieme alcuni progetti come la Wooden Terrace Beach realizzata con l’artista giapponese Tadashi Kawamata. Nel 2006 fondano a Brügg, nel cantone di Berna, lo studio Netwerch GmbH insieme ad Andreas Christen. Lo studio, composto da 10 persone, progetta e produce oggetti e arredi e realizza progetti di architettura attraverso un approccio multidisciplinare basato su tre caratteristiche fondamentali: qualità, funzionalità e sostenibilità. www.netwer.ch
Tema Confooderatio Helvetica Committente Confederazione Svizzera Progetto architettonico Netwerch GmbH Render nightnurse images Superficie 4.443 mq Costo di costruzione e decostruzione 10.000.000 CHF
SVIZZERA
CONSUMO RESPONSABILE La forma segue il contenuto in un’architettura essenzialmente aperta che si modifica seguendo il comportamento del pubblico
Due render del padiglione svizzero e il diagramma di funzionamento dei silos di prodotti alimentari
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Il concept sviluppato da Noah Baumgartner per il padiglione svizzero nasce da (e induce a) una riflessione sulla disponibilità e la distribuzione delle risorse alimentari nel mondo. Il progetto prevede infatti, al cenro di uno spazio aperto, una struttura modulare costituita da quattro torri/silos colme di prodotti alimentari svizzeri a disposizione dei visitatori, accessibili mediante ascensori. Via via che la quantità di generi alimentari stoccati diminuisce, il livello delle piattaforme su cui poggiano le torri si abbassa e mostra al pubblico le reali conseguenze delle proprie abitudini di consumo. Una rampa in legno conduce i visitatori a una piattaforma sopraelevata che circonda le torri, collegata a un grande volume cubico posto sul fondo del lotto e destinato a ospitare gli spazi espositivi, un ristorante, un auditorium, sale e uffici. All’interno del padiglione sono previste aree liberamente accessibili e un sistema di ti-
cket per accedere al percorso alimentare attraverso le torri, che al termine dei sei mesi dell’esposizione saranno smontate e riconvertite in serre urbane, mentre gli elementi in legno della rampa e delle altre strutture verranno riutilizzati in edilizia
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AUSTRIA
IL RESPIRO DEL MONDO Architettura e ambiente si fondono in un’esperienza multisensoriale che invita a riflettere sull’importanza di un elemento invisibile ma fondamentale per la vita sulla terra: l’aria
La piazza antistante il padiglione austriaco e, sotto, le piante (©team Breathe.Austria).
La foresta – 560 mq di autentica foresta austriaca – si fa paesaggio nell’architettura del progetto breathe, firmato dal professor Klaus K. Loenhart dello studio Terrain di Graz e da un team multidisciplinare composto da rappresentanti del Politecnico di Graz e dell’Università di Scienze Agrarie di Vienna. Vincitore di un concorso internazionale di progettazione cui hanno partecipato 56 gruppi di diversi Paesi europei, il progetto richiama l’attenzione sulle relazioni tra uomo, ambiente e clima sottolineando i ritorni qualitativi sull’aria, sul clima e di conseguenza sulle future possibilità planetarie per la produzione alimentare, minacciata dal riscaldamento globale, delle politiche di riforestazione austriache. La foresta che circonda e penetra negli ambienti interni si potrà respirare, annusare, ascoltare e vivere, godendo del microclima
generato dall’ombra e dalla traspirazione delle foglie. Il percorso di visita, assistito da sistemi multimediali, si snoda su due livelli all’interno di questo polmone verde austriaco. Che con una superficie fogliare complessiva di 43.200 metri quadri produrrà 62,5 Kg di ossigeno ogni ora, quanto serve per permettere di respirare a circa 1.800 persone. Per l’intero allestimento espositivo, che non prevede alcuna forma di climatizzazione ma solo un sistema di raff rescamento per evaporazione, il team di progetto ha calcolato un fabbisogno energetico di 15 MW/ora che saranno interamente forniti da un sistema fotovoltaico. Dalla terrazza del padiglione, posto in prossimità dell’incrocio degli assi principali di Expo, ci si affaccia direttamente sull’Open Air Theatre di Expo
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Klaus K. Loenhart Klaus K. Loenhart (1969) ha studiato architettura presso l’Università di Scienze Applicate di Monaco di Baviera e architettura del Paesaggio presso la Harvard Graduate School of Design. Ha sviluppato un approccio multidisciplinare alla progettazione sia come architetto presso lo studio Herzog & de Meuron di Basilea sia durante il periodo di studio e insegnamento presso la Harvard GSD. Dal 2003 è partner dello studio Terrain Loenhart&Mayr BDA landscape urbanism con sede a Graz e Monaco di Baviera. Nel 2007 diventa direttore dell’Istituto di Architettura e Paesaggistica presso la Graz University of Technology, dove dal 2009 guida la piattaforma Landlab per la ricerca multidisciplinare. http://terrain.de
Tema Respira.Austria Committente Repubblica Federale Austriaca, commissario generale Josef Pröll Progetto Klaus K. Loenhart, Terrain Loenhart&Mayr BDA landscape urbanism, con la collaborazione di Markus Jeschaunig, Karlheinz Boiger, Andreas Goritschnig e Bernhard König, Anna Resch e Lisa Maria Enzenhofer Superficie 2.000 mq Superficie costruita 1.000 mq Superficie foresta 560 mq Budget 12.000.000 euro
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MESSICO
LA FORZA DELL’IDEA Il 21 aprile l’annuncio: su 40 candidature, vincitore del concorso nazionale per il padiglione del Messico a Milano 2015 è Francisco López Guerra. Noi lo abbiamo intervistato Tema Messico, il seme per un mondo nuovo: cibo, diversità ed eredità Progetto Francisco López Guerra Almada Collaboratori Jorge A. Vallejo García, Juan Guzzy Superficie 1.910 mq
Render del futuro padiglione del Messico e, sotto, schizzo della pianta (livelli 0,00 e +3,00) e della sezione del padiglione (immagini
©López-Guerra - Museotec).
Decise di studiare progettazione nel periodo in cui furono inaugurati l’Hotel Camino Real di Ricardo Legorreta e il Museo Nazionale di Antropologia di Pedro Ramírez Vázquez, esempi di un’architettura che affonda le proprie radici nella tradizione messicana. Nelle sue parole, l’architettura “è un modo di esprimermi, un lavoro che è impresso nella mia anima e nella mia mente fin da quando ero bambino”. Come si sviluppa un’idea di progetto? Un’idea per me è un riassunto di tutto ciò che ho potuto imparare nella vita. È un processo che si sviluppa nella mente come nell’anima e che alla fine si traduce in linee. È una specie di “muscolo” che gli architetti devono sviluppare prima all’interno della propria mente, poi con la matita. È importante viaggiare, vedere e sentire gli spazi, le sensazioni spaziali che percepisci e metabolizzi in un secondo tempo, riprendendole affinché si traducano in linee. Chi l’ha influenzata maggiormente? Ho avuto l’opportunità di lavorare con maestri
come Ramírez Vázquez e Legorreta, che basavano il proprio modo di esprimersi sul riconoscimento delle radici della cultura messicana, valori che hanno influenzato il mio lavoro. Lei ha realizzato numerosi spazi espositivi e molti padiglioni. Come ha iniziato? È stato proprio negli anni in cui ho frequentato Ramírez Váquez che ho sviluppato il mio entusiasmo per questi temi progettuali. Come nasce il progetto del Padiglione del Messico per l’Expo di Milano? Il progetto nasce dal tema delle foglie che avvolgono la pannocchia di mais, un’idea che ci ha permesso di esprimere la ricchezza dei prodotti che il Messico ha esportato in tutto il mondo. L’architettura è stata quasi totalmente il risultato della forza del concetto di partenza. Credo che il nostro processo di lavoro, mio e dei miei collaboratori, sia sempre stato sviluppare la forza di un concetto, di arricchirla e moltiplicarla. Qual è il suo metodo? Oltre ad assumere come propri i principi di Vitruvio - firmitas, utilitas, venustas – credo che la regola fondamentale risieda nella forza dell’idea e nel capire come trasmetterla. Si ripete una costante: tutta la forza del contenuto si riflette nel contenitore. È una regola che ha applicato anche per il progetto di Milano? Certamente, e credo sia stata la chiave del successo del progetto. Se la forza del concetto si sviluppa nel contenuto, essa deve essere espressa anche dal contenitore, dalla sua forma, devono parlare la stessa lingua. Il tema nutrire il pianeta dell’Expo di Milano
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guarda al futuro. Lei come vede il futuro? Abbiamo sempre trovato il modo per andare avanti e sempre sono emerse opportunità e questioni che necessitano di essere sviluppate in architettura. Esiste un equilibrio tra l’artificiale e il naturale, tra le nuove cose che l’uomo realizza e il contesto già esistente e, se non sappiamo ciò che cerchiamo, rischiamo di rompere questo accordo dando inevitabilmente origine a problemi
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Flor Nasheli Santacruz Motte
Francisco López Guerra Almada Nato a Città del Messico nel 1946 e laureato in architettura presso l’Università di Anahuac, è stato insignito del Premio Nazionale di Architettura Luis Barragan. Collabora con l’architetto Ramón Alonso Ocejo al laboratorio multidisciplinare Museotec con sede a Città del Messico, Miami e Saragozza. Tra le sue realizzazioni più importanti, il museo della Scienza e della Tecnologia di Xalapa, il museo della Scienza e acquario di Ensenada, l’acquario di Veracruz, il padiglione messicano per Expo 2005 di Aichi, in Giappone, il padiglione latinoamericano per Expo 2008 a Saragozza, la nuova biblioteca pubblica dello Stato di Jalisco, in Messico. www.mtec-design.com
› NEWS E LIBRI
URBANI DI NATURA DALL’ANALISI DI UN AMBIENTE FORTEMENTE ANTROPIZZATO, L’OLANDA, SETTE TESI PER UNA NUOVA PROGETTAZIONE URBANA
UN NOMADE CREATIVO Il vulcanico percorso esistenziale e professionale dell’architetto e designer Ettore Sottsass (1917 – 2007) raccontato nella prima monografia pubblicata dopo la sua morte. Una poderosa opera da collezione - 470 pagine, 800 illustrazioni – che ne documenta la lunga vita e le opere attraverso un percorso cronologico diviso in capitoli, ognuno coincidente con un arco temporale biografico e produttivo. Nel volume trovano ampio spazio anche le fotografie, spesso inedite e provenienti dall’archivio privato di Sottsass, e in chiusura una sezione di schizzi, dipinti e disegni dell’autore. Sottsass A cura di Philippe Thomé Editore Electa-Phaidon 470 pp – euro 160,00
Smart about cities Autori Maarten Hajer e Ton Dassen (PBL Netherlands Environmental Assessment Agency) Editore Nai010 184 pp 24,50 euro ISBN 978-94-6208-148-2
L’ubiquità di certi termini è direttamente proporzionale alla loro insignificanza. Così accade che “smart” e “innovazione”, invece di avviare un dibattito serio sul futuro urbano a livello globale, concludano ogni discorso lasciandolo senza risposte. Ma se l’applicazione su larga scala delle tecnologie ICT può rendere le città più efficienti e sicure, questo le renderà automaticamente migliori? In tempi in cui la sostenibilità diventa condizione essenziale di sopravvivenza, il volume, presentato alla Biennale Architettura 2014 di Rotterdam Urban by Nature, analizza e quantifica i flussi che connettono la città all’ambiente naturale, fornitore di beni e recettore di rifiuti, aprendo una prospettiva di pianifcazione urbana integrata e ancorata a innovazioni di carattere sociale.
