Anno 11 - n 71 - Agosto 2017 - euro 6,00 ISSN 2531-9779
Industrializzazione edilizia e architettura
PROGETTI E PROCESSI Nader Tehrani | Gbpa | Gramazio&Kohler | Joan Artés
Learning from Milano Architetture per l’ospitalità
Elements Contract FONT Srl - Via Siusi 20/a 20132 Milano - Poste Italiane SpA Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in. 27.02.2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 DCB Milano
by Pininfarina for Ares Line
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Via Brenta, 7 36010 Carrè (VI) Italy
14 IOARCH 71_SOMMARIO 8 Tra musica e architettura | David Chipperfield Architects 14 Un gioiello tra i vigneti | Simon Buri e Frédéric Jung 18 La ricerca dell’armonia | Gaap Studio Associati 24 Edilizia off-site e rigenerazione | Energiesprong Italia
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INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
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ARCHITETTURE DELL’OSPITALITÀ
INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
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LEARNING FROM MILANO
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Imparare da Milano La città che cambia | Intervista a Stefano Boeri Università e ricerca | Statale e Human Technopole per il post Expo Il quartiere e il campus | Città Studi 2.0 L’università privata cresce | Sanaa per il campus Bocconi Nuovi spazi in centro città | La Cattolica raddoppia Sanità pubblica | Il nuovo ospedale Policlinico La Grande Milano | Milanosesto e la città della salute Pensare la Città metropolitana | Francesco Gnecchi Ruscone
ARCHITETTURE DELL’OSPITALITÀ
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ELEMENTS CONTRACT
Macchine Industria Costruzione | Carlo Ezechieli L’evoluzione della specie | Architetti a confronto Metallo leggero | Nader Tehrani Attualità senza tempo | Intervista a Nader Tehrani Forgiare architetti | Nader Tehrani Rileggere l’esistente | Gbpa Architects La spinta dell’automazione spinta | Gramazio&Kohler Costruire sul costruito | Carlo Ezechieli
Sotto infinite stelle Resort e benessere | Princic & Partners La rinascita dell’Eden | Genius Loci Architettura Eleganza sull’acqua | Patricia Urquiola Architetture in relazione | bergmeisterwolf architekten Sapori di Sicilia all’Isola | Massimiliano Masellis Architetti Il comfort nell’ospitalità | Saint-Gobain Tra natura e modernità | Simone Micheli
ELEMENTS
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DESIGNCAFÈ 6 - 67 - 97 - 98 Libri, arte, cultura, attualità
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LEARNING FROM MILANO
IOARCH Costruzioni e Impianti n. 71
In copertina, particolare della sala laboratori della Melbourne Design School, progetto Jwa e Nadaaa (foto ©John Horner).
Direttore responsabile Sonia Politi Comitato di direzione Myriam De Cesco Carlo Ezechieli Antonio Morlacchi Grafica e impaginazione Alice Ceccherini Federica Monguzzi Tuny Parrella
Marketing e Pubblicità Elena Riolo elenariolo@ioarch.it Contributi Eleonora Beatrice Fontana Moreno Maggi Pietro Mezzi Fotolito e stampa Errestampa
Editore Font srl, via Siusi 20/a 20132 Milano T. 02 2847274 redazione@ioarch.it
Abbonamenti (6 numeri) Italia euro 36,00 - Europa euro 84,00 resto del mondo euro 144,00
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Prezzo di copertina euro 6,00 arretrati euro 12,00
Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004.
Pagamento online su www.ioarch.it o bonifico a Font Srl - Unicredit Banca
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ISSN 2531-9779
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› DESIGNCAFÈ
MINIMALISMO GIAPPONESE
LA HUT DI MUJI DESIGN SEMPLICE, FORMA COMPATTA, STRUTTURE E FINITURE DI LEGNO GIAPPONESE. È LA PICCOLA ABITAZIONE IDEALE DA COLLOCARE NEI LUOGHI IDEALI IN CUI SI VORREBBE VIVERE La multinazionale giapponese Muji propone un’idea radicalmente nuova di abitare: una piccola casa di soli nove metri quadrati da collocare con facilità anche nei luoghi più impensati (foto, courtesy Muji).
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Chi non hai mai sognato di vivere e abitare in qualche parte del mondo in luoghi lontani e incantevoli? Un desiderio molto spesso infranto dalla realtà delle cose. Oggi questo desiderio può essere soddisfatto grazie alla Muji Hut, un piccola abitazione che per le sue caratteristiche, può essere collocata in una valle di montagna, di fronte all’oceano o in un grande parco urbano. L’idea, radicalmente nuova, è di Muji, l’azienda multinazionale di arredamento e abbigliamento fondata nel 1980. Si tratta di un piccolo spazio compatto di soli nove metri quadrati, che grazie al portico (di poco più di 3 metri quadrati) e al tetto a una sola falda risulta essere spazioso e adatto a ospitare anche tre-quattro persone. In pianta l’abitazione misura 351 per 383 centimetri ed è alta 3 metri e 34 centimetri (267 cm l’altezza interna). La porta di ingresso è scorrevole, mentre una piccola finestra sul lato opposto garantisce luce e aria. Il legno impiegato nella Muji Hut proviene dal Giappone: le pareti esterne sono realizzate in legno di cedro bruciato, trattato secondo la secolare tecnica giapponese denominata Shou Sugi Ban, mentre all’interno sono di cipresso.
I pavimenti sono in cemento lisciato e le fondazioni a platea, a protezione del terreno mediante lamiere anti-umidità. Il design della hut è semplice, quasi minimalista. Il costo è di tre milioni di yen (22.900 euro). Ad oggi, la Muji Hut è commercializzata solo in Giappone.
Caratteristiche Denominazione Muji Hut Dimensioni 351 x 383 cm Altezza 334 cm (267 interna) Superficie 9 mq (di cui 3,1 di portico) Costo 3 milioni di yen (22.900 euro)
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› LUOGHI DELLA CULTURA
CARMEN WÜRTH FORUM, KÜNZELSAU, STOCCARDA
TRA MUSICA E ARCHITETTURA Il nuovo complesso culturale della multinazionale tedesca disegnato da David Chipperfield emerge dalle dolci ondulazioni del luogo innestandosi nel paesaggio con tratti netti e grandi luci. All’interno domina il rosso Würth. Dedicato alla musica e alla moglie del presidente, è stato inaugurato il giorno del suo ottantesimo compleanno
In apertura, il vasto piazzale d’ingresso del fronte sud-ovest è delimitato da pareti di contenimento che definiscono l’innesto del volume architettonico nelle ondulazioni del parco (foto, ©Simon Menges).
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La società fondata nel 1945 da Adolf Würth è oggi una delle principali aziende al mondo di prodotti e sistemi di fissaggio. Reinhold Würth, attuale presidente, è un grande appassionato d’arte: avviata negli anni ’60 con l’acquarello Riflessi di nuvole nella palude (1935) di Emil Nolde, la collezione Würth oggi comprende più di 17mila pezzi, tra cui dipinti di artisti come Edvard Munch e Pablo Picasso; sculture
di Eduardo Chillida, Anish Kapoor, Henry Moore e installazioni artistiche di Arp, Baselitz, Max Bill, Christo, Kiefer. I cospicui investimenti in campo artistico hanno sempre incluso la prima delle arti, l’architettura: sono quindici gli edifici che ospitano opere d’arte della collezione Würth presso le principali sedi della società in Europa (in Italia il Forum Würth di Capena, progettato da Vincenzo Melluso).
Mancava uno spazio dedicato alla musica, da intitolare alla moglie, da realizzare nel vasto parco del quartier generale della società a Künzelsau, presso Stoccarda. Affidato l’incarico allo studio berlinese di David Chipperfield, il complesso culturale del Carmen Würth Forum è stato ultimato in tempo per l’inaugurazione del 19 luglio scorso, nel giorno dell’ottantesimo compleanno della signora Würth.
› LUOGHI DELLA CULTURA
David Chipperfield Architects Dal 1985 a oggi lo studio di David Chipperfield ha progettato e realizzato grandi opere di architettura nei settori museale, residenziale, commerciale, ricreativo e civile. Tra i lavori più recenti ci limitiamo a citare il museo Jumex a Città del Messico (2013), la ricostruzione del Neues Museum di Berlino (1997-2009), l’edificio per uffici One Pancras Square di Londra (2013), il centro visitatori e cappella del cimitero di Inagawa, prefettura di Hyogo, in Giappone (2017). Lo studio ha sedi a Londra, Berlino, Milano (la sede italiana è guidata da Giuseppe Zampieri) e Shanghai, una divisione si occupa di design. Tra i progetti in corso il Nobel Center di Stoccolma, un nuovo edificio per la Kunsthaus Zurich in Svizzera, il restauro della Neue Nationalgalerie di Berlino, la James Simon Galerie, un intervento residenziale e terziario a Londra, il Palazzo di Giustizia di Salerno, il quartier generale della società di cosmetici Amorepacific a Seoul. Oltre ai riconoscimenti personali (membro della Royal Academy dal 2008, cavaliere al merito nel Regno Unito e in Germania per i servizi resi all’architettura nel 2010, Riba Royal Gold Medal nel 2011, Praemium Imperiale alla carriera dalla Japan Art Association nel 2013) nel corso degli anni lo studio di David Chipperfield ha ricevuto più di 100 riconoscimenti internazionali. www.davidchipperfield.com
Pianta del piano terra (©David Chipperfield Architects).
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› LUOGHI DELLA CULTURA
Sopra, l’ingresso visto dal piazzale e, sotto nella pagina di destra, dal foyer (foto, ©Simon Menges). Accanto, sezioni longitudinale e trasversale dell’edificio (©David Chipperfield Architects).
Prospetto sud-est del volume architettonico che si eleva nel parco delle sculture (foto ©Simon Menges).
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› LUOGHI DELLA CULTURA
Pianta del livello della galleria e degli spalti per il pubblico (©David Chipperfield Architects).
Innestato nelle ondulazioni del vasto parco circostante con sculture all’aperto, il Carmen Würth Forum comprende un grande spazio eventi, una sala di dimensioni più contenute per i concerti di musica da camera e un luogo per lo svolgimento di concerti all’aperto. Nell’ampia area verde collinare del sito il progetto opera due nette incisioni che de-
finiscono altrettanti ambienti esterni, affiancati da muri di supporto in calcestruzzo gettato in opera. Il vasto piazzale posto a sud del nuovo complesso conduce all’entrata principale ed è utilizzato come luogo per concerti e rappresentazioni all’aperto. La grande sala multifunzionale, accessibile da un foyer inondato di luce naturale, è
in grado di accogliere 3.500 persone ed è formata da una copertura retta da travi reticolari che rendono superfluo il ricorso a colonne di sostegno interne. Mentre la parte inferiore della sala si trova sotto il livello del terreno, la porzione superiore sorge sul punto più alto del sito. Sempre dal foyer è possibile accedere alla sala – più piccola – dedicata alla musica da camera, completa-
Luptat as expelloria pa cus, officiis ullescipist ex eosam erum ad qui comniatum, officat estianimi, tet estisquam dolendam, toresti bearodit repediciam atqut ex eosam erum ad qui comniatume etur
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› LUOGHI DELLA CULTURA SCHEDA Località Künzelsau, Baden-Württemberg Cronologia 2011-2017 (completamento prima fase) Committente Adolf Würth Gmbh & Co. KG Project management Drees & Sommer Ag, Stoccarda
Progettazione architettonica David Chipperfield Architects Berlin
Partner di progetto David Chipperfield Harald Müller, Martin Reichert, Alexander Schwarz (design lead) Progettazione Annette Flohrschütz Christian Helfrich, Thomas Schöpf
Supervisione tecnica Kraft + Kraft Architekten, Schwäbisch Hall
Progettazione strutturale Rpb Rückert Gmbh, Heilbronn
Superficie 11.000 mq
Il luminoso spazio eventi centrale è affiancato su un lato da spalti e sull’altro dalla galleria (foto a sinistra) che, data la particolare conformazione del volume interno, risulta al livello del foyer. L’ambiente è caratterizzato dalla pavimentazione “rosso Würth”, legno chiaro e elementi impiantistici a soffitto a vista (foto, ©Simon Menges).
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› LUOGHI DELLA CULTURA
mente rivestita in noce, che può ospitare fino a 600 persone. Il colore rosso, marchio dell’azienda tedesca, ricorre in tutta la progettazione degli interni: dal rivestimento delle sedute della sala per musica da camera alla pavimentazione del foyer e della sala eventi. Le sculture della collezione Reinhold Würth arricchiscono gli spazi verdi che circondano l’edificio.
Nella fase successiva dell’operazione verrà costruito un centro congressi e ampliato l’esistente museo d’arte Würth. «Il nostro lavoro - afferma Chipperfield ha riguardato la progettazione non di un semplice edificio, ma un luogo di incontro, confermando che il compito dell’architettura è quello di stimolare la qualità di una comunità».
Come gli altri luoghi designati all’arte infatti, anche il Carmen Würth Forum è destinato a svolgere un ruolo sociale e culturale: offrire un servizio alla comunità presso cui si radica la realtà aziendale – gli ingressi sono in genere gratuiti – e promuovere anche forme d’arte che non sono considerate mainstream
Sala da musica acusticamente performante. Interamente rivestita in noce, con 600 sedute Ares Line. Matericità e linee tese abbinate a morbide superfici curvilinee (foto, ©Simon Menges).
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ARES LINE
Würth sceglie l’eccellenza italiana All’interno della sala da musica, un progetto calibrato per ottenere tempi di riverbero ottimali, la poltrona diventa elemento chiave di un sistema acustico che tende alla perfezione. La seduta si integra perfettamente, diventando un unicum con la sala, grazie alla scelta di finiture dall’alto valore estetico. La matericità, data dalla forte componente lignea e la forma, che abbina linee tese a morbide superfici curvilinee, rendono la poltrona un oggetto di alto design creato grazie alla vincente collaborazione tra l’ufficio tecnico Ares Line e l’architetto David Chipperfield.
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› RECUPERO E AMPLIAMENTO
L’EX-OSPEDALE DI MEURSAULT, BORGOGNA
UN GIOIELLO TRA I VIGNETI Emergenza minerale tra i pregiati vigneti della Côte de Beaune, il progetto di Simon Buri e Frédéric Jung trasforma un edificio romanico del XII secolo nel centro di promozione turistica e culturale di Meursault
Sopra il titolo, la corte interna è delimitata dalle maniche dell’ampliamento, in parte appoggiate ai muri in pietra esistenti o ricostruiti (foto a destra). Luminoso e cangiante, l’involucro in zinco Azengar di VMZinc dialoga con la pietra di Borgogna della costruzione originaria. Pagina di destra, in basso, vista del complesso su strada (foto ©Martin Argyroglo).
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Dal 2015 le terre e i vigneti di Borgogna sono patrimonio dell’umanità dell’Unesco, riconoscimento che certifica l’importanza di un paesaggio culturale che affonda le sue radici nell’alto Medioevo, con le prime vigne impiantate su impulso degli ordini monastici cistercensi e benedettini, e nella politica di governo dei secoli successivi, con il welfare dei duchi di Borgogna che consisteva nella costruzione di ospedali/ospizi – la malattia più diffusa era la povertà – come il lebbrosario di Meursault costruito nel XII secolo,oggetto di un progetto di recupero e riconversione ad opera di Jung Architectures sotto l’attenta supervisione del conservatore del patrimonio architetto Simon Buri. Un paesaggio fatto di vigneti, borghi, città e edifici isolati – com’era ovvio che fosse un lebbrosario, da erigersi a debita distanza dal
paese – che sorgono come istanze minerali in mezzo alle verdi estensioni dei vigneti, in una zona dove anche un muro a secco contribuisce a definire uno dei 1.247 climat (le denominazioni di origine controllata) dei vini di Borgogna. Fin dal 1926 tutelato come bene storico ma abbandonato da decenni, alla fine degli anni Novanta l’edificio era stato acquisito dal comune di Meursault per essere trasformato in spazio pubblico, centro di informazioni e luogo di degustazione vinicola nel quadro di un programma di valorizzazione turistica del territorio. Prima dell’intervento, l’antico ospedale è stato oggetto di un’indagine archeologica per riconoscerne le parti originarie, ricostruire l’esatta dimensione e posizione della copertura, comprendere lo sviluppo della
corte interna, delimitata da un recinto in pietra scomparso ma ancora identificabile. L’opera di restauro ha riguardato la ripulitura della pietra delle facciate esterne, valorizzate anche da un piazzale in pietra che separa l’edificio dalla strada, il ripristino e la conservazione degli ambienti dell’ingresso, della cappella e della “camerata dei poveri”, il ripristino di aperture che erano state murate, il consolidamento delle strutture portanti e la parziale ricostruzione di muri esterni. Nell’ingresso si trova ora l’ufficio di informazioni turistiche, mentre la grande sala dei poveri e la cappella sono sede di esposizioni temporanee. Parzialmente appoggiati ai muri in pietra ricostruiti di un chiostro scomparso i nuovi corpi, destinati a sala per eventi e degustazioni, si sviluppano intorno alla corte interna, par-
› RECUPERO E AMPLIAMENTO
Jung Architectures Lo studio, che ha sede a Parigi, è stato fondato nel 2000 dall’architetto Frédéric Jung. Nel corso degli anni Jung ha sviluppato numerose esperienze in interventi di restauro, riuso e conservazione. Lo studio, che si è aggiudicato diversi premi per opere realizzate nei comparti culturale e terziario, comprende al proprio interno un nucleo di progettazione specializzato in ambito museale. In tutte le scale, i progetti di Jung si dimostrano sempre particolarmente attenti al contesto. www.jungarchitectures.fr
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› RECUPERO E AMPLIAMENTO
Prospetto est e sezione trasversale.
zialmente ricoperta da un deck in legno, concludendola verso est e nord. In stile minimale, i nuovi volumi dichiarano la propria contemporaneità evitando ricostruzioni arbitrarie senza per questo assumere un carattere predominante sull’architettura romanica del complesso, mentre il materiale scelto per l’involucro – lastre di zinco aggraffate nella finitura Azengar di VMZinc – dialoga per colore e luminosità
con la pietra di Borgogna della costruzione. Tutt’intorno, compreso nel recinto del cimitero dell’antico ospedale, un vasto spazio verde ai cui margini e stato ricreato un frutteto di cui i rilievi archeologici avevano trovato traccia. Il progetto ha vinto il premio di architettura contemporanea di Borgogna nel 2015, il trofeo Archizinc del 2016 e l’ArchiDesignClub Awards del 2017
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SCHEDA Località Meursault, Côte-d’Or, Francia Progettazione architettonica Simon Buri e Frédéric Jung
Project manager Simon Buri e Jean-Claude Calédonien
Superfici lotto 3000 mq; slp 450 mq Involucro dei nuovi volumi zinco titanio VMZinc, finitura Azengar
Costo 2.800.000 €
Gli ambienti interni del centro culturale di Meursault: il contemporaneo si congiunge all’antico, bucature e aperture ripristinate apportano luminosità e i nuovi materiali entrano in dialogo con il legno e la pietra di Borgogna (foto ©Martin Argyroglo).
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Quando la Materia incontra il Design
Scopri l’ampia selezione di materiali innovativi dedicati al mondo dell’Archit ura e del Design, selezionati in esclusiva per te dalle aziende del Gruppo Bonomi Pa ini Bonomi Pattini Giuseppe e Figli S.p.a. Via Stelvio 9 20814 Varedo (MB) Italy www.gruppobonomipattini.com
› ARCHITETTURA E PAESAGGIO
VILLA MANTA, COSTA SMERALDA
LA RICERCA DELL’ARMONIA Sulla collina di Porto Cervo, tra la spiaggia del Pevero e le alture della Gallura, il progetto di Gaap Studio Associati trasforma, valorizzandone i caratteri originari, una villa per vacanze degli anni Settanta in una residenza da vivere tutto l’anno Senza committente non c’è architettura, ma anche l’edilizia ha bisogno di un committente. La differenza risiede nella sensibilità con la quale un architetto interpreta le esigenze funzionali del committente per tradurle in un’abitazione da vivere serenamente, in armonia con se stessi, con le caratteristiche del luogo e con il paesaggio. Ma a una premessa che sembra scontata solo se – per fortuna – ci siamo già dimenticati degli edifici incontrati durante il nostro ultimo viaggio, questo intervento di rifunzionalizzazione e ampliamento di una villa per le vacanze aggiunge un’altra qualità: quella del rispetto della storia del costruito recente in Italia, di cui il progetto della Costa Smeralda voluto dall’Aga Khan negli anni Settanta rappresenta un esempio notevole. Originariamente residenza estiva bifamiliare edificata su un lotto di circa 5.000 mq, [ 18 ]
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la villa oggetto dell’intervento di Gaap Studio Associati di Camposampiero (Padova) doveva essere trasformata in un’abitazione da vivere tutto l’anno, o quanto meno per lunghi periodi, assolvendo alle esigenze abitative e di svago di più generazioni della stessa famiglia. In particolare, erano richiesti un ampliamento dei volumi conservandone la disposizione su un unico piano, la costruzione di una grande piscina e la riprogettazione degli spazi esterni e a verde. A tutto questo naturalmente si aggiungeva la necessità di ristrutturare l’immobile e di realizzare nuovi impianti per sfruttare le possibilità offerte oggi dal mercato in termini di climatizzazione e di domotica. Il progetto ha prestato speciale attenzione ai volumi e alla distribuzione razionale degli spazi interni, ricercando un’armonia tra le linee pulite e decise dell’architettura esistente e quelle morbide della conforma-
La sezione trasversale del complesso residenziale di Villa Manta. La villa si articola su più livelli tra di loro connessi.
› ARCHITETTURA E PAESAGGIO
La villa, composta da due unità abitative e un parco di 5000 mq con vista su una delle spiagge più suggestive di Porto Cervo, diventa una grande casa unifamiliare da vivere tutto l’anno, dove interno e esterno sono strettamente connessi (foto, ©Fernando Guerra FG+SG).
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› ARCHITETTURA E PAESAGGIO zione naturale del terreno roccioso, creando continuità tra gli spazi interni e quelli esterni. I nuovi volumi sono collocati in posizione arretrata rispetto all’edificio originale, mentre i seminterrati sono stati posizionati all’interno della collina, con la quale si integrano mediante un tetto giardino che minimizza l’impatto ambientale, collegati al corpo principale sia visivamente, attraverso grandi luci vetrate, sia fisicamente grazie alla presenza di un patio interno. La piscina a sfioro, progettata sul fronte principale della casa a creare una scenografia tra cielo e mare, si sviluppa con un disegno fluido ma allo stesso tempo geometrico e razionale con una superficie di 230 mq. Elemento caratterizzante un secolare albero di corbezzolo che emerge dal centro ideale della figura circolare e attorno al quale si sviluppano diverse aree: una zona a spiaggia, un’area gioco per i bambini e la grande vasca per il nuoto. Un impianto di riscaldamento ne consente l’uso tutto l’anno. Il giardino è stato disegnato e realizzato nel rispetto delle presenze rocciose affioranti
Nella foto (©Fernando Guerra FG+SG), una vista dall’alto del giardino e della villa: il giardino è stato realizzato nel rispetto delle presenze rocciose esistenti. Nei disegni, sezione e prospetto di Villa Manta e una pianta dell’abitazione.
dal verde tipiche del luogo e valorizzando le essenze di pregio già presenti all’interno del lotto. Il parco è attraversato da un percorso ad anello che consente di scoprire i diversi livelli dove si trovano le aree gioco, un orto di essenze e frutti rossi selvatici e una zona relax con amache protetta da alberi di corbezzolo e cespugli di mirto. Alle spalle della casa, a un livello superiore rispetto al tetto e in posizione panoramica verso il mare, è stata infine realizzata una terrazza belvedere coperta da una grande vela tecnica. Le finiture proposte e realizzate reinterpretano in chiave moderna i materiali tradizionali utilizzati in Costa Smeralda. L’involucro esterno è in parte rivestito in blocchi di granito di media pezzatura con effetto a secco, in parte con cappotto con rasatura silossanica ad effetto graffiatino tinteggiato di bianco. [ 20 ]
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› ARCHITETTURA E PAESAGGIO
GAAP Studio associati È uno studio di progettazione multidisciplinare che si avvale della collaborazione di architetti e designer e che si occupa di architettura, urbanistica e di interior design. Gaap realizza progetti in Italia e all’estero in ambito residenziale, commerciale, direzionale, per il settore espositivo, alberghiero, nonché nel campo dell’industrial design e degli allestimenti. Gli architetti associati dello studio vantano la partecipazione a numerosi concorsi di architettura nazionali e internazionali ed esperienze progettuali e attività di ricerca in diversi campi di attività. Fanno parte dello studio Anna Pavoni, Alessandro Garzaro e Marco Bulla. www.gaapstudio.it
In alto, un esterno della villa realizzato con murature a secco in blocchi di granito; a lato, un scorcio di un interno con un pavimento realizzato con lastre di grandi dimensioni Bianco Crema e vetrate scorrevoli (foto, ©Fernando Guerra FG+SG).
I pavimenti interni sono stati rivestiti con lastre Bianco Crema Lapitec di grandi dimensioni in finitura Satin, di colore bianco crema, ad eccezione dei pavimenti della palestra e della sala massaggi, realizzati in olmo naturale. Lastre Lapitec anche per i rivestimenti verticali dei bagni con lastre a tutta altezza (250 cm) e per le pavimentazioni esterne, le terrazze prospicienti il salotto e le camere, l’area piscina e il rivestimento interno della stessa, mentre la lounge è in doghe di teak. L’illuminazione naturale ha svolto un ruolo nel processo di progettazione: tutti gli ambienti, compresi i locali seminterrati, godono di luce diretta. Vetrate scorrevoli Skyframe di grandi dimensioni, con vetrocamera ad alte prestazioni e profili ridotti, favoriscono l’ingresso della luce e il dialogo tra ambienti interni e esterni come il lungo corridoio distributivo
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› ARCHITETTURA E PAESAGGIO SCHEDA Opera Villa Manta Località Porto Cervo, Sardegna Cronologia 2012 (progettazione) – 2016 (fine lavori)
Superficie lotto 4.670 mq Slp residenza 520 mq (350 mq f.t. +170 mq seminterrato)
Slp dependance 40 mq Superficie piscina 230 mq Progettazione, Direzione artistica, Direzione lavori GAAP Studio Associati - Anna Pavoni, Alessandro Garzaro, Marco Bulla
Progettazione e direzione lavori delle strutture Ing. Guido Murrighile, Olbia Progettazione impianti elettrici Studio Renato Pellizzari, Montebelluna
Progettazione termotecnica Bruno Rossi, Castelfranco Veneto
Coordinatore della sicurezza Studio Arcad di Giovanni Spano
Fotografie Fernando Guerra FG+SG Superficie del lotto 4.670 mq Superficie interna 400 mq (120 mq al piano seminterrato e 280 fuori terra)
Imprese costruttrici Soc. 74 Costruzioni; Assimpresa, Arzachena Vetrate Wiffa, Merano Arredi su misura Barth Pavimenti e rivestimenti Lapitec, Vedelago, TV
degli ambienti, che è diventato un unicum con il patio esterno. Per gli altri serramenti sono state scelte soluzioni Secco dal profilo in acciaio inox di ridotte dimensioni e doppio vetrocamera, che si sposano con le grandi vetrate scorrevoli. Ovunque, la luce naturale è stata modulata e fi ltrata con diverse tipologie di schermature: vele ombreggianti a protezione delle terrazze esterne; tende oscuranti a rullo con guide nascoste nelle murature all’esterno dei serramenti e tende fi ltranti – decorative in lino nelle camere da letto – all’interno. Tutte le schermature solari sono motorizzate e collegate al sistema domotico che gestisce tutta la casa, dall’illuminazione al
riscaldamento/raff rescamento ai dispositivi di sicurezza fino all’entertainment (una sala cinema interna con schermo ultra-hd da 85” e un sistema acustico che include la lounge e l’area della piscina). Per gli esterni è stata progettata e realizzata un’illuminazione generale a parete – che mette in risalto i contrasti generati dallo spacco del granito – e a pavimento con incassi puntuali di ridotte dimensioni che, lungo il viale del parco, valorizzano scenograficamente gli elementi di pregio del contesto naturale: rocce, monoliti ed essenze vegetali
La luce naturale, componente fondamentale del progetto, è stata opportunamente modulata e filtrata con diversi tipi di schermature: vele ombreggianti; tende oscuranti a rullo; tende filtranti (foto, ©Fernando Guerra FG+SG).
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Lapitec
Purezza e grande formato per i rivestimenti esterni e interni Per villa Manta i progettisti hanno scelto le lastre in Lapitec, la pietra sinterizzata a tutta massa di grande formato: Bianco Crema in finitura Satin per le pavimentazioni interne, alcuni rivestimenti dei bagni e il rivestimento del bordo piscina sagomato; Sahara e Tabacco in finitura Satin in altri bagni e per la spa; Vesuvio – dall’aspetto di un granito fiammato che riduce la scivolosità della superficie - per tutte le pavimentazioni esterne. Per le pavimentazioni è stato scelto un modulo base di dimensioni 150 x 75 cm, adattando poi i singoli pezzi alle dimensioni degli ambienti per ottenere un disegno preciso, mentre nei rivestimenti a parete sono state utilizzate lastre uniche da pavimento a soffitto di altezza 250 cm.
LAPITEC SPA
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AZENGAR
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Architetto: Simon Buri & Jung Architectures
LO ZINCO GREZZO DI VMZINC
SUPERFICI IN RISALTO Più chiaro, più opaco, più naturale, AZENGAR® è il nuovo zinco grezzo di VMZINC®. Con la sua superficie eterogenea ricca di asperità, AZENGAR rinnova l’immagine dello zinco.
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EDILIZIA OFF-SITE E RIGENERAZIONE I TEMPI SONO MATURI PER L’AVVIO DI UNA TRASFORMAZIONE RADICALE DELLE CONDIZIONI TECNICO-ECONOMICHE ALLA BASE DEI PROCESSI EDILIZI
L’efficienza del settore delle costruzioni è ancora troppo bassa; notevoli quindi i margini di progresso, che solo i processi industriali possono garantire. L’esperienza olandese di Energiesprong insegna e inizia a diffondersi in altri paesi europei. Da noi nasce Energiesprong Italia (foto, ©BouwNext).
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Lo scenario che ci restituisce la crisi economica e immobiliare è quello di un Italia con una limitata capacità di spesa e con un patrimonio immobiliare caratterizzato da elevate bollette energetiche e interventi di riqualificazione e manutenzione forzatamente puntuali e purtroppo poco efficaci. Alla mancanza di risorse si somma inoltre uno scarso grado di innovazione e produttività del settore delle costruzioni: mentre l’industria manifatturiera conquistava nuove vette in termini di efficienza, il comparto edile registrava invece un andamento quasi piatto. Ma osservando la situazione da una diversa prospettiva, il potenziale di crescita è enorme: l’avvio di una trasformazione radicale delle condizioni tecnico-economiche alla base dei processi edilizi apre la strada a nuove logiche di produzione e a soluzioni industriali volte a garantire la massima efficienza e sostenibilità. L’Olanda ha fatto delle riqualificazioni a consumo di energia quasi zero (Nzer, Nearly Zero Energy Retrofit) una realtà su larga scala. Energiesprong, letteralmente “salto energetico”, è un progetto di trasformazione del mercato delle riqualificazioni con un approccio rivoluzionario e integrato.
