Anno 8 - n 55 - Settembre/Ottobre 2014 - euro 4,50
RENZO PIANO A PARIGI
FONDAZIONE
PATHÉ Speciale
MALTA Intervista
M2P
Milano
THE GREEN PLACE Font srl - via Siusi 20/a 20132 Milano - Poste Italiane SpA Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in. 27.02.2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 DCB Milano
STONE + DESIGN + TECHNOLOGY INTERNATIONAL TRADE FAIR
organized by
Verona, ITALY 24/27 SEPTEMBER 2014
marmomacc.com
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RICUCITURE Molti dei progetti pubblicati in questo numero sono interventi sull’esistente, sempre complesso e spesso di notevole rilevanza storica, come i due lavori di Renzo Piano a Malta e a Parigi. Diversissimi tra loro ma condotti entrambi con straordinaria sensibilità verso il luogo e le sue stratificazioni e capaci non solo di non consumare nuovo territorio ma di restituire terreno al verde, cancellando tracce della civiltà delle macchine che ci ha preceduto. Ma il progetto di Parigi fa sorgere una domanda: alla luce, o piuttosto nel caos dei nostri regolamenti edilizi e dei numerosi Enti che li devono interpretare, applicare e asseverare, la sede della Fondazione Pathé si sarebbe potuta costruire anche in Italia?
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5 I TETTI DI PARIGI
44 M2P ANATOMIE DELLA FORMA
12 THE MATRIX BUILDING
54 SPAZI DEL GUSTO
16 BAMBOO IN FACCIATA Il Green Place di Goring & Straja a Milano
60 SLOW WOOL
27 SPECIALE MALTA
62 ARTEFACTS
In copertina: RPBW, sede della Fondazione Jérôme Seydoux-Pathé (foto ©Michel Denancé)
IOARCH Costruzioni e Impianti n. 55
Direttore responsabile Sonia Politi Comitato di direzione Myriam De Cesco Carlo Ezechieli Antonio Morlacchi Grafica e impaginazione Cristina Amodeo Alice Ceccherini
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RPBW: Fondazione Pathé
Denton Corker Marshall a Sydney
Renzo Piano, EMDP/Scau, AP, Richard England
Contributi Atto Belloli Ardessi Luisa Bocchietto Roberto Bosi, Ginevra Bria Moreno Maggi, Conrad Thake Silvia Zotti
Editore Font srl, via Siusi 20/a 20132 Milano Tel. 02 2847274 Fax 02 45474060 redazione@ioarch.it www.ioarch.it
Fotolito e stampa Pinelli Printing Milano
Abbonamenti Tel. 02 2847274 - Fax 02 45474060 abbonamenti@ioarch.it
Intervista a Tartufoli e Paloschi A Marbella e a Ragusa
Design - Studio Charlie e il Lanificio Leo Report: Artbasel 2014, Eindhoven
Prezzo di copertina euro 4,50 arretrati euro 9,00. Abbonamento (6 numeri) euro 27,00; estero euro 54,00. Pagamento online su www.ioarch.it o bonifico a Font Srl - Unicredit Banca IBAN IT 68H02 008 01642 00000 4685386 Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004. Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 DCB Milano
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‹ LIBRI E NEWS Michele De Lucchi per il padiglione di Unicredit
UN SEME GETTATO NELLA CITTÀ AUDITORIUM, SALE CONVEGNI, GALLERIA DELL’ARTE, LOUNGE E UN NIDO CHE PUÒ ACCOGLIERE 50 BAMBINI Pia Wüstenberg, Stacking vessels India, 2013
Rame e design Fino al 9 novembre in Triennale a Milano è possibile visitare Trame le forme del rame, un percorso curato da Antonella Soldaini e Elena Tettamanti e allestito dallo studio Migliore+Servetto attraverso opere d’arte e oggetti di design e d’architettura accomunati dall’uso del rame. Più di 100 gli oggetti di design esposti, tra cui quelli disegnati da Gio Ponti, Luigi Caccia Dominioni, Gae Aulenti e Tobia Scarpa. Per l’architettura, all’immancabile torre Velasca dei BBPR si aggiungono modelli e progetti di Herzog & de Meuron, Renzo Piano, Aldo Rossi, Steven Holl e James Stirling. Sponsor della mostra KME con Istituto Italiano del Rame, European Copper Association, Prysmian e Ducati Energia.
TRAME Triennale di Milano
16 settembre_9 novembre 2014
Presentato il 10 settembre a Milano, l’Unicredit Pavilion sorgerà in Piazza Gae Aulenti, accanto alla Biblioteca degli Alberi, il parco che connette l’area al quartiere dell’Isola. Costo stimato intorno ai 20 milioni di euro, consegna prevista autunno 2015. Progettato da Michele De Lucchi e dal suo studio, vincitori di un concorso, con linee morbide e materiali naturali che lo rendono complementare alle grandi altezze circostanti, il padiglione è retto da una struttura in centine di legno lamellare senza pilastri interni. Alto da 9 e 22 metri, con pannelli solari integrati in copertura, l’involucro in vetro sarà protetto da brise-soleil automatizzati per garantire il confort ambientale interno. Con una superficie totale di circa 3.200 mq, gli ambienti interni presentano un’impostazione flessibile. Il piano terra accoglie un auditorium modulabile fino a 700 posti. Lungo i fianchi della struttura due sezioni di 12 metri apribili a sportello allestite con maxischermi rivolti verso il nuovo parco e la piazza “proietteranno” l’auditorium all’esterno. La parte alta dell’edificio è destinata alla lounge, uno spazio luminoso di 570 mq con vista sul parco. Nel nuovo edificio anche un asilo nido per 50 bambini, sviluppato in collaborazione con Reggio Children, al servizio dei dipendenti Unicredit ma aperto anche alla comunità.
PROVE DI FUTURO A CERSAIE LA LECTIO MAGISTRALIS DI TOYO ITO SULLA NECESSITÀ DI SPERIMENTARE UN’ARCHITETTURA ECO-SISTEMICA
LA REALTÀ PRENDE FORMA Dalla fine degli anni Quaranta le forbici diventano il principale mezzo d’espressione di Henri Matisse. Nascono i cut-outs: forme astratte, di animali o oggetti, ritagliate da fogli colorati e assemblate in composizioni vive, ricostruendo un mondo semplificato, brillante e decorativo. Dal 12 ottobre all’8 febbraio 2015 il MoMA gli dedica una mostra, un catalogo e questo libro per bambini, dove il racconto di Matisse è illustrato dai cut-outs di Cristina Amodeo, illustratrice che lavora con la stessa tecnica, e grafica di questo giornale. Matisse’s Garden Samantha Friedman, illustrazioni di Cristina Amodeo Editore The Museum of Modern Art, NY 46 pp + 6 tavole doppie – US $ 19,95 www.momastore.org (testo in inglese) ISBN 978-0-87070-910-43
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Una lezione esemplare quella che si è tenuta il 25 settembre a Bologna. Introdotto da Mauro Vandini a.d. di Marazzi e presentato al pubblico da Francesco Dal Co, direttore di Casabella, per illustrare il suo approccio all’architettura il Premio Pritzker 2013 Toyo Ito ha presentato la sua Taichung Metropolitan Opera House, commissionatagli nel 2009 dalla municipalità di Taiwan e oggi pronta per l’inaugurazione: un’edificio che come un organismo vivente respira e si adatta
alle mutevoli condizioni ambientali, e che sfruttando il sole e l’acqua di falda diventa parte dell’eco-sistema. Ciò che si dovrebbe progettare oggi, secondo l’architetto nato a Seoul nel 1944, è esattamente la possibilità di creare spazi per l’uomo capaci di integrarsi con la natura invece di sovrapporsi con violenza ad essa. Questa funzione, indispensabile in ogni opera dell’uomo e che precede il programma specifico, darà luogo a nuove forme e la bellezza che ne deriverà arricchirà la nostra cultura. Pronta per l’inaugurazione la Metropolitan Opera House di Taichung, Taiwan, 58.000 mq e 2.100 posti (foto CC Fcukt1203)
› OCCH
FONDATION JÉRÔME SEYDOUX-PATHÉ
I TETTI DI PARIGI QUANDO CÉZANNE DIPINGEVA I TETTI DI PARIGI, AUGUSTE RODIN DECORAVA LA FACCIATA DEL THEATRE DES GOBELINS. DIETRO QUELLA FACCIATA RESTAURATA SORGE, GALLEGGIANTE IN UN GIARDINO E ANCORATA ALL’INTORNO, LA NUOVA CREATURA DI RENZO PIANO: LA SEDE DELLA FONDAZIONE JÉRÔME SEYDOUX-PATHÉ, APERTA AL PUBBLICO LO SCORSO 10 SETTEMBRE
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‹ FONDATION JÉRÔME SEYDOUX-PATHÉ
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na presenza inattesa, un volume curvo che solo si intravede dall’Avenue des Gobelins, ancorato in pochi punti alle altre costruzioni dell’isolato storico e poggiato al centro di un giardino di betulle, innesto discreto e funzionale di una forma organica che dialoga con l’esistente: è la nuova sede della Fondazione Jérôme Seydox-Pathé progettata dallo studio di Renzo Piano. Costruito nel 1869, lo storico teatro che occupava il lotto, uno dei fulcri della vita sociale parigina dell’Ottocento, già dal 1906, e definitivamente nel 1934, era stato trasformato in sala cinematografica, la Gaumont
Restaurata, la facciata del Theatre des Gobelins conduce al basamento in vetro della nuova sede della Fondazione Pathé. A destra, l’inquadramento urbano oggi e prima dell’intervento di Piano (foto ©Michel Denancé, disegno ©RPBW).
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Gobelins-Rodin, e in seguito sottoposto a numerosi rimaneggiamenti fino alla definitiva chiusura nel 2003. Il nuovo edificio prende il posto dei due corpi distinti del vecchio teatro. Dietro la facciata storica decorata da Rodin, conservata e restaurata, una prima costruzione, trasparente e simile a una serra, funziona come ingresso alla Fondazione. Da questo spazio lo sguardo può spingersi all’interno della corte, incontrando il corpo principale e traguardandolo attraverso il piano terreno vetrato fino ad arrivare al giardino di betulle sul fondo dell’isolato. Su questo basamento leggero si innalzano i 5 piani destinati alle esposizio-
ni pubbliche, agli archivi e agli uffici della Fondazione, con superfici che seguendo la curvatura dell’involucro traslucido vanno riducendosi verso la sommità vetrata, protetta da 7mila pannelli schermanti. Fondata nel 2006 per conservare l’immenso patrimonio documentale dell’omonima società creata nel 1896 la Fondazione Pathé gestisce una parte fondamentale della storia del cinema, che attraverso la nuova sede intende condividere almeno in parte con il pubblico. Al piano interrato dell’edificio trova posto una sala di proiezione di 70 posti con una programmazione dedicata prevalentemente ai capolavori del cinema muto, accompagna-
› FONDATION JÉRÔME SEYDOUX-PATHÉ
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‹ FONDATION JÉRÔME SEYDOUX-PATHÉ
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› FONDATION JÉRÔME SEYDOUX-PATHÉ ta da esposizioni a tema di materiale d’archivio: fotografie, locandine, corrispondenza e documenti anche inediti dell’epoca. Al primo piano un’esposizione pubblica permanente di più di 200 apparecchi cinematografici tra quelli che fanno parte del patrimonio della Fondazione, mentre i piani superiori hanno un programma più riservato: centro di ricerca e documentazione storica, attività didattiche rivolte alle scuole, gli archivi e gli uffici della Fondazione. Alta 25 metri, la creatura di Piano che ospita queste attività si coglie al meglio dal retro del lotto, dall’alto e di sera, quando la luce artificiale si diffonde verso l’esterno. Lungi dall’essere un segno autoreferenziale, la forma organica dell’edificio trova la propria “necessità” nel rispetto delle distanze dalle costruzioni limitrofe e nella ricerca dell’apporto ottimale di luce naturale e ventilazione, mentre la riduzione dello spazio occupato a terra ha liberato spazio per un giardino alberato, un’isola vegetale nel denso contesto minerale del XIII arrondissment parigino
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Gli uffici della fondazione al quinto piano vetrato dell’edificio e, a destra, alcuni immagini degli interni: l’esposizione permanente, parte degli archivi, la sala cinematografica con 70 posti al livello interrato (foto ©Michel Denancé).