UNA QUESTIONE DI EQUILIBRIO L’ARCHITETTURA DI RAFIQ AZAM RICONGIUNGE LO SPAZIO DELL’UOMO AGLI ELEMENTI VITALI: ACQUA, LUCE, VEGETAZIONE Vincitore del premio LEAF 2012 per il miglior edificio residenziale dell’anno, Rafiq Azam applica alla disciplina architettonica un approccio olistico che ingloba nella costruzione gli elementi della natura “sfruttandone” in un certo senso tutto il potenziale estetico e funzionale. Fortemente influenzati dalle caratteristiche urbane di Dacca, la capitale bengalese, i suoi progetti si caratterizzano per la contaminazione tra elementi contemporanei e tradizionali Rafiq Azam Laureato nel 1989 alla Bangladesh University of Engineering and Technology, dal 1995 guida lo studio SHATOTTO - architecture for green living. È stato visiting professor presso la National University di Singapore, NED di Karachi, Jadavpur University in India, University of Asia Pacific, la North South University di Dhaka.
come i ghat – percorsi a gradoni che conducono a vasche e corsi d’acqua, tipici dell’area indiana e bengalese, cortili, ambienti fluidi definiti da pareti scorrevoli, illuminazione naturale, uso intensivo della vegetazione sia all’interno che all’esterno degli edifici. Un’architettura apparentemente semplice che, nel racchiudere in sé la natura, sottolinea i rapporti spesso poco evidenti tra edificio e ambiente, forma e funzione, in un contesto fortemente urbanizzato. Con oltre 300 immagini, schizzi e acquerelli, poesie e vedute aree, il volume Rafiq Azam. Architecture for green living non si limita al racconto di un’esperienza progettuale visionaria ma offre anche uno spaccato della realtà contemporanea del Bangladesh.
Rafiq Azam. Architecture for green living A cura di Rosa Maria Falvo Editore Skira 328 pp – euro 75,00 (testo in inglese) ISBN 9788857217802
Da sinistra, due immagini della residenza SA (2005/2011), villa indipendente su 3 piani, e un interno della Mizan Residence (2000/2003), attico e superattico in un edificio a 6 piani, entrambe nel quartiere Gulshan di Dacca.
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› XXIII COMPASSO D’ORO MILANO CAPITALE DEL DESIGN
UN’ITALIA D’ORO Luisa Bocchietto*
La cerimonia di premiazione del XXIII Compasso d’Oro (foto ©2014 Mimmo Capurso/ADI Associazione per il Disegno Industriale).
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La XXIII edizione del Premio Compasso d’Oro ADI si è conclusa con l’assegnazione dell’ambito riconoscimento a venti prodotti eccellenti. Il Premio arriva dopo tre anni di selezione a cui sono chiamati progettisti e aziende che hanno realizzato prodotti innovativi. Non si tratta di un premio alla sola forma, ma all’ingegno e alla capacità di interpretare il mercato e di investire sull’innovazione. Per ADI un percorso di ricerca che non si interrompe mai e che alla fine di ogni anno produce il volume Index; ogni tre anni una Giuria Internazionale deve estrapolare da 10 a 20 prodotti da premiare. Non è scontato affermare che tutti i circa 300 candidati al premio sono da Compasso d’Oro, essendo la selezione precedente molto severa. Una caratteristica questa del Premio dell’ADI, che contrappone la qualità alla quantità, rispetto ai molti premi al mondo che arrivano ad assegnare anche fino a migliaia di premi all’anno. Per questo motivo il Compasso d’Oro, seppur riservato al design italiano, riscuote
apprezzamento. La presenza di una giuria finale internazionale ha la finalità di evitare favoritismi e anche quella di promuovere la nostra immagine all’estero, oltre all’esigenza di reperire esperti altrimenti già coinvolti, come progettisti o imprenditori, dai prodotti presenti in gara. La selezione di quest’anno è stata particolarmente interessante avendo premiato prodotti che spaziano nei diversi ambiti e che danno riscontro della varietà del design italiano. Ecco che la Ferrari e la Ducati si accompagnano in quest’edizione alle più belle lampade di Artemide e Davide Groppi, ma anche un tombino, come oggetto urbano, e pure un piccolo oggetto domestico diventano protagonisti. Mi piace constatare che imprenditori meno conosciuti abbiano la possibilità di ottenere la visibilità meritata, accanto ai grandi nomi; questo si ottiene lasciando la giuria libera da influenze e rinunciando, per rispetto del mestiere comune ad essere presenti in giuria. Certo conta scegliere in modo appropriato i giurati (in questa edizione composta principalmente da
designer), controllare che tutto il processo a monte funzioni (più di 100 esperti in svariate commissioni). Insomma dietro le quinte tanto lavoro consapevole di molti. Spesso vengono citati gli oggetti famosi degli anni ‘50, come se il tempo del nostro design si fosse fermato a quell’epoca d’oro, dimenticando di approfondire quanto di innovativo ogni anno viene prodotto nei diversi settori. In Italia, invece, nonostante i luoghi comuni e le difficoltà che tutti conosciamo, si continua a produrre qualità. Dietro a questi prodotti vincitori ci sono sforzi creativi e investimenti e dunque è opportuno dare risalto a queste risorse strategiche per il Paese. Coerentemente con questa visione i venti vincitori vengono ora accolti a Bruxelles, presso il Palazzo del Consiglio Europeo, per restare esposti durante tutto il semestre italiano di Presidenza. Un modo per raccontare agli altri, ma sopratutto a noi stessi, senza paure, che siamo da premiare. *past president ADI
› XXIII COMPASSO D’ORO VENTICINQUE
DEUTZ-FAHR 7250 TTV AGROTRON
Tavolo che stupisce per la pulizia formale e lo spessore minimo (solo 25 mm) del piano e della gamba. L’uso combinato di acciaio e carbonio assicura ottima resistenza nonostante le grandi dimensioni.
La serie di trattori progettata da Fabrizio Giugiaro rappresenta un esempio eccellente di funzionalità, ergonomia e dimensioni contenute applicate a uno strumento di lavoro.