L’obiettivo è quello di creare modelli di riqualificazione ripetibili, sostenibili e indipendenti da incentivi, con un effetto domino su domanda e offerta. Ma come guidare parallelamente innovazione di processo e di prodotto nel comparto edilizio? Energiesprong lo ha fatto grazie ad una task force no profit e indipendente, incaricata direttamente dal governo olandese. Impressionanti i risultati: un accordo tra società di social housing e costruttori per la riqualificazione di oltre 100mila alloggi, consumi zero di energia, 10 giorni massimo per ciascun intervento ed una garanzia prestazionale di ben 30 anni. Il tutto finanziato unicamente dall’abbattimento dei costi in bolletta. L’Olanda non è la sola nel credere fermamente che questa strada non solo sia percorribile ma vada necessariamente percorsa. Il “salto” di Energiesprong è anche geografico: il progetto si sta diffondendo a macchia d’olio e si stanno moltiplicando le iniziative per replicarlo in altri Paesi (Inghilterra, Francia, Germania, Stato di New York e Canada). Anche l’Italia fa parte del gruppo, con Habitech che sta guidando un crescente
gruppo di operatori nel percorrere un processo di innovazione che farà riferimento a quello olandese. Da aprile di quest’anno il gruppo di lavoro italiano di open innovation annovera al suo interno Manni Group, Gruppo Filippetti e Gruppo Focchi, realtà internazionali di bandiera italiana; il mondo dell’energia con Evolvere; la componentistica con Saint-Gobain; l’Impresa Percassi per i costruttori, Eurac come partner scientifico. Sul lato della domanda una significativa rappresentanza dell’housing sociale con Itea Trento e Acer Reggio Emilia. Il gruppo è aperto e altri partner sono all’orizzonte. Energiesprong Italia mira a integrare investimenti di efficientamento sugli edifici esistenti con strategie di gestione e manutenzione di lungo periodo. Il modello di business si basa sulla riconversione dei costi energetici in veri e propri “piani energetici” dove la quota pagata dall’inquilino finanza direttamente gli interventi di riqualificazione dell’immobile grazie al risparmio energetico ottenuto. Un modello dunque nel quale l’appalto è basato unicamente sulla richiesta prestazionale, quella di edifici con consumi Si tratta di un progetto che presuppone un profondo cambiamento dove la chiave di volta della trasformazione è l’edilizia off-site: la produzione si sposta in fabbrica, mentre il cantiere diventa il luogo dell’assemblaggio di parti prodotte industrialmente. Una nuova edilizia dunque, che ibrida la manifattura con il mondo digitale, dimostrando di saper declinare altissima qualità e costi contenuti, industrializzazione con sostenibilità, nuove competenze e automazione. Con un valore aggiunto: quello della qualità architettonica del manufatto edilizio e delle eccellenze dell’artigianalità italiana. Un percorso di innovazione che può offrire importanti opportunità al tessuto economico italiano che, proprio per questo, guarda all’esperienza olandese di Energiesprong come a un modello da seguire.
› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
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dilizia off-site, ovvero componenti realizzati in fabbrica tramite processi industrializzati, in parte automatizzati, e assemblati in cantiere con una
velocità senza precedenti. È stato questo il tema del ciclo di conferenze Rebuild di quest’anno: un’inedita esplorazione di un ambito di grande innovazione per l’edilizia e, potenzialmente, per l’architettura. Industrializzazione e automazione, progettazione digitale e macchine che costruiscono parti complesse di edifici, se non edifici interi, non sono temi scontati, soprattutto dopo un trentennio, fortunatamente non ancora tramontato, di Regionalismo Critico, termine con il quale Kenneth Frampton indicava una modernità che, dopo decenni di fredda e astratta “industria”, riscopriva le radici, i luoghi, il contesto, i materiali e la tecnologia locale. Ma se da un lato si riscopriva un’identità dei luoghi rinnegata per anni, dall’altro, già nel 1995, lo stesso Frampton in Studies in Tectonic Culture documentava la forte incidenza sul costo complessivo di impianti e componenti, evidenziando una tendenza pressoché inarrestabile. Malgrado l’evoluzione degli ultimi anni, almeno per il momento costruire interi edifici tramite tecniche robotiche o di stampa 3D è possibile solo in teoria. Tuttavia è sempre più comune la prototipazione rapida e la realizzazione di parti di edifici e di componenti, anche di grandi dimensioni, su misura e secondo disegni molto complessi. Talvolta questi elementi, come in molte opere di Gramazio&Kohler, vengono dichiarati fino a diventare veri e propri elementi decorativi, spesso di ispirazione biomorfica, completamente costruiti da macchine e fortemente caratterizzanti l’architettura: un procedimento che sembra riprodurre il ruolo dell’industria agli albori del Movimento Moderno. Eugene Viollet Le Duc – architetto peraltro rivelatosi molto influente su proto-modernisti come Louis Sullivan e Frank Lloyd Wright – come buona parte degli ingegneri di fine Ottocento utilizzava
MACCHINE INDUSTRIA COSTRUZIONE
componenti prodotte dall’industria per costruire opere senza precedenti e che avrebbero avuto un’influenza determinante sugli sviluppi futuri. Fino a che punto dunque la capacità attuale di produzione su base industriale, se non addirittura automatizzata, può avere un’influenza sull’architettura? Abbiamo cercato una risposta grazie ai contributi di un innovatore nel campo del progetto e della fabbricazione digitale come Nader Tehrani, di ricercatori nel campo della robotica applicata all’architettura come Fabio Gramazio e Matthias Kohler e nelle risposte di alcuni attenti e significativi esponenti dell’architettura italiana di questi anni. Brunelleschi aveva progettato macchine e sistemi di
L’IMPATTO DELL’INDUSTRIA E DELLA PREFABBRICAZIONE EVOLUTA SULL’ARCHITETTURA Carlo Ezechieli
costruzione senza precedenti per realizzare un’architettura mai vista prima, o fu invece la capacità di concepire e realizzare macchine innovative a rendere possibile una nuova architettura? La risposta non può essere confinata alla semplice risoluzione di questioni tecniche: quello che conta è la capacità di cogliere la realtà che ci circonda e proporne una completamente nuova che, espressa in
Nella foto Pike Loop, fabbricazione in-situ di un’installazione pubblica realizzata con R-O-B, robot messo a punto da Gramazio Kohler Research, Eth Zurich
forma costruita, possa diventare un capolavoro, come appunto la cupola del Duomo di Firenze
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L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE
› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
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La produzione, industriale ma fortemente personalizzata, di componenti edilizie altamente performanti è uno dei risultati della rivoluzione digitale che riguarda anche la maniera di progettare e che mette in contatto i due universi - del progetto e del processo - come mai era avvenuto in passato. Ma in che modo l’innovazione influenza le forme stesse dell’architettura? Lo abbiamo chiesto a undici architetti. Queste le loro risposte.
Gianandrea
Barreca
Sicuramente l’industrializzazione in edilizia, e in particolare la prefabbricazione, ha un impatto notevole sul processo progettuale in ogni sua fase: dal principio, quando vincola il concept alle limitazioni tecniche imposte dalla tecnologia scelta, e fino alla realizzazione dell’opera, dove il controllo del risultato finale viene anticipato dal cantiere all’officina. Il risultato è un processo più laborioso all’inizio, ma sicuramente più affidabile e con meno imprevisti in fase di esecuzione delle opere. A Punta Murena (Alassio) abbiamo progettato nel parco di Villa Brunati 10 unità abitative indipendenti che vanno dai 60 agli 80 mq, con struttura in legno appoggiata su graticci di acciaio e rivestite in doghe di legno di larice bruciato. La struttura lignea delle case viene tagliata in Alto Adige, mentre le travi in acciaio sono realizzate in Liguria. Il tempo di sviluppo del progetto e della prefabbricazione in officina è di circa quattro mesi per ogni unità, e in cantiere in sole tre settimane di montaggio si ottiene l’edificio completo: poichè le criticità vengono affrontate nelle fasi precedenti; rimangono da realizzare solo le finiture interne.
Francesco
Bermond
des Ambrois
L’architettura è l’equilibrata somma di prodotto concettuale e metodologia. Il primo è figlio della cultura di chi lo commissiona, di chi lo produce e degli inciampi della memoria causati da uno schizzo. La metodologia, l’anello di giunzione tra gli agenti che permettono a un concetto di non rimanere sulla carta. L’innovazione tecnologica è uno dei fattori attivati dalla metodologia e il mio modo di fare architettura ne è fortemente influenzato. La mia metodologia, ormai da tempo
I processi costruttivi stanno cambiando. Elementi sempre più complessi – dai pannelli curtain wall fino al modulo abitativo completo – vengono realizzati in fabbrica e assemblati in cantiere. Queste innovazioni incidono sul suo modo di fare architettura?
basata sul Bim, continua a incrementare l’approfondimento in sede progettuale con la generazione di raffinati modelli virtuali che mi permettono di mantenere entro lo spazio virtuale del mio studio il “comando delle operazioni”, evitando di essere strumentalizzato dall’innovazione stessa. Ultimamente ho collaborato con aziende che utilizzano il legno in tutte le sue accezioni migliori e che hanno realizzato, su mio progetto, architetture che hanno rispettato alla lettera i concetti che intendevo esprimere. Per la sopraelevazione della Nuova Sede di Banca Sella ad esempio ho utilizzato pannelli in telaio di legno da 25 mq ciascuno, contenenti parti trasparenti, perfettamente sistemati a 28 metri d’altezza, in copertura di un edificio abitato da 700 impiegati.
Paolo
Caputo
La domanda mi ricorda un’esperienza di progetto di qualche anno fa. Era il 2009 e Rdb mi commissionò un sistema di industrializzazione edilizia destinato al settore residenziale, sostanzialmente basato su modalità costruttive a secco, capace di garantire costruzioni di qualità, con adeguati requisiti di carattere tipologico, morfologico, tecnologico ed energetico, e flessibili sia in termini spaziali sia per la possibilità di implementare soluzioni impiantistiche evolute. Il sistema era tarato su edifici di 10 piani al massimo; i costi di costruzione, intorno a 1.000 euro/mq, non erano un plus particolare a confronto con i metodi costruttivi tradizionali ma il prodotto industrializzato offriva la garanzia di una qualità costante e certificata. Il progetto non ebbe grande fortuna perché purtroppo il lancio sul mercato coincise con l’aggravarsi della crisi economica mondiale, ma in termini di personale esperienza professionale fu al contrario di grande interesse, in quanto il tema mi costrinse a modificare il mio processo creativo e, insieme, logico in
funzione dei futuri percorsi progettuali che i colleghi avrebbero affrontato. In altre parole, dagli obiettivi del sistema discendevano anche, in una sorta di percorso a ritroso rispetto a quanto normalmente accade, quelle regole e vincoli che ogni collega – una volta adottato il sistema – avrebbe poi trasformato in gradi di libertà e creatività per le proprie autonome composizioni.
Mario
Cucinella
Partirei subito da un esempio concreto. Per il sistema costruttivo del progetto ‘Nido d’Infanzia Guastalla’ l’ausilio della progettazione parametrica ha permesso di realizzare portali di dimensioni tutte diverse, che l’azienda esecutrice ha poi prodotto nei suoi stabilimenti con strumenti digitali a taglio numerico. In questo caso si è trattato di portare innovazione tecnologica nel software anziché nell’hardware e questo aspetto nei nuovi processi di progettazione cambia certamente il modo di fare architettura. Oggi la ricerca evolve per offrire risposte sempre più mirate. I nuovi materiali ad esempio, sono esito di un’indagine non più orientata solo agli aspetti estetici della materia, ma cha la indagano nel suo Dna, così che possano avere funzioni di natura anche ambientale: assorbono umidità e riducono gli effetti acustici, mangiano lo smog, immagazzinano energia. L’innovazione è la direzione da percorrere per realizzare città a basso consumo e ad alta qualità di vita.
Enzo
Eusebi
Oggi attraverso il World Wide Web dobbiamo analizzare l’impatto dell’informatica nella città e nella ricerca architettonica contemporanea. È l’informazione che precede l’architettura.
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L’informazione è sempre in-formazione, è una massa fluida che deve prendere ancora forma. Se ci guardiamo intorno tutto si sta muovendo. Credo che la prossima sfida sia il moto dello spazio in architettura e solo l’industria dei processi a secco potrà affrontare questa sfida. Siamo quindi di fronte ad un esaurimento della forma artistica usata in maniera puramente stupefacente. È prossimo invece il ruolo del’Architettura e dell’Ingegneria integrate e partecipi, attraverso la mobilità intesa come trasformabilità dello spazio, ai flussi dinamici economici. In che modo? Noi al Mipim di quest’anno a Cannes abbiamo presentato un’idea di torre trasformabile, elaborata e costruita attraverso uno schema essenziale di elementi geometrici reiterati e modulati secondo proporzioni spaziali standardizzate. Per fare questo, abbiamo composto strutture tipologiche semplici ma che attraverso l’interattività processuale producano modificazioni degli scenari d’uso nel tempo.
Enrico
Frigerio
Si tratta di un’evoluzione della grammatica del progettare e del costruire che apre nuove strade alla creatività, e permette l’invenzione di nuove soluzioni, elevando la qualità del manufatto con una riduzione dei costi e dei tempi di cantiere; un processo che caratterizza da sempre i nostri progetti. Nella centrale elettrica di Terna in via di ultimazione a Capri abbiamo utilizzato la tecnologia del pannello prefabbricato in cemento armato, ma evoluta; finitura e forma del pannello permettono di qualificare l’immagine dell’edificio, che riprende in modo astratto le rocce calcaree del monte su cui si staglia l’edificio. A Parma, nel nuovo headquarter di Crédit Agricole, l’involucro degli edifici è stato realizzato con la tecnologia delle cellule, generalmente impiegata per i grattacieli, in questo caso utilizzata in orizzontale. La soluzione ci ha permesso di elevare le prestazioni termiche e al tempo stesso di ridurre i tempi di cantiere.
Massimiliano
Fuksas
Assolutamente no! Da sempre il mio processo creativo parte da un quadro, io per esprimermi dipingo, e poi passa attraverso
il modello. Adesso, a questi due momenti del mio personale processo lavorativo, se n’è aggiunto un terzo: il mondo della virtualità. Questi tre “momenti” devono risultare completamente amalgamati fra loro perché tutto questo è progetto. La tecnologia è il mezzo, non il fine, ed io la uso senza farmi usare.
Gino
Garbellini La complessità sta nel percorso che il progetto deve seguire per arrivare a un risultato semplice, leggibile, chiaro. In questo senso l’innovazione in edilizia è al servizio di quella complessità, ci aiuta a immaginare l’architettura come la somma di elementi finiti. Più che di prefabbricazione, che rimanda a qualcosa di rigido, immagino la progettazione come l’azione di costruire: pezzo dopo pezzo il progetto prende forma. Un “catalogo” di soluzioni che si compongono liberamente.
Leonardo
Matassoni
La vera domanda sarebbe di carattere esistenziale: è giusto pensare spazi di vita standardizzati? Venendo al merito della questione invece, salvo pochi casi artisticamente rilevanti, come le strutture di Konrad Wachsmann, di Buckminster Fuller o altre opere più recenti, l’industrializzazione dell’architettura mostra ancora il suo limite nella ridotta flessibilità. Il suo criterio base non può che essere la modularità che si presta alle grandi dimensioni e ad architetture assemblate con una logica iterativa, perché solo quando la natura dell’architettura coincide con quella dell’industria la prefabbricazione può dare il meglio di sé! Allora si può garantire un controllo quasi assoluto del processo produttivo con economie di scala legate al numero delle componenti e, attraverso le grandi dimensioni, si può smorzare la rigidità linguistica tipica del criterio generativo. Quando si tratta di architetture di dimensioni ridotte invece, in cui si cerca una qualità spaziale che necessita di grande libertà e soluzioni originali che richiedono manodopera artigianale, le cose sono diverse. Sono due mondi molto distanti per i quali però la stampa 3d ci suggerisce una possibile convergenza futura con un’altra domanda: se si trattasse di industrializzare non tanto le
componenti dell’architettura quanto il suo stesso esecutore materiale?
Massimo
Roj
L’edilizia off-site gioca un ruolo decisivo nell’ottimizzazione dei processi costruttivi, consentendo un sostanziale abbattimento di tempi e un maggior controllo sulla qualità complessiva del prodotto. Tra gli ultimi nostri progetti concepiti in tal senso rientra la futura riqualificazione di un’ex area industriale nella zona sud di Milano, di proprietà di Beni Stabili Siiq: per i nuovi edifici è stata scelta una facciata a cellule prefabbricate altamente performante, che garantisce velocità di esecuzione, ottime prestazioni energetiche nonché ottima qualità estetica finale.
Maurizio
Varratta
In realtà il nostro studio utilizza questo approccio progettuale da sempre. Appartengo a una generazione di architetti per i quali il costruire un edificio passa attraverso un processo progettuale complesso fatto di un continuo “ping-pong” tra progettazione generale e particolare, una progettazione fatta di dettagli; non facciamo immagini ma realizziamo edifici che devono essere più che mai sostenibili sia dal punto di vista energetico che da quello economico. I processi costruttivi richiedono, dal punto di vista economico, tempi di realizzazione brevi, pertanto impongono un iter progettuale multidisciplinare che si avvale di tecnologie realizzative di tipo industriale che passa attraverso elementi anche complessi progettati e realizzati fuori dal cantiere e solo successivamente assemblati come i componenti di una scatola di montaggio. Questo modo di progettare consente di rispettare i budget indicati, attraverso appalti aggiudicati a un valore equo e permette un controllo attento sulla qualità dell’eseguito. Gli studi che scelgono e sostengono approcci più “creativi” in realtà demandano questo processo costruttivo alle imprese, costretti a questo approccio tecnologico per rispettare tempi e costi; a mio parere, in questo modo, a discapito dell’architettura dove pur rispettando l’idea progettuale il risultato è frutto di una mediazione tra la capacità dell’impresa e il valore di aggiudicazione dell’appalto.
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PADIGLIONE HINMAN AL GEORGIA TECH VILLAGE, ATLANTA
METALLO LEGGERO Un progetto di rifunzionalizzazione condotto da Lord, Aeck & Sargent con Nadaaa che salvaguarda il Moderno e che, oggi come allora, fa ricorso a metodi e tecnologie costruttive attuali Il padiglione di ricerca Hinman dopo la rifunzionalizzazione operata da Lord, Aeck & Sargent con Nadaaa sull’edificio progettato da Paul M. Heffernan nel 1939 ispirandosi all’esperienza della Bauhaus (foto, ©John Hilyer).
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Il padiglione di ricerca Hinman del Georgia Tech, progettato nel 1939 dall’architetto Paul M. Heffernan – una figura molto influente nell’impostazione generale del campus, sia a livello didattico che metodologico – era originariamente un grande spazio adibito a sperimentazione e prototipazione in scala reale e parte della facoltà di Ingegneria e Scienze della Terra. Tipologicamente il padiglione Hinman è un grande capannone, alto 15 metri, illuminato dall’alto, dotato di un carro ponte, circondato da aule e ubicato in posizione baricentrica rispetto al campus: un insieme di caratteristiche del tutto favorevoli per realizzare nuovi spazi dedicati ai laboratori di progettazione e alla prototipazione di gran-
de scala, per una facoltà di architettura in costante espansione. A partire da questo insieme di condizioni l’intervento dello studio Nadaa si è sviluppato in base ad una fondamentale questione progettuale: come è possibile costruire sul passato lavorando allo stesso tempo per il futuro? Una domanda che, nella conservazione dell’esistente, presuppone l’adattamento a nuovi e attuali standard di abitabilità, di utilizzo, di illuminazione e di acustica, oltre che, naturalmente, di rappresentatività degli spazi interni. La soluzione, semplice quanto efficace, viene dall’inserimento di tre elementi fondamentali: un mezzanino, appeso al carro
ponte esistente, chiamato the crib (la culla) capace di espandere lo spazio dedicato al progetto. Una nuova scala a spirale, appesa a una trave maestra parte della struttura originaria, che connette gli spazi amministrativi con il grande open space dedicato ai laboratori di progettazione. E un sistema di illuminazione con apparecchi aggiustabili e adattabili grazie a verricelli. Pur sviluppato all’interno di un edificio di quasi ottant’anni fa, le qualità spaziali ottenute sono del tutto contemporanee: è uno spazio propriamente “multi-purpose”, adattabile a funzioni multiple. Ognuno dei tre nuovi elementi-chiave è appeso al soffitto e ogni elemento di arredo è su ruote: un insieme di accorgimenti che rende
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L’intervento ha previsto la realizzazione di un soppalco trasversale, una nuova scala a spirale e un sistema di illuminazione con apparecchi adattabili grazie a verricelli: tutti elementi leggeri e sospesi (foto, ©John Hilyer).
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA SCHEDA Realizzazione riqualificazione e ampliamento dell’Hinman Research building del Georgia Tech Località Atlanta, Georgia, Usa Committente Georgia Institute of Technology, College of Architecture
Superficie dell’intervento 3.328 mq Cronologia 2009 (progetto) 2011 (completamento) Progetto architettonico Lord, Aeck & Sargent in collaborazione con Office dA
Principals Jack Pyburn (Lord, Aeck & Sargent) e Nader Tehrani (Office dA, ora Nadaaa) Project Manager John Kisner (Lord, Aeck & Sargent) e Daniel Gallagher (Office dA, ora Nadaaa)
Direttore di progetto Karen Gravel (Lord, Aeck & Sargent)
Coordinatore di progetto Tom Beresford (Office dA, ora Nadaaa)
Team di progetto Jihan Stanford, Tom Butler, Claire Oviatt, Jim Nicolow, Cobb Quarles, Seth Hammonds, Benjamin Scott, Ben Ridderbos, (Lord, Aeck & Sargent); Jeff Dee, Arthur Chang, Remon Alberts, Brandon Clifford, Jonathan Palazzolo, John Houser, Sarah Dunbar, Samuel Ray Jacobson, Pepe Giner Ivars, Harry Lowd, Marzouq A. Al-Mutairi, Yousif J. Alsaleem (Office dA, ora Nadaaa) Ingegneria strutturale Uzun & Case Engineers (James Case, John Hutton)
Progettazione impiantistica e antincendio Emc Engineers, Officium Design Engineering
Restauro Wiss, Janney, Elstner Associates Ingegneria civile Haines Gipson & Associates Acustica The Sextant Group
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In questa pagina, il soppalco appeso al carro ponte esistente e la scala elicoidale appaiono come una leggera filigrana metallica che non altera la struttura originaria (foto ©John Hilyer); nei disegni, la pianta dell’Hinman Center e l’impianto planimetrico del Georgia Tech Academic Village di Atlanta.
il nuovo assetto del padiglione Hinman, normalmente uno spazio dove sviluppare progetti, anche un luogo per eventi, per conferenze, per la proiezione di fi lm, per i balli di fi ne anno. Sia il vasto soppalco di the crib che la nuova scala a spirale sono elementi leggeri, una sorta di delicata fi ligrana metallica, peraltro disegnata e costruita secondo processi molto evoluti di progettazione e realizzazione. Il concetto di non violazione dell’esistente viene espresso molto efficacemente da queste leggere e complesse strutture. La loro architettura dichiara un approccio fondato sull’attualità di nuovi metodi e tecniche, aprendo un interessante dialogo sull’impronta di un’architettura che, quasi un secolo fa, interpretava la capacità progettuale e costruttiva dell’epoca
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA INTERVISTA A NADER TEHRANI
ATTUALITÀ SENZA TEMPO Un dialogo con Nader Tehrani sull’evoluzione del costruire e su alcune invariabili costanti che caratterizzano la pratica dell’architettura Nader Tehrani, co-fondatore nel 2011 di Nadaaa, è una delle figure più interessanti del panorama architettonico attuale. Il suo lavoro in campo accademico – peraltro contraddistinto da importanti ruoli di direzione e coordinamento – lo ha portato ad avere piena consapevolezza dell’evoluzione, dei temi e delle problematiche dell’insegnamento dell’architettura e ad essere autore, negli ultimi anni, di molti importanti strutture destinate alla didattica – dalla Melbourne School of Design all’Hinman Research Building di Atlanta alla nuova facoltà di Architettura Daniels di Toronto – concepiti secondo criteri innovativi, dando indirettamente quanto letteralmente forma a future generazioni di architetti. In questo dialogo Tehrani affronta il tema di come l’architettura, pur condizionata da tecnologie e processi in costante evoluzione, mantenga una propria resilienza metodologica e creativa, rintracciando, insieme a fonti di ispirazione estremamente attuali, anche le costanti e i principi immutabili che ne caratterizzano la pratica operativa e teorica. Qual è l’obiettivo del tuo lavoro? Il lavoro di Nadaaa è ampio per scala e temi, ma focalizzato in termini di processi e sviluppo concettuale. La storia del nostro lavoro è stata sempre ben radicata nello studio dei materiali e di come la loro costituzione può diventare la base per un sistema di costruzione adattabile a configurazioni molteplici. Come tale – mentre molto del lavoro ben si colloca entro i canoni della composizione e della figurazione – l’obiettivo è sempre stato quello di ricercare tecnologie dei materiali le cui modalità di aggregazione siano indirizzate a questioni di dettaglio, non tanto quale risoluzione di questioni che vengono alla fine del percorso progettuale quanto piuttosto per prefigurare, attraverso i dettagli, le fasi di progetto, la cui versatilità offra destrezza meccanica, spaziale e formale. Questo non significa che non siamo interessati agli aspetti figurativi, ma il nostro obiettivo è sempre stato quello di stabilire relazioni significative tra le parti e l’insieme attraverso processi di configurazione che, in modo ben disciplinato, diano struttura ad uno sviluppo formale più esteso. Molti dei nostri lavori si confrontano con la relazione tra struttura e involucro, cercando di risolvere la dicotomia tra i due termini, rendendoli una sola cosa e allineando le rispettive fasi progettuali e realizzative. Un’ulteriore area di interesse è lo studio approfondito di diverse modalità di costruzione, nell’intento di verificare quanto queste siano funzionali alla realizzazione di un progetto, mettendo da parte la paternità e le decisioni progettuali volte a definire uno “stile” e incanalando l’invenzione progettuale
Dettaglio di Casa La Roca: una parete che, mediando la logica compositiva dello slangenmuur olandese e delle pareti della chiesa di San Marco di Sigurd Lewerentz, integra struttura, illuminazione e controllo del clima in una struttura continua. Alla pagina seguente Entrelac, installazione di Nadaaa per la Amman Design Week: tiranti in lana grezza realizzati a maglia da artigiani locali seguendo criteri di progettazione digitale. Al termine della design week il materiale è stato riutilizzato per realizzare coperte per profughi di guerra siriani.
attraverso i sistemi – dagli Smart Systems alle stesse metodologie di lavoro – che sottostanno alla costruzione degli edifici stessi. Parte di questa ricerca ha preso avvio nell’area della fabbricazione digitale fin dal 1996, quando per la prima volta abbiamo avuto l’opportunità di sviluppare la nostra installazione Fabrications per il Moma. Come si caratterizza oggi il lavoro di un architetto? Data la complessità crescente dei nostri incarichi ci siamo resi conto che uno degli punti critici del nostro lavoro è caratterizzato dal coordinamento della pletora di aspetti tecnici che caratterizzano un progetto e che raramente sono riferiti all’architettura: i sistemi meccanici, i sistemi antincendio, gli impianti idraulici, elettrici e una moltitudine di altre cose che in genere trovano il loro ambito di applicazione nei soffitti. Per questo motivo un’area, importante, alla quale dedichiamo particolare attenzione è diventata la non facile sintesi tra sistemi tendenzialmente inconciliabili. Dedichiamo molta attenzione alla deduzione di relazioni inaspettate tra sistemi strutturali, meccanici e di illuminazione, sia naturale che artificiale, quali veicoli per associazioni inedite. L’aspetto distintivo dei nostri progetti per la Melbourne School of Design, per Daniels e per Banq emerge proprio da questo fondamentale approccio. Vorrei conoscere il tuo punto di vista circa le ricadute sull’architettura dei sistemi di fabbricazione digitali Senza dubbio hanno avuto un impatto formidabile sul modo in cui elaboriamo i progetti e li costruiamo. Oggi, dopo vent’anni di esperienza, la fabbricazione digitale è diventata ormai parte del tessuto delle nostre convenzioni. La possibilità di realizzare forme non standardizzate
è ormai acquisita, come del resto si è arrestata la tendenza ad amplificare le capacità realizzative di questi sistemi fino a farli diventare un motivo di regressione. Nel nostro lavoro abbiamo adottato il mondo digitale in modo giudizioso: utilizzandolo efficacemente nei casi in cui è necessaria la customizzazione di massa e dove diventa più interessante confrontarsi in modo strategico con il contesto commerciale, economico e industriale locale. Naturalmente, uno degli aspetti più radicali della fabbricazione digitale è l’eliminazione delle tolleranze, o almeno la loro drastica riduzione. Questo significa un diverso approccio verso le misurazioni e le relazioni tra le diverse parti della costruzione. La consegna di un progetto è resa molto più semplice attraverso la costruzione off-site e la prefabbricazione a incastro secondo protocolli digitali: tutti elementi che rendono possibile la costruzione di manufatti complessi con molto più controllo. In parte, l’apporto principale del settore digitale è che ha reso raggiungibili cose prima impensabili. Tuttavia, proprio perché ha reso tutto questo possibile, ci ha suggerito di pensare in modo più profondo a ciò che merita riflessione critica, a ciò che merita complessità, a come possiamo portare la disciplina dell’architettura verso questioni che siano allo stesso tempo attuali e senza tempo. Quali trasformazioni dell’industria delle costruzioni pensi siano più promettenti in termini di evoluzione per l’architettura? Penso che dobbiamo confrontarci in modo critico con i nostri strumenti in modo da padroneggiarli dal punto di vista tecnico, ma dobbiamo anche comprendere meglio a cosa ci servono. Penso
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
foto Leo Sorel, Cooper Union
Nader Teherani Nader Tehrani è preside della scuola di architettura dell’Università Cooper Union di New York. Precedentemente professore e capo del dipartimento di Architettura presso il Mit di Cambridge (Ma), è il fondatore e direttore di Nadaaa, uno studio di architettura il cui lavoro è orientato verso l’innovazione nel progetto, la collaborazione interdisciplinare e il dialogo con l’industria delle costruzioni.
sia importante sviluppare un naturale senso di sospetto verso le tecnologie, o addirittura renderle di utilizzo ovvio – non semplicemente di utilizzarle, ma di maltrattarle, interferirle e modificarle per adeguarle ai nostri scopi. Quali sono le tue principali fonti di ispirazione? L’architettura emerge da molti luoghi della mente e certamente da molte sorgenti intermedie tra natura e cultura. È un fair play, e della gerarchia tra le varie fonti credo mi importi poco. In realtà la vera questione non è tanto il come ma il cosa. Mentre l’enfasi viene spesso posta negli aspetti curatoriali creando liste, sfere di gusto estetico e clichè, penso che le fasi più interessanti siano quelle nelle quali è possibile identificare i lineamenti dove le trasformazioni hanno luogo – e qui sto utilizzando il termine “trasformazione” secondo la sua capacità inventiva di prendere convenzioni, manufatti generici e cose del mondo, e poi talvolta, tramite capovolgimenti molto sottili, rivederli sotto forme completamente nuove. Certi schemi che si manifestano nel nostro lavoro possono peraltro essere collegati a fonti di ispirazione che non mi è possibile sopprimere. Hanno a che fare con il desiderio di “configurare” e il bisogno di trovare i percorsi per realizzarlo.
