IoArch 34 - Sep 2010

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Monovolume affronta la complessità

Una villa urbana a São Paulo

Made in Africa vita in scatola

Marco Della Torre tecnica e progetto

Dodici atelier per Varese

www.ioarch.it

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Anno 5 - n°34 - settembre 2010 - euro 3,20 - Pubblicità: Font srl via Siusi 20/a 20132 Milano - tel. 02 2847274 fax 02 45474060 - pubblicita@fontcom.it - Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB Milano

Intellettuali e goderecci

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ilano in evoluzione, Milano capitale proiettata verso il mondo e verso il futuro, Milano sede di un appuntamento decisivo come l'Esposizione Universale del 2015, un evento che segnerà un’epoca e che si sta svolgendo in modo del tutto fedele alla più autentica tradizione italiana: un percorso fitto di strappi, di complicazioni e di inghippi. Tuttavia, nonostante la minaccia dei soliti problemi organizzativi e la preoccupazione generale di pubblico ed addetti ai lavori, l'evento Expo di Milano sarà un successo formidabile e garantito. Perché? Per almeno tre buoni, ottimi, motivi. Il primo è che il tema della nutrizione è importante e attuale per tutti e le sue implicazioni a livello ecologico e paesistico sono ben più profonde della semplice disponibilità di cibo per tutti. Il secondo è il fatto che l'Italia, e Milano in particolare, è un luogo di riferimento a livello mondiale per la qualità e la varietà della propria cultura alimentare. Ed infine - se mettere in parata i prodotti dell’industria, come nelle prime Esposizioni Universali, o dibattere di natura e società, come nelle ultime –sono o cose sorpassate, o argomenti ormai fiacchi e incapaci di sorprendere e coinvolgere, venire a Milano per partecipare ad un grande evento gastronomico e culturale è qualcosa che attirerà un pubblico internazionale, numerosissimo e molto diversificato. Sarà insomma una manifestazione intellettualgodereccia molto sentita e partecipata e un’occasione formidabile per proporre schemi nuovi, inediti e capaci di innescare un cambiamento positivo.

Carlo Ezechieli

CARLO EZECHIELI INTERVISTA STEFANO BOERI

Il futuro di Milano

Expo: “Un’occasione unica per ragionare sul rapporto tra città, natura e agricoltura. La possibilità di costruire un paesaggio inedito, esempio di trasformazione degli habitat umani”

ARCHIGLOBAL / MARA CORRADI

La città lunare Se fosse ancora attuale parlare di non-luoghi, Brasilia sarebbe il non-luogo per eccellenza del Brasile. Di perenne transito, è abitata da diplomatici e da funzionari politici, che si stabiliscono in città conoscendo già la data in cui ripartiranno

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on esistono uno stile, una musica, usanze del luogo, ma solo ritmi propri di una città regolata da due orari di traffico; quello tra le 7 e le 9, che al mattino conduce tutti agli uffici dei Ministeri e dei palazzi governativi e quello tra le 17 e le 19, che la sera li spinge fuori dal centro. Prima, durante e dopo è l’assenza. È il silenzio sulla spianata del Museu da Repùblica e della Biblioteca Nacional, è l’indifferente indeterminatezza dell’infilata di diciassette Ministeri che, come un domino per giganti, si allineano a destra e a sinistra dell’Esplanada: un’affermazione senza pari della forza del socialismo. a pagina 4 >>>

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tefano Boeri non ha bisogno di presentazioni: intellettuale e divulgatore eccellente, è protagonista in questi anni del dibattito sull'evoluzione delle città e del territorio, ed in particolare di Milano, città ultimamente interessata da forti cambiamenti e da un evento di importanza decisiva come l’Esposizione Universale del 2015. Boeri, fino a poche settimane fa membro della consulta architetti per Expo (incarico che ora ha lasciato per candidarsi a sindaco di Milano), ci parla con chiarezza e lucidità di questi temi, portando numerosi riferimenti alle

potenzialità del programma rispetto alla trasformazione di Milano e aggiungendo il proprio, fondamentale punto di vista a quello degli altri membri della consulta finora intervistati da IoArchitetto. Sull'Expo si è già detto molto, forse tutto. Poco si è detto invece su Milano. Se Expo sarà una svolta come sarà Milano, prima, durante e dopo la cura? Penso che l'Expo a Milano sia un'occasione a pagina 3 >>> unica per ragionare sul rapporto tra città,

Coreografie vegetali

Il balletto, la musica ma anche la letteratura. In questa intervista Petra Blaisse ci introduce nella sua straordinaria architettura del paesaggio

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etra Blaisse è una figura emergente e piuttosto inconsueta nel panorama generale dell’architettura del paesaggio. Come molti altri architetti del paesaggio proviene dall’arte, ma il suo interesse parte dalla coreografia ed è orientato verso un’espressione aggiornata di quell’ideale di continuità e fluidità spaziale che affonda le sue radici nell’Architettura Moderna. La intervistiamo in occasione di una sua tappa a Milano, dove è impegnata nella progettazione dei Giardini di Porta Nuova, situati in un’area milanese attualmente interessata da importanti trasformazioni urbane. a pagina 2 >>>


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Coreografie vegetali l'esperienza incredibile di disegnare una tenda da palcoscenico, di scala impressionante, e di rendermi conto di come l'utilizzo dei tessuti e della decorazione in modo “strutturale” poteva influenzare in modo sostanziale il disegno dello spazio. Quali sono le sue influenze principali? …Sono una moltitudine, vanno dal balletto alla musica, alla letteratura. Trovo molto affascinanti gli scritti di Goethe riferiti al paesaggio. Allo stesso tempo, dato che vengo da una famiglia cattolica, quando da ragazzina viaggiavo con la mia famiglia ho visitato molte chiese in Europa: in Spagna, in Portogallo, in Francia. Solo oggi, anche se in chiesa non ci vado quasi più, mi rendo conto di quanto sono stata influenzata dalla coreografia delle chiese, dalle messe e da tutto quanto si svolge intorno alle cerimonie religiose.

PETRA BLAISSE

Nata in Germania nel 1970, ha frequentato l'università di Dresda. Nel 1995 ha conseguito il master in architettura paesaggistica. Dal 1987 ha lavorato come freelance designer, riscuotendo un grande successo internazionale fin dalle sue prime installazioni. Gradualmente Petra Blaisse, accanto all'interesse primario per gli esterni (giardini e paesaggi urbani), ha sviluppato la sua attività creativa usando materiali tessili negli spazi interni. Nel 1991 ha fondato lo studio Inside Outside, dove negli ultimi dieci anni lavora avvalendosi della collaborazione di una decina di professionisti di differenti nazionalità. Dal 2003 insegna all'accademia di architettura di Amsterdam.

E talvolta, l'esperienza multisensoriale che si ha nelle cerimonie, credo di qualsiasi religione, ha qualcosa in comune con il paesaggio? Certamente: la luce, la temperatura, il suono, perfino l'olfatto. >>> dalla prima pagina

Come definirebbe il suo lavoro in 30 secondi? Quello che mi interessa è la manipolazione dello spazio attraverso la luce, l'acustica, i colori e strutture flessibili - che possono essere tessili o vegetali - come strumento per modificare uno spazio o un luogo. Sono interessata alla coreografia e al modo in cui lo spazio è capace di modificarsi e interagire con il movimento delle persone. La sua carriera parte dall'uso di tessuti, di luce e di finiture negli interni, ha realizzato scenografie e opere di allestimento molto apprezzate. Come è approdata all'architettura del paesaggio? È stato un passaggio abbastanza naturale. Ho incominciato disegnando spazi interni che, per via di facciate vetrate “moderne”, avevano un relazione molto diretta con l'esterno. In particolare in un ristorante ad Amsterdam, dove l'interno e l'esterno erano praticamente la stessa cosa, ed erano capaci di generare una vera e propria coreografia. Ho avuto in seguito l'opportunità di lavorare con Yves Brunier e Rem Koolhaas al Museum Park di Rotterdam. Inizialmente il mio contributo al progetto era quello di traduttore, ma si è presto evoluto in un ruolo attivo di progettazione. Ho poi disegnato una villa (Villa Kraningen, e successivamente, Villa Da Lava) con OMA occupandomi sia degli interni che degli spazi aperti esterni.

decorazione nel design olandese. Credo si sia sviluppato in epoca odierna sopratutto a partire dagli anni ’80 e che abbia molto a che fare con l'eredità coloniale olandese che risale al XVII secolo. Quando l'Olanda ha incominciato ad avere colonie si è sviluppata una sorta di cultura da “connoisseur” e da “collezionisti”. C'erano ceramiche dall'Asia, altre cose che provenivano da luoghi esotici, era l'ascesa di un’attrazione nei confronti delle arti e dell'artigianato. Credo che a tutt'oggi molti designer olandesi abbiano ereditato qualcosa di quella cultura: Marcel Wanders è uno, e Studio Job, una sorta di racconto attraverso un collage surrealista, è un altro. Probabilmente ho molto in comune con questa mentalità, anche se la parte centrale del mio lavoro si basa sull'interazione con i committenti e con gli architetti. Non facciamo insomma product design, e siamo più interessati al confronto con un processo, in particolare se si tratta del disegno di un edificio o di un paesaggio. Prima di conoscere il suo lavoro dubitavo che una tenda potesse avere un impatto così importante nella costruzione di uno spazio. Il colore e le texture sono altre caratteristiche interessanti. Qual è la sua formazione e quando ha iniziato a lavorare con questi elementi? Ho frequentato una scuola d'arte quando avevo vent'anni, lavorando

anche come assistente curatore. Poi ho lavorato per otto anni allo Stadelijk Museum dove sono entrata in contatto con qualsiasi disciplina artistica e con le arti applicate. Come professionista indipendente mi sono poi occupata dell'allestimento di mostre, e ho imparato che esporre un qualsiasi oggetto d'arte necessita di un ambiente che è sempre molto più ampio dell’oggetto stesso. È lì che ho scoperto

Ha qualche progetto favorito a parte quelli su cui sta lavorando? È davvero difficile non fare riferimento a progetti in corso: stiamo lavorando a un disegno urbano per Kowloon che trovo molto interessante e ad un giardino in Qatar, utilizzando piante del deserto di grandezze differenti. Le loro dimensioni dipendono dalla quantità d'acqua necessaria: la più piccola ne richiede di meno e la più grande di più.

l'incredibile potenziale dei materiali tessili. Successivamente, quando ho allestito una mostra del mio lavoro ho incominciato a usare tende e tessuti per creare spazi. A partire dal 1987 ho collaborato intensamente con OMA. Con il disegno del Danstheater all'Aja, che ho sviluppato con OMA, ho avuto

Il tutto sta sul tetto di un garage e questo rende il lavoro anche più difficile. Per concludere, mi è piaciuto molto sviluppare il progetto sia per il giardino che per gli interni della biblioteca di Seattle di OMA.. Carlo Ezechieli

Questo approccio ha forse qualche cosa in comune con l'ideale modernista di continuità spaziale? Si, naturalmente. Lo spazio Moderno è fluido e dinamico e le tecnologie costruttive odierne, come il vetro, danno un contributo enorme in tal senso. Anche in molti edifici pubblici lo spazio interno e lo spazio esterno sono, per ovvie ragioni funzionali e formali, parte dello stesso sistema: il Museum Park di Rotterdam, per esempio, è un'introduzione alla Kunsthal. Nel lavoro di molti altri olandesi, come ad esempio Studio Job, emerge una sorta di approccio surrealista alla decorazione. Effettivamente è uno stile piuttosto diverso dal suo, ma allo stesso tempo riferito alla decorazione, al teatro e alla scenografia. L'arte e la decorazione sono importanti in Olanda? E se si perché? Concordo sull'importanza della

Sotto il titolo, sipario del Nederlands Danstheater a L’Aja (foto Marc Prevot) e, qui sopra, concept e parte del progetto per un giardino in Qatar. A fianco, una prima ipotesi di lavoro per i Giardini di Porta Nuova a Milano


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Il futuro di Milano >>> dalla prima pagina

natura e agricoltura. Cioè sul futuro degli habitat umani nei prossimi decenni. Grazie all'idea di un Orto Planetario abbiamo la possibilità di costruire una porzione importante di un'agricoltura di nuova generazione; un'agricoltura urbana che sappia rendere disponibile - per Milano e per i suoi cittadini - una grande varietà di prodotti agricoli, di legno da taglio, di energia, di programmi di educazione alimentare, di zootecnia. E una varietà di paesaggi oggi impensabile, che aggiungeranno qualità e biodiversità faunistica e vegetale alle monocolture cerealicole che sono le sole oggi a caratterizzare il territorio agricolo attorno a Milano. Grazie all'Expo avremo la possibilità di costruire un paesaggio agricolo e agroalimentare inedito, che diventerà un esempio di trasformazione del paesaggio urbano e rurale per tutto il mondo. Il sistema delle cascine è un altro aspetto fondamentale del progetto Expo. Le cascine milanesi hanno tuttora potenzialità enormi dal punto di vista produttivo; del resto solo nella misura in cui l'agricoltura è capace di produrre valore è possibile difenderla dalle politiche di crescita “estensiva” della città. Solo se

sia realizzato un sistema di nodi di interscambio (con la metropolitana, come accade a Famagosta o a MolinoDorino, o con linee di superficie) così efficienti che una buona parte delle 500mila automobili che entrano ogni giorno in città ne restino fuori. Un sistema di ecopass non limitato al centro di Milano ma esteso a tutta l'area urbana, che sia coordinato a livello metropolitano-regionale. Il nuovo masterplan dell'Expo più che un piano è un sistema caratterizzato da una certa componente temporale e dinamica. Cosa in sintesi lo distingue rispetto ad altre esposizioni e quali sono gli aspetti che lo potrebbero imporre come nuova tendenza? Ciò che distingue principalmente il nuovo masterplan è il fatto che non punta a costruire dei “contenitori”, ma si rivolge direttamente al tema dell'Expo: la nutrizione. Chiama i Paesi partecipanti a mettere in scena a Milano nel 2015 pratiche che riguardano la coltivazione, la degustazione, la cultura alimentare di una nazione. Offre loro la terra per farlo. Un altro aspetto innovativo è che ad ogni Paese viene dato uguale spazio e uguale risalto, perché tutti si affacceranno sul viale principale

STEFANO BOERI

l'evento ha fatto acqua, a Lisbona era il mare e, nonostante qualche criticità, sembra che, tutto sommato, abbia funzionato. In che misura il tema può contribuire o meno al successo di un'esposizione universale? Il tema è fondamentale. Soprattutto per l'Italia il successo dell'Expo può servire da volano per portare il maggior numero possibile di visitatori a conoscere le nostre eccellenze in campo agroalimentare. Credo ci sia una differenza fondamentale tra Expo Milano e Expo Shanghai: mentre quest'ultimo è concepito come una vetrina del mondo rivolta a milioni di potenziali turisti cinesi, Milano

vuole ospitare davvero gli sforzi del mondo sul tema della nutrizione e far diventare questa presenza un fattore di grande attrattività. Riprendo una domanda già proposta a Joan Busquets: Expo è un'opportunità ma spesso è anche un'incognita, soprattutto economica. Come è possibile tenere sotto controllo il “rischio fiasco”? Lavorando ad un progetto intelligente, originale, evitando di seguire modelli che nel nostro contesto sono ormai vecchi, proponendo un progetto “leggero” che abbia ricadute diffuse e positive a livello economico e culturale.