DESALTO Design Fattorini+Rizzini+Partners Selezione 2012 www.desalto.it
SAME DEUTZ-FAHR Design Fabrizio Giugiaro-Giugiaro Design Selezione 2013 www.samedeutz-fahr.com
BELLEVUE PANORAMA Bancone-bacheca per gelati con chiusure ermetiche in vetro anti-condensa che assicurano una conservazione ideale del prodotto e allo stesso tempo ne esaltano le qualità estetiche intrinseche. IFI Design Marc Sadler Selezione 2013
www.ifi.it
2011-2013
LA GIURIA
XXIII COMPASSO D’ORO
I VINCITORI
Anders Byriel (Presidente) Vivian Wai Kwan Cheng Giorgio De Ferrari Stefan Diez Mario Gagnon Defne Koz Paolo Lomazzi Laura Traldi
SPUN Come una trottola, la poltroncina da esterni che ruota su se stessa interpreta in chiave ironica un semplice oggetto di uso quotidiano. MAGIS Design Thomas Heatherwick Selezione 2011 www.magisdesign.com
IN-EI ISSEY MIYAKE
NULLA
Dalla tradizione dell’origami alla tecnologia avanzata. Le lampade dello stilista giapponese Issey Miyake sono vere e proprie sculture di luce in fibra rigenerata ad alta riflettenza con bassi consumi energetici.
Pura astrazione per il progetto illuminotecnico di Davide Groppi che, come suggerito dal nome, si riduce in un foro nel soffitto e in uno speciale sistema ottico abbinato alla tecnologia Led.
ARTEMIDE Design Issey Miyake Reality Lab Selezione 2013 www.artemide.com
DAVIDE GROPPI Design Davide Groppi Selezione 2011 www.davidegroppi.com
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‹ XXIII COMPASSO D’ORO SFERA La collezione di chiusini Sfera nasce da una ricerca decorativa sul tema dell’impronta attraverso un’interpretazione espressiva e ironica di un elemento funzionale dell’arredo urbano. MONTINI Design Giulio Iacchetti, Matteo Ragni Selezione 2013 www.montini.it
TRAVEL AIR JACKET
1199 PANIGALE Compasso d’Oro per aver trasferito prestazioni agonistiche in un prodotto di serie raffinato e in coerenza con l’immagine tradizionale del marchio.
Giacca urbana con caratteristiche hi-tech derivate dal mondo del soccorso d’emergenza: impermeabile, antivento, traspirante, con strato interno d’aria che aiuta a regolare la temperatura da +15° a -15°.
DUCATI MOTOR HOLDING Design Ducati Design Center – Gianandrea Fabbro Selezione 2012 www.ducati.it
UNO61 Design Marco Broglia, Renzo Pigliapoco Selezione 2011 www.uno61.com
BITTA Il progetto di Enzo Berti trasforma un oggetto iconico come le bitte nautiche - nate per avvolgere i cavi d’ormeggio delle imbarcazioni in lampade per esterni a power Led in legno e Cort-ten. TORREMATO – IL FANALE GROUP Design Enzo Berti Selezione 2012 www.torremato.com
COUNTERBALANCE
SAMPEI
INVENTARIO
La lampada da parete orientabile si basa su un delicato equilibrio dei diversi elementi: la testa in alluminio della sorgente luminosa è sorretta da un lunghissimo braccio d’acciaio (190 cm) e bilanciata da un contrappeso calibrato.
Altro Compasso d’oro a Davide Groppi per la lampada da terra Sampei, che illumina come se fosse sospesa al soffitto grazie al lungo stelo inclinabile secondo tre angolazioni differenti.
Non un libro, non una rivista, Inventario è un progetto editoriale dedicato al mondo del design, dell’architettura e dell’arte diretto da Beppe Finessi, edito da Corraini e sostenuto da Foscarini.
LUCEPLAN Design Daniel Rybakken Selezione 2013 www.luceplan.com
DAVIDE GROPPI Design Enzo Calabrese, Davide Groppi Selezione 2012 www.davidegroppi.com
FOSCARINI-CORRAINI EDIZIONI Design Beppe Finessi, Artemio Croatto Selezione 2011 www.inventario-bookzine.com
MASTERLITE Scarpone da sci-alpinismo leggero e funzionale, confortevole e resistente grazie a un reticolo strutturale trasformato strategicamente in elemento di decoro.
GARMONT Design MM Design Selezione 2011 www.garmont.com
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› XXIII COMPASSO D’ORO
L16
SLIM AND WHITE AXOLUTE CODE
FUTURO ARTIGIANO
Elemento d’arredo dalla valenza architettonica, sorprendentemente leggera, la porta a battente per interni disegnata da Piero Lissoni misura solo 16 mm di spessore.
Installazione ambientale e multisensoriale creata da Ico Migliore e Mara Servetto per la presentazione dei nuovi concept di placche ultrasottili e monocromatiche Axolute di Bticino.
La giuria ha premiato il libro di Stefano Micelli per “aver fornito ragioni economiche e pratiche per rivalutare l’artigianato industriale italiano in un’ottica non nostalgica ma proiettata verso il futuro”.
BTICINO Design Ico Migliore, Mara Servetto Migliore+Servetto Architetti Associati Selezione 2011
LUALDI Design Lissoni Associati Selezione 2012 www.lualdiporte.com
www.axolute.it
MARSILIO EDITORI Autore Stefano Micelli Selezione 2012 www.marsilioeditori.it
F12 BERLINETTA
ESSENZA
TAKAJE VACUUM SEAL
Premiata per la forma filante e pulita della carrozzeria, è frutto della ricerca di equilibrio tra le proporzioni e l’efficienza aerodinamica della vettura.
Concepita per integrarsi perfettamente nella facciata architettonica, la finestra tutto vetro Essenza si caratterizza per la pulizia del disegno enfatizzata dal profilo dell’anta completamente nascosto alla vista.
Grazie a un sistema brevettato, offre la possibilità di riutilizzare qualunque contenitore di vetro provvisto di coperchio di metallo trasformandolo in recipiente sottovuoto.
GSG INTERNATIONAL Design GSG International Selezione 2013 www.essenzafinestra.it
FACEM Design Adriano Design Selezione 2011 www.takaje.it
FERRARI Design Flavio Manzoni - Centro Stile Ferrari, Pininfarina Selezione 2013 www.ferrari.com
TARGA GIOVANI LA GIURIA Flavio Maestrini (presidente) Chiara Alessi Helen Nonini Gabriele Rosa Marco Sammicheli
EL NIÑO Una barca a vela super-sicura in materiale biocomposito Design Matteo Costa Politecnico di Milano www.polimi.it
APIARIUM
COLOR-ID
L’alveare del XXI secolo che promuove nuove forme di socialità urbana Design Bettina Böhm Libera Università di Bolzano www.unibz.it
Gel conduttivo, bluetooth e processore per la personalizzazione dell’occhiale Design Emily Catena IED Roma www.ied.it/roma/home
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‹ AWARDS / XXIII COMPASSO D'ORO
Venticinque
LA FORZA NELL’ASTRAZIONE Tecnologia d’avanguardia, forme essenziali, materiali di ultima generazione. Sono queste le caratteristiche che rendono unico il tavolo Venticinque di Desalto
Fattorini+Rizzini+Partners Costituito nel 2009 dall’incontro di Bruno Fattorini, presidente, Robin Rizzini, chief designer e Lucio Quinzio Leonelli, managing partner, lo studio è attivo a livello internazionale nel settore del design d’arredo. Punto di forza della partnership è l’offerta di progetti di design sostenuti da attività di ricerca sui materiali, le tecnologie e i processi produttivi. I prodotti disegnati da Fattorini+Rizzini+Partners hanno vinto numerosi premi internazionali tra cui l’Interior Innovation Award 2012 del German Design Council, l’Azure Awards 2013, l’Interior Innovation Award Best of Best 2014. www.fattorini-rizzini-partners.com
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Progettato da Fattorini+Rizzini+ Partners, il tavolo Venticinque si distingue per l’essenzialità assoluta delle sue forme e per lo spessore costante e sottilissimo del piano e della gamba di soli 25 mm, dettaglio distintivo che ne ha determinato il nome. Selezionato dall’ADI Design Index 2012, Venticinque è stato premiato con il XXIII Premio Compasso d’Oro ADI nella categoria Design per l’abitare, come riportato nelle motivazioni della giuria internazionale, proprio per “l’effetto di stupore che suscita la sua esilità in rapporto alle grandi dimensioni che il tavolo può raggiungere”. La realizzazione di Venticinque ha rappresentato una sfida costruttiva di grande importanza per Desalto, vinta grazie all’uso di materiali compositi, come carbonio e alluminio, che
permettono di ottenere dimensioni e proporzioni - fino a 3 metri di lunghezza per soli 25 mm di spessore mai raggiunti attraverso un processo industriale. Pur così sottile, il tavolo non flette sotto il peso grazie all’intrinseca resistenza dei materiali che lo compongono. Tecnologia, essenzialità, ricerca.