In basso, da sinistra e dall’alto, la piante dei livelli -1, 0, +1, +2, +5 e della copertura (©RPBW).
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‹ FONDATION JÉRÔME SEYDOUX-PATHÉ
SCHEDA Località Parigi Anno di realizzazione 2006-2014 Committente Fondation Jérôme Seydoux-Pathé Progetto Renzo Piano Building Workshop Design team B. Plattner e T. Sahlmann (partner e associati capo-progetto) con G. Bianchi (partner), A. Pachiaudi, S. Becchi, T. Kamp; S. Moreau, E. Ntourlias, O. Aubert, C. Colson, Y. Kyrkos (modelli in scala)
Consulenti VP Green (strutture), Arnold Walz (modelli 3d), Sletec (controllo dei costi), Inex (impianti), Tribu (sostenibilità), Peutz (acustica), Cosil (illuminazione), Leo Berellini Architecte (interni)
Superficie del lotto 2.200 mq Superficie dell’edificio 839 mq
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Le sezioni trasversale (a sinistra) e longitudinale dell’edificio. In alto, schizzo della copertura vetrata dell’ultimo piano (©RPBW). A destra, il giardino di betulle che si apre sul retro dell’edificio (foto ©Michel Denancé).
‹ SYDNEY / UNIVERSITY OF TECHNOLOGY
THE MATRIX BUILDING La nuova facoltà di ingegneria e tecnologia informatica dell’università australiana comunica immediatamente la sua identità attraverso una pelle di rivestimento iconica e funzionale
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› SYDNEY / UNIVERSITY OF TECHNOLOGY
S In apertura, l’iconica facciata del Broadway Building, sede della facolta di informatica dell’Università di Sidney, e, sopra, il suo inserimento nel Central Business District della capitale. Sotto, la pianta del livello 0 (foto e disegni courtesy Denton Corker Marshall).
elezionato tra gli oltre sessanta elaborati presentati nell’ambito di un concorso internazionale, il progetto dello studio australiano Denton Corker Marshall definisce un’architettura pensata per integrarsi con il contesto urbano e allo stesso tempo capace di distinguersi dagli edifici limitrofi per le intrinseche qualità estetiche e tecnologiche. L’edificio è situato in un quartiere urbano di primo piano e segna il punto d’accesso all’area riqualificata del campus universitario all’estremità meridionale del Central Business District di Sydney. Nel suo proporsi come un elemento scultoreo, la nuova sede
universitaria si distingue dallo stile architettonico più tradizionale delle costruzioni vicine e dalle torri del complesso di Fraser Broadway che fronteggiano il lotto. L’edificio si sviluppa su quattordici livelli fuori terra, oltre a quattro interrati, destinati a ospitare sale conferenze, uffici per il personale accademico, aule per seminari, laboratori didattici e di ricerca, aree ricreative e di ristorazione, parcheggi per auto e biciclette. La struttura architettonica è avvolta da un rivestimento metallico formato da quattro piastre inclinate e oblique realizzate con fogli di alluminio forato secondo un pattern derivato dal codice binario che indica la fa-
coltà dell’università di Sydney. La facciata è intervallata da alcuni tagli che squarciano la superficie metallica e che, simili a branchie, enfatizzano il concetto di pelle di rivestimento consentendo simbolicamente all’edificio di respirare. L’immagine della fenditura è ripresa nell’atrio a sviluppo verticale e allungato che connette visivamente e funzionalmente gli spazi dedicati all’insegnamento, all’apprendimento e alle relazioni sociali. Questo ambiente dinamico è caratterizzato da scale a vista, passerelle di collegamento tra i piani disposte in maniera apparentemente causale e sale per incontri informali. L’estetica degli interni è ispirata alle architet-
1_Student lounge 2_Medium lecture theatre 3_Large lecture theatre 4_Informal collaborative space 5_Small lecture theatre 6_Male toilet 7_Disabled toilet 8_Female toilet 9_Switch room 10_Subsatation
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‹ SYDNEY / UNIVERSITY OF TECHNOLOGY
1_Carpark 2_Aerodynamics laboratory 3_Store 4_Computer laboratory 5_Informal computer laboratory
6_Entry lobby 7_Cafe seating 8_Informal lounge 9_Student societies 10_Women in engineering
11_Workstations 12_Dean’s wintergarden 13_Smoke spill fan room 14_Bridge
ture industriali e prevede l’utilizzo di cemento a vista e acciaio cor-ten. L’atrio è dotato di un ingresso a piano terra illuminato da luce naturale e connette direttamente la facoltà al quartiere circostante. Il progetto degli interni è frutto di un approccio pedagogico innovativo mirato a soddisfare le esigenze degli studenti e degli altri utenti della facoltà grazie all’impiego delle più avanzate tecnologie, dalla robotica all’informatica fino alla visualizzazione 3D del Data Arena, il centro di ricerca più avanzato nel suo genere in Australia. Nell’intervento sono state
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Sezione dell’edificio. In basso, una meeting room interna sospesa e una vista dell’atrio principale. Cemento a vista, vetro, acciaio e acciaio cor-ten i materiali più usati per l’interno (foto e disegni courtesy DentonCorkerMarshall).
adottate soluzioni progettuali per assicurare elevati standard di comfort e sostenibilità ambientale. Certificato con un minimo di cinque stelle del locale standard di sostenibilità Green Star, il progetto è stato studiato per raggiungere un risparmio energetico del 30-45% e idrico del 20-30% e una riduzione del 50% nelle emissioni di gas serra rispetto a edifici di analoghe dimensioni - l’ombreggiatura dell’edificio assicurata dalla facciata metallica porterà da sola a un risparmio energetico stimato intorno al 10-15%
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› SYDNEY / UNIVERSITY OF TECHNOLOGY
Denton Corker Marshall Fondato a Melbourne nel 1972 e con centinaia di opere realizzate al proprio attivo, lo studio di progettazione architettonica e urbana Denton Corker Marshall opera a livello mondiale con la collaborazione di circa 140 professionisti e uffici a Melbourne, Londra, Manchester e Jakarta. Indipendentemente dalla tipologia e dalla scala affrontata, dalla grande infrastruttura urbana all’edificio fino all’oggetto di design, ogni progetto è concepito a partire dalle specifiche esigenze della committenza e del contesto. Tra i numerosi riconoscimenti, lo studio è stato premiato con la più alta onorificenza architettonica in Australia, la Medaglia d’oro conferita dall’Istituto Nazionale di Architettura. www.dentoncorkermarshall.com
SCHEDA Località Sydney Anno di realizzazione 2011-2014 Committente University of Technology, Sydney Progetto architettonico e interior Denton Corker Marshall
Superficie edificabile totale 43.500 mq Superficie utile 22.050 mq Pianificazione JBA Urban Planning Strutture e facciate Aurecon Impianti meccanici e elettrici Waterman AHW Progetto illuminotecnico Electrolight Idraulica Arup Accessibilità verticale e controllo antincendio Aecom
Acustica Renzo Tonin & Associates Progetto paesaggistico Taylor Brammer Contractor Lend Lease Budget AUS $ 205 mio (circa 142 mio di euro) Apparentemente casuali, i collegamenti interni creano un ambiente stimolante e offrono spunti per aree di incontro informali. Sotto, la pianta dei piani 1-2
1_Student union 2_Data arena 3_Informal collaborative space 4_Void 5_Informal computer laboratory 6_Computer laboratory 7_Store 8_Plant 9_Kitchen 10_Cafe 11_Terrace 12_Arcade 13_Disabled toilet 14_Male toilet 15_Female toilet
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NUOVO COMPLESSO PER UFFICI A MILANO
BAMBOO IN FACCIATA Un materiale originale, funzionale e di costo contenuto caratterizza in modo univoco questo complesso per uffici che si sviluppa intorno a una corte vegetale e minerale
Sopra il titolo, i fronti nord e ovest del complesso Green Place. Accanto, dettaglio del sistema di schermatura. Nella pagina a fianco, la scala in una vista dalla corte interna e i prospetti est, su Via Ludovico di Breme, e ovest (foto ©Stefano Gusmeroli, disegni GaS Architects).
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Nella porzione nord-ovest di Milano, lungo la direttrice del Sempione, il Green Place è un complesso per uffici di nuova edificazione che prende il posto di precedenti costruzioni sfruttando al massimo il potere edificatorio dell’area previsto dagli indici urbanistici. Sviluppato e presentato nel giro di dieci giorni su richiesta della committenza che ha indetto un nuovo concorso a inviti rivolto a tre studi, il progetto vincitore di Goring & Straja ottimizza spazi e costi rispetto a una soluzione emersa a concorso l’anno precedente. Ferme restando le quantità di superficie coperta e di volumi edificabili, lo studio Goring & Straja, avvalendosi dell’art. 69 del vecchio Regolamento Edilizio del Comune di Milano che consente una risagomatura pari al 50% delle forme stabilite, ha completamente riprogettato l’edificio proposto nel precedente concorso trovando nuove soluzioni dal punto di vista di efficienza distributiva, costi e architettura. Terminata la progettazione, lo studio di An-
dré Straja si è concentrato sulle piante interne e sulle soluzioni utili al contenimento dei costi di realizzazione e di gestione. Una ricerca che, condivisa e accettata dalla committenza, da un lato ha contribuito all’ottenimento della certificazione Leed Gold e dall’altro ha dato luogo alle caratteristiche formali uniche e distintive di Green Place. La nuova costruzione consiste in tre corpi di fabbrica raccolti attorno a una corte verde a completamento dell’isolato per un totale di 10.362 mq di superficie lorda calpestabile e 7.500 mq interrati per 166 posti auto. Il corpo centrale, più basso, ospita laboratori di produzione e funge da collegamento tra i due edifici principali, sviluppati su cinque livelli fuori terra. I piani terra accolgono i tre atrii d’ingresso e uno show-room di 500 mq del gruppo Renault (con allestimento degli interni in funzione di primo showroom “pilota” in Italia) mentre i piani superiori sono interamente destinati a uffici, con superfici interne
› GREEN PLACE
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‹ GREEN PLACE
Tra le specie vegetali della corte, molte delle quali in vaso, 23 peri da fiore e una siepe di bamboo a delimitare i confini del lotto. Pavimentazione in masselli autobloccanti, ghiaietto nero e piastrelle di basalto dell’Etna.
Pianta del complesso e l’elegante disegno geometrico della corte che integra le griglie d’aerazione del piano interrato. Alla pagina a fianco, un’immagine della scala monumentale (Foto ©Stefano Gusmeroli)
frazionabili verticalmente o orizzontalmente. Per garantire la massima flessibilità ogni piano è a pianta libera, con pilastri prevalentemente disposti lungo il perimetro, pavimento galleggiante e controsoffitti microforati con illuminazione integrata. Verso la corte interna, che è al contempo copertura del parcheggio interrato e salone d’ingresso a cielo aperto, arredato con una regolare geometria di specie vegetali e minerali, le superfici vetrate dei fronti lasciano intravedere le volumetrie scultoree delle scale e sono animate da giochi di luci, ombre e trasparenze durante le ore notturne. Dal punto di vista materico, l’architettura si qualifica per l’uso di acciaio e vetro soprattutto al piano terra, che appare come un grande basamento trasparente. La superficie dei piani sovrastanti è invece caratterizzata da pannelli schermanti realizzati in bamboo che, variando di densità e ruotando seguendo la posizione del sole, animano le facciate già spezzate in pianta. I pannelli che compongono il sistema frangisole seguono movimenti diversi in base all’orientamento della facciata su cui sono collocati e sono di tre diverse tipologie. Lungo tutte le fasce marcapiano dell’edificio sono stati ancorati tubolari in acciaio zincati a caldo che costituiscono la struttura portate di frangisole orientabili verticali dotati di meccanismo per la movimentazione. Gli elementi sono formati da mensole anch’esse in acciaio che supportano un reticolo verticale di canne di bamboo e che, in posizione di completa chiusura, assicurano un oscuramento pari al 70%. Le facciate orientate a est sono state invece dotate di elementi frangisole fissi verticali privi di motoriduttore e posizionati ortogonalmente rispetto ai prospetti per garantire la massima ombreggiatura. Lungo la facciata interna dell’edificio più basso sono stati previsti infine dei pannelli pala frangisole fissi costituiti da un sistema di schermature a nastro orizzontale formate da pale lunghe 4,5 ml formate ciascuna da otto canne di bamboo.
