IoArch 36, Dec 2010

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12 La torre dell’Hotel Bh4 di Marzorati

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A Milano l’Arengario casa del Novecento

20 Un hotel che prende forma dalla collina

www.ioarch.it

22 Award BSI a Francis Kéré

Campana Brothers in Triennale

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Anno 5 - n°36 - dicembre 2010 - euro 3,20 - Pubblicità: Font srl via Siusi 20/a 20132 Milano - tel. 02 2847274 - fax 02 45474060 pubblicita@fontcom.it - Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB Milano

Rete neuronale

S

e il tormentone di inizio XXI secolo è “sostenibilità”, il termine che, dalla fine della guerra fredda e per tutti gli anni 1990, ha intasato le pagine dei giornali e ingolfato le bocche di intellettuali e non, è stato “globalizzazione”. Una parola attualmente poco in voga, forse proprio perché - nonostante il tragico momento di disillusione e brusco ridimensionamento seguito all’attacco del 11 settembre 2001 - la globalizzazione è ormai come l’aria: invisibile proprio perché permea ogni aspetto del nostro modo di vivere e di pensare. Il mondo si è trasformato in una metaforica rete neuronale planetaria. Idee ed informazioni viaggiano in tempo reale incuranti di distanze e a costo pressoché nullo, ostacolate solamente dal non volerle comprendere e utilizzare. Se “l’intelligenza collettiva”, a suo tempo teorizzata da Levy o da DeKerckhove, è in fondo sempre esistita, mai si è raggiunta una capacità così impressionante di interconnessione e comunicazione. Conoscenze come quelle fornite da un “banale” GPS e che prima richiedevano mesi, se non anni, di addestramento sono ora sono alla portata di tutti. Attraverso reti di contatti (social networks) attraversiamo facilmente fusi orari, destabilizzando i convenzionali concetti di organizzazione spazio-temporale, e creiamo identità virtuali, interferendo i tradizionali criteri di appartenenza ed interazione sociale. Realtà infine emergenti o precedentemente considerate locali, come dimostrano alcuni progetti pubblicati in questo numero, possono diventare il concentrato di esperienze maturate su scala globale, possono radunare lo stato dell’arte delle tecnologie costruzione, possono svilupparsi sulla base di iniziative e capitali generati da attività “globali”, diventando a loro volta globalmente influenti.

CARLO EZECHIELI INTERVISTA FERNANDO ROMERO / LAR

La fabbrica del museo Uno dei protagonisti della recente architettura americana racconta la sua esperienza di lavoro proiettata nel panorama globale. Lo incontriamo nel suo ufficio, nel cantiere del museo a Citta del Messico

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Carlo Ezechieli

BIENNALE ARCHITETTURA / NICO VENTURA

COPERTURE D’AVANGUARDIA / DANIELA BALDO

Incontrarsi in una piazza

Leggera come un velo

La 12a Mostra Internazionale di Venezia è incentrata sull’idea di riconsiderare la potenzialità dell’architettura nella società contemporanea

Grazie alle tecnologie innovative la ricerca estetica ha fatto passi da gigante nelle realizzazioni architettoniche degli elementi di copertura

N

el viaggio di Paris-Texas, un padre rincontra il figlio mangiando un panino presso un grande svincolo autostradale. I due sembrano trovarsi a loro agio in un ambiente di solito considerato ostile e del tutto singolare nella veste di promotore di incontri. Invece, Wenders propone una prospettiva centrale con i due personaggi a lato, l’immagine si direbbe simbolica: le due a pagina 2 >>>

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Incontrarsi in una piazza >>> dalla prima pagina

strade, come le vite dei protagonisti, vengono da altre direzioni, vanno in altre direzioni e si incontrano per un certo tratto. In If building could talk, il video proposto dallo stesso Wenders all’entrata dell’Arsenale, sembra pretendere dalla macchina da presa la comprensione degli spazi e finanche il suo stesso abitare nel “Rolex Learning Center” di Losanna progettato da Sanaa e dunque da Kazuyo Sejima, curatrice della XII Biennale di Architettura di Venezia e recente Premio Pritzker. Il video, in 3D per apprezzare lo spazio anche in profondità (ma forse è più suggestivo senza l’ausilio di protesi), è girato sul registro del road movie. Viaggiare in una architettura, vale a dire l’esperienza del frequentare e i frequentatori non sono interpreti, ma tuttavia personaggi incantati dal sound of silence delle parole che il building could talk non dice, piuttosto che dal promuovere incontri. E il titolo della Biennale? People meet in Architecture. Le persone si incontrano nell’Architettura, tradotto letteralmente. Si direbbe che il mito dell’architettura contemporanea, la promozione di incontri, attraversi tutta la gamma, dagli studenti ai Premi Pritzker. Ma Sejima: “la 12a Mostra Internazionale di Architettura è incentrata sull’idea di trovare l’architettura, di riconsiderare le potenzialità dell’architettura nella società contemporanea (…) Auspico che tutti riescano a costruire una propria relazione con l’architettura”. Molto oltre il significato letterale: rivendica l’impegno sociale dell’architettura, consapevole della propria potenzialità e dei propri limiti. Del resto, come dice Beatriz Colombina (presidente della giuria), Sejima è considerata l’erede della trasparenza miesiana, una “sfida”, come riconosce lei stessa. E Mies, il Padiglione di Barcellona (dove Sanaa ha proposto una istallazione “trasparente”) ha riconosciuto che l’architettura può porsi come tramite della conoscenza dell’altro attraverso la consapevolezza del sé. Non nascondendosi che il grande racconto storico, parafrasando Vittorio Gregotti, si era “frantumato” e che la società non riesce più ad incontrarsi in una piazza, come avevano intuito le stazioni ferroviarie di De Chirico e come sancirà più tardi Giacometti in Urban Square. Sejima: “è mia speranza che questa esposizione sia un’esperienza di possibilità architettoniche (…) In tal modo l’atmosfera è generata non da un singolo orientamento, ma da una pluralità di punti di vista”. “People meet in drawing”: l’Ungheria di Borderline (curata da WesselényiGaray) tende all’autoreferenziale nel riportare alla linea, al bidimensionale, la matrice fondante dell’architettura. Ma poi, lunghe corde quasi luccicanti sono tese dal soffitto fino a terra dal peso di matite colorate e così generano un labirinto unicursale dove aggirarsi prima incerti, poi curiosi. “Architecture meets ideas”: il Padiglione dell’Olanda (curato da Rietveld Landscape) stende su cavi un plastico urbano flottante di una gradazione irreale di azzurro: è soffitto per il piano terra, pavimento per il primo piano, morfologie degli alzati, visto da sopra (che guadagna la copertina di The Architectural

Review), “primato della pianta”, visto da sotto. Ma Vacant NL non è solo una installazione: rivendica la dimensione sociale del riuso del patrimonio edilizio esistente (questione ripresa anche da Rem Kookhaas, Leone d’Oro alla Carriera), senza tuttavia arroccarsi sul localismo, ma anzi rilanciando programmi verso gli altri paesi del mondo. Un messaggio per alcuni versi simile a Reclaim, curato da Fuad Al-Ansari per il Bahrain, (alla prima partecipazione a Venezia e già Leone d’Oro), che se può sembrare provocatorio nei confronti dei record in altezza e inclinazione dei grattacieli dei vicini Emirati, in realtà “rivendica” un rapporto più diretto con il mare. Qui la scala è al naturale: tre capanni da pesca riflettono via dislocazione estetica i moli del Golfo Persico sugli interni dell’Arsenale di Venezia. L’eventuale nostalgia per il passato o addirittura il riscontro etnico si rilancia nella autenticità di un’architettura povera che sfugge appunto dal localismo per parlare dell’uomo che abita sul mare. “Architecture meet use”: il Belgio, Usus/Usures (curato da ROTOR) si affida a frammenti soggetti a dislocazione estetica: pavimenti che diventano tele sulle pareti, cordoli che diventano sculture, scale che si riconducono al corrimano. Usurati e/o vissuti? All’Arsenale, emergono versioni di smaterializzazione. Your split second house di Olafur Eliasson si spinge molto oltre la “macchina di luce” del Saturnio del Castello di Rivoli per lasciare alle luci stroboscopiche l’intermittenza luminosa di getti d’acqua: “quella parte di adesso che è un vuoto”. Cloudscapes di Transsolar e Tetsu Kondu supera con una scala elicoidale il gradiente di umidità dell’aria, sperimentando la frequentazione dell’ambiente in funzione della densità dell’aria verso le nuvole sia pure costrette in un interno. Architecture as air di Junya Ishigami lascia intuire con fili sottili il perimetro a grandezza naturale (14x4x4 metri) di un edificio che verrà effettivamente costruito. Vince il Leone d’Oro forse perché riesce attraverso la smaterializzazione a superare il paradosso delle mostre di architettura evidentemente impossibilitate ad esporre le opere degli architetti. E perché la Giuria riesce a vedere l’opera prima della sua distruzione, ad opera, si dice, di un gatto. Se così fosse, quel gatto sarebbe l’erede del gatto di Schrödinger, deciso a vendicarlo: rompe la scatola in cui il suo progenitore era stato rinchiuso, costretto ad affidare le sue speranze di vita alla meccanica quantistica. Anche se la scatola di Junya Ishigami sembra volersi avvicinare al limite di Einstein: “uno spazio senza scatola, autonomo”. Tutte ricerche che devono la loro stessa ragione spaziale alla prepotenza architettonica dell’Arsenale, non uno sfondo e forse neppure un contesto, ma il vero interprete della sperimentazione di questa Biennale. E dunque devono a Kazuyo Sejima: ha restituito all’Arsenale dei Veneziani la “solitudine” di una architettura storica disponibile a confrontarsi con il contemporaneo.

Alcune immagini della Biennale di architettura di Venezia recentemente conclusa: in prima pagina, Thebuildingwhichneverdies, commissionato da Zumtobel per i laboratori di ricerca di Thorn e parte dell’installazione Isobiot®ope di R&Sie(n); qui sopra, Cloudscapes, di Transsolar e Tetsuo Kondo.

Qui sotto, Decay of a Dom, l’installazione in legno (m 10 x 8 x 4) di Amateur Architecture Studio; nelle foto sopra, dall’alto, the Forty Part Motet, ideato nel 2001 da Janet Cardiff e due scatti dal Padiglione Italia; a sinistra, The boy hidden in a fish di Smiljan Radic e Marcela Correa, un riferimento al recente terremoto in Cile per l’apertura del percorso espositivo dell’Arsenale.


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La fabbrica del Museo >>> dalla prima pagina

Tra i diversi aspetti che caratterizzano il lavoro di Fernando Romero, alcuni contribuiscono a farne un caso emblematico nell’attuale cultura reticolare e globalizzata. Innanzitutto Romero, titolare di uffici in Messico e negli Stati Uniti, si è formato professionalmente in ambito internazionale. La sua prima importante opera, il Museo Soumaya – posto in una zona industriale dismessa di Città del Messico oggi caratterizzata da un enorme potenziale commerciale – si distingue per l’impiego di tecnologie d’avanguardia, messe a punto da consulenti come Arup e Gehry Technologies, la società di strumenti e soluzioni per l’architettura e l’ingegneria fondata dal Pritzker Frank O. Gehry sulla base dell’esperienza di realizzazione dei suoi affascinanti, ma complicatissimi, edifici. Il progetto, infine, è finanziato dalla Fondazione Carlos Slim, già finanziatore di importanti interventi di riqualificazione urbana, uno dei massimi collezionisti di opere di Auguste Rodin e, secondo la rivista Forbes, l’uomo più ricco del mondo, ancor più di stramilionari come Bill Gates o Ingvar Kamprad di IKEA. Dal punto di vista architettonico il Museo Soumaya è un’interessante versione estrovertita della logica di circolazione del Guggenheim di Wright, combinata con una fluida sequenza verticale di spazi che ricorda la Seattle Library di OMA. Le viste sulla città - per dimensioni, la prima megalopoli del mondo (20 milioni di abitanti) - sono liquide, multiple, concatenate in sequenza e, attraverso l’involucro trasparente a “lattice shell”, inquadrano in modo inaspettato il caos dinamico del panorama urbano. Un progetto dalle forme ambiziose e poco calato nel contesto locale, dominato dal vernacolo dei muri in adobe e pietra a secco? Non esattamente. La produzione di ogni singolo elemento della struttura metallica del Museo proviene da tecnologie e componenti per l’estrazione del petrolio di proprietà dello stesso Slim, prodotte in Messico ed esportate in tutto il mondo. Questa imponente concentrazione di alta tecnologia e di capitali dimostra, al contrario, la capacità di realizzazione di soluzioni molto evolute e difficilmente immaginabili anche in paesi con sistemi economici maturi e consolidati. Abbiamo avuto l’occasione di visitare il cantiere del Museo Soumaya e di intervistare Fernando Romero, nel suo ufficio

nonostante Koolhaas fosse uno degli architetti più acclamati, la pubblicazione aveva assorbito tante e tali risorse che lo studio era andato in fallimento. Quando sono entrato eravamo in pochi e Koolhaas era abbastanza presente. È stato davvero entusiasmante partecipare a progetti come quello dell’auditorium di Porto, che abbiamo vinto. Koolhaas lasciava molto spazio alla capacità di ragionamento autonomo dei suoi collaboratori, non voleva cloni. Tant’è vero che dalla sua scuola sono usciti una quantità di architetti originali e riconosciuti.

principale, che si trova ormai da diversi mesi nella fabbrica dello stesso Museo. Fernando Romero, come descriverebbe il suo lavoro? Mi dedico a tradurre informazioni, regolamenti, in breve tutto quanto mi si impone o proviene dal contesto, in forme costruite. Come si sviluppa il suo lavoro? Segue un metodo preciso? Non lavoriamo mai nello stesso modo, seguiamo un processo creativo che si sviluppa sempre in modo differente, attraverso modelli e disegni. Certe volte ci criticano per il profilo economico delle nostre opere o per la loro forma, ma questo non ha nessuna importanza dato che quello che faccio non è altro che una traduzione delle condizioni in cui mi trovo ad operare. Quali sono le sue influenze principali a livello progettuale? A dir la verità mi interessa molto di più la tecnologia e sempre meno l’architettura “da architetti”. Credo anzi che un tema fondamentale, specialmente in un paese come il Messico, sia quello della residenza

autocostruita, questione nella quale ho intenzione di calarmi a capofitto. Non credo infatti che, data la condizione attuale, ci sia alcuna possibilità per i progetti pubblici di housing. Né credo che dal settore pubblico possa provenire, in questo momento come nei prossimi anni, alcun cambiamento positivo. Mi sembra al contrario che il massimo potenziale in termini di utopia stia proprio alla base della piramide sociale.