‹ AWARDS / XXIII COMPASSO D'ORO
Sfera
IMPRONTE DI DESIGN Nasce una nuova concezione dell’arredo urbano. Sfera è la nuova gamma di chiusini e caditoie realizzati in Italia, protagonisti discreti delle nostre città su strade, marciapiedi, parchi, complessi residenziali e commerciali e aree urbane La nuova serie di tombini Sfera di Montini, unico produttore nazionale di chiusini e caditoie in ghisa lamellare perlitica, nasce da una storia decennale di competenza e qualità e dall’impegno
Giulio Iacchetti
Matteo Ragni
Industrial designer dal 1992, progetta oggetti di design per diversi marchi tra cui Abet Laminati, Alessi, Danese, Elica, Foscarini. Dal 2006 collabora con la fonderia Montini assieme a Matteo Ragni. Nel 2009 è insignito del Premio dei Premi per l’Innovazione conferitogli dal Presidente della Repubblica Italiana per il progetto Eureka Coop e nello stesso anno la Triennale di Milano ospita la mostra Giulio Iacchetti. Oggetti disobbedienti. Da sempre attento all’evoluzione del rapporto tra realtà artigiana e design, nel novembre 2012 lancia Internoitaliano, “fabbrica diffusa” di laboratori artigiani con i quali firma e produce arredi e complementi.
Laureato in Architettura al Politecnico di Milano, designer, art director e docente universitario, nel 2001 vince con Iacchetti il Compasso d’Oro per la posata biodegradabile Moscardino. Nel 2008 vince il Wallpaper Design Award per la lampada Leti di Danese e nello stesso anno fonda TobeUs, produzione artigianale di macchinine in legno. Per celebrare i cento anni del Futurismo pubblica il volume Camparisoda: l’aperitivo veloce futurista, da Fortunato Depero a Matteo Ragni. Nel 2012 vince il Premio dei Premi per il progetto W-eye e a fine 2013 l’Istituto Italiano di Cultura di Toronto gli dedica la mostra Matteo Ragni: Almost 20 Years of Design.
www.giulioiacchetti.com
www.matteoragni.com
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di designer industriali innovativi, ingegneri e tecnici per realizzare un nuovo concept di arredo urbano in ghisa sferoidale. Ogni chiusino vuole raccontare una storia ed è declinato in quattro temi diversi in funzione del suo posizionamento e del materiale utilizzato. La linea Signum “impronta pettirosso” è pensata per giardini, parchi e spazi verdi, mentre la serie Urbe “impronta radiale diagonale” ne sottolinea la vocazione al centro della vita moderna. Pensati per il traffico pesante, Eclipse e Copernico riprendono invece il tema della struttura della materia e della sua perfetta geometria, così come le serie Pluvia e Pluvia C la funzione di scolo delle acque. La produzione, completamente realizzata in Italia nel rispetto della normativa europea EN 124 e certificata dall’Istituto Italiano di Garanzia della Qualità, utilizza una vernice ecologica a base d’acqua, atossica e non inquinante che esalta le qualità estetiche del materiale. Inoltre è bandita la presenza di qualsiasi colorazione potenzialmente pericolosa per l’uomo e per l’ambiente. Tutti i marchi, i disegni e i ritrovati tecnici sono coperti da brevetti ornamentali e tecnico-funzionali.
‹ AWARDS / XXIII COMPASSO D'ORO
Travel Air Jacket
MODA HI-TECH Travel Air Jacket di UNO61 è il primo capo d’abbigliamento urbano premiato con il Compasso d’Oro. Una giacca sartoriale e tecnologica allo stesso tempo che si adatta a temperature differenti grazie a uno speciale strato isolante ad aria
Renzo Pigliapoco
Marco Broglia
Renzo Pigliapoco ha una formazione in materie economiche. Studia presso la facoltà di Economia di Ancona e in seguito collabora con l’ISTAO. La sua esperienza lavorativa lo porta nel settore abbigliamento, dove si occupa di prodotto e sviluppo collezioni fino a svolgere l’attività di fashion-designer. Con le competenze maturate in queste attività ha realizzato insieme a Marco Broglia il progetto UNO61.
Marco Broglia si è formato alla Fashion-Design School Marangoni. Inizia il suo percorso professionale coniugando design e gestione del retail, occupandosi in particolare, dal concept alla produzione, di private label. Segue lo sviluppo di Cotton Club, storica catena di negozi di moda nelle Marche. Con un’esperienza di oltre 20 anni nel mondo della moda, nel 2009 insieme a Renzo Pigliapoco da vita al concept UNO61.
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Punto di incontro tra moda, design e tecnologia dei nuovi materiali, la Travel Air Jacket è una giacca urbana per uomo e donna che può essere indossata sia come capo outdoor sia come una classica “tre bottoni” ispirata alla migliore tradizione sartoriale italiana. Realizzata con materiale a doppio strato accoppiato a membrane hitech di ultima generazione che la rendono impermeabile, antivento e particolarmente traspirante, la Travel Air Jacket si differenzia per la tecnologia Lining Inflatable System, uno strato interno gonfiabile facilmente tramite valvola che permette di regolare la temperatura adattandosi a condizioni termiche da -15°c a + 15°c. Il progetto UNO61 nasce dall’incontro di Marco Broglia e Renzo Pigliapoco, entrambi impegnati nel campo della moda e con la passione per le attività all’aria aperta, che proprio durante un’escursione intuiscono le potenzialità di un indumento che unisce design minimalista e caratteristiche hi-tech dei capi outdoor. Il nome del brand deriva da 1,61, la “divina proporzione” geometrica scoperta dai pitagorici e adottata da Leonardo, riconoscibile nella perfezione di molti elementi presenti in natura.
VENTITREESIMO PREMIO COMPASSO D'ORO ADI
UNO61 srl - via Ancona 33bis, 60035 Jesi - Italy - info@uno61.com - www.uno61.com
MUSEO DEL COMPASSO D’ORO E NUOVA SEDE ADI
L’ARCA DEL DESIGN In origine deposito per tram a cavalli, poi centrale elettrica, ora polo culturale. Il nuovo museo del Compasso d’Oro e sede di ADI recupera, già con la sua architettura, duecento anni di storia produttiva milanese L’importanza del progetto per i nuovi spazi espositivi del Compasso d’Oro ADI non è data solo dall’esigenza di fornire una sede adeguata alla collezione storica del premio - che conta ormai circa 2.000 pezzi ma è confinata in un magazzino inaccessibile al pubblico – e alle tante attività di ADI e dell’omonima fondazione istituita nel 2001. Il progetto rientra nel piano integrato di intervento sull’area ex-Enel di Porta Volta, 35.000 mq tra le vie Bramante, Nicolini,
Nel render in apertura, la palazzina che ospiterà la nuova sede ADI e il portale di ingresso del padiglione destinato a sala convegni. Accanto, inquadramento allo stato di fatto della più ampia area di intervento urbano (delimitata in rosso) (©Giancarlo Perotta e Massimo Bodini).
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Ceresio e il piazzale del Cimitero Monumentale. Un contesto urbano in trasformazione connotato dalla presenza di importanti iniziative pubbliche tra cui il recupero dell’ex Fabbrica del Vapore di via Procaccini, il progetto firmato Herzog & de Meuron per la Fondazione Feltrinelli di via Pasubio, il Raggio Verde 8 in via Ceresio, la creazione della cosiddetta Isola Ambientale sulle aree limitrofe a via Paolo Sarpi. Firmato dagli architetti Giancarlo Perotta e Massimo Camillo Bodini, l’intervento di riqualificazione dell’intero distretto prevede, oltre alla nuova sede ADI e al museo, la creazione di un piazza pubblica interna, di un albergo, negozi e di 200 appartamenti (una quota dei quali in edilizia convenzionata). L’ex complesso industriale destinato a ospitare la Casa del Design nasce a metà Ottocento come deposito dei tram a cavalli della SAO, Società Anonima Omnibus, per poi essere riconvertito nel 1896 da Edison in una grande centrale termoelettrica. Il fabbricato presenta un impianto articolato con quattro corpi adiacenti realizzati proba-
› ADI DESIGN MUSEUM
Nella vista dall’alto, l’organizzazione degli spazi della Casa del Design nei diversi ambienti in corso di riqualificazione. Sotto, quadro planimetrico dell’area (©Giancarlo Perotta e Massimo Bodini).