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Ovviamente non tutte le figure sono sempre e necessariamente ben allineate con le modalità secondo le quali l’architettura funziona, viene costruita o con le sue prestazioni. Per questo motivo la nostra ulteriore forma di ispirazione emerge dal modo in cui si pensa, che è spesso allineato con una mentalità investigativa. Pertanto, gli “alibi” per un progetto possono lasciare il passo a linee di ragionamento che sono persuasive, sia ingannevolmente che in modo del tutto innocente. Queste fonti di ispirazione formano una narrativa storica della quale noi stessi diventiamo parte. In questo senso, la narrativa diventa più importante delle realizzazioni stesse; o in alternativa, le realizzazioni sono incorporate in queste narrative ed è necessario scavare per portarle alla luce. Basti considerare i geniali Serpentine Walls dell’Università della Virginia, e come questi, allo scopo di minimizzare l’utilizzo del materiale, presentino un profilo sinuoso e inconsueto. L’accoppiata tra l’impulso figurativo e l’economia di utilizzo del materiale è una sorta di bonus. Naturalmente, dopo un’ulteriore approfondimento, abbiamo compreso la connessione storica tra il progetto dell’Università della Virginia e i muri crinkle crankle della vecchia Inghilterra o lo Slangenmuur olandese, e guardando in avanti, il suo legame con la chiesa di Atlántida di Eladio Dieste. Possiamo anche osservare il curioso sviluppo della tecnologia del mattone nelle mani di Sigurd Lewerentz, operato secondo principi differenti ma con pari insistenza. In Lewerentz osserviamo lo spessore notevole della malta, molto eccendente quella convenzionale. In realtà la malta è distribuita in modo tanto generoso da sfidare la proporzione figura-sfondo fino al punto che la si può definire una parete di malta con qualche mattone che la tiene insieme. Quest’ultima osservazione ci ha portato a sposare lo Slangenmuur con Lewerentz per la Casa La Roca: la casa dove abbiamo utilizzato intervalli disomogenei tra i mattoni (lo spazio normalmente occupato della malta) per permettere il passaggio di luce e aria attraverso un muro strutturale: in sostanza il nostro contributo al racconto è stato quello di integrare struttura, illuminazione e controllo del clima in una struttura continua. Chi sono i tuoi maestri? Mi tengo a distanza dall’idea di un maestro, non certo al punto di affermare che non sia possibile
imparare da grandi pensatori bensì per la volontà di produrre un dialogo, piuttosto che estendere un precetto, un mestiere o una metodologia. In questo senso, immaginare l’architettura come parte di un dialogo critico ha la funzione di portare avanti l’idea di una conversazione con la storia e con il dibattito che genera. Allo stesso tempo resto sempre incantato dalla scoperta delle voci che non si sono allineate direttamente in un canone, come da coloro il cui discorso non è stato mai considerato facilmente digeribile. I meno noti, i più importanti! Sono stato molto influenzato da coloro i cui nomi non sono sempre apparsi nei titoli principali. La fama di alcuni maestri è stata spesso amplificata da relazioni con i media di cui nomi meno noti non hanno mai goduto. Gli “altri” nomi sono ovviamente quelli di altre parti del mondo ma che hanno avuto su di me un’influenza specifica e molteplice: Togo Murano in Giappone; Lina Bo-Bardi in Brasile; Jože Plečnik in Slovenia; Miguel Fisac in Spagna; Luigi Caccia Dominioni in Italia; Julio Vilamajó in Uruguay; Victor Lundy negli Stati Uniti; Robin Boyd in Australia; Clorindo Testa in Argentina. E naturalmente la lista va avanti, continuiamo a imparare tutti i giorni. Curiosamente infine, il modo in cui abbiamo imparato architettura – e la sua storia – qualche anno fa, era attraverso il grande racconto dei protagonisti. Con l’Internet non solo si ha accesso all’informazione in modo più orizzontale, ma anche l’impeto della narrativa sui maestri si è in qualche misura disteso. I nuovi studi si sviluppano su una serie di figure il cui lavoro è stato cruciale per molte regioni o nazioni, e tuttavia sempre ai margini della ribalta internazionale. Il tuo messaggio per il futuro? E per gli architetti? Mantenere le cose semplici e conservare un livello di curiosità sufficiente per disimparare ciò che ormai padroneggiamo. Restare sempre studenti, essere capaci di scoprire qualcosa, di nuovo, sempre. Osservare attentamente il nostro modo di lavorare, anche solo per capire come questo può essere importante non solo nei confronti della disciplina stessa, ma anche per comprenderne il ruolo, ed eventualmente l’importanza, rispetto a un ben più ampio contesto sociale, economico e politico, che si estenda verso il mondo andando oltre la stessa architettura
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intervista raccolta da Carlo Ezechieli
› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
MELBOURNE SCHOOL OF DESIGN
FORGIARE ARCHITETTI
Il vasto spazio interno dell’edificio che ospita i laboratori di progettazione e prototipazione dell’Istituto è modellato da elementi funzionali fortemente caratterizzanti, risultato dell’integrazione tra progettazione 3D e manifattura evoluta. Progetto congiunto di Jwa e Nadaaa
La grande sala dei laboratori della Melbourne School of Design realizzata su progetto degli studi di John Warde e Stephen Mee (Jwa) e di Nader Tehrani (Nadaaa) e un dettaglio dell’elemento architettonico che prolunga verso terra il soffitto (foto, ©Peter Bennetts).
Nel 2009 un concorso internazionale di architettura è stato il punto di partenza per la realizzazione del nuovo edificio della Melbourne School of Design. Alla base del progetto, affidato congiuntamente agli studi Jwa e Nadaaa, stava la volontà di dare forma agli spazi in cui oggi – in un contesto decisamente mutato rispetto al passato – avviene la formazione delle nuove generazioni di architetti. La consapevolezza dei cambiamenti profondi nella pratica della disciplina e il loro impatto sulla configurazione degli spazi dedicati alla didattica erano alla base del brief di concorso. L’utilizzo di sistemi Cad ad esempio dà origine a esigenze completamente differenti rispetto al passato in termini di necessità di spazio, di strumenti, di archiviazione. Strumenti di accesso a
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
In alto, l’esterno dell’edificio della Melbourne School of Design; a fianco, un particolare del sistema delle scale e uno dei laboratori informali realizzati a livello +2 sopra lo spazio espositivo, sui grandi “nasi” che collegano l’edificio al pezzo di facciata neoclassica esterna (foto, ©John Horner).
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1. Small Exhibition 2. Cafe 3. Entry Airlock 4. Foyer 5. Heritage Facade 6. Large Exhibition 7. Void To Below 8. Creek Bed 9. Entry Courtyard 10. Plant 11. Workshop Wet Space 12. Workshop External Space 13. Metal Workshop 14. Spray Booth 15. Workshop Storage 16. Laser Cutting Room 17. Workshop Digital Control 18. CNC Router 19. Workshop Office 20. Model Making Space 21. Workshop Bench Space 22. Machine Workshop 23. Large Lecture Theatre Foyer 24. Library Entry 25. Library Service Desk 26. Library Collaborative Space 27. Returns Room 28. Library Collection 29. High Use Collection 30. Skylight To Library Below 31. Landscaped Berm
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informazioni, tali da poter essere definiti 0 2 come veri e propri sistemi di realtà virtuale, macchine di prototipazione e stampa in 3D sono sempre più parte integrante del processo ideativo. Ed è a partire da questi presupposti che il gruppo di progetto si è proposto di aff rontare il tema approdando a una sintesi progettuale il cui risultato è inedito e alquanto diverso dalla somma delle singole parti. L’impianto generale asseconda l’assetto degli spazi esistenti confermando la continuità delle “stanze” a cielo aperto che formano l’impianto generale del campus. Alcuni elementi singolari, come una facciata di un edificio della Bank of South Wales trasportata e posizionata nel 1938 all’interno del campus – peraltro senza particolare riguardo alla connessione con gli edifici ai quali venne attaccata – è stata integrata all’interno del progetto. Le ampie finestre della facciata vengono espanse e modellate all’interno dell’edificio fino a formare una sorta di “naso”: un’estensione che ospita una sala di lavoro rafforzata dalla presenza di un lungo tavolo che si estende dalle pareti. Un elegante sistema di scale a Y diventa, oltre che elemento plastico, un efficace sistema di connessione tra i vari livelli.
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Sopra, pianta e 20m funzioni del piano terra dell’edificio. A sinistra, il volume dello spazio espositivo è attraversato da elementi architettonici fortemente scenografici. L’impianto generale conferma la continuità delle stanze a cielo aperto cha caratterizza il campus (foto, ©Peter Bennetts).
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA SCHEDA Località Melbourne, Australia Committente Università di Melbourne Superficie dell’intervento 15.772 mq Anno di completamento 2014 Progetto architettonico John Wardle e Stephen Mee (John Wardle Architects) e Nader Tehrani (Nadaaa)
Team John Wardle Architects Stefan Mee (coordinatore), Meaghan Dwyer (associato senior), Stephen Georgalas (capo progetto), Bill Krotiris, Andy Wong, Jasmin Williamson, Adam Kolsrud, Alex Peck, Barry Hayes, Jeff Arnold, Amanda Moore, James Loder, Sharon Crabb, Yohan Abhayaratne, Rebecca Wilkie, Ben Sheridan, Giorgio Marfella, Kirrilly Wilson, Elisabetta Zanella, Adrian Bonaventura, Genevieve Griffiths, Michael Barraclough, Matthew Browne, Maria Bauer, Anja Grant
Team Nadaaa Arthur Chang (coordinatore), John Chow (capo progetto), Katie Faulkner, Daniel Gallagher, James Juricevich, Parke MacDowell, Marta Guerra Pastrián, Tim Wong, Ryan Murphy, Rich Lee, Kevin Lee, Ellee Lee
Architettura del paesaggio Oculus Ingegneria strutturale Irwinconsult Progettazione impiantistica (Mep) Aurecon Group General Contractor Brookfield Multiplex
La copertura a cassettoni dell’edificio offre condizioni ottimali di illuminazione naturale (foto, ©John Horner).
Spaccato strutturale dell’edificio in cui spiccano la copertura a cassettoni, il sistema delle scale, le connessioni ai piani e l’elemento di collegamento alla facciata “storica”. Sotto, sezione prospettica trasversale.
Il cuore dell’edificio è tuttavia la grande sala dei laboratori: uno spazio rappresentativo, dedicato a una funzione primaria ma adattabile a molteplici utilizzi e attorno al quale si sviluppa tutta l’attività della Scuola. La grande copertura a cassettoni, correttamente orientati al fine di ottenere condizioni ideali di illuminazione, si estende verso il basso con un elemento contenente sale speciali di lavoro che, formalmente identificato con il soffitto, funge anche da catalizzatore e fulcro connettivo dell’intero spazio. Tecnicamente, ogni elemento della Melbou[ 36 ]
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rne School of Design è la messa in pratica non solo di metodi avanzati di progettazione, ma anche di una capacità di realizzazione off-site di componenti su misura, che esprime con grande efficacia le capacità produttive proprie di questo periodo storico. Un’opportunità non solo produttiva, ma anche espressiva, resa possibile dalla stessa, notevole, capacità di calcolo che è ormai parte integrante della formazione dei nuovi architetti
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Carlo Ezechieli
FONT Srl - illustrazione di Jochen Schittkowski / Germany
Il pavimento incontra il progetto
Pavimenti tecnici vinilici e in PVC di ultima generazione in legno prefinito, in laminato, in gomma, linoleum e moquettes. Soluzioni specifiche per pavimenti ad uso residenziale, sportivo, industriale, per la nautica, per il settore scolastico, ospedaliero e contract.
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
MONTEGRAPPA 3 MILANO
RILEGGERE L’ESISTENTE Un edificio degli anni Settanta, in alluminio e cristallo, è stato ristrutturato aprendolo alla città e rendendolo permeabile e luminoso. Proprietà Antirion Sgr, tenant Amazon, progetto di Gbpa Architects Per la ristrutturazione della ex-sede Tecnimont di viale Monte Grappa, in zona Porta Nuova a Milano, il progetto di Gbpa Architects ha previsto il totale rifacimento dell’edificio che, all’epoca della sua realizzazione (1975, progetto degli architetti Claudio Longo e Giulio Ricci), intendeva celebrare l’abilità tecnica della società, leader nel campo dell’ingegneria civile e impiantistica. Il complesso terziario esistente era insomma un edificio icona, figlio del suo tempo,
Nel disegno in alto, il piano terra dell’edificio Montegrappa 3 a Milano: in evidenza lo spazio verde di connessione con l’area pubblica creato mediante il processo di sostituzione del volume esistente (accanto, schema del concept). Pagina a fianco, scorcio dell’edificio ristrutturato (foto, Andrea Artoni) e il ritmo dfei frangisole della nuova facciata (foto ©Gbpa Architects).
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ma chiuso all’interno di una corazza di cristallo e alluminio. Il progetto dello studio milanese rovescia il rapporto tra edificio e contesto, aprendolo alla città e riuscendo a creare un equilibrio compositivo tra forme geometriche definite e complessità del luogo. Un risultato che è stato raggiunto con una nuova definizione dei volumi del blocco e con la rivisitazione dell’involucro esterno attraverso la posa di una nuova facciata vetrata in curtain wall, con una partizio-
ne che favorisse la permeabilità e la luminosità interna. La parziale demolizione di alcuni volumi presenti sul fronte est dà oggi luogo a una piazza interna, coperta da una grande pensilina vetrata di 500 mq e caratterizzata da arredi e aree verdi che segnano sia il nuovo accesso al complesso terziario sia l’intenzione di aprirsi alla città con un nuovo spazio pubblico. I piani interrati invece sono rimasti inalterati e destinati, come in precedenza, a parcheggio e impianti; la copertura è stata attrezzata
› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
a board room, con un giardino verde in sommità e pannelli solari e fotovoltaici. Con l’obiettivo di garantire la massima fruibilità degli spazi, il collegamento tra i due edifici che compongono il complesso, fino a ieri realizzato solo su uno dei livelli, è stato esteso a tutti i piani. Per quanto riguarda gli impianti, l’intervento ne ha previsto il rifacimento totale: le nuove centrali tecnologiche, poste ora in copertura e nell’interrato, distribuiscono, attraverso cavedi interni, i fluidi e le alimentazioni ai vari piani. Le facciate, precedentemente realizzate in alluminio e vetro, sono state riprogettate posizionando nuove cellule vetrate di maggiore dimensione dotate di frangisole appositamente studiati per poter riprendere e rileggere in chiave moderna il disegno
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originario. Anche le precedenti schermature degli impianti, realizzate in alluminio e volutamente presenti in facciata già dal progetto degli anni Settanta, sono state attualizzate, attraverso il posizionamento di cellule vetrate progettate ad hoc. La lettura dei ritmi della nuova facciata (per le quali sono stati utilizzati alluminio, vetro e pietra) risulta ora meglio armonizzata e regolata sullo spartito di quella esistente, con la conferma sia dei tagli verticali (attraverso i frangisole reinterpretati con l’uso del vetro serigrafato e di lesene in alluminio anodizzato) che degli elementi orizzontali. L’edificio, che ospiterà gli uffici milanesi di Amazon, è stato progettato per ottenere una classificazione Leed Platinum
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GBPA Architects - Antonio Gioli e Federica De Leva
Sopra, l’ingresso dell’edificio da via Melchiorre Gioia con la pensilina vetrata di copertura (foto ©Gbpa Architects); sotto, sezione e prospetto dell’edificio ristrutturato. Il collegamento tra i due corpi dell’edificio è stato esteso a tutti i piani del complesso.
Gbpa Architects ha sedi a Milano, Londra e Pechino. È una struttura operativa costituita dalle società di consulenza Gbpa (fondata nel 2006) e Gbpa Uk (fondata nel 2015), entrambe amministrate dagli architetti Antonio Gioli e Federica De Leva. Il network Gbpa riunisce professionisti di esperienza internazionale nei campi della progettazione architettonica, dell’interior design, dello space planning e del retail. Grazie alle competenze in tutti i campi dell’architettura e a un approccio trasversale, il team Gbpa è in grado di offrire ai propri committenti servizi completi, dalla larga scala ai dettagli. www.gbpaarchitects.com
› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
SCHEDA Proprietà Antirion Sgr Spa Progettazione architettonica Gbpa Architects Progettisti Antonio Gioli e Federica De Leva Team di progettazione Nicola Borsato, Giulia Sovico, Giorgia Martinoli, Denis Zuffellato, Giovanni Bracchi, Jacapo Cavazza, Milica Cudic
Superficie intervento 40mila mq (di cui 20mila interrati)
Superficie piazza coperta 2.200 mq Piani fuoriterra 10 Piani interrati 5 Elementi facciata curtain wall e frangisole Stahlbau Pichler
Le facciate dell’edificio (foto sopra, il fronte su viale Monte Grappa) sono composte da cellule vetrate e elementi frangisole prodotti off-site su disegno e montati in cantiere (foto, ©Andrea Artoni). Nel disegno, sezione trasversale.
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA MONTEGRAPPA 3 MILANO
TECNOLOGICA E TRASPARENTE Luca Mastropierro, key account manager di Stahlbau Pichler ci parla della realizzazione della nuova facciata dell’edificio Per l’edificio di viale Monte Grappa a Milano Stahlbau Pichler ha realizzato un sistema di facciata a cellule, a costruzione rapida, che ha permesso di posare una media di 18-20 cellule al giorno, per un tempo complessivo di montaggio di soli 4 mesi. Nel complesso si è trattato di posare 8.300 mq di superficie di involucro e 1.550 cellule. L’involucro presenta una trasmittanza termica di 1,15 W/mqK (trasmittanza del vetro (Ug) di 0,9). La stratigrafia vetrata è costituita, dall’esterno verso l’interno, da un vetro di spessore 10 mm, con camera ad argon da 16 mm e da un vetro stratificato, rivolto verso l’interno, di 8+8 mm con Pvb acustico. All’architetto Luca Mastropierro, key account manager dell’azienda di Bolzano, abbiamo rivolto alcune domande sulle caratteristiche tecniche della facciata. Quali sono gli aspetti tecnici e costruttivi più importanti delle facciate dell’edificio di viale Monte Grappa? I frangisole verticali sono sicuramente uno degli elementi caratteristici della nuova sede. Sono costituiti da lesene in vetro serigrafato, con una densità del 50%, ed elementi in alluminio. Per lo scopo è stato utilizzato un vetro extrachiaro temperato stratificato, posizionando due lastre in alcuni casi di 10+10 mm e in altri di 8+8 mm, sempre con interposto Pvb rigido nel mezzo. Tali lesene, pur mantenendo costante la profondità di 40 cm, si propongono con altezze variabili che raggiungono al massimo i 6 metri. Allo scopo di creare una maglia verticale, sono stati inseriti anche elementi frangisole in alluminio trattati con finitura lucida. I frangisole in alluminio hanno una profondità considerevole (50 cm) e
una lunghezza massima di 3,60 metri. Per sostenere sia le lesene in vetro sia quelle in alluminio i profili portanti in alluminio di ogni singola cellula vetrata sono stati appositamente rinforzati. Nonostante ciò e nonostante il fatto che i frangisole siano di elevata profondità e peso, si è operato con un livello di customizzazione molto spinto, per rappresentare correttamente l’idea architettonica che prevedeva questa incalzante disposizione di elementi verticali nei due materiali principali, vetro e alluminio, disposti su ampie porzioni vetrate. Abbiamo quindi adottato soluzioni costruttive tali da esaltare l’estetica del progetto rispettando gli aspetti statici e prestazionali previsti per l’involucro. Com’è stato interpretato il cambio di volto del fabbricato? La facciata precedente apparteneva a un progetto noto a Milano sia perché era sede di una importante società di ingegneria, sia per lo spiccato grado d’innovazione costruttiva. Si trattava di un progetto ingegneristicamente avanzato per l’epoca, ma nel tempo era diventato obsoleto. Va ricordato che la vecchia facciata era caratterizzata da una serie di elementi verticali in alluminio che sono poi stati ripresi nel concept architettonico del nuovo involucro. Questa serie di elementi verticali, che caratterizzano il progetto di Gbpa Architects, vuole in parte rimanere come memoria dell’edificio preesistente, sviluppandosi però con un’accezione estetica e funzionale legata alla tematica della trasparenza. Questo valore emerge chiaramente se si confronta l’aspetto odierno con l’immagine chiusa della facciata precedente.
Luca Mastropierro L’architetto Luca Mastropierro è responsabile commerciale di Stahlbau Pichler dove lavora da oltre dieci anni. Sviluppa e cura le relazioni con il cliente, interfacciandosi in particolare con società di Real Estate e Sgr, progettisti architettonici e strutturali, designer, società d’ingegneria e di project management, mantenendo il rapporto diretto con tutti gli attori coinvolti dal primo contatto fino alla definizione contrattuale. Affianca inoltre il project manager dell’azienda durante la gestione operativa del progetto. Spesso interviene come relatore durante le presentazioni per convegni e conferenze organizzate dall’azienda sia a scopo formativo che divulgativo.
Nel disegno di Gbpa particolare dell’innesto solaio, vetrata a cellule e frangisole come previsto dal progetto e realizzato da Stahlbau Pichler.
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA PRODUZIONE ROBOTIZZATA
LA SPINTA DELL’AUTOMAZIONE SPINTA E se a costruire fossero le macchine? La portata di innovazione delle tecniche digitali di progetto e fabbricazione nelle opere di Gramazio & Kohler Fin dalla pubblicatissima cantina Gantenbein, progetto di una decina di anni fa, Gramazio&Kohler, incaricati del disegno della facciata, avevano saputo trasformare un edificio agricolo convenzionale in un inedito esperimento di “decorazione” digitale. Una sorta di grafica tridimensionale la cui di realizzazione, o perfino il disegno, sarebbe risultata assai difficile tramite tecniche artigianali e manuali. Grazie a sistemi di fabbricazione robotizzata, un disegno di notevole complessità ideativa e realizzativa poteva invece essere trasferito direttamente dal computer a un robot, e realizzato in tempi relativamente brevi.
In questa pagina alcune fasi della realizzazione, mediante un’unità robotica, dell’installazione Pike Loop, un’elaborata parete lunga 22 metri realizzata nel 2009 a Manhattan utilizzando 7mila mattoni (Gramazio Kohler Research, Eth Zurich).
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
Sopra: nel quadro del progetto europeo di ricerca Echord, all’Eth di Zurigo Gramazio Kohker Research ha sperimentato un’unità robotica da cantiere in grado di seguire semplici istruzioni tracciate sul terreno (©Gramazio Kohler Research, Eth Zurich).
Nella successiva installazione Pike Loop Manhattan, come nel più recente Echord del 2012, un “automa costruttore” realizzava una parete di grande complessità secondo un disegno generato da algoritmi. Chi del resto meglio di una macchina può realizzare un disegno parametrico reso possibile, o quanto meno facilitato, da una macchina? Nelle camere centrali del tribunale penale di Bellinzona del 2013, in uno spazio dove la luce assume un’enfasi particolare, Gramazio&Kohler realizzano superfici finemente decorate con motivi di ispira-
zione organica, che diventano un elemento architettonico fondamentale. Le superfici, oltre a collaborare con la luce e assumere profondità “strutturale”, contribuiscono notevolmente a migliorare la qualità acustica degli ambienti. Nel caso del Mobile Robotic Tiling, del 2016, un automa posatore di piastrelle, sollevando operatori umani da mansioni faticose, ripetitive e che richiedono precisione, dimostra che l’automazione e la robotica possono risolvere problemi costruttivi, spingendo allo stesso tempo l’in-
novazione in campo edilizio. Tuttavia, dal punto di vista del progetto di architettura, l’aspetto principale di innovazione legato al lavoro di Gramazio & Kohler non sta tanto nei puri aspetti tecnici, quanto nell’opportunità espressiva che deriva dall’impiego di tecniche di computational design e robotica. Le opere di Gramazio & Kohler si sono finora rivolte principalmente alla realizzazione tramite procedure robotizzate di componenti, alla messa a punto di tecniche di assemblaggio di questi ultimi e solo
Per il tribunale penale di Bellinzona (2009-2013) Gramazio & Kohler hanno realizzato pannelli di rivestimento tridimensionali (accanto e sotto) con disegni generati da un computer (©Gramazio Kohler Architects).
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
di recente alla realizzazione di porzioni di edifici. È il caso di Nest, la sede del Centro di ricerca federale svizzero sui materiali e la tecnologia. Affermare che è stato completato nel 2017 è corretto ma improprio: l’edificio presenta un’ossatura portante, con solai sviluppati intorno a un core centrale, costruita in modo convenzionale, ma i diversi piani sono predisposti per contenere elementi modulari prefabbricati in una logica “plug-in” che trasformerà di volta in volta parti dell’edificio adattandole a diverse e future esigenze d’uso. I limiti della robotica rispetto alla costruzione per intero e di interi edifici, sono tuttora evidenti, tuttavia anche nella seconda metà del 1800 osare l’introduzione di componenti prodotte dall’industria aveva dato un impulso formidabile all’innovazione, approdando infine al Movimento Moderno. Da questo punto di vista il llavoro di Gramazio&Kohler rivela un approccio del tutto promettente rispetto all’affermazione non solo di nuovi schemi produttivi ma anche di nuovi paradigmi stilistici
Mobile Robotic Tiling, progetto congiunto dell’Eth di Zurigo e di Sec-Singapore, è un robot progettato per la posa automatica delle piastrelle (©Gramazio Kohler Research, Eth Zurich, 2016).
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Carlo Ezechieli
A fianco, il Nest di Dübendorf (2017), centro di ricerca e foresteria dell’Ente federale svizzero per la ricerca sui materiali e la tecnologia, presenta una configurazione plug-in: intere porzioni dell’edificio possono essere innestate al core centrale e sostituite per adattarsi a mutate esigenze. Sopra, un interno dell’edificio (foto, ©Gramazio Kohler Architects).
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
PREFABBRICAZIONE NELL’ESANCHE, BARCELLONA
COSTRUIRE SUL COSTRUITO Un’iniziativa urbanistica e imprenditoriale che propone procedure costruttive industrializzate a prefabbricazione spinta. Dal progetto alla realizzazione trascorrono solo pochi mesi La Casa por el Tejado, un’espressione che significa costruire una casa dal tetto, ovvero secondo una logica che sovverte i criteri convenzionali, che vogliono invece una casa costruita dal basso e dalle fondazioni. Il concetto è semplice: niente di più logico nelle città europee, completare l’esistente su fondazioni già costruite, a partire appunto dal tetto. L’obiettivo, oltre a quello di una maggiore coerenza volumetrica e visuale delle cortine stradali, è anche quello di ridurre gli sprechi. Una città densa è infatti molto più efficiente di una città dispersa, le sole nuove urbanizzazioni sono economicamente e ambientalmente impattanti, la gestione di traffico e servizi assai critica. La Casa por el Tejado, che è anche il nome di un’iniziativa imprenditoriale e di ricerca, propone invece un modello urbano a tre livelli strettamente correlati basato su un sottosuolo contenente reti e servizi, un piano stradale dedicato [ 48 ]
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA
foto ©Ariel Bercovich
Joan Artés Si laurea in Architettura nel 1988 all’Escuela Superior de Arquitectura di Barcellona (Universitat Politècnica de Catalunya). Attualmente è docente presso la facoltà di Scienza e Tecnologia delle Costruzioni della Escola d’Enginyeria i Arquitectura La Salle-Universitat Ramón Llull. Esercita la professione di architetto da più di trent’anni come titolare dello Studio Tesgat, con il quale ha progettato e costruito edifici residenziali, terziari, pubblici, sportivi, industriali e persino penitenziari. Tra i progetti più significativi l’hotel Paseo de Gracia e l’hotel Actual, nel centro di Barcellona. I committenti sono aziende private o istituzioni pubbliche come il Comune di Barcellona, il Governo Autonomo della Catalogna o la Radio Televisione della Catalogna. Nel 2012 fonda l’impresa La Casa por el Tejado, con l’obiettivo di sopraelevare edifici nel centro di Barcellona, utilizzando un sistema di costruzione modulare off-site. Nel 2014 viene completato il primo cantiere, mentre comincia l’espansione del progetto in altre città spagnole ed europee. www.lacasaporeltejado.eu
In apertura, l’inserimento del nuovo volume nella cortina di Calle Enric Granados a Barcellona e, sotto, due immagini degli interni. Si tratta di una struttura prefabbricata prodotta industrialmente in stabilimento e completa di impianti e fitting interno (foto esterni ©Oriol Vives; interni ©Jose Hevia). Nei disegni, sezione, prospetto e funzionamento delle schermature solari.
allo spazio aperto pubblico, e un livello in elevazione privato e migliorabile attraverso interventi di ristrutturazione o soprelevazione, quest’ultimo proposto in alternativa, e in contrapposizione, alla nuova edificazione. Alla base di tutto, procedure di costruzione altamente industrializzate e prefabbricazione spinta al punto di realizzare intere unità abitative trasportabili e direttamente collocabili sui tetti esistenti. Il “terreno” applicativo è stato finora l’Ensanche di Barcellona dove La Casa por el Tejado ha stimato la possibilità di realizzare circa 2.000 interventi di sopraelevazione. Le case erette nell’Ottocento in base al piano Cerdá sono costruite in muratura pesante e sufficientemente solide per sopportare il peso, del tutto modesto, di una casa realizzata in legno e acciaio, fuori cantiere e secondo tecniche di industrializzazione. Divisa in enormi “componenti”, la casa viene trasportata su un autoarticolato fino al
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› INDUSTRIALIZZAZIONE EDILIZIA E ARCHITETTURA SCHEDA Località Calle Enric Granados, 69 (Barcelona) Intervento installazione di due piani (quarto e attico), ristrutturazione parti comuni e installazione ascensore
Sviluppo La Casa por el Tejado Progetto architettonico Miba Arquitects DL e esecuzione AT3 Oller Peña Consulenza ambientale Societat Orgànica Superficie attico 86,94 mq Superficie terrazza 14,97 mq Superficie parti comuni 11,77 mq
cantiere, dove viene letteralmente “posata”, eseguiti gli allacciamenti e resa agibile nel giro di giorni. Dal progetto al completamento questo tipo di progetto richiede in media 4 mesi. Anche se trasportare componenti di dimensioni importanti come quelle di Casas por el Tejado, all’interno di un denso tessuto urbano, non è semplice né scontato, le tecniche per il momento del tutto adatte alle ampie strade dell’Ensanche possono facilmente essere rese idonee
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per molte altre città europee, anche caratterizzate da differenti condizioni di densità e tessuto. Resta il fatto che il concetto di industrializzazione e razionalizzazione dei processi costruttivi, completamento e aumento di densità della struttura urbana e il concetto di casa “plug-in” aprono prospettive inedite che non tarderanno a ripetersi e concretizzarsi in molti altri contesti
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Carlo Ezechieli
Sopra, altre mmagini della sopraelevazione completata (foto, ©Jose Hevia). Foto in basso, fasi di cantiere (ph. © O. Artés).
LEARNING FROM MILANO 10 ANNI E 10 MILIARDI DI EURO. È LA DIMENSIONE ECONOMICA E TEMPORALE DEI PROCESSI DI TRASFORMAZIONE IN PROGRAMMA O GIÀ IN CORSO OGGI A MILANO CHE SI AGGIUNGONO A QUELLI COMPLETATI NEGLI ULTIMI ANNI E CONTRIBUISCONO A RENDERE ATTRATTIVA ANCHE SUL PIANO INTERNAZIONALE LA CITTÀ. RICERCA, FORMAZIONE E SANITÀ SI AGGIUNGONO ALLA MODA E AL DESIGN COME DRIVER DEL PROSSIMO SVILUPPO URBANO
Carlo Stanga, illustrazione tratta da “I am Milan”, Moleskine
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IMPARARE DA MILANO STEFANO BOERI: LA CITTÀ CHE CAMBIA STATALE E HT PREPARANO IL POST EXPO CITTÀ STUDI 2.0 SANAA PER IL CAMPUS BOCCONI
60 LA CATTOLICA RADDOPPIA 60 A SUD, L’HUMANITAS UNIVERSITY 61 IL NUOVO OSPEDALE POLICLINICO 62 MILANOSESTO, LA CITTÀ DELLA SALUTE 64 PENSARE LA CITTÀ METROPOLITANA
› LEARNING FROM MILANO
IMPARARE DA MILANO Milano città in movimento. Nonostante la crisi, il capoluogo lombardo è tornato a essere il traino economico del Paese. E il cambiamento si percepisce anche dalle nuove realizzazioni, dai nuovi spazi pubblici, dalle nuove architetture. Una città che oggi è in grado di competere, più di prima, con le altre grandi città metropolitane d’Europa. Non solo lo skyline della città è cambiato, ma si sono anche modificate alcune centralità: in breve tempo le funzioni attrattive sono diventate Porta Nuova, con i grattacieli di Pelli e di Boeri e con le realizzazioni di De Lucchi e di Cucinella. Centralità che domani molto probabilmente cambieranno ancora sede per spostarsi a piazza Tre Torri, il nuovo spazio pubblico che sorge sulle aree della Fiera Campionaria di una volta, dove sono cresciuti i grattacieli firmati Hadid e Isozaki, in attesa di quello di Libeskind. Una città che vive ancora sull’onda del successo internazionale dell’Esposizione universale 2015: un esito positivo che fa sentire i suoi benefici effetti. Una città, Milano, che ha deciso di ridisegnare anche i margini della cintura ferroviaria attraverso l’operazione di riqualificazione urbanistica degli ex scali: sette aree non più utilizzate dal sistema ferroviario milanese che valgono un milione e duecentomila metri quadrati. Un altro tassello importante per disegnare la Milano dei prossimi quindici-vent’anni.