Come vede la situazione del suo Paese a livello internazionale, sia per quanto riguarda l’architettura, sia a livello generale? Non sono ottimista al riguardo. C’è una situazione di crisi politica che sta dando origine a una perdita apparentemente irrecuperabile. Non ci sono decisioni collettive orientate verso il futuro, solo azioni ampiamente propagandate e pubblicizzate come la famosa “guerra contro il narcotraffico”, del tutto assurda, e che per di più sta avendo dei costi impressionanti, anche in vite umane. Più del 30% delle attività di questo Paese si sviluppa in una condizione di extra formalità e credo che in una situazione di questo tipo l’architettura sociale rappresenti una potenzialità incredibile di miglioramento.

Nessuna influenza locale? Anche se la mia formazione non è stata quella del tipico “studioso” di Barragàn, la cosa straordinaria degli architetti messicani é stata quella di saper sviluppare un linguaggio proprio, locale e allo stesso tempo universale, con tanto stile. La mia formazione è avvenuta in realtà principalmente in Europa dove all’inizio ho lavorato da Enric Miralles a Barcellona – un architetto geniale – e in un ambiente vivo come la Barcellona di quegli anni, piena zeppa di studenti che venivano da ogni parte d’Europa. Ho poi lavorato per qualche anno da Rem Koolhaas: ed è stata un’esperienza per me fondamentale. Era stato pubblicato da poco S,M,L,XL. E

FERNANDO ROMERO Titolare dal 1999 dello studio LAR (Laboratory of Architecture), con uffici in Messico e negli Stati Uniti. Ha lavorato con Rem Koolhaas OMA a Rotterdam dal 1997 al 2000, dove è stato project leader per il progetto vincitore del concorso Casa da musica di Porto (inaugurato di recente). Vincitore di numerosi premi tra cui il Red Dot Award, Best of the Best per la Bridging Tea House 2006 e il Bauhaus Award 2005 per la Villa S. nel marzo 2006.

Qui sopra, diagramma strutturale (Mario Mora) Accanto al titolo, render del Museo Soumaya.

Qui accanto a sinistra, Museo Soumaya: schema della maglia “lattice shell” dell’involucro (Gehry Technologies).

A sinistra, vista sulle rampe di circolazione all’interno del museo e vista verso la città. Per quanto ubicata in una zona centrale e facilmente accessibile, l’area di intervento, che insieme al museo vede la realizzazione di un importante complesso, era fino a pochi anni fa un’area industriale dismessa.

A destra, Museo Soumaya: diagramma di circolazione (Mario Mora).


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brevi / camilla morlacchi

Vento in Virag

YDA fino al 31 dicembre

Briccole re-made

Gianni Vento, è il nuovo direttore vendite di Virag, azienda con una lunga tradizione e un’offerta completa nel settore delle pavimentazioni tessili, resilienti, in legno e laminato con Quick Step e con la collezione di PVC tecnici ad alta resistenza Evolution. Con un’esperienza più che ventennale in PL, nel 2011 Vento si dedicherà a migliorare la presenza di Virag innanzitutto nel contract, promuovendo il marchio e la gamma presso architetti e prescrittori, per sostenere le vendite e migliorare le performance dei propri migliori rivenditori. www.virag.com

Posticipata al 31 dicembre la data finale per la consegna dei progetti partecipanti a Young Design Awards, concorso di idee per giovani architetti e designer under 35 (3.000 euro per il primo classificato) organizzato da LD, azienda di Cava dei Tirreni specializzata nella lavorazione dell’acciaio inox per l’interior design. www.youngdesignawards.it

Le briccole sono i pali in legno di rovere disseminati lungo la laguna di Venezia. Riva 1920, in collaborazione con Fondazione di Venezia e ExpoVenice, promuove un concorso di idee per la progettazione di una panchina/seduta per esterno basata sul riuso del legno delle briccole (che periodicamente vengono sostituite). Due categorie -under e over 26- 6 premi per una dotazione complessiva di 12mila euro, scadenza 28 febbraio 2011 e, quel che più conta e non sempre accade, la proprietà intellettuale dei progetti rimane degli autori. www.veneziabriccole.com

Premio Arch40 Scadono il 15 febbraio 2011 i termini di presentazione degli elaborati per la prima edizione del Premio ad un giovane talento bandito dalla Fondazione Renzo Piano in collaborazione con l’Associazione Italiana di Architettura e Critica_presS/Tfactory. Partecipazione gratuita aperta a tutti i progettisti, titolari, partner o associati di studi italiani nati dopo l’1 gennaio 1971: una prima giuria selezionerà i 12 finalisti tra i quali Renzo Piano sceglierà il vincitore del premio da 10.000 euro (messo a disposizione dalla Fondazione) e due menzioni speciali. Bando e schede di partecipazione su www.presstletter.com

Software per solai La sezione tecnologica dell’associazione industriali dei laterizi ha messo a punto ANDILSolai, software per la progettazione, il calcolo e la verifica dei solai prefabbricati in laterocemento ad armatura lenta e precompressa. Inseriti i dati relativi agli schemi statici, il programma visualizza i diagrammi delle sollecitazioni e permette di modificare i dati relativi alle armature verificando immediatamente gli effetti delle modifiche. Relazione di calcolo e tabelle dei carichi vengono fornite in formato .rtf, mentre gli schemi delle armature sono esportabili in formato .dxf www.solaioinlaterizio.it

Il BIM Award ad ACPV Il premio di Autodesk per il miglior uso dei software BIM (building information modeling) quest’anno è stato assegnato tra gli altri allo studio Antonio Citterio Patricia Viel and Partners, che con Revit Architecture e Revit Structure, 3ds Max Design e AutoCAD usa soluzioni BIM in tutte le fasi della progettazione e per gestire in maniera integrata la progettazione strutturale e impiantistica degli studi partner. Tra i lavori più recenti la riconversione in centro industriale e commerciale di una centrale elettrica dei primi del Novecento a Bergamo, di cui si è conservata integralmente la facciata, e il progetto del nuovo Centro Culturale di Milano nell’area Porta Nuova. http://usa.autodesk.com/company/building-informationmodeling/awards/winners.

Una laurea sull’alluminio Scadono il 15 aprile 2011 i termini per l’iscrizione al premio biennale che Metra, società specializzata nella produzione di profilati in alluminio per la costruzione di componenti per edilizia e industria, destina alle migliori tesi di laurea sull’alluminio estruso. Si tratta di un riconoscimento di 2.000 euro per ognuno dei tre vincitori del concorso. La consegna ufficiale dei premi avverrà il 6 ottobre 2011, in occasione di MADE Expo. Scheda di partecipazione su: http://www.metraarchitettura.it/frmConcorsiMetra. aspx?Lingua=ITALIANO

Share Lock™

Klimahouse 2011

Dal 27 al 30 gennaio torna a Bolzano con 400 espositori Klimahouse, la manifestazione che in soli cinque anni è diventata punto di riferimento del green building italiano. Quest’anno, alle numerose iniziative collaterali tra cui il congresso internazionale “costruire il futuro”, si aggiunge la presentazione di un modello di edificio in scala 1:1 realizzato dall’Associazione Artigianato della provincia di Bolzano che mostrerà dal vivo tre diverse tecniche per raggiungere lo standard CasaClima Oro applicate al nuovo, alla costruzione in legno e alla riqualificazione di edifici esistenti. www.klimahouse.it

3M e Blu Sign Per favorire l’uso della bicicletta servono infrastrutture. Non solo piste ciclabili e percorsi separati ma anche sistemi di deposito e antifurto, cui ogni ciclista provvede da sé legando il mezzo al primo appiglio disponibile, aumentando il disordine urbano. Share Lock™ è il sistema di parcheggio sicuro per biciclette messo a punto da Officine Locati Monza, Logital Digital Media e Snoline: una rastrelliera con robusti agganci metallici che bloccano il telaio della bici abbinata a un sistema di videosorveglianza e controllo accessi che può anche essere alimentato da una pensilina fotovoltaica. www.share-lock.it

La luce del Maxxi Sono di Pelucchi i sistemi di illuminazione esterna del nuovo museo disegnato da Zaha Hadid: 400 apparecchi speciali “tuttovetro” OnLight Inground a doppia lampada T5, alcuni dei quali curvi o con angoli di diversa apertura, che seguono discretamente il profilo dell’edificio per una lunghezza di 400 metri disegnandone l’intero perimetro con una luce continua, omogenea e uniforme. Allo sviluppo del progetto dell’azienda milanese, specializzata in soluzioni custom made, hanno collaborato l’architetto Cristina Colombo e l’ingegner Andrea Lamera. www.pelucchi.com

BoY 2010 a Simone Micheli L’Atomic Spa Suisse, centro benessere disegnato da Simone Micheli per l’hotel Exedra di Milano, lo scorso 2 dicembre ha vinto il Best of Year Awards 2010 del periodico americano Interior Design nella categoria beauty, spa, fitness. Un altro premio, nella categoria hospitality: hotel, è andato a Patricia Urquiola per il Mandarin Oriental di Barcellona. www.interiordesign.net/specialty/16-Best_of_Year_Awards.php

Tutti i prodotti 3M Architectural Market sono da oggi disponibili presso il Blu Sign store, che nasce dalla partnership tra l’azienda che ha inventato lo Scotch® e il distributore di prodotti per la stampa digitale e serigrafica Blu Sign. Nello spazio di via Watt 37 a Milano architetti, designer e progettisti possono sperimentare e ricevere consulenza, tra gli altri, sul rivestimento adesivo Di-Noc™, che con più di 600 texture imita qualsiasi tipo di finitura, o sui film traslucidi per la decorazione dei vetri Fasara™. Nelle intenzioni di 3M quello di Milano è un progetto pilota che potrà essere replicato in altre città.

La facciata veste Missoni È di Kinmonth Monfreda la facciata effetto tessuto progettata e costruita a Cantù da Marzorati Ronchetti e poi assemblata negli USA che riveste la Boutique Missoni di Rodeo Drive a Los Angeles: 78 fettucce di alluminio di 500 x 10 x 0,8 cm per un totale di 3900 metri e 11 tonnellate, verniciate a polvere bianca opaca e curvate a imitazione del tessuto. Con la collaborazione tecnica di Space Architects.

Geoplast vende online

Cresce l’uso di TX Active®

L’intera gamma dell’azienda padovana, dai moduli per vespai aerati alle casseforme, dai sistemi per il verde a quelli di drenaggio e accumulo dell’acqua fino alle pavimentazioni sportive, è in vendita direttamente online. Pochi click su http://store.geoplast.it/ (senza il prefisso www) per consultare caratteristiche e misure, definire quantità e aggiungere al carrello passando poi al pagamento con carta di credito, gestito in maniera sicura con protocollo SSL.

Dal 2006, anno del lancio, in Italia sono state realizzate 1,6 milioni di mq di superfici fotocatalitiche e il brevetto di Italcementi è già in uso anche a Ginevra, Parigi e Malaga. Recenti misurazioni scientifiche su strada hanno certificato un abbattimento di agenti inquinanti intorno al 30%. A Milano è in corso di realizzazione la più grande applicazione di TX Active®, le torri e l’auditorium del nuovo headquarter Vodafone del Nord Italia. www.italcementi.it


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archiconcorsi / sonia politi

Sistema d’autore: tutti i vincitori L’edizione 2010 del Concorso internazionale Metra premia 24 realizzazioni, 35 progettisti, 22 serramentisti e 26 committenti NUOVE COSTRUZIONI Abitazione privata Villa Fabro, Udine Progettista: Princic & Partners Architects - Serramentista: Alunord - Committente: Ing. Dario Fabro. Regent’s Place - Building A -B, Londra, Regno Unito Progettista: Terry Farrell & Partners - Serramentista: Focchi S.p.A. - Committente: British Land Company plc. Abitazione privata, Marotta (PU) - Progettista: Cenni Studio - Serramentista: Marini s.a.s. di Marini Claudio & C. Committente: Cesare e Michelangelo Bianchetti. Movicentro - Nuova Stazione Ferroviaria, Fossano (CN) Progettisti: Arch. Giampiero Andreis, Arch. Silvio Bruno, Geom. Sergio Barra, Ing. Gianfranco Lignana, Servizio Progettazione e Direzione Lavori del Comune di Fossano - Serramentista: COR. AN Serramenti S.r.l. - Committente: Comune di Fossano. Abitazione Privata Villa L-01, Vallio Terme (BS) Progettista: Arch. Paolo Livi - Serramentista: Tecno Pref S.r.l. Committente: Marianna Musesti. Palestra I.I.S. Giacomo Antonietti, Iseo (BS) - Progettisti: Arch. Ing. Giuliano Venturelli; Ing. Carlo Lazzaroni, Settore Progettazione Fabbricati e Manutenzione Immobili Scolastici Serramentista: SILA S.r.l. - Committente: Provincia di Brescia. Vivienda Unifamiliar La Alberca, Murcia, Spagna Progettista: Paco Sola Arquitecto S.L.P. - Serramentista: Costrucciones Metálicas Barceló - Committente: Antonio Barceló Perpiñán. Edison Business Center Development, Sesto San Giovanni (MI) - Progettista: Garretti Associati S.r.l. Serramentista: Focchi S.p.A. - Committente: Nexity Italia S.r.l. Peña Del Sol, Madrid, Spagna - Progettista: Arq. José Antonio Galea - Serramentista: Insifal S.L. - Committente: Imes API. Centro Studi Dell’Istituto Paolo VI, Concesio (BS) Progettista: CADEOarchitettura S.r.l. - Serramentista: Teken S.r.l., Rodengo Saiano (BS) - Committente: Opera per l’Educazione Cristiana. Mityas Residence, Chicago, Usa - Progettista: Nicolas Clark Architects, Chicago, USA - Serramentista: Vitralum Industries, Elk Grove Village, Illinois, USA - Committente: Fricano Construction Co., Franklin Park. Nuovo Centro Direzionale Interbrennero Spa, Trento Progettista: Studio Mauro Facchini - Serramentista: Zanetti S.r.l. Committente: Interbrennero S.p.A. Edificio Polifunzionale Comune di Saint Pierre, Saint Pierre (AO) - Progettista: Studio Progeur - Serramentista: CASMA Involucri Edilizi S.r.l. - Committenti: Comune di Saint Pierre; Impresa di Costruzioni Gianotti di Gianotti E. & C. S.a.s.

