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Le residenze di qualità di Dolce Vita Homes
Il museo della scienza di Renzo Piano
La città nella città di Steven Holl
Bernini: l’artigianato incontra il design
Trasformazioni veneziane: la Manica Lunga
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Anno 4 - n. 29 - novembre/dicembre 2009 - euro 2,50 - Pubblicità: Font srl via Siusi 20/a 20132 Milano - tel. 02 2847274 fax 02 45474060 - pubblicita@ioarch.it - Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB Milano
Volontà
congelatoria
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i dice che ciò che fondamentalmente distingue una scultura da un’architettura non è solo il fatto di avere uno spazio interno, ma anche che questo spazio sia abitabile e utilizzabile, insomma sia dotato di funzionalità pratica. È un fatto semplice, forse elementare, ma che in molti casi sembra sparire di fronte alla volontà di congelare tutto, dimenticandosi che la maggior parte degli edifici, per quanto la loro forma sia perfetta e poco suscettibile al cambiamento, impara. Gli edifici possono trasformarsi, adattarsi a nuove esigenze e questo non necessariamente significa stravolgimento, quanto semmai evoluzione. Oltre che dai moventi storico-artistici e turistici, evidenziati da Pawley, la volontà congelatoria è senza dubbio animata dalla moderna grande, enorme, disponibilità di risorse che permette di ignorare criteri eterni di economia e razionalità. Paradossale diventa quando strutture completamente prive di caratteristiche tali da evitarne l’estinzione, vengono mantenute artificiosamente intatte. Come nel caso del Building 20 del Massachussetts Institute of Technology, praticamente una baracca dove, durante la guerra, era stata sviluppata la tecnologia radar. Forte di vincoli di tutela, il Building 20 ha resistito per oltre 60 anni finché finalmente non è stato demolito e sostituito dallo Stata Center di Frank Gehry che, forse, verrà a sua volta congelato.
CARLO EZECHIELI A COLLOQUIO CON AURELIO GALFETTI
La logica del progetto
“Alla fine l’architettura segue principi come la fisica, l’ecologia, anche l’economia, che credo siano abbastanza ineludibili ed eterni”
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Carlo Ezechieli
aestro indiscusso dell’architettura contemporanea, Aurelio Galfetti ha influenzato un paio di generazioni di architetti di tutto il mondo. Autore di opere celeberrime, come il Castel Grande di Bellinzona o il più recente Net Center di Padova, in questa intervista ci espone un punto di vista prezioso per riequilibrare atteggiamenti attualmente sempre più ricorrenti, ma spesso troppo facili, di rifiuto della modernità e la sua opinione circa l’architettura e il restauro. Architetto Galfetti, quali sono le caratteristiche principali del suo lavoro? Il mio mestiere è quello dell’architetto, il mio obiettivo fondamentale è quello di progettare lo spazio per la vita dell’uomo, per le sue esigenze. Cerco di costruire spazi a varie
scale e dimensioni e non credo ad una netta distinzione tra architettura e urbanistica, come non credo nella ripartizione in ambiti di competenza specifica come restauratore, paesaggista, o progettista di talune categorie di edifici, proprio perché l’obiettivo rimane sempre e comunque il controllo architettonico dello spazio. Non crede quindi nella figura dell’architetto specializzato? Ovviamente una certa specializzazione è necessaria, ma il mio approccio è sempre quello della collaborazione interdisciplinare finalizzata al raggiungimento di un obiettivo comune. In molti casi il mio lavoro richiede necessariamente la collaborazione di esperti ma non credo al progetto di uno spazio come semplice sommatoria >>> di competenze. CITTÀ E TERRITORIO / ANTONIO MORLACCHI
ARCHIGLOBAL / MARA CORRADI
L’Alba su Brasilia
Riparte dal verde
Prima pietra della futura città di fondazione, il Palàcio da Alvorada ne definì l’asse principale instaurando un dialogo con il cielo e la natura
L’assessore al territorio Carlo Masseroli ci parla della visione che ha ispirato il nuovo PGT della città e le sue regole
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na ventina di visitatori aspetta diligentemente il prossimo turno per entrare al Palàcio da Alvorada (Palazzo dell’Alba), la residenza del presidente Lula a Brasilia. Non è certo la coda ai Musei Vaticani o agli Uffizi, rifletto tra me e me, mentre vado avanti e indietro lungo la recinzione di sicurezza che dista circa un chilometro dall’edificio. Di fronte a noi un enorme prato, verdissimo, e ai lati i primi giardini con alberi rigogliosi e fiori colorati. Silenzio e attesa tra i visitatori, composti dall’umanità più varia: qualche studente che schizza su un quaderno, un prete di Rio, qualche famiglia con bambini, un gruppetto >>>
il futuro di Milano
l nuovo piano di governo del territorio, che disegna le linee di sviluppo urbano di Milano per i prossimi trent’anni, contiene una visione a cui danno forma documenti attuativi e regole pensate per definire i confini di un percorso di crescita. Un piano “dinamico”, che prevede a monte gli strumenti per adattarsi a una realtà in costante modificazione, al contrario dei tradizionali piani regolatori, la cui apparente rigidità normativa è costantemente “violata” da deroghe e >>> varianti. Diventando così una delle prime cause