SCHEDA Località Milano Anno di realizzazione 2014 Committente Stam Europe Italia Progetto architettonico Goring & Straja Architects Principal in charge André Straja Project director Giacomo Sicuro Responsabile di progetto Costanza Gammieri Collaboratori Patrizia Scrugli, Fabrizio Volpe,
Claudio Vicentini, Paolo Battaglia, Marianna Trapani, Vlad Ivanescu, Igor Lusardi
Progetto strutture Redesco Progetti Management Prelios Integra Progetto impianti Ariatta Ingegneria di Sistemi Direzione lavori Tekne General Contractor Percassi F.lli Srl Sistema di facciata e schermature Giuliani Soc. Coop.
Installazione impianti e BMS Alpiq InTec Italia Superficie lorda costruita 21.300 mq Superficie giardino 8.200 mq
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› GREEN PLACE
GIULIANI SOC. COOP. PER L’INVOLUCRO facciata trasparente a montanti e traversi e sistema frangisole Per l’involucro di Green Place il committente Stam Europe ha scelto il sistema Thermofac F di Giuliani Soc. Coop, una griglia realizzata a montanti e traversi a cui gli elementi di tamponamento trasparenti sono vincolati mediante accessori di trattenimento puntuali in alluminio estruso che “premono” sulla lastra interna attraverso appositi profili “a canalino” inseriti nella camera del vetro. Applicato agli elementi finiti secondo la norma UNI EN 13947, il software di valutazione dell’isolamento termico ha calcolato un coefficiente medio di trasmittanza termica Uw =1,3 W/m2 K. Giuliani ha realizzato e installato anche il sistema di frangisole fissi e motorizzati con elementi in bamboo provenienti dall’Indonesia. Fondata nel 1971, dal 1980 Giuliani Soc. Coop. si è specializzata in facciate continue in alluminio per l’involucro architettonico e per la copertura di edifici, nonchè strutture speciali n carpenteria metallica e vetro e serramenti metallici per grandi forniture.
GIULIANI SOC. COOP. Via dei Senoni 8 - 47122 Forlì (FC) Italia Tel. 0543.721027 info@giulianisc.it | www.giulianisc.it
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‹ GREEN PLACE André Straja si laurea a Houston e lavora per diversi anni a San Francisco, dove incontra il socio Jim Goring, prima di fare ritorno in Europa (è nato a Bucarest nel 1958). Un anno a Milano nello studio di Antonio Citterio, cinque anni a Parigi e poi di nuovo Milano, anche se l’impatto non è stato facile.
I soci italiani di Goring & Straja: da sinistra Lenka Lodo, André Straja, Giacomo Sicuro (Foto ©Enrico Basili).
AS Appena arrivato lo sai cosa mi disse un costruttore? In Italia gli architetti servono per ottenere permessi di costruire e li ottieni solo se hai buone relazioni, Tu non conosci nessuno quindi non ti conviene fare l’architetto qui. Poi le cose sono cambiate? AS Un po’. Il nostro progetto di Carlyle Group in via della Chiusa (2000-2003) ci ha fatto co-
“Etica e cultura per la buona architettura”
Nella vista dall’alto di Green Place si nota il fotovoltaico e le grandi U.T.A. collocate in copertura (foto ©Stefano Gusmeroli).
noscere, da allora abbiamo realizzato o riqualificato diversi uffici anche se non amo la specializzazione tipologica, il nostro studio è flessibile, abbiamo in corso progetti nel residenziale, nel retail (p. es. Nespresso in Europa e USA, NdR) e naturalmente molti interni. Invece non è cambiato, anzi forse è peggiorato, l’ambiente culturale. Pulizia etica, bellezza e qualità del costruito vanno insieme perché insieme determinano la qualità di una nazione. Per vent’anni abbiamo avuto governanti che affermavano che con la cultura non si mangia, forse è anche per questo che da sei siamo in crisi. Ma come ti è venuto in mente di fare le schermature in bamboo? Non è molto milanese. AS Abbiamo avuto un committente che ci ha dato fiducia. Naturalmente abbiamo dovuto dimostrargli la fattibilità e garantirne la durata, ma lui ha intuito le potenzialità espressive e
il valore aggiunto che ne sarebbe derivato, per di più a basso costo. La compatibilità ambientale del bamboo è notevole: grande tasso di crescita, buon assorbimento di CO2. Possiede doti eccezionali, durezza e leggerezza insieme. Alla fine è diventato uno degli elementi più qualificanti del complesso. Fa parte del nostro mestiere: rendere gli edifici interessanti anche con budget limitati. Poi hai ritrovato la milanesità nell’impianto a corte. AS Ma no, quello c’era già. Dopo un anno dal primo concorso, che non avevamo vinto, siamo stati richiamati dal committente che ha indetto un nuovo concorso per progettare un edificio più efficiente, ma il Permesso di Costruire era già stato approvato. Abbiamo trovato una brillante soluzione urbanistica, oltre che architettonica, che ci ha consentito di riprogettare
completamente l’edificio, totalmente diverso da quello del primo concorso, rispondendo a tutte le richieste di efficienza. Siamo riusciti a mantenere il titolo edilizio e abbiamo anche realizzato una variante amministrativa in tempi contenuti. Siamo riusciti sia a progettare un nuovo complesso immobiliare sia a rispettare le scadenze edilizie vincolanti. Piuttosto, abbiamo trasformato le corti nel vero salone d’ingresso del complesso. Il verde, che qui abbiamo “sposato” con pietre diverse, ha un costo contenuto e contribuisce a valorizzare subito il luogo rendendolo accogliente. Sono state impiegate diverse essenze che necessitano di poca manutenzione. Cosa ami di più dell’Italia? AS Il cibo, le donne, il paesaggio, il concetto di famiglia. Non necessariamente in quest’ordine
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ENERGIA E IMPIANTI
il massimo dell’efficienza e della flessibilità Un contributo fondamentale nell’ottenimento del punteggio Gold di LEED deriva dalle soluzioni impiantistiche, curate interamente da Alpiq InTec Italia sotto la guida di Paolo Dadda. “Anche la gestione delle schermature motorizzate è governata dal BMS centrale” spiega Dadda “come il resto dell’impiantistica, dalla climatizzazione, programmabile da ogni tenant, agli impianti speciali: rilevamento fumi, videosorveglianza, controllo accessi. La distribuzione dell’aria e la ventilazione meccanica con recupero di calore, con unità poste in copertura, sono frazionate per blocco e per piano, per assicurare la massima flessibilità. La climatizzazione è affidata a impianti termo-frigoriferi in pompa di calore condensata ad aria, mentre parte del fabbisogno energetico è assicurata da un impianto fotovoltaico posto in copertura di 250 kW/h picco, con scambio sul posto con il gestore della rete”.
ALPIQ INTEC ITALIA Via Stephenson 73, 20157 Milano Tel. 02.3321101 info.ait.milano@alpiq.com | www.alpiq-intec.it
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TRADIZIONE CONTEMPORANEA Colori e texture, qualità tecnico-meccaniche certificate e elevata resistenza agli agenti atmosferici fanno del marmo Grolla di Marmi Faedo un materiale ideale per l'architettura contemporanea. Che si inserisce nel tessuto storico della città con la stessa naturalezza con cui da più di cento anni si scava e si lavora la pietra. 100% italiana.
MARMI FAEDO SPA | Via Monte Cimone, 13 | 36073 Cornedo Vicentino (VI) | info@marmifaedo.com | www.marmifaedo.com
UFFICI CROMSOURCE A VERONA
La facciata-ponte che collega i due edifici ricostruiti nella forma e nel volume che possedevano negli anni Trenta.
UNA NUOVA LUCE In equilibrio tra passato e futuro, il progetto concorre a ricucire il tessuto urbano e risponde alle esigenze di funzionalità del committente. Sia negli interni sia all’esterno l’illuminazione è interamente a Led Ammirevole per la dichiarata rinuncia a certo protagonismo architettonico, nel progetto di Archingegno l’incarico per i nuovi uffici veronesi della multinazionale CromSource diventa occasione per ridefinire un’idea di paesaggio urbano con la ricostruzione di precedenti edifici, frammenti storici di una città-giardino scomparsa, riconfigurati spazialmente con l’innesto di una facciata-ponte il cui rigore è interrotto soltanto dal volume leggermente aggettante e asimmetrico, posto in corrispondenza delle sale riunioni ai piani primo e secondo. L’ordine gigante degli elementi verticali conferisce ritmo e pulizia alla vetrata continua, definita costruttivamente da montanti in legno lamellare rivestiti esternamente in lamiera metallica. Al piede dei montanti, il particolare costruttivo delle pinne nasconde la vasca di raccolta dell’acqua piovana, grazie a un raccordo sottilissimo con il basamento in marmo. La vetrata continua ha un aspetto slanciato; il taglio del solaio è mascherato da una fascia retro-verniciata che funge anche da parapetto, senza interrompere apparentemente la continuità della trasparenza. Il progetto si sviluppa su tre livelli fuori terra, un attico e due interrati. Si accede al piano terra dal portico passante che taglia puntualmente il basamento rivestito in pietra. La reception mantiene il contatto visivo con l’esterno attraverso una
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finestra a nastro ritagliata nel basamento lapideo. Se questo elemento passa inosservato durante il giorno, al calare della sera risalta come taglio orizzontale che contrasta con la prevalente scansione verticale del prospetto. Ai piani superiori gli uffici si distribuiscono senza soluzione di continuità. L’utilizzo di divisori vetrati permette di percepire lo spazio come un unicum nel quale i sistemi a Led, i dispositivi elettrici per le postazioni di lavoro e i sistemi di ombreggiamento sono integrati nelle pareti e nei soffitti. Il progetto unisce le migliori soluzioni architettoniche e prestazionali attraverso il certificato di sostenibilità ambientale “Protocollo Itaca”, che ha permesso di individuare la migliore strategia possibile per elevare la performance globale dell’edificio. Il controllo di tutto il sistema costruttivo, dai sistemi di coibentazione agli infissi di ultima generazione, dalla qualità dell’aria interna al recupero del calore, dall’impiego di fonti rinnovabili al sistema di riciclaggio delle acque piovane hanno valso all’edificio la classe energetica A+. Il progetto di illuminazione, interamente basato sulla tecnologia Led, permette un notevole contenimento dei consumi elettrici. L’illuminazione a Led non è solo efficiente ma apre anche nuove opportunità progettuali. Al piano interrato si trova l’auditorium studiato per dare il massimo con-
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Studio Archingegno Fondato a Verona nel 1998 dagli architetti Carlo Ferrari e Alberto Pontiroli, lo studio Archingegno è un team interdisciplinare che cura il progetto architettonico in ogni aspetto, dalla piccola alla grande scala, dalla scelta dei materiali e delle tecnologie al contesto ambientale e culturale. Lo studio ha vinto il premio Città di Oderzo nel 2001 e il riconoscimento speciale della giuria del Premio Architettiverona 2011 per il progetto degli uffici Simem a Minerbe (VR). Tra i progetti in corso, la riqualificazione dell’area Calv, la sede di Arca Assicurazioni a Verona e il grande punto vendita Carniato Europe a Parigi. www.archingegno.info
SCHEDA Un interno degli uffici di CromSource e a destra, l’assonometria del progetto. Nella foto in basso la soluzione illuminotecnica scelta per l’auditorium.