RESTAURO E RISTRUTTURAZIONE Ex Carcere Le Murate, Firenze - Ufficio ERP Edilizia Residenziale Pubblica Comune di Firenze Serramentista: Calderone Infissi S.r.l., Pace del Mela (ME) Committente: “Le Murate” Società Consortile Corso - Schepis S.r.l. San Raffaele Spa Direzione Generale Roma - Progettisti: Studio VALINCO S.r.l., Arch. Stefano Rolli, Geom. Alfredo Papagni - Serramentista: ISA S.p.A. - Committente: San Raffaele S.p.A. La Boulangerie, Piacenza - Progettisti: Molinaroli Costruzioni S.n.c., Arch. Fabio Molinaroli, Arch. Isabella Tampellini - Serramentista: Costruzioni Casella - Committente: Chiaradue Immobiliare S.r.l. Teatro Nazionale, Milano - Progettista: Kaleidos S.r.l. - Serramentista: Teken S.r.l. - Committente: Stage Entertainment S.r.l. Cascina Tregarezzo, Segrate (MI) - Progettisti: Arch. Werner Tscholl, Morter (BZ) & Arch. Enrico Franco Serramentista: C.N.S. S.p.A. - Committente: Generali Gestione Immobiliare S.p.A. Area Garibaldi Tower B, Milano - Progettista: Arch. Massimo Roj - Progetto CMR - Serramentista: Permasteelisa S.p.A. - Committente: Beni Stabili S.p.A. CATEGORIA TECNOLOGIE INNOVATIVE Le Ksar Sede Banca Natixi Algeri - Progettista: Fabris & Partners - Serramentista: Bluesteel S.r.l. - Committente: The Arab Contractors - Osman Ahmed Osman & Co. FI.MA. Arredo Urbano - Deposito e Uffici, Montecavolo di Quattro Castella (RE) - Progettisti: Arch. Cinzia Ghidini, Energy Glass S.r.l.; Ing. Andrea Belzoino - Serramentista: Belzoino Infissi Metallici S.n.c. - Committente: FI.MA di Masini & Figli S.r.l. Nido d’Infanzia e Centro Bambini e Genitori, Vignola Progettista: CCD Studio.eu - Serramentista: SEA Serramenti S.r.l. - Committente: Consorzio Cooperativo Vignolazerosei. 28 Duca d’Aosta, Brescia - Progettista: Massimiliano Fuksas Architetto - Serramentista: Polito Serramenti S.p.A. Committente: Ulisse 2000. Palazzo Regione Lombardia, Milano - Progettisti: Pei Coob Freed & Partner Architects; Caputo Partnership; Sistema 2000 S.r.l. - Serramentisti: C.N.S. S.p.A., ISA S.p.A. - Committenti: Consorzio Torre, Infrastrutture Lombarde S.p.A.

fuoriconcorso /

Metra, profilati di alto profilo L’edificio polifunzionale Metra sfrutta la versatilità dell’alluminio assecondando il disegno del progettista

L

a pensilina rossa. Un elemento di forte impatto visivo formato da una griglia a maglia romboidale di profili strutturali estrusi della dimensione di 1mx1m, 18m di lunghezza, 11m di larghezza. Un segnale magnetico e simbolico, che identifica l’edificio dei nuovi Servizi Metra realizzati all’estremità nord del sito produttivo di Rodengo Saiano, adiacente alla statale per Iseo. Un “messaggio” come a dire che l’alluminio riesce ad assecondare il disegno del progettista, per quanto audace possa essere. La struttura, firmata dall’architetto Piero Cadeo, racchiude una molteplicità di funzioni e rappresenta per l’azienda produttrice di profilati d’alluminio l’opportunità di migliorare logisticamente i flussi di persone e merci. È stata interamente realizzata a secco. Il corpo di fabbrica è un parallelopipedo (44 m x 24 m) rivestito da fasce verticali di alluminio, che creano l’effetto di una pelle omogenea movimentata da riflessi di luce. Solo in

Nuovo ingresso polifunzionale Metra progetto archittettonico CADEOarchitettura S.r.l. studio tecnico Geom. Marino Pasotti, Concesio, (BS) committente Metra S.p.A., Rodengo Saiano, (BS) finitura verniciato IDS Inox doppio strato fornitori Serramentisti: Fragi Srl, Botticino (BS); Cover Technology, Serle (BS)

corrispondenza della portineria, le superfici perimetrali sono costituite da grandi vetrate, per assicurare la specifica funzione di sorveglianza. Particolare attenzione è stata dedicata all’illuminazione, declinata in diverse soluzioni per conciliare l’apertura verso l’esterno e l’esigenze di aree private. Per esempio gli spogliatoi sono ideati

come spazi interni, riscaldati a pavimento, ben areati e illuminati in modo uniforme e gradevole, grazie all’utilizzo di aperture vetrate a shed sul tetto. Scelte progettuali che si traducono in valore aggiunto sul piano del risparmio energetico e del benessere abitativo, senza rinunciare a un’identità architettonica definita.

La pensilina dell’ingresso è formata da una griglia a maglia romboidale di profili strutturali estrusi di alluminio.


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residenze /

La villa nella valle Tra le nuove costruzioni premiate alla XVIII edizione del concorso internazionale Sistema d’autore METRA, la Villa L-01 progettata dall’architetto Paolo Livi e realizzata a Vallio Terme

V

alle del Vrenda. Provincia di Brescia. Nel verde intenso del versante settentrionale della valle spicca un monolite bianco: la Villa L-01, progettata dall’architetto Paolo Livi. La posizione soprelevata dell’area, la sua estensione e la caratteristica morfologia a gradoni hanno ispirato la realizzazione di un intervento che stabilisse una tensione continua con la natura, sia in senso locale sia panoramico. Il rapporto fra il nuovo edificio e la natura circostante è il cardine concettuale che ha generato il progetto dalla dichiarata identità architettonica contemporanea, nelle forme e nei materiali, che esclude qualunque tentativo mimetico con l’immagine stereotipata dell’architettura montana. La villa monofamiliare poggia su una piana e sporge dalla scarpata, che la limita, di circa un metro e mezzo, proiettando così l’alloggio verso la valle, come un canocchiale puntato a sud, su un paesaggio dominato dai folti boschi. La presenza nell’area di insediamenti residenziali, infatti, è estremamente ridotta essendo costituita da ville insistenti su lotti di grandi dimensioni. Il dislivello tra il piano di appoggio dell’edificio e la piana sottostante ha consentito di ricavare un interrato, incassato sui tre lati e aperto a sud, che accoglie gli spazi di servizio. L’intero volume della villa è di fatto uno spazio continuo che si articola, collega, distribuisce. Come una custodia, l’edificio racchiude otto blocchi che, a seconda della loro collocazione, suggeriscono percorsi e aree domestiche comuni, delimitano gli interni e articolano e contengono gli spazi esterni e quelli di servizio. Il progetto tende a integrarsi e interagire col contesto naturale, generando punti di osservazione differenziati man mano che si percorre e si abita ognuno dei suoi ambienti e ridefinendo sia la nozione di dentro e fuori sia quella di corridoio di disimpegno. Particolari accorgimenti sono poi stati osservati in un’ottica di risparmio ambientale e comfort abitativo, quantomai necessari vista la posizione isolata della villa. Il tetto piano consente di collocare su più file i pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica e i pannelli solari per il riscaldamento dell’acqua sanitaria e il riscaldamento a pavimento, che permette di utilizzare l’acqua ad una temperatura inferiore rispetto ad altri sistemi. Infine le grandi vetrate poste a sud sfruttano l’irraggiamento solare per scaldare gli ambienti d’inverno e per diminuire l’uso di energia per l’illuminazione. Il surriscaldamento nella stagione estiva si evita con sistemi frangisole, che nel contempo modulano la luce naturale.

In alto, la Villa monofamiliare L-O1 come appare con le grandi vetrate schermate da frangisole. Qui a destra, l’edificio “aperto” sul paesaggio della valle di Vallio Terme (Brescia).

Sotto, quattro immagini degli interni della villa. L’edificio racchiude otto blocchi che suggeriscono percorsi ed aree domestiche comuni e articolano gli spazi interni e di servizio.


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PAOLO LIVI

Sopra, i prospetti ovest ed est dell’edificio. Sotto, i prospetti nord e sud. Nell’altra pagina, le piante del pianoterra con arredi e del seminterrato.

Nato a Brescia nel 1971, si laurea a Venezia nel 1998. Iscritto all’Ordine degli Architetti di Brescia, dopo alcune rapide esperienze in studi professionali di Venezia e Milano inizia la libera professione nei campi della progettazione architettonica ed urbanistica, con alcune digressioni nel campo dell’interior design. Dal 2000 è consulente del settore urbanistica del Comune di Brescia per lo sviluppo dei principali piani attuativi pubblici e privati e per gli spazi aperti inerenti le principali trasformazioni del territorio. Nel 2009, sempre per il Comune di Brescia, inizia un intenso lavoro per la progettazione delle opere complementari della metropolitana leggera.

Villa L-01 progetto architettonico arch. Paolo Livi progetto strutture ing. Piero Castioni, Sistema Engineering s.r.l. progetto impianti ing. Mauro Carbone, Sistema Engineering s.r.l. superficie coperta 220 mq superficie lorda di pavimento 162 mq superficie utile 126 mq volume fuori terra 450 mc altezza 3.70 m a monte - 6.20 m a valle superficie non residenziale 109 mq di cui 40 mq di portici e terrazze

Metra, serramenti scorrevoli e a battente NC 72.1 STH a battente e NC-S 150 STH Rodos scorrevole sono le due tipologie di serramenti Metra utilizzati; entrambi si sviluppano su tutta l’altezza dell’edificio (2.70 m) e presentano vetrocamera antisfondamento (TL= 69%; FS=0,44; Ug=0,7W/m²K, Uw=1,35 W/m²K). In particolare, gli scorrevoli NC-S 150 STH Rodos sono realizzati con profilato di 100 mm di spessore, che consente pesi fino a 300 Kg, e nodo centrale in 2 varianti costruttive: la prima ha elevate performance d’isolamento termico della sezione; nella seconda, invece, a scorrevole aperto, non sono visibili i profili termoplastici in quanto mascherati da profilati in alluminio.

Tutto il fronte sud è caratterizzato da grandi vetrate e da una serie di lamelle frangisole orientabili e impacchettabili in alluminio verniciato MD 400 Model System, che consentono la modulazione della luce solare e evita il surriscaldamento estivo. Tale sistema di schermatura è presente anche in corrispondenza delle bucature del fronte nord. Un sistema elegante e efficiente, che permette anche di diminuire l’uso di energia per l’illuminazione.

www.metra.it

Progetto Sole di Lino Martin - www.progettosole.it

Schermature solari Progetto Sole


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Leggera come un velo >>> dalla prima pagina

Negli ultimi decenni, la copertura ha acquisito un ruolo di particolare rilievo nello sviluppo delle architetture emergenti. In questi interventi si rileva la tendenza al raggiungimento delle migliori prestazioni energetiche, di alti comfort termo-igrometrici interni e di elevate performance acustiche, oltre alla scelta di adottare specifiche soluzioni per ridurre i consumi, attraverso l’integrazione in copertura di dispositivi quali pannelli fotovoltaici. Grazie alle tecnologie innovative disponibili sul mercato, la ricerca estetica ha fatto passi da gigante nelle realizzazioni architettoniche degli elementi di copertura. Attualmente, non vi è più una netta distinzione tra l’elemento verticale di facciata e la chiusura in copertura. A volte si tratta di pelli fluide, pensate con l’ausilio di modelli tridimensionali, che si srotolano sull’edificio: forme organiche in cui l’involucro consiste di un unico elemento che fonde in sé facciata e copertura, non permettendo una lettura singola di questi due elementi.

Tra questi, particolarmente interessante è lo Yas Hotel, progetto firmato dallo studio newyorkese Asymptote Architecture, all’avanguardia nell’innovazione tecnologica in campo architettonico. Gli architetti Hani Rashid e Lise Anne Couture hanno sviluppato il progetto alberghiero all’interno di un intervento di più ampio respiro relativo al nuovo circuito automobilistico di Formula 1 ad Abu Dhabi. Si tratta di un complesso architettonico di 85mila metri quadrati, commissionato allo studio newyorkese da Aldar Properties, a partire da un concorso a inviti di due anni prima. La Formula 1 diverrà uno dei più importanti eventi sportivi negli Emirati Arabi. In questo scenario i progettisti hanno creato un’icona, traendo ispirazione dalle forme associate al concetto di velocità, e cercando di ottenere una risposta architettonica all’ “arte e poetica della velocità”. Nel 1909, Filippo Tommaso Marinetti pubblicava su Le Figaro il manifesto del futurismo: “…noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità”.

Queste parole sembrano voler guidare questo coraggioso progetto, pensato per vivere la velocità e far vivere spazi in velocità: 500 camere, tutte singolarmente affacciate sul circuito di Formula 1 per poter assistere in diretta al Gran Prix. L’edificio consiste di una copertura curvilinea in acciaio e vetro che si estende per 217 metri, composta da 5800 pannelli vetrati, romboidali, orientabili, fissati alla struttura metallica. Un involucro esteso, che conferisce una percezione di leggerezza, vela l’intero complesso sottostante: due strutture dedicate all’ospitalità e un ponte con struttura a monoscocca in acciaio, che sovrasta la pista automobilistica e collega i due edifici alberghieri. “Una perfetta unione ed armoniosa interazione tra spettacolo ed eleganza” è l’espressione che usa Hani Rashid per definire il progetto. L’esterno è pensato come una pelle che di giorno riflette il cielo e le presenze circostanti e di notte è illuminata da un sistema a LED che produce effetti ottici, riflessioni colorate e video che contrastano con gli elementi naturali

circostanti, trasformando l’edificio in evento. Un progetto ambizioso e innovativo, con una costruzione terminata in soli 18 mesi, grazie ad un cantiere operativo 24 ore su 24 con turni di 7 giorni su 7. Un’icona della velocità a poca distanza dal deserto per “celebrare Abu Dhabi come un centro culturale e tecnologico”.