Città Metropolitana
3.218.201 abitanti
134 comuni - 7 zone omogenee 1.576 kmq € 26.412 reddito pro-capite
Milano
1.351.562 abitanti 9 municipi
In questo panorama ricco di esperimenti e di nuove realizzazioni, anche le politiche pubbliche sembrano aver trovato nuovo slancio. La sanità pubblica da un lato e il sistema dell’istruzione universitaria dall’altro sono diventati anch’essi, con le loro nuove localizzazioni, motori del cambiamento. Si è riproposta, insomma, una vocazione storica, che ha visto ad esempio le università e gli ospedali come soggetti di trasformazione della città. Contemporaneamente, va avanti l’idea di realizzare, sulle aree di Expo2015, la nuova Città della Scienza, vale a dire la localizzazione di undici facoltà scientifiche dell’università Statale e la realizzazione dell’Human Technopole, il polo scientifico dedicato alle neuroscienze, all’alimentazione e alla biologia. Ma gli esempi di tale modernizzazione non finiscono qui. Anche le altre università, quelle private – Bocconi, Humanitas, Cattolica, Iulm – rappresentano importanti fattori di cambiamento e contribuiscono anch’esse, con i loro piani di sviluppo, a produrre (quasi sempre) buona architettura. In queste pagine vogliamo raccontare, con l’aiuto di qualche immagine, i tratti e i protagonisti di questo cambiamento milanese.
296.404 imprese attive 3599 multinazionali (32,6 % del totale Italia) Milano Italia 1075 start-up innovative (15,8 % del totale Italia) Milano Italia 14.464 industria culturale (13,8 % del totale Italia) Milano Italia
182 kmq
Addetti
€ 30.611
Fatturato
reddito pro-capite
1.949.809 450 €/mld
Fonte: Milano in cifre, Camera di Commercio di Milano, 2017
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› LEARNING FROM MILANO INTERVISTA A STEFANO BOERI
LA CITTÀ CHE CAMBIA Expo è stato il pretesto e la manifestazione più evidente dei processi di cambiamento che si erano già messi in moto da tempo a Milano, trasformando in opportunità di sviluppo le eredità di un trascorso industriale che aveva dato forma alla città dello scorso millennio. Rendendola più attrattiva e mettendola in grado di competere a livello internazionale con città che assumono sempre di più la natura di Stati all’interno delle rispettive nazioni. Come ricorda anche Stefano Boeri, che la paragona a Londra. Ma se c’è una Greater London, oggi la Grande Milano è forse l’incompiuta della città metropolitana?
Architetto e urbanista, Stefano Boeri fonda nel 1999 Boeri Studio insieme a Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra. Nel 2008 nasce Stefano Boeri Architetti (partner fino al 2016 Michele Brunello) e nel 2013, con Yibo Xu, Stefano Boeri China, con sede a Shanghai. Il suo lavoro spazia dalla produzione di visioni urbane alla progettazione di architetture e spazi aperti con una costante attenzione alle implicazioni geopolitiche e ambientali dei fenomeni urbani. Le realizzazioni più note sono il Bosco Verticale di Milano, la Villa Méditerranée di Marsiglia e la Casa del Mare a La Maddalena. Nel 2009, con Richard Burdett, Jacques Herzog e William McDonough,viene chiamato a far parte della consulta degli architetti di Expo 2015, incaricata della progettazione del concept masterplan per l’esposizione milanese. Attualmente il suo studio è impegnato in progetti internazionali come il masterplan per Tirana, la realizzazione della Tour des Cedres presso Losanna, il piano generale della Repubblica di San Marino e progetti pubblici e residenziali in Cina che riprendono l’idea del prototipo milanese del Bosco Verticale. Dal 2011 al 2013 Stefano Boeri è stato Assessore alla Cultura del Comune di Milano.
SB: la città metropolitana è oggi soprattutto una definizione amministrativa; in realtà la Grande Milano esiste già. Milano è infatti al centro di una vasta regione urbana che a nord confina cen la regione di grandi laghi prealpini, a sud asrriva a Piacenza e al Po e a est e ovest è perimetrata dai corsi dell’Adda e del Ticino. Un territorio pianeggiante, abitato da quasi 10 milioni di persone e da una moltitudine di imprese che condividono una antica storia di sviluppo industriale e produttivo (il tessile a ovest, il legno a nordest, l’agricoltura a sud...). Milano è insieme il principale nodo verso cui convergono le attività diffuse in questo territorio e il loro
epicentro generatore, in quanto polo dove si concentrano le attività direzionali, di ricerca e sviluppo e i grandi servizi culturali e sanitari. La metropoli è già qui, anche se la politica sembra non essersene accorta... Recentemente hai sottolineato la necessità per il Paese di dotarsi di un City Act capace di affrontare i grandi temi che affliggono le città, primo tra tutti quello della povertà e dell’emergenza abitativa. Cosa può fare Milano in questa direzione? SB: dovrebbe prima di tutto affrontare e risolvere le aree di disagio estremo che sussistono al proprio interno, anche in aree centrali o semicentrali; penso ad esempio a via Gola, a pochi passi dai luoghi della movida dei Navigli o al quartiere Mecenate, vicinissimo al nuovo polo culturale di Porta Romana. Per far questo, Milano deve accettare la doppia sfida della generosità e dell’innovazione: deve saper essere innovativa nell’inventare nuovi servizi, nuove infrastrutture e nuovi modi di abitare; generosa nel favorire processi di progettazione partecipata e condivisa con i quartieri e le associazioni, creando così le risorse necessarie ad affrontare squilibri inammissibili per una città che vuol essere attrattiva a livello internazionale. In questo modo potrà essere metropoli trainante anche nella proposta di un modello nazionale capace di affrontare le emergenze abitative e le situazioni di degrado. Ma dove trovare le risorse per un tema che forse non è in cima alle priorità del mondo della finanza? SB: beh, non dimentichiamo che Milano è la patria della Fondazione Cariplo, che ha finanziato la maggior parte dei progetti di housing sociale fin qui realizzati. È evidente che i tempi del “tassa e spendi” appartengono a un’epoca che sta alle nostre spalle ma Milano ha saputo andare oltre il classico binomio pubblico o privato: investimenti pubblici ragionati, con un ritorno atteso e dunque non spesi a fondo perduto, hanno messo in moto un circolo virtuoso che ha richiamato l’interesse di investimenti privati anche internazionali. Siamo diventati una metropoli attrattiva nei servizi e nella qualità della vita, anche se manca ancora un passaggio fondamentale: quello di diventare una Metropoli aperta ai giovani di tutto il mondo. A questo potrebbero servire aree come quelle degli ex scali ferroviari? SB: esattamente. Quella degli scali è una delle grandi occasioni per la Milano che
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› LEARNING FROM MILANO verrà. Oggi a Milano i giovani arrivano per studiare ma quasi sempre non si fermano, anche perché mancano spazi e strutture adeguati alle loro esigenze. Studenti, ricercatori, nuovi artigiani sono la linfa vitale che rende competitiva una città. L’energia e le idee che possono portare sono le premesse del suo sviluppo futuro. Gli ex-scali sono l’ultima occasione, perché non è più tempo di pensare alla città come un insieme di oggetti urbani separati. Per
Per gli ex-scali ferroviari Stefano Boeri ha elaborato la proposta “il fiume verde” (nel render, una visione per l’area dello scalo di Porta Romana), un progetto di trasformazione che riguarda tutta la città e che prevede anche la realizzazione di una metropolitana leggera di superficie, la circle line, affiancata da percorsi di mobilità dolce.
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questo il concept del Fiume verde, frutto di un lavoro di team che oltre al mio studio ha coinvolto Arup, Quinzii Terna Architettura, Mobility in Chain e Laura Gatti è un progetto infrastrutturale continuo che abbraccia tutta la città e che aff ronta allo stesso tempo le questioni legate alla mobilità, all’ambiente, all’energia e alla futura domanda abitativa. Con questo hub di interconnessioni, la futura metropolitana di superficie della Circle Line sarà collegata
al sistema di trasporto urbano e regionale; incrementando la quota di verde il parco lineare del fiume verde migliorerà la qualità dell’aria; e un sistema di geotermia diff uso fornirà l’energia termica sufficiente a climatizzare le nuove abitazioni, disponibili anche in affitto per la popolazione giovane, qualificata, mobile e internazionale che sceglierà Milano nei prossimi vent’anni per la sua qualità di vita
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La proposta progettuale del Fiume Verde prende in considerazione aspetti ambientali, abitativi e di connessione con la città esistente. Nei diagrammi, da sinistra, analisi del verde pubblico disponibile per le diverse zone della città; i fabbisogni energetici (affrontati con la geotermia); i poli che potranno attivare la vita sociale.
› LEARNING FROM MILANO UNIVERSITÀ E RICERCA
STATALE E HUMAN TECHNOPOLE PREPARANO IL POST EXPO Undici facoltà scientifiche si trasferiranno da Città Studi nell’area a nord di Milano. Un’operazione urbanistica che vale oltre 300 milioni di euro e che porterà 18mila studenti e 1.800 ricercatori. Accanto sorgerà il parco tecnologico e di ricerca scientifica voluto dal governo
Nel diagramma di Kengo Kuma, la mappa delle principali università milanesi. Il piano dell’Università Statale prevede il trasferimento delle facoltà scientifiche dal quartiere di Città Studi all’area a nord ovest urbanizzata per ospitare l’Expo 2015.
La principale novità nel panorama delle trasformazioni urbane (e universitarie in particolare) di Milano è rappresentata dalla delocalizzazione delle facoltà scientifiche della Statale sull’area di Expo. Si tratta di un’operazione di grande portata per la creazione di un nuovo campus universitario. L’esigenza di un nuovo spazio didattico e di ricerca nasce dall’obsolescenza e dalla frammentazione delle sedi delle attuali facoltà scientifiche dell’Università Statale, oggi dislocate a Città studi, nella zona est di Milano. Da queste e altre considerazioni nasce S4C, Science for Citiziens: un campus capace di unire ricerca, formazione e condivisione
delle conoscenze al servizio della comunità, che dovrebbe ospitare undici facoltà: biologia, biotecnologia, medicina sperimentale, farmacologia, agroalimentare, scienze della terra e scienze dure, chimica, fisica, matematica, informatica e scienze motorie. Il masterplan di Kengo Kuma e Boston Consulting Group, che ne ha curato la fattibilità economico-finanziaria, ha previsto un insediamento di 150mila metri quadrati, su cui sorgeranno edifici che dovranno ospitare aule, laboratori e sale riunioni per circa 18mila studenti, 1.800 ricercatori e 500 impiegati amministrativi, per un costo di realizzazione che varia da 360 a 380 milioni di euro: 130 milioni provenienti dai
fondi dell’ateneo, 100-120 dall’alienazione di alcuni edifici di Città studi e da un fondo immobiliare della Cassa depositi e prestiti e 130 da risorse pubbliche. Il tutto, secondo i piani del rettore Gian Luca Vago, dovrebbe essere pronto per l’inaugurazione dell’anno accademico 2022-2023. L’area di Expo2015 ospiterà anche lo Human Technopole, un parco tecnologico e di ricerca scientifica che si svilupperà su un’area di 30mila metri quadrati: un hub per le eccellenze nei campi delle scienze della vita, della cura, delle biotecnologie, dell’agroalimentare, della nutrizione e dei big data. Una struttura di ricerca avanzata, fortemente voluta dal governo Renzi e guidata
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› LEARNING FROM MILANO
dall’Istituto italiano di tecnologia di Genova. Un investimento di 1,5 miliardi di euro in dieci anni, sostenuto interamente dello Stato che porterà sul sito 1.500 ricercatori. Anche un ospedale per il post Expo Tra le novità in campo dell’edilizia ospedaliera vi è anche la realizzazione della nuova sede dell’ospedale Galeazzi, che ha depositato la manifestazione di interesse presso gli uffici di Arexpo (vedi box). Il giro d’affari del dopo Expo Secondo i ricercatori dell’European House Ambrosetti, Human Technopole, Statale e Galeazzi produrranno, una volta a regime, un giro d’affari di circa sette miliardi di euro e 6.700 posti di lavoro. Il post Expo potrebbe diventare, insomma, un volano di sviluppo decisivo per il Paese. Va anche detto che l’attrattività del sito sta producendo interesse da parte gruppi internazionali come Ibm, Nokia, Novartis, Bayer, Roche e di multinazionali del settore delle tecnologie, che vedrebbero volentieri un loro insediamento in un sito in cui sarebbero presenti centri di ricerca e università scientifiche. Intanto, Arexpo, la società proprietaria delle aree, ha da poco chiuso le offerte e in autunno, dopo il vaglio di una commissione di esperti, si procederà all’aggiudicazione dell’incarico di redazione del masterplan sulle base delle proposte avanzate
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Nel masterplan di massima, in arancio gli spazi che si prevede verranno occupati dall’Human Technopole e in grigio quelli previsti per le facoltà scie3ntifiche e gli uffici amministrativi dell’Università Statale di Milano (©Kengo Kuma). Se approvato, l’edificio dell’ospedale Galeazzi sorgerà invece nella zona ovest dell’area, presso Cascina Triulza.
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UNA TORRE DI 15 PIANI PER IL GALEAZZI Tra le novità in campo dell’edilizia ospedaliera milanese vi è sicuramente la realizzazione della nuova sede dell’ospedale Galeazzi, che ai primi di agosto ha firmato il contratto preliminare con Arexpo per l’acquisto di un’area di circa 50mila metri quadrati di superficie (il nosocomio è nella galassia del gruppo Rotelli). Gli amministratori dell’ospedale milanese contano di realizzare la loro nuova sede in circa tre anni e di dar vita a una struttura sanitaria cosiddetta generalista (non più solo specializzata nell’ortopedia). Si tratterebbe di un edificio di 15-18 piani, con 500 posti
letto, 20mila metri quadrati di superficie, 25mila di parcheggio e un parco di 12mila mq. Il tutto posizionato - questa almeno è la richiesta della proprietà motivata dalla volontà di disporre anche di un pronto soccorso - a ridosso delle stazioni ferroviaria e di metropolitana, vicino a cascina Triulza. Un’idea, quella dei titolari della struttura ospedaliera, che si sposa con l’altro importante tassello del post Expo rappresentato dall’insediamento dell’Human Technopole: il nuovo Galeazzi si troverebbe sotto casa una fucina di bioingegneri alla quale attingere per costruire la medicina del futuro.
› LEARNING FROM MILANO IL QUARTIERE E IL CAMPUS
CITTÀ STUDI 2.0 Lo spostamento delle facoltà scientifiche in Expo e la nuova localizzazione dell’Istituto neurologico Besta e dell’Istituto dei tumori a Sesto San Giovanni cambieranno la natura del quartiere est della città. Ecco le idee del Comune per la nuova cittadella universitaria e le proposte di Renzo Piano per la nuova facoltà di architettura
La proposta progettuale di Renzo Piano per il nuovo campus della facoltà di Architettura di Milano su via Bonardi (©Rpbw Renzo Piano Building Workshop).
Sarà forse questo il nome del nuovo campus che sorgerà sugli spazi che tra qualche anno verranno lasciati liberi con il trasloco parziale di Città studi nell’area di Expo. Si tratta di un complesso di edifici realizzati per la maggior parte tra 1927 e il 1935 (Medicina, Agraria, Veterinaria), che ha visto nei decenni successivi diversi episodi di ampliamento (nel 1959 Fisica, nel 1970 Farmacia su progetto di Vico Magistretti): 250mila metri quadrati di aule, laboratori, uffici, spazi comuni delle undici facoltà scientifiche attualmente ospitate nel comparto est della città. A queste superfici si sommeranno inoltre le aree e gli edifici che l’Istituto di ricerca neurologica Besta e l’Istituto dei Tumori lasceranno liberi una volta che sarà pronta la loro nuova sede nella Città della Salute, che lentamente sta muovendo i suoi passi sulle aree degli ex stabilimenti Falck di Sesto San Giovanni. Il sistema universitario pubblico milanese è di fronte quindi a una duplice sfida: creare un nuovo campus in Expo e ripensare un pezzo importante del quadrante di Città studi all’interno della città costruita, composto
di edifici storici dedicati all’insegnamento, che cercano una nuova vita attraverso un’operazione di valorizzazione immobiliare e di restituzione di spazi alla città. E proprio l’apertura alla città e ai residenti delle attuali strutture universitarie è il tema oggetto del dibattito odierno a Milano. Un dibattito che vede impegnato il Comune, che ha affidato al Politecnico di Milano e all’ex assessore comunale all’Urbanistica, Alessandro Balducci, docente dello stesso ateneo, il compito di definire il futuro del quartiere attraverso la ricognizione delle esigenze e delle possibili risposte per guardare in modo nuovo alle esigenze della didattica, alla necessità di Statale di valorizzare alcuni immobili e di aprire la cittadella ai residenti della zona, con servizi culturali e di intrattenimento che facciano vivere il quartiere non solo nei giorni e nelle ore di studio, ma anche la sera e nel fine settimana. Tre le fasi ipotizzate dall’ex pro-rettore del Politecnico: la prima di analisi dettagliata degli spazi e dei tempi di trasferimento; la seconda di confronto con il quartiere e il coinvolgimento degli abitanti; terza e ultima fase
il dialogo con gli attori locali: il Demanio, proprietario di alcuni edifici della Statale, e la Cassa depositi e prestiti per i progetti di valorizzazione di alcuni strutture universitarie. Un lavoro propedeutico alla redazione di un vero e proprio masterplan. Si tratta di ripensare dopo circa un secolo un intero pezzo di città, aprendolo a nuove funzioni, ricercando rapporti anche con le imprese che già operano con il sistema universitario milanese della zona. Secondo Balducci le due iniziative, quella del campus della Statale in Expo e la riconversione di Città studi «sono due operazioni strategiche per il futuro di Milano: è fondamentale che vengano affrontate insieme». Intanto, lo stesso docente del Politecnico anticipa a IoArch alcune possibili soluzioni. La prima riguarda l’interesse del Politecnico di Milano, attuale dirimpettaio di alcune facoltà della Statale, di ampliare i propri spazi didattici, della facoltà di Economia dell’università Bicocca di trovare sistemazione in una zona più centrale e della stessa Statale di alienare la sede della facoltà di Scienze Politiche e di trasferirla in Città studi. Sorte
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› LEARNING FROM MILANO
diversa spetterebbe a un comparto universitario di più recente formazione, che verrebbe posto sul mercato per una alienazione redditizia. Infine, il Demanio, che sarebbe interessato ad acquistare le aree di via Golgi e di via Ponzio per localizzare a Città Studi alcune sedi di uffici pubblici come il comando dei Vigili del fuoco, la sede dell’Agenzia delle entrate, gli uffici dell’Istat e della Motorizzazione. Sessantamila metri quadrati
Il masterplan di Città studi con l’ampliamento della facoltà di via Bonardi (a nord) e, sopra, sezione estovest del campus di Architettura (©Rpbw Renzo Piano Building Workshop).
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per realizzare il Federal building milanese, un insediamento di 1.600 persone occupate. «Se consideriamo i numeri degli studenti attuali in Città studi e quelli previsti nel prossimo futuro – afferma Balducci – possiamo concludere che il pareggio è pressoché assicurato, mentre gli spazi per ospitare le nuove funzioni ci sarebbero. Inoltre, per uno dei due edifici degli attuali istituti ospedalieri si ipotizzano anche soluzioni che prevedono,
all’interno di una riqualificazione dell’intero comparto sanitario, una destinazione per l’ospitalità studentesca. In prospettiva, mi immagino un quartiere con un impianto urbanistico differente, con aree pedonali e zone a 30 km/h, l’apertura delle aree universitarie al quartiere, spazi per la ristorazione di strada e nuove aree verdi di quartiere. Insomma, un campus 2.0». Il nuovo campus di Architettura Alla creazione del nuovo campus del Politecnico di Milano contribuirà anche l’ampliamento della facoltà di architettura di via Bonardi. Il rettore del Politecnico, Ferruccio Resta, ha recentemente annunciato il finanziamento di due progetti che riguardano il campus di architettura e i nuovi laboratori di ingegneria chimica e dei materiali. Si tratta dei progetti ideati da Renzo Piano e realizzati con gli studenti di architettura. I cantieri partiranno nel 2018 e si chiuderanno due anni dopo, nel 2020. Il costo è di 55 milioni di euro, 45 dei quali sono già a disposizione per l’appalto dei lavori. Incaricato della progettazione vera e propria è lo studio Odb Architects di Milano, che dovrà concludere il progetto entro dicembre di quest’anno. Il progetto prevede di demolire un edificio (chiamato “il Sottomarino”) e di realizzare quattro nuovi edifici in via Bonardi per un totale di 4.200 mq e di uno spazio esterno verde aperto alla cittadinanza di circa 9.000 mq. Il nuovo campus ospiterà i laboratori di modellistica architettonica, tecnologie digitali e di progettazione, oltre a spazi studio e aule per la didattica. Il secondo progetto riguarda invece l’area di via Ponzio dove sorgeranno i laboratori di ingegneria chimica e dei materiali. Questi edifici occuperanno oltre 12mila mq e saranno dedicati alla ricerca di base e applicata per lo sviluppo di nuovi materiali, di soluzioni biomedicali e di chimica verde
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› LEARNING FROM MILANO L’UNIVERSITÀ PRIVATA CRESCE
SANAA PER IL CAMPUS BOCCONI Il polo universitario progettato da Sanaa prevede una torre di dieci piani, quattro edifici per la school of management, un centro sportivo e una residenza per trecento posti letto. Completamento dei lavori previsto entro la fine del 2019
Nella zona sud di Milano si sta invece rafforzando il polo universitario privato composto da Naba, Iulm e Bocconi. È proprio l’ateneo guidato anni fa dal professor Mario Monti a condurre l’operazione più importante, quella della creazione di un campus universitario sull’area una volta occupata dalla Centrale del Latte di Milano, i cui lavori, dopo anni di attesa, sono iniziati da qualche mese. Dopo la realizzazione del blocco di via Roentgen, che si è aggiunto alla sede storica di via Sarfatti, ora è la volta della creazione del nuovo polo di via Castelbarco, collocato ai margini della seconda cerchia della città e prospiciente un parco urbano, che si svilupperà su un’area di circa 36mila mq, con una torre di dieci piani, quattro edifici per la school of management Sda Bocconi, un centro sportivo (una piscina olimpionica, due palestre, un centro fitness), una residenza per 300 posti letto per studenti e
professori, 17mila e 500 mq di verde e 4.000 mq di parcheggi sotterranei per un investimento complessivo di 130 milioni di euro. Un’opera che dovrebbe essere ultimata entro la fine del 2019. Ad aggiudicarsi il progetto è stato lo studio giapponese Sanaa di Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa, che ha vinto il concorso internazionale a inviti, relativo al concept design, bandito dallo stesso ateneo nel 2012 che aveva messo in competizione dieci studi internazionali. Va ricordato che il rapporto tra l’università, gli edifici realizzati e il mondo dell’architettura è di lunga data per i vertici di Bocconi. Basti ricordare alcuni nomi e alcune realizzazioni: Giuseppe Pagano (1941, edificio di via Sarfatti 25), Giovanni Muzio (1956, pensionato Bocconi), Ferdinando Reggiori (1962, rettoria di piazza Sraffa 6), Giovanni e Lorenzo Muzio (1966, edificio lungo via Sarfatti), Vittore Ceretti (1986, Sda Bocconi
di via Bocconi 8), Ignazio Gardella (2001, edificio di piazza Sraffa 13) e, infine, Shelley McNamara e Yvonne Farrell di Grafton Architects (2008, edificio di via Roentgen 1). Poco distante dal nuovo complesso universitario, in viale Isonzo, l’università milanese ha realizzato un complesso residenziale per studenti, che ha previsto il risanamento di un edificio di cinque piani fuori terra e la realizzazione di un nuovo corpo edilizio a torre di 12 piani di altezza verso la vicina piazza Trieste. Si tratta di una residenza a tipologia alberghiera, con 97 camere singole per l’edificio ristrutturato e di 116 appartamenti in quello alto, che può ospitare 213 studenti. I due edifici sono collegati tra loro da un corpo a doppia altezza a formare una corte centrale a verde, aperta a sud verso lo scalo ferroviario di porta Romana. Il progetto porta la firma dell’architetto Marco Zanibelli dello studio Costa Zanibelli Associati di Milano
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In alto, il render del nuovo polo universitario dell’università Bocconi di via Castelbarco a Milano (© Sanaa); a fianco, render del complesso Bocconi delle vie Bligny e Roentgen su progetto dello studio irlandese Grafton Architects (courtesy Università Bocconi).
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› LEARNING FROM MILANO NUOVI SPAZI NEL CENTRO STORICO
LA CATTOLICA RADDOPPIA L’Università fondata da padre Agostino Gemelli aumenta i propri spazi in città con l’acquisto della vicina caserma Garibaldi. Una complessa operazione che coinvolge tre Ministeri e l’Agenzia del Demanio
Vista di piazza Sant’Ambrogio e del complesso universitario dell’Università Cattolica di Milano, che con l’acquisto della caserma Garibaldi – in basso a destra nella foto – amplierà i propri spazi per la didattica e i servizi agli studenti (foto courtesy Università Cattolica).
La Cattolica raddoppia. L’università fondata nel 1921 da padre Agostino Gemelli ha infatti acquistato, per 88 milioni di euro, la vicina caserma Garibaldi di piazza Sant’Ambrogio, in centro storico, per ampliare i propri spazi per la didattica e per i servizi agli studenti. L’ampliamento dell’Università è previsto dal protocollo di intesa siglato più di un anno fa da Comune, Ministeri della Difesa, Interno e Beni culturali, Agenzia del Demanio e l’ateneo milanese, che ha la sua sede storica proprio nella centralissima piazza Sant’Ambrogio. L’acquisizione della caserma consentirà all’Università Cattolica del Sacro Cuore di razionalizzare e concentrare le attività didattiche e scientifiche e altrettanto avverrà per le caserme milanesi Garibaldi, Montello e Santa Barbara. L’accordo, dunque, porterà alla trasformazione della caserma Montello nella nuova sede
della Polizia di stato, all’acquisizione da parte dell’università della caserma Garibaldi e al trasferimento delle funzioni operative, ora svolte dal ministero della Difesa, alla caserma Santa Barbara di piazzale Per-
rucchetti. Entro la fine del 2017 dovrebbero essere approvati i progetti e da lì in avanti i soggetti interessati ai lavori di riqualificazione saranno nelle condizioni di dare il via alla realizzazione delle prime opere.
RICERCA IN CAMPO SANITARIO
A SUD NASCE L’HUMANITAS UNIVERSITY Prossima l’inaugurazione del polo universitario nella zona sud del capoluogo, che affianca la struttura ospedaliera esistente. Quattro i nuovi edifici previsti per ricerca, didattica e residenze per studenti e ricercatori. Il progetto è dello studio Filippo Taidelli Architetti
Render del progetto del campus Humanitas University nella zona sud di Milano su progetto di Filippo Taidelli Architetti (courtesy Humanitas).
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Giusto un anno fa Gianfelice Rocca, presidente di Techint, fondatore nel 1996 con Nicola Dioguardi dell’Istituto di ricerca scientifica nel campo delle malattie immunodegenerative Humanitas, presentava il progetto del nuovo ateneo privato Humanitas University. A un anno di distanza da quell’annuncio, i lavori sono stati avviati appena fuori dai confini sud della metropoli lombarda, per l’esattezza tra i comuni di Rozzano e Pieve Emanuele. Si tratta di un intervento che si sviluppa su un’area di 20mila mq che ospiterà quattro nuovi edifici dedicati rispettivamente a didattica, servizi per gli studenti, attività di ricerca e universitaria, residenze per studenti e ricercatori. L’Humanitas University sarà pronta per l’anno accademico 2017-18 (l’inaugurazione è prevista per il 15 novembre prossimo). Offrirà, oltre ad aule e laboratori, un simulation center e servizi per gli studenti: dal residence agli spazi per lo studio alle aree dedicate alla pratica sportiva. Una volta a regime l’ateneo ospiterà 340 studenti provenienti da tutto il mondo e in particolare da Regno Unito, Stati Uniti, Grecia, India, Canada, Nigeria. Sarà una struttura snella composta di 23 docenti, 200 tutor medici e
ricercatori e 7 visiting professor. Nel primo anno di attività, circa un sesto degli studenti proveniva da paesi stranieri: nell’anno accademico da poco concluso, i dati diffusi dall’ateneo parlano del 44%, con una presenza anche da paesi non comunitari. Le previsioni per l’Humanitas University parlano di mille iscritti nel 2017-2018, di cui la metà provenienti da paesi esteri. Il nuovo campus sorgerà alle spalle dell’attuale centro di ricerca e didattica ed è frutto del progetto dello studio di architettura Filippo Taidelli Architetti di Milano.
Caratteristica del progetto è l’innovazione applicata alla didattica: circa mille metri quadrati saranno dedicati a un centro di simulazione di ultima generazione. La struttura, per le esercitazioni pratiche di supporto alla teoria, ospiterà al suo interno quattro sale operatorie, tre regie multimediali, due ambulatori, una sala per le emergenze, quattro sale per i clinical e surgical skills, un’aula microscopi e un’aula wet lab. Il costo dell’operazione è attorno ai 70 milioni di euro e si avvale del contributo di una donazione privata di 22 milioni di dollari.
› LEARNING FROM MILANO SANITÀ PUBBLICA
IL NUOVO OSPEDALE POLICLINICO Un moderno ospedale aperto alla città progettato da Boeri Studio con la direzione sanitaria del Policlinico. Un investimento di oltre 260 milioni, con un grande giardino terapeutico pensile e due blocchi degenza di sette piani ciascuno che potranno ospitare 900 pazienti
Il nuovo ospedale Policlinico di Milano (progetto e render di Boeri Studio: Stefano Boeri, Gianandrea Barreca, Giovanni La Varra); sotto, render del nuovo complesso con il giardino terapeutico pensile che verrà realizzato in copertura del blocco centrale (courtesy Boeri Studio).
Sarà il più grande e moderno ospedale nel cuore della città: il progetto del nuovo Policlinico di Milano, su progetto di Boeri Studio (Stefano Boeri, Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra), è entrato nella fase esecutiva. Esito di un concorso pubblico vinto nel 2007 dall’associazione temporanea di imprese guidata da Techint, il progetto del nuovo Policlinico ha ricevuto un forte impulso nel gennaio 2016, con l’insediamento della nuova presidenza e la nuova direzione strategica dell’ospedale. Si tratta di un investimento complessivo di 266 milioni di euro, 200 dei quali autofinanziati con fondi della Fondazione Ca’ Granda e per il resto con contributi dal ministero della Salute e di Regione Lombardia. Obiettivo: la posa della prima pietra nel 2018 (attualmente sono in corso i lavori di sbancamento) e la consegna definitiva entro il 2022, anno in cui sarà completata anche la linea 4 della metropolitana milanese con una stazione nei pressi dell’ingresso principale. Il nuovo Policlinico sarà realizzato come un’unica struttura che sostituirà alcuni dei padiglioni nei quali – secondo la tipologia
di edilizia sanitaria ottocentesca – si articolavano e tuttora si articolano le diverse attività di cura. La nuova struttura – che avrà una superficie di pavimento di 130mila mq su un’area di circa 22mila all’interno del perimetro degli attuali padiglioni – sarà formata da due blocchi di sette piani, per 900 degenti, uniti a un blocco centrale di tre piani dove verranno concentrate le 21 sale operatorie previste. Sopra questo blocco, che al terzo livello contiene anche tutti i servizi e gli impianti, verrà realizzato, a quota +18 m, un grande giardino terapeutico (una superficie pari ai due terzi del vicino parco della Guastalla), un polmone verde nel cuore della città attrezzato per ospitare percorsi di riabilitazione per i pazienti e per concedere relax alle loro famiglie e agli operatori sanitari. Al livello del piano terra il blocco centrale è aperto alla città. Qui verrà realizzata una piazza coperta pedonale con negozi e servizi e un’area espositiva che potrà essere utilizzata per mostre e convegni aperti al pubblico. Al di sotto dell’intera struttura sarà realizzato un parcheggio di 700 posti, sia per i dipendenti sia per i visitatori e i pazienti.