Fino al 2007 direttore di Domus e attualmente direttore del mensile Abitare, nonché coautore di diversi volumi e collaboratore di numerose pubblicazioni, l’architetto Stefano Boeri, nato nel 1956, è professore di Urban Design presso il Politecnico di Milano. In passato è stato visiting professor per Harvard GSD, MIT e Berlage Institute. Fondatore della rete di ricerca internazionale Multiplicity (www.multiplicity.it), gruppo di studio interdisciplinare sulle trasformazioni territoriali e sulle forme con cui le diverse discipline osservano e rappresentano la città, Boeri è altresì titolare dello studio Stefano Boeri Architetti, impegnato nella progettazione architettonica e urbanistica contemporanea. Tra i lavori realizzati di recente la nuova sede RCS di Milano e la ristrutturazione ambientale e turistica dell’ex Arsenale alla Maddalena. Tra i progetti in corso le torri residenziali ecocompatibili di Milano Porta Nuova-Isola (il “bosco verticale”). www.stefanoboeri.net.

In prima pagina una vista aerea dell’area di Expo 2015, qui a sinistra il masterplan del sito. Nei render, in alto uno scorcio della darsena e, qui sopra, i padiglioni e le serre bioclimatiche viste dalla collina.

l'agricoltura "vale" è possibile evitare che venga gradualmente erosa dalla sfera urbana, che invece può crescere su sé stessa puntando su altre strategie come la densificazione, la ricostruzione di zone obsolete o il recupero di aree abbandonate. Il modello proposto da Expo è un paesaggio agricolo di nuova generazione, un parco a tema per la ricerca in agricoltura con un ruolo strategico rispetto alla filiera agro-alimentare milanese, regionale e italiana. Ma se l'intervento sulle aree di corona urbana sarà sicuramente una svolta, e se da un lato Milano aspira a diventare una città guida a livello internazionale, dall'altro persistono situazioni, anche banali, ma notevolmente critiche: sosta caotica, violazione sistematica dei limiti di inquinamento, scarsa diffusione di verde. Che ruolo può avere Expo in questo senso? Sono questioni strettamente legate alle politiche portate avanti a livello locale. Molte di queste possono essere coordinate grazie a progetti come il Metrobosco che ho proposto tempo fa: una sorta di “corona verde” che circonda la tangenziale e che blocca la crescita intensiva. Senza dubbio, uno dei punti chiave di intervento è la mobilità e da questo punto di vista io propongo che sul perimetro della città

dell'Expo, senza distinzioni di ordine economico o di potere geopolitico. Credo che il concetto di questa Expo sia completamente differente da quanto è stato fatto ad esempio in Cina dove, seguendo lo schema tradizionale e ormai datato delle esposizioni universali, ogni Paese mette in mostra sé stesso allo scopo di invogliare un turismo generico. Nel caso di Milano è diverso: ogni Paese deve trovare le ragioni per contribuire a costruire il paesaggio inedito di un orto planetario, un luogo dove, per di più, vengono ricostruiti i biomi caratteristici di varie parti del pianeta. Un parco a tema con un grande valore scientifico e economico. Come vede in questo quadro i progetti della Via d'Acqua, che conosco bene per averla sviluppata con il Settore Pianificazione del Comune, e della Via di Terra? Per quel che riguarda la Via d'Acqua, credo sia fondamentale il ruolo delle cascine; la Via di Terra che abbiamo proposto è invece un percorso analogo a quello interno al sito Expo che in questo caso connette tra di loro le eccellenze e i luoghi notevoli che caratterizzano il cuore di Milano. Per Hannover il tema era la sostenibilità, ma non è stato economicamente sostenibile, a Saragozza il tema era l'acqua e

Flashalessandrobelgiojoso Quel che resta dell’architettura Il verde incolto si riappropria del manufatto trascurato dall’uomo. Una porzione ancora da recuperare di Cascina Fiamberta, XIV sec, Certosa di Pavia.


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archiglobal /

mara corradi

La città lunare >>> dalla prima pagina

Sono le zenitali e indisturbate ombre della Plaça dos Três Poderes, proprie di un palco teatrale a cui il Palacio do Planalto (potere esecutivo), il Tribunal Supremo Federal (potere giudiziario) e il Congresso Nacional (potere legislativo) fanno da quinte e dove ogni giorno vanno in scena i segni tracciati da Oscar Niemeyer e da celebrati artisti brasiliani. È un vero peccato che non ci sia nessuno ad assistervi: i turisti, stremati dal percorso assolato dell’asse monumentale, si contano sulle dita di una mano. Al punto che enigmatiche come la statua della Giustizia di Alfredo Ceschiatti e la Colombaia di cemento sono le figure dei venditori ambulanti di frutta e gelati che, ozianti in perenne attesa, si riparano all’ombra del Museu da Citade. Nessun fastidio per i tre visitatori che si trovano sulla piazza perché certamente sono architetti e certamente in solitudine apprezzeranno meglio i sogni di grandezza di una nazione rappresentati nei precetti del modernismo brasiliano: come i funzionari governativi, al calar del sole anch’essi se ne andranno, con una luce negli occhi, mentre Brasilia accenderà le sue, rimettendosi in posa, finalmente indisturbata. Visitare Brasilia è come entrare in un libro di storia dell’architettura: non è possibile restare indifferenti alla concretizzazione di un’utopia. Progettata per 200.000 abitanti, la nuova capitale è arrivata oggi ad ospitarne 2 milioni e mezzo, grazie alla realizzazione di città satellite dove non è così raccomandabile avventurarsi. Fortemente voluta dall’allora presidente Juscelino Kubitischek per tener fede a una norma costituzionale risalente addirittura al 1891, nel suo programma politico divenne simbolo della conquista e della civilizzazione dei territori inabitati del Planalto Central, condotta per la prima volta dagli stessi brasiliani e non più dai conquistatori europei, come invece per la colonizzazione delle coste. Il fatto che fosse lontanissima da tutte le zone abitate e industrializzate del Paese non costituì un freno: al contrario migliaia di persone itineranti povere furono attratte delle possibilità di lavoro che la propaganda annunciava in tutto il paese e oltre. Dick, uno dei protagonisti di “A sangue freddo” di Truman Capote dice al suo disgraziato compagno di ventura: «Brasile! È dove stanno costruendo la nuova capitale. Dal niente. Pensa, riuscire a piazzarsi tra i primi in un’impresa del genere! Qualsiasi idiota potrebbe farsi una fortuna». Alla classe dei lavoratori che costruì Brasilia invece oggi è rimasto solo un simbolo, l’opera di Bruno Giorgi “Os Candangos”, una scultura che rappresenta tensioni e sentimenti di un popolo che si sacrificò per un ideale, per la fondazione di una capitale che non apparteneva loro, in cui non avrebbero vissuto. La nuova capitale sorse per concentrare tutti i poteri politici e governativi: ancora oggi l’industria e l’economia del Paese sono distribuite sulle coste, ma nulla si muove senza il via di Brasilia.

Tra il 1956 e il 1960 fu eretta secondo il Plan Piloto (Piano Regolatore) di Lucio Costa, vincitore di un concorso voluto da Oscar Niemeyer, già scelto dal Presidente come architetto della città. Dall’incrocio di due assi, uno retto, detto il monumentale, lungo il quale si ergono tutti i palazzi governativi, e l’altro che si incurva come le ali di un uccello, l’eixo rodoviario che conduce ai quartieri residenziali, Brasilia fu tracciata sul terreno, dichiara Lucio Costa, “dal gesto primario di chi contrassegna un posto o ne prende possesso, e segnala con una croce l’inesplorato altipiano centrale brasiliano”. Semplicemente impensabile per degli europei, i cui processi urbani sono il risultato di stratificazioni di civiltà di migliaia di anni. Così la misura dell’uomo non fu contemplata e il piano urbanistico fu pensato per essere percorso solo dalle automobili. Ci si rende ben conto di questo quando trovandosi nella Plaça dos Três Poderes e volendo raggiungere il Congresso Nacional, che si trova di fronte, ci si accorge che non esistono le strisce pedonali e le auto che sfrecciano dall’Esplanada dos Ministerios non si fermano perché non sono abituate ai pedoni. A quel punto si fa caso al fatto che in tutto il centro le “zebre” sono pochissime, come se le passeggiate, gli incontri casuali o gli appuntamenti, i percorsi di svago non fossero stati previsti. Abituati ai vagabondaggi tra piccoli borghi dagli scorci inattesi, per noi italiani l’effetto è scioccante e lo straniamento che si avverte fa pensare di essere stati portati sulla Luna. La ricchezza del territorio era lo spazio stesso, così fu edificata una città per giganti: tutto è grande, dalle arterie a 6 corsie che costeggiano in due direzioni l’asse monumentale ai giardini aridi sulla terra rossa come immense radure assolate, dalle distanze tra le architetture di governo che sembrano ergersi su un palcoscenico alla bandiera più grande del mondo che sventola sulla Plaça dos Três Poderes. Persino la frutta è la più grande che abbiamo mai visto. Nella mente di JK Brasilia, eretta secondo i principi della pura geometria modernista, sarebbe stata governata con saggezza come una “città ideale” rinascimentale, cui egli avrebbe aggiunto la pura efficienza e la standardizzazione industriale, principi base del suo progetto politico per un “mondo migliore”. Come scrive Luisa Videsott nel suo saggio che indaga il significato della scultura Os Candangos: “Sia nelle riviste popolari che nei cinegiornali e nella propaganda in generale, la descrizione della costruzione della capitale e delle grandi opere viarie si curava di diffondere l’immagine di un’organizzazione razionale, programmata, quasi asettica, dotata di un moto proprio autosufficiente e autorigenerante. Voleva mostrare che Brasilia non solo era opera pianificata e tecnica, ma anche la più moderna del mondo. Le sue architetture e il suo piano - innovatori, rivoluzionari, inediti - erano realizzati con le risorse e le tecnologie più attuali”. Ma nonostante tutta questa modernità, anzi forse proprio a causa di essa, oggi Brasilia appare così inospitale: attorno a questo centro

perfetto sulla carta, di una grandiosità e un’armonia da togliere il fiato, si percepisce l’esclusione della variabile umana. Essa si è stabilita altrove, condannando l’asse monumentale di Brasilia all’assenza, al suo stesso vuoto spaziale tanto amato, ad essere una capitale disabitata. Un uccello che stende le ali per essere ammirato dall’alto, dagli abitanti della Luna che forse, nel vedere una città gemella, sorrideranno.

In alto, “Os Candangos”, la scultura in bronzo simbolo degli immigrati che lavorarono alla costruzione di Brasilia, è un’opera di Bruno Giorgi. Fu realizzata nel 1957 per essere posta sulla Plaça dos Três Poderes. Qui sotto, a sinistra il Congresso Nacional, 1958: le due “tazze”, come usano definirle familiarmente i brasiliani, sono sedi del Senato e della Camera dei Deputati, mentre le torri sono adibite a uffici amministrativi; a destra, venditori ambulanti sulla Plaça dos Três Poderes (1958) si riparano dal caldo all’ombra del Museu da Citade. In basso, a sinistra, il Museu da Repùblica (in prima pagina uno scorcio dello stesso edificio sullo sfondo della Biblioteca Nacional), ultimato nel 1999, quest’anno sede dell’esposizione dei progetti per il logo dei 50 anni della fondazione della città; a destra, tutti uguali, come i pezzi di un domino per giganti, i 17 ministeri si allineano lungo l’asse monumentale. Tutte le foto ©Mara Corradi


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archilocal /

sonia politi

Itinerari di Architettura milanese Cinque interessanti percorsi per comprendere la città attraverso la sua architettura

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al 2004 l’Ordine degli architetti della provincia di Milano organizza interessanti itinerari guidati per promuovere la conoscenza dell’architettura moderna milanese e per comunicarne l’importanza, la bellezza e il valore. Programmati da un comitato scientifico coordinato da Maurizio Carones e curati da professionisti del settore, gli itinerari sono stati raggruppati in cinque aree tematiche, possibili chiavi di lettura dell’ambiente urbano: figure (ritratti dal professionismo milanese) tecniche (tecnologia dell’architettura) tipi (forma, figura e funzione dell’architettura) temi (percorsi tematici attraverso la città) ambiti (la città per parti). Il prossimo appuntamento è per sabato 6 novembre 2010 (dalle 9,30 alle 13,30) con partenza dalla sede dell'Ordine, in via Solferino. Ciascun itinerario è consultabile nel sito della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Milano; attraverso la piattaforma di “Google maps” è possibile localizzare gli edifici, consultandone schede, gallerie fotografiche e approfondimenti bibliografici. Da quest’anno è anche possibile vedere gli Itinerari in video, grazie ai filmati realizzati dalla redazione di Floornature.com.

Forma, figura e funzione dell'architettura Il sistema teatrale a Milano, itinerario a cura di Enrico Bordogna Teatro Strehler (1978-1997) di Marco Zanuso e Pietro Crescini foto Stefano Suriano

Per ulteriori informazioni e per iscrizioni: tel. 02 62534390 - fondazione@ordinearchitetti.mi.it http://ordinearchitetti.mi.it/ Percorsi tematici attraverso la città Milano, quel che resta dei piani urbanistici, itinerario a cura di Federico Oliva, Paolo Galuzzi, Piergiorgio Vitillo Quartiere Maurilio Bossi, ora Molise (1933-1938) di Cesare e Maurizio Mazzocchi foto Stefano Suriano La città per parti Architetture moderne a Legnano, itinerario a cura di Paola Ferri e Alessandro Isastia Edificio per abitazioni, uffici e negozi a Legnano (1974-1980) di Franco Albini, Angelo Cozzi, Franca Helg foto Maurizio Tomio

Ritratti dal professionismo milanese Lo studio BBPR e Milano, itinerario a cura di Stefano Guidarini, Luca Molinari, Paolo Brambilla Torre Velasca, foto Alessandro Sartori

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Direttore Carlo Ezechieli Direttore responsabile Sonia Politi Comitato editoriale Myriam De Cesco, Antonio Morlacchi Redazione Nadia Rossi, Marcela Velazquez, Alice Orecchio, Camilla Morlacchi Grafica e impaginazione Roberta Basaglia Collaboratori Daniela Baldo, Alessandro Belgiojoso, Atto Belloli Ardessi, Mara Corradi, Davide Crippa, Alessandro Ezechieli, Alice Gramigna, Nora Fumagalli, Marco Penati, Joe Zaatar, Mariella Zoppi © Diritti di riproduzione riservati.