Località Verona Anno di realizzazione 2010-2013 Committente Grbm Progetto architettonico Carlo Ferrari e Alberto Pontiroli
Collaboratori Andrea Chelidonio, Alessandro
fort visivo, acustico e luminoso all’utente. Il progetto evidenzia come sia possibile costruire lo spazio a partire dalla luce. L’illuminazione è risolta con tagli a soffitto che contengono apparecchi a luce indiretta e diretta. L’apparecchio a luce diretta è un quadrato ultrapiatto che non interrompe la continuità delle linee luminose; le sorgenti indiretta e diretta hanno diverse temperature per creare percezioni diverse
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Martini, Francesca Rapisarda e Marco Rizzi
Strutture Giovanni Montresor e Mattia Gaspari Impianti Riccardo Berto Finiture d’interni Sever Facciate continue e serramenti Uniform Pareti vetrate interne e arredi Citterio Impianto d’illuminazione Performance In Lighting
Costo (esclusi arredi) 3,6 milioni di euro Superficie 2.500 mq Classe energetica A+
LE SOLUZIONI ILLUMINOTECNICHE La luce che crea lo spazio
Interamente basato sulla tecnologia LED e con un sistema domotico all’avanguardia per la gestione ottimale della luce, il progetto illuminotecnico, curato da Giovanni Sartori, responsabile contract del gruppo Performance in Lighting, ha previsto per l’interno l’uso di apparecchi modulari quadrati e rotondi a marchio Spittler DM 130/190/225 LED con riflettore bianco e diffusore traslucido, degli ultrapiatti FL 595, degli incassi a controsoffitto Revilight 30x30 e il sistema SL 787 LED DALI con diffusori microprismi. Per gli esterni invece sono stati utilizzati gli apparecchi da incasso a parete Gradus e da parete Madeforled di Prisma, per gli incassi al suolo Steel Mini Round LED e Alu Inground Square LED di Prisma Architectural. Le forme compatte e sottili della serie Strip Oval Plus infine per sottolineare il logo CromSource all’ingresso dell’entrata principale.
PERFORMANCE IN LIGHTING S.P.A. Viale del Lavoro, 9/11 37030 Colognola ai Colli VR tel. 045 6159 211 www.performanceinlighting.com - info@prisma-pil.com
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DATA CENTER ENGINEERING DI PONT SAINT MARTIN
NEL BUNKER INTERATTIVO Il nuovo showroom del data center technology & operations del gruppo italiano dell’IT è un ambiente visivamente unitario e comunicativo in cui convivono funzioni differenti e supporti tecnologici interattivi
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Sviluppato su una superficie di 2.700 mq, il centro di elaborazione dati di Engineering a Point Saint Martin, in Val d’Aosta, è suddiviso in bunker separati e autosufficienti. Uno di questi corrisponde al nuovo showroom di 230 mq progettato da dotdotdot, studio milanese specializzato in progettazione dell’interazione. L’obiettivo del progetto è stato quello di definire uno spazio all’avanguardia in grado di offrire ai visita-
tori un’esperienza sensoriale totale e un approccio semplice e immediato ai contenuti grazie a un attento studio delle interfacce, delle infografiche e della comunicazione. Divisi per funzioni, gli ambienti dello showroom sono integrati da un’unica identità visiva che comunica immediatamente i valori di ricerca e innovazione dell’azienda italiana specializzata nell’elaborazione di software e in servizi IT. Lo spazio è articolato in maniera flessibile per rispondere a esigenze differenti e per variare in base al numero di partecipanti e ai gradi di comunicazione e approfondimento dei contenuti. Gli elementi d’arredo sono stati progettati per garantire massima flessibilità di fruizione e realizzati su misura dallo studio in materiale mdf colorato in pasta. Anche gli strumenti interattivi sono stati ingegnerizzati e customizzati totalmente da dotdotdot e la scelta dei materiali e dei colori contribuisce a definire un’identità visiva d’insieme differenziando al contempo per funzioni gli spazi. Il cuore dello showroom è rappresentato dall’area demo, un ambiente interattivo ispirato e dedicato all’innovazione e alla comunicazione. Un grande tavolo posto al centro della sala funge da piattaforma di navigazione dei contenuti multimediali e da consolle di comando multi-touch che crea un feedback diretto con la grande parete curva che funge da supporto per video-proiezioni. Il media wall, dal forte
Sopra la grande parete interattiva controllabile dal tavolo centrale e da devices mobili. A sinistra, il corridoio d’ingresso e l’area catering. Nell’ultima foto in basso a destra, una vetrata oscurabile elettricamente separa la sala meeting dallo showroom (foto ©Mauro Angelantoni)
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Dotdotdot Fondato nel 2004 a Milano dagli architetti Laura Dellamotta e Giovanna Gardi, dal designer Fabrizio Pignoloni e dall’interaction designer Alessandro Masserdotti, lo studio di progettazione multidisciplinare unisce architettura, allestimento, design, progettazione dell’interazione e innovazione tecnologica per sperimentare ed elaborare progetti complessi in cui gli aspetti spaziali sono contaminati dai nuovi media e dalla tecnologia. http://dotdotdot.it
impatto scenografico, trasforma lo spazio in un ambiente costruito intorno all’utente generando un’esperienza sensoriale immersiva. Tutte le funzioni e le caratteristiche dell’ambiente, come la configurazione della sala, l’illuminazione, le musiche, sono gestibili tramite device. Nell’area demo è presente anche una tribuna con quaranta posti a sedere scavata in un volume che definisce in maniera speculare la sagoma della lunga panca posta all’ingresso dello showroom
SCHEDA Località Point Saint Martin, Aosta Anno di realizzazione 2014 Committente Engineering Progetto Studio dotdotdot Collaboratori Ambhika Samsen, Marina Cinciripini, Giulia Ruzzenenti
Superficie intervento 230 mq Superficie netta data center 2.700 mq
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‹ BREVI E NEWS
STRATEGIE DI RIGENERAZIONE URBANA Per iniziativa della Biennale Internazionale di Architettura Barbara Cappochin sono state organizzate a Padova, da gennaio a marzo 2014, giornate di studio su interessanti esempi di rigenerazione urbana realizzati negli ultimi 15 anni in Europa, ora raccolte e ampiamente documentate in questo volume da Marsilio. Dall’eco-quartiere Vauban a Friburgo alle Albere di Trento, passando per Bo01 a Malmö, Ørestad a Copenhagen, Eco-Vikki a Helsinki o Plan d’Ou a Marsiglia, evidenti risultano le analogie di interventi capaci di delineare un nuovo modello di sviluppo per le città europee: contrasto al consumo di suolo, qualità del progetto architettonico e dello spazio pubblico. E soprattutto il ruolo di indirizzo che la pubblica amministrazione dovrebbe svolgere, a partire da una corretta integrazione tra i diversi livelli di responsabilità istituzionali di gestione del territorio. La pubblicazioone è una originale rielaborazione operata dai relatori alla luce di quanto emerso nel corso dei seminari, con contributi critici e un documento fi nale di sintesi che mettendo a confronto le esperienze europee con la pratica nazionale tentano di tracciare linee di indirizzo utili per ripensare la strategia (o forse per disegnarne una) di pianifi cazione urbanistica e territoriale in Italia. Eco-quartieri Strategie e tecniche di rigenerazione urbana in Europa Fondazione Cappochin Ordine degli Architetti di Padova A cura di Giuseppe Cappochin, Massimiliano Botti, Giovanni Furlan, Sergio Lironi Editore Marsilio - 272 pp. ISBN 978-88-317-1955-1
Premio Paesaggio, Architettura e Design Litici 2014
PROGETTUALITÀ LITICA ALLA 49^ EDIZIONE DI MARMOMACC PREMIATE LE MIGLIORI TESI DI LAUREA CHE AFFRONTANO IL TEMA DELLA PROGETTAZIONE IN PIETRA 63 i gruppi di neo-laureati che hanno partecipato alla terza edizione del Premio biennale organizzato da VeronaFiere in collaborazione con l’Ordine degli Architetti della provincia di Verona. Nella categoria Paesaggio e Architettura sono stati premiati Brunella Popolizio (Università degli Studi Roma Tre) per la tesi Matera, il parco delle cave, che prevede il recupero dell’antico tracciato della Via Appia e la valorizzazione dell’area con il progetto di un frantoio e di un mercato agricolo in una ex cava di tufo, e Simone Barbi (Università degli
Studi di Firenze) per la tesi Silenzi di pietra, proposta progettuale per il Monastero di Sant’Antimo. Nella categoria Design una menzione a Andrea Giovanni Dal Prete della Scuola di Design del Politecnico di Milano, che con la tesi Pietra punto e croce indaga il possibile utilizzo di un brevetto che trasforma la pietra in materiale di rivestimento di minimo spessore applicabile anche su superfici curve. In giuria Luisa Bocchietto, Klaus Theo Brenner, Victor Lopez Cotelo, Vincenzo Pavan e Nicola Brunelli.
Green retrofitting PROGETTO CMR TRA I VINCITORI DEL PREMIO REBUILD 2014 PER LA RIQUALIFICAZIONE DELL’EDIFICIO SAN NICOLAO A MILANO
SOSTENIBILE CONVIENE Nel valutare pratiche e modelli architettonici e introdurre ai materiali e ai metodi per massimizzare le prestazioni ambientali, sociali ed economiche degli edifi ci, il testo mira a sfatare la convinzione assai diffusa secondo cui la sostenibilità non possa essere redditizia e offre uno sguardo sul futuro delle costruzioni nel ventunesimo secolo. The Economy of Sustainable Construction A cura di Ilka & Andreas Ruby, Nathalie Janson. Editore Ruby Press 415 pp – euro 38,00 (testo in inglese) ISBN 9783944074078
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Integrazione tra nuovo e esistente, qualità architettonica, elevata efficienza energetica. Sono queste le caratteristiche che hanno assicurato al progetto degli architetti Massimo Roj di Progetto CMR e Anna di Girolamo di Beni Stabili la vittoria nella categoria Terziario della seconda edizione di REbuild, il premio dedicato alle migliori riqualificazioni edilizie in Italia ideato da Habitech e Fraunhofer Innovation Engineering Center. Risalente agli anni Sessanta, il complesso immobiliare di piazza Cadorna a Milano è stato riqualificato e riletto in chiave contemporanea attraverso una scansione ritmica e geometrica dell’involucro, una superficie modulare performante rifinita con intonaco fotocatalitico che consente di massimizzare l’efficienza termica e minimizzare le dispersioni. Il tetto-giardino accessibile dagli uffici contribuisce inoltre alla termoregolazione interna dell’edificio.
La tesi di laurea Matera, il Parco delle Cave (sopra, un render del progetto di recupero) è stata premiata dalla giuria “per un attento inserimento nel paesaggio, per l’integrazione degli elementi funzionali e architettonici, per l’ordine strutturale e infine per i materiali in cui protagonista è la pietra, che unifica il taglio verticale della cava con il piano orizzontale del costruito”.
MALTA REVIVAL CON IL CITY GATE DI RENZO PIANO MALTA ESCE DAL SUO SECOLARE ISOLAMENTO E ENTRA NEL PANORAMA DELL’ARCHITETTURA DEL XXI SECOLO. EPISODI CE N’ERANO GIÀ STATI, MA SENZA INCIDERE SUL TESSUTO ORMAI ANACRONISTICO DI UNA CITTÀ CHE, COMPLICE LA NOMINA A CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2018, CAMBIA DOPO CINQUANT’ANNI. E MALGRADO LO SPIRITO CONSERVATORE DEGLI EREDI DI JEAN DE LA VALETTE, CHE QUI TROVÒ RIFUGIO NEL 1566 ERIGENDO BALUARDI DIFENSIVI CAPOLAVORO DELL’INGEGNERIA DELL’EPOCA
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‹ SPECIALE MALTA
PROGETTO CITY GATE
MODERNO MEDITERRANEO Per La Valletta il vasto piano di riqualificazione urbana che va sotto il nome di City Gate è un colpo di spugna: sul traffico asfissiante, sulla patina polverosa dei bastioni corrosi dal tempo, sul torpore mediterraneo della città
In apertura, il concept del masterplan in uno schizzo di Renzo Piano. Sopra il titolo, sezione del progetto City Gate: il teatro, l’edificio del nuovo Parlamento, il varco e il ponte pedonale di ingresso, anche nella foto qui sotto (©RPBW, foto Paul Pires da Fonte).