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LA GRANDE MILANO
MILANOSESTO E LA CITTÀ DELLA SALUTE A Sesto San Giovanni ha preso il via una delle più importanti operazioni di trasformazione urbanistica d’Europa: 1,4 milioni di metri quadrati diventeranno giardini, residenze e servizi per 15mila persone. Il masterplan è di Renzo Piano Building Workshop. Prevista per il 2021 la nuova struttura ospedaliera pubblica progettata da Mario Cucinella Architects Sesto San Giovanni, città delle fabbriche e della produzione siderurgica, si trasforma in Città della Salute: luogo di produzione immateriale, di innovazione e di ricerca scientifica. A dare nuova vita alla città posta a pochi chilometri a nord di Milano, una volta sede delle officine Falck e Breda, è il progetto a cui Regione e Comune di Sesto San Giovanni stanno lavorando da anni: concentrare in un unico luogo le sedi di due importanti istituti di ricerca e cura, il neurologico Besta e quello dei Tumori, oggi entrambi collocati in Città Studi, nella zona est del capoluogo milanese. La nuova collocazione dei due ospedali è ricompresa in un masterplan, realizzato alcuni anni fa da Renzo Piano Building Workshop, che riguarda un’area di 1,4 milioni di metri quadrati (di cui 650mila a verde) e che prevede anche di ospitare [ 62 ]
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15mila abitanti, realizzare 8.600 alloggi tra pubblici e privati, sette tra asili e scuole, dieci edifici pubblici, 15 chilometri di piste ciclabili, piantumare 10mila nuovi alberi e dare lavoro a 15mila persone. Un’operazione che, come si legge dai numeri, rappresenta uno dei più grandi interventi di riqualificazione urbana d’Europa (si parla di un investimento di 370 milioni di euro), in cui la nuova sede ospedaliera, che dovrebbe essere pronta per il 2021 e il cui progetto è affidato allo studio Mca - Mario Cucinella Architects, rappresenta solo un pezzo dell’operazione di trasformazione urbana ed economica della città. Della nuova sede ospedaliera e della riqualificazione urbanistica si parla da tempo e solo un anno fa sono iniziati i lavori di bo-
nifica delle aree, che stanno dando lavoro a più di 100 addetti e i cui costi (la stima è di 80 milioni di euro) sono sostenuti da MilanoSesto, la società di sviluppo immobiliare di Davide Bizzi. Il masterplan iniziale di Renzo Piano prevede anche la riqualificazione e la riorganizzazione della stazione del servizio ferroviario e metropolitano, grazie alla quale sarà possibile collegare la città storica e consolidata al nuovo quartiere e in particolare agli accessi alla futura Città della Salute. Ma la storia della Città della Salute, come spesso accade nel nostro Paese, è costellata di ricorsi e controricorsi, da aggiudicazioni e revoche, che sembrano non aver fine. L’ultima puntata di questo contenzioso, che
vede opposte Condotte d’Acqua e SaliniImpregilo, forse si scriverà solo a novembre, quando il tribunale amministrativo si esprimerà sul giudizio di merito di questa intricatissima vicenda amministrativa. Nel frattempo ai primi giorni di luglio Milanosesto, in collaborazione con il Consiglio nazionale degli architetti, ha bandito un concorso di progettazione di un edificio di edilizia residenziale convenzionata, multipiano, di 12.500 metri quadrati di superficie di pavimento, e di 1.100 metri quadrati a funzione commerciale, da realizzarsi all’interno del comparto delle ex aree Falck. Il termine ultimo per la presentazione delle proposte progettuali è il 2 ottobre prossimo
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In apertura, il masterplan iniziale di Rpbw Renzo Piano Building Workshop per Milanosesto a Sesto San Giovanni (©Rpbw); sotto, una foto storica di uno degli stabilimenti dell’area Falck (©Berengo Gardin, courtesy Milanosesto). Sopra, render di uno spazio interno della Città della Salute (©Mca); sotto, sezione della nuova stazione ferroviaria prevista per il collegamento dell’area (©Rpbw Renzo Piano Building Workshop).
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PENSARE LA CITTÀ METROPOLITANA Gli ex-scali ferroviari diventano l’occasione per pensare alla Grande Milano come un tessuto di comunità omogenee, propone l’architetto Francesco Gnecchi Ruscone, testimone dei cambiamenti sociali e urbani dal dopoguerra ad oggi Cara Direttrice,
FRANCESCO GNECCHI RUSCONE Come ricorda in Storie di Architettura (Francesco Brioschi Editore, Milano 2015) l’inchiostro del suo diploma di laurea non era ancora asciutto quando Franco Albini e Lodovico Belgiojoso gli chiesero di aiutarlo a organizzare il Ciam di Bergamo del 1949, mentre per la IX Triennale del 1951 allestì la mostra Studi sulle proporzioni con cui Le Corbusier presentava al pubblico italiano il neonato Modulor. Ma Francesco Gnecchi Ruscone (Milano, 1924) non è solo uno dei protagonisti e preciso testimone di settant’anni di storia dell’architettura milanese e internazionale. È anche l’architetto che, nominato da Adriano Olivetti responsabile del Centro Studi dell’Unrra Casas (Comitato Amministrativo per il Soccorso ai Senzatetto) tra il 1951 e il 1954 ha contribuito a tradurre nel concreto della pratica progettuale e urbanistica il concetto di comunità, pianificando e promuovendo la nascita del borgo La Martella (gruppo di progettazione guidato da Lodovico Quaroni) per affrontare l’emergenza abitativa dei Sassi di Matera, e del borgo di Porto Conte a Fertilia (Alghero) che accolse i profughi istriani. Ma comunità con un “cuore” dovrebbero essere realizzate anche nelle perifierie urbane, come quella milanese, per la quale nel 1960 insieme all’ingegner Piercarlo Guaineri presenta il progetto di un nuovo centro residenziale a Baggio (nei disegni), all’epoca una zona in forte sviluppo, con le residenze necessarie per accogliere le famiglie dei dipendenti del futuro Ospedale San Carlo e del nascente centro ricerche Olivetti, e i servizi per renderlo un luogo di vita attraente. L’idea di costruire comunità ha sempre accompagnato Francesco Gnecchi Ruscone sia nell’attività professionale condotta fino al 2003 dallo studio di via Passione 4 (oggi il suo archivio è custodito presso il Casva Centro Alti Studi sulle Arti Visive) sia in quella dell’insegnamento, come visiting professor su invito di Vincent Scully a Yale e dal 1962 al 1970 al Politecnico di Milano come assistente anziano di Ernesto Rogers, sia infine in qualità di vice-presidente della commissione edilizia urbanistica del Comune di Milano nei sette anni della revisione del piano regolatore della città. Dei suoi progetti costruiti ricordiamo la torre di controllo della pista di prova Pirelli di Vizzola Ticino, la sede della banca d’investimenti Cbi a Ginevra, la sede Pirelli di Cagliari, l’edificio residenziale di 8 piani tra via Elvezia e via Canonica a Milano (con Eugenio Gentili Tedeschi e Ambrogio Gadola), l’edificio per abitazioni per una cooperativa di insegnanti al quartiere QT8 a Milano.
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ho letto con vivo interesse la presentazione sull’ultimo numero dei cinque progetti per la sistemazione degli scali ferroviari dismessi. Complimenti: una presentazione come sempre completa, chiara e dettagliata ma sopratutto tempestiva di un tema che sta appassionando Milano, istituzioni, associazioni, media e cultori di architettura. Cinque studi di bravi architetti: cinque bei progetti. Non me ne vogliano gli autori se esprimo qui la speranza che rimangano sulla carta, brillanti esercizi accademici. Non è invidia: a novantatre anni, cessata ogni vera attività professionale da oltre dieci, sono decisamente fuori da qualsiasi tentazione di incarichi; sono solamente un Milanese doc, innamorato della sua città e con qualche esperienza nel mio lungo curriculum che mi incoraggia a intervenire in questo dibattito non solo da vecchio brontolone, da cittadino che protesta. Tutta l’operazione è viziata da una grave carenza di committenza. L’autonomia dell’Architettura è un’ambizione molto pericolosa: fare progetti è in primo luogo rispondere alle esigenze specifiche di un committente, che non è solo il signore o l’ente che firmerà l’assegno a saldo della parcella. Sempre, ma ancora più in questo caso, la committenza deve
essere l’intera società: nelle sue strutture politiche, amministrative, imprenditoriali, finanziarie, culturali e in ultima analisi tutti i cittadini. Sistemi Urbani, le Ferrovie dello Stato hanno fatto bene a promuovere e a pubblicare i cinque progetti: è stata un’apertura, un invito a partecipare: l’ampiezza e il livello di competenza delle reazioni suscitate ne sono la prova. Sono anche un arricchimento di contenuti in vista delle trattative con il Comune, la Regione, gli investitori pubblici e privati, che dovranno assicurarne la realizzazione ma anche e sopratutto con i futuri abitanti e utenti, con i Milanesi. Da parte delle Autorità responsabili però precipitarsi a realizzarli subito in una esibizione di attivismo: “ecco un’occasione per far bella la città, approfittiamone” sarebbe un tragico errore. Comperare un elefante perchè è di occasione non è mai un buon affare. Il vero problema centrale dell’urbanistica di Milano per molti anni a venire non sarà tanto la routine di dotare la città di nuove aree verdi, arricchirla con belle architetture per ospitare istituzioni, servizi, attività produttive, eventi e cittadini in cerca di casa quanto realizzare in concreto, sul territorio, la Città Metropolitana. Questo tema fondamentale, definito per legge nei suoi termini generali, manca a tutt’oggi di una sua proiezione concreta sul territorio, di un collegamento con le realtà demografiche che lo popolano, di un inventario delle esigenze in
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termini di servizi, di collegamenti, di strutture urbane, in breve di uso degli spazi, ma sopratutto manca ancora totalmente di un’immagine riconosciuta dai cittadini, che stimoli e garantisca il loro senso di appartenenza, fattore essenziale per il successo di ogni progetto urbanistico. Certo qualche passo è stato fatto in anni recenti: il riordino da venti Zone a nove Municipi del territorio del Comune di Milano, la definizione di “Zone Omogenee” per raggruppare in organismi di dimensioni equivalenti i centotrentaquattro Comuni inclusi nella Città Metropolitana, ma di tutto questo l’opinione pubblica ha pochissima conoscenza. Il Consiglio della Città Metropolitana appare sopratutto invischiato nei problemi contabili di come pagare i debiti della soppressa Provincia: inevitabile forse ma certo insufficiente. A questo punto, presuntuosamente, vorrei offrire qualche suggerimento operativo. Prima di tutto occorre eliminare la distinzione tra “Municipi” nel Comune di Milano e “Zone Omogenee” fuori, una codificazione decisamente incoerente con il proposito di creare un’appartenenza metropolitana, codificazione che esistono “i milanes” e i “milanes arios”. Io sono nato in via Filodrammatici da padre nato in via Filodrammatici e madre nata in piazza Sant’Ambrogio: sono orgoglioso di condividere la mia milanesità con chi vive a Basiano, a Rescaldina o a Truccazzano, anche se magari nato in Eritrea, in Moldavia o a Manila. Occorre che esista un unico tipo di nucleo federato nella Città Metropolitana: potrebbero chiamarsi tutti Municipi, dato che questi da qualche tempo hanno cominciato a prender corpo nella coscienza degli abitanti, mentre le precedenti Zone erano viste solo come un indirizzo più vicino a casa per sbrigare qualche pratica amministrativa o per lamentare qualche disservizio. Ma Municipio rimane un concetto puramente amministrativo. Mi piacerebbe suggerire il nome di Comunità, non solo in omaggio ad Adriano Olivetti, che in queste cose mi è stato maestro, ma sopratutto perchè indica anche l’insieme delle
attività private o collettive, produttive o ricreative, delle diverse forme associative libere che vi avranno vita. Si potrebbe far partecipare gli abitanti alla scelta del nome per la loro Comunità, sempre doppio come “Milano Centro”: sarebbe l’occasione iniziale per far nascere un senso di appartenenza, di identità locale e metropolitana. Sarebbero necessari pochi ritocchi all’attuale definizione territoriale di Municipi e Zone Omogenee per dare a tutte le Comunità una dimensione omogenea: intorno a 120.000 abitanti, equivalente a città come Monza, Bergamo, Trento o Forlì. Ne risulterebbero undici Comunità nel Comune di Milano e quindici esterne, sulle quali strutturare il Consiglio Metropolitano, nelle quali individuare puntualmente funzioni e servizi, colmando vuoti ed eliminando doppioni, tra le quali razionalizzare comunicazioni e trasporti. Potrebbero anche, con questa dimensione, coincidere con collegi elettorali, altro forte elemento generatore di identità collettiva: proiettati a scala nazionale ci darebbero un Parlamento di poco più di cinquecento Deputati. Scusate, sto divagando, ai novantenni succede. Che cosa c’entra tutto questo con gli scali ferroviari dismessi? Ebbene: queste Comunità per passare da una semplice definizione amministrativa e geografica a un organismo urbano vivente avranno bisogno di strutture, in primo luogo pubbliche per completare e razionalizzare i servizi esistenti, nati dai Comuni originari o dalla soppressa Provincia ma anche private, di distribuzione commerciale o come sedi di aziende produttive, di ospitalità per eventi collettivi, di una varietà di associazioni che rendono vitale un tessuto urbano. La collocazione e il carattere di queste strutture, nuove o integrative di quelle già esistenti dovranno avere una qualità e una capacità di attrazione tali da impedire che le Comunità assumano un carattere di periferia depressa, di dormitorioghetto per un unico livello di reddito. Dovranno prendere un forma riconoscibile tale da
costituire un centro, un “cuore” della Comunità, dovranno collegare i punti di interesse esistenti e nuovi in una immagine forte, riconosciuta e ricordata dagli abitanti. Sono la costante caratteristica, essenziale di tutta la storia urbanistica italiana nei secoli: quante piazze, con i monumenti che vi si affacciano, sono la bandiera, il manifesto di una città! Insulterei la cultura di chi mi legge se pensassi di dover citare degli esempi. Troppo ambizioso? Quando Mengoni ha progettato il suo geniale sistema della Piazza e della Galleria, che collega i poli del Duomo, della Scala e di Palazzo Marino in un’ immagine forte, capace di diventare indiscutibilmente il “cuore”, il simbolo stesso della città, Milano aveva poco più di 120.000 abitanti. Dove, come trovare in ciascuna delle Comunità le aree occorrenti per questi “cuori” senza intaccare ulteriormente le residue aree verdi, le aree permeabili? Ecco quindi che le aree ferroviarie dismesse, a cui si dovrebbero aggiungere anche le numerose aree militari o industriali dismesse esistenti nell’area metropolitana, dovrebbero diventare disponibili alla Metropoli come un “tesoretto” su cui operare mediante permute, cessione di diritti di edificare e quant’altro offrono le leggi vigenti per acquisire le aree occorrenti alla realizzazione dei centri delle Comunità. Ecco perchè precipitarsi a utilizzare le aree degli scali ferroviari dismessi, lì dove sono, in collocazioni che erano coerenti alla loro funzione originale ma che sono ora del tutto casuali rispetto al loro intorno, ai bisogni della città, sarebbe uno spreco imperdonabile, responsabile del decadimento delle Comunità esterne a periferia. Coraggio, giovani colleghi! Progettare un paio di dozzine di centri per le nuove Comunità, di “cuori” architettonicamente significativi, atti a diventare un’icona, un centro di aggregazione per i loro abitanti, richiesti da una committenza che avrà puntualmente definito esigenze concrete e dettagliate, è una sfida ben più stimolante che inventare funzioni e forme per spazi vuoti. Milanesi futuri, vi voglio bene! Francesco Gnecchi Ruscone
Nelle pagine, schizzi del progetto del 1960 per un nuovo centro residenziale a Baggio (immagini courtesy Centro Alti Studi sulle Arti Visive - Casva).
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IL RAPPORTO 2017 DI SCENARI IMMOBILIARI
OSPITALITÀ LE NUOVE TENDENZE
Per il comparto alberghiero italiano il 2016 è stato un anno ricco di soddisfazioni, raggiunte grazie alla forte attrattività degli investimenti: l’onda lunga delle buone performance del mercato immobiliare alberghiero europeo ha avuto infatti dei benefici positivi anche sul mercato di casa nostra. Secondo i dati della società di servizi finanziari di real estate Jll, si stima che nel 2016 in Europa siano state transate oltre 133mila camere di strutture alberghiere, per un investimento totale che ha superato i 17,5 miliardi di euro. In Italia, dal 2004 al 2015, tutte le tipologie extralberghiere hanno registrato una crescita significativa: gli agriturismi sono aumentati di numero (+8.224 esercizi), gli alloggi in affitto gestiti in forma imprenditoriale sono cresciuti (+16.489 unità) e i bed & breakfast sono aumentati di 22.588 esercizi (duemila in più ogni anno). Per quanto riguarda infine il mercato degli affitti temporanei on-line, il dato nazionale colloca l’Italia al terzo posto in Europa con 300mila annunci su Airbnb. Ma al di là dei numeri, ciò che interessa cogliere sono le tendenze in corso nel comparto italiano, che fanno parlare di sviluppo di una nuova ricettività. Di queste nuove tendenze parla il recente “Rapporto 2017 sul mercato immobiliare alberghiero” prodotto da Scenari Immobiliari. L’Istituto di studi e ricerche milanese pone al primo posto delle proposte ricettive più innovative quella dei condohotel, una formula pionieristica dell’offerta ricettiva, che per la prima volta ha trovato una sua
definizione anche legislativa. Questa formula si dimostra nei fatti una delle soluzioni più adatte alla riqualificazione del patrimonio ricettivo esistente e, allo stesso tempo, incrocia le principali tendenze dell’attuale settore turistico: il desiderio di esperienza, di socializzazione, il soggiorno business di lungo periodo e l’esigenza di leisure. Dallo studio di Scenari Immobiliari emergono alcune tendenze significative dell’espansione alberghiera in Italia e in Europa, alle quali l’offerta cerca di dare risposte. Ad esempio, cresce l’offerta customer orientend indirizzata ai millennials. Si tratta di strutture ricettive dedicate a soddisfare le esigenze specifiche di una particolare categoria di utenti, che chiedono ambienti dinamici, moderni, di design, con alta dotazione tecnologica e ambienti condivisi. A loro volta questa domanda si suddivide in tre categorie: economy (studenti), business (manager e creatori di start-up) e attitude (comportamenti da millennials indipendentemente dall’età). Altro trend significativo è il cosiddetto Airbnb segmento lusso, ovvero l’albergo dentro casa, un’offerta destinata a viaggiatori d’affari, amanti del lusso, in luoghi prestigiosi e con servizi di standard elevati. Poi, c’è l’offerta che propone servizi integrati per la nuova ricettività, sia per gli host sia per i gruppi presenti nelle piattaforme. L’obiettivo è automatizzare le fasi di check-in e di check-out, pagamenti dei clienti di affittacamere, bed&breakfast e host di Airbnb. Crescono anche altre piattaforme, come SweetInn, che prende in affitto da privati alloggi di pregio, li ristruttura e li arreda a spese proprie, per darli in locazione con affitti temporanei, e BeMate, la piattaforma che facilita l’incontro tra chi off re servizi di alloggi e potenziali clienti, nella quale le parti possono accordarsi su servizi a prezzi privi di vincolo.
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SOTTO INFINITE STELLE Una suite senza pareti e soffitto: l’architettura del Null Stern Hotel sono le montagne e il cielo del paesaggio svizzero, l’ospitalità quella della comunità locale. L’idea di due artisti concettuali e un manager del settore alberghiero che sta riscuotendo un successo planetario
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S Pagina a fronte, la suite del Null Stern Hotel nel paesaggio dell’Appenzell. Sopra, il maggiordomo al servizio degli ospiti Köbi Dietrich, la baita con i servizi e, sotto, alcuni momenti della costruzione della suite (foto © Atelier für Sonderaufgaben).
cherzava un caro amico, ricordando i tempi giovanili delle vacanze in campeggio, che negli anni le sue pretese si erano ridotte: dal dormire sotto un cielo pieno di stelle, ora si accontentava di riposare in un cinque stelle. Ma l’esperienza del Null Stern Hotel non c’era ancora. Creato nel 2008 in un bunker antiatomico nel Cantone di San Gallo dagli artisti concettuali svizzeri Frank e Patrik Riklin e dal professionista dell’ospitalità Daniel Charbonnier, dall’anno scorso il progetto Null Stern – the only star is you è diventato l’installazione temporanea all’aperto che vediamo, contesa da tutti gli uffici del turismo svizzeri. Quest’anno il Null Stern è stato realizzato sulla sommità del Göbsi (1.200 m slm)
a Gönten, nell’Appenzell, su un terreno di proprietà di Köbi Dietrich, che è il “modern butler” in guanti bianchi e farfallino nero dell’hotel senza stelle. Quale rappresentante della comunità locale, Dietrich riceve gli ospiti, li accompagna alla suite, serve loro la colazione e gestisce anche la televisione – una novità di quest’anno, rigorosamente analogica – dell’albergo: dall’involucro recuperato di un vecchio apparecchio Dietrich comunica agli ospiti il notiziario locale e le previsioni del tempo (in caso di pioggia la suite viene protetta con un telo agricolo e gli ospiti trovano posto in una baita 100 metri più in basso, dove ci sono anche i servizi igienici). Perché la logica del Null Stern Hotel prevede una totale immersione degli ospiti nel paesaggio, nella cultura e nelle specialità
gastronomiche del luogo. Il concetto di servizio, al pari dell’idea di ospitalità, assume così una dimensione eccentrica che a quanto pare riscuote grande successo, se a 295 Chf per notte (circa 260 euro), alla data dell’apertura il 9 giugno il Null Stern aveva già raccolto più di 1.300 prenotazioni, con una lista d’attesa che si prolunga a tutto il 2018. La visione dei fondatori del brand è in realtà ancora più radicale: con il motto “zero real estate” essi affermano che l’architettura svizzera sono le sue montagne, il cielo e le ondulazioni del terreno e che essenzialmente la “costruzione” della suite è solo un momentaneo trapianto nel paesaggio, realizzato nel modo meno invasivo possibile e con arredi riciclati da un albergo 4 stelle degli anni Settanta
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VILLAVERDE HOTEL & RESORT, FAGAGNA, UDINE
RESORT E BENESSERE Vicino a Udine, tra le colline ai piedi delle Alpi Giulie, il golf club Udine e Villaverde si è arricchito di un albergo di lusso e di strutture per lo human wellness. Progetto di Alessio Princic
Il Villaverde Hotel & Resort di Fagagna: un edificio multifunzione, con ampie superfici vetrate e spazi aperti che offre luce, leggerezza e benessere (foto, ©Gabriele De Nardo; disegno di Alessandra Scandella)
› ARCHITETTURE PER L’OSPITALITÀ
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l golf club Udine Villaverde di Fagagna, piccolo centro friulano inserito nella rete dei borghi più belli d’Italia, è collocato tra le maestose colline di querce e faggi ai piedi delle Alpi Giulie, in uno dei luoghi più suggestivi della regione. Il club, fondato nel 1972, è anche il punto di partenza strategico per raggiungere in breve tempo diverse mete turistiche: Venezia, le Dolomiti, l’Austria, la Slovenia, Trieste e le località friulane minori. Il progetto architettonico e paesaggistico del Villaverde Hotel & Resort, che completa la struttura sportiva dedicata al golf, porta la firma dell’architetto Alessio Princic. Friulano di Udine, con forti relazioni con Lubiana e la sua università dove nel 1982 si è laureato, Princic si dimostra attento al dettaglio, capace di fondere il dentro e il fuori, ingrandire lo spazio vitale e soprattutto sostenitore di un’architettura pulita, ma allo stesso tempo ricca di dettagli. Quello di Fagagna è un progetto concepito come macchina del benessere realizzata nel rispetto dell’ambiente, capace di combinare
geotermia e fotovoltaico e di proporre ampie superfici vetrate e spazi aperti in grado di offrire luce, leggerezza e senso di libertà. Il resort – inaugurato nel febbraio scorso e collegato all’impianto golf da un ponte – di categoria quattro stelle superior, dispone di quattro piani con vista panoramica sul campo e sulle Alpi Giulie, è composto di 34 camere, dallo stile semplice e tutte dotate di terrazza panoramica: può essere considerato un modello di human wellness, per l’attenzione dedicata alla cura sanitaria e alla medicina preventiva. Il Villaverde Hotel & Resort è dotato di un ristorante, denominato Privilegium, che prevede anche cene personalizzate, e del Villaverde bar & restaurant, poco distante dalla struttura stessa. L’area benessere dispone di una ricca dotazione di spazi e di strutture per lo sport e il relax: cinque stanze per trattamenti personalizzati, piscina interna e vasca esterna con solarium, biosauna, bagno turco e idromassaggio. Ma, al contrario della maggior parte delle strutture turistico-ri-
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Il progetto di Princic si relaziona con il contesto esistente e con l’orografia del sito, proponendo soluzioni architettoniche in armonia con l’ambiente circostante (fotoinserimento, studio Princic & Partners; foto ©Gabriele De Nardo). Nei disegni, piante e una sezione dell’hotel & resort di Fagagna.
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cettive, al Villaverde il concetto di benessere si estende alla sanità, con una piccola sala operatoria e un ambiente per cure odontoiatriche. Il resort si compone di 34 stanze da due posti letto ciascuna distribuite su un piano camere di oltre 2.400 metri quadrati di superficie, una hall di quasi 2.200 mq, una spa di quasi 1.400 metri quadrati e due piscine, una interna di 92 mq e l’altra esterna di 210. Dal punto di vista ingegneristico, l’edificio è formato da una struttura in acciaio, una parete verde con funzioni strutturali (sostiene infatti lo sbalzo del piano medico e di quello delle camere), una parete chiodata per il contenimento dello scavo, una parete in cemento armato di separazione tra gara-
ge e resort. Nel basamento un garage coperto e alcuni vani tecnici in cemento armato prefabbricato. Dell’intero progetto del Villaverde alcuni elementi hanno reso particolarmente soddisfatto l’architetto Princic: «Tre cose su tutte mi rendono orgoglioso dell’opera svolta - afferma il progettista - certamente la copertura della hall, che con la sua tripla curvatura può captare il sole da ovest. Poi, l’aver fatto partecipare un pittore nella decorazione del soffitto della hall, cosa questa che ha fuso insieme arte e architettura. Infine, il grande taglio con la scala a sbalzo, che permette di percepire l’edificio e di aprirsi alla piscina sulla dolina carsica in fiore». Un altro elemento che compone la realiz-
Sopra, disegno preliminare della scala. Accanto, la grande scala a sbalzo nel vuoto (foto ©Alberto Brescia), che scende in piscina e al piano medicale (nella foto in basso la sala dentistica).
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› ARCHITETTURE PER L’OSPITALITÀ SCHEDA Progetto Villaverde Hotel&Resort, Fagagna, Udine Committente Amil Progettazione architettonica e paesaggistica Alessio Princic.
Collaboratori Ares Colloredo, Laura Bellatorre, Roberto Righi
Direzione artistica e coordinamento Alessio Princic Responsabile del progetto Uberto Fortuna Drossi Progetto strutturale studio Amsis, Rovato; studio Conti Associati, Toscolano Maderno
Direzione lavori Cooprogetti, Pordenone Direzione lavori delle strutture Filippo Burelli e Giacomo Borta, Fagagna)
Strutture Moretti Prefabbricati, Erbusco Impianti e DL impianti Cooprogetti, Pordenone Impresa costruttrice Moretti Contract, Erbusco Arredi su misura Fabbro Arredi
In questa pagina, la palestra che affaccia sulla piscina. A destra, un disegno preliminare per la Spa e, accanto, la reception della zona wellness con la grande scala a sbalzo (foto in alto, ©Gabriele De Nardo; a lato e sotto, ©Alberto Brescia).
zazione di Fagagna e che la caratterizza riguarda il suo inserimento nel contesto: nel lavoro di Princic si coglie lo sforzo di realizzare un complesso capace di relazionarsi con il luogo e di cogliere le caratteristiche orografiche del terreno e con queste fare i conti per proporre soluzioni architettoniche in armonia con i luoghi. «Il filo rosso che caratterizza le mie opere – prosegue l’architetto friulano – è la riconoscibilità degli ambienti. Cerco di andare oltre le soluzioni banali e facilmente dimenticabili: la mia è una ricerca costante affinché le soluzioni proposte vengono ricordate». Le diciotto buche, armoniosamente integrate in 85 ettari di terreno e tecnicamente impegnative, offrono anche svago e relax: il percorso segue infatti le curve delle colline, consentendo ai giocatori di godere la vista delle vicine montagne. Proprio per questa capacità di integrare il nuovo progetto nel paesaggio, l’intervento di Princic ha ricevuto il premio di categoria Brand&Landscape con la seguente motivazione: la costruzione di un resort ai margini di un campo da Golf è risolta tramite la rimodulazione topografica dello spazio dedicato, inserendo l’edificio nel contesto, evidenziandone i margini e andando oltre il concetto di mimesi
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Alessio Princic Nato a Udine, Alessio Princicsi laurea nel 1982 alla facoltà di Architettura di Lubiana. Dal 1983 al 1992 collabora con gli architetti Marconi e Fagnoni di Firenze. Nel 1990 fonda il suo studio a Udine. Dal 2008 al 2016 è docente alla facoltà di Architettura di Maribor e dal 2016 è professore ordinario alla facoltà di Architettura di Lubiana. Princic partecipa a laboratori di progettazione nazionali e internazionali, tiene conferenze presso le Università di Milano, Trento, Lubiana, Trieste e Venezia. I suoi progetti sono esposti in mostre collettive e personali. www.princicandpartners.com
Sopra e accanto, una fotografia e il concept delle camere, arredate con uno stile semplice e pulito e con grande attenzione alle finiture e ai dettagli da Fabbro Arredi (foto, ©Gabriele De Nardo).
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FABBRO ARREDI Il concept in opera
Fabbro Arredi è una realtà artigianale friulana che da 60 anni realizza mobili e complementi d’arredo di design, esclusivi e in piccole serie, caratterizzati da particolare ricercatezza nelle forme, nelle finiture e nei materiali; arredi su misura di alta qualità, fissi e mobili, per spazi collettivi e privati, con assistenza completa dal preventivo alla posa. Nella fase di ideazione, designer e architetti possono contare sul contributo attivo dell’azienda allo sviluppo del concept. L’ufficio progettazione trasforma l’idea in un progetto di arredo realizzabile e soddisfacente; elabora i disegni esecutivi che vengono trasmessi alla produzione: maestranze altamente qualificate che utilizzano attrezzature tradizionali, macchine a controllo numerico e moderne tecnologie. Un processo supportato in ogni fase da puntuali verifiche e controlli, che accompagnano passo passo la realizzazione di ogni manufatto.
FABBRO ARREDI
Via Pontebbana, 32 - Magnano in Riviera - 33010 UD Tel. 0432 785762 www.fabbroarredi.it
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LA RINASCITA DELL’EDEN Riaperto ad aprile dopo un intervento di ristrutturazione globale, l’hotel Eden è uno degli alberghi storici della capitale oggi di proprietà di Dorchester Collection. Progettazione architettonica di Genius Loci Architettura. Progetto d’interni di Bruno Moinard e Jouin Manku. General contractor Carron Spa Servizio fotografico di Moreno Maggi
Sopra il titolo, soffitto luminoso a cassettoni, marmo e citazioni della storia culturale e artistica italiana nel progetto di interni di Bruno Moinard. A destra, il bassorilievo in marmo del banco reception ispirato alla Colonna Traiana (foto, courtesy Dorchester Collection).