bilmente in tempi diversi. Identificato da un fronte liberty rivolto verso l’isolato interno, il primo edificio presenta pianta rettangolare lunga 30 m e profonda solo 5, un’altezza di 14 m circa e una superficie di 500 mq disposta su tre piani oltre al livello interrato destinato a locali impianti. La struttura, che in passato aveva probabilmente funzione direzionale anche per la rappresentatività dei decori del prospetto e della maggiore altezza rispetto al resto del complesso, è destinata a ospitare i nuovi uffici ADI per la gestione di tutte le attività del complesso. L’edificio costituisce la testata rappresentativa della parte più antica del complesso, costituita da una navata centrale (6x76,70 m) e due corpi laterali (12x65 m ciascuno). La prima sarà trasformata in giardino d’inverno e galleria di collegamento tra via Bramante e la piazza interna, mentre le navate laterali ospiteranno l’esposizione permanente e temporanea della collezione storica del Compasso d’Oro, valorizzati dalla copertura in vetro e dall’altezza della navata centrale (circa 10 m al colmo). Il quarto elemento del complesso è rappresentato da un lungo edificio laterale del tutto privo di pilastri interni, nonostante le dimensioni (17x64 m, altezza interna 14,15 m). Il fabbricato, con doppio accesso su via Bramante e sul piazzale interno, sarà trasformato in spazio polivalente per manifestazioni ed eventi. La scelta di mantenere un unico, grande ambiente privo di articolazioni specifiche è stata pensata per accogliere in futuro nuove
Il progetto di riconversione delle aree ex-Enel di Porta Volta a Milano e della nuova sede di ADICollezione Storica Compasso d’Oro è opera degli architetti Giancarlo Perotta e Massimo Camillo Bodini. Giancarlo Perotta Si laurea in Architettura nel febbraio 1968 presso il Politecnico di Milano, dove dal 1972 è professore associato in Progettazione architettonica e urbana. Rappresentativi della sua ricerca progettuale sono gli edifici di interesse pubblico realizzati a Milano, quali il DEU dell’Ospedale San Carlo, l’ampliamento dell’Istituto Ortopedico Gaetano Pini, i nuovi Dipartimenti di Medicina dell’Ospedale San Paolo. Tra gli interventi di recupero la riqualificazione del complesso scolastico di Via Silla, la riconversione ad albergo della ex Brioschi, il recupero a residenza della ex Mondadori di Via Cadore, sempre a Milano. www.studioperotta.it Massimo Camillo Bodini Dopo la laurea in Architettura nel febbraio 1961 alla “Sapienza” di Roma, collabora per alcuni mesi con il Prof. Ing. Pier Luigi Nervi presso il suo studio di Roma. Titolare dal 1962 di uno studio tecnico integrato, Massimo Camillo Bodini svolge la propria attività professionale nei settori edilizio, del restauro, dell’urbanistica e nell’architettura degli interni. Tra i suoi progetti di recupero il restauro del Palazzo ad uffici in Piazza dei Cinquecento a Roma (1980), il Piano di recupero edilizio e restauro del complesso ex Birra Peroni di via Nizza a Roma (1988/1990), il restauro di un complesso residenziale/commerciale a Mestre, il Piano di recupero dell’area ex Fiat UMI 22 a Novoli, Firenze (2001/2013), un complesso residenziale/ commerciale a Brescia (2005/2010). www.bodiniarchitetti.it
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‹ ADI DESIGN MUSEUM
ETICA E PROFESSIONE La casa del design è l’obiettivo fondamentale del nuovo gruppo dirigente di ADI, nominato lo scorso 22 maggio, una settimana prima della consegna dei premi Compasso d’Oro. Del consiglio fanno parte Giovanna Talocci (vicepresidente), Simona Finessi (tesoriere), Umberto Cabini, Riccardo Diotallevi, Marinella Ferrara, Stefano Antonio Pirrone, Francesco Subioli, Alex Terzariol e Luisa Bocchietto come past president. Abbiamo chiesto al nuovo presidente Luciano Galimberti quale sia oggi il ruolo del design. Il design è certamente una leva strategica per lo sviluppo responsabile del Paese. Ma il design che caratterizza il Made in Italy possiede anche uno straordinario sistema di valori che pone l’uomo al centro del processo. Il designer oggi si pone come un soggetto capace di sintetizzare saperi lontani che lo proiettano in responsabilità nuove. Penso alla biotecnologia, ma anche alle energie rinnovabili o alla politica del lavoro, non dimenticando questioni più intime come la ricerca della felicità. Quale dunque il compito di ADI? ADI ricorda gli animali descritti da Borges, composto di tante parti apparentemente contraddittorie o conflittuali ma capaci di una armonia di movimento commovente. ADI raggruppa e rappresenta l’intera catena del design: dai progettisti alle imprese, dalle scuole all’editoria. Come tale rappresenta dunque in primo luogo quel sistema di valori a cui mi riferivo e che caratterizza il design italiano. Luciano Galimberti Fonda nel 1985 con Rolando Borsato lo studio BG+ progettazione (www.bgpiu.it) che sviluppa progetti di architettura, interni, exhibition design e comunicazione. Nel corso della sua attività professionale ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Nel 2011 ha pubblicato il saggio metodologico Che razza di design. Galimberti ha fatto parte del Comitato direttivo di ADI Lombardia dove ha seguito tra l’altro l’accordo ADI/Regione Lombardia per la valorizzazione del design come elemento distintivo nei criteri di acquisto delle Regione e ha fatto parte dei gruppi di lavoro per l’elaborazione del business plan della Casa del Design.
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funzioni – ristorante, libreria, spazi commerciali – ed eventuali aree soppalcate per incrementare gli spazi espositivi. Il progetto prevede inoltre il recupero parziale del piano interrato per circa 1.400 mq per ospitare gli archivi e il deposito ADI. Dal punto di vista strutturale, l’intervento prevede la sostituzione dei sostegni verticali e delle capriate degradate e la realizzazione di nuove strutture perimetrali portanti in c.a. o in carpenteria metallica a sostegno delle murature originarie consolidate con intonaco strutturale. Le colonne portanti in ghisa ammalorate saranno cerchiate in acciaio o, se necessario, sostituite con nuove dello stesso materiale e colore e utilizzate anche per accogliere i canali di scarico delle acque piovane. Le coperture originarie in tegole marsigliesi saranno rimosse e sostituite con nuove in coppi, mentre la copertura della galleria interna sarà realizzata con serramenti in acciaio scatolato e vetro. I serramenti in ferro originali saranno sostituiti con nuovi in acciaio scatolato di profilo contenuto, impiegati anche per la testata di completamento del grande salone eventi. Le pavimentazioni interne sono scelte in base alle diverse funzioni degli ambienti: resina epossidica per i grandi spazi espositivi e
gli archivi, parquet a listoni per gli uffici ADI nella palazzina liberty, ceramica per i servizi e grés per i locali tecnici, beola grigia per le scale interne, pietra di Santa Fiora per il collegamento tra la via Bramante-e la piazza interna. L’allestimento espositivo e museale Sviluppato da Ico Migliore, Mara Servetto e Italo Lupi, vincitori del concorso aperto indetto da ADI lo scorso anno, il progetto espositivo definisce un ambiente dinamico in grado di trasformarsi e crescere nel tempo accogliendo anche le opere premiate in futuro e allestimenti temporanei. Un archivio attivo, aperto e facilmente consultabile contaminato da strumenti multimodali che permette ai visitatori di compiere un viaggio trasversale nella storia del design degli ultimi sessant’anni. Sfruttando al massimo le potenzialità dello spazio esistente, l’allestimento prevede che tutti gli oggetti siano mostrati a vista alle pareti grazie a “cassetti” a vassoio di esposizione agganciati a montanti in profilato metallico. I cassetti avranno diverse scale dimensionali e saranno facilmente riposizionabili per permettere nuove configurazioni. Lungo il lato sud della navata, una passerella posta a quota +2.70 m consentirà ai visitatori di osservare da distanza ravvicinata gli oggetti collocati nella
› ADI DESIGN MUSEUM
Migliore+Servetto Architects
Italo Lupi
Ico Migliore e Mara Servetto, con il team del loro studio Migliore+Servetto Architects, realizzano progetti a scale diverse pensati come interfacce attive di incontro tra istituzioni/ imprese e persone. Per i loro progetti hanno vinto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui due Compasso d’Oro. Con Italo Lupi, nel 2006 hanno realizzato a Torino il progetto di installazioni urbane per le XX Olimpiadi invernali. Tra i loro lavori recenti il nuovo Chopin Muzeum a Varsavia, il Museo del Risparmio per Banca Intesa Sanpaolo a Torino, il concept store Experience Space per BTicino a Milano. Sono inoltre creative advisor per il Nuovo Museo Egizio di Torino (2015). Entrambi insegnano al Politecnico di Milano e sono visiting professor in Giappone: Ico Migliore alla Tokyo Zokei University e alla Kuwazawa Design School di Tokyo; Mara Servetto alla Joshibi University di Tokyo.