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coperture / Alubel

L’ultima proposta Produrre coperture metalliche ad uso soprattutto industriale: è questa la “rivoluzione” Alubel verso la fine degli anni ’80. Da allora la ricerca non si è mai fermata, realizzando prodotti al passo coi tempi. Come Alugraf, una lastra con giunto a labirinti con recupero d’acqua in gronda a totale tenuta, in qualsiasi condizione atmosferica: la risposta alle nuove progettazioni con tetti piani o a bassa pendenza in un’epoca di cambiamenti climatici. Tek 28, l’ultima proposta aziendale, assicura ottima tenuta termica e acustica unite a proprietà anticondensa e di calpestabilità: alla versione grecata Alubel 28 aggiunge uno strato di coibentazione in poliuretano ad alta densità. In un momento di espansione del fotovoltaico, infine, è stato realizzato Eneral, un sistema di elementi in estruso di alluminio per l’applicazione di impianti fotovoltaici sui sistemi di copertura Alubel. www.alubel.it

Damiani Legnami

Sinergie legnose YAS HOTEL Committente Aldar Properties PJSC, Abu Dhabi Progetto Asymptote Architecture, New York Direzione lavori Mick McConnell, Andrew Drummond Project Manager Theo Sarantoglou Lalis, Constantin Doehler, Matthew Utley Project Team Danny Abalos, Keehyun Ahn, Sebastian Andia, Bernardo Crespo, Greg Derrico, Reed Finlay, , William Garcia, Armand Graham, Moritz Greiling, Justine Groves, John Guida, Kurt Hanzlik, Robert Hendrick, Tyson Hosmer, Robert Ivanov, Jeremiah Joseph, Feby Kuriakose, David Lessard, Sophie Luger, Brooks McDaniel, Jonathan Podborsek, Klaus Ransmayr, Ben Ritter, Greg Spaw, Ariane Stracke, Linda Stromgren, Kyle Stover,Tae-Hyung Park, Martin Zangerl, Christoph Ziegler Local Architects Dewan Architects & Engineers, Abu Dhabi Tilke & Partners W.L.L., Dubai Structural Engineers Dewan Architects & Engineers, Abu Dhabi ARUP, New York Gridshell Engineers Schlaich Bergermann und Partner (SBP), Stuttgart Waagner-Biro, Vienna Gridshell Building Information Modeling (BIM) Consultant Gehry Technologies, Los Angeles & New York Gridshell Lighting Consultant ARUP Lighting, New York, Amsterdam (Rogier van der Heide, Brian Stacy and Richard Fisher) Façade Consultants Front Inc., New York TAW & Partner, Hamburg Link Bridge Engineers ARUP Bridge, New York Centraal Staal, Groningen, The Netherlands Landscape Design: Cracknell Landscape Architects Interior Design Consultants Jestico + Whiles, London Richardson Sadeki, New York De8 Architetti, Bergamo, Italy Lighting Consultants LAPD Lighting Design, Hertfordshire, UK Bartenbach LichtLabor GmbH, Innsbruck, Austria Red Engineering Middle East, Dubai ARUP Lighting, New York Gridshell Wind Engineers: Wacker-Ingenieure, Birkenfeld, MEP Engineer: Red Engineering Middle East, Dubai, UAE

DAMIANI LEGNAMI SPA - DAMIANI HOLZINDUSTRIE A.G. - TEL: 0472/200055 FAX: 834445 - ZONA IND.LE/INDUSTRIEZONE 39042 BRESSANONE/BRIXEN PROJEKT: 00002

POS: 002

KUNDE:

BAUST: Deteil Mauerbank

PLAN: 004

007 Laufnummer Maßstab: 1 : 25.000

Si presenta con un’estetica molto snella all’esterno e tecnologicamente avanzato il doppio tetto di Damiani Legnani. È stato ingegnerizzato affinché i correntini orditura secondaria - interni non sporgano in gronda, ma si fermino in banchina. Questo garantisce la perfetta tenuta all’aria, perché la guaina del tetto può essere facilmente posata e collegata alle pareti senza dover essere prima bucata dai correntini, che sono posati in una seconda fase. Per rispondere alle richieste del mercato delle case in legno, in forte crescita, l’azienda di Bressanone, che commercializza legname all’ingrosso con il marchio Balken, ha inoltre unito le proprie forze produttive e commerciali a quelle di Holz&ko, che realizza edifici e tetti in legno di alta qualità. Tra i progetti frutto di questa collaborazione un lotto del progetto “C.A.S.E.” in Abruzzo. www.balken.it

Brianza Plastica

Ventilazione formato XL È di facile posa grazie alla leggerezza, alla facile manovrabilità e lavorabilità in quota il sistema di isolamento termico per coperture a falde Isotec, studiato per interventi di bonifica e recupero di tetti e per la realizzazione di nuove superfici. La sua installazione permette di realizzare rapidamente un impalcato portante, termoisolante, microventilato e impermeabile alle infiltrazioni accidentali del manto di copertura. Il nuovo modello XL, con un correntino di 4 cm, assicura una ventilazione di oltre 200 cmq/m di gronda, dunque permette di accrescere le condizioni di benessere termoigrometrico nella stagione estiva, favorendo lo smaltimento del calore trasmesso dal manto di copertura, e quello dell’umidità in inverno, evitando la formazione di muffe e fenomeni di condensa. www.isotec.brianzaplastica.it

Prefa

L’investimento rende

Nelle immagini: lo Yas Hotel di Abu Dabi. L’edificio ha una copertura curvilinea in acciaio e vetro che si estende per 217 metri, composta da 5800 pannelli vetrati, romboidali, orientabili fissati alla struttura metallica.

La scuola Leonardo Da Vinci di Gruaro (VE) ha scelto in copertura un sistema fotovoltaico Prefa che integra la tegola in alluminio con il nuovo sistema fotovoltaico. L’edificio presenta la falda sul lato Nord-Ovest di color antracite e quella a Sud-Est con tegole integrate con celle monocristalline che assicurano un alto rendimento. L’intero impianto risulta praticamente impercettibile alla vista e ha una potenza di 15 kWh. L’intervento è un vero investimento di veloce rientro economico: il costo di 10 mila euro per ogni rata del mutuo avrà un corrispettivo di resa pari a 12 mila euro: il compenso per l’energia introdotta nella rete ordinaria. I prodotti sono assicurati per 40 anni contro rottura, corrosione (ruggine) e congelamento, in condizioni di inquinamento ambientale naturale e di posa a regola d’arte da parte di installatori autorizzati. www.prefa.com


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studio del mese / nadia rossi

Un hotel nella nuova Defènse milanese È quasi ultimato il nuovo BH4 Boscolo Hotels che Marzorati ha progettato per Alinvest, gruppo Liuni, alla periferia nord di Milano. Una torre di 91 metri su piattaforma circolare

D

a area degradata a polo di attrazione e distretto futuristico: è la scommessa milanese per l’area di via Stephenson, alla periferia nordovest a ridosso del sito Expo. Una zona che si sta rapidamente trasformando con l’avvento della multisala Certosa progettata dall’architetto Giancarlo Marzorati (oggi Uci Certosa), del grattacielo di Alleanza Assicurazioni e della torre, in costruzione, dell’hotel Bh4 del Gruppo Boscolo, nuovamente dell’architetto Marzorati. Un progetto che nel giugno 2009 gli ha fatto meritare il Real Estate Award, “Mattone d’oro”, quale “migliore progetto turistico alberghiero”. La torre che si eleva per 91 metri poggia su una piattaforma circolare di 44 mt di diametro; la superficie totale della struttura è di 14mila mq per le diverse funzioni fuori terra e si fonda su palificazioni di supporto di una platea in cemento armato sulla quale si elevano i pilastri verticali di forma circolare in acciaio e cemento armato gettati in opera. Gli impalcati di orizzontamento in cemento armato pieno fungono da barriera acustica tra i diversi livelli con l’abbinamento a corposi materassini in lana di roccia e sottofondi coibenti. In sommità, la copertura dell’ultimo livello si estende oltre la dimensione del parallelepipedo sottostante con un brie-soleil realizzato con doghe di alluminio sagomato. Le facciate sui quattro fronti sono risolte da superfici costituite da vetri fra loro complanari, serigrafati con toni verde-azzurro e righe di diversa larghezza che si interrompono appena per consentire le finestrature delle camere. Una tecnica di “cellula” prefabbricata consente un montaggio veloce senza l’ausilio dei ponteggi: gli elementi sono completi di controparete interna in lamiera con coibentazione in fibra di grande spessore. Il comfort della camera è raggiunto con elevate qualità di isolamento termico e acustico, con doppie pareti tra le camere e verso i corridoi con coibentazioni a diversa intensità, isolamento pavimenti, soffitti con altrettanta qualità. In facciata sono

Torre Alinvest committente Alinvest SpA, Gruppo Liuni progettista arch. Giancarlo Marzorati - Sesto S.G. (MI) dir. lavori Egm Global Services & Consulting prog. strutture ing. Stefano Rossi - Milano prog. impianti Texer - Milano prog. acustico Biobyte - Milano impresa costruttrice Edilbasso - Loreggia (PD) facciate Permasteelisa Group - Vittorio Veneto (TV) impianti termici, elettrici Alpiq Holding - Svizzera rivestimenti e pavimenti Liuni - Milano strutture metalliche Mc Master - Caselle dal Tivole (TV) cartongessi Atir - Chiesina Uzzanese (PT)

ricavate nicchie con rientri vistosi dal paramento esterno che diventa a vetrata complanare sempre del tipo a doppia camera, che denunciano all’esterno le posizioni di suite a due livelli con i soffitti in Alucobond rossi ben visibili a sottolineare marcatamente l’episodio. Anche l’immagine notturna è stata oggetto di una progettazione accurata al fine di prevenire in corrispondenza delle nicchie l’illuminazione che dilava la facciata verso l’alto con sistemi a led capaci di variazione cromatica a incrementare l’effetto suggestivo. Ai primi tre piani, la facciata del corpo circolare è completamente in vetro con a vista la struttura a croce (losanga) in acciaio posta all’esterno dei vetri e ricoperta in Alucobond colore acciaio. Le scale di emergenza per lo più esterne, sono in acciaio zincato e rinchiuse da superfici in alluminio poi ricoperte con essenze rampicanti (edera, ampelopsis). Il verde arreda e completa l’esterno del

piano terra nella zona di arrivo, della ristorazione esterna, delle alberature che preludono la piazza. La pensilina d’ingresso è disegnata come una grande foglia con un’asta di supporto infissa al piede in colore rosso. Livelli e servizi L’edificio si compone di due livelli interrati destinati a parcheggio e a spazi di servizio. Sopra, una “piattaforma circolare” comprende i primi tre livelli destinati all’attività di ricevimento, di accoglienza e congressuale. Al piano terra si trovano la hall e i supporti di attesa, di servizio e di intrattenimento nella lobby che collega autonomamente i due livelli superiori di convegnistica, nonché la parte destinata alla ristorazione. I due piani sovrastanti comprendono 6 sale meeting da 30 a 150 posti con la possibilità di unirle per esigenze di maggiore pubblico. Al terzo piano si trovano inoltre la Spa e uno spazio

benessere, mentre il superiore livello piloty sfrutta la piazza di copertura del volume circolare con finalità di intrattenimento in un roof garden accogliente e discreto rispetto alla quota esterna. In continuità, l’elevazione del corpo verticale delle camere si eleva per 16 piani, ciascuno dei quali ospita 20 camere con eccezione per i livelli con le suites e con camere particolari. Sulla sommità è presente il bar “belvedere” che spazia la vista della città, dal suo

simbolo, la “Madonnina”, alle montagne che incorniciano la pianura. Meritano una nota gli aspetti di rispetto ambientale e risparmio energetico che connotano la struttura. Pozzi che raggiungono la prima falda d’acqua sfruttano la temperatura di prelievo e di restituzione e mediante pompe di calore permettono di raggiungere la temperatura necessaria per i fluidi primari di alimentazione, sia calda sia fredda in base alle stagioni.

Sopra, una vista dall’alto con il brise-soleil realizzato con doghe di alluminio sagomato (render). A sinistra, sezione della struttura della torre con i 16 livelli di camere. Ai due piani interrati si aggiungono i tre della base circolare con le aree dedicate all’accoglienza, alla ristorazione, alla convegnistica e al benessere.


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e

Il basamento ha forma circolare e si sviluppa su tre livelli. Al piano terreno (nella pianta) si trovano l’accesso principale con la lobby di grande dimensione planimetrica e altimetrica e l’area dedicata alla ristorazione. A sinistra, render della vista esterna del basamento della torre e della pensilina d’ingresso, disegnata come una grande foglia con un’asta di supporto infissa al piede in colore rosso.

Sotto, le foto mostrano l’avanzamento dei lavori. È interessante notare che, grazie a una tecnica di cellula prefabbricata, il montaggio della facciata avviene senza l’ausilio di ponteggi e in modo rapido.

GIANCARLO MARZORATI Architetto sestese di nascita e professione, si laurea al Politecnico di Milano. La sua progettazione architettonica pone particolare attenzione alla ristrutturazione di edifici storici, al disegno di spazi d’interesse collettivo e di intrattenimento e agli ambienti di lavoro. Tra i suoi progetti; gli Auditorium di Milano, Bologna e Courmayeur, la sede di Impregilo spa, il ponte sul Po a Castelvetro (il più lungo d’Italia ad arco), il riuso di capannoni Falck e ill dipartimento della comunicazione della Statale di Milano.

Uno schizzo realizzato dall’architetto Marzorati, che mostra l’idea di partenza: un particolare della struttura che sarà progettata.


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progetto del mese / atto belloli ardessi

Dal Palazzo dell’Arengario al Museo del Novecento Rinnovato ma immutato all’esterno, da cui è già visibile la grande rampa di 140 metri che ne ridefinisce la funzione introducendo alle lunghe sale espositive

I

l Palazzo dell’Arengario a Milano è stato costruito nell’arco di un ventennio: dal 1936 (anno di pubblicazione del concorso) al 1956 (anno di apertura degli spazi dedicati all’Ente Provinciale del Turismo). Portaluppi, Griffini, Muzio e un giovane Magistretti, a lato di piazza Duomo, disegnano un edificio costituito da corpi simmetrici e contrapposti di forma rettangolare. Dopo la seconda guerra, l’immagine dell’edificio risulta particolarmente ingombrante per la sua esplicita espressione del regime fascista. Al 1947 risale la demolizione dell’arengo vero e proprio, mentre negli anni

successivi sono attuati i lavori di adeguamento degli ambienti interni, su progetto di Melchiorre Bega. La struttura portante definitiva è composta da pilastri in cemento armato, posati su fondazione a plinto, murature di chiusura e partizione interna in laterizio forato, con copertura a tetto a padiglione. Il Palazzo dell’Arengario è costituito da due corpi di fabbrica che si affacciano sulla piazza, dando vita a una scenografia contrapposta, rispetto all’arco della Galleria che porta verso via Marconi e piazza Diaz. L’architettura dei due padiglioni è caratterizzata dalle facciate

rivestite in marmo (di Candoglia), facciate aperte al primo e secondo livello da una doppia serie di alte arcate a tutto sesto, caratterizzate da cornici a motivo vegetale intrecciato, opera dello scultore Arturo Martini. Il Palazzo e la sua matrice fascista concedono poco spazio alle decorazioni, limitate alle raffigurazioni ad altorilievo distribuite lungo la parte basale del portico. Nel 2000 a seguito del piano di riordino di tutti i musei civici, l’Amministrazione Comunale ha avviato il progetto di restauro e modifica d’uso dell’edificio. Il progetto di concorso e di esecutivo è stato diretto dal Gruppo Rota con:

Italo Rota come capogruppo, Emmanuele Auxilia, Fabio Fornasari e Paolo Montanari. In qualità di Consulente per l’Interior Design è intervenuto Alessandro Pedretti. Mentre la susseguente direzione artistica e la sua realizzazione sono state curate da Italo Rota e da Fabio Fornasari, assieme ad Alessandro Pedretti, responsabile degli interni e dell’illuminazione. Dopo 25 milioni di euro spesi e 8 anni di cantieri, il cosiddetto Arengario cambia denotati e connotati. Tra il 4 e il 6 dicembre 2010, il Palazzo diventa sede allestitiva di collezioni e archivi appartenenti al comune di Milano

Studio Italo Rota & Partners, Arengario, sezioni architettoniche, per la costituzione del Museo del Novecento nel Palazzo dell’Arengario, Milano 2002-2010, courtesy Italo Rota.