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Un anno di progettazione integrata e 15 mesi di cantiere per trasformare completamente, adeguandolo agli standard della ricettività internazionale di lusso, l’Hotel Eden di Roma. Situato a pochi passi dalla scalinata di Piazza di Spagna e dai giardini di Villa Borghese, tra le vie di Porta Pinciana e Ludovisi, l’edificio si sviluppa su sei piani fuori terra e uno interrato. L’intervento ha ridotto da 121 a 98 il nu-
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A destra, la scala che conduce alla lobby (foto, ©Moreno Maggi, courtesy Dorchester Collection). Sopra, il disegno delle pavimentazioni del piano terra.
mero delle camere e suite, rendendole più spaziose e confortevoli, ha rimodulato gli ambienti della reception e delle lobby, con il rialzo dei soffitti e la creazione di un mezzanino e ha previsto l’inserimento di una Spa e tre sale business. Per quanto riguarda l’esterno, tipicamente romano nei colori giallo ocra e verde scuro delle facciate, punto fermo della progettazione è stata la valorizzazione dell’ingresso principale, che anche grazie alla presenza continuativa di un portiere in livrea è uno degli elementi di fascino dell’hotel. Protetta da un’ampia pensilina vetrata retta alla vecchia maniera da elementi in bronzo e ottone, la porta centrale a due battenti con maniglie monumentali ora è alta quasi quattro metri. La bussola dell’ingresso si completa con l’uscita di sicurezza e una porta a scorrere che agevola il passaggio degli ospiti con bagagli. Mentre Genius Loci Architettura ha curato l’intero intervento di rifunzionalizzazione dal punto di vista architettonico, edilizio e delle soluzioni tecnologiche, per il progetto di interior design Dorchester Collection si è affidata agli studi parigini 4Bi et Associés e Jouin Manku. In particolare, 4Bi ha curato l’interior design delle camere e suite e degli ambienti a piano terra, dove antico e contemporaneo si fondono elegantemente negli spazi a-temporali del foyer, della lobby e della libreria e il bianco, il nero e il grigio del marmo a spacco delle pavimentazioni dialogano per contrasto con i colori caldi delle pareti – in parte decorate ad affresco – e della finitura dorata dei soffitti. Jouin Manku si è occupato invece della Spa con palestra, delle sale business che possono ospitare meeting da 12 a 60 persone e dell’ultimo piano, con il ristorante gourmet La Terrazza e la brasserie il Giardino Ristorante e Bar, aperta a tutti. Il progetto di interni delle camere e delle suite, distribuite tra il primo e il quinto pia-
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Genius Loci Architettura Gla è uno studio di architettura che da oltre 15 anni offre creatività e competenza a importanti aziende e clienti internazionali. Dalle sedi di Milano e Firenze e con gli studi affiliati di Roma e Dubai, gli architetti e i designer di Gla forniscono servizi integrati di progettazione architettonica e d’interni, space planning, direzione lavori, coordinamento impiantistico e strutturale seguendo lo sviluppo di tutte le fasi del percorso progettuale, dal concept iniziale fino alla consegna finale. Gla opera nella progettazione di ambienti di lavoro, spazi commerciali, hotel e luoghi di soggiorno nonché nella realizzazione e nel recupero di complessi residenziali. Tra i progetti in corso, il recupero dell’ex-sede della Cassa di Risparmio di Firenze per la sua trasformazione in complesso residenziale, il nuovo centro di pelletteria e calzature di Gucci, le sedi di Cofidis e eBay a Milano e il progetto per il nuovo Consolato Americano a Milano nell’area dell’expoligono di tiro di Piazzale Accursio. www.gla.it
Qui accanto, la camera della Penthouse Suite. Accessibile tramite un ascensore privato, la suite comprende uno studio, un soggiorno, una camera da pranzo. Nella pagina di destra, l’Aurora Terrace Suite, che fu la casa di Ingrid Bergman, con un terrazzo che può ospitare cene anche per una decina di ospiti. Sotto, spazi di distribuzione interni (foto, ©Moreno Maggi, courtesy Dorchester Collection).
no, è stato sviluppato in quattro stili diversi, tutti ispirati alla storia culturale e artistica di Roma e dell’Italia. Più che dalle innumerevoli citazioni, l’atmosfera generale è data dalle dimensioni generose – dai 20 mq delle camere standard ai 200 e oltre delle spettacolari suite Villa Medici, Villa Malta, Aurora e Penthouse Bellavista – dalla scelta dei materiali, con il marmo, di provenienza italiana, mediorientale e pakistana, che specie nei bagni svolge un ruolo-chiave, e dalla luminosità degli ambienti, con alti soffitti e grandi finestre che sfruttando la posizione privilegiata dell’edificio incorniciano emozionanti scorci di città. Spazi luminosi e ariosi, pensati per offrire agli ospiti un’esperienza di lusso assoluto, con uno stile contemporaneo e servizi all’avanguardia. Il fiore all’occhiello dell’hotel Eden è senza dubbio la terrazza coperta al sesto piano che offre un’eccezionale vista su Roma. Una veduta ora ampliata dal progetto che riduce l’altezza del parapetto esistente grazie a in[ 78 ]
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San.Co
Porte tagliafuoco Nella straordinaria opera di ristrutturazione che ha portato l’Hotel Eden di Roma a far parte della Dorchester Collection, San.Co Costruzioni Tecnologiche ha svolto un ruolo fondamentale nel campo della compartimentazione tagliafuoco degli ambienti della struttura. San.Co ha infatti fornito le porte di tutte le camere e le porte in legno dell’intero edificio, rispettandone lo stile classico e raffinato grazie anche all’eccellente collaborazione instaurata con lo studio Genius Loci Architettura. In particolare, le porte d’ingresso delle lussuose camere sono state progettate da San.Co con interessanti caratteristiche tecniche: resistenza al fuoco EI 30’ e abbattimento acustico fino a Rw 43 dB per garantire un’eccezionale insonorizzazione degli ambienti. Nei corridoi sono state invece installate da San.Co le porte Va&Vieni EI 60’ che, prive di serrature e maniglioni, svolgono la funzione di compartimentazione e via di fuga.
L’impeccabile eleganza dell’hotel è stata preservata grazie anche ai chiudiporta a scomparsa ITS96, alle maniglie wireless Quantum Dormakaba e alle cerniere a scomparsa Simonswerk Tectus TE 340 3D in finitura cromo satinato, certificate CE, idonee all’utilizzo su porte taglia fuoco e in grado di movimentare ante pesanti fino a 80 Kg con solo due cerniere.
SAN.CO COSTRUZIONI TECNOLOGICHE SPA Via Fornaci 26 - 38062 Arco TN T. 0464 588111 mail@sancoct.com - sancoct.com
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4BI et Associés Fondato nel 1996 da Bruno Moinard, architetto di interni, designer, scenografo, pittore e illustratore, 4BI et Associés ha creato un nuovo concept per i negozi della Maison Cartier, implementato in tutti i 340 store nel mondo, disegnato e realizzato l’interior di Château Latour a Pauillac di proprietà di François Pinault e del quartier generale di Hermès a Parigi. Numerosi gli interventi nel mondo dell’ospitalità, oltre che in Francia – Hôtel Plaza Athénée di Parigi (2014), Hôtel Marc Veuve Clicquot a Reims (2011, Lvmh) – a Londra (Four Seasons) e più recentemente in Asia. Numerose anche le residenze private dove Moinard ha saputo integrare, adattandola ai codici culturali dei committenti, l’eleganza della cultura francese. Coinvolta inizialmente nello sviluppo del concept per le boutique Cartier, dal 2012 Claire Bétaille, già diplomata all’École du Louvre e laureata nel 2006 in design e architettura d’interni all’École Camondo, è associata e partner dello studio. www.4bi-associes.com
il ristorante La Terrazza regala agli ospiti una vista privilegiata sulla città anche grazie al ribassamento del parapetto (v. disegno) e al nuovo sistema di infissi messo a punto da Capoferri Serramenti, che aumenta la superficie vetrata rispettando le prescrizioni di sicurezza (foto ©Moreno Maggi, courtesy Dorchester Collection).
L’EDEN, LA STORIA E GLI OSPITI VI SOGGIORNARONO ROMMEL E MONTGOMERY UMBERTO DI SAVOIA E JOHN FITZGERALD KENNEDY. SECONDO FEDERICO FELLINI CHE LO SCEGLIEVA PER RILASCIARE LE SUE INTERVISTE LA TERRAZZA DELL’EDEN ERA LA PIÙ BELLA DI ROMA
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Nel 1889, quando Francesco Nistelweck inaugurò il suo Eden, il quartiere Ludovisi era di nuova costruzione, come innovazione dell’epoca era la ferrovia che più agevolmente delle carrozze a cavalli portava a Roma un numero crescente di viaggiatori. Originario di Monaco di Baviera, Nistelweck, che aveva già avuto in gestione l’Hotel d’Inghilterra e l’Hotel de Russie, prima di altri intuì che quello sviluppo urbano, risultato dell’impeto finanziario che accompagnò l’arrivo dei Savoia a Roma, a metà strada tra Piazza del Popolo e la stazione Termini, era il luogo migliore per intercettare il flusso di visitatori che presto sarebbe diventato il turismo dell’era moderna. Francesco Nistelweck trasformò il signorile edificio di tre piani, in origine a destinazione residenziale, in un albergo di 63 camere, arredate dalla moglie Berta
Hassler, figlia del proprietario dell’Hassler Hotel. L’Eden divenne ben presto uno dei simboli dell’accoglienza romana e già nel 1902 venne dotato di ascensore e sopraelevato di un piano, con una copertura a terrazza, allora usata per stendere lenzuola e tovaglie di lino, da cui si godeva una vista eccezionale sulla città. Dal libro d’oro dell’albergo emergono le firme dei suoi ospiti illustri, dai reali di mezza Europa a politici e militari, prima tedeschi e dopo la liberazione di Roma inglesi e americani, a Ernest Hemingway che come Garibaldi pare abbia dormito un po’ dappertutto. Dopo la guerra arrivano gli anni della dolce vita e del boom economico, quando l’Eden diventa la casa romana di personaggi come Ingrid Bergman o Enrico Mattei, che qui abitò per dieci anni, nella suite con grande terrazza del primo piano.
› ARCHITETTURE PER L’OSPITALITÀ Sempre all’ultimo piano anche il Giardino Ristorante e Bar. Con delicate luci che illuminano soffusamente l’ambiente, il designer Jouin Manku crea un’atmosfera teatrale, supportata dalla parete di vetro affrescato di Philippe David, più layer dipinti e sovrapposti che creano una sorta di giardino verticale astratto (foto, ©Moreno Maggi, courtesy Dorchester Collection).
fissi dotati di uno speciale sistema roto-traslante realizzato appositamente dall’azienda Capoferri: l’infisso nella sua interezza si impacchetta in alto; nello stesso movimento un parapetto trasparente nascosto nella balaustra solida si alza e raggiunge l’altezza richiesta per la sicurezza liberando la vista sulla città. Il prospetto è stato quindi unificato e ricondotto tutto alla stessa scansione, eliminando il frazionamento dovuto alle aggiunte che si erano succedute nel tempo. Sulla terrazza trovano posto un ristorante gourmet e il giardino d’inverno, uno spazio vetrato chiuso che grazie alle suddette finestre rototraslanti e a scorrevoli di ultima generazione può essere facilmente trasformato in ambiente open-air. Un sistema innovativo che sfrutta l’acqua per mitigare l’irraggiamento solare regala inoltre agli ospiti interessanti giochi di ombre. Gli interni, disegnati dallo studio Jouin Manku, sono caratterizzati da una parete in vetro affrescato di Philippe David: layer a diverse lavorazioni sovrapposti compongono il diaframma che dà profondità e respiro all’ambiente. Per il ristorante, sempre Jouin Manku ha progettato una finestra che, aperta, mette in comunicazione la cucina con il ‘tavolo dello chef’ favorendo una relazione diretta tra ospiti e cuochi. Come accennato, tra gli obiettivi dell’intervento vi era la riqualificazione impiantistica
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Capoferri
I nuovi serramenti basculanti a vetro Il nuovo sistema di serramenti basculanti motorizzati a vetro che Capoferri ha progettato per il rooftop dell’Hotel Eden è frutto della ricerca e dell’innovazione messe a punto dal Capoferri Lab. I serramenti sono movimentati da un motoriduttore che permette la rotazione e il sollevamento dell’anta. Un sistema che assicura praticità, sicurezza e qualità, e rende automatico il movimento del serramento e del parapetto, in modo che quest’ultimo si sollevi contestualmente all’apertura dell’anta a vetro basculante. In questo modo il parapetto non è visibile quando la finestra è chiusa perché scompare
in un’intercapedine, per poi sollevarsi contemporaneamente all’apertura della finestra. Questi e altri dettagli tecnici rendono questo sistema invisibile, coniugando le esigenze estetiche, il design, le normative di sicurezza e la praticità di funzionamento. Le tende filtranti a rullo sono motorizzate con fissaggi e guide in acciaio inox. È stato poi studiato un sistema che consente l’apertura delle basculanti anche con tende aperte. Sulla copertura della zona bar, con struttura portante a taglio termico, un velo d’acqua scorre sui vetri per raffrescare il locale e creare un’atmosfera unica.
Capoferri Serramenti SpA
Via Cividini, 20 - 24060 Adrara San Martino - BG - Tel. 035 934074 info@capoferri.it | www.capoferri.it
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› ARCHITETTURE PER L’OSPITALITÀ SCHEDA Realizzazione rifunzionalizzazione dell’Hotel Eden Località via Ludovisi, Roma Committente Hotel Eden Srl, Dorchester Collection
Superficie dell’intervento 9.500 mq Inizio e fine lavori novembre 2015-marzo 2017. Progetto architettonico e esecutivo GLA Genius Loci Architettura
Lead architect Stefano Boninsegna Project team Niccolò Falleri, Barbara Serraglini, Riccardo Lucherini, Niccolò Bassilichi, Sara Caroti
Interior design camere e aree comuni 4Bi – Bruno Moinard
Interior design ristorante e spa Jouin Manku Progetto illuminotecnico Metis Lighting Consulenti Carlo Carbone (acustica), Giuseppe Amaro, (Vvf), Andrea Viacava (cucina)
General contractor Carron SpA Project manager Matteo Bacchin (Carron) Site manager Andrea Guolo (Carron) Tecnico della sicurezza Filippo Coletti (Carron) Project management e controllo dei costi Jones Lang Lasalle
Progetto strutture Intertecno/Sce Progetto e DL Mep Bre Engineering Direzione lavori strutture Daniel Raccah (Studio 11)
Prevenzione incendi Gae Engineering Porte interne e porte tagliafuoco San.Co Costruzioni Tecnologiche SpA
Serramenti sesto piano Capoferri spa Ascensori e montacarichi Kone Arredi Essequattro SpA Valore dell’opera 28 milioni di euro
In alto, sezione longitudinale. Sopra, pianta del piano 6. Foto sotto, la lussuosa camera da pranzo della Penthouse Suite Bellavista (foto courtesy Dorchester Collection).
e l’efficientamento energetico dell’edificio, conseguiti con l’installazione di un nuovo impianto ad espansione diretta a recupero di calore condensato ad aria, più compatto e silenzioso delle unità caldaia e frigorifere che ha sostituito e adeguato alla normativa vigente. Questa scelta ha consentito anche la totale rimozione delle unità esterne e dei macchinari a servizio di tutto l’hotel precedentemente presenti sui terrazzi del sesto piano, che avevano sollevato anche una richiesta di riordino da parte della Sovrintendenza ai beni monumentali. Non meno decisivi dal punto di vista funzionale e gestionale gli interventi di razionalizzazione del back-of-the-house, con l’ottimizzazione di spazi e percorsi di servizio e l’inserimento di nuovi montacarichi del tutto separati dagli ambienti accessibili al pubblico
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› ARCHITETTURE PER L’OSPITALITÀ IL CANTIERE
IL COMPLESSO RESTAURO DELL’EDEN EFFICIENZA, ATTENZIONE ALLA QUALITÀ, RISPETTO DEI TEMPI. CARRON SPA HA COORDINATO I LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE DELL’EDIFICIO CHIUDENDO IL CANTIERE IN SOLI 15MESI
Da sinistra il presidente Diego Carron con il CdA del gruppo: Arianna, Paola, Marta e Barbara Carron
«La qualità richiesta dall’intervento, l’attenzione ai dettagli e alle finiture e il pieno rispetto delle tempistiche previste nel piano di lavoro ci hanno permesso di chiudere in bellezza anche questo cantiere» spiega Barbara Carron, che ha seguito i rapporti con la committenza. La ristrutturazione complessiva dell’edificio prevedeva – oltre alla revisione generale della struttura – la riqualificazione tecnologica e l’efficientamento energetico. Concluso entro i tempi previsti, il cantiere è stato chiuso in aprile, dopo 15 mesi di lavoro. Andrea Guolo, site manager, ci illustra la complessità dell’intervento Un cronoprogramma di 15 mesi, durante i quali avete coordinando tutti i lavori, dalle opere strutturali agli arredi. Abbiamo gestito il deposito, il trasporto e montaggio in cantiere di tutti gli arredi mobili, come poltrone, divani e materassi. Abbiamo fornito e posato tutti i corpi illuminanti esterni e interni, oltre a seguire il restauro delle facciate esterne. Ogni aspetto costruttivo è stato seguito con l’attenzione alle finiture attesa dal cliente e dai designer per un hotel 5 stelle lusso. Quale è stato l’aspetto più complesso di questo cantiere? L’organizzazione delle aree di deposito materiale, il posizionamento della gru e delle strutture ad uso uffici e spogliatoi nei limitatissimi spazi disponibili, dal momento che ci troviamo nella zona centrale di Roma. Il lavoro è stato organizzato con un’attenta programmazione – non mensile ma giornaliera – di tutte le attività, dall’arrivo dei mezzi in cantiere alle fasi degli scarichi, programmando le attività lavorative
con continue verifiche dello stato di avanzamento in modo da poter fare eventualmente tutti gli aggiustamenti e correzioni in corso d’opera. Com’erano organizzati i turni di lavoro e il timing del cantiere? Da dicembre il cantiere è stato attivo dalle 6.30 alle 22, in doppio turno di lavoro, vista la compresenza di più lavorazioni. Ogni intervento è stato programmato per essere in linea con il cronoprogramma di 15 mesi. Cosa ha garantito il successo dell’operazione? Una o due riunioni settimanali con i collaboratori e i capi squadra dei principali subappaltatori per verificare lo stato di avanzamento dei lavori, programmare tutte le attività e apportare eventuali correzioni e modifiche per riallinearci al programma. Parlaci della principale sfida con cui ti sei misurato Coordinare una moltitudine di persone con diversi compiti e competenze nei limitati spazi del cantiere, con un’unica gru a servizio di tutti, e la gestione di molti subappaltatori anche esterni a Carron. Il grado di soddisfazione La soddisfazione c’è perché abbiamo rispettato le aspettative sia nella qualità sia nelle scadenze. Quante sono state le maestranze attive in cantiere? Si è trattato di un intervento che sin dai primi mesi di lavoro ha coinvolto in cantiere una media di 150 persone, salita a 170 unità nella seconda fase fino a raggiungere le 200 maestranze e professionalità operative negli ultimi mesi, provenienti da 15 nazionalità diverse.
I NUMERI DEL CANTIERE 19.000 mq di pareti e 6.400 mq di controsoffitti in cartongesso 155 tonnellate di acciaio per le strutture 3.500 mq di disegni di progetto e cantierizzazione 1.200 consegne effettuate al cantiere 800 ore di lavoro per interventi di decorazione 1.000 mq di specchi installati 7.700 mq di intonaco antincendio 7.000 mq l’estensione dei ponteggi 73 società fornitrici di Carron, provenienti da 15 diverse nazioni 15 società di consulenza e 52 professionisti di tre nazionalità 38 società fornitrici, 8 nazionalità 152 km di cavi elettrici, 7 km di fibra ottica e 15 km di cavi Tv installati 3,7 km di strisce led, oltre 7.000 componenti per quadri elettrici e più di 1200 faretti da incasso
Carron ha coordinato tutti i lavori, dalle opere strutturali agli arredi, curando anche il restauro delle facciate esterne.
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IL SERENO, TORNO
ELEGANZA SULL’ACQUA Razionalismo in chiave contemporanea: il progetto di Patricia Urquiola rinnova con sobria eleganza il panorama degli alberghi che si affacciano sul lago di Como. Luce naturale, materiali locali, verde verticale, ampi spazi esterni a diretto contatto con la bellezza del luogo
In alto, l’edificio del Sereno affacciato sul lago. Il progetto di Patricia Urquiola reinterpreta in chiave contemporanea lo stile razionalista di Terragni (foto, courtesy Il Sereno).
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Vista dal lago, l’architettura del Sereno è il primo segnale delle molte singolarità riassunte in questo progetto, che si distingue nettamente dall’offerta ricettiva dell’intorno, fatta di grandi strutture del passato, a volte un po’ fanée, e di modeste pensioni. Atipica l’architettura, dichiaratamente ispirata alla Casa del Fascio di Terragni e atipiche, per un cinque stelle lusso, le dimensioni contenute – solo 30 suites – l’accoglienza friendly, la proprietà che non fa riferimento a catene internazionali: il Sereno Lago di Como appartiene alla famiglia venezuelana Contreras che possiede e gestisce già il Sereno St. Barth nei Caraibi. Tutte queste caratteristiche, unite allo sti-
le unico, di sobria e discreta eleganza con il quale Patricia Urquiola ha progettato gli spazi e ogni singolo dettaglio degli ambienti, rispondono alla perfezione a una domanda generata da un rinnovato flusso di turismo internazionale di alto livello che ha investito il lago di Como negli ultimi anni, testimoniata ad esempio dal fatto che ospiti del Sereno, il giorno stesso dell’inaugurazione, furono tra gli altri Mark Zuckerberg (l’inventore di Facebook) e signora, per il matrimonio di Daniel Ek (fondatore di Spotify) con la musica live di Bruno Mars. Costruito su un promontorio soleggiato della sponda orientale del ramo di Como, il Sereno riceve luce naturale, diretta e riflessa
dalle acque del lago, per l’intero arco della giornata. Il complesso, che si sviluppa lungo 140 metri di fronte lago, comprende, oltre all’edificio principale, un parking scoperto e coperto (sotto il livello dell’acqua), giardini rigogliosi, gli ambienti ricostruiti della ex-darsena (con una Spa sotterranea e gli spazi di un ristorante gourmet, aperto anche a chi non è ospite dell’albergo, diretto dallo chef Andrea Berton), il solarium accanto a un’infinity pool di 18 metri a sfioro sul lago – costruita in parte a sbalzo – e un attracco-barca privato per lo shuttle lacustre degli ospiti, anch’esso disegnato da Patricia Urquiola. Tutte le scelte progettuali hanno inteso
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Accanto, ricavato nella ex darsena uno degli spazi del ristorante gourmet; sotto, la piscina a sfioro e il solarium, vista in direzione nord (foto, courtesy Il Sereno). Nei disegni, i prospetti dell’edificio principale.
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Patricia Urquiola
La maggior parte degli arredi e dei complementi è firmata da Patricia Urquiola. Nelle foto, un angolo della lobby affacciato su una piccola corte interna realizzata da Patrick Blanc e, in basso, una delle suite (foto, courtesy Il Sereno).
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creare un luogo in completa armonia con il contesto naturale. Le facciate dell’hotel – una struttura a logge con pannelli in legno regolabili per schermare la luce in entrata, uno dei tratti distintivi del progetto – creano separazioni che definiscono anche i diversi ambiti – comuni e privati – della casa. La porzione opaca della facciata fronte lago è stata poi arricchita, anche per spezzare le citazioni razionaliste, da una parete di verde verticale realizzata da Patrick Blanc. Al famoso botanico francese sono stati affidati anche altri interventi: un piccolo giardino chiuso tra l’edificio e la parete rocciosa re-
trostante, visibile dalle vetrate della reception, e un “artiglio verde” in corrispondenza della passerella che, scavalcando gli spazi aperti della piscina, conduce all’ingresso. Gli interni sono fortemente caratterizzati da elementi, arredi e complementi di design in larga parte firmati da Patricia Urquiola, a partire dalla grande scala su disegno che, schermata da una struttura leggera che ricorda le canne di bambù, caratterizza la lounge e conduce al ristorante dell’albergo e alla piscina e solarium, posti al livello inferiore. Per i rivestimenti sono stati scelti materiali
Patricia Urquiola, nata a Oviedo, vive e lavora a Milano, dove si è laureata in Architettura nel 1989 con Achille Castiglioni. Dopo una collaborazione con Vico Magistretti e con Lissoni Associati, nel 2001 apre il proprio studio lavorando nei settori del product design, interni e architettura. Ha disegnato prodotti per le più importanti società italiane e internazionali dell’arredamento e del lifestyle e alcuni dei suoi prodotti sono esposti nei maggiori musei di arte e design, tra cui il MoMa, il Museo del Design di Zurigo, il Vitra Design Museum, il Victoria&Albert di Londra, lo Stedelijk di Amsterdam e la Triennale di Milano. Premiata con numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui la Medalla de Oro al Mérito en las Bellas Artes del Governo Spagnolo e l’Ordine di Isabella la Cattolica consegnatole dal Re di Spagna Juan Carlos I, dal 2015 Patricia Urquiola è art director di Cassina. Tra i suoi progetti più recenti Il museo del Gioiello di Vicenza, l’Hotel Mandarin Oriental di Barcellona, l’Hotel Das Stue a Berlino, la spa del Four Seasons di Milano, progetti retail e allestimenti per Bmw, Cassina, Ferragamo, Flos, Missoni, Molteni, Officine Panerai, H&M, Santoni, Pitti Uomo Firenze. www.patriciaurquiola.com
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naturali (pietra, legno e fibre naturali) prevalentemente locali: le pietre di Moltrasio e di Fossena per i pavimenti, il Travertino per i rivestimenti dei bagni, il Ceppo di Gre (o Ceppo Lombardo) per il basamento e per alcuni interni; granito, legno di noce e frassino per gli arredi. Il rapporto della nuova struttura con l’ambiente circostante non è solo di inserimento nel paesaggio, ma anche qualitativo: Il Sereno, infatti, grazie ai materiali e ai sistemi di risparmio energetico e di illuminazione artificiale adottati, ha ottenuto la certificazione CasaClima
Viste dell’area bar e ristorante al livello inferiore; a destra la terrazza di una suite (foto courtesy Il Sereno). Sotto, la pianta del primo piano dell’edificio.
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› ARCHITETTURE PER L’OSPITALITÀ S.c.e. Project Srl La società che ha curato la progettazione strutturale e esecutiva del Sereno è stata fondata nel 2001 dagli ingegneri Fabrizio Bozzi, Stefano De Cerchio e Manuela Fantini. S.c.e. Project svolge attività di progettazione integrata e controllo in fase di esecuzione di opere civili, industriali e infrastrutture. Con un team di 65 persone, soprattutto giovani, che operano dalle due sedi di Milano e di Roma, in quindici anni la società ha realizzato più di 500 progetti in Italia e all’estero. Tra i lavori in corso la progettazione integrata architettonica e strutturale e il project management del nuovo stadio della Roma, la progettazione strutturale del Campus Humanitas University a Rozzano, la riqualificazione del complesso di via Bufalini a Firenze (con Genius Loci Architettura) e la progettazione strutturale esecutiva dell’area ex-Mercati Generali a Roma. La società dispone di un sistema di gestione qualità Uni En Iso 9001:2000. www.sceproject.it
SCHEDA Opera Il Sereno, Lago di Como; hotel 5 stelle lusso Località Torno (Como) Proprietà Famiglia Contreras Progetto architettonico Patricia Urquiola - Studio Urquiola
Progetto esecutivo Faber e Sce Project Interior design Patricia Urquiola - Studio Urquiola Progetto strutturale Sce Project Progettazione impiantistica Faber Progettazione paesaggistica Flavio Pollano e Stefano Baccari
Progettazione del verde verticale Patrick Blanc Owner representative, project e site management, direzione lavori Fabio Curcio Valentini, Cvhp
Coordinamento sicurezza e antincendio Gae Engineering
La pianta del primo livello inferiore, in parte interrato, del complesso. A destra, la passerella che dal piazzale di ingresso conduce alla reception e, in alto, l’hotel visto dal lago, con la parete di verde verticale realizzata da Patrick Blanc (foto courtesy Il Sereno)
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Superficie dell’intervento 3.500 mq Suites 30 Inizio progettazione 2012 Fine lavori agosto 2016 Importo delle opere 30 milioni di euro Sistema di climatizzazione Mitsubishi Electric
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LA MUSICA DEL CANTIERE Fabio Curcio Valentini Nato a Vasto (Ch) e laureato in Architettura al Politecnico di Milano, Fabio Curcio Valentini collabora per diversi anni con il Gruppo Statuto in qualità di owner representative, project manager, design e construction manager, acquisendo una particolare esperienza nella progettazione e nella realizzazione di strutture per l’ospitalità e operando a stretto contatto con i principali player del mercato italiano e internazionale (Hotel Danieli a Venezia, W Hotel e Intercontinental a Milano, Crown Plaza di Londra) e con le firme più affermate dell’architettura e dell’ingegneria. Il primo incontro con Patricia Urquiola avviene con il project management della spa dell’hotel Four Seasons di Milano, mentre l’incontro con Luis Contreras, rappresentante della proprietà del Sereno lago di Como, risale all’agosto 2015, il giorno della conclusione dei lavori del Mandarin Oriental di Milano (progetto architettonico Antonio Citterio Patricia Viel). L’intensa esperienza del Sereno e la bellezza e i colori del lago lo convincono a trasferirsi da Milano a Como, dove dal 2016 stabilisce il proprio studio Cvhp. www.cvhp.it
Se paragonassimo il cantiere a un’orchestra, il tempo della musica che per dieci mesi ha suonato al Sereno sarebbe un prestissimo. Perché anche se la storia inizia nel 2012, con la demolizione del precedente Villa Flora, a novembre del 2015 c’erano solo le fondazioni, la palificazione e la struttura in acciaio dell’edificio principale. Risale a quella data l’ingresso di Fabio Curcio Valentini che come owner representative e direttore dei lavori mette insieme una squadra completamente nuova per realizzare concretamente il progetto architettonico che nel frattempo la proprietà aveva affidato alle mani esperte di Patricia Urquiola. Possibili imprevisti (puntualmente verificatisi), peculiarità del sito e dell’edificio, logistica complessa: la sola certezza era la data della consegna. Per questo, e per la necessità di apportare significative modifiche e varianti in corso d’opera, il cantiere si è sviluppato in modalità design&build e ha visto la presenza contemporanea fino a 250 persone all’opera. Di fatto tre cantieri in uno: per l’edificio principale, minimalista e ipertecnologico – infissi senza telaio, controsoffitti a filo, ringhiere annegate nel massetto, canaline di scolo nascoste, impiantistica innovativa; per la darsena, la piscina e il solarium (in parte appoggiata alla roccia e in parte a sbalzo, sorretta da travi reticolari); e soprattutto per le componenti impiantistiche e di servizio, il back-of-the-house invisibile agli ospiti ma essenziale per il funzionamento meccanico e operativo della struttura, tutte collocate sotto la roccia e in parte sotto il livello dell’acqua. Un cantiere impossibile da portare a compimento senza la forte collaborazione interdisciplinare di imprese specializzate (come i som-
mozzatori intervenuti per le opere di contenimento o gli specialisti del taglio a filo e acqua per aprire un varco agli impianti elettrici in una roccia particolarmente resistente) e la forte intesa tra la direzione artistica, la direzione dei lavori, la società di ingegneria e la stessa proprietà, la cui presenza costante ha trasmesso alle maestranze l’ambizione di portare sulle rive del lago un primo segno di architettura contemporanea.