Laureato al Politecnico di Milano, Italo Lupi (1934) si dedica all’architettura degli allestimenti, a progetti coordinati di graphic design e di grafica editoriale. È stato consulente d’immagine per Rinascente, IBM, Triennale di Milano, art director di Domus e, dal 1992 al 2007, direttore responsabile e art director di Abitare. Ha disegnato la grafica di grandi mostre e musei, in proficua collaborazione con le architetture di Mario Bellini, Achille Castiglioni, Guido Canali. Con Migliore e Servetto ha progettato il Look of the City di Torino per le Olimpiadi 2006 e per le Celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, sintetizzate dalla grande installazione luminosa sulla Mole Antonelliana. Vincitore di due Compassi d’Oro e del German Design Award 2011, medaglia di bronzo dell’International Design Award 2012, è Honorable Royal Designer a Londra e nella Hall of Fame dell’Art Directors Club Italia.
www.architettimiglioreservetto.it
www.italolupistudio.com
parte superiore. Nella parte centrale del museo sarà collocato un tavolo espositivo lungo 25 metri ripartito in quattro segmenti e i visitatori potranno esplorare anche l’archivio ospitato nel livello sottostante grazie a periscopi multimediali posti ai lati della balconata che delimita gli impianti elettrici originali della ex centrale elettrica. La parete di fondo verso via Bramante ospiterà infine sistemi di comunicazione multimediali di grandi dimensioni affacciati verso l’esterno attraverso i due finestroni esistenti e, nel prospetto interno, sarà animata da una doppia linea di schermi (una verticale, l’altra orizzontale) dedicati a video-testimonianze dei protagonisti del Premio
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SCHEDA Località Milano Anno di realizzazione in costruzione Committente ADI Associazione per il Disegno Industriale Progetto di riconversione Giancarlo Perotta, Massimo Camillo Bodini
Progetto di allestimento Ico Migliore (capogruppo), Mara Servetto, Italo Lupi
Superficie lorda 3.910 mq circa Superficie piano interrato 2.250 mq circa Superficie piano terreno 3.676,80 mq
Esporre il Compasso d’Oro Nelle immagini, due render del progetto di Migliore, Servetto e Lupi vincitore del concorso indetto da ADI. In alto, pianta e una sezione dell’allestimento espositivo (©Ico Migliore, Mara Servetto, Italo Lupi).
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BSI Swiss Architectural Award
TRA STORIA E NATURA SELEZIONATO TRA 27 CANDIDATI PROVENIENTI DA 16 PAESI, JOSÉ MARÍA SÁNCHEZ GARCÍA È IL VINCITORE DELLA QUARTA EDIZIONE DEL BSI SWISS ARCHITECTURAL AWARD
José María Sánchez García, vincitore del quarto BSI Swiss Architectural Award
LA PREMIAZIONE E LA MOSTRA Accademia di architettura di Mendrisio
18 settembre 2014
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Sono tre le opere del giovane architetto spagnolo che hanno riscosso l’unanimità dei giurati: la sistemazione dell’area del Tempio di Diana a Merida, completata nel 2008, il centro per l’innovazione sportiva “el Anillo” a Guijo de Granadilla (2008-2009) e il centro di canottaggio di Alange, sempre in Spagna (2008-2010). Nelle parole di Mario Botta, presidente della giuria, le opere di José María Sanchez García “testimoniano la maturità di un architetto, nemmeno quarantenne, capace di confrontarsi con eguale rigore e precisione con programmi e contesti diversi, dalla riqualificazione del patrimonio archeologico nel tessuto urbano all’insediamento di strutture sportive in un paesaggio suggestivo. I suoi interventi si traducono in un gesto misurato e potente al tempo stesso, scevro da compiacimenti formali, che ordina e configura un luogo, evidenziandone le qualità specifiche. La riduzione formale operata dall’architetto è accompagnata da una grande sensibilità nell’interpretazione del sito, con cui instaura un dialogo fecondo”.
Nato a Don Benito, in Estremadura, nel 1975, José María Sánchez García si è laureato nel 2002 alla Escuela Tecnica Superior de Arquitectura di Madrid (ETSAM), dove è professore associato di progettazione. Nel 2006 ha aperto il proprio studio professionale a Madrid. Ha vinto l’AR+D Architectural Review Awards for Emerging Architecture (2009), il Design Vanguard 2009 Award, il IX European Prize for Architecture Philippe Rotthier (2011), la distinzione per giovani architetti della XI BEAU Biennale Spagnola di Architettura e Urbanistica e il premio della VII Biennale Iberoamericana di Architettura e Urbanistica. È stato invitato alla Cornell University a New York, ha tenuto lezioni e conferenze al RIBA-Royal Institute of British Architects e in numerose università, in Spagna e all’estero; nel 2007-2008 è stato borsista della Reale Accademia di Spagna a Roma. Attualmente in costruzione i suoi progetti per il turismo nel Castillo de la Luna ad Alburquerque e nel Convento de San Juan de Dios a Olivenza, (entrambe nel Badajoz, in Spagna).
PREMIO, GIURIA, ADVISORS Istituito nel 2008, il BSI Swiss Architectural Award è un premio biennale di 100.000 franchi svizzeri promosso da BSI Architectural Foundation con il patrocinio dell’Ufficio Federale della Cultura di Berna e dell’Accademia di Architettura di Mendrisio in collaborazione con l’Archivio del Moderno di Mendrisio. La giuria, presieduta da Mario Botta e composta da Alberto Campo Baeza, Marc Collomb, direttore dell’Accademia di Mendrisio, Charles Kleiber, presidente di BSI Architectural Foundation e Bruno Reichlin (segretario del premio è Nicola Navone), ha esaminato 27 candidature segnalate da un comitato internazionale di advisors, formato quest’anno da due Premi Pritzker, Toyo Ito e Eduardo Souto de Moura, e da Solano Benitez, Barry Bergdoll, Ole Bouman, Luis Fernandez Galiano, Sean Godsell, Diébédo Francis Kéré, Shelley McNamara, Rahul Mehrotra, Mohsen Mostafavi e Valerio Olgiati. Nelle precedenti edizioni il premio era stato vinto da Solano Benitez (2008), Diébédo Francis Kéré (2010) e Bijoy Jain (Studio Mumbai) nel 2012.
i progetti premiati
› APPUNTAMENTI / MOSTRE / PREMI
TEMPIO DI DIANA A MERIDA Un perimetro architettonico a L, formato dalla piattaforma posta allo stesso livello del podio del tempio, e da una parete strutturale che lo isola dai vicini edifici del centro urbano, protegge e al tempo stesso congiunge l’antico foro romano alla città. All’interno del perimetro, gli spazi interstiziali sono occupati da volumi sospesi che assolvono a funzioni commerciali e culturali. La distanza della piattaforma dal tempio ne favorisce la lettura lasciando al contempo libero spazio agli scavi archeologici tuttora in corso (nelle foto di Roland Halbe).
L’ANELLO DI GUIJO DE GRANADILLA Sul confine di un parco naturale, integrata nello spettacolare contesto per scala e per contrasto, una geometrica forma aliena (200 metri di diametro) percepibile nel suo insieme solo dall’alto, poggiata su pilastri che la sollevano dal terreno senza mutarne la topografia, riflette il paesaggio sulle facciata continua, ritmata da aperture e finestrature a intervalli irregolari, in pannelli prefabbricati d’acciaio inossidabile. Piatta e accessibile, la copertura è una promenade di 400 metri aperta sulla penisola (sopra, veduta aerea, foto Studio José Maria Sanchez Garcia).
Se conviene all‘ambiente conviene a tutti Climagrün è la sua impresa specializzata per tetti verdi, facciate vegetali, sistemi di anticaduta dall‘alto e impianti fotovoltaici integrati nel verde pensile.
CENTRO DI CANOTTAGGIO DI ALANGE In parte scavato per adattarsi alla morfologia del terreno senza interrompere la vista dal vicino villaggio, la sua copertura diventa patio, veranda e ingresso principale attraverso una rampa tagliata nella piattaforma in cemento armato e sorretta da cavi in acciaio. La sola costruzione visibile dall’esterno è la copertura leggera, sostenuta da capriate regolari in acciaio, che protegge e ombreggia la piattaforma esattamente quadrata (21 x 21 metri) del centro, trasformandola in punto di osservazione privo di ostacoli visivi (sopra, foto di Roland Halbe).
Climagrün srl | Via della Vigna 43 | 39100 Bolzano (BZ) Tel 0471 91 38 32 | Fax 0471 05 07 22
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‹ BIENNALE ARCHITETTURA 2014
ABSORBING MODERNITY
QUESTIONI DI STILE 100 anni di architettura raccontati da 65 punti di vista diversi. A cominciare da quelli dei progettisti noti e meno noti che hanno disegnato i padiglioni nei quali si sviluppa una parte di Absorbing Modernity
In apertura, un’immagine di Monditalia, alle Corderie dell’Arsenale (foto Giorgio Zucchiatti, courtesy la Biennale di Venezia).