Inizialmente criticato da molti Maltesi, il lavoro appena completato è, forse per la sua scala urbana e per l’unicità del luogo su cui interviene, il progetto più affascinante di Renzo Piano. Con interventi misurati sulla morfologia e il paesaggio, un’eleganza formale lontana da provocatorie affermazioni di stile, le scelte e le combinazioni dei materiali, tra l’acciaio e il calcare della pietra locale, Piano ripristina i flussi e gli ambienti della città barocca senza alcuna fasulla ricostru-
zione del passato. Ed è esattamente quella di ripercorrere la storia della “città delle meraviglie” la sensazione che coglie il moderno viandante attraversando il ponte pedonale che è la nuova porta della città. L’intero progetto City Gate comprende altri tre decisivi interventi: la nuova sede del Parlamento Maltese, una macchina teatrale costruita sulle rovine della Royal Opera House e il progetto di paesaggio che ridisegna il fossato e valorizza i bastioni Cinquecenteschi.
Il ponte, il fossato, i bastioni Probabilmente, quando la città venne costruita il City Gate era un semplice tunnel che attraversava le mura e che nel 1633 assunse dignità di Porta con un ponte di 8 metri di larghezza. Ripetutamente allargato nel corso del tempo, il ponte aveva perso forma e funzione, mentre al livello superiore scorreva il traffico di Papa Pio V Street. L’intervento di Piano demolisce le precedenti modifiche e la sezione stradale che correva immediatamente all’interno della porta, ora sostituita da due ampie scalinate che collegano i bastioni al livello di Republic Street, la via principale che attraversa il centro fino a Fort St. Elmo. In questo modo il City Gate si apre al cielo, offrendo visuali sulle mura e sul fossato, e si fa breccia e varco nei bastioni difensivi della città. Un varco sottolineato dall’inserimento di due possenti lame verticali d’acciaio di 6 cm di spessore a marcare il confine tra vecchio e nuovo e due “antenne” in acciaio alte 25 metri a segnalare da lontano l’ingresso, con un rigore rimarcato dalla grandi lastre in pietra di Gozo che pavimentano il ponte. L’intervento si completa con un ridisegno del paesaggio a partire dal fossato, in precedenza adibito a parcheggio e ora trasformato in un fresco giardino raggiungibile dal Gate mediante scale mobili e un ascensore panoramico dai quali apprezzare la possenza delle fortificazioni cinquecentesche. La macchina teatrale Nell’impossibilità finanziaria di ricostruirlo nello stile neoclassico con cui l’aveva concepito nel 1862 l’architetto inglese Edward Middleton Barry, lo spirito conservatore dei
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› SPECIALE MALTA
IL MODELLO DEL MASTERPLAN Organizzato in due blocchi, l’edificio del Parlamento poggia su un basamento leggero aperto su una corte pubblica. In copertura 600 mq di fotovoltaico.
Perpendicolare a Republic Street, la Royal Opera House viene trasformata in “macchina teatrale” sui resti del precedente edificio bombardato nel 1942.
Un ponte pedonale di 8 metri di larghezza attraversa il fossato e conduce al varco. Immadiatamente all’interno, le ampie scalinate che conducono ai bastioni dell’antica fortificazione.
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‹ SPECIALE MALTA
Maltesi aveva preferito lasciarlo com’era rimasto dopo il bombardamento che nel 1942 l’aveva raso al suolo. Oggi la Royal Opera House che esce dalla matita di Renzo Piano non solo non spazza via quelle macerie ma conferisce loro valore di memoria collettiva costruendovi, sopra e all’interno, una struttura meccanizzata re-
“Il vero sacrilegio sarebbe stato distruggere i ruderi, sostituirne la funzione. Conferire loro dignità e aggiungervi delle moderne macchine per lo spettacolo penso sia un gesto magico” versibile che agendo sia sul palcoscenico sia sulle quinte rende la sede adatta per le diverse performance della stagione estiva: opera, balletto, concerti (per i quali è stato implementato un sistema ERES – Electronic Reflected Energy System –già sperimentato da Piano per l’acustica del Times Center di New York). Conclusa la stagione e rimossi i circa 1.000 posti a sedere, il teatro ritorna piazza e luogo della memoria di Malta. Il nuovo Parlamento Accanto e inserito nell’ordito stradale esistente, l’edificio del nuovo Parlamento è formato da due blocchi massicci di pietra [ 30 ]
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bilanciati su esili colonne che conferiscono all’insieme un senso di leggerezza, separati da una corte centrale aperta al pubblico che serve anche da ingresso principale e che mette in luce struttura e dimensioni del vicino bastione di San Giacomo. Le facciate dei due edifici (il corpo nord adibito a aula parlamentare e il corpo sud che accoglie gli uffici dei gruppi parlamentari, del Primo Ministro e del capo dell’opposizione) sono rivestite in pietra estratta da una cava di Gozo e lavorata in Italia con macchine a controllo numerico, con un risultato insieme estetico e funzionale, che fi ltra il calore del sole, permette alla luce naturale di penetrare all’interno e non impedisce la vista verso l’esterno. A una quota inferiore a Republic Street, un piano destinato a uffici di organizzazioni e attività legate al Parlamento si apre su una corte alberata e ombreggiata che prosegue fino al tunnel della vecchia stazione ferroviaria, chiusa nel 1931 e in precedenza adibita in modo estemporaneo a parcheggio e sede di alcune officine meccaniche. Alla base del progetto del nuovo Parlamento forti considerazioni di ordine ambientale: ai vantaggi passivi indotti dalla facciata in
In alto, schizzo del fronte sud del City Gate e, sotto, modello in legno delle scale. A sinistra, le lame e le antenne in acciaio (© RPBW, foto Paul Pires da Fonte).
› SPECIALE MALTA
Modello e foto della Royal Opera House nella confi gurazione estiva (sotto, sezione longitudinale) e, a destra, una vista dalle rovine sotto la platea (©RPBW, foto ©Franck Franjou e ©RPBW).
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‹ SPECIALE MALTA
pietra si aggiungono 40 pozzi scavati nella roccia fino a 140 metri di profondità (vale a dire 100 metri sotto il livello del mare) per lo scambio geotermico di calore, e 600 mq di fotovoltaico in copertura. Una strategia che permette all’edificio di produrre tutta l’energia necessaria per il riscaldamento invernale e l’80% del fabbisogno estivo
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SCHEDA Progetto Valletta City Gate Anno di realizzazione 2009-2014 Committente Grand Harbour Regeneration Corporation plc
Progetto architettonico
Renzo Piano Building Workshop Architects
Local architect
Architecture Project (La Valletta)
Design team A. Belvedere, B. Plattner (partners in charge) con D.Franceschin, P. Colonna, P. Pires da Fonte, S. Giorgio-Marrano, N. Baniahmad, A. Boucsein, J. Da Nova, T. Gantner, N. Delevaux, N. Byrelid, R.Tse e B. Alves de Campos, J. LaBoskey, A. Panchasara, A. Thompson; S. Moreau; O. Aubert, C.Colson, Y. Kyrkos (modelli)
Consulenti
Ingegneria meccanica e strutturale ARUP Landscape Studio Giorgetta Pietra Kevin Ramsey Illuminotecnica Frank Franjou Equipaggiamento scenico Ing. Silvano Cova Consulenza teatrale Daniele Abbado
Superficie
masterplan 40.000 mq parlamento 7.000 mq teatro 1.800 mq + 1.000 mq backstage
Costo 62 milioni di euro
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› SPECIALE MALTA
Disegni di dettaglio e foto delle facciate del nuovo Parlamento. Pagina di sinistra: pianta del piano terra (©RPBW, foto ©Architecture Project e ©RPBW).
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‹ SPECIALE MALTA
MUZA MUZEW TAL-ARTI, LA VALLETTA
LA CASA DELLE MUSE Reversibilità e funzionalità sono i paradigmi di uno dei progetti presentati al concorso internazionale per la trasformazione dell’Auberge d’Italie nella nuova sede del museo nazionale delle arti di Malta Nell’acquarello di Studio Scau, il nuovo ingresso del MUZA con la passerella sopraelevata e la parete ventilata su piazza Jean de la Valette. La sezione dell’edificio visto da Triq il-Merkanti.
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Nel centro storico di La Valletta, L’Auberge d’Italie è un edificio militare realizzato nel Cinquecento come residenza dei cavalieri dell’Ordine di San Giovanni di lingua italiana. Architettura complessa e sontuosa segnata da vari interventi nel corso della sua storia, l’edificio è stato scelto per ospitare la
nuova sede del MUZA, acronimo del Muzew tal-Arti, il Museum of Fine arts di Malta precedentemente collocato su South Street. L’importanza architettonica, culturale e sociale dell’intervento di ristrutturazione e riuso si lega alla complessa opera di ammodernamento della capitale maltese, eletta Capitale
Europea della Cultura 2018. Tra i partecipanti al concorso internazionale di progettazione anche il raggruppamento composto da EMDP Ltd (capogruppo) cui partecipava Studio SCAU di Acireale, con un progetto che traendo ispirazione dall’originaria funzione militare dell’edificio ne propone una rilettura
› SPECIALE MALTA
contemporanea grazie all’impiego dell’acciaio cor-ten quale elemento di connessione estetico-funzionale tra le preesistenze architettoniche e i nuovi spazi espositivi. Nel centro storico di La Valletta, in prossimità della Piazza del Governo dove sorge il nuovo edificio del Parlamento Maltese di Renzo Piano, l’Auberge d’Italie ha due ingressi, uno da piazza Jean de la Valette e l’altro da via Triq il-Merkanti, che conducono a una corte centrale destinata a ospitare attività culturali. Per la facciata principale sulla piazza il progetto prevede la ricostruzione della parasta con un trattamento materico della pietra in continuità con quello adottato nell’antistante palazzo del Parlamento, e l’installazione di sistemi multimediali per proiezioni tematiche, intendendo la facciata come un’estensione del museo verso la città. L’ingresso all’edificio, posto a una quota superiore rispetto alla piazza, viene raggiunto per mezzo di una rampa-belvedere in acciaio cor-ten che si snoda lungo la fiancata dell’adiacente chiesa di Santa Caterina d’Italia e “penetra” un contrafforte fino a incorniciare il portone principale. Il piano terra è destinato a ospitare sul lato verso Triq il-Merkanti tutte le funzioni complementari agli spazi espositivi, una sala polivalente nell’ala prospiciente la
Nel disegno in alto un’immagine del piano di copertura, dove il progetto prevede una vasca d’acqua con lucernai sul fondo. A destra, i percorsi espositivi.
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‹ SPECIALE MALTA
La pianta della copertura nel progetto di EMDP e Scau per il nuovo MUZA. Sotto, a destra, il fronte su piazza Jean de la Valette e una sezione dell’edificio.