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brevi / camilla morlacchi

Per Roma l’arco di Libera

Manoli in Haas Fertigbau Il dottor Marco Manoli è stato nominato direttore commerciale di Haas Fertigbau Italia, la divisione case in legno del gruppo Haas. L’ingresso rientra in una logica di rafforzamento dell’azienda nel segmento della prefabbricazione leggera con struttura portante in legno. Nel 2009 Haas Fertigbau ha venduto più di 50 case in legno e si è aggiudicata un importante progetto in Abruzzo. www.haas-fertigbau.it

Immaginato da Piacentini nel 1937 per l’E42, riproposto oggi al sindaco Alemanno dagli architetti Cristiano Rosponi e Cesare Mangione (fondazione Cesar, centro studi sull’architettura razionalista) che per dimostrarne la fattibilità tecnica (un arco a tutto sesto di 120 metri di altezza in corrispondenza di Viale dell’Umanesimo) hanno coinvolto lo studio d’ingegneria Pagnoni-Vita. I soldi? Una delibera del 2007 della giunta Veltroni che destinava 30 milioni di euro a un’operazione da realizzarsi in project financing. www.cesar-eur.it/

Macrosistema arredo Un saldo positivo import/export di 7,7 miliardi di euro, con il 48% della produzione nazionale venduto all’estero, 33mila imprese per 227.000 occupati: sono i dati 2009 del macrosistema arredo Italia resi noti all’assemblea generale di Assarredo lo scorso giugno, nel corso della quale il presidente Giovanni Anzani ha puntato sulla tracciabilità come forma di tutela del made in Italy e ha confermato l’impegno dell’associazione per la promozione del contract. www.federlegno.it

Progettare uffici Nell’ultima assemblea nazionale di Assufficio svoltasi a Porto Mantovano (ospiti di Malerba), Enrico Cietta, coordinatore scientifico di Ufficio Fabbrica Creativa ha presentato un’interessante ricerca, svolta da Diomedea, che mette in luce la relazione positiva tra investimento negli spazi di lavoro e performance aziendale e analizza le modalità con cui si realizzano gli uffici. Ne emerge il ruolo centrale dell’architetto, che però solo nel 20% dei casi è specializzato nell’ufficio. Genericità a cui fa riscontro sul fronte della committenza l’accentramento delle decisioni nella figura dell’imprenditore, anche se non conosce la complessità del processo. Di più, spesso l’azienda determina a priori lo spazio destinato a ogni dipendente, prima che sia stato sviluppato un pre-progetto coerente. In conclusione, rimane ampio spazio per una progettazione più efficiente e per spazi di lavoro più confortevoli e produttivi. www.federlegno.it/tool/home.php?s=0,1,29,38

A Venezia si parla di ponti Il prossimo congresso annuale di Iabse (International association for bridge and structural engineering) si svolgerà dal 22 al 24 settembre al Lido di Venezia. Circa 800 specialisti tra ingegneri strutturali, architetti, designer, appaltatori, ricercatori, developer di tutto il mondo discuteranno lo stato dell’arte, dell’industria e delle nuove tecnologie edili, oltre che le loro applicazioni attuali e future. Il comitato organizzativo è presieduto dal professor. Enzo Siviero, ordinario di ponti allo IUAV. www.iabse.org

18 gradi di inclinazione La torre più inclinata del mondo è ad Abu Dhabi. 160 metri di altezza per 35 piani, completato lo scorso gennaio, il Capital Gate si sporge di 18° verso ovest, più di quattro volte la pendenza della torre di Pisa, anche se qui l’inclinazione è frutto di una complessa progettazione ingegneristica. Tra le caratteristiche più rilevanti il primo “core” preincurvato del mondo, uno scarto per piano (oltre il 12esimo) da 300 a 1400 mm, un esoscheletro esterno (la “diagrid”) che regge tutto il peso dei piani, un esoscheletro interno che sostiene un atrio alto 60 metri e una vertiginosa piscina panoramica esterna al 19° piano.

www.capitalgate.ae

Nuovo presidente Cortexa È Sauro Tanzini, amministratore delegato e direttore commerciale di STO Italia, il nuovo presidente del Consorzio del cappotto di qualità. Prende il posto del dottor Gian Luigi Tedeschi, di Caparol, ispiratore di Cortexa che ha guidato dalla fondazione nel 2008 fino alla scadenza del mandato. www.cortexa.it

Klimahouse in Umbria La terza edizione itinerante di Klimahouse, la fiera specializzata di Bolzano per l’efficienza energetica e la sostenibilità in edilizia, si svolgerà, come lo scorso anno, a Bastia Umbra dall’8 al 10 ottobre. Un ricco programma di eventi collaterali, convegni e visite guidate a edifici costruiti secondo le buone pratiche dell’efficienza e del risparmio energetico, completa l’esposizione. Programma e prenotazioni su www.fierabolzano.it/klimahouseumbria/

Beyond Arsenale Da fine agosto numerosi eventi e appuntamenti di architettura animano Venezia e il triveneto. 10 occasioni per lasciare I padiglioni di Giardini-Arsenale LO-FI ARCHITECTURE Una mostra e un libro (Marsilio) a cura di Mario Lupano, con Luca Emanueli e Marco Navarra. Acronimo per registrazioni musicali “a bassa fedeltà”, l’architettura lo-fi è per scelta culturale un processo mai concluso, quindi necessariamente imperfetto e aperto. Fondazione Claudio Buziol, Palazzo Mangilli-Valmarana, Cannaregio 4392 - Lun/Ven 10-18, fino al 4 ottobre MAPPING CONTEMPORARY VENICE Una corona di grattacieli intorno a Venezia? È la provocazione di JDS Architects per proteggere la città dall’acqua alta nel 2060. Disegnata come quelle degli altri partecipanti a questa manifestazione sui classici Moleskine. Azienda che, insieme alla VIU (Venice International University) ha coinvolto intellettuali e istituzioni per una nuova visione della Venezia contemporanea. Venice International University, isola di San Servolo. Lun/Dom 10-17, fino al 20 settembre BEYOND ENTROPY: WHEN ENERGY BECOMES FORM Oltre l’entropia: quando l’energia diventa forma esplora le relazioni tra arte, scienza e architettura intorno al concetto di energia. Diretto da Stefano Rabolli Pansera, il programma è stato condotto esplorando otto diverse forme di energia da un gruppo di artisti, architetti e scienziati di tutta Europa. In mostra i prototipi realizzati. Fondazione Cini, isola di San Giorgio Maggiore Mer/Lun 10,30-18,30, fino al 19 settembre CULTURE NATURE Organizzata dal Politecnico di Torino, attraverso numerose installazioni, la manifestazione curata da Alessandra Coppa e Fortunato D’Amico si propone di indagare quale sia oggi, conclusa l’era delle magnifiche e progressive sorti del dominio dell’uomo sulla natura, il ruolo dell’architettura nella trasformazione della natura in paesaggio culturale e habitat umano. Spazio Thetis, Arsenale Novissimo Lun/Ven 10-18, fino al 21 novembre

Frigerio Design Group, tralicci del futuro

M9 - A NEW MUSEUM FOR A NEW CITY In mostra i progetti dei cinque studi invitati a immaginare il Museo del Novecento di Mestre, la cui inaugurazione è prevista per il 2014, tra cui quello dei vincitori Sauerbruch Hutton. Via Poerio 24, Venezia Mestre - Lun/Dom 11-19, fino al 21 novembre

Da Brescia alla Puglia Costituita a luglio, BS Energia ha l’obiettivo di installare 5 MW di impianti fotovoltaici in Puglia entro la fine del 2010. Il nuovo polo bresciano dell’energia è formato al 60% da Ensun (equamente partecipata da Gefran e Gruppo Metra) e al 40% da Turra Energia. Un’alleanza che mette a profitto le rispettive specializzazioni, di Gefran negli inverter, di Metra nelle strutture in alluminio e di Turra nella progettazione e costruzione di impianti solari fotovoltaici in epc.

BIENNALE-EVENTI ESTERNI

UIA 2011 call for papers Il prossimo congresso dell’Unione Internazionale degli Architetti si svolgerà l’anno prossimo a Tokyo e avrà per tema “Design 2050”. Architetti e progettisti di tutto il mondo sono invitati ad offrire la propria visione dell’architettura e della città nel 2050 con particolare riguardo al tema dell’ambiente, degli scambi tra culture e della vita. Sintesi delle proposte di partecipazione, che gli architetti selezionati saranno invitati a esporre al Congresso, tra il 26 e il 28 settembre 2011, dovranno essere inviati all’Uia entro il 31 ottobre 2010. www.uia2011tokyo.com/en/callfor/

2009:120 miliardi di euro È il valore complessivo registrato dalle transazioni immobiliari nel 2009 secondo i dati comunicati recentemente da Gabriella Alemanno, direttore dell’Agenzia del Territorio, in uno speech a Cortina InConTra: 100,2 miliardi di transazioni nel residenziale, in calo dell’11,4% rispetto al 2008, e 19,7 miliardi nel non-residenziale (-15,3% sull’anno precedente). Restando al solo mercato residenziale, nel 2009 le transazioni si sono fermate a quota 609.000, il 10,9% in meno rispetto all’anno precedente, con un valore medio degli immobili in calo dello 0,8%. Il solo residenziale in Italia conta 32,6 milioni di abitazioni per un valore di 5.931 miliardi di euro, pari a 4 volte il PIL nazionale. www.agenziaterritorio.it

PROVINCIA ITALIANA - THE ITALIAN PROVINCES È CulturALI (Flavio Albanese, Pierluigi Sacco, Cristiano Seganfreddo e Catterina Seia) a curare il progetto promosso da C4 - Centro Cultura Contemporaneo Caldogno e organizzato da Fuoribiennale in collaborazione con Centro Studi Usine che, con una rete di workshop, dibattiti e convegni nell’arco di due mesi, svilupperà progetti per ripensare il territorio Veneto con amministrazioni e cittadini. Diverse località nelle province di Venezia, Padova, Vicenza, Treviso Fino al 19 novembre. Programma su www.provinciaitaliana.org SISMYCITY. L'AQUILA 2010 Una mostra fotografica che ha ricevuto il patrocinio del Presidente della Repubblica sulle conseguenze del sisma che ha colpito L’Aquila e il suo territorio, frutto di un anno di lavoro dell’associazione. fuori_vista. Rescindendoli, a L’Aquila il terremoto ha messo in evidenza gli elementi senza i quali non si può parlare di città: il nesso tra costruire e abitare, le relazioni tra identità individuale e collettiva, eredità materiale e non, bene comune su cui si fonda l’agire civico. Palazzo Ducale, ingresso libero Lun/Ven 9-12 (lun-mer-ven anche 15-17) da Porta della Carta; ingresso principale di Palazzo Ducale (con biglietto museale) Lun/Dom 10-18 - Fino al 30 ottobre


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studio del mese / alice gramigna

Complessità come sfida Lo studio monovolume architecture+design è stato fondato appena 7 anni fa. Oggi, dopo aver realizzato progetti dall’edilizia al design di interni, i due giovani architetti altoatesini presentano la loro formula. Di successo.

C

reatività e funzionalità. Estetica ed efficienza. Impegno verso un obiettivo comune, preciso e ambizioso allo stesso tempo: affrontare la complessità, "giocando" con i limiti. Limiti che "fondamentalmente non esistono". Una formula che distingue lo studio monovolume architecture+design fondato nel 2003 a Bolzano da Patrik Pedò e Juri Pobitzer. Nati in Alto Adige, i due architetti hanno studiato all'università di Innsbruck; da allora hanno iniziato ad elaborare progetti insieme. I risultati ottenuti con la partecipazione a diversi concorsi nazionali hanno consolidato l'intesa professionale e quindi costituito l’esordio del percorso comune che li ha portati alla creazione di monovolume. In appena sette anni di attività hanno già disegnato numerosi lavori di successo. Lo studio oggi è composto da una decina di collaboratori e sviluppa progetti che spaziano dal design di interni all'edilizia, dalla costruzione di ponti alle centrali idroelettriche. Il nostro breve incontro con Patrik e Juri inizia proprio esaminando il progetto della Centrale idroelettrica Winnebach in località Villetta (BZ) in esercizio dal 2009. Il cliente - una società consortile nata dalla collaborazione tra Hydros Spa e i comuni di Terento e Vandoies - aveva esigenze funzionali chiarissime e restrittive e uno spazio disponibile assai limitato. Esisteva già un progetto di massima e pertanto si richiedeva solo una sorta di make-up della facciata esterna per “nascondere” il manufatto. La sfida per monovolume è stata invece quella di ripensare interamente l'edificio, facendo dell'architettura stessa, nella sua purezza stereometrica la soluzione del problema. È nato così un piccolo edificio interamente in cemento armato faccia a vista, incastonato nel pendio della roccia, di cui ricorda la geometria. Le pareti inclinate dell'edificio proteggono l'ingresso dall'eventuale caduta di piccoli massi dalla parete retrostante e consentono di eliminare la pensilina di ingresso. Lastre di vetro float stratificate e guide di acciaio Corten inserite nel cemento si snodano tutto attorno all’edificio e ricordano crepe e venature naturali, mentre le porte in Corten posizionate a filo delle pareti esterne suggeriscono variazioni di colore. Per renderle meno omogenee e più conformi a un disegno materico non industriale le pareti in cemento armato sono state lavorate a macchina.

STUDIO MONOVOLUME

All'interno della centrale si trovano le due turbine, una gru per il sollevamento delle macchine da sottoporre a manutenzione, una sala cavi posta sul retro, una vasca di controllo per la condotta forzata, oltre ad un magazzino. Trattandosi di un edificio industriale dove non è prevista la presenza fissa del personale, in quanto il controllo avviene telematicamente, i due architetti sono stati liberi di scegliere una struttura in cemento armato a vista non coibentata senza doversi preoccupare di problematiche relative al risparmio energetico. Dal pubblico al privato: monovolume si è misurato con i problemi posti dalla ristrutturazione e dall'ampliamento di un'abitazione datata anni Settanta. Il progetto di Casa Pedò, del fratello di Patrik, realizzato nel 2008, è partito dal liberare la pianta, creando un flusso spaziale tra sala da pranzo e soggiorno. Verso l'esterno è stata

realizzata un'ampia apertura "scenica", che porta la distesa dei vigneti della vallata a far parte del soggiorno. Tutti i serramenti sono stati sostituiti ed è stato coibentata sia la copertura sia le pareti esterne. Un'attenzione particolare è stata posta alla scelta dei colori e ai materiali, limitandoli al minimo per far risaltare soltanto alcuni elementi. L'illuminazione, calibrata attraverso l'uso della domotica, consente scenari diversificati adattabili ad ogni esigenza. Linee essenziali e pulizia formale a confronto con esigenze funzionali precise, dettate da logiche di tipo commerciale: questo il tema affrontato

PATRIK PEDÒ

è nato a Bolzano nel 1973. Laureato in architettura presso l’università di Innsbruck (relatore della tesi di laurea: prof. arch. Kjetil Thorsen - Snoetta) e presso l’università La Sapienza di Roma, ha collaborato con diversi studi di architettura a Bolzano, Innsbruck e nello studio dell'architetto Volker Giencke a Graz, prima di fondare monovolume nel 2003.

JURI POBITZER

è nato a Merano nel 1974. Laureato in architettura presso l’università di Innsbruck (relatore della tesi di laurea: prof. arch. Kjetil Thorsen Snoetta), ha collaborato con diversi studi di architettura a Merano, Innsbruck e Graz (prof. arch. Volker Giencke) e nel 2003 ha fondato insieme a Pedò monovolume.

nel terzo lavoro di Patrik e Juri nella Parafarmacia del centro di Appiano. Nel progetto il design degli elementi di arredo, dalle linee arrotondate e avvolgenti, permette di collocare in maniera ben visibile un gran numero di prodotti su scaffali in uno spazio ristretto. L'ampio bancone centrale a forma di L, realizzato in Corian scatolato e termoformato, garantisce la piena discrezione nella consulenza individuale ai clienti. Scaffali pivotanti hanno nicchie per presentare prodotti selezionati sul lato verso la vetrina e mensole a giorno per i prodotti in vendita in negozio. Domina su tutto il

bianco, che esalta i colori delle scatole e dei flaconi disposti sugli scaffali. Attualmente Patrik Pedò e Juri Pobitzer hanno in cantiere due ville bifamiliari, una nuova centrale idroelettrica e la sede aziendale Hans Klotz srl nella provincia di Bolzano. Nuove sfide tra architettura e design, ponendo al centro “l'uomo” con le sue esigenze, ma mettendo sempre in discussione tradizione e abitudini al fine di trovare concetti d’uso sorprendenti, sequenze spaziali interessanti e possibilità d’impiego diverse. Il risultato è legato alla collaborazione fattiva tra il committente e il progettista.

Qui sopra, due immagini della centrale idroelettrica di Winnebach. I disegni mettono in luce l’attento studio delle geometrie che minimizza l’impatto sul paesaggio. Sotto, a sinistra, pianta libera per Casa Pedò, dove una grande apertura porta il paesaggio dentro l’abitazione; a destra, le linee essenziali e la pulizia formale degli arredi commerciali della parafarmacia di Appiano, progettati da monovolume.