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Estraniante ma pertinente, visitare i Giardini della Biennale alla ricerca delle interpretazioni che i curatori nazionali hanno dato del tema Absorbing Modernity. In questo museo di architettura moderna a cielo aperto il primo aspetto che si coglie è la manifestazione architettonica delle diverse identità nazionali e la loro armoniosa convivenza in questo quarto Napoleonico di Venezia. Dove più che altrove nella città si coglie la stratificazione urbana di epoche, poteri, culture. Il mondo assomiglia ai Giardini di Castello, dicono le 65 esposizioni nazionali di cui si compone questa Biennale, perché la modernità è stata assorbita, e metabolizzata, in modo diverso da ogni cultura. Se in un ingenuo tentativo di esportazione del welfare è arrivato in Africa anche un po’ di razionalismo scandinavo, per l’architettura brasiliana, priva di una propria identità, la modernità è diventata fondativa (e con quali eccellenti risultati!). In Cile (Leone d’argento) è stata invece motivo di contesa politica quando la prefabbricazione edilizia era di
origine sovietica, mentre in Israele è servita per colonizzare un territorio disseminandolo di superquartieri fatti di terra e abitazioni che diventano città/forti. E ancora, e spesso, è rimasta un obiettivo mai raggiunto e impedito dai fatti (la politica, il debito, fate voi) come ben illustrato dal Portogallo. La modernità, si legge in questa Biennale che ci aiuta a stare alla larga dall’ingannevole idea di un’architettura globalizzata (nelle cui forme è riconoscibile anche l’impronta di Koolhaas) che ha smarrito le tracce identitarie, è il semplice risultato di un’evoluzione storica e la premessa del futuro. Lo skyline di Doha è solo una quinta dietro la quale vive una società di meno uguali. Come nel resto del mondo. E in ogni caso vivere nella nostalgia non aiuta, e la iper-celebrata modernità del Novecento – le cui tracce maggiori peraltro si ritrovano negli headquarters delle multinazionali - in fondo era l’espressione architettonica del fordismo, o, sull’altro versante, delle lotte sociali e in totale di ideologie che faticano a trovare le proprie ragioni oggi, nel
mutato panorama economico e geopolitico. Ingannevole sarebbe anche leggere la storia dei 14 elementi fondamentali dell’architettura e delle costruzioni raccontata al padiglione Italia (Elements: i tetti, gli ascensori, gli impianti…) come quella di un contributo all’uniformità stilistica dei nuovi quartieri della finanza internazionale. Se è vero che senza ascensori non esisterebbero gli edifici a torre, senz’aria condizionata gli shopping centre e senza tapis roulant gli aeroporti, quel che più si coglie, in questo supermercato che è anche storia dei prodotti e dei materiali da costruzione, è l’enorme varietà di soluzioni a disposizione di chi progetta e costruisce. Ben maggiore di quanto non fosse disponibile quando i padiglioni dei Giardini, del resto quasi uguali tra loro topologicamente, raccontavano la loro (presunta) identità in facciata. Eccellente missione quella di RK: sgombrare il campo dalla retorica politically correct e dai luoghi comuni. Ci fa tornare voglia di studiare, comprendere, sperimentare
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› BIENNALE ARCHITETTURA 2014
COREA – LEONE D’ORO PARTECIPAZIONI NAZIONALI
SEPARATI IN CASA Cosa succede all’architettura dopo 60 anni di separazione politica economica e culturale forzata? La Corea alla ricerca delle proprie radici Leone d’Oro per la migliore partecipazione nazionale di Fundamentals alla Corea. Meglio: alla penisola di Corea, vista anche attraverso l’obiettivo di Alessandro Belgiojoso, che insieme al team curatoriale documenta il percorso singolare, forzatamente divergente ma inevitabilmente ri-confluente, di una separazione che sopravvive anacronisticamente alla globalizzazione. Prima della quale, a caratterizzare la seconda metà dei cent’anni che Absorbing Modernity ripercorre, vi fu la polarizzazione della Guerra Fredda. Se in genere la vista a volo d’uccello offre una prospettiva universalizzante che non entra
troppo nel dettaglio, all’occhio fino di un corvo, che è il titolo scelto dal curatore Minsuk Cho per la mostra coreana, ispirandosi a un poema dell’architetto-poeta Yi Sang (1910-1937) preciso appare il dettaglio ma risulta impossibile cogliere una visione d’insieme non solo dell’architettura della penisola ma dell’idea stessa di architettura. I contributi documentano così una serie di episodi dove tutto si tiene, lo sviluppo informale e quello rigidamente pianificato, la monumentalità e lo squat, l’individuale e il collettivo. Ma sono sempre episodi con una medesima origine culturale, il passato di un’entità che fino al 1949 ha condiviso più
di mille anni di storia e di vita in comune. Un’anomalia forzata da cui può forse nascere una narrazione alternativa dell’architettura ai tempi della (altrettanto forzata) uniformità globale
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Due immagini del padiglione coreano ai Giardini; a sinistra, il ministro Dario Franceschini consegna il Leone d’Oro a Minsuk Cho (foto Andrea Avezzù,
CREDITS Arts Council Korea Commissario e curatore Minsuk Cho Co-curatori Hyungmin Pai, Changmo Ahn Curatore aggiunto Jihoi Lee
courtesy la Biennale di Venezia).
CILE – LEONE D’ARGENTO PARTECIPAZIONI NAZIONALI
MONOLITH CONTROVERSIES La prefabbricazione è di destra o di sinistra? Una domanda non abbastanza stupida per Pinochet La modernità si assorbe anche attraverso gli elementi della prefabbricazione edilizia, come il pannello di cemento armato che accoglie i visitatori del padiglione del Cile. Non uno qualsiasi dei miliardi di prefabbricati prodotti nel mondo nel XX secolo ma uno dei primi elementi sfornati dalla KPD in Cile nei primi Anni Settanta. L’industria fu un dono dell’allora Unione Sovietica al governo socialista di Salvador Allende. Un pannello a cui, sotto la dittatura di Pinochet, venne imposto un look vernacolare dipingendovi sopra una Madonna con bambino e applicandovi lampade in stile coloniale, con un gesto culturale di
opposizione alla modernità. L’esposizione cilena, curata da Pedro Alonso e Hugo Palmarola con un team composto da Gonzalo Puga, José Hernández, Felipe Aravena, Micol Riva e Martín Bravo e la partecipazione di Gianfranco Foschino come artista invitato, è il risultato di un progetto di ricerca condotto su 153 unità residenziali costruite in Cile con moduli prefabbricati KPD. Forte l’impatto del pannello al centro della sala che accoglie un’approfondita indagine tecnica, tipologica e concettuale di ventotto sistemi di prefabbricazione sviluppati e realizzati nel mondo tra il 1931 e il 1981. Ma nella prima sala la ricostruzione dei
decori e dell’arredo interno di un alloggio popolare dell’epoca chiude il cerchio: da sola, la modernità del processo edilizio non modifica la cultura degli abitanti
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CREDITS
Luca Zaia consegna il Leone d’argento ai curatori del padiglione cileno, dove è stato ricostruito un internotipo degli appartamenti costruiti con moduli prefabbricati KPD
National Council of Culture and the Arts of Chile Commissario Cristóbal Molina Curatori Pedro Alonso, Hugo Palmarola
(nelle altre foto di Andrea Avezzù, courtesy la Biennale di Venezia).
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‹ BIENNALE ARCHITETTURA 2014
LEONE D’ARGENTO PER IL MIGLIORE PROGETTO DI RICERCA
IL RACCONTO DI MILANO 2 Sales Oddity. Milano 2 and the politycs of direct-to-home TV urbanism. Secondo Andrés Jaque architettura e urbanistica non sono indipendenti dalla politica. Anzi. Le luminarie di Santa Rosalia all’ingresso di Monditalia sono solo una citazione ironica. Visti da lontano e cioè con gli occhi di studi e gruppi di ricerca di altri Paesi, i successi e i fallimenti della pratica dell’architettura e dell’urbanistica in Italia appaiono con più precisione. Tra i molti contributi, la ricerca Sales Oddity di Andrés Jaque e del suo Office for Political Innovation sottolinea come l’urbanistica di Milano 2, insieme ai media televisivi di Berlusconi, abbiano profondamente influito sulle trasformazioni politiche
degli ultimi vent’anni in Italia. Milano 2 – definita negli annunci immobiliari “la città dei numeri uno” – nasce per separare e non già per favorire la mixité sociale. Il landscaping e i flussi sono studiati per evitare che i vicini si incontrino, si parlino, decidano di prendere un caffè insieme. Per vedersi devono sintonizzarsi su Telemilano, la tv via cavo che nasce come servizio privato di Milano 2. Accendendo la mediazione della televisione si spegne il coinvolgimento, la conversazione diretta, lo scambio di opinioni: in una paro-
la, la politica partecipata. Nel frattempo gli inserzionisti pubblicitari possono rivolgersi a un target privilegiato – i ricchi “numeri uno” – finchè nasce Mediaset, che estende su scala nazionale il medesimo modello culturale. 43 anni, Andrés Jaque vive tra Madrid, dove opera dal 2000 con il suo studio, e New York, dove insegna alla Columbia e a Princeton
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CREDITS Andrés Jaque/Office for Political Innovation
LE MENZIONI SPECIALI
CANADA
FRANCIA
RUSSIA
Lateral Office ha sviluppato per l’Arctic Food Network un programma di soluzioni economiche per garantire il sostentamento alimentare delle comunità Inuit sparse nell’estremo nord canadese.
La modernità è nata in Francia nel 1789. Nel XX secolo ingegneri e architetti l’hanno plasmata, ma la contemporaneità ne ha rivelato anche gli aspetti fallimentari. Curatore Jean Louis Cohen.
Le architetture come una fiera. Se le grandi innovazioni del Paese nel secolo scorso furono frutto di un’ideologia, quelle odierne manifestano con altrettanta forza il potere del denaro. By Strelka Institute.
