IoArch 22 - Jan/Feb 2009

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gennaio/febbraio 2009

milano/MidLand

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Dalla de-frammentazione alla ri-composizione

architetture

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La sala consiliare del comune di Segrate

progetto del mese

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Il Louvre di Mario Bellini

archiartisti

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Intervista a Luca Scacchetti

ANNO 4 numero 22 euro 2,50

www.ioarch.it Pubblicità Font srl via Siusi 20/a 20132 Milano tel. 02 2847274 fax 02 45474060 pubblicita@fontcom.it Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB Milano

Meccanica

liquida

F

ino a che punto la dimensione “digitale” influisce sul design e sull’architettura? Apparentemente poco. Ma, mentre è difficile pensare a qualcosa di elettronico dotato di “forma”, se non quella delle semplici interfacce grafiche, è proprio l’estetica di entità neutre ed infinitamente malleabili, in una parola “liquide”, che si sta rivelando ultimamente in alcune esempi di design e di architettura. Un oggetto di successo come l’I-phone, frutto di un grande impegno a livello di product design, è una scatoletta nera assolutamente neutra che muta costantemente, con il proprio aspetto, anche le proprie funzionalità. Le ultime piastre a termoinduzione, controllate touchscreen e pertanto prive di qualsiasi tasto o manopola, scaldano solo dove necessario e si presentano come una superficie piatta e del tutto omogenea: una sorta di minimalismo reso possibile dalla tecnologia. In architetture come l’Allianz Arena di Herzog & de Meuron, un involucro neutro formato da cuscinetti romboidali in ETFE diventa una sorta di schermo gigantesco in occasione degli eventi sportivi. E infine, le affascinanti quanto astratte forme prodotte attraverso sofisticati strumenti di modellazione dei solidi, sebbene difficilmente qualificabili come architettura, non mancano di influenzare in modo molto diretto anche autori di orientamento decisamente più “analogico”. Sono solo alcuni esempi che rivelano la ricerca di nuove forme di rappresentazione della contemporanea network society implicitamente fluida ed infinitamente adattabile. Carlo Ezechieli

INTERVISTA A DANIEL LIBESKIND TRA ARCHITETTURE ARDITE E NUOVI RAPPORTI TRA SPAZIO E FORMA

Architettura e comunicazione

Spazi fuori dagli schemi innescano nuovi processi economici e culturali

U

n decennio fa, pensando a tendenze ormai consolidate nell’architettura post-moderna, Martin Pawley aveva lanciato un’interessante metafora, presa dall’aeronautica. Secondo Pawley, contrariamente agli aerei di tipo convenzionale, la cui forma è dettata dall’osservanza di leggi aerodinamiche, il bombardiere Stealth F-114 ha una forma particolare che dipende dalla necessità di essere invisibile ai radar. Un’esigenza prioritaria che rende il volo un aspetto tanto secondario che la manovrabilità dello Stealth è a dir poco problematica. Analogamente, l’architettura di questo inizio di secolo, sotto il fuoco mediatico e di impronta “storico-artistica” del marketing urbano (secondo Pawley, forze

nemiche), finisce per subordinare completamente la funzionalità ad esigenze simboliche e formali. Daniel Libeskind, quale protagonista indiscusso del panorama architettonico attuale, è pienamente collocabile all’interno di questo dibattito. I suoi edifici hanno rotto completamente con la sintassi compositiva convenzionale finendo spesso nel mirino dei razionalisti e dei neo-funzionalisti. I presupposti modernisti-funzionalisti rivelatisi bancarottieri, ormai vecchi di un secolo, decrepiti ma non ancora da seppellire, sono per Libeskind del tutto subordinati alla necessità di espressione formale e comunicativa dell’architettura: una caratteristica che si rivela con una forza notevole nell’eccellente Denver Art Museum.

In questa intervista di Luca Ruggeri, inedita e in esclusiva per IoArchitetto, emerge una visione di Libeskind molto attuale e concreta, in cui spazi fuori dagli schemi assumono un ruolo di catalizzatore simbolico, imponendosi come icone in grado di dialogare e di innescare nuovi processi culturali ed economici. C.E.

L’INTERVISTA: PETER MACAPIA

Traslazioni digitali

Signor Libeskind, ci può illustrare brevemente i principali fondamenti teorici del suo lavoro? Credo che l’architettura sia implicitamente comunicativa. Ogni edificio racconta una storia unica e particolare che riflette sia il contenuto programmatico sia le singolarità del luogo. continua a pag. 2 >>>

ARCHIVISION / DESIGN AND THE ELASTIC MIND

Relazioni tra scienza e design Proiettarsi nel futuro con mente elastica per cogliere i cambiamenti e tradurli in oggetti e spazi quotidiani

L’

esposizione “Design and the Elastic Mind” curata da Paola Antonelli al MOMA di New York ha avuto un enorme successo di pubblico e di critica: è stata indicata da molti osservatori come la mostra dell’anno e paragonata alla famosa “Machine Art” che nel 1934 segnò un cambiamento epocale nella cultura

americana. La mostra ha esplorato la relazione esplosiva tra scienza e design nel mondo contemporaneo, coniugando oggetti di design e concetti provenienti dalle avanguardie della ricerca scientifica con il criterio dell’intelligenza elastica: alla mente non basta più la capacità di adatcontinua a pag. 2 >>>

Architetture frutto di cortocircuiti tra logiche automatiche e principi organici

N

egli ultimi tempi l’opera di Peter Macapia, riconducibile alla corrente della ricerca digitale in architettura, sta suscitando un notevole interesse. Autore di saggi molto apprezzati, è stato vincitore del concorso a inviti per il Padiglione Seroussi di Parigi: una bolla di acciaio, al cui interno struttura e luce giocano un ruolo fondamentale. La sua opera è stata presentata insieme a quella di autori come Bernard Tschumi, Zaha Hadid, Coop Himmelblau nella mostra Architecture Beyond Forms - the Computational Turn organizzata con il supporto del Centro Pompidou. Un lavoro, quello di Macapia, caratterizzato da uno strano cortocircuito tra la logica “automatica”, propria delle continua a pag. 3 >>> macchine, dove algoritmi e script


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