20,60 14,60 10,40 7,40 4,40 0,00 -4,80 -7,40

(nel numero di circa 15-20.000 tra dipinti, sculture, documenti, allestimenti e libri rari). Nasce così il nuovo Museo delle Arti del Novecento. Attualmente 400 opere d’arte italiane e straniere, lavori che spesso mantengono un legame significativo con Milano, sono visibili al pubblico su una superficie complessiva di 8000 metri quadri, 570 dei quali dedicati agli Archivi del Novecento e collocati per estensione al secondo piano di Palazzo Reale. Il percorso storico che inizia dalle avanguardie del primo Novecento e termina con l’arte cinetica degli anni Cinquanta-Sessanta,


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Identità estetica meneghina Apre il Museo del Novecento all’Arengario. Grandi spazi per un percorso dell’arte italiana di matrice storica ITALO ROTA Italo Rota, 57 anni, milanese, si laurea in architettura al Politecnico di Milano. Dopo aver vinto il concorso per gli spazi interni del Musée d’Orsay alla fine degli anni Ottanta, si trasferisce a Parigi, dove cura anche la ristrutturazione di alcune sale del Louvre e lavora con Gae Aulenti alla ristrutturazione del Museo d’Arte Moderna al Beaubourg. Nel 1996 rientra a Milano e inizia una collaborazione con diverse aziende del mondo del design. Nel 2008 firma la prima edizione del Museo del Design alla Triennale di Milano. Numerosi i progetti in corso di realizzazione o recentemente completati come il Boscolo Exedra a Milano (2009), il Boscolo Palace a Roma (2010), il rinnovamento della Stazione Marittima di Palermo, il tempio indù di Lord Hanuman in India (2009) o la riconversione di un complesso siderurgico sempre in India. Molto diversi tra loro per scala e tipologia, i lavori dello Studio Italo Rota & Partners sono riconoscibili per la stretta compenetrazione tra spazio e movimento generata da linee audaci, l’uso particolare della luce e la scelta dei materiali frutto della lunga esperienza maturata negli allestimenti e nella progettazione di strutture temporanee.

comporta una superficie espositiva che si estende per 6000 metri quadri distribuiti lungo quattro piani, di cui circa 1500 mq al secondo piano del Palazzo Reale. Oltre agli spazi adibiti all’esposizione ciclica di collezioni, al piano terra, attraverso vetrine visibili dalla strada, è stato previsto uno spazio per esposizioni temporanee e per approfondimenti del patrimonio artistico esposto, mentre al piano -1 si trova una

Museo del Novecento Via Marconi 1 - Milano Orari: lun 14.30/19.30 mar-dom 9.30/19.30 gio-sab fino alle 22.30 www.museodelnovecento.org

In apertura, un’immagine dell’Arengario e, a destra, la rampa scenografica disegnata da Italo Rota per il nuovo museo (foto A. Pedretti). A destra, la “bambina che gioca” di Aldo Bergonzoni (terracotta, 1933) accompagna il visitatore alla rampa che sale alla sala Fontana, all’ultimo piano della torre dell’Arengario, con il neon di Lucio Fontana, del 1951 (sotto). Nelle altre foto, le sale del primo e del secondo piano dell’Arengario.

saletta per conferenze e alcuni spazi per la didattica multimediale, con programmi di simulazioni scultoree per ipovedenti. Difatti sono due le attività che animeranno il Museo: la didattica e gli archivi. Futuro e passato. Ma per Italo Rota, intervistato una decina di giorni prima dell’apertura, la vera anima del Museo del Novecento resta quella di un luogo per la storia ma anche per il futuro. È il futuro a dover rimanere il nostro

grande progetto, più importante dello stesso Museo del Novecento, edificio che deve prevedere l’attività di conservazione di alcuni capolavori rimanendo al passo con l’obsolescenza. Uno spazio all’interno del quale l’architettura crea sensazioni per collettività senza territorio. Community che pongono al centro aggregante della loro identità la cultura degli oggetti e la loro sopravvivenza alle prossime civiltà.

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e oltre 400 opre che dai primi di dicembre trovano ospitalità nel nuovo Museo del Novecento a Milano formano un percorso dell’arte essenzialmente italiana di matrice storica. Nei difficili, imponenti saloni del Palazzo dell’Arengario è dunque possibile visitare complanarmente: una sezione dedicata alle Avanguardie internazionali con dipinti di Picasso, Braque, Klee e Kandinskij, Laurens e Modigliani per poi accedere alla prima sala dedicata al Futurismo. Il percorso è contrassegnato dalla presenza di sezioni monografiche, tra cui quella di Umberto Boccioni, con una collezione di opere unica al mondo. Segue l’arte degli anni Venti e Trenta, tra Novecento e Astrattismo con monografie di de Chirico, Morandi, Martini e Melotti, mentre a Lucio Fontana è stato dedicato il grande salone della torre dell’Arengario. Questa sala è stata progettata come un’enorme opera ambientale allo scopo di allestire in modo rispettoso il soffitto del 1956 proveniente dall’Hotel del Golfo dell’Isola d’Elba e concesso in deposito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nonché il Neon di proprietà della Fondazione Fontana e i Concetti spaziali degli anni Cinquanta. Al terzo piano si trova una sala dedicata a Burri e alle opere degli

anni Cinquanta e Sessanta dei maggiori maestri italiani (Vedova, Capogrossi, Novelli, Tancredi, Accardi). La sezione conclusiva, invece, comprende oltre 1200 metri quadri situati nella manica lunga al secondo piano di Palazzo Reale e collegati all’Arengario da una passerella sospesa. Questa parte del museo è dedicata agli anni Sessanta, con una grande sezione riservata all’Arte Cinetica e Programmata con una serie di ambienti del Gruppo T, per continuare con la Pop Art italiana e con i dipinti di grande formato della Pittura Analitica. La fine del percorso espositivo ospita l’Arte Povera e opere di Luciano Fabro. Nella stessa ala sarà poi trasferito il Museo Marino Marini, attualmente collocato a Villa Reale. Nell’intento di creare un cuore sistemico dell’arte italiana a Milano, il Museo del Novecento prova ad omogeneizzare la visione unificatrice della temporalità contemporanea con le molte pagine della Storia, dotandosi, al proprio interno, di letture interdisciplinari delle opere e di approcci curatoriali comparati. Elementi che mirano a rafforzare un’identità estetica meneghina, da anni eccessivamente ubiqua, attesa e forse troppo immaginata. Ginevra Bria


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archimostre /

Avvolte da un velo inossidabile Le reti metalliche GKD sono protagoniste dell’estro creativo di Dominique Perrault, al quale è dedicata un’esposizione all’Opera City Art Gallery di Tokyo

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rasparenza e riflessione, morbidezza e potenza caratterizzano una superficie funzionale come la “pelle tessile” realizzata con le reti metalliche, che permettono inedite interpretazioni di design sia all’esterno sia all’interno degli edifici. Un’applicazione alla quale diede il via l’architetto francese Dominique Perrault alla fine degli anni Ottanta: il suo progetto che utilizzava come segno stilistico principale le reti di GKD si aggiudicò il concorso internazionale per la Très Grande Bibliothèque, la Biblioteca Nazionale di Francia, a Parigi. Da allora le reti metalliche sono diventate uno strumento fondamentale per esprimere la sua visione architettonica di fusione tra edificio e ambiente, applicato a progetti come il Centro sportivo per il nuoto e il ciclismo a Berlino, La Corte Europea di Giustizia in Lussemburgo e lo Stadio di Madrid. Nel 2008 il Centro Pompidou di Parigi ha ospitato la mostra più importante delle sue opere. A distanza di due anni, la Tokyo Opera City Art Gallery dà seguito al successo dell’esposizione francese, ospitando dal 23 ottobre al 26 dicembre 2010 Dominique

Perrault: Urban Landscapes. Una selezione dei suoi lavori, in coincidenza con il completamento del primo progetto di Perrault in Giappone, l’edificio per uffici Fukoku Seimei a Osaka. La Biblioteca Nazionale di Francia è il punto di partenza dell’esposizione, in un ambiente caratterizzato da un’atmosfera minimalista, con video e modelli dei progetti elaborati in quindici anni, suddivisi in tre aree tematiche. La mostra focalizza l’attenzione sulla filosofia progettuale di Perrault, che enfatizza il legame tra architettura e ambiente naturale. Le aree tematiche sono suddivise da una scansione di dodici tessuti metallici GKD Escale 7x1 lunghi oltre sei metri appesi al soffitto. Ancora, cinquanta paralumi realizzati con sottili maglie metalliche di tessuto ondulato e filtrante sottolineano il legame creativo con i tessuti di acciaio inossidabile. Il mockup in vetro della Fukoku Tower crea il collegamento con l’oggi. L’architettura di Perrault è mostrata anche attraverso la proiezione su schermo di brevi filmati realizzati da Richard Copan.

La rete metallica dorata della facciata fa delle due torri della Corte Europea di Giustizia a Lussemburgo un riferimento chiaramente visibile. All’interno dell’aula principale, si stende sopra le sedute un colossale “velo” GDK (foto in basso a sinistra).

A destra in basso, La Biliothèque Nationale de France è stato il primo edificio in cui Dominique Perrault ha utilizzato la maglia metallica come elemento stilistico e come protezione dal sole, contribuendo a creare la giusta atmosfera per la lettura.

soluzioni per il retail /

Estrema semplicità strutturale Le serrande e griglie avvolgibili Hörmann mostrano la propria robustezza e affidabilità nell’uso quotidiano. Il design elegante e la struttura “salvaspazio” ne fanno la soluzione ideale per la chiusura di spazi commerciali

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a serranda è la protezione della vetrina, dell’ingresso di un negozio, la chiusura di un esercizio commerciale o di un garage. Un oggetto semplice ed elementare, che assicura un elevato ricambio dell’aria e un maggiore contatto visivo, al quale si chiede di mostrarsi piacevole nonostante il suo ruolo di “barriera”, resistente e affidabile nello svolgere il compito di protezione e longevo nel suo aprirsi e chiudersi quotidiano. Ed anche che queste ultime operazioni si svolgano nel modo più semplice e senza rumori o “strattoni”, difficilmente indici di qualità e lunga durata. Per rispondere a queste caratteristiche, qualsiasi sia il materiale che lo compone, deve avere una struttura di assoluta semplicità, costituita da pochi, robusti componenti. Le chiusure Hörmann mostrano ogni giorno la propria affidabilità, come la griglia HG-L, avvolgibile, leggera e compatta, caratterizzata da un manto a nido d’ape realizzato con profili sagomati ad omega in alluminio o laminato a lucido e profilo orizzontale.

Il design elegante e la particolare struttura “salvaspazio” ne fanno la soluzione ideale per la chiusura di negozi, in particolar modo all’interno di centri commerciali. La contraddistinguono griglie e giunture in alluminio con rinforzi trasversali, che la rendono estremamente sicura. In caso di funzionamento automatico, è inoltre dotata, di serie, di costa di sicurezza e protezione anti-trascinamento che impedisce eventuali lesioni alle persone e danneggiamenti alla chiusura stessa. Qualora venga utilizzata in garages, sotterranei o in aree di transito di carrelli elevatori, assicura una maggiore protezione la dotazione di una griglia accessoriata con una fotocellula (optional). La protezione antisollevamento è di serie. Su richiesta è disponbile nei colori della gamma RAAL, NCS oppure secondo DIN 17611, anodizzato in tonalità naturale (E6/EV1). Le sue dimensioni massime possono essere di 9000 mm di larghezza per 5500 di altezza e il peso del manto è di circa 6,5 kg/mq.

Le serrande e le griglie avvolgibili Hörmann in alluminio, acciaio e acciaio inox proteggono senza isolare e offrono la completa visione dell’ingresso o della vetrina del negozio o del centro commerciale. Sono economicamente convenienti grazie alla loro struttura semplice e dimostrano quotidianamente la loro affidabilità. Necessitano di spazio limitato sopra il foro muratura, perchè il manto si avvolge, formando un rotolo compatto dietro l’architrave. Ciò significa che sia ai lati sia nella zona del tetto non viene occupato nemmeno un centimetro di superficie utile.