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archiresidenze / carlo ezechieli

La Stadtvilla ritrovata Rompendo ogni schema preconcetto, il progetto di edilizia residenziale di Gianmatteo Romegialli si confronta con il contesto esistente e ne ammortizza le situazioni di disturbo presenti

Q

uesto progetto reinterpreta magistralmente un tema dell'edilizia residenziale che, di fronte alla monotonia sviluppista fondata sulla proliferazione di condomini o di case unifamiliari, è passato purtroppo in secondo piano: quello della palazzina residenziale urbana. Il contesto in cui si colloca l'intervento è una cittadina delle Alpi lombarde, e l'area, nonostante la relativa prossimità ai tessuti più formalmente e storicamente consolidati, è caratterizzata da importanti discontinuità, da spazi di risulta, dalla presenza di ampie aree a parcheggio, e strutture, come l'ospedale o la caserma dei carabinieri, che pongono il problema della gestione di importanti salti di scala. Un insieme di condizioni il cui riordino si basa sulla definizione di nuovi rapporti con situazioni morfologicamente disomogenee e qualitativamente compromesse. Il progetto, rompendo ogni schema preconcetto, si confronta con la questione progettuale posta dal contesto definendo situazioni selettive di rapporto: enfatizzando la percezione di situazioni qualitativamente significative, come la visuale verso le Alpi, e ammortizzando situazioni di disturbo come la presenza del parcheggio o degli ingombranti e disordinati complessi edilizi presenti nell'area. Secondo le parole degli autori “la casa senza finestre...questo il pensiero radicato nel paese....termine curioso per una casa che ha aperture molto più ampie della media (e dei regolamenti) semplicemente non distribuite per disegnare la facciata ma per garantire privacy, luce corretta e scorci interessanti”. I patio, posti a diversi livelli e pertanto ben rivelati dalla sezione dell'edificio, si sviluppano in sequenza e sono protetti da muri perimetrali. Si identificano sia nei giardini sia negli spazi aperti verso il cielo e il panorama in copertura e propongono un'interessante reinterpretazione di una tipologia non comune alla cultura costruttiva lombarda ed europea. Uno slittamento dei livelli dei volumi abitati di mt 1.50 permette un collegamento pedonale delle corti con i giardini privati. Il volume simmetrico e stereometrico dell'abitazione è caratterizzato dalla presenza di volumi imponenti ma incredibilmente leggeri, sospesi al di sopra del muro di cinta, come si può vedere nella facciata di ingresso. Notevole infine la cura dei particolari, con persiane scorrevoli o apribili a basculante comprese entro il filo esterno della facciata e capaci di caratterizzare in modo mutevole l'aspetto dell'abitazione.

Palazzina residenziale urbana Ubicazione Morbegno

Progetto act romegialli Architetto Gianmatteo Romegialli Collaboratori Arch. Simone Astrico Strutture Moncecchi associati, studio di ingegneria

Qui sopra, il fronte d'ingresso verso la strada. Sotto, dettagli di facciata e, in basso,i volumi muti, sospesi sopra il muro di cinta. La pianta evidenzia la disposizione nel lotto. In basso a sinistra, dettaglio dell’ingresso. A fondo pagina, sezione del fronte nord e prospetti est e ovest.


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archiresidenze / daniela baldo

Modernismo contemporaneo Orizzontalità, essenzialità e grande qualità dei dettagli nella residenza privata Chimney house di São Paulo, dove interno ed esterno si compenetrano. È stata disegnata dall’architetto brasiliano Marcio Kogan con il team dei suoi collaboratori

A

ttraverso un’attenta ricerca compositiva completata dall’uso di materiali selezionati con grande sensibilità, l’architetto brasiliano Marcio Kogan, insieme al suo team di collaboratori dello studio mk27, ha disegnato alcune delle più apprezzate architetture monofamiliari che molti sognano di abitare. Nel febbraio 2009 una di queste realizzazioni residenziali private, denominata Chimney house, ha trovato la sua collocazione su un lotto di 615 metri quadri a São Paulo. In un contesto in cui le presenze edificate comunicano la verticalità e lo slancio, lo studio brasiliano ha espresso l’identità della villa scegliendo come filo conduttore l’orizzontalità: ha lavorato con altezze contenute, superfici rivestite con doghe orizzontali e aperture che contribuiscono a definire particolari inquadrature, per enfatizzare questa sensazione. L’opera di Kogan si sviluppa su un’estensione di 400 metri quadri distribuiti su due livelli, dove la semplicità delle forme e la ricercatezza sulle finiture e i dettagli creano effetti scenografici molto interessanti. Un patio ligneo con piantumazioni di essenze arboree, definito dalla volumetria costruita e da un setto in cemento, articola l’intero programma della villa. La zona living, parte del volume del piano terra, dedicata alla conversazione e alla lettura, è 6,50 m x 10.30 m. L’altezza dell’intero ambiente, di soli 2,40 m, che in Italia non sarebbe stato possibile adottare per una zona giorno, crea una sensazione intima e privata. Tre pannellature vetrate scorrevoli a tutta altezza, ciascuna larga 3,50 m, sui due lati lunghi del soggiorno, consentono di creare un unico ambiente interno/esterno della living room congiuntamente alle due aree verdi adiacenti. Aprendo le vetrate scorrevoli si ha la sensazione di essere immersi nella natura. Un’unica superficie cementizia si estende dall’esterno fino ad entrare nel soggiorno, caratterizzandolo con la tipica texture materica creata con assi di legno strette e conferendo così permeabilità al soggiorno, elemento che diventa trait d’union tra i due dehors. La texture orizzontale del cemento si “srotola” dalla superficie verticale del muro e scende come un tappeto sul piano orizzontale formando un deck a doghe di legno. Anche il solarium della master bedroom è caratterizzato da un deck in legno e ospita un fuoco per fare un barbecue in una giornata soleggiata o per illuminare la casa in una notte buia. I camini dalle varie forme, posizionati sulla copertura, sono ispirati dai camini delle case tipiche della città di São Paulo. Perpendicolarmente alla zona living, insiste il volume principale che ospita, al piano terra, il “service program”, la cucina e la stanza TV e, al piano superiore, le tre camere da letto. Le aperture del piano superiore sono evidenziate da cornici, veri e propri volumi lignei che evocano le proporzioni della finestra a nastro del modernismo brasiliano, enfatizzandone l’orizzontalità che sembra voler raccontare i momenti di vita come la pellicola di un film, attraverso vari fotogrammi che si susseguono.

STUDIOMK27

Fondato all’inizio degli anni Ottanta da Marcio Kogan (a sinistra, in piedi), lo studiomk27 comprende 14 architetti, che seguono i lavori dall’inizio alla fine e ne sono co-autori, oltre a diversi collaboratori in vari Paesi. Lo studio ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali come il recente Wallpaper Design Awards, un LEAF Awards (Leading European Architects Forum), il premio Dedalo Minosse e il Premio Barbara Cappochin. I progetti di studiomk27 si caratterizzano per la loro semplicità e una grande attenzione al dettaglio e perseguono la difficile missione di dare continuità al genere modernista brasiliano, di cui Marcio Kogan e gli architetti dell’equipe sono grandi ammiratori. www.marciokogan.com.br

In apertura, la continuità tra interno e esterno del living nel dehor

Forse ad ispirare Kogan è stata la sua esperienza nel mondo del cinema che ha contribuito a formare la sua personalità e il suo modo di interpretare l’architettura. Oltre alle cornici lignee, anche le schermature lignee scorrevoli

contribuiscono a garantire l’introspezione e regolano l’ingresso della luce negli ambienti interni. Il legno, la pietra, il vetro, il cemento creato con assi sfalsate per conferire un effetto ritmico tridimensionale, il verde e l’uso adeguato della luce per

enfatizzare i dettagli architettonici, sono gli ingredienti naturali che, combinati in modo sinfonico, plasmano spazi unici, pensati per essere percepiti in modo dinamico, in vari momenti del giorno e da varie posizioni, proprio come in un film.

Sotto, le vetrate scorrevoli; la casseratura del cemento armato crea un gioco di linee che si riflette nelle doghe di legno del deck esterno. Il primo piano (nella pianta) si sviluppa solo lungo il corpo lungo, mentre sopra la copertura del living (sotto a sinistra) si trova un secondo dehor, affacciato sulla master bedroom.

Chimney House Ubicazione São Paulo, Brasile Lotto 615 mq - Superficie edificata 400 mq progetto/completamento 2007/2009

Architettura Autore Marcio Kogan Co-Autori Diana Radomysler, Oswaldo Pessano Co-Autori per gli interni Diana Radomysler, Carolina Castroviejo Team di progetto Beatriz Meyer, Eduardo Chalabi, Eduardo Glycerio, Gabriel Kogan, Lair Reis, Maria Cristina Motta, Mariana Simas, Renata Furlanetto, Samanta Cafardo, Suzana Glogowski Architettura del paesaggio Renata Tilli Fotografie © Reinaldo Coser + Gabriel Arantes


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archiglobal / sonia politi

Made in Africa, vite in scatola Abitazioni progettate da Tamassociati per il personale medico dell’ospedale di Emergency a Soba, Khartoum, in Sudan. Sono state realizzate nel 2009

L’

idea, racconta Raul Pantaleo, architetto e amico di Gino Strada, è nata guardando la montagna di container che stava parcheggiata intorno al cantiere durante la costruzione dell'ospedale Salam: si è pensato di utilizzarli per farne le case per il personale medico di Emergency. Utilizzarli sembrava una soluzione economica ed efficace perchè nella sua semplicità il container è un oggetto utile, modulare, riciclabile, economico resistente disponibile in grandi quantità anche in questo disperso angolo del mondo. Il compound vicino all'ospedale si sviluppa a corte con affaccio sul fiume Nilo in un splendido parco di manghi. Il complesso comprende 95 container da 20 piedi adibiti a residenza e 7 container da 40 piedi adibiti a caffetteria e servizi. Ogni alloggio di circa 20 mq è composto da un container e mezzo da 20 piedi (6 metri) con un bagno e una piccola veranda che affaccia sul giardino. Nella fase di progetto, grande attenzione è stata dedicata all'isolamento ed ai consumi. I container sono coibentati con un “sistema a cipolla” composto all'interno da pannelli isolanti di 5 cm e una “pelle” esterna composta da un controtetto ventilato metallico e un sistema di frangisole in bambù che fanno si che i container non vengano mai irraggiati direttamente dal sole. Ciò permette di mantenere negli alloggi temperature ottimali anche nei momenti più caldi dell’anno. In alcuni alloggi è stato sperimentato inoltre un innovativo sistema di condizionamento con pannello solare ad assorbimento che ci permetterà di ridurre notevolmente i consumi energetici.

Raul Pantaleo ha recentemente pubblicato, a favore di Emergency, il libro Made in Africa nel quale racconta la sua esperienza di architetto e italiano in un continente enorme e dalle grandi potenzialità, troppo spesso considerato un agglomerato gigantesco di ‘avanzi dell’umanità’. Raul Pantaleo Made in Africa tra modernizzazione e modernità prefazione di Erri De Luca Elèuthera 164 pp - euro 13,00

Sopra, pianta di un’abitazione. A destra, progetto della casa-container che ne evidenzia la struttura e il sistema di isolamento termico tramite una seconda pelle che funge da controtetto. Sotto da sinistra: la corte grande con maestosi alberi di mango; dettaglio del rivestimento esterno con sistema di frangisole in bambù; due spazi comuni: la terrazza e la caffetteria; l’interno di un’abitazione. Al piede, le abitazioni che affacciano sulla corte piccola con il prato e l’angolo di relax con amaca tra le palme.



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progetto del mese / residenza universitaria a Bologna

Il rosso e il verde per un segn

Adiacente alla città storica con un sistema di mobilità interno e piste ciclabili, un “bosco climatico”, servizi di qualità. La costruzione del nuo

I

l progetto della nuova residenza universitaria si pone all’interno dei piani attuativi del PRG di Bologna, che ridisegna l’area di circa 30 ettari dell’ex Mercato Ortofrutticolo. Situata immediatamente a nord della città storica, è un’area di forma pressoché triangolare, compresa tra la ferrovia a Ovest, il quartiere ottocentesco della Bolognina a Est, l’asse tangenziale intermedio costituito da via Gobetti a Nord e la stazione dell’Alta velocità a Sud. Una localizzazione importante per la grande accessibilità, la vicinanza con il centro storico, la qualità dei servizi previsti e i criteri di rispetto per l’ambiente cui il Piano si ispira. Alla facile accessibilità si unisce un sistema di mobilità interno con piste ciclabili e percorsi a prevalente destinazione pedonale, in grado di collegare tutte le residenze con i servizi e le grandi aree attrezzate a verde pubblico. Una corte aperta La conformazione del lotto ha posto l’esigenza di realizzare un unico punto di accesso, determinando lo sviluppo obbligato del corpo di fabbrica, per oltre 240 metri, con la collocazione al piano terra degli spazi destinati ai servizi, in prossimità del percorso pubblico. Il modello organizzativo dei 240 posti alloggio prevede la realizzazione di una residenza mista, con la compresenza di tipologie ad albergo (55 posti), a mini alloggio (85) e a nucleo integrato (100). Le funzioni di servizio culturale, didattico e di supporto, pari a circa 1400 mq, prevedono un unico grande spazio polivalente di 340 mq, 325 mq per i servizi di ristorazione e un piano interrato in grado di ospitare 24 auto, 157 moto e 240 biciclette. All’ingresso, dalla strada si procede senza soluzione di continuità verso nord fiancheggiando lo studentato lungo il corpo a ovest, protetti da un porticato che per oltre 100 metri conduce fino al parco e si affaccia su una piazzetta alberata di circa 1000 mq. Sul suo vertice settentrionale si trova l’ingresso dello studentato: l’atrio è ampio e luminoso grazie anche alla luce naturale che scende dalla copertura attraversando i quattro piani dell’edificio e costituisce

lo snodo baricentrico di tutto il sistema. All’altra estremità del porticato a doppio volume si trovano i servizi di ristorazione. Risparmio energetico È stata posta particolare attenzione verso tutti gli aspetti che riguardano la sostenibilità degli interventi edilizi, sia per quanto attiene il disegno dell’insediamento, sia per le soluzioni infrastrutturali e impiantistiche di carattere generale adottate, affinché il complesso possa acquisire la certificazione energetica in Classe A+ in base a quanto previsto dal Protocollo CasaClima. A tal fine, sono previsti un impianto centralizzato di cogenerazione per il riscaldamento e il

raffrescamento degli interni con componente radiante da pavimento con la diffusione dell’aria negli interni di tipo convettivo a bassissima velocità, e un impianto di ventilazione naturale derivante dal “bosco climatico” interno al complesso da utilizzare in alternativa all’impianto di ventilazione meccanica nei periodi climatici di transizione. Riguardo l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia in materia di risparmio energetico e di gestione ottimizzata dei consumi, con l’utilizzo di fonti alternative e rinnovabili, sono previste numerose soluzioni: utilizzo di unità di trattamento dell’aria ad alto rendimento energetico (COP non inferiore a 4) con la tecnologia di recupero integrato a ciclo inverso;

autoproduzione di acqua calda per mezzo di pannelli solari; l’autoproduzione di energia elettrica per almeno 12 kWp attraverso pannelli fotovoltaici di tipo integrato posti sulle coperture dell’edificio; il recupero totale delle acque meteoriche in cisterne da 2000 litri per fini irrigui; l’utilizzo di un impianto di domotica e supervisione degli impianti tecnologici per ottimizzare i consumi energetici, al fine di abbatterne il costo; laddove in copertura non sono previsti pannelli solari o fotovoltaici, è stata scelta la soluzione del tetto verde. Materiali L’obiettivo di realizzare un edificio in Classe A+ ha comportato una serie di

scelte progettuali coordinate: morfologiche, tipologiche, architettoniche, costruttive e impiantistiche. Osserviamone alcune: - Muri di tamponamento. Per la realizzazione delle chiusure esterne opache è stato scelto un sistema a più strati il cui cuore è una muratura in blocchi di laterizio porizzato alveolare a incastro, con conduttività termica non superiore a 0,097 W/mK e una capacità di abbattimento acustico pari a 43 dB, di 30 cm di spessore. All’esterno della muratura un cappotto realizzato con pannelli termoisolanti in fibre di legno, spessore 6+6 cm con finitura della faccia a vista costituita da rasatura, intonachino e tinteggiatura a base di silicati. Lo strato interno


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gnale d’avanguardia

ovo studentato è finalizzata al riconoscimento in Classe Energetica CasaClima A plus ARCH. EUGENIO ARBIZZANI

Dal 1998 è presidente di STS - Servizi Tecnologie Sistemi, dove svolge attività di progettista e di manager delle costruzioni. In qualità di docente di Tecnologia dell'Architettura presso l'Università della "Sapienza" di Roma, si occupa di ricerca e sviluppo nelle tematiche legate alla progettazione integrata e ai servizi di project e construction management, rivolti alla realizzazione di organismi edilizi complessi.