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L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA SECONDO MITSUBISHI ELECTRIC PER GARANTIRE AGLI OSPITI DEL SERENO, OLTRE A ELEGANZA, PRIVACY, RELAX, ANCHE IL NECESSARIO COMFORT, I PROGETTISTI HANNO SCELTO HYBRID CITY MULTI DI MITSUBISHI ELECTRIC
MITSUBISHI ELECTRIC
Centro Direzionale Colleoni 20864 Agrate Brianza MB Tel. 039.60531 clima@it.mee.com climatizzazione.mitsubishielectric.it
La ricerca della qualità che ha caratterizzato ogni singola scelta di questo ambizioso progetto, ha riguardato naturalmente anche la parte impiantistica, che doveva garantire un elevato livello di comfort per gli ospiti dell’hotel puntando su innovazione tecnologica ed ecosostenibilità. Per questo motivo è stata scelta Mitsubishi Electric che ha risposto alle necessità dei servizi energetici primari: riscaldamento, raffrescamento e produzione di acqua calda sanitaria, con i suoi sistemi di
climatizzazione più avanzati. Nello specifico è stata adottata la nuova tecnologia ibrida a flusso di refrigerante variabile HVRF denominata Hybrid City Multi. Per garantire il riscaldamento e raffreddamento primario delle utenze situate ai piani da -1 a 4, sono stati previsti 6 sistemi Hybrid City Multi HVRF di riscaldamento e raffrescamento simultanei con recupero di calore ad espansione indiretta (un sistema HVRF per piano) condensati con acqua di lago che viene prelevata con un’opportuna stazione di pompaggio a -15 m di profondità.
HYBRID City Multi è il primo e unico sistema al mondo derivato dal sistema R2 a garantire un alto grado di comfort dell’aria con i vantaggi dell’espansione diretta a flusso di refrigerante variabile.
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HOTEL PFÖSL, NOVA PONENTE, BRESSANONE
ARCHITETTURE IN RELAZIONE A più di milletrecento metri di quota, ai piedi dello Sciliar, tre lussuosi chalet completano un complesso alberghiero ristrutturato di recente. Un intervento in cui l’architettura si esprime attraverso l’attenzione al contesto e la cura dei materiali. Il progetto è dello studio di Bressanone bergmeisterwolf architekten
L’hotel Pfösl di Nova Ponente vicino a Bressanone dopo l’intervento di ristrutturazione e ampliamento realizzato dallo studio bergmeisterwolf architekten (foto, ©Florian Andergasser); nel disegno, il prospetto laterale dell’edificio principale.
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In un piccolo comune a sud di Bolzano, Nova Ponente, a 1.357 metri di quota, ha da poco riaperto i battenti l’hotel Pfösl. Si tratta di un complesso alberghiero ristrutturato e completato da tre nuovi lussuosi chalet in legno, con vista sul gruppo dolomitico dello Sciliar. In tutto sono 18 suite panoramiche con giardino, piscina, sauna esterna, percorso Kneipp all’aperto e una sala ristorante anch’essa panoramica, poco distanti dall’albergo ampliato e ristrutturato. I nuovi chalet invece sono realizzati nel bosco, sopraelevati da terra, con uno stile moderno e nello stesso tempo tradizionale, con
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bergmeisterwolf architekten Lo studio è stato fondato nel 2009 a Bressanone da Gerd Bergmeister e Michaela Wolf. Bergmeister ha studiato allo Iuav di Venezia e alla Leopold Franzens Universität di Innsbruck; Wolf ha studiato alla Leopold Franzens Universität, al Politecnico di Milano e all’Architectural Association di Londra. Secondo i due architetti altoatesini, l’architettura è un processo di sviluppo, un’analisi e una ricerca costante, una modellazione e la sagomatura di una trama. Per Gerd Bergmeister e Michaela Wolf il progetto non deve costruire in un luogo, bensì deve costruire il luogo. www.bergmeisterwolf.it
L’Hotel Pfösl (in alto, l’ingresso) conta 18 suite con giardino, 3 chalet isolati nel vicino bosco (al centro) piscina, sauna esterna e spa (foto ©Florian Andergasser).
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spazi luminosi e completamente realizzati con il legno del luogo: il cirmolo e il larice naturale. Il progetto, di Gerd Bergmeister e Michaela Wolf dello studio bergmeisterwolf architekten di Bressanone, nella logica dell’ampliamento, cerca di ricreare l’unità dell’hotel con il fienile e con il fabbricato già edificato, confrontandosi con la sua materialità e la collocazione nel contesto. Il senso del progetto e dell’architettura che ne deriva si rifà al rapporto con i luoghi, il paesaggio e la natura. Grazie a una quinta in legno, la facciata del corpo principale si collega con il complesso
In alto, la piscina coperta che si prolunga all’esterno. Accanto, due ambienti interni. Tutti gli arredi sono stati realizzati da Erlacher Arredamenti, azienda che conservando la tradizione di falegnameria artigianale delle origini (1905) ha conquistato un ruolo di primi piano del settore del contract, in particolare alberghiero. Materiali naturali caratterizzano l’intero progetto di bergmeisterwolf, sia all’esterno sia negli interni, con l’uso di larice e cirmolo (foto, ©Florian Andergasser).
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alberghiero. Il passaggio sotterraneo che unisce le due unità è invece caratterizzato da nicchie e rientranze e si sviluppa in una scala trapezoidale che unisce lo spazio con l’esterno. L’area benessere è di duemila metriquadrati, con otto differenti saune, bagni turchi (salino e al timo), sale e cabine relax e una piscina di 25 metri. L’illuminazione offre un effetto dinamico e mai invadente: un gioco di luci e ombre che si interfaccia con la luce naturale delle ampie vetrate. I tre chalet invece sono piccole costruzioni in legno, autonome rispetto al complesso alberghiero, che trasmetto-
no leggerezza e, attraverso il legno scuro, sembrano diventare parte del bosco. Pfösl è uno dei pochi alberghi in Europa precertificato Klimahotel: un sigillo di qualità per l’ospitalità attenta agli aspetti ambientali e climatici. Infatti, il sistema di teleriscaldamento a biomassa è rispettoso dell’ambiente, la pulizia della piscina panoramica avviene in modo naturale attraverso l’elettrolisi salina, senza aggiunta di cloro, la pulizia dell’edificio è effettuata con prodotti ecologici, mentre la biancheria viene lavata senza l’impiego di additivi chimici. Per questo l’hotel si fregia anche del marchio Ecolabel
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In alto, i tre chalet nel bosco sono costruiti in legno annerito e sono sollevati dal terreno da setti di cemento armato. Sopra, Eva e Brigitte Zelger, proprietarie dell’albergo; nel disegno la planimetria del complesso e, sotto, una terrazza aperta sul paesaggio (foto, ©Florian Andergasser).
SCHEDA Località Nova Ponente, Bolzano Proprietà Eva e Brigitte Zelger Completamento 2017 Superficie utile 2.900 mq Progettazione architettonica Bergmeisterwolf Architekten (con Alessandro Battistella e Lorenzo Musio)
Project manager Dieter Schönafinger, baubüro Progettazione strutturale Holzner Bertagnolli Progettazione impiantistica Energypro Progettazione elettrica Stuppner Frasnelli Progetto della facciata Lignoalp Progetto chalet Brida Arredi interni e esterni Erlacher Investimento 6,5 milioni di euro
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RISTORANTE BOATTA, MILANO
SAPORI DI SICILIA ALL’ISOLA Un ristorante siciliano nuovo, caratterizzato da un esteso tetto verde in immediata connessione con l’Isola e Porta Nuova, quartiere simbolo di innovazione e principio della rigenerazione milanese. Il progetto insiste su un concetto di semplicità, qualità e freschezza, con soluzioni legate alla nostra tradizione artigiana. Progetto di MMA | Massimiliano Masellis Architetti
Il concept di progetto propone uno spazio interamente realizzato da artigiani e maestranze di alto profilo. I banconi, posti centralmente alla sala, sono realizzati interamente a mano con pannellature a intarsio con circa quattromila pezzi in tre essenze di legno.
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Boatta è un ristorante di cucina mediterranea nato da poco nel cuore del quartiere Isola di Milano, una zona tra le più di tendenza del capoluogo lombardo. In questo luogo, simbolo d’innovazione e rigenerazione urbana degli ultimi anni, il progetto Boatta si innesta come punto di riferimento delle antiche tradizioni culinarie della dieta mediterranea. Il nome del locale prende spunto dai contenitori in vetro (buat) che all’inizio del secolo scorso erano utilizzati per le conserve: le boatte erano presenti nelle cucine delle case di tutti gli italiani. La Boatta si trasforma così in brand e accessorio per il servizio al tavolo. L’idea di aprire un ristorante di questo tipo è di Francesco e Davide: due giovani
imprenditori siciliani che hanno deciso di realizzare un progetto unico e originale nel settore della ristorazione. Il loro motto è “fuori come a casa”, legando la cucina da loro proposta a uno standard di qualità e freschezza. I piatti sono realizzati con materie di prima scelta a base di pesce e verdure provenienti dai migliori mercati locali e siciliani. Il progetto di interior design, sviluppato dallo studio MMA | Massimiliano Masellis Architetti, pone l’attenzione sul rapporto stabilito tra cucina e città. In linea con il principio della cucina homemade, il concept di progetto propone uno spazio interamente realizzato da artigiani e maestranze di alto profilo.
Secondo il progettista sono «gli artigiani i detentori del know how del prodotto made in Italy: sono loro che devono impegnarsi per un fiducioso riscatto sul mercato proponendo innovazione e qualità». Il rapporto tra gli spazi del nuovo ristorante e la città avviene attraverso la presenza di un tetto verde che si connette con il verde esterno caratteristico delle vie del quartiere. Le luci, quella naturale e quella artificiale delle ore notturne, si propagano attraverso le ampie vetrine a tutta altezza posizionate sui fronti d’angolo. Ogni elemento architettonico e di design è stato realizzato su misura: dal ripristino della cortina muraria in mattoni (restaurata a causa di numerose lacune) alla realizza-
› ARCHITETTURE PER L’OSPITALITÀ
MMA | Massimiliano Masellis Architetti È uno studio di architettura di Palermo. Opera dal 2011 nei campi della progettazione architettonica e del design d’interni e di prodotto. Massimiliano Masellis, il fondatore, nasce a Palermo dove si laurea nel 2009. Dopo una breve esperienza in ambito universitario come tutor nei corsi di progettazione architettonica alla facoltà di Architettura dell’università degli studi di Palermo e all’università Kore di Enna, lavora nello studio FareBase di Giuseppe Marsala. Dal 2011 al 2016, con gli architetti Salvatore Barone e Andrea Liguori, fonda lo studio Spazio|23 Architecture&Engineering, giovane realtà di progettazione. Nel luglio del 2017 nasce MM A, con gli architetti Chiara Fallea, Andrea Lombardo e Marta Marasà. Il loro progetto MandarinArte (riqualificazione di un immobile confiscato alla mafia), si aggiudica il premio nazionale Selinunte 2017 (Aiac) e il premio alla critica Sacu 2017 (Università di Camerino). Masellis vive e lavora tra Palermo e Milano. www.masellisarchitetti.it
Il vasto soffitto verde riporta idealmente al concetto di freschezza, e di natura e al bosco verticale di Stefano Boeri.
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Sagrim
Impianti e arredi per la ristorazione Nella cucina parzialmente a vista di questo ristorante, Sagrim, agenzia di Electrolux Professional ha inserito apparecchiature scelte per ottimizzare il flusso di lavoro: dalla cucina alla friggitrice, dai frigoriferi alle zone lavaggio e bar. • Linea di cottura modulare 900XP si distingue per potenza, semplicità ed efficienza. • Tavoli e banchi refrigerati, saladette, produttore di ghiaccio e vetrine espositive, per avere tutto l’occorrente a portata di mano e preparare cibi in poco tempo. • Lavastoviglie a capottina green&clean, massima affidabilità e facilità di utilizzo unite ad una tecnologia innovativa, elevate prestazioni e ridotti consumi di acqua, energia e detergenti. • Armadi frigoriferi Ecostore, per garantire la migliore efficienza energetica.
SAGRIM SRL
Via Giotto, 64 - 90145 Palermo PA Tel. 091 226676 info@sagrim.it - sagrim.it
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LA RICETTA IN VASOCOTTURA
Panaché di verdure stufate Chef Giovanni Porretto
Ingredienti per 4 persone 4 contenitori specifici per vasocottura 100 gr broccolo viola 100 gr di broccolo romano 100 gr di broccolo bianco 100 gr di peperoni gialli e rossi 100 gr di zucchine 100 gr di pomodorini 100 gr di carote 100 gr di cipollato fresco 100 ml di brodo vegetale 4 fiori di zucca 4 foglie di basilico Sale, pepe e olio extra vergine di oliva Tagliare le verdure in piccoli pezzi e dividerle tra i 4 vasi, condire con sale e pepe, aggiungere in ogni vaso una foglia di basilico e porre il fiore di zucca aperto come guarnizione. Aggiungere per ogni vaso un cucchiaio di brodo vegetale e finire con l’olio d’oliva. Chiudere i vasi ermeticamente con i loro coperchi. Cucinare in forno per 20 minuti a 130°. Lasciar riposare un paio di minuti e servire.
Ogni particolare è stato progettato e realizzato ad hoc, dal ripristino della cortina muraria alla realizzazione di tutti gli arredi fissi e mobili.
zione di tutti gli arredi fissi e mobili realizzati in ferro e legno da artigiani locali e siciliani. I banconi, posti al centro della sala, sono realizzati a mano con pannellature a intarsio con circa quattromila pezzi di tre essenze di legno. Il progetto di interni ricerca (e trova) un rapporto diretto con le materie prime e con la preparazione dei piatti. Il fi l rouge che
collega l’interior alla food experience trova equilibrio nelle essenze dei materiali impiegati e nella luce naturale, conferendo al ristorante Boatta l’atmosfera di casa desiderata dai due gestori
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Sicilia Intarsi Sicilia Intarsi è un’azienda familiare con una lunga tradizione nella lavorazione dell’intarsio in legno che risale al 1930. Nella storica sede nel centro di Catania dove si realizzano intarsi per parquet, porte, arredi e complementi, antiche tecniche tramandate di generazione in generazione convivono con le moderne tecnologie. La felice collaborazione con il progettista, in questo caso l’architetto Masellis, nasce sulla base di una rapida intesa che consente di scegliere insieme i materiali più idonei e realizzare nel modo migliore i pannelli secondo le esigenze del committente. Ormai da anni l’attività, che si è estesa soprattutto sui mercati esteri, richiede grande capacità di ascolto e velocità di realizzazione.
SICILIA INTARSI
Via Plebiscito, 429 - 95122 Catania CT Tel. 3281629726 info@intarsio.com - intarsio.com
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SCHEDA Progetto MMA | Massimiliano Masellis Architetti + Vittorio Catania Anno 2017 Luogo Milano, Piazzale Segrino 1 Committente Boatta Srl Superficie intervento 170 mq Costi realizzazione 210.000 € Impresa di costruzione C.E.I. srl Progetto impianti EnQuadro Palermo Impianto elettrico CR Impianti Progetto e realizzazione cucina Sagrim Opere di falegnameria L’Arte del Legno, Sicilia Intarsi
Opere in ferro Valenza Benedetto Fotografie Silvia Tomati
› DESIGNCAFÈ COSTRUIRE, ABITARE, PENSARE. È CERSAIE
SOTTSASS A CENTO ANNI DALLA NASCITA
IN TRIENNALE THERE IS A PLANET
Il 25 settembre, e fino al 29, riapre i battenti a Bologna Cersaie, il Salone internazionale della ceramica. Ricco anche quest’anno il panorama di seminari, talk show e lectio magistralis. L’appuntamento culturale di quest’anno si arricchisce dello spazio Galleria dell’architettura, che con il consueto tema Costruire, Abitare, Pensare prevede cinque talk show con altrettanti ospiti di livello internazionale. Si comincia martedì 26 settembre (10:30) con il cileno Sebastián Irarrázaval, per proseguire (alle 16) con l’architetto australiano Sean Godsell. Giovedì 28 settembre (ore 10) sarà la volta dell’architetto spagnola Elisa Valero Ramos e nel pomeriggio (ore 16) di Diébédo Francis Kéré, autore tra l’altro del Serpentine Pavilion di quest’anno. Venerdì 29 (ore 10), al Palacongressi dell’Europauditorium, toccherà a Fabio Novembre chiudere con una lectio magistralis la serie di incontri culturali. Ettore Sottsass, Disegno per scultura, 1947, foto Erik e Petra Hesmerg
Dall’alto e da sinistra i protagonisti di Costruire Abitare Pensare di quest’anno: Fabio Novembre, Elisa Valero, Francis Kere, Sean Godsell e Sebastián Irarrázaval.
WWW.ERLACHER.IT − T 0471 654 308
Numerosi gli appuntamenti per ricordare i cento anni della nascita di Ettore Sottsass Jr. Dopo le mostre di Milano (Galleria Jannone), Venezia (Campus Vitra di Basilea, che si concluderà il 24 settembre) e New York (Met Breuer, aperta fino all’8 ottobre), è ora la volta della Triennale di Milano. Dal 15 settembre e fino all’11 marzo 2018, curata da Barbara Radice, al Triennale Design Museum sarà allestita la mostra monografica There is a Planet. La mostra prende il nome da un progetto, mai realizzato, di Sottsass dell’inizio degli anni Novanta per l’editore tedesco Wasmuth. Si tratta di foto di architetture, case, porte, persone e situazioni che riguardano l’abitare e la presenza dell’uomo sul pianeta.
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› DESIGNCAFÈ
IL FUTURO DI PYONGYANG
ROMA UN MODELLO DA RIDISCUTERE
I NUOVI MATERIALI DELL’ECONOMIA CIRCOLARE
Dopo le distruzioni della guerra di Corea negli anni ’50, il percorso di ricostruzione di Pyongyang seguì il modello della città socialista, modello entrato in crisi con la caduta del muro di Berlino. Del resto e malgrado l’isolamento internazionale, dagli anni Duemila la Corea del Nord aveva avviato un processo di apertura economica, in primo luogo verso la Corea del Sud che, sebbene interrotto – e forse i recenti avvenimenti geopolitici ne sono un effetto più che una causa – ha prodotto sviluppi urbani originali tra la monumentalità celebrativa dei grandi spazi pubblici e la città da abitare. Al netto dei venti di guerra che oggi soffiano sull’area, l’interrogativo che oggi si pone riguarda il futuro della capitale nord-coreana: una città post-socialista o un diverso modello di sviluppo urbano? Sicuramente, per i lettori, un’occasione per osservare con sguardo professionale un modello di città precluso ai più.
È una riflessione sulla struttura urbana di Roma, tesa a rimettere in discussione l’attuale modello centro-periferia. Riconoscere l’importanza demografica delle periferie e l’esistenza delle microcittà è una riforma di politica urbana fondamentale per trasformare gli attuali frammenti periferici in centri urbani potenzialmente autonomi e in comunità in grado di decidere il loro futuro, rompendo la ghettizzazione e la tendenza della città a creare esclusioni. Riformare gli attuali Municipi è un antidoto ai fondamentalismi e alla rabbia sociale, dettati anche da un senso di esclusione dalle scelte. Il modello proposto per le nove città racchiuse nel Grande raccordo anulare si pone come programma urbano in grado di assorbire i movimenti socio-politici in atto, di rimescolare gerarchie sociali e territoriali, di consentire una migrazione concettuale da una dimensione di marginalità a una nuova centralità.
[UN] Precedented Pyongyang Dongwoo Yim (editing Jelena Prokopljevic e Rafael Luna) Actar Publishers 364 pp - 35 euro - ISBN: 978 1 940291 35 2
Verso la realizzazione delle microcittà di Roma Marco Pietrolucci Con i contributi di Giovanni Caudo, Francesco Cellini, Daniel Modigliani, Francesco Purini Skira 315 pp - 32 euro - ISBN: 978 88 572 3392 5
Economia circolare e materiali innovativi e sostenibili. Sono questi i temi del libro curato da Anna Pellizzari e Emilio Genovesi dal titolo Neomateriali nell’economia circolare. Il volume offre una panoramica aggiornata di quelli che vengono oggi definiti circular materials perché ottenuti a partire da fonti rinnovabili, o rinnovate, e trasformati seguendo logiche di conservazione delle risorse. Il volume è organizzato in due parti. La prima presenta una tassonomia esaustiva dei materiali e dei processi, suddivisi in tre categorie: bio-based, materiali che imitano i cicli naturali del regno vegetale e animale; neo classici, i materiai riciclati che sono entrati in svariati processi produttivi; ex novo, processi di riciclo e di valorizzazione della materia posizionati al termine dei cicli di produzione. La seconda parte approfondisce le caratteristiche e i possibili sviluppi delle filiere produttive: acciaio, alluminio, bioplastica, calcestruzzo, carta, legno, plastica, pneumatici e vetro. Neomateriali nell’economia circolare a cura di Anna Pellizzari e Emilio Genovesi Edizioni Ambiente 207 pp - 28 euro - ISBN 978 88 6627 197 0
BIENNALE ECTP
GRANDI EVENTI E TRASFORMAZIONI URBANE LA BIENNALE DELL’EUROPEAN COUNCIL OF TOWN PLANNERS CHE SI È SVOLTA A PARIGI, SEDE DELLE OLIMPIADI 2024 Un’interessante panoramica sul ruolo dei grandi eventi come driver delle evoluzioni urbane quella emersa il 29 giugno scorso alla Maison des sciences de l’homme a Parigi, con un’importante partecipazione di Cobaty International, l’associazione presente in Italia dal 1990 e partner di Ectp che riunisce architetti, economisti, imprenditori, giuristi, ingegneri, costruttori per favorire un aggiornato scambio culturale e la condivisione di singole esperienze professionali. Quale sede delle Olimpiadi 2024, Parigi ha presentato in anteprima un concetto inedito di allestimento dei giochi all’interno della città, in “setting” di grande valore storico e turistico, da Versailles alla Senna ai Champs-Élysées. Introdotto dal presidente di Ectp Joris Scheers e da Bruno Feracci (presidente della Società Francese degli Urbanisti), l’incontro è proseguito con le relazioni di rappresentanti dell’attività urbanistica della città di Parigi (P. Duport, P.Braouezec, J.L. Missika). Eccellente la relazione di Alfonso Vergara di Fundaciòn Metròpolis, con una panoramica generale sull’evoluzione delle città e delle regioni e con [ 98 ]
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un focus particolare sulle passate e future edizioni delle Olimpiadi e dei giochi paralimpici, in particolare su Tokyo 2020, dove realtà tecnologiche come Intelligenza Artificiale, Automazione e Robotica, tuttora in uno stadio inziale, assumeranno un ruolo fondamentale non solo nella gestione dell’evento, ma anche nel funzionamento della città. Interessanti anche la relazione di Johanes Dragomir sull’evoluzione di Monaco di Baviera dopo le Olimpiadi del 1972, e quella di Joaquim Clusa su Barcellona.
› FOCUS
SAINT-GOBAIN SI RIVOLGE AL MONDO DELLA PROGETTAZIONE PER IL SETTORE DELL’OSPITALITÀ CON UN’AMPIA OFFERTA DI SOLUZIONI SPECIFICHE PER LA COSTRUZIONE E LA RISTRUTTURAZIONE PARZIALE O COMPLETA DEGLI HOTEL
Una gamma completa per il comfort e l’isolamento termoacustico nelle strutture alberghiere. Sotto, una camera del Room Mate Giulia e del Town House Hotel di Milano, perfettamente isolate con le soluzioni Saint-Gobain.
L’IMPORTANZA DEL COMFORT ABITATIVO nel settore dell’ospitalità L’Italia è tra i primi Paesi al mondo per numero di strutture alberghiere e numero di posti letto. Un enorme patrimonio che sovente non è all’altezza delle attese, che meriterebbe lavori di ristrutturazione, manutenzione e adeguamento. L’ospite, quando entra in una camera d’albergo, vorrebbe riposare, possibilmente in un ambiente silenzioso. Non sempre è così. Il discomfort acustico è ricorrente nelle camere. Quante volte ci ha svegliato nel pieno della notte il rumoroso rientro del nostro vicino di camera o il volume del suo televisore, o ancora il rumore del traffico o del treno. L’acustica è il quarto motivo di lamentela secondo uno studio realizzato analizzando i commenti sui più diffusi social media. Sulla base di questi dati, Saint-Gobain si rivolge al mondo della progettazione per il settore dell’ospitalità con un’ampia offerta di soluzioni specifiche per la costruzione e la ristrutturazione parziale o completa degli hotel, con un’attenzione particolare a comfort acustico, comfort termico, qualità dell’aria interna, illuminazione naturale e anche all’estetica.
Le soluzioni spaziano da guaine isolanti per evitare le infiltrazioni di acqua e per eliminare, in alcuni casi, l’inquinamento da radon, ai massetti realizzati per attutire il rumore da calpestio (i famosi tacchi dell’ospite del piano di sopra), alle pareti, veloci da realizzare, che ci isolano dal vicino rumoroso. Soluzioni per pareti e vetrate che ci proteggono dal caldo e dal freddo e dal rumore esterno, vetri che forniscono un maggiore apporto luminoso, controsoffitti che “assorbono” il rumore all’interno delle sale da pranzo. Soluzioni che, chiaramente, sono certificate per diversi livelli di sicurezza (antincendio, antisismica, antieffrazione, ecc). Infine, soluzioni di design, con una moltitudine di vetri declinati e lavorati nei modi più semplici o artistici da vetrerie “Design Partner” Saint-Gobain, in applicazioni più tradizionali od originali: vetri che da trasparenti diventano opachi, vetri autoriscaldanti, come gli specchi, e per concludere controsoffitti perfettamente integrati o che diventano un elemento distintivo e originale dell’ambiente in cui vengono installati. Una gamma ampia e completa che Saint-Gobain, nei suoi oltre 350 anni di storia, ha sviluppato a livello di processi produttivi, partendo dall’ascolto delle esigenze e delle richieste della committenza.
Il comfort secondo Saint-Gobain Il volume contiene le informazioni utili al progettista in merito a soluzioni tecniche disponibili per raggiungere il comfort desiderato e il benessere percepito di un ambiente. 108 pagine dedicate al tema del comfort: termico, visivo, acustico; alla qualità dell’aria, alla sicurezza e al design.
SAINT-GOBAIN www.saint-gobain.it
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› ARCHITETTURE PER L’OSPITALITÀ
WELLNESS RESORT A CAORLE, VENEZIA
TRA NATURA E MODERNITÀ Sul litorale adriatico il complesso alberghiero Marina Verde – due torri di sette piani d’altezza – punta al risparmio energetico e al rispetto dell’ambiente. Simone Micheli firma il progetto di interior design In apertura e a lato, due scorci di un interno del wellness resort Marina Verde di Caorle, dove ambiente naturale e residenza alberghiera sifondono in un equilibrio di linee moderne e delicate (foto, ©Jürgen Eheim).
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Il wellness resort Marina Verde di Caorle è un binomio riuscito tra residenza turistica e ambiente naturale. L’intero complesso, che si affaccia sul litorale adriatico, consta di due torri di sette piani, due edifici basati su soluzioni costruttive e tecnologiche particolarmente innovative, ecosostenibili e ad elevate prestazioni. Si spiegano così i tetti giardino, le corti interne e il parco, battezzato il Parco del Mare, attraverso il quale si raggiunge la spiaggia. La struttura portante è in legno, ancorata a una piastra ipogea e a blocchi scale-ascensori in cemento armato. Per sorreggere i due edifici è stato concepito e realizzato un contenitore incassato nel terreno, per un’altezza di circa sette metri e ottomila metri quadrati di superficie. Allo scopo è stata creata una struttura di sostegno a diaframmi nervati profonda 21 metri, che ha per-
messo di ottenere spazi interrati di notevoli dimensioni per posti auto, piscine e servizi annessi all’ospitalità. Per il raffrescamento e il riscaldamento del complesso alberghiero si ricorre alla geotermia di falda, mentre per la produzione di acqua calda sanitaria e di energia elettrica sono stati impiegati pannelli solari e fotovoltaici. In particolare, l’impianto di riscaldamento è il sistema a pavimento radiante a bassa temperatura New Plus di Rdz e la gestione del clima è demandata a dispositivi elettronici per il controllo a distanza. In poche parole ogni dettaglio del progetto risponde all’obiettivo del massimo risparmio energetico, come dimostra l’ottenimento della classe energetica CasaClima A+. Anche il progetto di interior design di Simone Micheli conferma il canone della sostenibilità, coniugata sapientemente con la
› ARCHITETTURE PER L’OSPITALITÀ
A fianco, le due torri di sette piani del Marina Verde; sotto, alcuni ambienti interni del resort caratterizzati da spazi ampi, luminosi e funzionali (foto, ©Jürgen Eheim).
Simone Micheli Nel 1990 fonda l’omonimo studio di architettura; nel 2003 costituisce la società di progettazione Simone Micheli Architectural Hero con sedi a Firenze, Milano, Dubai, Rabat e Busan. È curatore di mostre tematiche all’interno di fiere internazionali di settore. Nel 2007 partecipa al XXX Congreso Colombiano de Arquitectura a Baranquilla in Colombia rappresentando l’interior design italiano. È docente al Poli.Design e alla scuola politecnica di Design di Milano. Opera nei campi dell’architettura, dell’interior e visual design e della comunicazione. Numerosi i riconoscimenti e primi assegnati: tra i più recenti, l’Iconic Award di Francoforte del 2014 e l’International Hotel e Property Awards nel 2015 con il progetto Barcelò Hotel Milan. Sempre in quell’anno riceve il premio assegnato alle 100 Eccellenze Italiane. Nel 2016 vince il Best of Houzz Award per la popolarità dei suoi progetti selezionati dagli utenti della community di Houzz e, infine, è tra i vincitori del premio Codega #lightingdesign di Venezia e dell’American Architectural Prize di Los Angeles. www.simonemicheli.com
sorprendente bellezza degli spazi interni. Le 73 residenze sono infatti caratterizzate da locali luminosi, aperti e funzionali: ad esempio, la zona living si estende verso le terrazze, mentre la cucina si compenetra con l’area pranzo. Innovazione, eleganza, tecnologia e cura dei dettagli caratterizzano inoltre la sala congressi, la spaziosa area ludico ricreativa e il ricercato centro benessere disposto su una superficie di duemila metri quadrati e completo dei più svariati e ricercati servizi: una zona piscina, due saune, due bagni turchi e raffinati spazi relax
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› ARCHITETTURE PER L’OSPITALITÀ SCHEDA Località Caorle, Venezia Proprietà Marina Verde Opera Wellness Resort Progettazione di interni e illuminotecnico Simone Micheli, architetto
Progetto urbanistico e architettonico Studio P&B Associati
Progettazione strutturale Massimo Urso, ingegnere
Caratteristiche Due torri di 7 piani Volumetria 14.900 mc Residenze 73 Superficie di intervento 10mila mq Posti auto 186 Certificazioni CasaClima A+ Impresa di costruzioni Pellegrini Impianto di riscaldamento RDZ, sistema New Plus
Fotografie Jürgen Eheim
Nelle immagini a lato, alcuni spazi comuni della struttura alberghiera di Caorle (foto, ©Jürgen Eheim). L’edificio è in classe energetica CasaClima A+ grazie all’utilizzo di geotermia di falda, di pannelli solari e fotovoltaici, di lampade a led e del riscaldamento a pannelli radianti a pavimento (vedi dettaglio nella foto sottostante).
inside
RDZ
Sistema a pavimento New Plus Negli alloggi del Marina Verde il clima ideale si diffonde armoniosamente grazie al sistema New Plus di RDZ, l’impianto a pavimento radiante a bassa temperatura che si distingue per la compattezza e l’elevata resistenza meccanica del pannello isolante. Qui il fluido termovettore scorre in 31.440 metri lineari di tubo in PE-Xc, che si dipanano su 4.680 metri quadrati di superficie isolante bugnata in polistirene espanso, prodotto in conformità alla normativa UNI EN 13163 e rivestito con film plastico per protezione all’umidità e maggiore resistenza al calpestio. Il sistema New Plus di RDZ ripartisce così in maniera uniforme la temperatura negli ambienti avvicinandola ai valori ottimali. In questo modo l’irraggiamento, oltre a garantire una sensazione di benessere, permette di mantenere l’impianto ad una temperatura di gestione
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molto contenuta con un conseguente risparmio di energia. Anche l’igiene e la pulizia risultano facili e naturali perché l’assenza di moti convettivi riduce il movimento di polveri e impurità nell’aria ed elimina il problema dell’annerimento di pareti e tendaggi. Il sistema a pavimento New Plus di RDZ è inoltre compatibile con qualsiasi tipo di rivestimento (ceramica, parquet, marmo, cotto, ecc.) ed essendo invisibile consente grande libertà nell’arredo e la possibilità di sfruttare al meglio tutti gli spazi.