MONDITALIA
MONDITALIA
MONDITALIA
Parte da Lampedusa il progetto di Ana Dana Beroš sulle migrazioni di popoli alla ricerca di nuove coordinate geografiche. Sulle sponde del Mediterraneo siamo tutti africani.
Con lo scioglimento dei ghiacci i confini si spostano. Folder (Marco Ferrari, Pietro Leoni, Elisa Pasqual) misura con sensori GPS i movimenti del Similaun in Val Senales e li riporta all’Arsenale.
ARCTIC ADAPTATIONS
RADICAL PEDAGOGIES Dopo il radical design non è successo più niente. Nostalgia dei favolosi anni Settanta, da Casabella a Controspazio, in un progetto sviluppato in collaborazione con la Princeton University. [ 64 ]
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MODERNITY: PROMISE OR MENACE?
INTERMUNDIA
FAIR ENOUGH
ITALIAN LIMES
Due immagini di Sales Oddity (foto Francesco Galli, courtesy la Biennale di Venezia). A sinistra,
Andrés Jacque con Rem Koolhaas e Paolo Baratta mentre ritira il Leone d’argento.
› BIENNALE ARCHITETTURA 2014
LIBESKIND AL PADIGLIONE VENEZIA
L’ARCHITETTO NELL’ETÀ DELLA TECNICA Una grande macchina della visione commentata da suoni e musica per ritrovare l’umanità nel pensare l’architettura e andare alla ricerca dell’inaspettato Se al Padiglione Italia gli elementi fondamentali dell’architettura (ma in fondo anche semplicemente dell’edilizia) sono i soffitti, le porte, le scale e i wc, al Padiglione della città di Venezia, curatore Renzo Dubbini, Daniel Libeskind riparte da Shakespeare per riprendere un discorso che riguarda la forma e le complessità dello spazio architettonico. I 100 disegni a china di Sonnets in Babylon, serie edita a stampa nel 2011, fulcro dell’esposizione, si ricollegano a quelli di Micromegas e Chamberworks degli inizi della sua carriera, ed è interessante notare come queste riflessioni a due dimensioni sulle relazioni tra geometria, musica e poesia generino poi spazi fortemente emozionali e inattesi nelle architetture di Libeskind. Nell’operazione l’architetto polacco-americano ha coinvolto anche gli studenti dello IUAV, invitandoli a girare per la città alla ricerca di equivalenze poetiche tra i disegni e la realtà dello spazio fisico (le fotografie sono esposte in una sala laterale del padiglione). Serigrafati su pannelli di vetro di grandi dimensioni, sostenuti da una struttura in ferro che crea un ambiente curvo percettivamente continuo anche nei giochi di luci, trasparenze e effetti sonori, i disegni raffigurano un disgregamento di forme ambigue che alternativamente evocano favelas, città futuristiche,
parti meccaniche e parti del corpo umano. Davanti ai propilei del monumentale ingresso di Brenno Del Giudice i visitatori sono accolti da una scultura di Daniel Libeskind: una grande X brunita. La solida certezza generata dai suoi piani incrociati, già scalfita dall’inusuale baricentro è destinata a incrinarsi definitivamente una volta completata la visita
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Sopra e accanto, l’allestimento di Daniel Libeskind al padiglione Venezia (foto ©Andrea Avezzù, courtesy la Biennale di Venezia). Fondo pagina a sinistra,
foto di Silvia Possamai, IUAV.
GEOMETRIE A CONTRASTO La scultura che accoglie i visitatori all’ingresso del Padiglione Venezia - 5,5 metri di altezza e una forma ad asse inclinata - è rivestita esternamente e pavimentata all’intorno con pannelli di materiale ultracompatto Dekton® by Cosentino di colore Keranium, in forte contrasto con il bianco del padiglione. Di fatto si tratta di una facciata ventilata costituita da lastre Dekton di diverse dimensioni - la più grande misura 2,55 m x 1,40 metri – di 12 mm di spessore, posata in opera utilizzando il sistema “Rediwa CAT 1” dell’azienda Wandegar. 65 i metri quadri di rivestimento, 15 quelli della pavimentazione. Lanciata lo scorso anno, La superficie ultracompatta Dekton® by Cosentino è una miscela sofisticata di materie prime prodotta con una nuova tecnologia di sinterizzazione e dotata di caratteristiche di resistenza e durata che la rendono adatta per ogni genere di realizzazione architettonica, outdoor e indoor.
Con Dekton Daniel Libeskind ha già realizzato Beyond the Wall, opera dapprima allestita nel cortile della Statale di Milano durante il fuorisalone 2013 e in seguito riassemblata in modo permanente presso il campus Cosentino ad Almeria.
La grande X che accoglie i visitatori all’ingresso del padiglione Venezia.
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‹ MOSTRE E FIERE
MARMOMACC E ABITARE IL TEMPO
PIETRA VIVA Tra i progetti in mostra a Verona dal 24 al 27 settembre 2014, l’intervento di Renzo Piano per il nuovo Parlamento di Malta evidenzia le potenzialità tecniche ed espressive dei materiali lapidei In alto da sinistra, particolare della facciata del nuovo parlamento di La Valletta, veduta dell’adiacente Opera House e prospetto dell’intervento (foto ©RPBW).
Avviato nel 2008 dallo studio Renzo Piano Building Workshop, il progetto Valletta City Gate rappresenta un importante intervento urbano e architettonico volto a riorganizzare l’accesso al centro storico della capitale maltese. Situato a ridosso delle mura cinquecentesche, il complesso è costituito dagli edifici del nuovo Parlamento, dalle rovine recuperate dell’adiacente Opera House e dalla nuova porta della città. In un confronto dia-
lettico tra passato e innovazione, il progetto dello studio RPBW ha conferito un ruolo fondamentale all’utilizzo della pietra locale per le facciate. Gli aspetti tecnici e progettuali dell’intervento saranno approfonditi nella mostra allestita nello spazio Inside (Pad.1) di Marmomacc e Abitare il tempo, le manifestazioni di Veronafiere dedicate al comparto lapideo, al design e all’arredo che per la prima volta quest’anno si terranno in contemporanea dal 24 al 27 settembre. Oltre a foto e disegni, l’esposizione sarà completata da elementi lapidei in scala 1:1 che illustreranno il processo di ingegnerizzazione dei dettagli e di lavorazione della pietra e da una tavola rotonda con testimonianze dirette e contributi sul progetto Valletta City Gate. Tra i numerosi eventi di Inside Marmomacc&Abitare il Tempo si segnala inoltre la mostra Living Stone, che rielabora il tema dell’abitazione mediterranea e atlantica in pietra con una serie di installazioni nate dalla collaborazione tra architetti iberici e aziende italiane del settore marmi: Eduardo Souto De Moura con Piba Marmi, Benedetta Tagliabue con Decormarmi, Manuel Aires Mateus con Grassi Pietre, Josep Miàs con Travertino Sant’Andrea. Il layout del progetto, curato da Vincenzo Pavan, Raffaello Galiotto e Damiano Steccanella, prevede quattro lotti di 60 mq con patio di 30 mq disposti intorno a un giardino centrale, per mostrare le potenzialità architettoniche e innovative di un materiale antico come la pietra
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Alcuni concept realizzati per la mostra Living Stone: a sinistra, Benedetta Tagliabue per Decormarmi, dall’alto Josep Miàs per Travertino Sant’Andrea e Manuel Aires Mateus per Grassi Pietre.
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COSENTINO PRESENTA LA RIVOLUZIONARIA SUPERFICIE ULTRACOMPATTA DI GRANDE FORMATO La pelle delle case e degli edifici è destinata a trasformarsi nell’elemento in cui si snoda la vita. La scienza e la tecnologia ci aiutano a sviluppare nuovi materiali per migliorare la vita all’interno dei nostri habitat.
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Per decenni Cosentino ha coniugato il meglio offerto dalla natura con la più moderna tecnologia offerta dalla scienza. L’enorme e continuo impegno in ricerca, sviluppo e innovazione costituiscono i pilastri del nostro lavoro. In Cosentino abbiamo rivoluzionato il mondo della pietra naturale e delle superfici in quarzo con Silestone®, ora siamo riusciti a coniugare il meglio della natura e la più moderna tecnologia per creare Dekton. 1440 mm
Dekton è una miscela sofisticata di materie prime utilizzate in edilizia, vetro, materiali porcellanati di ultima generazione e superfici in quarzo. Ricorrendo a un esclusivo processo tecnologico (TSP), si ottiene un’accelerazione delle modifiche metamorfiche alle quali è sottoposta la pietra naturale per millenni in condizioni di alta pressione e temperatura elevata.
Durante il processo vengono utilizzate fino a 16 tecniche diverse di decorazione, che consentono un design tridimensionale e infinite possibilità estetiche.
La pressatura di Dekton avviene con una pressa da 25.000 tonnellate, che trasforma il piano in una superficie ultracompatta di grande formato e altamente resistente.
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