Nuova Residenza Universitaria

Area di via Fioravanti - Bologna Importo finanziamento 25.590.419,00 Progetto posti alloggio 240 superficie utilizzabile 6500 mq sup. funz. residenziali 4702 sup. funz. di servizio 1362

In apertura, render della stecca ovest del nuovo studentato di Bologna. Un muro verde di rampicanti a foglia caduca (dettaglio nel primo render in basso a sinistra) protegge le residenze dall’irraggiamento solare. Qui sotto, prospetto est dell’edificio, con il porticato che dall’ingresso su strada conduce all’atrio (nel render qui in basso l’interno a tutta altezza riceve luce naturale dalla copertura). Negli altri render, una vista della piazza e un dettaglio della mensa dall’esterno. In basso, il masterplan del complesso.

prevede una controparete realizzata con doppia lastra di cartongesso, con interposto pannello isolante in lana di lino, spessore 6 cm. - Partizioni verticali. È stata adottata la tecnologia delle pareti divisorie con strutture di profilati in acciaio zincato e lastre di cartongesso, per garantire una reale possibilità di effettuare interventi facili di modifica nel tempo. - Schermature. Infine, per favorire il contenimento dei consumi energetici per il raffrescamento estivo degli ambienti, il progetto prevede quattro sistemi per la schermatura dell’involucro edilizio. La realizzazione di un portico all’interno della corte centrale consente la mitigazione dell’incidenza

solare in estate e una protezione invernale dagli agenti. Sulla facciata Ovest è previsto un sistema per la protezione dall’irraggiamento solare costituito da un muro verde di rampicanti a foglia caduca. Sulle restanti facciate esposte

all’irraggiamento è previsto il montaggio di elementi frangisole. Laddove non siano previsti i precedenti sistemi di ombreggiamento, vengono utilizzati dispositivi di schermatura e oscuramento a lamelle metalliche verticali e mobili.

Progettazione 2007-2009 Titolare incarico ATI: STS, Tecnicoop, Dott. R. Galasso (capogruppo/mandataria) STS Coordinamento alla progettazione Arch. Eugenio Arbizzani Progetto sistemazioni ambientali e opere a verde arch. Giulio Desiderio Progetto strutture Ing. Marco Rinaldi Progetto impianti Ing. Mario Berriola Coordinamento alla sicurezza in fase di progettazione Ing. Fausto Gallarello (mandante) Tecnicoop Soc. Coop. Progetto architettonico Arch. Stefano Silvagni (mandante) Dott. R. Galasso Geologia Geol. Riccardo Galasso


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municipi / michela turra

Bella fuori, altri centri in città Riqualificazione urbana delle periferie, che con lo sviluppo disordinato delle città hanno perduto il loro "centro di gravità". Un obiettivo che interessa tutti, da nord a sud. E che Bologna sta affrontato così

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ortare la bellezza in periferia creando nuove centralità: questi gli obiettivi alla base del progetto di riqualificazione urbana Bella fuori, promosso a Bologna dalla Fondazione Del Monte, che, in collaborazione con il Comune, ha già finanziato la risistemazione di due aree e ne ha individuata una terza da recuperare in un prossimo futuro. Dopo il primo intervento di via Gorki a Corticella, curato dallo studio bolognese Sglab, è stata recentemente inaugurata la seconda area frutto di recupero, via Garavaglia, spazio del popoloso quartiere San Donato. "Con un milione di euro per ciascuno dei tre interventi - spiega il dirigente della Fondazione Adelfo Zaccanti - si intende restituire ai cittadini di queste realtà - che un tempo, prima dell'allargamento metropolitano, avevano un proprio municipio e altri punti di riferimento autonomi - la

centralità perduta". A San Donato si è scelto di riqualificare due aree verdi adiacenti: l'una completamente abbandonata, l'altra degradata. Il progetto è stato in questo caso affidato allo studio romano Teep Toppetti Egidi Architetti. "In via Garavaglia, area di circa 23mila mq, luogo fatto di piccoli ambiti, mancava un'idea di percezione unitaria dello spazio, ciascun ambito viveva di vita propria, dal giardino, al parcheggio, al vecchio edificio del quartiere poi demolito, alla palazzina sede di un'associazione fotografica - spiega l'architetto Fabrizio Toppetti -. La nostra proposta è stata creare un'identità comune con un elemento di riconoscimento dato da una pavimentazione a forma di mano, realizzata in cemento colorato in pasta. È stata anche creata una sorta di porta di accesso all'area per dare il

Spazio e memoria Abitare lo spazio: è questo il piano di Alcide Fontanesi che l’artista ha trasposto in realtà con il gruppo scultoreo inaugurato il 13 giugno scorso al nuovo parco di via Garavaglia. Tre opere in acciaio a vista, composizioni di linee rette e un ovale, che ricordano lo scorrere del tempo e i mutamenti che questo comporta. Per Fontanesi, che ha realizzato le sculture alle bolognesi Officine Calesini, “abitare lo spazio significa risalire i percorsi della memoria”. E l'acciaio reca una traccia indelebile nei mutamenti urbani.

TEEP DI FABRIZIO TOPPETTI E FILIPPO EGIDI ARCHITETTI teep é un laboratorio di progettazione architettonica urbana e ambientale con sede a Roma fondato da Fabrizio Toppetti (Todi 1964) e Filippo Egidi (Roma 1961) che condividono dal 1994 l’attività professionale. Tra i progetti di paesaggio di teep il Parco della Rocca di Todi e il Parco Fluviale a Lamezia Terme. Tra i progetti urbani il masterplan e i progetti architettonici per una centralità urbana a Lamezia Terme. Tra i progetti di concorso il Parco della Memoria a Foggia e la riqualificazione del Parco centrale di Latina. Progetti e realizzazioni di teep sono stati presentati esposti e premiati in concorsi, mostre e pubblicazioni.

senso di uno spazio collettivo e la via è stata pedonalizzata in modo da mantenere la diversità dall'esterno”. Così, in una delle zone più popolari e popolate di Bologna, ha visto la luce un nuovo parco-piazza con ottomila metri quadri di verde, nuovi arredi e nuova illuminazione - che si candida a diventare luogo di svago e incontro per i cittadini. Al progetto, che ha vinto anche un premio a Venezia, la Fondazione, su proposta del quartiere, ha aggiunto un'opera d'arte, la scultura in acciaio Abitare lo spazio, di Alcide Fontanesi. E la scelta dell'arte quale strumento per rivalutare la periferia, informa Zaccanti, potrebbe essere inclusa nel prossimo intervento fin dalla fase progettuale. Interessante il metodo della progettazione partecipata del

programma Bella fuori, che prevede il coinvolgimento di residenti e associazioni in focus group che aiutano i progettisti selezionati a confrontarsi con i reali bisogni della comunità; la ricerca del consenso con una mostra aperta a tutti i cittadini; il confronto tra Enti per la ricerca di soluzioni che evitino conflitti tra il progetto e altri servizi (per esempio con la ricollocazione di aree di parcheggio e modifiche alla viabilità locale): attività preliminari alla scelta definitiva, a cura di una commissione di esperti, del team di lavoro.

Qui sotto, vista generale dell’area d’intervento nel quartiere bolognese di San Donato. Sotto il titolo, una foto dello spazio riqualificato

Centralità urbana San Donato Riqualificazione degli spazi pubblici e delle aree verdi di via Garavaglia a Bologna

Committente Fondazione del Monte Progetto Studio teep toppetti egidi architetti gruppo di progettazione: Arch. Fabrizio Toppetti Arch. Filippo Egidi Arch. Vincenzo Bernardi Arch. Francesco D’Ambrosio direzione lavori: Arch. Fabrizio Toppetti e Arch. Filippo Egidi

Design Made in BO

Alimenti grafici

L’occasione è stata l’Expo di Shangai ma il nuovo portale è un work in progress per valorizzare il design della Regione Emilia Romagna. Un esempio di aggregazione tra industria, scuole e designer

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resentato ufficialmente il 12 settembre all’Expo di Shangai, Design Made in BO, promosso da Unindustria Bologna in collaborazione con Legacoop e il contributo della Regione Emilia Romagna e realizzato da Noetica raggruppa già più di 200 tra aziende, professionisti del design, editoria specializzata e scuole. Come ha spiegato Massimo Iosa Ghini, presidente di ADI Emilia Romagna, che partecipa al progetto e ne ha coordinato i lavori, "l'Emilia Romagna produce un ottimo design, che incarna l'idea di buon vivere tipica del nostro territorio. Questo spirito regionale, a mio parere, finisce anche nei prodotti, di qualsiasi categoria essi siano e ne determina, insieme al livello di innovazione raggiunto, il successo". Ogni partecipante dispone di una vetrina virtuale nella quale presentare alcuni prodotti e illustrarne i caratteri innovativi, i materiali, le tecnologie adottate, la funzionalità, la chiarezza e la qualità formale. www.designmadeinbo.it

Massimo Iosa Ghini, Cucina E-Wood per Snaidero

orkshop, tavole rotonde, conferenze e mostre: dal 5 al 9 ottobre con la seconda edizione di Design Per, l’evento annuale di Aiap (Associazione italiana progettazione per la comunicazione visiva) che a Bologna approfondirà i temi della comunicazione visiva legata ai consumi alimentari. Mangiare è un’esperienza che ancor prima del gusto e dell’olfatto coinvolge il senso della vista, tanto che spesso la progettazione di un prodotto alimentare, o di un piatto, parte dalla sua percezione visiva, a cui viene associato un sapore. A workshop di approfondimento dedicati ad ambiente, packaging, editoria e impresa, tenuti da alcuni tra i grafici e gli studi più innovativi del mondo si alterneranno, sempre nell’auditorium di Sala Borsa in piazza Nettuno, conversazioni e conferenze. In programma anche due mostre: Pre-visioni per Bologna, manifesti attraverso i quali i soci Aiap di Bologna proporranno nuove visioni per la loro città; e Erberto Carboni e Barilla, la storia della collaborazione decennale tra il grafico e l’azienda attraverso i manifesti, il progetto d’identità, gli allestimenti: un esempio di design che è stato volano per l’Impresa. Per informazioni e iscrizioni: www.aiap.it/designper


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archicolori /

Provate a moltiplicare

una rosa x 541

Il favore di cui gode nell'immaginario collettivo il colore rosa fa pensare che le varianti siano numerosissime. Invece consultando la preziosa nomenclatura dei colori che l'architetto Giovanni Brino sta compilando, si scopre una verità sorprendente

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osa, Roseo, Rosa antico, Rosa conchiglia, Rosa di Persia, Rosa grigiastro, Rosa porpora, Rosso rosato, Rosa veneziano. In tutto sono appena nove i colori rosa (derivati compresi) che Kornerup-Wanscher include nel suo classico Dizionario dei colori. Nove rosa su 600 altri colori. E non va meglio (anzi le citazioni si riducono a sette) il conteggio nel Code universe des coleurs di Séguy, che pur include 720 colori. Qui i rosa classificati sono: Rosa, Rosa di garanza, Rosa di macchia, Rosa antico, Amaranto rosa, Rosa carne, Violetto rosa. Si tratta di percentuali dell'ordine dell'1% e dell1,5% sul totale delle tavolozze prese in considerazione. Arriviamo al 1955. Pubblicato dal Department of Commerce, il Color Names Dictionary di KellyJudd, pur avvalendosi del doppio vocabolo inglese Rose e Pink, ne menziona 349, su un totale di 7.500 colori (meno del 2%), includendo nel novero anche nomi di fantasia e denominazioni dichiaratamente commerciali, e pertanto discutibili, come Teen Age Pink o Vamp Rose. Soltanto alcuni elenchi di colori particolari sono più attenti alle varietà di questa tinta. Per esempio, il Repertoire des couleurs, edito dalla Societé Francaise des Chrysantémistes, riporta 31 rosa su 365, quasi tutti di ovvia ispirazione botanica (Rosa "La France", Rosa Neyron eccetera), raggiungendo quasi il 10%. A questo punto è legittimo il dubbio: la popolarità di cui gode, e ha sempre goduto, nell'immaginario collettivo il rosa in tutte le sue declinazioni non è legata alla sua particolare "ricchezza" di varianti. La conferma la leggiamo nella sintesi di un lungo articolo sul tema "rosa" pubblicato dal numero 68 di "Colore, quaderni di cultura e progetto del colore", in libreria a ottobre, che per gentile concessione dell'editore anticipiamo qui. Giovanni Brino, l'autore, è professore e architetto studioso di colori in architettura per esterni (ha contribuito alla realizzazione del piano colore della città di Torino). Da tempo sta lavorando a un progetto di nomenclatura dei colori: ha raccolto 15 mila "item". Di questi i rosa sono 541, poco più del 2%, mentre, per esempio, i rossi sono 725 e i

verdi 1.200. I riferimenti dei nomi dei colori rosa sono di vario tipo, come avviene per gli altri colori. La natura e la storia della pittura sono ovviamente le due fonti principali. Troviamo il Rosa geranio, begonia, ciclamino e via dicendo, così come il Rosa Gauguin, Renoir, Turner, Tiepolo... Più curioso scoprire quante tinte chiamano in causa il regno animale (Rosa camoscio, Rosa salmone...) e minerale (Rosa oro, argento, acciaio, bronzo, rame...). Altro riferimento quello storico: Rosa coloniale, Malmaison, Solferino, Magenta, D'Isabella, Impero... E quello geografico: Rosa cinese, veneziano, inglese, olandese. Poi c'è la serie di moda (Rosa cashmere, cipria...), la serie gastronomica (Rosa champagne, ciliegia, confetto...) e la serie di fantasia pura (Rosa fulmine, sposa, Cupido, shocking, paradiso, casinò, capriccio...). La relativa "rarità" del rosa ha una spiegazione storica. Infatti mentre per gli altri colori si trovano diverse materie coloranti da cui derivano in modo naturale e più o meno diretto da sempre (la calce per il bianco, la malachite o il verderame per il verde, il lapislazzuli per il blu, la cocciniglia per il rosso...), un tempo il rosa si poteva ottenere solo dal Carthamus Tinctorius, dalla porpora di Tiro o dall'ocra rosa. Con l'avvento dell'era moderna i colori organici derivati dal cartamo moltiplicano le tinte dell'universo rosa: Rosa Algol, Alizarina, Bengala, Rosa brillante, Anilina, Fucsia... Da notare che in architettura, soprattutto per ciò che concerne l'esterno degli edifici, il rosa è relativamente raro e la manualistica del settore più accreditata sembra ignorarlo. L'Arte di fabbricare di Giovanni Curioni del 1869, ad esempio, tra le 26 "principali tinte" di cui vengono fornite le composizioni il rosa non compare. Nel Dizionario dei colori di Torino, a parte il Rosa di Baveno (a imitazione del granito omonimo) di rosa se ne conta soltanto uno, il Rosa chiaro, su 250 nomi di colori menzionati nei documenti di archivio. Nel testo dello stesso contenuto relativo alla Liguria ci sono appena il Rosa, il Rosa chiaro, il Rosa più intenso. Nel "cerchio cromatico" dell'architetto Carlo Mollino, composto da 18 colori, il rosa proprio non c'è.