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new destinations /

Naturalmente in Cina Un progetto totalmente integrato nella natura sia fisicamente che simbolicamente. È l’hotel di LOGh, interni di Lissoni Associati

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lla stessa latitudine delle Hawaii, Hainan, grande quasi una volta e mezza la Sicilia, è l’isola più meridionale della Cina. Il suo clima tropicale, con una temperatura media costantemente al di sopra dei 18° ne ha fatto negli ultimi anni una delle mete preferite del nuovo turismo cinese, con uno sviluppo urbanistico popolato di grandi resort di catene internazionali, in particolare a Sanya, la seconda città dell’isola, affacciata sul Mar Cinese Meridionale. È qui che sorgerà l’hotel di LOGh, il nuovo studio nato dalla collaborazione che Giorgio Loglio (Studio LGL, Monza) e Studio Ghigos hanno avviato proprio su questo progetto. Un progetto totalmente integrato nella natura, sia fisicamente che simbolicamente: l’hotel accompagna il declivio della collina, lo segue

e da esso - letteralmente - prende anche forma. Con il paesaggio si instaura infatti un dialogo serrato, giocato con consapevolezza tra la natura e la sua rappresentazione, tra realtà e artificio, tra costruzione e immagine mentale, alla ricerca

di una mimesi denunciata solo da alcuni puntuali “indizi” architettonici. La collina viene così metaforicamente ridisegnata “a bassa risoluzione”: le sue linee di livello perdono in nitidezza, sfumano e, apparentemente

sgranando, diventano linee spezzate che delimitano il nuovo intervento. È l’architettura che qui si inserisce nel paesaggio ad alta qualità, ma con diversi livelli di sfocatura progettuale. Dalla nitidezza dei due volumi principali, gli unici che svettano oltre il livello stradale definendo un “muro vegetale” e un “giardino di cor-ten” traforato (simulazione artificiale della parete verde prospiciente), alla dispersione delle singole camere nelle terrazze sottostanti, fino alla completa integrazione della SPA nell’ambiente naturale. Si crea così un sistema di insiemi e di sottoinsiemi a plurime connessioni: il sistema dell’accoglienza (la SPA, ma anche la hall e il ristorante gastronomico ubicati nelle due torri), il sistema della residenza e, tra essi, il sistema dei corridoi-evento tematizzati (il giardino di pietre, l’angolo dei sempre-verdi, il cortile olfattivo, la stanza delle margherite per innamorati indecisi…). Ne emerge un’architettura caleidoscopica, che offre diversi livelli di lettura e, seguendo una logica insediativa rispettosa del paesaggio, raggiunge la migliore integrazione con il contesto circostante. Tutto in questo progetto parla italiano: l’architettura, l’integrazione ambientale, gli interni, che saranno realizzati dallo Studio Lissoni Associati, il lusso dell’ospitalità destinata alla nuova borghesia cinese in una integrazione tra spazi esterni e interni, tra costruito e natura che rilegge in chiave contemporanea una cultura millenaria e che può essere il primo passo per salvare una destinazione turistica d’incanto dalla speculazione turistica dei resort da migliaia di camere.

STUDIO LOGH Nasce nel 2010 in seguito alla vincita di due importanti progetti per un’immobiliare cinese e in pochi mesi raccoglie diversi incarichi, alcuni dei quali già in via di realizzazione. LOGh fonde l’esperienza di 35 anni di solida attività professionale dello studio LGL e l’attività altamente sperimentale dello studio Ghigos Ideas, interpretando l’architettura come narrazione e cercando di rendere per una volta concreta l’utopia.

Alcuni render del nuovo hotel: la costruzione si sviluppa lungo il fianco della collina come se le suites ne fossero la prosecuzione “digitalizzata”. Gli spazi aperti creano numerosi momenti di relazione con gli elementi naturali che caratterizzano il sito.

Qui sotto, la sezione mette in evidenza il sistema di ventilazione e climatizzazione dato dall’integrazione con gli elementi naturali.

Di fianco, la planimetria dell’hotel; sotto, diagramma concept, che evidenza il progetto di “digitalizzazione della natura”, e il plastico volumetrico.


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edifici pubblici / nadia rossi

L’energia positiva di Casa Onna L’architetto Giovanna Mar ha progettato gratuitamente il municipio di Onna, innovativo nella forma e nelle tecnologie adottate

È

stato inaugurato lo scorso ottobre il nuovo edificio municipale di Onna, a una decina di chilometri da L’Aquila, progettato a titolo gratuito dall’architetto Giovanna Mar e finanziato dall’Ambasciata della Germania. Nell’esecuzione del progetto, la ricerca è stata rivolta al dialogo tra le moderne metodologie costruttive e il linguaggio architettonico del borgo. L’edificio dalla linea semplice e riconoscibile, si sviluppa su due piani per un volume complessivo di 2.175 mc; la superficie coperta di 335 mq ospita un impianto fotovoltaico dalla superficie captante di circa 120 mq. Il prospetto nord identifica la costruzione: la parete ritmata da elementi verticali e orizzontali si apre con un’unica grande vetrata a chi arriva dal borgo. Ed è nuovamente una grande vetrata concava, con l’ingresso principale dell’edificio al centro, a caratterizzare il fronte est. Il colore bianco dell’edificio rappresenta un segno dell’energia positiva di Casa Onna. Lo spazio antistante l’edificio a nord è stato ridisegnato attorno a tre elementi identitari: l’abbeveratoio, memoria della tradizione, il muro di recinzione in sassi realizzato da una delle giovani vittime del terremoto e il grande albero pre-esistente al sisma, visibile da ogni punto del paese. Tutti gli spazi aperti sono delineati da elementi perimetrali in rete metallica che contengono pietre recuperate dalle case crollate, a simboleggiare la memoria del sisma e la volontà collettiva di ricostruire il paese.

Progetto architettonico Studio Architetti Mar arch. Giovanna Mar con architetti A. Zanchettin (PM), E. De Pieri, L. Messina, P. Omodei, A. Zen Consulenti esterni progettazione impianti Manens Tifs Ingegneria - ing. Roberto Zecchin, Giorgio Finotti, Adileno Boeche con ing. M. Cadorin, P.I. R. Michelotto, ing. Giovanni Crisci, ing. Luca Toso Consulenti esterni strutture Blutec, ing. Luca Boaretto Coordinatore della sicurezza in fase di progettazione ing. Giuseppe Blandino Coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione e responsabile dei lavori ing. Antonello Ricotti Impresa generale Carron Cav. Angelo Strutture in legno Service Legno Impianti elettrici e speciali Elettricità Pilon Impianti termo-meccanici Fiorin Impianti

Casa Onna è realizzata ad alta sicurezza antisismica e risponde a logiche di eco-sostenibilità sia in fase di realizzazione sia durante gli anni di funzionamento, che garantiscono, fra le altre cose, la completa indipendenza energetica dell’edificio. È il luogo di riunione per l’intera comunità: un edificio accogliente che si apre con un’ampia vetrata sulla strada principale del vecchio borgo. Ospita una sala multifunzionale, quattro sale riunioni, un internet point, un ampio foyer e locali di servizio. L’edificio potrà essere utilizzato anche nella gestione delle emergenze da parte della Protezione Civile.

spazi per il lavoro /

adi design index /

Stile e prestazioni in open space Il miglioramento dell’efficienza produttiva che deriva dalla progettazione di spazi di lavoro confortevoli è un dato misurabile ma spesso si tratta di conciliare questo obiettivo con il contenimento dei costi. Gli spazi destinati al lavoro spesso sono ricavati in edifici dove involucro e materiali non erano stati originariamente progettati pensando al confort dei dipendenti o erano stati costruiti per un utilizzo presto reso obsoleto dall’innovazione e dalle conseguenti esigenze di riconversione delle funzioni. È il caso dei nuovi ufffici di CTS cashpro, un’azienda di Bollengo che progetta e produce macchine usate dalle banche per processare le banconote. L’architetto Nicola Giuseppe Tonso dello Studio dueA Srl di Ivrea doveva ricavare gli uffici da un capannone industriale, posto al primo piano di un edificio esistente, con struttura in cemento armato, pavimentazione in calcestruzzo e un open space con ampie vetrate a nastro. Al termine dei lavori di riqualificazione, il capannone è stato trasformato in un locale composto da una zona reception, tre sale riunioni, di cui una “open”, due uffici direzionali, 16 postazioni operative, una sala formazione

con 15 posti a sedere e un’area destinata a sala d’attesa. Tra le soluzioni adottate per ottenere un elevato grado di confort acustico, i controsoffitti acustici Armstrong Building, scelti in un mix che ha contribuito anche alla creazione di un ambiente dal design unico, rendendo immediatamente riconoscibili le funzioni d’uso delle diverse aree: elementi circolari Optima Canopy, alternati a corpi sferici illuminanti, caratterizzano le zone di relax, mentre per la reception, l’area attrezzata a postazioni singole e una delle sale riunioni sono state montate isole Axiom Canopy con Ultima OP Microlook, soluzione che oltre a un ottimo assorbimento acustico, ulteriormente migliorato dalla collocazione “a isola” (le onde vengono assorbite da entrambi i lati del pannello) riflette quasi il 90% della luce ambiente. Le isole incorporano anche i punti luce, semplificando i lavori complessivi di allestimento e manutenzione. Perla di Armstrong Building, dalla bianca superficie liscia e con un coefficiente di fonoassorbenza αW 0.65, è stato scelto infine per gli uffici direzionali e per due delle tre sale riunioni.

Il bello del design

Presentato il 30 novembre, con i suoi 149 prodotti o progetti di servizi l’ADI Design Index 2010 completa la terna di preselezioni per i candidati al prossimo Compasso d’Oro, che si svolgerà a Roma (per la prima volta) nel 2011 in occasione delle celebrazioni ufficiali per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Il termine design appartiene ormai al lessico nazionale, che al significato originario di progettazione ha aggiunto altre impalpabili definizioni, troppo spesso buone per tutte le occasioni. Anno dopo anno, l’Index di ADI è una bussola che ci permette di orientarci individuando il good design e la vera innovazione.

ADI Design Index 2010 a cura di Oscar Colli ADI-Editrice Compositori, 2010 384 pp - euro 40,00


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a scuola di progetto / antonio morlacchi

Il possibile, adesso Più di 7.000 i partecipanti alla diciottesima Autodesk University

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eonardo era un grande inventore, ma il mezzo per volare che lui immaginava è stato realizzato dai fratelli Wright. Con questa riflessione Carl Bass, CEO di Autodesk, ha voluto sottolineare il significato e il valore, in ogni società, dell’innovazione. Che non è invenzione ma rinnovamento, la capacità di realizzare qualcosa di nuovo o affrontare un problema esistente con una nuova soluzione. Tra invenzione e innovazione si colloca il progetto, la cui efficacia è direttamente proporzionale alla capacità di acquisire le informazioni sul mondo reale e alla potenza di calcolo per elaborare e sperimentare le possibili soluzioni. Lontana miglia dagli stereotipi della convention aziendale, la diciottesima Autodesk University che si è svolta a inizio dicembre a Las Vegas è stata un potente evento formativo, con centinaia di corsi dedicati a tutti i mercati cui sono indirizzate le soluzioni Autodesk, tra i quali l’AEC (architecture, engineering, construction) che con l’introduzione del BIM (building information modeling) ha acquistato un peso crescente. Esperienza consigliabile anche solo a chi voglia fare “networking”, avviando nuove relazioni con i professionisti che vi convergono da 45 Paesi, l’AU è punto di osservazione privilegiato dell’innovazione nel senso illustrato all’inizio: non tanto la new thing che verrà ma il possibile adesso. Che sembra proprio essere l’infinite computing di cui ha parlato Jeff Kowalski, chief technology officer di Autodesk. Progetti sofisticati come Vasari e Photofly sono in grado di rendere un completo disegno tridimensionale di un oggetto reale, non importa la scala, a partire da una serie di fotografie. Si compie in questo modo un salto fondamentale dall’acquisizione computerizzata della realtà attraverso la mediazione umana (“inserire i dati”) alla

www.ioarch.it

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Direttore Carlo Ezechieli Direttore responsabile Sonia Politi Comitato editoriale Myriam De Cesco, Antonio Morlacchi Redazione Alice Orecchio, Nadia Rossi, Marcela Velazquez Grafica e impaginazione Roberta Basaglia Collaboratori Daniela Baldo, Alessandro Belgiojoso, Atto Belloli Ardessi, Ginevra Bria, Mara Corradi, Davide Crippa, Alessandro Ezechieli, Alice Gramigna, Nora Fumagalli, Marco Penati, Joe Zaatar

consapevolezza diretta della realtà da parte del computer. Ma di quale computer? In realtà di migliaia di server distribuiti, aumentando a dismisura la capacità di calcolo. È il cloud computing, a sua volta reso possibile dalle reti a banda larga, che oltre ad accrescere la consapevolezza e approfondire la conoscenza del mondo reale, moltiplica le possibilità di simulazione fino a trovare la soluzione ottimale: perchè lo stesso lavoro che un computer può fare in 10.000 secondi viene svolto da 10.000 computer in un secondo. Terza osservazione: l’accessibilità, sempre e dovunque. Con Internet che diventa ubiquo sui nuovi tablets e smartphone il progetto si trova fisicamente in cantiere dove può essere modificato, inviato in studio e tornare in cantiere dopo mezz’ora riadattato. E con la collaborazione a distanza su progetti complessi, già concreta da anni ma agevolata dalla possibilità di appoggiarsi a server remoti su cui possono risiedere anche le applicazioni, rese disponibili in modalità subscription, non importa dove si trovino fisicamente gli studi. Infine la visualizzazione. I software di rendering e animazione acquistano un ruolo centrale nel progetto proprio per le possibilità di simulazione. Non più belle statuine per infiocchettare un’idea e venderla meglio, i personaggi assumono movenze reali, ereditando le caratteristiche più semplici della complessità 3d hollywoodiana, per comprenderne meglio le interazioni con lo spazio progettato. Anche perché, concludendo con un’altra citazione, questa volta di Einstein, non si può risolvere un problema con lo stesso atteggiamento mentale che lo ha creato e simulare, ad esempio, il layout di un grande ufficio è forse più efficiente che lasciarlo fare realmente al capo del personale. Autodesk University è anche online con più di 150 sessioni: http://au.autodesk.com

Editore Font srl, via Siusi 20/a, 20132 Milano tel. 02 2847274 - fax 02 45474060 ioarchitetto@fontcom.it - www.ioarch.it Pubblicità tel. 02 2847274 - fax 02 45474060 pubblicita@ioarch.it Abbonamenti tel. 02 2847274 - fax 02 45474060 abbonamenti@ioarch.it Prezzo di copertina euro 3,20 - arretrati euro 6,00 Abbonamento annuale (10 numeri) euro 25,00 Versamento su c.c.p. 64538911 intestato a Font Srl Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004 Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB Milano Fotolito e stampa Pinelli Printing Srl, Milano

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design / marco penati

Effetto Visionnaire Pionieri nell’uso della Gommapiuma nell’arredamento. Geniali nell’invenzione di mobili prepotentemente ricchi e unici, oggi venduti in tutto il mondo. Di padre in figli, i Cavalli di Bologna hanno costruito una storia d’impresa di eccellenza, tra tecnologia d’avanguardia e recupero di artigianalità di classe