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piazza e nell’ala affacciata su Triq Zaccarija una galleria espositiva temporanea connessa al cortile centrale. Il primo piano è invece interamente dedicato all’esposizione dei quattro temi narrativi del Muza: Malta, la Sicilia e il Mediterraneo; Malta e la cultura europea; Malta e l’impero; Malta e i suoi artisti, secondo un percorso non cronologico che prevede una parte dedicata alla collezione permanente e un’area per mostre temporanee di arte moderna e contemporanea. La successione delle sale è segnata da un sistema espositivo modulare in acciaio cor-ten studiato per facilitare l’esposizione delle opere d’arte e dei contenuti del museo: un sistema formato da unità standard intercambiabili con illuminazione a Led integrata e schermi interattivi. Facilmente rimovibile e interamente riciclabile, è di-
segnato sia per essere fissato alle pareti sia come elemento autoportante, permettendo così di ampliare lo spazio espositivo indipendentemente dall’impianto architettonico – e per tutelarne il valore storico sarà fissato alle pareti tramite viti forate nei giunti di malta delle mura evitando di perforare la pietra sottostante. Al secondo piano, una galleria vetrata affacciata sul cortile interno sarà convertita in una luminosa sala lettura, mentre nelle alte sale rivolte su Triq il-Merkanti sarà realizzata un’area biblioteca/centro di ricerca funzionalmente indipendente dal museo. Ispirato alle architetture di Piranesi, quest’ambiente a doppia altezza è attraversato da una passerella intervallata da una serie di cubi in acciaio e vetro adibiti a studi per i ricercatori. La copertura del complesso infine è pensata
› SPECIALE MALTA Uno degli schemi del funzionamento climatico e ambientale dell’edificio, che nella corte interna prevede anche una vasca per il recupero delle acque.
come un’estensione sopraelevata di piazza Jean de la Valette, alla quale è direttamente collegata da ascensori e scale, con aree giochi per bambini, passerelle in acciaio e una vasca d’acqua con lucernai sul fondo per apportare luce naturale agli ambienti del secondo piano dell’edificio. 560 mq di pannelli fotovoltaici in copertura provvedono al fabbisogno energetico annuo del museo. Nel progetto, il Muza è immaginato come un edificio a zero consumi e emissioni, con l’installazione di una pompa di calore/raffreddamento VRV con una potenza di 30 kW e circa 500 getti per la nebulizzazione di acqua nel cortile centrale che contribuiscono a regolare la temperatura degli ambienti e la circolazione dell’aria dall’esterno verso l’interno e dal basso verso l’alto
IL TEAM DI PROGETTAZIONE Capogruppo EMDP Ltd, Malta (Arch. Mariello Spiteri)
Progettazione architettonica EMDP Ltd, Malta, Arch. Mariello Spiteri; SCAU Studio, Acireale, Arch. Angelo Vecchio
Componente multimediale Unicity SpA, Roma
Progettazione strutturale Benedetti & Partners, Bologna
Progettazione impiantistica Ing. Sante Mazzacane
Progettazione museografica Panstudio Srl
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‹ SPECIALE MALTA
BARRAKKA LIFT
SBARCO IN CITTÀ Da città fortificata a porto commerciale e meta di navi da crociera. Con le esigenze cambiano anche le infrastrutture. Alto 60 metri, il nuovo ascensore trasporta 800 persone l’ora dal waterfront al City Gate Mentre nel ‘600 le fortificazioni dovevano tenere alla fonda le navi nemiche, è sull’accoglienza turistica che oggi si basa buona parte dell’economia dell’isola. Pensata per agevolare il flusso di un grande numero di visitatori e residenti (con l’apertura di numerosi bar e ristoranti il waterfront si sta trasformando in un punto di richiamo per la movida della città), l’opera di Architecture Project prende il posto di una rudimentale infrastruttura a due cabine di 12 posti
Il punto di arrivo del nuovo ascensore e, a destra, il corpo scale della struttura visto dal basso. Sezione della torre e, a destra, la pianta e una vista generale dell’opera. In bianco e nero, la precedente infrastruttura in una foto d’epoca (foto ©Sean Mallia e Luís Rodríguez López, courtesy AP).
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costruita nel 1905, nel momento di massima attività commerciale della città, e definitivamente smantellata nel 2003. Con una superficie occupata al suolo decisamente maggiore che in passato, la struttura completata lo scorso anno prevede, tra le due torri-ascensore, una cavità occupata dal corpo scale che, oltre ad essere prescritto da norme di sicurezza, contribuisce ad alleggerire l’impatto visivo dell’impianto accentuandone al contempo la percezione
› SPECIALE MALTA
Architecture Project Con sede a Malta dal 1991, Croazia e Regno Unito, lo studio, che è anche local architect del progetto City Gate, è un team di 50 professionisti impegnati nel campo della progettazione architettonica, master planning, interior design, teoria e pratica del restauro, architettura sostenibile, ingegneria, formazione e pubblicazioni. Basato su una struttura organizzativa flessibile e multidisciplinare, lo studio è un laboratorio di idee capace di elaborare soluzioni innovative e rispettose dei più diversi contesti sociali, storici e culturali. Tra i vari riconoscimenti, Architecture Project è stato premiato al World Architecture Festival di Singapore nel 2013 per il progetto del Barrakka Lift. www.architecture-project.com
SCHEDA Località Lascaris Ditch, La Valletta Anno di realizzazione 2009-2013 Progetto Architecture Project (AP) Committente Grand Harbour Regeneration Corporation plc
Lighting design Frank Franjou Capienza 800 persone all’ora Budget 2 milioni di euro
delle proporzioni verticali. Le qualità geometriche della torre riecheggiano le forme angolari dei bastioni fortificati, mentre le rampe in c.a. che al livello superiore la collegano ai Barrakka Gardens ricordano il vicino City Gate. La pelle metallica che avvolge la torre nasconde l’impiantistica alla vista proteggendo allo stesso tempo i passeggeri dalla luce del sole senza per questo impedire la visuale sul Mediterraneo
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‹ SPECIALE MALTA
RESIDENZA DELLA SOCIETÀ DELLA DOTTRINA CRISTIANA
ACQUA E PIETRA NEL TEATRO DELL’ANIMA Con elementi primari, colori e geometrie Richard England disegna spazi articolati per lo spirito alla ricerca del sé Conrad Thake*
Sopra il titolo, il volume cilindrico aperto al cielo che racchiude l’area della fontana (foto ©Alan Carville).
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La progettazione del paesaggio esprime qualità intangibili trascurate dalla cultura materiale e dalla ricerca del profitto. Per esempio la solitudine, di cui parlava Luis Barragan richiamandosi a Baudelaire, è spesso messa in ombra dall’urgenza di sedurre attraverso la manipolazione delle forme. O la contemplazione introspettiva, che in Proust porta alla riscoperta dell’io interiore, sopraffatta dall’esasperata ricerca di esperienze sensoriali coinvolgenti. Due qualità che emergono con forza nella Casa del Buon Samaritano, il progetto di landscape realizzato dall’architetto Richard England per la Società per la Dottrina Cristiana (M.U.S.E.U.M) a Santa Venera, un sobborgo di La Valletta poco lontano dalla sede principale dell’associazione di laici fondata nel 1907 da don Ġorġ Preca (cano-
nizzato nel 2007). Un’organizzazione che prevede il celibato, così che nel tempo si è reso necessario pensare a una residenza che permettesse ai suoi membri anziani di fruire di assistenza e vivere tra loro in comunità. Richard England ha pensato questi spazi come un’enclave articolata su più livelli attraverso una sequenza di setti forati, portici e arcate che rimandano alle suggestioni metafisiche della pittura di De Chirico. Tuttavia, qui l’aura malinconica è assente e il candore dei portici lascia il posto a tonalità accese che sottolineando le sinuosità delle architetture si stagliano contro il blu del cielo mediterraneo. Richiamandosi a Skyspace, l’esperimento di land e light art di James Turrell a Roden Crater, un volume cilindrico a cielo aperto scandito da una serie di aperture quadrate
racchiude il cielo generando uno scarto netto tra l’ombra e la luce, che – come scrive Alberto Campo Baeza – non è “qualcosa di vago e indistinto dato per scontato, perchè il sole non sorge ogni giorno invano”. L’informale variabilità degli elementi conferisce a questo giardino concluso, pur articolato intorno a un asse centrale principale, un notevole grado di fludità. Dagli spazi chiusi della sala principale della congregazione e della hall si scende al livello inferiore verso ambienti a cielo aperto, zone di passaggio e altri ambienti più intimi, destinati alla meditazione e delineati da setti e schermi in cemento in tinte accese. Percorrendone i vari livelli si può notare come l’intero complesso sia stato concepito come una sequenza di spazi interconnessi che determinano a loro volta esperienze differenti e inducono il visitatore
› SPECIALE MALTA
Sopra, le logge coperte nel giardino di meditazione. Accanto, da sinistra, l’acqua è al centro del percorso del giardino di meditazione; una vista d’insieme dell’edificio (foto ©Alan Carville).
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‹ SPECIALE MALTA SCHEDA Località Santa Venera, Malta Anno di progetto/realizzazione 2002-2007 Committente Society of Christian Doctrine, Malta (M.U.S.E.U.M.)
Progetto architettonico e capo-progetto Richard England
Project manager Lolly Vella Direzione lavori (per M.U.S.E.U.M.) Natalino Camilleri (direttore), Tonio Caruana &Tonio Callus
Interior design sala conferenze Dorianne Cachia Realizzazione opere Lolly Vella e Joseph Zammit Strutture edili Ballut Blocks & Central Precast Ltd Strutture in alluminio Frame Grip Ltd Intonaci e colori Anthony & Emmanuel Borg Landscaping Zammit Nurseries Ltd Illuminazione Light & Design Solutions Ltd
Pagina accanto, e la riproduzione della Ziqqurat accanto al volume della fontana (all’estremità sud dell’asse centrale) (foto ©Alan Carville).
la Cappella dell’Acqua, punto conclusivo del percorso (a nord nella pianta) e una delle aree coperte al piano terra della residenza della confraternita cristiana a Santa Venera (foto ©Alan Carville).
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a muoversi o a sostare, dando vita a un’esperienza del luogo interattiva e non passiva. L’acqua, come da tradizione del giardino mediterraneo, gioca qui un ruolo fondamentale presentandosi in diverse forme: sgorga dalla fontana contenuta nel volume cilindrico aperto al cielo riversandosi con energia in un bacino sottostante per poi flure placidamente fino alla vasca in ciottoli di marmo bianco su cui, all’altra estremità del complesso, “galleggia”, apparendo fisicamente staccata dal terreno, la cappella della meditazione, fulcro e meta del percorso. Dove l’attenzione, tra il blu elettrico dell’ingresso e il bianco delle pareti, si focalizza su una croce inscritta a fessura nel cemento attraverso la quale si intrevede la figura di un Cristo risorto entro un ambiente scavato nella roccia. Al crepuscolo,
› SPECIALE MALTA
A meditation garden
Richard England Nato a Malta nel 1937, dopo la laurea in architettura presso la locale università Richard England prosegue gli studi al Politecnico di Milano e nello stesso periodo collabora con lo studio di Gio Ponti. Figura poliedrica (architetto, scultore, fotografo, poeta, scrittore), negli anni Ottanta England è stato Preside della Facoltà di Architettura dell’Università di Malta e docente presso altri istituti di formazione internazionali. Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Trasformando in pittorico e metafisico il vernacolare dell’isola, le sue architetture rappresentano una nicchia particolare del Modernismo Mediterraneo, come ad esempio la chiesa di San Giuseppe a Manikata (1974).
It has always been my belief as an architect that the profession is a combination of mathematics and poetry in order to make the imaginary a reality. The main focus of the design process of the Dar Il-Hanin Samaritan Conference Centre and Meditation Garden was to create an arena of solace, enchantment and magic, where the individual elements and their in-between spaces combine in a once-upon-a-time world to recall lost ancient arcadias. The ultimate aim was to produce a silent space where one can pursue quiescent dreams in borrowed time; a theatre for the soul more than a stage for the body, a locus to transcend and enchant. The search focused on creating a necessary recuperative palliative arena for survival in today’s
materialistic and spiritually bankrupt world; providing a home for the spirit rather than a shelter for the body. Architecture must come from the architect, not from the materials utilised, just as music comes from the musician, not from the instrument. The job of the architect remains that of making the ordinary extraordinary. The Dar Il-Hanin Samaritan complex is designed to be experienced and savoured rather than just viewed, while evoking the literary fantasy tale authors such as Calvino, Tolkien, Borges, Okri and Lewis, for, as Alvar Aalto once stated “the wish of the architect remains that of creating a paradise on earth”. Richard England
www.richardengland.com
quando la luce inflessibile del sole sfuma gradualmente, l’intero ambiente assume una dimensione mistica grazie a fonti di luce diverse e dalle tonalità colorate che intensificano le cromie delle volumetrie dando vita a giochi di ombre che propongono percezioni diverse degli spazi. Come scriveva Axel Munthe a proposito di Villa San Michele di Capri, “l’anima ha bisogno di più spazio del corpo”. I giardini di Dar Ħanin Samaritan sono rari e preziosi per questo: per offrire ai residenti e ai visitatori un’alternativa spaziale lontana dalla caotica espansione urbana e dal traffico congestionato che anche a Malta, ormai, imperano sovrani
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*architetto e storico dell’architettura, docente di storia dell’arte all’Università di Malta
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INTERVISTA
M2P ANATOMIE DELLA FORMA Ginevra Bria
I prospetti delle Ville Urbane di Porta Nuova a Milano sono caratterizzati da grandi aperture finestrate e ampi sguinci alti anche più di 3 metri. L’alternanza di tamponamenti trasparenti e opachi estesi alle recinzioni dei giardini ricostruisce la cortina urbana favorendo al contempo la migliore relazione tra gli spazi interni e il verde privato esterno (progettato da Land, a destra uno schizzo).
