marzo 2008
studio del mese
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Fotovoltaico-architettura unione riuscita
progetto del mese
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La torre bioclimatica nuovo landmark per Roma
architetture effimere
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Frassinago LAB paesaggi provvisori
congresso uia
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Cultura, democrazia, speranza a Transmitting Architecture ANNO 3 numero 15 euro 2,50
Pubblicità Font srl via Siusi 20/a 20132 Milano tel. 02 2847274 fax 02 45474060 pubblicita@fontcom.it
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Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB Milano
Event design e architettura
N
ell’ambito dell’architettura effimera ciò che viene attualmente designato con il termine di “event design” è un interessante ramo della scenografia dove il broadcasting diventa importantissimo e i cui protagonisti sono, almeno in parte, gli stessi utenti/spettatori. Si progettano installazioni destinate a durare pochissimo ma che, per via della loro natura mediatica hanno, nell’arco di qualche ora, un pubblico molto più numeroso degli utenti che potrebbero mai avere, nell’arco di anni, architetture destinate a durare nel tempo. Nel caso dell’allestimento di eventi in spazi aperti pubblici - come Sound/Passages di Atelier Markgraph a Francoforte (in questo numero), o il milanese “Chic-Nic Starwood” del 2007, all’interno dei non meglio definibili “aiuoloni” di Piazza della Repubblica - spazi indefiniti o di puro transito vengono riscoperti, momentaneamente rivalutati o elevati a più nobili modalità di utilizzo. Queste specie di “Reclaim the Streets” (RTS: interventi di occupazione temporanea e spontanea di strade dominate dal traffico condotti con uno spirito simile alle Critical Mass ciclistiche) di iniziativa privata, comprendono allestimenti e scenografie, spesso di grande interesse, che ribaltano le abituali modalità di utilizzo e frequentazione di parti della città, generalmente migliorandole. Di fronte a spazi privati sempre più individualizzati e spazi pubblici sempre più di nessuno, il filone dell’event design in spazi aperti pubblici rappresenta indubbiamente uno strano cortocircuito e una frontiera progettuale inedita e ricca di potenzialità. Carlo Ezechieli
ANDREA BRANZI: IL DESIGN ITALIANO TRA FORMA E FIRMA
Tradizione, industria, reti. I percorsi del design italiano
L
a storia del design italiano è fortemente intrecciata all’architettura. Agli esordi spesso la figura del designer e quella dell’architetto coincidevano. Ancora oggi avviene che le due professioni si sovrappongano. Abbiamo posto alcune domande ad Andrea Branzi che è entrambe le cose, oltre ad essere uno dei massimi critici italiani di urbanistica, architettura e design in campo internazionale. L’occasione è l’inaugurazione del Museo del Design, nella sede storica della Triennale di Milano Finalmente il Museo del Design a Milano è una realtà. Lei ne è stato il curatore scientifico. Ci spiega per sommi capi il principio guida? Il principio guida del primo ordinamento del museo (che si rinnoverà ogni anno) è stato quello di evitare un percorso basato su
L’OPINIONE /
L’oggetto? Un
del progetto
Per Philippe Daverio i prodotti di design più ammirati sono ectoplasmi di un’utopia e di una visione del mondo
A
Palermo è già primavera inoltrata. Incontriamo il professor Daverio all’uscita della facoltà di architettura, dove è docente di disegno industriale. Come si fa a parlare di disegno industriale lontano da Milano
che ne è stata la culla? Appunto, lo è stata finché dietro quel disegno c’era una visione del mondo. Nel secolo scorso abbiamo avuto solo due/tre momenti di alta competitività e il più significativo risale al secondo dopoguerra quando un gruppo di architetti milanesi ebbe
semplici criteri cronologici o stilistici, ma di cercare di rispondere alla domanda “che cosa è il design italiano” indagando le radici di questo fenomeno, le sue origini anche molto antiche, legate non soltanto a questioni industriali, ma frutto di ossessioni ricorrenti e contraddittorie. Mettendo in evidenza che il design rappresenta una parte
“
Oggi il design non si occupa solo degli aspetti estetici dei prodotti ma è diventato un’energia di innovazione, tecnica, commerciale, formale, promozionale
”
importante della storia del nostro paese, della sua cultura filosofica, delle sue tradizioni antropologiche. Il design italiano non ha avuto origine con la rivoluzione industriale, ma è nato prima negli studi degli artisti e molto dopo dentro le fabbriche; questa sua origine, diversa da quella di molti altri paesi europei, ha permesso di conservare molti legami con culture remote che hanno influenzato il modo di operare anche del design contemporaneo. Abbiamo quindi organizzato il percorso attraverso sette aree, che corrispondono a categorie culturali anche contraddittorie, ma assolutamente caratteristiche del nostro paese, a cominciare dall’animismo latino, che attribuiva un’anima agli oggetti, per finire con la ricerca di semplicità (più che di razionalità) erede della cultura
ANDREA BRANZI
Fiorentino, vive e lavora a Milano da trent’anni. Dal 1967 si occupa di design industriale e sperimentale, architettura, progettazione urbana, didattica e promozione culturale. Docente ordinario di Disegno Industriale al Politecnico di Milano. I suoi progetti per Alessi, Artemide, Cassina, Poltronova, Vitra, Zanotta sono stati antesignani dei futuri scenari di vivere la casa, l’ufficio, la città. Nel 1983 è stato tra i fondatori della Domus Academy. Nel 1987 ha ricevuto il Compasso d’Oro speciale per la sua opera complessiva di progettista e teorico.
Scenografie urbane
Sound Passages A Francoforte, design della comunicazione e dello spazio per la festa barocca contemporanea
F
ancoforte sul Meno si trova in corrispondenza di un incrocio fluviale che è cresciuto nel tempo fino a diventare un nodo di scambi internazionali. Il vivace paesaggio culturale della città offre 16 musei nel solo lungofiume, e il Museum Riverbank Festival che si tiene ogni anno è a loro dedicato. Nel 2004 il tema del festival continua a pag. 2 >>>
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accidente
una visione di civilizzazione del vivere borghese che veniva dalla loro origine familiare. I suoi “ragazzi di buona famiglia” (cfr. Philippe Daverio, Il design nato a Milano. Storia di ragazzi di buona famiglia, edizioni POLI.design, Milano 2005). Esatto. Poi vennero i sessantottini con la loro critica totale e infine i cosmopoliti sottsassiani. Insieme scoprirono l’America, ma non da turisti, poi l’India e la liberazione del corpo attraverso quel percorso un po’ eccentrico che sta all’opposto di quello dell’oratorio e che portò l’idea del multicolore, del continua a pag. 2 >>>