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LA RESPONSABILITÀ DELL’ARCHITETTURA
La didascalia che a pagina 95 accompagna una fotografia di New York sintetizza il senso di questo manifesto di Vittorio Magnago Lampugnani per un’architettura e un disegno urbano realmente capaci di rispondere alle sfide poste dal cambiamento climatico e dall’irrefrenabile domanda di energia: all’ammirazione di Gideon di fronte allo skyline di Manhattan Le Corbusier contrappone la superiorità delle cattedrali gotiche francesi. Un commento minore che mi ricorda quanto mi disse molti anni fa Philippe Daverio a proposito della differenza radicale di intendere l’architettura che passa tra i popoli stanziali, che inventano l’architettura con le tombe e quindi costruiscono per l’eternità, e i nomadi, cha hanno bisogno di un villaggio ma i morti li devono lasciare, perché l’anno dopo se ne vanno. Sono i popoli che hanno inventato la tenda e oggi il real estate, cioè l’edificio che dura quanto il suo ammortamento immobiliare. Un modello che come il consumismo si è diffuso anche da noi a partire dal dopoguerra. Solo a partire dagli anni Novanta, nota Magnago Lampugnani, pochi critici – Kenneth Frampton, Luis Fernandez-Galliano, William Curtis – hanno rilevato il ruolo di elemento di moda che l’architettura andava assumendo trasformando anche l’ambiente costruito, dopo l’universo dei consumi di massa, in «un ciclo di produzione e consumo accelerato inaccettabile sia economicamente sia ecologicamente e che è la causa principale del depredamento delle risorse del pianeta». Così il Normal del titolo, ovvero un’architettura e un disegno urbano capaci di durare nel tempo, spazialmente multifunzionali e costruiti con materiali economici e di facile manutenzione, diventa Radical proprio perché oggi all’architettura è stato attribuito un diverso ruolo, che è quello di promuovere consumi dissennati di energia e risorse imbellettando le strategie del marketing finanziario e immobiliare.
A Radical Normal. Propositions for the Architecture of the City Vittorio Magnago Lampugnani DOM Publishers, Berlino, 2021 - pp. 200, EN, 28 euro ISBN 978-3-86922-701-6
DA SPRINGFIELD A FORMELLO
Dal 2008, con lo studio Mpa, Lina Malfona ha avviato nella campagna di Formello a nord di Roma la costruzione di una comunità suburbana formata da un arcipelago di cluster residenziali. Il tema, tornato di attualità, è vasto e coinvolge questioni come il consumo di suolo e il pendolarismo, ma la formula di Formello si allontana dal modello anglosassone esemplarmente rappresentato nella Springfield dei Simpsons: le abitazioni sono raggruppate in ‘villaggi’ e i villaggi in arcipelaghi per favorire lo sviluppo di rapporti di vicinato e di forme di coesistenza – ciò che secondo Jean-Luc Nancy definisce oggi l’idea di comunità più del concetto di identità. Tre i livelli di lettura, come suggerisce nell’introduzione Pippo Ciorra: a quella della monografia dedicata al lavoro dello studio Mpa a Formello si aggiunge la posizione teorica su cui il progetto si fonda e l’approccio critico all’architettura, che con la ripetizione topologica riapre il tema delle forme dell’abitazione unifamiliare in Italia.
Ulrich Brinkmann conosce bene l’Italia e sin dal 2010 ha condotto numerosi viaggi di studio nella provincia di Matera. Gli esiti di queste ricerche prendono forma in questo volume che, costituito da una raccolta di cartoline illustrate dei primi decenni del dopoguerra, costituisce una formidabile e altrimenti introvabile documentazione dell’evoluzione accelerata – favorita dagli investimenti statali – di un territorio che fino al 1945 si trovava nelle condizioni di sottosviluppo denunciate da Carlo Levi e dalla classe politica che diede vita alla Cassa del Mezzogiorno e alla Riforma Agraria. Organizzate per capitoli, le cartoline postali sono accompagnate da saggi che esaminano tutti gli aspetti nei quali quell’evoluzione prese forma, inclusi forse quelli minori – l’elettrificazione degli spazi pubblici di città e paesi, la motorizzazione – considerati comunque meritevoli di uno scatto e una stampa e che visitatori e abitanti di quei luoghi decidevano con orgoglio di acquistare, affrancare e spedire.
Inespugnabili fortezze del ventunesimo secolo, i data center sono tanto affascinanti al loro interno quanto anonimi all’esterno, anzi virtualmente invisibili malgrado le dimensioni: il il più vasto al mondo, gestito da China Telecom, occupa 25 chilometri quadrati vicino alla capitale della Mongolia interna. Macinano ininterrottamente dati prodotti giorno e notte da più di un miliardo di persone e, con l’IoT, da un’infinità di oggetti. Ma sono privati. Di proprietà e protetti dalle Big Tech. Le questioni che solleva Niklas Maak, da vent’anni critico d’arte e di architettura della Faz, sono imponenti. Ad esempio, come si potrebbe sfruttare il calore generato dai server e dalla potenza frigorifera installata per riscaldare interi quartieri? Ma oltre a quelle ambientali riguardano la società e la democrazia. Come il progetto di tecnologie decentralizzate (Decode) avviato da Francesca Bria per aiutare i cittadini di Barcellona a riprendere il controllo dei propri dati mettendoli al servizio del bene collettivo – ad esempio sulla qualità dell’aria e sulla mobilità – anziché del profitto privato.
Residentialism. A Suburban Archipelago Lina Malfona Actar Publishers, New York, Barcellona, 2021 pp. 232, Ill. EN, 39 euro ISBN 978-1-948765-84-8
IL CAMBIO DI UN’ERA
Matera Moderna. La rivoluzione urbana nelle cartoline del miracolo economico Ulrich Brinkmann DOM Publishers, Berlino, 2022 pp. 336, 235 Ill. IT/DE, 28 euro ISBN 978-3-86922-826-6
DI CHI SONO I MIEI DATI?
Server Manifesto. Data Center Architecture and the Future of Democracy Niklas Maak Hatje Kantz Verlag, Berlino, 2022 pp. 112, 60 Ill. EN, 18 euro ISBN 978-3-7757-5070-7
PROMETHEUS UNBOUND
IL RUOLO DELL’ARCHITETTURA IN UN MONDO DOMINATO DA UNA TECNOLOGIA SEMPRE PIÙ EVOLUTA