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Lo Studio M2P nasce a Milano nel 1994. I fondatori sono gli architetti Matteo Tartufoli e Matteo Paloschi. Lo studio ha realizzato numerosi progetti sia in Italia che all’estero, su scale diverse e con diverse destinazioni d’uso, per clienti pubblici e privati. La tematica che è stata maggiormente sviluppata dallo Studio riguarda perlopiù il settore della progettazione architettonica, con particolare attenzione all’ambito dell’abitare, dell’architettura residenziale, sia con nuove costruzioni sia nel recupero di edifici storici, dalla singola unità abitativa all’intero complesso residenziale. Negli ultimi anni inoltre M2P ha sviluppato un nuovo concetto dell’elemento abitativo villa, intesa come
aspirazione più elevata dell’abitare, applicando questa esperienza al progetto ideato per l’area Porta Nuova/Varesine a Milano con le Ville Urbane. Matteo Tartufoli e Matteo Paloschi, com’è cambiata la figura del progettista? Cos’è cambiato nel vostro lavoro dall’inizio a oggi? Recentemente, quale progetto vi ha colpito di più? Si scrive di più e si disegna di meno. Purtroppo c’è più carta intorno alla stessa sostanza, talvolta si è costretti a leggere e produrre più materiale di quanto serva per una buona progettazione. Certamente l’elemento che più grava sulla professione oggi in Italia è la componente burocratico–amministrativa: abbiamo esperienze di lavoro anche all’este-
ro e le differenze sono consistenti. Qui siamo ormai tutti ostaggio di un groviglio di norme e leggi di cui si è perso il controllo, e sia i liberi professionisti sia i professionisti degli enti pubblici (così vediamo i tecnici della pubblica amministrazione) spendono le energie maggiori non per un corale sforzo per perseguire la bontà del progetto ma per soddisfare le richieste di normative spesso obsolete, ridondanti e in alcuni casi contrastanti. È a nostro giudizio il problema principale che il sistema deve affrontare affinché si possa tornare a dedicare più tempo alla parte nobile del progetto, indispensabile per fare buona architettura. Inoltre oggi la complessità dei processi e la filiera allungata hanno profondamente mutato
il modo di lavorare, ma non sempre ciò porta un reale vantaggio all’opera finale. Si può parlare invece di un’evoluzione del mestiere di architetto, nella direzione di una maggiore attenzione alla valenza energetica e ai temi legati alla sostenibilità: questi risultano i maggiori fattori responsabili dell’aggiornamento continuo che in qualità di professionisti dobbiamo oggi perseguire. Negli ultimi anni è sorta una giusta attenzione al recupero del patrimonio esistente: una nuova sfida da cogliere. Sfida che spazia dalla complessità di operare su un patrimonio storico spesso di grande pregio ma inadeguato a nuove esigenze sia funzionali sia prestazionali, alla necessità di occuparsi di un grande patrimonio edilizio del
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‹ M2P STUDIO
Ville Urbane: un’ipotesi della distribuzione interna, con la scala elicoidale che ne collega i vari piani. A fondo pagina, schizzo di dettaglio di un ingresso.
Ville Urbane: sezione. Le generose superfici di ogni edificio (da 1.000 a 1.500 mq) possono essere utilizzate per intero da un singolo acquirente o frazionate fino a 5 diverse unità.
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Dopoguerra che spesso bisognerebbe avere il coraggio di demolire e ricostruire. Altri concetti sempre più presenti nella progettazione sono quelli del ciclo di vita di un edificio, che è un “tempo finito”: concetto, questo, ancora estraneo alla diffusa tradizione secondo la quale la casa è un bene da tramandare da padre in figlio, e quindi è per sempre, non ha scadenza. Recentemente si vedono bei progetti. Ci è sempre difficile dare un giudizio, rimanendo legati all’abitudine di conoscere l’architettura solo visitandola, vivendola, facendone esperienza diretta.
Specialmente oggi, si è abituati a viaggi virtuali in giro per il mondo scoprendo immagini di architetture che finiamo per giudicare solo per la loro pelle e non per lo spazio che creano. Comunque crediamo che oggi ci siano molti bravi architetti e altrettanti progetti interessanti, di grande valore e con attenzione al dettaglio, spesso un po’ emarginati da un contesto edile numericamente cospicuo ma di qualità mediocre. La Mediateca di Santa Teresa in via della Moscova a Milano è un vostro intervento esemplare. A distanza di qualche anno dalla sua realizzazione l’uso che se ne fa è quello che avevate immaginato? Oggi cambiereste qualcosa? Definirlo “esemplare” è eccessivo. L’elemento che più ci soddisfa di questo progetto è forse quello meno visibile. Sin da subito consideravamo la Mediateca come un luogo di incontro, di produzione immateriale, di creazione di contenuti, e non solo quale luogo della consultazione, ed è su questa concezione che il progetto si è sviluppato. Durante la progettazione ci fu grande apprensione per la sorte del cubo di vetro, ma oggi a quasi 15 anni dalla realizzazione è ancora in ottimo stato, non ha subito danni vandalici o deterioramenti. Oggi sì, cambierei qualcosa della Mediateca, ma anche di tutto quello che disegnamo e realizziamo: nella nostra testa un progetto non si conclude nel momento in cui l’edifico inizia ad essere usato. Potreste delineare alcune macrotematiche che accomunano i vostri approcci progettuali sia nella nuova costruzione sia negli interventi sugli edifici esistenti? Fondamentalmente a noi piace pensare agli edifici, o ripensare quelli esistenti, dedicando attenzione a quello che succede dentro. Al di là della naturale cura per gli esterni, siamo soliti spingere da subito la progettazione a
Matteo Paloschi e Matteo Tartufoli, fondatori di M2P
› M2P STUDIO
un buon livello di approfondimento, in modo da evitare modifiche consistenti in un secondo momento, se non per scelta deliberata. Ci interessa comprendere cosa fare degli edifici e intraprendere un percorso strategico sulle destinazioni d’uso e le loro interazioni. Da vent’anni siamo impegnati nella progettazione e realizzazione di architetture prevalentemente residenziali e ricettive a differente scala, sia nel recupero di edifici storici sia nella nuova costruzione, in risposta a programmi progettuali complessi, dalla singola unità abitativa all’intero complesso residenziale. Il nostro studio opera in due ambiti distinti e paralleli: il cliente operatore: developer, fondi, cooperative, imprese e clienti istituzionali; e il cliente privato finale. Abbiamo sempre ritenuto importante il confronto con il cliente privato, che ha permesso di maturare, mettere a frutto e trasferire nei grandi progetti residenziali una particolare attenzione alle necessità dell’abitare, alle mutevoli esigenze degli utenti e alle loro dinamiche decisionali. Abbiamo sempre avuto l’abitudine di lavorare creando una rete di professionisti con i quali collaborare a seconda della tipologia di incarico, e attingendo le competenze universitarie più vicine ad ambiti di ricerca e sviluppo. Noi crediamo semplicemente che un’idea buona sia un’idea buona, e quando ci è possibile cerchiamo di condividere la progettazione confrontandoci con altri architetti. Quali conclusioni si possono trarre da HABITO – La ricerca per il futuro dell’abitare, la recente ricognizione sui vincoli dei regolamenti edilizi comunali a cui avete collaborato come gruppo di coordinamento? La ricerca ha assunto come modello di riferimento il caso di Milano e la sua normativa edilizia, ma avrebbe potuto considerare una qualsiasi altra città italiana. Attraverso
l’analisi e il confronto con le best practices europee ha individuato una serie di parametri e accorgimenti che potrebbero riportare le soluzioni abitative italiane al livello di qualità e flessibilità di quelle straniere. Come sottotitolo alla ricerca avremmo preferito “perché continuare a farsi del male?”. Oltre ad aver perso il controllo della situazione, smarriti in un dedalo inestricabile di norme, si aggiunge l’aggravante del momento storico: oggi non possiamo più permetterci una condizione del genere. Un esempio che ben esprime la situazione è l’eccessivo numero di enti legiferanti: nella sola Regione Lombardia ci sono 1.544 Comuni, ognuno con le proprie normative che si aggiungono a quelle provinciali e regionali. Vi è una sedimentazione di norme spesso anacronistiche, non più al passo con le innovazioni tecnologiche, che non solo sono inutili e insignificanti, ma anche e soprattutto dannose per la tutela del bene comune. L’ingarbuglio è ormai troppo fitto: o si taglia e si riparte da capo, oppu-
re si ha la pazienza e la determinazione di sbrogliare questa grande matassa, anche se il tempo per farlo è ormai scarso. Come definireste la dimensione residenziale all’interno dell’operazione GaribaldiPorta Nuova? Quale definizione dare delle vostre Ville Urbane? Il nostro progetto è il risultato di un concorso a inviti per sviluppare un’area che il masterplan di KPF indicava come residenziale. Il lotto è particolare per la sua forma, una stecca lunga 200 metri e larga solo 20, ed è un elemento di giunzione con la città esistente. Il progetto è nato da una riflessione sul significato di residenza come luogo da abitare e sul ruolo che essa svolge all’interno della città. Il masterplan dell’intera area ha rappresentato un intervento ricco di elementi di novità sia dal punto di vista tipologico, grazie alla molteplicità dei tipi presenti che permettono una diversificazione dell’offerta abitativa, sia da quello morfologico, in cui segni urbani di grande scala, chiari e caratterizzanti, danno forza e unità all’insieme. Contrapporre alle tradizionali costruzioni in linea, presenti anche nel masterplan di KPF, una serie di ville ha rappresentato una sfida
HABITO – La ricerca per il futuro dell’abitare è stata presentata pubblicamente in Lombardia. Sul sito www.habitoricerca.it è possibile scaricare le presentazioni.
In alto e a sinistra la caffetteria e il cubo di vetro della Mediateca di SantaTeresa in Via della Moscova a Milano. L’intervento è stato completato nel 2003.
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‹ M2P STUDIO
Nei render di M2P il progetto della torre residenziale di Via Butti a Milano: 14 piani con 45 appartamenti prospicienti logge e terrazzi. Al centro, schizzo di dettaglio delle aperture finestrate, caratterizzate da imbotti delle logge rivestiti in legno.
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consapevole, che prende avvio dalle necessità espresse dal bando per creare una casa adeguata alla vita in città: tra le oltre 400 unità abitative dell’area di Porta Nuova le ville rappresentano una variante tipologica di rilievo. Il concetto di villa prevede l’esclusività del giardino (estensione naturale degli ambienti interni degli edifici), la possibilità di affaccio su tutti i lati e la pianta libera, con la capacità di articolare maggiormente la distribuzione dei locali e di utilizzare al meglio la luce come elemento dell’architettura, oltre all’opportunità di variare anche il disegno in sezione con spazi a doppia altezza e piani sfalsati. Viene inoltre confermato il fronte continuo su strada attraverso l’alternanza dei corpi costruiti e dei muri di recinzione, che formano un unico elemento di delimitazione, in diretta relazione con il fronte opposto consolidato. Particolare cura viene dedicata agli spazi verdi, tutti con accesso principale dall’interno della casa piuttosto che dalla strada. Sono giardini completamente privati e protetti, ideati per estendere all’esterno di ciascuna abitazione l’ambiente domestico, nella convinzione di garantire in questo modo una qualità dell’abitare difficilmente reperibile in aree così centrali della città; e allo stesso tempo sono aree verdi che, per la loro posizione e per il loro orientamento, sono in stretta relazione con il grande giardino pubblico retrostante.