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elements contract a cura di Elena Riolo
Contract in inglese significa semplicemente Contratto, mentre nell’uso corrente, soprattutto in italia, è divenuto sinonimo di un articolato processo che conduce dal Progetto, solitamente finalizzato alla realizzazione di un’opera pubblica: un albergo, un ospedale, un edificio per uffici, una scuola, attraverso varie fasi di stima dei costi e di gare d’appalto, sino alla stipula del Contratto per la sua realizzazione. Sembra semplice, ma non lo è affatto. Il Contract rimane per molti un’espressione priva di senso se non se ne conoscono regole e processi. Ad esempio, per i professionisti, architetti e interior designers, significa come sviluppare il progetto, elaborare le specifiche, la lista dei materiali prescelti e poi confermati dal cliente, preparare la documentazione di gara e analizzare successivamente le offerte delle aziende che si candidano a realizzare l’opera. Per le aziende interessate alla realizzazione dell’opera o di parti di essa, riguarda come essere in grado di rispondere alle richieste, come preziare materiali e lavori, come sottoporre le offerte tecnico-economiche per essere competitivi e vincere le gare d’appalto. Il Contract è quindi una sequenza coordinata di fasi e soprattutto lavoro di squadra. Per affrontarlo in modo vincente ci vuole molta preparazione, esperienza e determinazione. Marco Piva
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SICIS FLOWER POWER COLLECTION La collezione si ispira alla natura nella sua espressione più viva e spettacolare, con l’esplosione delle fioriture primaverili. Un tema che Sicis interpreta in modo inedito. Flower Power propone cromatismi e accostamenti decisi con campiture attraversate da grandi fiori: girasoli, narcisi, margherite, rose e ninfee, anemoni, gigli e tulipani… La gamma gioca su un sapiente comporsi di tessere musive delle collezioni Murano Smalto, Glimmer e Waterglass. La diversa consistenza materica e percettiva delle tre collezioni danno, insieme, una varietà di riflessi e di colorazioni che rendono ancora più vivi i temi floreali prescelti. Flower Power si declina per colori, dal bianco al rosso, al giallo, al blu, al verde fino al porpora. Un mondo infinito di soluzioni e possibilità decorative.
www.sicis.com
MDF ITALIA FLOW SLIM Fa parte della fortunata famiglia Flow di Mdf Italia Flow Slim, la seduta disponibile con un’ampia scelta di basamenti e finiture. La scocca in policarbonato, ottenuta per stampaggio a iniezione, è pigmentata nei colori bianco o nero con duplice finitura: esterna lucida e interna microgoffrata e può essere completata da un’imbottitura classica o dalla nuova imbottitura XL. Ideale anche per esterno con basamento a 4 gambe o a slitta, nei colori bianco o grigio grafite. Al Salone 2017 la collezione Flow si è arricchita della nuova versione Eco con scocca realizzata in materia prima di origine non fossile e rinnovabile – fibra di faggio o fibra di cocco ricavato dal frutto. Design Jean Marie Massaud.
www.mdfitalia.com
NARDI LOTO E NINFEA PER IL RELAX Stile contemporaneo e mood rilassante per la poltroncina lounge Ninfea Relax in resina fiberglass trattata anti UV e colorata in massa e alluminio verniciato accompagnata da Loto Relax, un raffinato tavolino con piano in vetro temperato serigrafato e vetrificato a 700°C e base in alluminio verniciato con piani quadrati leggermente stondati. Loto e Ninfea Relax sono proposti in bianco e antracite. Design Raffaello Galiotto.
www.nardigarden.com
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PEDRALI REVA FAMILY Un elegante divano a tre posti, una poltrona lounge e un lettino da sole che si trasforma in divano: questa è l’essenza di Reva, una collezione per l’outdoor dal disegno morbido e dalle dimensioni generose, che anche nel nome evoca atmosfere rilassanti e sognanti. Una sottile cornice perimetrale in estruso di alluminio è sorretta alle estremità da quattro gambe affusolate che ne
rimarcano il disegno pulito. Il lettino dispone di uno schienale reclinabile; aggiungendo due braccioli e uno schienale, si trasforma in divano. A completare la famiglia un’ampia poltrona lounge. Il comfort è sempre assicurato da morbidi cuscini. Design Patrick Jouin.
www.pedrali.it
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LUALDI PORTA-BOISERIE MULTIMATERICA La flessibilità della gamma Lualdi trova pieno riconoscimento nella componibilità delle boiserie, dove la scelta di materiali, finiture e composizioni grafiche è veramente illimitata. La proposta del Salone del Mobile 2017 integra nel rivestimento delle pareti una porta pivotante dalla sagoma insolita con l’intento di fondere la parte mobile con il tema del rivestimento. Da sempre Lualdi è riconosciuta per la capacità di integrare parti di arredo fisso come boiserie e pareti divisorie, con le parti apribili che mettono in comunicazione i locali. Con questo prodotto si vuole offrire uno stimolo ai progettisti per l’impiego creativo dei materiali. Dimensioni, modularità e scelta dei materiali sono sempre su misura.
www.lualdi.com
MAPEI ULTRATOP LOFT PER SUPERFICI ORIZZONTALI E VERTICALI Le superfici cementizie sono un’opportunità originale per progettare ambienti di stile contemporaneo con un maggior grado di libertà rispetto a pavimentazioni convenzionali. Per questo Mapei ha pensato a una proposta innovativa e dedicata, nella quale toni, linearità e risultato diventano elementi fondamentali dell’interior design. Con un vantaggio in più: la massima affidabilità in tutte le condizioni, grazie ad elevate caratteristiche prestazionali di resistenza meccanica e all’abrasione nella realizzazione di superfici continue, senza interruzioni. Grazie alle sue doti di resistenza
meccanica, all’abrasione e al calpestio, oltre che per la facilità di manutenzione, Mapei Ultratop Loft si presta particolarmente bene all’uso in ristoranti, hall di alberghi, spazi wellness e Spa. Adatto a rivestire superfici sia orizzontali sia verticali, Mapei Ultratop Loft è disponibile in polvere bianca o naturale e in paste fluide da miscelare opportunamente alla polvere-base per ottenere colorazioni ad hoc.
www.mapei.com
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FAS ITALIA IDEE E SOLUZIONI PER HOTEL E B&B
CAMERE E ARREDI PROGETTATI E COSTRUITI PER L’HOTELLERIE CON PRODOTTI CERTIFICATI SECONDO LE NORME EUROPEE
Organizzare, progettare e offrire nuove idee e soluzioni per l’arredo delle camere è una delle missioni principali dell’azienda fiorentina, che ha ormai consolidato la sua posizione di preminenza nel settore delle forniture alberghiere. Con le sue proposte di arredo, Fas Italia unisce passione per il design, prodotti ad alto contenuto tecnologico e complementi d’arredo coordinabili. Un’ampia esposizione consente di vedere di persona le soluzioni di arredo e valutarne la qualità. La flessibilità di un artigiano per misure e finiture si uniscono ad una produzione industriale che permette di contenere i prezzi. È possibile realizzare testate, armadi, scrivanie e portavaligie su misura per rendere l’arredo perfettamente inserito con la stanza e pratico e confortevole per il cliente. In perfetta sintonia con il progettista.
www.mobiliperalberghi.it
SAGRIM IMPIANTI E ARREDI PER LA RISTORAZIONE Sagrim, azienda specializzata nella progettazione e realizzazione di impianti e arredi destinati al mondo dell’ospitalità, dal ristorante al bar alla lavanderia interna, propone al cliente soluzioni su misura che garantiscono funzionalità e bellezza. Tra queste, thermaline M2M e Cook&Chill di Electrolux Professional, di cui Sagrim è agenzia ufficiale. thermaline M2M, Made to Measure, è la linea di cucine nata per soddisfare i requisiti di hotel a 5 stelle e di ristoranti di alto livello. Tecnologica ed elegante, premiata con il Red Dot award 2014, è in pratica un sistema modulare che offre molteplici configurazioni. La gamma thermaline premium garantisce elevate prestazioni e un risparmio fino al 60% sui costi energetici. Cook&Chill è la nuova linea di soluzioni Electrolux per la cucina professionale che comprende forni combinati che garantiscono un sistema di cottura semplice e intuitivo perfetto per qualunque tipo di utente e di cucina professionale, abbattitori e congelatori di temperatura realizzati per semplificare la vita in cucina e ottimizzare il lavoro.
www.sagrim.it [ 108 ]
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LAPITEC GRANDI LASTRE PER UNA BELLEZZA ETERNA Sette finiture, un’ampia palette di colori, tre spessori disponibili (12 - 20 - 30 mm) su un formato di grande estensione planare (fino a 1500x3365 mm): sono tutti elementi che assicurano molteplici possibilità di applicazione della pietra sinterizzata a tutta massa. Dai rivestimenti alle superfici, dai piani d’appoggio alle finiture, le caratteristiche meccaniche e le qualità estetiche del Lapitec ne fanno un materiale versatile, utilizzabile sia per interni sia per esterni e in grado di interpretare molti stili architettonici e gusti estetici. Le finiture più lisce assicurano un risultato di forte impatto estetico: la loro capacità di riverberare la luce in modo naturale dona una grande luminosità agli ambienti, mentre le finiture strutturate, con la loro superficie più materica e antistruciolo, possono impreziosire tutti gli spazi dell’ospitalità in- e outdoor. Inoltre, la pietra sinterizzata è altamente resistente a graffi e abrasioni, è facilmente pulibile e completamente insensibile ai raggi UV.
www.lapitec.com
HYBRID CITY MULTI È UN SISTEMA A RECUPERO DI CALORE A RISCALDAMENTO E RAFFRESCAMENTO SIMULTANEO CHE ENTRA A FAR PARTE DELLA FAMIGLIA CITY MULTI E CHE ADOTTA PER LA PRIMA VOLTA ACQUA PER DISTRIBUIRE LA POTENZA TERMICA E FRIGORIFERA IN AMBIENTE.
Grazie alla speciale costruzione del sistema, le temperature di mandata delle unità interne di Hybrid City Multi sono particolarmente miti, aumentando ulteriormente il comfort percepito. Con un comando remoto, l’ospite può scegliere tra riscaldamento e raffredamento. Poichè nelle unità interne Hybrid City Multi scorre acqua, le difficoltà legate alle limitazioni della concentrazione di gas refrigerante dei sistemi ad espansione diretta sono escluse anche nei locali più piccoli.
MITSUBISHI ELECTRIC HYBRID CITY MULTI Raffreddamento/Riscaldamento simultanei con recupero di calore Il nuovo Hybrid City Multi combina i vantaggi del sistema ad espansione diretta con quelli del sistema tradizionale idronico. La tecnologia si basa sul sistema a recupero di calore City Multi R2 di Mitsubishi Electric ed è composto da un’unità esterna R2 (o WR2) della serie City Multi, dal nuovo innovativo Distributore Hybrid Bc (Hbc) che permette di utilizzare gas refrigerante e acqua come fluidi vettore di calore, nonché da unità interne equipaggiate con una batteria ad acqua.
Minore concentrazione di gas R410 nell’edificio L’utilizzo della distribuzione idronica permette di superare i limiti legati alla stringente normativa (Uni En 378) sulla concentrazione di gas refrigeranti: questo è possibile grazie al fatto che l’unica porzione di impianto che contiene gas refrigerante è quella che collega l’unità esterna al distributore Hybrid Bc Controller. In questo modo è possibile ottenere una riduzione della carica di refrigerante fino al 45% rispetto ad un sistema Vrf tradizionale. Sistemi a 2 tubi Rispetto a un sistema tradizionale idronico a 4-tubi, la progettazione e l‘installazione del sistema a 2-tubi sono molto flessibili e semplificate. Ad esempio, il sistema Hybrid City Multi non ha bisogno di ulteriori pompe, serbatoi o valvole di commutazione. Il numero sensibilmente minore di punti di collegamento presenti nel sistema a due tubi limita il suo potenziale di perdita, lo rende più sicuro e riduce il bisogno di manutenzione.
www.climatizzazione.mitsubishielectric.it
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STARPOOL GLAMOURSTEAMPRO Ideato per l’universo professional, il bagno di vapore GlamourSteamPro mostra importanti influenze stilistiche mutuate dagli hammam arabi e dalle antiche terme romane. L’accurata scelta di materiali, come il cristallo e l’eco stone utilizzati per i rivestimenti, garantisce il massimo livello di igiene. Le tecniche brevettate per l’immissione del vapore ne assicurano la distribuzione omogenea, senza stratificazioni e condensazioni a soffitto. Nella foto: rivestimenti Ecostone White Parete: Optical White (lastra unica in Cristallo cannettato) Fonte immissione vapore, colonne parete e piede panca in alluminio anodizzato argento Da 4 a 16 persone.
www.starpool.com
RDZ SISTEMA RADIANTE A SOFFITTO E A PARETE B!KLIMAX+ b!klimax+ è un sistema di climatizzazione radiante, innovativo e versatile, ideale per il riscaldamento invernale e il raffrescamento estivo degli ambienti. Integrato in maniera invisibile nei soffitti o nelle pareti, b!klimax+ permette di utilizzare al meglio tutti gli spazi disponibili, assicurando massima libertà nella progettazione degli interni. L’uniforme ripartizione delle temperature per irraggiamento e l’assenza di moti convettivi consentono, inoltre, la creazione di locali accoglienti, salubri e silenziosi. Caratterizzato da bassissima inerzia termica e rendimenti elevati, b!klimax+ di RDZ è la soluzione ottimale nel caso di nuove costruzioni o ristrutturazioni di edifici esistenti, sia in ambito residenziale sia nel settore terziario. Grazie al funzionamento con acqua a bassa temperatura, b!klimax+ richiede ridotti costi di gestione e può essere abbinato a fonti energetiche alternative ed ecologiche.
www.rdz.it
PLATEK MESH, LA TECNOLOGIA SI FA GLAMOUR Pellami pregiati e tessuti raffinati che si inseriscono con eleganza nelle verniciature di massima qualità per dar vita a una capsule collection nel campo dell’illuminazione. Marco Acerbis e lo studio Baolab hanno ideato una limited edition in versione extra-glamour della famiglia Mesh, la linea di paralumi outdoor firmata Platek. Dal concept originale della gamma nasce una collezione che coniuga design e perfomance per creare ambienti dal tocco fashion. La sartorialità delle finiture non scende a compromessi con la tecnologia illuminotecnica: sorgenti Led di ultima generazione, grado di protezione IP65 per outdoor e ricarica tramite semplice micro-Usb, in totale assenza di cavi per la versione senza filo.
www.platek.eu/ita
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CAPOFERRI FERROFINESTRA FerroFinestra Capoferri è un sistema di finestre a taglio termico per le piccole e grandi porzioni di facciata realizzato, secondo tradizione delle finestre in acciaio, come dagli artigiani nel corso del XIX e della prima metà del XX secolo. Costruito utilizzando piatti da 5 mm, anziché profili estrusi o piegati, con saldature rigorosamente non visibili, il FerroFinestra Capoferri ha uno spessore variabile in funzione delle vetrate isolanti utilizzate. Il risultato è una finestra minimalista che, diversamente dai sistemi di commercio, può essere modificata e adattata alle esigenze dei progettisti senza imporre compromessi tra le dimensioni del profilo e le tipologie di apertura. L’innovativo taglio termico, in attesa di brevetto, è integrato nel profilo in modo tale che le dimensioni del profilo siano ridotte, anche per le parti apribili, garantendo allo stesso tempo l’integrità strutturale e fornendo valori prestazionali eccellenti per quanto riguarda l’isolamento termico, la tenuta aria / acqua / vento e l’isolamento acustico. La ferramenta, completamente visibile, aggiunge un tocco retrò fornendo allo stesso tempo più punti di chiusura, in linea con i sistemi di finestre moderni.
CAPOFERRI SPA Via Cividini, 20 - 24060 Adrara S. Martino BG T. 035 934074 info@capoferri.it | www.capoferri.it
LA PORTA ISOFIRE LZ58 DI SAN.CO RESISTE AL FUOCO FINO A 60 MINUTI E HA UN ABBATTIMENTO ACUSTICO Rw FINO A 45 dB San.Co è in grado di dare forma a ogni esigenza strutturale ed estetica con realizzazioni in cui gli elevati contenuti tecnologici convivono armoniosamente con le personalizzazioni di design per garantire la massima sicurezza anche negli ambienti più ricercati.
SAN.CO CHIUSURE PER L’OSPITALITÀ Per il mondo del contract alberghiero San.Co Costruzioni Tecnologiche ha sviluppato alcune chiusure tagliafuoco certificate che conciliano alla perfezione lo standard di prestazione antincendio con i migliori requisiti in ambito di abbattimento acustico. Data la continua richiesta del mercato, guidata
in parte dalle normative in ambito di sicurezza, San.Co produce ogni giorno manufatti sempre più complessi, prediligendo l’utilizzo di materiali innovativi, ricercati in tutta Europa, e ottenendo le certificazioni antincendio e acustiche di prodotti in legno e vetro da parte dei più importanti laboratori internazionali.
SAN.CO COSTRUZIONI TECNOLOGICHE SPA Via Fornaci, 26 - 38062 Arco TN T. 0464 588111 mail@sancoct.com | www.sancoct.com
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elements_contract IL PAVIMENTO SMART CON EFFETTO MICRO-VENTOSE FACILE DA POSARE E DA RIMUOVERE, IDEALE PER IL SETTORE ALBERGHIERO, IL CONTRACT E IL RETAIL, ORA DISPONIBILE ANCHE IN GRANDE FORMATO
VIRAG per L’OSPITALITÀ EVOLUTION TACKDRY PRESTIGE VIRAG PAVIMENTO A DOGHE MAXI-FORMATO 230 x 1500 mm IN 9 DIVERSI DECORI EFFETTO LEGNO
Evolution TackDry, la pavimentazione vinilica Lvt di Virag con sistema di installazione a effetto micro-ventose, è ora disponibile anche in versione Prestige, nel nuovo maxi-formato e con decorativi e finiture di tendenza che riproducono sempre più fedelmente il materiale di riferimento, sia otticamente sia al tatto. La posa è rapida e può essere effettuata su tutte le superfici lisce, compatte e prive di polvere quali cemento primerizzato o elicotterato, pavimenti in resina, marmo, ceramica con fughe ridotte, legni e Pvc. Inoltre, grazie all’elevata resistenza e all’effetto micro-ventose, la pavimentazione può essere rimossa e riposizionata per nuovi impieghi anche dopo diversi anni di utilizzo. In particolari zone sottoposte a intenso calpestio, le singole doghe eventualmente deteriorate possono essere facilmente sostituite. Dopo la posa il pavimento è immediatamente calpestabile e non richiede ceratura in quanto già trattato con superficie in poliuretano puro Pur. Tack Dry è compatibile inoltre con il riscaldamento a pannelli radianti.
POSA IN OPERA Appoggiate al sottofondo le doghe restano bloccate a terra grazie all’innovativo sistema a effetto micro-ventose. CARATTERISTICHE TECNICHE Classificazione al fuoco EN13501-1 Bfl-s1, classe di utilizzo EN 649 classe 33 e EN 685/ISO 10874 classe 42.
www.virag.com www.evolution-virag.com
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SISTEMI FONOASSORBENTI I sistemi di assorbimento acustico hanno un’importanza notevole, in funzione delle esigenze di comfort acustico ambientale. Evolution Panel è un sistema di contropareti e controsoffitti fonoassorbenti che coniuga estetica e velocità di applicazione anche sull’esistente, con bassi costi di installazione. Le speciali finiture della collezione conferiscono allo spazio una grande coerenza progettuale, grazie al sistema integrato che permette la realizzazione di nicchie, librerie, contenitori, un tutto monomaterico, rigoroso ed essenziale.
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GRUPPO BONOMI PATTINI INNOVAZIONE E TENDENZA NEL CONTRACT Il Gruppo Bonomi Pattini è un importante Gruppo italiano specializzato nella distribuzione di materiali innovativi dedicati al settore dell’Arredamento e dell’Architettura. Nel 2010 Bonomi Pattini SpA – la capogruppo fondata nel 1979 - riunisce diverse aziende con l’obiettivo di creare una rete distributiva più capillare e integrata: Coppo Legno (Pd), Sinco Wood (Pn), Lara Compensati (Bs) e PBS Legnami (To). Negli anni il Gruppo evolve e si specializza nella ricerca di materiali di tendenza, molti dei quali dedicati al settore Contract. Un esempio è Valchromat, un pannello Mdf colorato in pasta disponibile in svariati colori, ideale per l’arredo delle camere degli hotel e per le aree comuni. Perfetto invece per i rivestimenti delle facciate esterne è Viroc, un materiale esteticamente accattivante costituito da particelle di legno e cemento. Infine uno dei prodotti più innovativi è il Solid Surface Staron (nella foto), prestigioso materiale minerario antibatterico e termoformabile utilizzato in tutto il mondo da oltre vent’anni per sviluppare progetti di Interior Design come reception, spa e aree dedicate all’hospitality.
www.gruppobonomipattini.com
AGOSTINI GROUP SERRAMENTI IN ALLUMINIO CON PORTANTE IN FIBEX
SELVA HOSPITALITY ARREDA IL ROMANTIK HOTEL ZUR GLOCKE Il Romantik Hotel Zur Glocke di Trier, Germania, ha recentemente rinnovato l’arredamento delle camere selezionando e combinando diversi modelli firmati Selva Hospitality: il letto e i comodini della collezione Vendôme e poi scrivanie, poltrone, guardaroba e consolle della collezione Villa Borghese e la versatile testata Onda. Specializzata nella fornitura personalizzata e su progetto, Selva Hospitality è la divisione contract di Selva, azienda fondata nel 1968 e presente in tutto il mondo, che si distingue per creatività, varietà e alta qualità nell’ambito dell’artigianato italiano. Il vasto assortimento Selva, in costante equilibrio fra tradizione e innovazione, spazia dai classici del ‘600 a pezzi di design moderno, testimoniando la capacità di integrare fra loro gli stili e di offrire una progettazione su misura.
Agostinigroup completa la propria già ampia gamma di serramenti con la nuova serie 503.55-H, caratterizzata da un corpo centrale isolante e portante in Fibex, che ne garantisce le proprietà di isolamento termico, resistenza e stabilità strutturale. La parte interna ed esterna dell’infisso sono in alluminio. Il Fibex è un materiale a base di fibra di vetro che offre elevate prestazioni, possiede infatti una grande resistenza meccanica, una ridotta trasmittanza termica e nessuna dilatazione al calore. Grazie alle proprietà del Fibex, il serramento ha un valore di trasmittanza termica molto basso del telaio di Uf = 1.1 W/m²K e un Uw (trasmittanza termica della finestra) sino a 0.74 W/m²K (con vetrazioni adeguate). L’anta ha una sezione frontale di soli 55 mm e la sezione in profondità del telaio è di soli 68 mm. Il sistema di tenuta della nuova finestra FibexInside 503.55–H è a 3 guarnizioni e il serramento può essere realizzato a scelta con cerniere a scomparsa o a vista.
www.agostinigroup.com
www.selva.com
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FABBRO ARREDI ARREDO SU MISURA / COMPLEMENTI / EBANISTERIA Fabbro Arredi è un’azienda artigianale che da due generazioni realizza arredi su misura di alta qualità, fissi e mobili, per spazi collettivi e privati, con assistenza completa dal preventivo alla posa. Mobili e complementi d’arredo di design, esclusivi o in piccole serie, sono realizzati a regola d’arte e caratterizzati da particolare ricercatezza nelle forme e nei materiali, estrema cura dei dettagli. Nei laboratori Fabbro Arredi si svolge l’intero ciclo produttivo, dall’analisi progettuale all’elaborazione dei disegni esecutivi, dalla sezionatura alle fasi di verniciatura e montaggio, sempre con
attenta selezione delle materie prime. Le varie figure professionali lavorano in sinergia utilizzando macchine tradizionali, macchine a controllo numerico a 3 e 5 assi e laser scanner 3D. L’azienda garantisce soluzioni innovative e personalizzate, funzionali alle specifiche esigenze di designer, architetti e aziende del settore. L’alta professionalità ha garantito nel tempo collaborazioni importanti con brand nazionali e internazionali.
www.fabbroarredi.it
AUGUSTO INTERIOR GENERAL CONTRACTOR Con oltre 50 anni di storia e di esperienza maturata dal suo staff, l’impresa Augusto ha sviluppato grandi competenze del mondo Contract, inteso come capacità di gestire progetti complessi in settori diversi. La comprensione delle esigenze di ogni specifico settore la rende un partner qualificato anche per i più importanti operatori della ristorazione, per i quali ha saputo coniugare esigenze di comfort ricettivo, rigore nel rispetto delle stringenti normative igieniche ed efficacia gestionale. L’attenzione per l’evoluzione della moderna ospitalità consente di proporre soluzioni esclusive anche per gli hotel che aprono alla città i loro spazi comuni. In particolare, in questo settore Augusto può esprimere il massimo delle competenze nella gestione di un processo globale e integrato nel quale il progetto dell’architetto diventa un’opera realizzata ad arte. Augusto fornisce arredi sia per le aree comuni (lounge bar, lobby, dehors, breakfast room, sale ristorante, sale congressi), sia per le camere e per lo sviluppo di Wellness Center e SPA. Particolare attenzione e risorse vengono destinate al tema del Design for All, anche in funzione di una popolazione che sta invecchiando e non desidera mutare le proprie abitudini di vita.
www.augustocontract.com/news/ [ 114 ]
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CORRADI LA BELLEZZA DI VIVERE ALL’APERTO Negombo è un parco idrotermale adagiato nella baia di San Montano, l’insenatura più suggestiva dell’Isola d’Ischia. Un piccolo albergo di stile, annesso al parco con piscine e spiaggia privata, è lo scenario in cui s’inserisce l’intervento di Corradi che, con un progetto studiato su misura in collaborazione con Astra Outdoor Solutions, arreda gli spazi esterni del ristorante sulla spiaggia. Kubo, Alba Liberty e B-Space: tre soluzioni diverse che combinate sapientemente insieme danno vita a un articolato spazio d’ombra creato ad hoc.
www.corradi.eu
PAOLO CASTELLI L’ELEGANZA COMPOSTA DI ORUS Orus è un divanetto compatto ed elegante con uno schienale avvolgente; fa parte della nuova collezione Inspiration by Paolo Castelli. È un modello a due sedute dal richiamo epoque, consta di una struttura interna in multistrato di legno curvato con imbottitura in poliuretano a densità variabile. Ha un rivestimento, non sfoderabile, personalizzabile con pregiati tessuti, raffinate pelli bovine primo fiore, e nabuk. Il divano poggia su di una struttura in metallo con gambe disposte ad incrocio, arricchite con preziosa finitura galvanica oro opaco galvanizzato. Dim. cm L179 x P70 x H 80
www.inspirationbypaolocastelli.com
ARTEMIDE EMPATIA DI LUCE
La collezione di quest’anno si distingue nei colori e nei disegni che si uniscono e si armonizzano, creando corrispondenze singolari e accostamenti inattesi. Nella foto, il rivestimento murale della collezione Controvento, modello Lecce.
Disegnata da Carlotta de Bevilacqua e Paola di Arianello, Empatia nasce dal connubio tra la grande tradizione del vetro soffiato veneziano e la Led technology di Artemide. Il diffusore è in vetro soffiato trasparente che la lavorazione artigianale rende a tutti gli effetti un pezzo unico, con finitura seta lucida. Trasparenza e opacità sono dosate sapientemente in modo da ottenere un vetro che rifletta e diffonda la luce senza abbagliare, senza perdere in efficienza. Ha il suo cuore in un light engine led dalle elevate prestazioni, che nasce separato dal corpo emissivo in vetro a favore dell’efficienza termica e prestazionale. La luce viene controllata con il massimo rendimento e guidata al diffusore in vetro attraverso un light pipe trasparente dal bassissimo coefficiente di assorbimento.
www.elitis.fr/it
www.artemide.com
ÉLITIS TRAME E DISEGNI ESCLUSIVI Élitis è un’azienda francese specializzata in carta da parati, rivestimenti murali, tessuti e accessori, con materiali e tecniche innovative nel settore. Propone trame e disegni esclusivi, ricerca la cultura del bello, la conoscenza dei materiali e tecniche artigianali antiche che ispirano idee e soggetti particolari.
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TAILOR MARBLE DESIGN PER L’OSPITALITÀ NEL FIT-OUT ALBERGHIERO IL SUPPORTO TECNICO, LA QUALITÀ E LE CAPACITÀ ARTIGIANALI ITALIANE SONO ANCORA LE PIÙ RICHIESTE. ANCHE NELL’INSTALLAZIONE SU MISURA DI ELEMENTI E RIVESTIMENTI IN MARMO, DOVE LA COMPETENZA PORTA ANCHE A RISULTATI ECONOMICI SORPRENDENTI
L’uso di un marmo pregiato è da solo sufficiente a conferire esclusività a un ambiente alberghiero, definendone il livello e di conseguenza il tipo di pubblico a cui si rivolge. Da semplici elementi decorativi nelle camere, a ricercate pavimentazioni degli spazi comuni o all’uso nei bagni, qualsiasi applicazione richiede però una grande esperienza nella selezione del materiale di partenza e un’attenta manualità nella realizzazione su misura e nella posa. Analoga, se non maggiore attenzione, è richiesta nel trattamento e nella lavorazione della materia in laboratorio: lo stress a cui può essere sottoposta una pietra destinata a un uso molteplice e continuativo è ben maggiore di quello che può subire in una residenza privata. Fondamentali sono poi
ARES LINE FONOLOGY PRA’ Prà nasce da Fonology, brand di Ares Line che opera nel campo della fonoassorbenza. Prà è modulare e affianca alle molteplici funzioni quella di correttore acustico in luoghi come open space, hall, uffici. Elementi divertenti e dinamici che apportando un notevole miglioramento al benessere acustico negli ambienti in cui vengono posizionati. Le sue capacità fono-assorbenti sono date dalle foglie orientabili, che sanno frammentare e catturare il suono. Le foglie in schiumato, rivestite in tessuto elasticizzato, hanno un’anima in metallo flessibile. La base portalibri è studiata per accogliere, secondo le tue esigenze, un numero non prestabilito di foglie, alternabili con un comodo cuscino per sedersi. Disponibile da Ottobre 2017.
www.aresline.com www.fonology.it
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considerazioni di ordine economico: lontano dai capricci di un privato, anche nel caso di un materiale pregiato come il marmo il fit out di un albergo risponde sempre a un preciso conto economico. Con alle spalle interventi come il Four Seasons di Baku, il Royal Mansour e il Mamounia di Marrakech, l’hotel Arts a Barcellona, il Venetian e il Bellagio (e relativi casinò) di Las Vegas o il dei Cavalieri a Milano, Progetto99 di Carrara, tipico esempio di alto artigianato italiano che riunisce in sé conoscenza, progettazione, lavorazione e posa, è il partner ideale per progetti e realizzazioni in marmo in campo alberghiero. Dal progetto esecutivo 3D alla logistica e posa, ricerca e tecnologia affiancano l’esperienza nella selezione per realizzare lavabi più leggeri degli equivalenti in ceramica, piani impermeabili alle macchie e agli acidi, elementi e complementi tridimensionali a partire da disegni Cad e soluzioni innovative come ad esempio pannelli traslucidi retroilluminati o acustici. In questo momento Progetto99 sta collaborando alla ristrutturazione dell’Hotel de Paris a Montecarlo.
PROGETTO99 Via Venezia, 2 - 54033 Carrara MC Showroom via Chiasso Barletti, 23 - 55100 Lucca info@progetto99.com | www.progetto99.com
Uno degli ambienti del Mamounia di Marrakech.
©OskarDaRiz
Riqualificazione in tempi record del Headquarter Amazon Italia (Fondo Antirion Global – Comparto Core) Milano - Italia GBPA Architects