Scusimanonhocapitobene / nora fumagalli

Integrazione. Architettonica? Stranamente, al ritorno dalle vacanze non stiamo pensando alla Scia, né alla vendita del patrimonio immobiliare degli enti locali, colline, chiese e monasteri. Per inciso, avete notato che da un po’ di tempo in qua non si chiamano più “pubblici”, né gli enti né i beni? Stiamo pensando a una piccola storia di quotidiano mestiere. C’era una volta in Lombardia un brutto capannone agricolo costruito al massimo risparmio con brutti prefabbricati in calcestruzzo, come ce ne sono tanti. Il proprietario decide di usare la brutta copertura in lamiera del brutto capannone per appoggiarci sopra dei pannelli fotovoltaici e produrre energia elettrica con l’energia del sole. Sfortuna vuole che il brutto capannone, oltre ad essere in zona agricola, è anche in zona di tutela paesaggistica. Così, dopo un mese e mezzo di inspiegabile giacenza negli uffici comunali (non siamo a New York eh, beninteso, ma in un paesetto di nemmeno tremila anime) la pratica viene spedita alla soprintendenza del capoluogo regionale. E ne torna, dopo due mesi, con una prescrizione dell’illuminato ufficio. I pannelli vanno “integrati” nella copertura, che diamine! Così avremo un brutto capannone cui si dovrà integralmente rifare la brutta copertura per mettere i pannelli a filo e non sporgenti dieci centimetri. E il paesaggio sarà salvo.

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archistudio / atto belloli ardessi

Arte e architettura nei lavori di Marco Della Torre L’architetto che applica la sua abilità tecnica anche all’ingegnerizzazione di opere monumentali di artisti contemporanei

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er Marco Della Torre dare vita alla forma non si riduce al progetto, artistico o architettonico che sia. La forma, nelle sue realizzazioni, è un apriori del gesto che comprende una grande scienza di arrivo e una sapienza artigiana di processo, combinazioni necessarie a far emergere i caratteri costruttivi e sperimentali dell'idea. Coinvolto dalla metodologia e dalla ricerca nella fase di realizzazione di opere d'arte contemporanee, lo studio di Della Torre lavora con personaggi del mondo dell'arte come Jeffrey Deitch e artisti internazionali tra i quali Carsten Höller, Claes Oldenburg, Marc Quinn e Mariko Mori. Marco Della Torre è un caso unico in Italia, per quanto riguarda l'agilità tecnica nell'ingegnerizzare progetti monumentali. Dal suo excursus abbiamo selezionato, in particolare, due progetti che mettono in risalto le capacità strutturali e applicative del suo sapere costruttivo; capacità, per Della Torre, ambivalenti, sia in campo artistico e sia in campo architettonico. Nel 2005, la sede cinese dell’azienda italiana Vibram ha previsto la realizzazione di uffici, un centro ricerca, uno stabilimento produttivo e abitazioni per il management. L'area di intervento è costituita da un lotto di circa quattro ettari situato in una zona di espansione industriale di Huadu-Guangzhou, nel sud del Paese. Marco Della Torre ha risolto il progetto studiando un complesso a corte aperta che delimitasse l'intero lotto disegnandone i margini. Sul lato nord due elementi verticali su fronte strada posti in testata degli edifici direzionali e residenziali definiscono i limiti dell'intervento: tra essi due setti di diversa altezza individuano gli spazi di ingresso agli uffici, sottolineati da una linea d'acqua che costeggia il percorso pedonale. Il lato ovest, il più importante sul piano simbolico e funzionale, è delimitato da un muro tecnico distributivo lungo il

MARCO DELLA TORRE

quale si attestano i due volumi dell'edificio-uffici e del centro ricerca. Il fronte orientale è occupato dal complesso delle unità abitative, mentre a sud si sviluppa lo stabilimento. Al centro dell'edificio si estende il giardino, caratterizzato da percorsi di camminamento con una grande vasca d'acqua ed elementi scultorei in pietra. Per quanto riguarda l'attitudine progettuale artistica, ultimamente Marco Della Torre ha realizzato il progetto vincitore di Enel Contemporanea Award 2010, dal titolo Are you really sure that a floor can't also be a ceiling? un enorme acquario vivant ideato, per il MACRO di Roma, dagli olandesi Liesbeth Bik e Jos Van der Pol. La struttura si ispira alla celebre Farnsworth House progettata da Mies van der Rohe, che diventa in questo caso un’inedita casa popolata

Il nuovo centro ricerche Vibram a Huadu, Guangzhou, in Cina, 2005-2009. Nell’immagine di marcodellatorre.studio, uno scorcio del giardino-corte interno e del corpo uffici con schermature di bambu. Sopra, i prospetti ovest e sud del corpo uffici e del centro ricerca & sviluppo, contraddistinto dai cinque pilastri gialli a cono rovesciato. Il programma, prevede anche la realizzazione di residenze per il management, cui la particolare progettazione della corte-giardino (leggibile nella planimetria a destra) assicura spazio verde esterno e privacy individuale.

da farfalle, oggi tra le specie più sensibili ai cambiamenti climatici. Nel suo progetto Mies van der Rohe poneva l’accento sulla relazione tra uomo e natura: “Dovremmo cercare di ricondurre la natura, la casa e l'essere umano ad un'unità superiore". Al MACRO, la medesima abitazione in scala ridotta (circa 75%) sarà una casa provvisoria per le farfalle, viste come gli attori ultimi di ideali di trasformazione e cambiamento. La natura diventerà così una lente all’interno dei limiti tracciati dalle pareti museali. I visitatori sono invitati a entrare nella casa dove le pareti di vetro del modello hanno una doppia funzione: da un lato fornire una visuale completa della serra creata dall'uomo e dei visitatori che vi camminano all’interno, dall'altro creare un ponte tra lo spazio interno e quello museale.

Nato nel 1962, dopo la laurea al Politecnico di Milano si trasferisce in California dove lavora presso lo studio Fernau & Hartmann a Berkeley e poi presso lo studio di Stanley Saitowitz a San Francisco. Dal 1997 marcodellatorre.studio ha sede a Milano. Da allora Della Torre ha realizzato progetti in Italia, Germania, Svizzera, Francia, Inghilterra, Giappone, negli USA e in Cina. In particolare dal 1998 ha realizzato allestimenti e progetti per gallerie d’arte, fondazioni e musei di arte contemporanea. Dal 2001 al 2006 è stato titolare del corso di “Exhibit Design” presso NABA, Nuova Accademia di Belle Arti a Milano. Dal 2006 al 2008 è stato docente a contratto del corso di “Teorie e tecniche dell’allestimento” presso Ia Facoltà di Design e Arti dell’Università IUAV di Venezia e del corso di “Allestimenti per l’arte contemporanea” presso lo IULM di Milano. Nel 2010 ha tenuto un seminario su complessità e progetto presso il “Venice Design Center of Excellence” a Schio (VI). www.marcodellatorre-studio.com.

In alto, Are you really sure that a floor can't also be a ceiling? / Sei davvero sicuro che un pavimento non possa essere anche un soffitto? Installazione di Bik e Van der Pol per Enel Contemporanea Award 2010. Un rendering del progetto, realizzato da Marco Della Torre.


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XII Biennale di architettura di Venezia / alice orecchio

Riflessi

dal futuro Officina Ailati, il Padiglione Italia alla XII Biennale Architettura di Venezia

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n enigmistica Ailati è l’antipodo di Italia, una parola specchiata. Alla 12a Mostra Internazionale di Architettura di Venezia invece è il titolo dell’esposizione curata dall’architetto Luca Molinari per il Padiglione Italia. Affacciato sul Giardino delle Vergini, lo spazio espositivo di 1.800 mq ospita un percorso dall’identità multiforme; un’esposizione, certo, ma anche un luogo di incontro e ricerca. Dal 28 agosto e durante i tre mesi della Biennale, la mostra sarà vetrina delle realtà progettuali del nostro Paese, ma anche “Casa dell’architettura italiana”, dedicata ai workshop e ai dibattiti, “salotto” aperto a nuovi contributi. Ailati.Riflessi dal futuro si articola in tre sezioni, idealmente associate al recente passato, al presente e al prossimo futuro; in continuo contatto l’uno con gli altri, in una concezione del tempo fluida, che sia processo in divenire. La prima sezione, “Amnesia nel presente: Italia 1990-2010”, titolo provocatorio per richiamare la pericolosa rimozione dalla nostra storia e dal nostro presente di esperienze architettoniche di qualità, è un bilancio preliminare sull’architettura italiana di questi ultimi vent’anni, una rincorsa necessaria per lo slancio di nuove visioni proiettate nel

futuro. “Laboratorio Italia”, la parte centrale della mostra, è dedicata ai temi del vivere contemporaneo, e si propone di lanciare uno sguardo sui lavori di qualità attuati e sulle sperimentazioni che si svolgono sul territorio. Il percorso si snoda attraverso 10 nuclei tematici, dall’edilizia residenziale di qualità a mille euro al mq alla riconversione dei beni sequestrati alle mafie, dal progettare sociale all’emergenza paesaggio. “Italia 2050”, ultima sezione della mostra, si sviluppa in collaborazione con Wired, l’edizione italiana del mensile americano che da vent’anni osserva, anticipa e promuove le nuove tecnologie, e chiama a raccolta 14 “visionari”: scienziati, pensatori e registi, accomunati dall’essere interpreti di futuro e portatori di idee nuove. Dall’incontro con altrettanti progettisti scaturiscono soluzioni per i possibili bisogni di una società in trasformazione, cercando di immaginare il futuro e di catturarne i riflessi. Lo spazio espositivo del padiglione è stato progettato dallo studio veneziano Salottobuono e dal milanese Francesco Librizzi, con la collaborazione dello studio Tankboys per l’accompagnamento graficodidascalico, organizzato in modo che la mostra sia fruibile anche da un pubblico non specializzato.

idrofobo e oleofago

SeaSwarm è una delle “visioni” di Italia 2050, sezione del Padiglione Italia sviluppata in collaborazione con Wired e dedicata al futuro dietro l’angolo. Prototipo di robot acquatico galleggiante, progettato da MIT Senseable City Lab, con carlorattiassociati - Walter Nicolino & Carlo Ratti, SeaSwarm è rivestito da una pelle intelligente totalmente idrofobica, un nanotessuto ideato da Francesco Stellacci, direttore del Centro di Nanomedicina di Milano. Le chiazze di sostanze inquinanti vengono riconosciute tramite i sensori di bordo e ogni unità è in grado di assorbire una quantità di petrolio pari a venti volte il suo peso, utilizzandolo come carburante per spostarsi e consentendo di recuperare quello in eccesso e quindi di riciclarlo. Inoltre i robot agiscono come una vera e propria colonia, comunicando con gli altri per chiedere rinforzi e inviando tutti i dati via satellite al centro operativo. Secondo i calcoli preliminari, una flotta di quattromila SeaSwarm avrebbe potuto ripulire tutto il Golfo del Messico in meno di un mese. Fortunata congiuntura di diversi ambiti disciplinari, dalla pianificazione urbana all’ingegneria, dal design alla nanotecnologia, Seaswarm riflette l’approccio fortemente voluto da Luca Molinari per la sua mostra, “sintomo”, con le parole di Carlo Ratti, “di un nuovo modo di fare architettura rivolto alla risoluzione collettiva e multidisciplinare dei problemi dell'oggi e capace di lasciarsi alle spalle le vecchie barriere disciplinari e l'annosa idea prometeica dell'architetto creatore di forme".

Architettura nel Piccolo Stato Le opere di De Carlo, Aulenti, Foster, Michelucci, Rossini, Vaccaro nell’Antica Repubblica viste da nove fotografi

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a seconda partecipazione di San Marino alla Biennale Architettura si basa su una mostra in cui nove fotografi interpretano altrettante architetture dell’antica Repubblica. Progettata dal Corso di laurea in disegno industriale dell’Università di San Marino diretto da Alberto Bassi, che della mostra è il curatore scientifico, e organizzata in tre distinte sezioni, la mostra è stata allestita a cura di Dario Scodeller e Riccardo Varini a Palazzo Zorzi (Castello, 4930), sede dell’Unesco. Anche se alcune architetture sono vecchie di 500 anni, lo sviluppo urbano di San Marino è avvenuto negli ultimi 70 anni, con una omogenea ricostruzione “in stile” a cui, nel secondo Dopoguerra, si è sovrapposto uno sviluppo caotico come quello che ha caratterizzato la vicina costa romagnola e più in generale l’Italia, reso qui ancor più evidente dalle modeste dimensioni del territorio. Il palazzo del Governo di Francesco Azzurri, inaugurato da Giosuè Carducci nel 1894 e restaurato da Gae Aulenti negli anni Novanta, è uno degli oggetti della mostra. Ma se in genere, per ricollegarci al tema della Biennale, le architetture nelle quali milioni di visitatori si incontrano a San Marino sono quelle delle nuove cattedrali del consumo, non mancano esempi di architetture di qualità.

La domanda, che trova risposte nelle diverse sensibilità dei fotografi chiamati a partecipare, riguarda semmai il ruolo di tali architetture per migliorare anche la qualità degli incontri tra le persone.

Giovanni Michelucci, chiesa della Beata Vergine della Consolazione, 1961-1967. (foto ©Richard Sympson)


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archinterior / myriam de cesco

Ritratto d’architetto in interni L’interpretazione del lusso nella ex-tessitura ottocentesca trasformata da Simone Micheli nella propria residenza fiorentina

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e radici del progetto creato da Simone Micheli per la sua casa di Firenze (dove vive con la moglie Roberta e il figlio Cesar) partono da una precisa riflessione su cosa rappresenta oggi la parola "lusso". Concetto che l'architetto toscano, in un intervento al XXX Congreso Colombiano de Arquitectura del 2007 ha definito: "Non immobilità o abitudine, ma libertà e movimento; reinventare continuamente il luogo dove si abita". Il nuovo lusso, in architettura, è legato - sostiene Micheli - alla volontà di riappropriarsi delle piccole bellezze e verità del quotidiano, dell’intimità delle sensazioni, a vuoti, più che a pieni. "Non opulenza, quindi, ma trasparenza". Definita attraverso l’uso di materiali al 90% eco-compatibili, la casa è un ritratto iperrealista connesso strettamente alla dimensione del “lusso etico” che Simone Micheli sta ricercando con il suo quotidiano fare architettonico. Un intervento dinamico all’interno di un’antica tessitura ottocentesca ha trasformato gli spazi, carichi di memorie, in un ambiente completamente diverso e nuovo, atto a ospitare frammenti di vita metropolitana, veloce, rapida, in continuo fluire. In una disgregazione sintattica dei canoni distributivi residenziali, l'abitazione si presenta come un grande spazio a tutt’altezza, diviso da un arcone in mattoni e ritmato dalla scansione delle travi del soffitto e delle larghe aperture sul giardino antistante. Qui sono ospitati in successione gli ampi ambienti del vivere quotidiano, mentre un cuneo, un elemento volumetrico diagonale, di altezza ridotta, accoglie al suo interno i servizi e la cucina. Al di sopra di questa scheggia, raggiungibile attraverso una scala, si trova uno spazio dedicato al gioco dei bambini. Una ragnatela, una trama di fili, a metà tra un immaginifico acchiappasogni indiano e un microcosmo, mette in sicurezza l’intero piano superiore e crea una informale cornice, che corona con leggerezza il corpo dei servizi. L'asse longitudinale, innescato dallo sviluppo

volumetrico del soggiorno, trova poi un contrappunto, un transetto minore, in corrispondenza della cucina scandita esclusivamente dalla partizione delle ante, ricavata a nicchia nel corpo aggiunto, che dilata lo spazio. Lungo questa dilatazione trasversale trovano posto i tavoli in vetro, per il pranzo e il lavoro, e uno schermo che, scendendo dal soffitto, può separare visivamente la cucina dal resto dell’ambiente. Informale, sospeso tra il minimalismo e il radical chic, lo spazio cristallino, candido e immacolato viene lacerato da squarci di colore. La libreria, una sottolineatura verde acido, gli arredi in specchio e i divani, "nuvole rosa", così come la parete di fondo, animano l’intera narrazione architettonica. Le pareti originali del manufatto ottocentesco sono state stonacate e decapate, in filologico contrasto con le pareti, perfettamente lisce, di nuova realizzazione. Il pavimento, in piastrelle in gres porcellanato di grande formato, sono di un bianco assoluto, luminosissimo così come le pareti, i surreali pouf sferici in ecopelle e le laccature della cucina, delle superfici laterali degli arredi in specchio e delle basi di appoggio degli imbottiti. L’illuminazione, realizzata con faretti orientabili incassati nel controsoffitto e lampade con ottica molto stretta, sottolinea teatralmente la "scena"domestica. Le camere da letto e un secondo bagno sono ricavate da una partizione trasversale del volume originario. Come il resto della casa, anche le camere da letto sono caratterizzate da un estremo candore e dall’essenzialità dei gesti architettonici: pochi arredi, trattati come elementi unici e totemici, caratterizzano i diversi spazi. I due bagni sono trattati con semplicità e pulizia formale, sempre con pochi elementi caratterizzati dalle forme morbide e finiture dalla predominanza di un bianco candido e luminoso che ben si inseriscono all’interno della concezione estetica e abitativa della casa.