I

PE Cavalli. Innanzitutto sciogliamo l’enigma dell’acronimo: IPE sta per Industria Poliuretani Espansi, e Cavalli è il nome dei fondatori e attuali titolari. Sono a Zola Predosa, vicino Bologna e producono arredi di lusso. Ma alla nascita, intorno agli anni ’50, non era così. I fratelli Pompeo e Vittorio Cavalli avevano, pioneristicamente, abbracciato la missione di diffondere l’uso della Gommapiuma Pirelli nelle sedute imbottite. Ricordiamo, per chi non ne ha cognizione, che prima di allora in una poltrona ci finiva di tutto: paglia, ovatta, crine, corda e quant’altro promettesse un minimo di comfort. Cascami di altre lavorazioni e materiali di dubbia qualità. La rivoluzione, come tale, ha bisogno di convincere a usare il nuovo e dissuadere dall’impiegare ancora il vecchio. I fratelli Cavalli si rendono conto che, mentre tentano di convincere gli altri, hanno spazio per promuovere se stessi, e la loro posizione di avanguardia. Decidono di fondare una azienda che produca componenti stampati in Gommapiuma. Non si rivolgono al mercato dell’arredamento, ancora immaturo, ma a quello automobilistico. E diventano fornitori Lancia. La crescita è vertiginosa, come spesso avveniva in quegli anni. Ma la battuta d’arresto altrettanto repentina. Con l’ingresso di Fiat nella gestione di Lancia, IPE è costretta in cinque mesi a riconvertire l’attività. Il settore di naturale contiguità è l’arredo. E IPE (non ancora IPE Cavalli) si presenta al primo Salone Del Mobile di Milano del 1961. L’azienda supera le difficoltà e comincia a produrre i primi divani e poltrone in Gommapiuma della storia dell’industria italiana. Di sicuro il cambiamento è così radicale e profondo da influenzare forme e sviluppi futuri nel gusto e nel design. I prodotti di IPE sono avvolgenti e sinuosi perchè lo consente la tecnica della Gommapiuma. Sul finire degli anni ’70 entra in azienda Luigi, il figlio di Vittorio. La sua naturale, giovanile voglia di fare lo porta a presentare una propria collezione nel mitico padiglione 30 del Salone, riservato al design. Al 4° piano, sopra i big dell’arredamento, che stanno al terzo, è considerato la palestra degli emergenti che mordono il freno. Negli anni ’90 la situazione si fa complessa. In Europa si afferma la grande distribuzione, e il sistema produttivo piuttosto rigido delle grandi aziende del made in Italy ne soffre. Luigi assume la presidenza della società, mentre al figlio Leopold, dottore in economia a soli 23 anni è assegnata la carica di CEO e l’arduo compito di riorganizzare la struttura e portare l’azienda da produttore a editore di eccellenza. Una scelta che si rivela vincente e cruciale per l’azienda. Il compito della

Chester Dudley living room, allestimento ad Abitare il Tempo 2010, Verona.

figlia di Luigi, Eleonore, architetto, è invece quello di curare e coordinare l’immagine dell’azienda e sviluppare la comunicazione del brand. Ed è Leopold, che prima di assumere questo incarico si è fatto anni di esperienza in società francesi e italo-americane del settore, che incontra i designer milanesi Samuele Mazza e Alessandro La Spada. Siamo intorno al 2003, e loro stanno elaborando per proprio conto un concept di ambiente totale improntato al lusso e alla ricerca di materiali e forme che diano luogo a mobili eclettici, che raccolgano in sè le suggestioni

I titolari di IPE Cavalli e alcune foto storiche dell’azienda: il “salotto per bambini” Tele-Baby e la poltroncina Kosmo.

e i rimandi evocativi di diverse stratificazioni culturali. I Cavalli investono tutto in un nuovo marchio: Visionnaire I mobili Visionnaire sono ricchi. La loro ricchezza sta nell’uso sapiente e originale dei materiali, al loro accostamento prepotente ed equilibrato a un tempo. Non sono barocchi o minimalisti. Hanno contemporaneamente un mix di entrambi, ma anche un sommarsi di tecnologia d’avanguardia e di perizia artigianale, a volte giustapposte nel concorrere a un effetto finale unico e spiazzante. Sempre si ricerca l’effetto originale, la risposta

inusuale nella percezione di una superficie, di una forma. L’acciaio cromato si somma al legno laccato, il vetro di Murano si lacca e si incastona nel mobile, i velluti coprono le imbottiture e si alternano alla pelle nello stesso prodotto. Marmi e specchi, cristallo e corno, nulla sfugge alla sperimentazione e alla pirotecnica proposta di ambienti che vedono contemporaneamente la presenza di voluttuosi divani e asettici tavoli in vetro, mobili decorati a ramages e altri, purissimi, di volume assoluto in specchio, che si annullano. Il successo è folgorante. I visitatori, gli addetti ai lavori del Salone del Mobile del 2005, colgono la novità e chiedono l’esclusiva per tutti i Paesi dove operano. L’architetto Eleonore elabora l’acronimo, ribattezzandolo: Impresa Per Entusiasti. Il suo lavoro è di comunicare questa prepotente capacità che ha l’azienda di produrre nuove idee uniche e di eccellenza, puntando su eventi e inaugurazioni di nuovi shop in giro per il mondo. Oggi, in qualsiasi parte del mondo, nelle città più importanti, soprattutto nei Paesi emergenti, esiste un negozio Visionnaire. In Oriente, a partire dal medio fino all’estrema India e Cina, i mobili Visionnaire sono l’equivalente delle automobili, dei vestiti, del cibo italiani. Una concezione della vita fatta del gusto di concedersi, potendolo, il meglio del bello e del buono. Ci sono le copie. Un esempio soltanto. Il piedino a lancia in acciaio tagliato a laser e cromato, da solo ha dato la stura a tutta una serie di imitazioni che sono arrivate fino al mass market. Una famosissima casa di distribuzione svedese, pur trattando design democratico, ne ha applicato uno ad un suo tavolino. Ma sono episodi. Inimitabile è invece il complesso di cose, indefinibile, che fa di Visionnaire quello che è. Una ricetta, a farla semplice, che gli stessi Cavalli non saprebbero trasmettere razionalmente. Come per tutte le cose che nascono da intuizioni, e crescono con il tempo, c’è un segreto occulto che è appannaggio della sensibilità e della genialità. Che, detto per inciso, è fatica, ricerca, insoddisfazione, curiosità e quant’altro concorra ad avere una Visione.



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BSI Architectural Award / carlo ezechieli

Architettura nella sua essenza A

rrivato alla sua seconda edizione il Premio BSI Swiss Architectural Award, e in particolare quello conferito quest’anno a Francis Diébédo Kéré, si sta rivelando un’iniziativa per molti versi rivoluzionaria. Dopo un paio di secoli di supremazia culturale dei paesi industrializzati - senz’altro meritata ma spesso calata dall’alto attraverso più o meno evidenti forme di colonizzazione - dimostra finalmente la possibilità di evoluzione del pensiero in architettura secondo forme complesse e molteplicemente orientate. Il contesto è globale e globalizzato e i protagonisti sono nuovi e notevoli autori - come Solano Benitez (il vincitore della prima edizione), Wang Shu (che ha invitato Keré nella città di Zhou Shan alla trasformazione di un porto di pescatori in atelier per artisti), e lo stesso Diébédo Kéré - provenienti da aree fino a pochi anni fa escluse dal dibattito architettonico. L’architettura di Kéré è essenziale, risponde a esigenze reali, consapevole del contesto in cui sta operando, rivela il rispetto di condizioni imprescindibili e una vigorosa onestà che l’architettura dei paesi industrializzati, che si sviluppa nell’abbondanza di mezzi e nell’ormai ricorrente e affannosa ricerca di una spettacolarità assurda, sembra avere perso da tempo. Da questo punto di vista il premio BSI 2010 segna un’importante volontà di ritorno alla realtà e, come messo in evidenza da Mario Botta (Presidente della giuria) nella sua ottima introduzione, un ritorno a un’originalità autentica da raggiungere attraverso la riscoperta di valori senza tempo. In occasione della conferenza stampa dello scorso 17 novembre a Mendricio abbiamo avuto modo di rivolgere a Francis Diébédo Kéré alcune domande. Per cosa si distingue il lavoro di un architetto in Africa? L’Africa è un contesto in cui le esigenze abitative si vanno modificando notevolmente. Nel mio villaggio (Gando, Burkina Faso, circa 6.000 abitanti), ad esempio, gli insediamenti tradizionali sono un insieme ben organizzato di capanne a pianta circolare, caratterizzato da una grande flessibilità in termini organizzativi e costruito con materiali immediatamente reperibili in loco. Ma edifici di questo tipo richiedono manutenzione periodica e vanno pressoché interamente rifatti ogni due anni. Va bene finché si tratta di piccole capanne ma se devo costruire una scuola per centinaia di bambini diventa troppo impegnativo, richiede troppo lavoro, troppi soldi e troppi materiali. La cosa più interessante nel suo lavoro è la combinazione tra architettura e tecnologie moderne e tecniche del tutto tradizionali. Di volta in volta studiamo l’utilizzo più adatto per ogni materiale, combinandoli tra loro. Ho scoperto, ad esempio, che mescolando l’8% di cemento all’argilla dei mattoni posso aumentarne sia la resistenza allo sfaldamento, sia quella a compressione. Come mescolando argilla con 30% di cemento e con sabbia e acqua ottengo un materiale di ottima resistenza. Così i miei mattoni non sono cotti, perché i combustibili sono costosi e difficili da reperire, ma compattati con una macchina che abbiamo fatto apposta. La lamiera corrugata del tetto o i tondini di armatura che usiamo per le coperture sono economici e popolari ovunque

anche in Africa. Le barre che abbiamo usato sono da 16 mm e, dato che nel villaggio non c’è elettricità, le saldiamo con un saldatore alimentato da un generatore a benzina. Il suo percorso è abbastanza inusuale per una società prevalentemente di carattere rurale. Da cosa ha avuto inizio il suo interesse per l’architettura? Come ci sono arrivato? Bella domanda! Quando avevo sette anni a Gando non c’erano scuole e io sono stato mandato a Tenkodogo, a circa 20 km di distanza, per frequentare le elementari. Prima e dopo la scuola dovevo lavorare. Mi alzavo molto presto per prendere l’acqua e ogni fine settimana continuavo a lavorare, trasportando materiali da costruzione, mattoni, sabbia e così via. 6 o 8 chilometri a piedi con i materiali a dorso di mulo.

Poi c’era da riparare la casa dove vivevo, e anche questo era un lavoro molto duro. Per 6 anni ho lavorato trasportando pietra, mattoni, tagliandomi e pestandomi le dita per riparare in continuazione un tetto di legno. E ogni anno dopo la stagione delle piogge bisognava ricominciare daccapo. Ho passato troppi anni della mia gioventù per non odiare tutto questo e cercare un sistema per migliorarlo. In seguito ho avuto una borsa di studio biennale per studiare da falegname in Germania. Questo mi ha permesso di uscire dal Burkina Faso e avere accesso a un livello superiore di istruzione. Finiti i due anni sarei dovuto tornare in patria, ma in Burkina Faso di legname da lavorare praticamente non ce n’è. Per di più, dopo essere stato in Germania le aspettative

BSI per la buona architettura

C

on 75,4 miliardi di franchi di patrimonio gestito BSI SA, fondata a Lugano nel 1873, è una delle più importanti e antiche banche svizzere. Controllata da Generali, BSI è orientata alla clientela privata e mira alla creazione di legami personalizzati e di passioni condivise con i propri clienti. Sostiene quindi numerose iniziative a carattere culturale e scientifico, integrando quest’attività nella sua politica di comunicazione, come ci spiega Alfredo Gysi, presidente della direzione generale. “Il nostro impegno si manifesta in molteplici campi, dalla grande musica alla promozione di giovani talenti, dalla raccolta di opere d’arte e strumenti musicali alle esposizioni di collezioni rare e preziose, dalla promozione dei rapporti internazionali alla ricerca in ambito finanziario e alla pubblicazione di libri e cataloghi. A questi eventi noi contribuiamo attivamente, senza limitarci al ruolo di mecenate, per valorizzare il legame con il territorio.” Consapevole del ruolo

fondamentale che l’architettura riveste nello sviluppo sostenibile della nostra società, nel dicembre del 2006 la banca ha costituito la BSI Architectural Foundation per la promozione della conoscenza, della formazione e della ricerca in questo

settore. La Fondazione ha dato vita a un premio, il BSI Swiss Architectural Award, con la collaborazione dell’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera Italiana e dell’Archivio del Moderno di Mendrisio e con il patrocinio dell’Ufficio

Nell’immagine, da sinistra Nicola Navone, coordinatore e curatore della mostra, il vincitore Francis Diébédo Kéré, Mario Botta, Valentin Bearth, Franco Polloni di BSI e Felix R. Ehrat, presidente di BSI Architectural Foundation.

federale della Cultura di Berna. “Il premio - aggiunge Gysi - si propone di riconoscere e segnalare architetti di tutto il mondo che, attraverso le loro opere, offrono un notevole contributo alla cultura architettonica contemporanea e dimostrano di saper coniugare le esigenze estetiche alla sensibilità per il contesto paesaggistico e ambientale.” A poco più di due anni dalla sua nascita, l’award si è già affermato come un punto di riferimento nel panorama dei premi internazionali di architettura dimostrando come più soggetti con diverse specializzazioni possono lavorare insieme e contribuire alla riuscita di un progetto comune dall’elevato contenuto sociale. Il nostro impegno - conclude Alfredo Gysi - a sostegno del Premio e di altre manifestazioni culturali e scientifiche, si basa sulla consapevolezza che cultura e scienza hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo sostenibile delle comunità nelle quali noi quotidianamente operiamo.


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FRANCIS KÉRÉ DIÉBÉDO

Francis Kéré è nato in Burkina Faso nel 1965. Nel 1990, grazie a una borsa di studio, si trasferisce a Berlino e nel 1995 si iscrive alla Facoltà di architettura della Technische Universität, dove si laurea nel 2004. Nel 1998 costituisce l’associazione Schulbausteine für Gando con lo scopo di raccogliere fondi per costruire una scuola primaria nel suo villaggio natale. Per la sua qualità, la scuola elementare di Gando desta attenzione e riconoscimenti internazionali, tra cui l’Aga Kahn Award for Architecture nel 2004, il Zumtobel Award for sustainable architecture nel 2007 e il Global Award nel 2009. Tra i progetti in corso, l’Opera village Remdoogo a Laongo in Burkina Faso, il Training Center di Dapoang nel Togo e l’allestimento permanente del Museo della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa a Ginevra con Peter Zumthor. www.kere-architecture.com

Sopra, le residenze per docenti realizzate a Gando nel 2003: il sistema di raccolta delle acque conduce verso contenitori in terracotta che, microforati sul fondo, forniscono una irrigazione goccia-a-goccia sufficiente a garantire la crescita di un piccolo orto durante la lunga stagione secca. Foto ©Enrico Cano.

della mia famiglia chiaramente crescevano. E infine, volevo costruire una scuola nel mio villaggio natale. Così ho deciso di prendere una laurea in architettura. Questa è in breve la storia di come sono diventato un architetto: mi interessava costruire, di certo non mi interessava il diploma. In Burkina Faso nessuno mi avrebbe dato lavoro come “architetto”, dato che nessuno ha la minima idea di cosa sia un architetto. Il bello è che ora, se chiedi ai bambini di Gando cosa vogliono fare da grandi, rispondono “voglio fare Francis”. Nessuno sa cosa sia un architetto ma tutti adorano partecipare alla costruzione, al progetto, e ovviamente frequentare le scuole che hanno contribuito a costruire.