Nella foto a sinistra: oltre il grande arco in mattoni si apre lo spazio del vivere quotidiano. Sulla sinistra, mensole in legno con laccatura verde lucida staffate a montanti verticali verniciati in bianco formano il mobile-libreria a giorno; sullo sfondo al centro, armadiatura con cielo inclinato in legno con laccatura bianca lucida e maniglie in acciaio satinato (entrambi realizzati su disegno di SM da Axia); in primo piano, divano, poltrona e pouf “Quid” con base rivestita in skai bianco lucido e cuscineria in tessuto rosa (design SM, produzione Adrenalina). Fari da incasso cilindrici grandi con lampada da 75W “Frame” di iGuzzini. Il pavimento radiante in gres bianco è di Granitifiandre.

Qui sopra, la “rete” che protegge la zona di passaggio rialzato e nel contempo corona la zona dei servizi Nelle altre foto, in basso da sinistra La camera di Cesar: tutti gli arredi, incluso lo specchio, sono prodotti su disegno di SM da Axia. Illuminazione iGuzzini, tende Mycore, pavimenti Granitifiandre; In bagno, ceramiche “Oh! Collection”, design SM, di Simas, rubinetteria ST Rubinetterie, mobili e specchio contenitore realizzati su disegno di SM da Axia, accessori “Circuit”, design SM, di Linea G. Al centro, il living include la cucina (in legno con ante laccate in bianco lucido, piano cottura Alpes inox, rubinetteria di ST Rubinetterie e elettrodomestici Electrolux, faretti da incasso a led 3W di Segno, realizzata su disegno di SM da Axia), che può essere separata dal resto dell’ambiente dall’elemento a rullo Mycore visibile a soffitto. In primo piano, tavoli “Swing” in vetro chiaro con gambe color verde e sedute imbottite “L Moon” con rivestimento in tecnopelle bianco e struttura verniciata bianca, design SM, produzione Presotto Industrie Mobili.

SM© SIMONE MICHELI ARCHITETTO

Fonda l’omonimo Studio nel 1990 e la società di progettazione “Simone Micheli Architectural Hero”, con sedi a Firenze e Milano, nel 2003. Le sue aree d’intervento si articolano in molte direzioni: architettura, interior design, design, visual design, comunicazione per spazi collettivi. Tra le opere completate nel 2009 l’interior design del Centro benessere integrato “Aquagranda Livigno Wellness Park”, dell’Arezzo Park Hotel, dell’hotel “i-SUITE” a Rimini, del centro benessere dell’Hotel Exedra Nice a Nizza e dell’hotel Exedra Milano. Docente presso il Polidesign di Milano e presso la Scuola Politecnica di Design di Milano, Simone Micheli ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. www.simonemicheli.com


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design / marco penati

Zipponi più idee meno acqua La crescita esponenziale di questa giovane azienda è avvenuta ottimizzando costi e prestazioni. Oggi la rubinetteria di Brescia è impegnata a difendere anche le risorse idriche della Terra. Design, tecnica, qualità e risparmio nei consumi.

L

a WTS è a Brescia, in via Del Serpente. Una prima considerazione sulla curiosa fatalità dell’ubicazione. Che coincide con il simbolo per eccellenza di Esculapio. Curiosa trattandosi di un’azienda che opera nell’ambito idrosanitario, dato che fabbrica rubinetti. È recente l’affermazione di Ignazio Marino, medico e parlamentare, che sostiene (giustamente) che l’allungamento della vita media non è dovuto al miglioramento della medicina o dell’alimentazione, ma alla qualità dell’acqua potabile. Un’altra considerazione, più ovvia: la zona (verdissima) coincide con uno dei distretti della rubinetteria più efficienti d’Europa. E una dimensione continentale è quella di WTS, con fabbriche in Francia e Germania. Non si tratta di un marchio conosciuto dal grande pubblico, perché fin qui la strategia del gruppo è stata quella del B2B, cioè la produzione e la fornitura per terzi e per la grande distribuzione. Ancora in futuro, ma non solo. Poi vedremo perché. La crescita esponenziale di questa azienda relativamente giovane (fondata nel 1992 dall’attuale presidente Luigi Pedrali) avviene sulla base del sano principio di lavorare sodo e portare a casa risultati. Reggendo la concorrenza interna e, poi, internazionale con il costante miglioramento del rapporto qualità/prezzo: ottimizzazione dei costi e incremento delle prestazioni. In un primo tempo produce parti di rubinetti, che altri montavano, con il marchio Vega, poi, sul finire degli anni Novanta, rubinetti completi, con il marchio Ledasan. E con Ledasan International, il gruppo WTS sbarca in Germania, acquisendo anche Ropasan Armaturen, che da anni opera in quel Paese nel distretto produttivo di Dortmund. Poi è la volta della Francia, con la Kramer Robinetterie di Etain. Infine nasce HS Sistemi che produce e distribuisce una gamma completa di prodotti per l’idromassaggio. È la volta di rivolgersi di nuovo al patrimonio industriale italiano, e Zipponi, un marchio storico della rubinetteria, entra a far parte della famiglia, portando in dote la rara capacità di fare sistemi termostatici. Il miscelatore termostatico è un rubinetto che mantiene costante la temperatura prescelta dell’acqua. Sono solo in tre a farli, in Italia. A questo punto, in via Del Serpente inizia la digestione. Il fatturato arriva a circa 40 milioni di euro. Siamo soddisfatti? Si. Ci fermiamo qui? No. Considerazione trasmessaci da Aldo Verri, managing director e Gianmaria Cagna, responsabile vendite Italia. Perché no? Perché, trovandosi in possesso di tutte le carte necessarie a giocare su un tavolo più ampio, si sente la necessità di agire e programmare uno sviluppo industriale più consapevole e mirato. Le idee sono chiare e la determinazione forte. Ci sono delle parole chiave da sviluppare e alle quali dare corpo e vita. Strade da percorrere, investimenti da prefigurare. Non solo aspetto estetico, ma anche risparmio nei consumi di acqua. Dare, insieme alla qualità tecnica ed estetica del prodotto, una prospettiva di sviluppo consapevole delle risorse idriche. Che, ormai è assodato, non sono illimitate. Studiando, ad esempio, dei riduttori di portata della quantità di acqua in funzione della necessità. Una risposta che trova maturo un mercato finalmente sensibile a qualcosa di diverso dal prezzo e dalla brillantezza della cromatura. Aldo Verri traccia un percorso di anni, durante i quali, per passi successivi, l’orizzonte si allarghi, dalla attuale attenzione alla semplice funzione di fonte idrica del rubinetto, al più complesso e articolato mondo dei comportamenti, delle evocazioni. Considerando a tutto tondo l’ambiente in cui si consuma acqua, si vive il proprio rapporto con questo elemento. Pensando a progettare, costruire e distribuire strumenti che ci consentano di utilizzarlo in modo giusto. Il salto non è da poco, comporta uno spostamento anche culturale, che, se per ora è solo ipotizzato e concentrato sulle aspettative dell’amministratore delegato, col tempo deve portare tutta l’azienda ad abbracciare e farsi carico di un diverso angolo prospettico, con tutto quello che comporta in fatica, sforzo, impegno. Ma anche di crescita e di soddisfazione.

In alto, uno showroom della WTS. Sopra, il miscelatore termostatico Zipponi TND3005. Qui a destra, il fondatore e presidente Luigi Pedrali al lavoro con un gruppo di collaboratori. In basso, due immagini del laboratorio di ricerca a Brescia.

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anteprima cersaie / Fantini Rubinetterie

Fima

Villeroy & Boch

Soffioni di design

Geometria minimal

La vasca romantica

Forme scultoree ma al contempo sinuose, caratterizzano la nuova collezione di miscelatori monocomando per il bagno Eclipse, design Giuseppe Bavuso, di Fima Aqua Code, divisione di Fima Carlo Frattini. Cuore del progetto è la leva, che scompare nel corpo del miscelatore, diventando un tutt’uno con la bocca di erogazione, provvista di un rompigetto a scomparsa e dando al progetto un’immagine compatta, caratterizzata da funzionalità e design.

La Belle di Villeroy & Boch è una collezione completa di lavabi, wc e bidet, vasche, complementi d’arredo e rubinetterie che presenta l’interpretazione moderna del classico di ogni tempo. Tutti i pezzi hanno finitura di serie in CeramicPlus, repellente a sporco e calcare. La vasca duo di 180x80 cm, ha un design leggero e delicato. È disponibile nella versione free-standing con pannello abbinato, oppure da incasso, quest’ultima attrezzabile con idromassaggio.

www.fimacf.com

www.villeroy-boch.com

Può essere posto a piacere all’interno dello spazio doccia, sia in posizione superiore, sia laterale da usare in coppia e pezzi multipli il nuovo soffione della collezione Belvedere, design Franco Sargiani, di Fratelli Fantini. Unisce semplicità geometrica alla praticità di ugelli anticalcare lungo tutta la superficie. Il miscelatore termostatico doccia incasso a 3 uscite ha maniglia rettangolare. Tutti gli elementi hanno finitura cromo.

www.fantini.it

Vismaravetro

La doccia oltre la doccia Twin di Vismaravetro, la doccia che è spazio utile e attivo, con una serie di elementi-optional che la trasformano in un vero sistema d’arredo, è frutto di percorsi paralleli dei designer Idelfonso Colombo e Daniele Di Vito. La cabina si divide in una zona bagnata e in una dove sistemare un elettrodomestico. Twin è in cristallo temperato di sicurezza 5/8 mm, trasparente o satinato, specchiato, retroverniciato e misura 160x80x195h cm. www.vismaravetro.it

Rubinetterie Zazzeri

Colonne di stile Le nuove colonne doccia di Rubinetterie Zazzeri rispondono in modo flessibile alle esigenze arredative del bagno. A cominciare dai doccioni Tondo e Quadro, che uniscono tecnologia e uno stile raffinato ed essenziale. In entrambe il comando di erogazione dell’acqua e quello termostatico sono coassiali al corpo della colonna e il deviatore è a ritorno automatico. Realizzate in ottone, sono disponibili nelle finiture cromo lucido e nickel satinato.

www.zazzeri.it

Brandoni

Caleido

Ceramica radiante

Calde incisioni

Misura 35x160 cm ed è disponibile nelle finiture bianco e grafite il radiatore Atene Light di Brandoni. L’innovativo termoarredo in materiale ceramico, nella versione elettrica è compatibile anche con impianti alimentati da energia rinnovabile, in quella idraulica si conferma un prodotto a basso consumo energetico: la maggiore area di contatto con l’esterno garantisce un alto rendimento. Nella parte frontale è possibile collocare appendini, un comodo appoggio per biancheria e asciugamani nella stanza da bagno.

Nuance dinamiche, decori artistici e proiezioni scenografiche contraddistinguono il modello Kelvin della nuova collezione di radiatori Caleido by Co.Ge.Fin, design Karim Rashid. È costituito da un’unica piastra in acciaio resa particolare dall’incisione diretta sulla lamiera di figure grafiche e vivaci: una simbiosi perfetta di calore e colore.

www.brandoni.com

www.caleido.bs.it

Di-Bi

Sicuramente belle Di.Bi. debutta nel mondo del design con un ambizioso progetto in collaborazione con Karim Rashid: Sensunels, la nuova collezione di porte da interni complanari e rivestimenti per porte blindate coordinate. La linea è fresca, attuale e si allontana dal concetto tradizionale di porta, sia interna sia blindata, per porsi come un vero complemento d’arredo. La collezione comprende 10 modelli, declinabili in varie combinazioni di colori, dalle più audaci alle più delicate, per interpretare pienamente il gusto contemporaneo. Nuova anche la porta blindata con cerniere a scomparsa, Essenzia, nata per rispondere alle richieste di prodotti ad alto contenuto tecnologico e dalle forme pulite ed essenziali. Certificata in classe antieffrazione 3, è dotata delle certificazioni dell’intera produzione di porte blindate Di.Bi.: tenuta all’acqua, permeabilità all’aria, resistenza al vento, trasmittanza termica e fonoassorbenza. Le speciali cerniere a scomparsa consentono un’apertura dell’anta a 180°. Il telaio, la carenatura dell’anta e le maniglie sono inoltre realizzabili nella stessa tonalità di colore del rivestimento interno. www.sensunels.it - www.dibigroup.com

Elica

Un’elegante cappa


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Arma

FMG

Textures ceramiche

Grès bello come il legno Un incastro geometrico riproduce giochi di luce ed effetti di chiaroscuro in Pearl Mask di Arma. Fa parte della linea Ecocarat, prodotto ceramico per la bioarchitettura composto da un’argilla microporosa leggera e da cenere vulcanica giapponese: applicato alle pareti o al soffitto, sfrutta la pressione atmosferica, che spinge l’aria contro i muri, trattenendo umidità, odori e sostanze nocive tossiche. Questo consente di eliminare il rischio di muffe e di evitare la proliferazione di acari.

Le qualità di unicità e forza della pietra sono associate al calore e al fascino del legno nel grès porcellanato tecnico Lignum di FMG, del gruppo Iris Ceramica. Le lastre sono disponibili in 6 cromie abbinabili tra loro in 3 formati modulari 120x30, 120x20 e 120x15 rettificati, resistenti al gelo, agli sbalzi termici, all’usura, dunque indicate alla progettazione in uso residenziale e commerciale per traffico sia leggero sia pesante. Su di esse può essere applicato il processo produttivo Active Clean Airs & Antibacterial Ceramic esclusivo del Gruppo, che conferisce alle superfici qualità anti inquinanti e antibatteriche.

www.armaitalia.it

www.irisfmg.it

Ceramica Sant’Agostino

NovaBell

Metallo vellutato

La pietra che non è pietra

La collezione Ferro di Ceramica Sant’Agostino unisce l’intensità visiva dei metalli a una morbida tattilità. In grès porcellanato nei colori Black, Corten, Grey e White, è disponibile nei formati 60x120, 30x120, 60x60, 30x60 e indicata per realizzare pavimenti e rivestimenti. L’effetto metallizzato è ottenuto grazie all’uso di smalti dai riflessi cangianti, la stampa in Digit Technology restituisce una texture tipica delle superfici metalliche “vissute”, mentre il processo di levigatura finale conferisce al prodotto un tocco vellutato.