La mostra BSI Swiss Architectural Award (2a edizione) La mostra, a cura di Nicola Navone, presenta i lavori di tutti i candidati e una sezione di approfondimento sulle opere del vincitore Francis Diébédo Kéré 18 Nov-30 Gen - ingresso libero Galleria dell’Accademia di Architettura di Mendrisio Palazzo Canavée, via Canavée 5, Mendrisio CH orari: lun/ven 16/19,30 - sab/dom 13/18 24 Dic-05 Gen chiuso Catalogo Mendrisio Academy Press 2010

Nell’immagine di apertura e qui sotto, ampliamento della scuola elementare di Gando, nel Burkina Faso (2008). L’edificio è concepito in modo da garantire un’efficace ventilazione naturale degli ambienti, generata dalla combinazione di un involucro massivo in mattoni in terra cruda provvisto di ampie finestre e volte con spiragli di aerazione, e una seconda copertura metallica molto ampia, che produce ombra e ripara l’edificio durante la stagione delle piogge. Foto ©Enrico Cano.


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l’arte del design / atto belloli ardessi

Anti-Brothers Fernando & Humberto Riciclaggio artigianale. Fusione di materiali. Natura sintetizzata. Integrazione delle culture. In Triennale i progetti più rappresentativi dei due designer brasiliani

M

ilano. 14 ottobre 2010. Anticorpi. Antibodies. Fernando e Humberto Campana 1989-2010, prende posto negli spazi della Triennale Design Museum. Dopo l’allestimento al Vitra Design Museum di Weil am Rhein, (Germania) la mostra offre una grande serie di prototipi, studi e modelli, esposti per la prima volta in Italia; illustrando la varietà formale della loro opera e rendendo trasparente il processo progettuale. L’esposizione sottolinea i tratti salienti dell’opera dei fratelli Campana, mettendo in luce tematiche quali il riciclaggio, la fusione di materiali naturali e materiali sintetici e l’integrazione delle culture. La mostra rivolge uno sguardo particolare alle loro modalità di lavoro, influenzate da un ricco numero di fonti d’ispirazione: dalla natura rigogliosa delle foreste pluviali brasiliane, alle improvvisazioni dei venditori ambulanti fino alle capanne dei quartieri poveri, dai film alla musica fino all’arte. Inoltre, è volta a documentare l’organizzazione dell’atelier e la collaborazione con laboratori esterni e aziende internazionali come Alessi, Edra o Vitra, oltre a dare evidenza dell’interdisciplinarietà dei nuovi progetti. Idee che, sarebbe stato impossibile non discutere assieme ai due fratelli designer. Nel vostro lavoro assemblare differenti pezzi e singole unità attraverso l’uso delle mani è fondamentale. Quale tecnica prendete a prestito dall’artigianato? Noi lavoriamo quasi sempre passando attraverso la tecnica della frammentazione. Il nostro scopo resta quello di ricreare l’unità ricomponendola un passo alla volta, come un mosaico. Solo così arriviamo alla liberazione della materia dalla sua forma originaria. Nel lungo percorso di questo processo, la libertà si manifesta interamente nel saper padroneggiare la forza delle mani. Per stringere e plasmare qualsiasi tipo di materiale bisogna

raggiungere un punto di liberazione tale che, tanto il rivestimento di pelle quanto i fili di plastica intrecciati, formino quella che noi amiamo indicare come una nuova contemporaneità. Un’ulteriore omogeneità che ha i suoi fondamenti nella riappropriazione e nella diluizione del tempo del fare. Nel processo di creazione si deve sempre tendere al raggiungimento dell’armonia, così, terminato il percorso della costituzione delle cose termina anche il vuoto esistente prima di loro. Quando noi lavoriamo cerchiamo sempre di ripetere gesti e saperi propri degli artigiani brasiliani. A noi piace molto guardare alla cultura popolare come ad una sorta di bacino, un serbatoio dal quale attingere motivi e conoscenze utili a ri-attualizzare le nostre stesse radici. La cultura popolare infatti è un insieme sfaccettato di design

emergenziale che lascia sempre ben vedere il modo in cui da un bisogno è stata generata una nuova soluzione, una forma, un’estetica o un espediente. Per fortuna, dunque, l’industria del design sa ormai dove andare a guardare. Se veniamo contattati da un’azienda è nostro compito restituire al progetto lo stesso livello di poesia che il Brasile ci ha fatto, o ci fa, vivere, quando guardiamo alla sua varietà. Quali sono i materiali con i quali preferite lavorare? E’ corretto affermare che spesso la forma degli oggetti sia sottomessa interamente all’incastro dei suoi componenti? Il cuoio, il vimini, la terracotta, il vetro di Murano per Venini, anche la paglia è molto presente in quel che facciamo. Nelle nostre cabanas, ad esempio, i filamenti di paglia fanno parte direttamente della nostra memoria. Più i materiali sono

semplici più per noi possono dare vita ad oggetti riconoscibili. In che modo l’innovazione può coincidere con la tradizione? Noi crediamo che i nostri oggetti siano innovativi perché provano a dare una seconda natura alle cose. Noi proviamo a dare nuova vita alle antiche tradizioni che ci appartengono. Siamo sempre più convinti che si debba guardare al passato per sapere cosa succederà in futuro. E spesso noi sperimentiamo solo sbagliando. In fondo veniamo dal Brasile, un paese giovane nel quale lo sbaglio non è peccato, ma è evoluzione della qualità. Per noi improvvisare significa anche superare i problemi tecnici che ci mettono in rapporto con le nostre idee. Da noi in Brasile, ad esempio, la crisi mondiale, la medesima che l’Europa ha così tanto subito, non ha causato danni,

Poltroncina Favela, designer Fernando e Humberto Campana. Produzione Edra 2003

A sinistra, il progetto Kaiman Jacare. A destra, un allestimento della mostra Anti-Bodies Fernando e Humberto Campana alla Triennale .

ma ha creato altre possibilità. Noi difficilmente ci lamentiamo, così proviamo più rapidamente e re-inventarci. Ora che il Brasile sta rinascendo si cerca di dare anche maggiore autostima alle Favelas, trasformandole in comunità all’interno delle quali si sta cominciando e ristabilire un ordine civile, grazie anche alla costituzione di cooperative. La nostra maglietta fatta di coccodrilli-Lacoste, ad esempio, è un risultato di questa cooperazione e della manodopera che noi ricerchiamo sempre. Quali sono le principali differenze tra Antibodies qui a Milano e la stessa mostra allestita a Basilea? Qui in Triennale è stato dato molto più spazio all’allestimento e agli oggetti prodotti. L’esposizione è stata inserita sotto soffitti più alti e le prese di luce sono state ben


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archilibri /

Campana

Closer to God Religious Architecture and Sacred Spaces A cura di Robert Klanten e Lukas Feireiss Gestalten 238 pp - euro 49,90

FERNANDO E HUMBERTO CAMPANA

Poltrona Banquete (Estudio Campana, foto Fernando Laszlo, 2002).

oscurate. Inoltre, qui a Milano, la mostra è stata implementata con pezzi di Edra. Anche se, da Basilea, ci siamo portati dietro i numeri, messi accanto ad ogni oggetto. Al posto della didascalia descrittiva, infatti, sono stati incollati dei rimandi numerici: questo è molto tedesco. Ma noi chiamiamo direttamente le cose con il loro nome e spesso sono proprio questi ultimi a descriverne l’essenza facendoli diventare delle entità corrispondenti a determinati piani di lavorazione dei materiali. Noi siamo letterali. Anche la sedia Vermelho, per un brasiliano può suonare strana se esposta in bianco o color oro. Mentre deve essere subito riconoscibile il perchè la serie Sushi sia stata chiamata così I vostri oggetti si compongono principalmente di sovrapposizioni organiche. In che senso imitate la natura quando fate design? A che tipo di natura vi ispirate? Noi la imitiamo per quanto riguarda l’imperfezione. E l’imprecisione. La natura per noi non viene inserita nel design solo attraverso la scelta dei materiali, ma anche grazie alle sovrapposizioni di elementi che richiamano la vita a San Paolo Potreste spiegarci che tipo di connessioni e legami mantenete con l’arte contemporanea? Fernando ha fatto un tirocinio durante una Biennale di San Paolo. Lavorava come aiuto-allestitore, per le luci, i supporti espositivi e il recupero di materiali. Come

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I fratelli Humberto (1953) e Fernando Campana (1961) lavorano insieme come designer a San Paolo del Brasile dal 1989. Humberto, laureato in diritto, inizia come artista autodidatta, mentre Fernando è laureato in architettura. Già i loro primi lavori, mobili-sculture dal sapore brutalista e surrealista, fanno scalpore sulla scena artistica di San Paolo. Le poltroncine Favela e Vermelha, entrambe prodotte da Edra, e la poltrona Banquete, prodotta manualmente in serie limitata nell’atelier dei designe, sono state ideate in un arco di tempo limitato, trasformandosi subito in icone del design contemporaneo. Una parte cospicua del loro lavoro confluisce in serie prodotte in edizione limitata o viene realizzata in pezzi unici per commissioni private. www.studiocampana.it

tirocinante ho assistito agli allestimenti di artisti quali Buren, Kapoor, Cragg, Haring e persino Basquiat che, data la radio che si portava sulla spalla, accesa sempre ad alto volume, ho rischiato di mandare più volte a quel paese, non sapendo chi fosse. In verità a noi piace spesso lavorare facendo crossover di diverse discipline, incrociando cioè la moda, l’arte e il design come se fossero codici che si intersecano. Essere disegnatori oggi significa avere sempre più rapporti con confini tenui e sensibili. Dalla danza al teatro, dalla musica al cinema è per noi importante rimanere sempre vigili e attenti. Quello che creiamo, a volte, potrebbe persino essere scambiato per uno strumento politico più che ironico: ogni idea, per questo motivo, è fondamentale come viene veicolata. Daltronde le nostre preferenze, riguardo agli artisti contemporanei, sono le più disparate: da Jac Leirner a Nina Moraes, per arrivare anche all’opera di Ana Maria Tavares.

modificare un pensiero creativo e di trasformarlo, portandolo a conclusione. Il bello dell’idea è che è aperta e che ha sempre una possibile evoluzione. Esistono ottimi designer brasiliani come Zanini de Zanine Caldas o Mana Bernardes; o ancora factory di stile come Melissa o Bread&Butter. Sono loro che restituiscono nel mondo una visione del Brasile come terra piena di soluzioni e di espedienti estetici attivi. Bisogna tenere presente che le radici moderniste sono ancora molto presenti e che il Brasile non è mai cartesiano ma è l’opposto.

Com’è attualmente configurata la scena del design brasiliano? Noi abbiamo aperto una finestra internazionale nella scena del design brasiliano. Poi abbiamo capito che non avremmo mai potuto essere artisti e comunisti allo stesso tempo, durante il regime militare. Le idee costano e non sono mai viste come esperienze democratiche. Noi crediamo che anche l’abitante della favela abbia la capacità di

Potreste spiegarci i vostri progetti futuri? Fernando: io sicuramente tornerò a Lapa, il mio quartiere di Rio de Janeiro. Umberto: nooo! Per me Rio è Africa! Io sono molto più europeo e preferisco vivere a San Paolo In verità, prima di tornare in, Brasile, collaboreremo con l’ambasciata del Brasile a Roma, per la quale inaugureremo una nostra mostra in Gennaio.

Potreste spiegarci perché, secondo voi, gli oggetti che disegnate non possono essere mero industrial design? Semplicemente a causa della loro onnipresente imprecisione. Difformità che diventa impossibilità a ripetere un gesto. Nessun oggetto risulta così identico all’altro, tanto che non potrebbero mai essere studiati per essere prodotti in serie.

Dalle minuscole cappelle monoposto per la meditazione silenziosa agli stupefacenti templi mete di pellegrinaggi internazionali: una rassegna, soprattutto fotografica, di architetture religiose dei nostri giorni declinate in ogni credo e contesto. Chiese, moschee, sinagoghe contemporanee che segnano un’epoca dove non sono più gli stili ad essere predominanti, ma una straordinaria architettura capace di guardare sì verso l’alto, ma anche avanti a sé.

Colore Quaderni di cultura e progetto del colore a cura di Cristina Boeri IDC Colour Centre 306 pp - euro 65,00 L’omonima rivista internazionale trimestrale si fa libro per offrire una panoramica esaustiva di interventi sul tema del colore, ormai assurto a pieno titolo a componente architettonica vera e propria, imprescindibile nella fase di progetto. Un suggestivo volume a testimoniare la ritrovata consapevolezza che la percezione cromatica contribuisce alla qualità del contesto urbano e quindi al buon vivere.

Tre forme di architettura mancata Vittorio Gregotti Giulio Einaudi editore - Vele 128 pp - euro 10,00 Che l’architettura debba essere contemporanea “senza lasciarsi accecare dalle luci del suo tempo” è un principio sempre più spesso sacrificato in nome di una irrinunciabile bigness. Secondo Vittorio Gregotti, tre sono gli impegni a cui l’architettura non ha saputo tener fede negli ultimi anni: verso il disegno come strumento critico di modificazione del presente, alla capacità di vedere piccolo tra le cose e alla durata dell’opera come metafora di eternità.

Piuarch. works and projects a cura di Luca Molinari, Simona Galateo Skira editore 237 pp - euro 40,00 I primi 15 anni di attività dello studio Piuarch sono una storia densa di progetti e realizzazioni, dall’edilizia popolare a Sesto San Giovanni alle boutiques di Dolce&Gabbana, raccontati attraverso le immagini e le interviste di committenti e altri interlocutori, che hanno condiviso con Piuarch un linguaggio architettonico meno votato all’autocelebrazione e più attento al dettaglio e al contesto.

Passaggi di sound design Riflessioni, competenze, oggetti-eventi Vittorio Marchetta Franco Angeli editore 137 pp - euro 17,50 Una riflessione non scontata sul suono volta a delineare una nuova figura di interesse non più trascurabile nel campo della progettazione: il sound designer. Diversi apporti disciplinari, in un approccio di trasversalità formativa per non dimenticare che la materia sonora dà all’artefatto umano una sua riconoscibilità e identità al pari della componente visuale.

ISBN: 978-3-89955-313-0


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