Innovazione e tecnologia per riproporre materiali della tradizione nella collezione Stratos High Definition in grès porcellanato di NovaBell. È frutto dell’unione della tecnologia digitale più innovativa con sofisticate tecniche ceramiche e si presenta con un aspetto materico, naturale: una pietra che non è pietra, di cui conserva la sensazione di naturalezza e colore. Fa parte del programma NovaBell ecosystem di collezioni a basso impatto ambientale, conformi al sistema di valutazione Leed per lo sviluppo di edifici verdi.

www.ceramicasantagostino.it

www.novabell.com

ImolaCeramica

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Ceramiche Refin

Bella da calpestare

Coniuga l’estetica all’utilizzo intenso il porcellanato a tutto spessore della collezione Koshi di ImolaCeramica, indicata per il residenziale, ma soprattutto per luoghi sottoposti ad alto calpestio, come centri commerciali, negozi, aree pubbliche. È disponibile in otto colori - grigio, nero, grigio scuro, cemento, beige, marrone, almond - e nei formati 60x60 rettificato, 30x60, 45x45, 30x30 e permette di realizzare infinite soluzioni estetiche.

Arte dall’imperfezione

www.imolaceramica.it

Pepe&Con

luminosa Raffinati mosaici digitali È sia un’elegante lampada con una morbida luce modulabile, sia un’efficiente cappa che filtra e purifica l’aria. È questo il concetto base di Evolution Luxerion, la nuova linea di Elica, l’azienda fabrianese che dal 1970 progetta, produce ed esporta in tutto il mondo le proprie cappe aspiranti. Due i modelli: Pure Wave, che richiama le onde metalliche della cappa Wave, e Pure Ola (nella foto), che si ispira nella forma e nei colori a Ola, la cappa vincitrice del Good Design Award 2008. Attraverso tre livelli di filtraggio, Evolution Luxerion depura l’aria da fumi, polveri, pollini e batteri e da tutte quelle impurità di dimensioni maggiori di 0,1 micron, grazie alla tecnologia Elica e al filtro Hepa (High Efficiency Particulate Air).

L’antica arte del mosaico, le nuove tecnologie di stampa digitale, la competenza in materia di lavorazione delle resine: dal felice incontro di questi tre elementi nascono i nuovi mosaici in resina pigmentata di Salvatore Pepe e della sua Pepe&Con. Pavimenti e rivestimenti che vengono prodotti partendo da un’immagine, che viene scomposta in tessere di qualunque forma e dimensione. Nessun limite alla creatività quindi, per un prodotto veramente nuovo, di grande effetto, impermeabile, pratico e leggero, che pesa solo 1,2 kg al mq, viene consegnato direttamente in cantiere tramite corriere e all’occorrenza si può tagliare con una normale forbice. L’applicazione è semplice: le tessere sono numerate e può essere messo in opera da un piastrellista; si adatta facilmente alla texture e alla conformazione delle superfici anche su angoli, curvature, dislivelli. Può essere arricchito con elementi esterni come Swarovski, chicchi di caffè, sabbia, per rispondere alle esigenze progettuali e stilistiche. Se col tempo qualche tessera dovesse danneggiarsi, sarà sufficiente sostituire quelle deteriorate: la stampa digitale permette di riprodurre anche un solo pezzo. Le applicazioni sono infinite: il mosaico può essere posizionato sul fondo di una piscina, su una parete esterna, su un controsoffitto, in cucina oppure in locali e ambienti contract, stazioni ferroviarie, metropolitane, scuole, asili, centri benessere, spa edifici pubblici e nella cantieristica navale.

www.elica.com

www.mosaicodigitale.it

Un segno che rimanda alla natura organica e mutevole della materia interviene sulla piastrella. La crepa si trasforma così da imperfezione a simbolo estetico e metaforico, espressione del tempo che lascia il segno del proprio passaggio. La collezione di Massimiliano Adami è entrata a far parte di DesignTaleStudio di Ceramiche Refin, progetto che riscopre il valore artigianale e artistico della lavorazione della ceramica.

www.refin.it


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IoArchitetto 34

università /

Varese secondo noi Una città trasformata dai progetti dei neo architetti dell’Accademia di Mendrisio. Proposte tese a rispondere alle esigenze di chi vi abita ma anche alle aspettative di chi vorrebbe una Varese più bella e moderna

L’

anno accademico 2009-2010 ha visto gli allievi dell’Accademia di architettura di Mendrisio impegnati nella visita, scoperta, indagine e studio della città di Varese. Sette i luoghi da prendere in esame e i temi da sviluppare negli atelier. I lavori elaborati compongono oggi un'interessante collezione di proposte, spunti, visioni architettoniche e urbanistiche della città. Durante la cerimonia di consegna dei diplomi è stata allestita a Mendrisio una mostra dedicata a questa personale chiave di lettura di una nuova Varese. "IoArchitetto", nel ricostruire le caratteristiche dei diversi interventi prospettati, ha scelto di illustrare l'iniziativa dell'Accademia con alcuni dei progetti presentati.

Piazza Repubblica - 2 Atelier - Atelier di Michele Arnaboldi. Dà spazio marginale della città a luogo di studi differenziati a livello universitario. Sei i masteplan per i diversi tipi di indirizzo scolastico, ognuno con biblioteca, abitazioni per studenti-ricercatori e ristorante. - Atelier di Mario Botta. La piazza è riprogettata con una nuova viabilità, un centro commerciale e un teatro collocato nell’area di un'ex caserma, in dialogo con la vicina piazza Monte Grappa. Il teatro diventa sede della facoltà di Giurisprudenza dell’università dell’Insubria, mentre gli spazi occupati dal rettorato nell’ex collegio Sant’Ambrogio sono ripensati come residenze per gli studenti.

Il Lago - Atelier di Francisco e Manuel Aires Mateus Fare innamorare i varesini del proprio lago e rivalutarne le valenze ambientali a fini turistico-ricettivi è stato l’obiettivo. La scelta di spostare alcuni “contenitori” di attività sportive e l’individuazione di funzioni legate agli sport acquatici e al tempo libero diventano occasione per una nuova centralità.

Cimitero di Belforte - Atelier di Marc-Henri Collomb La problematica del cimitero è quella del suolo, dei limiti e dei luoghi sacri tra la città dei vivi e quella dei morti, tra il presente e la memoria. Agli studenti è stato chiesto un progetto unitario di ampliamento comprendente uno sviluppo nel tempo, a tappe. Palazzo Estense - 3 Atelier - Atelier di Esteban Bonell. Agli studenti è stato chiesto di lavorare a scelta sulla biblioteca (area di Palazzo Estense) o gli uffici (Piazzale Staffora), prestando attenzione alla concomitanza tra un luogo di lavoro tranquillo e uno di lavoro dinamico. Il progetto della biblioteca propone la ricerca di un’architettura che sia sintesi tra il nuovo e l’antico. - Atelier di Valerio Olgiati . Progettazione di una nuova biblioteca nell’area di Palazzo Estense. - Atelier di Jonathan Sergison. I progetti propongono soluzioni alle necessità di edifici pubblici per la città: una nuova biblioteca civica e uffici per l’amministrazione comunale nel parco dei Giardini Estensi. Gli interventi sul paesaggio mostrano attenzione alla tradizione paesaggistica del giardino italiano.

Le stazioni ferroviarie - Atelier di Quintus Miller Soggetti: il viaggio, la partenza, l’arrivo, la sosta. L'incontro in quella che si propone come una nuova porta della città. Il nuovo terminal per i viaggiatori è realizzato attraverso l’unificazione delle due stazioni e arricchito con uno shopping mall, parcheggi e una piazza. Ex Industrie Aeronautiche Aermacchi - 3 Atelier Originariamente collocato nella periferia ovest, oggi il complesso è integrato nei nuovi confini della città, costituito da un insieme denso di edifici e capannoni per la maggior parte abbandonati e in progressivo stato di degrado. Trova nuova vita trasformato in centro culturale. - Atelier di Martin Boesch. La chiave del progetto è dare risposte alla specificità degli edifici e alla loro situazione nella città, attraverso interventi di grande portata o di sottigliezza chirurgica. - Atelier di Marianne Burkhalter e Christian Sumi. Il progetto prevede una trasformazione per tappe successive in grado di calarsi all’interno del contesto degli edifici evitando la tabula rasa. - Atelier di Antonio Citterio Lo sviluppo dell’area è basato sulla sua

I professori che hanno guidato gli atelier di diploma su Varese: da sinistra Francisco e Manuel Aires Mateus, Michele Arnaboldi, Martin Boesch, Esteban Bonell, Mario Botta, Marianne Burkhalter e Christian Sumi, Antonio Citterio, Marc-Henri Collomb, Quintus Miller, Valerio Olgiati e Jonathan Sergison.

storia e la sua natura. Comprende un museo per l’industria, il design industriale e l’aeronautica, con parte espositiva e auditorium. La progettazione è completata da una scuola superiore di design.

Nelle foto di Paolo Mazzo, alcuni dei progetti dei laureandi: sotto il titolo, dall’alto, Martina Palocci (Il Lago) e Andrea Nardi (Palazzo Estense) ; qui sotto, da sinistra, Jessica Stückling (Le stazioni ferroviarie), Davide Biloni (Piazza Repubblica), Cecilia Gerosa (Ex Industrie Aeronautiche Aermacchi).

Piazzale Staffora - Atelier di Esteban Bonell Progetto di un insediamento residenziale in un ambiente urbano periferico considerando la relazione con il contesto e ricerca delle relazioni tra paesaggio naturale e urbano, con l’obiettivo di rinnovare i modelli residenziali tradizionali adattandoli alle esigenze di vita attuale.

In basso, da sinistra, Andrea Scheuber (Piazzale Staffora) e Camilla Cavalli (Cimitero di Belforte). Accanto al titolo, l’Accademia di Architettura di Mendrisio (foto Massimo Pacciorini)


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archilibri /

archiarte /

Dalle confraternite alla Bauhaus U

topia Matters, alla fondazione Peggy Guggenheim di Venezia fino allo scorso 25 luglio, ha esaminato l’evoluzione degli ideali utopici nel pensiero e nella pratica artistica occidentale moderna dagli inizi del XIX secolo al 1933 - anno in cui l’ascesa del nazismo e dello stalinismo pose un freno a tali progetti. I diversi movimenti rappresentati spaziavano dal Primitivismo, ai Nazareni, i Preraffaelliti, William Morris e il movimento Arts and Crafts, la Cornish Colony, il Neo-Impressionismo, il De Stijl, il Bauhaus, per arrivare al Costruttivismo russo. La realizzazione di una società utopica è da sempre tra le aspirazioni dell’umanità, nonostante la sua attuazione dipenda da principi fondanti di natura paradossalmente dittatoriale che ne hanno sinora impedito l’attuazione. La contraddizione insita nel confronto tra idea e pratica ha sollevato le problematiche inerenti concezioni idealistiche di ordine egualitario ben prima che Thomas More coniasse il termine “utopia” pubblicando, nel 1516, con l’omonimo titolo, la descrizione di una civiltà modello. A lungo il tema dell’utopia è stata oggetto d’indagine artistica oltre che modello per comunità di artisti. I gruppi artistici basati sull’utopia compaiono sin dagli inizi dell’Ottocento per fiorire poi verso la fine del secolo, in un periodo in cui artisti, architetti, scrittori e compositori cercano sollievo dall’ansia, la bruttezza e il mercantilismo della vita urbana. Tali comunità spaziano dalle confraternite del

Commento al Codice dei Contratti Pubblici Carmelo Giurdanella Simone editore 816 pp - euro 32,00 Questa nuova edizione del volume tiene puntualmente conto delle modifiche apportate al testo originario del Codice dei Contratti Pubblici dal D.Lgs. n. 53/2010, di recepimento della direttiva 2007/66/CE, la "direttiva ricorsi", dalla L. n. 166/2009 cosiddetta "salva infrazioni", dalla L. n. 69/2009 e dalla L. n. 102/2009. Grande attenzione, in particolare, è stata data alla direttiva ricorsi, che ha modificato il previgente impianto normativo.

Architetti italiani nel Novecento Guido Canella Christian Marinotti Edizioni 350 pp - euro 28,50 La testimonianza irripetibile di uno dei maestri del progetto italiano, sempre in bilico tra la matita e la penna, che ripercorre il secolo scorso attraverso tre generazioni di architetti italiani, da Finetti a Terragni, da Gardella a Samonà, ma anche un singolare omaggio ad autori meno conosciuti. La prosa nitida e lo sguardo sensibile e razionale insieme, contribuiscono a un libro che ha tanto di storia quanto di critica.

XIX secolo, basate sugli antichi ideali estetici medievali o del primo Rinascimento e su quelli dell’epoca pre-industriale delle corporazioni, fino ai gruppi avanguardisti e alle scuole di inizio Novecento, come la Bauhaus, che tentarono di rimodellare la società attraverso l’arte e il design. La mostra, organizzata in collaborazione con il Deutsche Guggenheim di Berlino, dove è stata esposta dal 22 gennaio al 11 aprile, 2010, presentava oltre 70 opere tra dipinti, sculture, disegni, oggetti di design, fotografie e stampe.

La fabbricazione del paesaggio dei laghi Giardini, panorami e cittadine per turisti tra Ceresio, Lario e Verbano Claudio Ferrata Edizioni Casagrande 212 pp - ChF 38,00

Dall’alto, a sinistra: El Lissitzky (1890 - 1941), Senza titolo, 1919-20 c. The Solomon R. Guggenheim Foundation Collezione Peggy Guggenheim, Venezia 76.2553.43 ©El Lissitzky - by SIAE 2010 Theodor Rehbenitz (1791 - 1861), Tobia e l’angelo, 1824 c. Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie, Berlino Foto: Andres Kilger - SCALA/Art Resource, New York Gerrit Rietveld (1888 - 1964), designer Poltrona rosso-blu, 1918 Centraal Museum, Utrecht, Olanda, Donazione 1959 ©Gerrit Rietveld - by SIAE 2010 Utopia Matters

Alexander Rodchenko (1891 - 1956) Parti di automobile AMO (Detali AMO), 1929 A. Smuzikov Collection. Copyright Design and Artists Copyright Society 2008. Courtesy Pace/ MacGill Gallery, NY ©Estate Aleksandr Rodchenko/RAO, Moscow/ Licensed by VAGA, New York - ©Alexander Rodchenko - by SIAE 2010

Curatrice Vivien Greene Catalogo con saggi di Vivien Greene, Russel Jacoby, Victor Margolin edito da Guggenheim Museum Publications 128 pp - euro 45 www.guggenheimstore.org/utopiamatters.html

Le specificità della nascita e della costruzione del paesaggio della regione dei laghi ticinesi e delle aree circostanti, visti principalmente come luoghi per turisti stranieri al sud. Il rapporto con l’acqua, la vegetazione, i giardini, il clima: l’autore ci offre la sua descrizione dei vari aspetti e della relazione che li unisce e li coinvolge come in una costruzione infinita.

Mangiarotti Beppe Finessi, Toyo Ito, Marco Meneguzzo Grafica di Italo Lupi Corraini Edizioni 120 pp - euro 24,00 Più di cento progetti di uno dei protagonisti del panorama internazionale dell’architettura, del design e della scultura del Novecento sono raccolti e raccontati in questo volume attraverso materiali originali spesso inediti, provenienti dall’Archivio Mangiarotti di Milano. Trecento immagini si accompagnano a efficaci didascalie, rincorrendosi fluidamente nella bella cornice grafica di Lupi.

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