Quando verranno inaugurate le Ville di Porta Nuova? Potreste svelarci dettagli, caratteristiche e innovazioni? Non so se le ville verranno inaugurate in modo formale, ma verranno finite a breve per quanto riguarda l’involucro e le parti comuni. Gli interni rimarranno al rustico permettendo agli utenti di sviluppare propri progetti. La peculiarità da svelare in merito a questo progetto credo sia lo sforzo fatto da tutto il team per arrivare alla definizione di un involucro compiuto che potesse accogliere
› M2P STUDIO Il progetto in zona San Siro a Milano di un complesso residenziale caratterizzato da giardini privati e grandi terrazze al piano.
al suo interno una molteplicità di soluzioni. I sei edifici (che vanno dai 1.000 ai 1.500 mq), pur avendo un carattere unitario, sono uno diverso dall’altro, e al loro interno è possibile intervenire con un frazionamento da una a cinque unità con destinazione residenziale, a uffici o mista, e con la possibilità di garantire ampi spazi esterni di pertinenza. Quali le sfide più ardue affrontate durante la progettazione e la realizzazione delle Ville? Un aspetto che ricorderemo a lungo è il grande interesse a partecipare a un così esteso sviluppo urbano, a contatto con grandi professionisti e sotto la guida esperta di una committenza come Hines. La possibilità di confrontarci con la complessità di un intervento di simili dimensioni, inusuale per l’Italia, è stata per noi occasione di stimolo e di crescita professionale. L’innovazione da sottolineare nel progetto delle ville urbane è l’elevato standard complessivo del sistema. Le dimensioni dell’intero sviluppo e l’attenzione della committenza hanno permesso di soddisfare, per quanto riguarda l’aspetto tecnolo-
gico, molte se non tutte le innovazioni consolidate presenti nel settore delle costruzioni, e nei riguardi dell’utenza un elevato livello dei servizi ai residenti. Esiste un progetto che vorreste sviluppare coinvolgendo altre istituzioni? Coltiviamo la speranza che avvenga un processo di sviluppo dinamico del sistema tenendo viva l’attenzione verso attività collaterali alla professione. Ne è un esempio il nostro progetto Experimento, lo sviluppo di un’area dove la ricerca progettuale potesse uscire dall’ambito universitario per essere sperimentata sul campo: un luogo dove le università di tutto il mondo potessero realizzare edifici sperimentali ad alta innovazione tecnologica messi a disposizione per uso ricettivo. L’idea non si è potuta realizzare per l’impossibilità di rendere fruibili edifici sperimentali innovativi e quindi per loro natura non inquadrabili dalle normative vigenti. Un’occasione mancata, anche se il nostro studio continuerà a sperimentare e progettare guardando al futuro
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Nel disegno, l’edificio storico di Piazza Santo Stefano nel centro di Milano, oggetto di un intervento di riqualificazione per la realizzazione di residenze di lusso (sopra un render degli interni).
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‹ SPERIMENTAZIONE
ZERO POSITIVO Semplice, minima, leggera. La casa progettata da Roberta Casarini di LabArch azzera ogni dettaglio superfluo proponendo un nucleo abitativo eco-compatibile ed energeticamente autosufficiente
Nel render sopra al titolo, ambientazione del progetto abitativo ZeroPositivo di LabArch. Un prototpo di 45 mq della casa è stato esposto negli spazi dell’ex mattatoio a Roma nell’ambito del consulto EcoLuoghi.
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Minimo, densità, energia, materie prime, zero sono i cinque punti cardine attorno ai quali ruota il progetto abitativo ZeroPositivo premiato nell’ambito del consulto EcoLuoghi 2013-2014. Basato su una logica modulare, l’edificio si sviluppa su un lotto a pianta quadrata di 100 mq suddiviso in due aree rettangolari occupate dall’abitazione vera e propria e
da un patio adibito a orto. La copertura è a doppia falda con i piani inclinati secondo la diagonale del rettangolo di base per ottimizzare l’esposizione al sole favorendo l’installazione di pannelli fotovoltaici indipendentemente dall’esatto orientamento del progetto. Schermata da pannelli frangisole mobili in alluminio, una grande vetrata massimizza l’illuminazione naturale e il comportamento passivo dell’edificio e allo stesso tempo amplifica la percezione dello spazio abitativo. La densità abitativa riduce il consumo di suolo, le dispersioni e i costi di costruzione. I moduli infatti possono essere affiancati come nel modello base, o sovrapposti a torre fino ad essere base di costruzione per architetture più complesse e densamente abitate. Il contesto d’inserimento determina anche la pelle dell’edificio, che può essere realizzata in legno, pietra, intonaco bianco o laterizio. Pensata per essere montata con estrema faci-
lità e completamente riciclabile, Zeropositivo è interamente costruita a secco con struttura in legno realizzata con pannelli X-lam. L’involucro esterno leggero a elevata capacità di isolamento (U=0,12 W/m 2K con isolamento in fibre tessili riciclate e U=0,13 W/ m 2K in copertura) presenta al suo interno uno strato di argilla dello spessore di cm 3 in parete e cm 6 in copertura che svolge un’ottima funzione termoregolatrice. Perlite espansa e sughero assicurano l’isolamento della base della casa. Dal punto di vista energetico, l’edificio produce più di quanto non necessiti per il suo funzionamento. I pannelli fotovoltaici integrati in copertura garantiscono circa 5 kW di picco e sono in grado di soddisfare le esigenze abitative e di mobilità elettrica - e grazie a un sistema di accumulo con batterie agli ioni di litio l’auto elettrica può essere utilizzata come batteria ausiliaria rendendo l’abitazione completamente autonoma. Il progetto prevede inoltre che l’energia da
› SPERIMENTAZIONE
Laboratorio di Architettura Architetti Associati Con sede a Reggio Emilia, lo studio si occupa di progettazione e ricerca architettonica e di studi sul rapporto tra progetto e costruzione oltre che sul rapporto tra progettazione architettonica, sostenibilità ed energia. I soci sono l’architetto Roberta Casarini (1964), che si occupa di ricerca e progetti in ambito architettonico e urbano, l’architetto Andrea Rinaldi (1964), ricercatore in Composizione Architettonica e Urbana e direttore del Centro Ricerche ArchitetturaEnergia presso la Facoltà di Architettura di Ferrara e l’architetto Pietromaria Davoli (1964), professore ordinario in Tecnologia dell’Architettura presso la Facoltà di Architettura di Ferrara. www.labarch.it
Confronto sul futuro dell’abitare L’EFFICIENZA ENERGETICA DEGLI EDIFICI NON BASTA SE NON SI ACCOMPAGNA AL PIÙ VASTO TEMA DELLA RIGENERAZIONE URBANA Promosso dall’Associazione Mecenate 90, dall’Unioncamere, dal Ministero dell’Ambiente della Tutela del territorio e del Mare in collaborazione con il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori e con il Consiglio Nazionale degli Ingegneri e il Dipartimento di Architettura di Roma Tre, Eco_luoghi 2013-2014 è un concorso informale indirizzato ad architetti e ingegneri che si propone di sostenere la qualità architettonica, sviluppare l’applicazione
di soluzioni tecnologiche per il risparmio energetico e stimolare la riqualificazione architettonica, urbana e ambientale. Giunto alla sua seconda edizione, il consulto ha previsto due diversi ambiti di riferimento: Case per un abitare sostenibile dedicato alla progettazione di abitazioni ecologiche, nell’ambito del quale sono stati premiati 10 progetti (7 nella categoria junior, 3 in quella senior tra cui il progetto ZeroPositivo) e Progetti di rigenerazione urbana, dedicato alla riqualificazione architettonica e ambientale e al riuso degli spazi dismessi delle città, per il quale sono stati selezionati 6 progetti - 3 nella categoria junior e altrettanti nella categoria senior. All’iniziativa hanno partecipato oltre cento architetti e
ingegneri e sono stati presentati in tutto 81 elaborati. La seconda fase del progetto Eco_luoghi ha poi previsto la realizzazione di prototipi 1:1 dei progetti vincitori con la collaborazione di alcune imprese del settore e la loro esposizione in una mostra organizzata negli spazi dell’exMattatoio a Roma in collaborazione con il MACRO Testaccio.
Foto di gruppo dei partecipanti al concorso Eco_luoghi 2013-2014. Sopra, un altro render e due immagini del prototipo di ZeroPositivo.
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‹ SPERIMENTAZIONE
fotovoltaico alimenti anche un impianto a pannelli infrarossi integrato ad argilla cruda che irraggia calore all’interno dell’abitazione. La sintesi del concept “zero” dell’edificio è rappresentata inoltre dall’assenza di emissioni di biossido di carbonio e di rifiuti sia nel ciclo costruttivo che nel corso della sua vita (prevedendo il compostaggio dei materiali organici), dall’utilizzo di materiali riciclabili e a basso impatto ambientale come legno, fibre tessili riciclate, argilla, sughero e vetro, dal riutilizzo dell’acqua piovana per la coltivazione di ortaggi a chilometro zero all’interno del patio
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La sezione del render mostra i dettagli tecnici, i materiali e le scelte costruttive del progetto abitativo Zero Positivo.
CasaAttiva CasaAttiva, marchio dell’azienda Il Legno su Misura, è una realtà imprenditoriale moderna e all’avanguardia, dedita allo sviluppo e alla produzione di edifici biocompatibili con sistema costruttivo a secco. Biocompatibilità, innovazione e design sono gli elementi chiave di ogni realizzazione. Le specificità di un’abitazione CasaAttiva si osservano in tutte le sue componenti: dalla struttura portante alle finiture interne, dove competenza e innovazione si combinano in modo sinergico. L’attenzione per i dettagli e la scelta di
Il Legno su misura Srl Via della Corte 46030 Correggioverde di Dosolo (MN) Tel. 0375 868036 info@casaattiva.com | www.casaattiva.com
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materiali naturali ‘sani’ e performanti, ne costituiscono la singolarità, consentendo all’abitazione di raggiungere obiettivi di livello: efficienza energetica, alto livello d’isolamento termico e acustico, comfort abitativo, sostenibilità ambientale. “Zeropositivo incontra perfettamente i valori costruttivi di CasaAttiva. La realizzazione del modello è stata per noi un onore e una sfida che abbiamo saputo vincere grazie alla competenza, esperienza ed efficienza che portiamo sempre in cantiere.” Roger Pedrazzini, titolare di CasaAttiva.
‹ LIBRI
UN DECENNIO VISIONARIO Dagli scivoli alle grandi installazioni, dai video alle performance, scritti, dipinti e opere con animali vivi, il volume documenta dieci anni di lavoro dell’artista belga Carsten Höller. Con circa 300 pagine e 800 illustrazioni a colori, ognuna delle 184 opere è accompagnata da un testo esplicativo e informazioni sulla genesi del progetto, la tecnica adottata, la cronologia espositiva e altro ancora.
Carsten Höller 2001-2010 A cura di Barbara-Brigitte Mak Editore Hatje Cantz 288 pp – euro 49,80 (testo in inglese) ISBN 9783775723947
PREMIATO CON IL COMPASSO D’ORO 2014, UN VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLA CREATIVITÀ E DELL’INNOVAZIONE ARTIGIANALE
Futuro artigiano Autore Stefano Micelli Editore Marsilio 224 pp – euro 18,00 ISBN 9788831709606
SAPER FARE OGGI Docente di Economia e Gestione di Imprese a Ca’ Foscari, Stefano Micelli propone un’analisi del lavoro artigiano che non si ferma ai dati economici e alle statistiche, ma prende in considerazione le ragioni sociali e culturali alla base della progressiva crisi delle esperienze e della frequente disistima per il lavoro manuale che ne penalizza il ricambio generazionale. Per illustrare cosa significhi “saper fare”, l’autore prende spunto dalla defi nizione di uomo-artigiano descritta dal sociologo americano Richard Sennett nel suo The Craftsman a partire da tre qualità fondamentali: la capacità di orientarsi all’interno di problemi complessi e di trovare soluzioni originali; il dialogo con il committente; l’identità sociale del mestiere. Non solo: l’artigiano è innanzitutto colui che “ama il lavoro fatto a regola d’arte”. Ma saper fare forse oggi non basta. Per garantire un futuro a questo patrimonio di tradizione, qualità e innovazione è necessaria una “virtuosa contaminazione” tra lavoro artigiano ed economia globale, come dimostra il successo di molte realtà italiane che hanno saputo affermare la propria unicità nel mondo. Un successo spesso sconosciuto ai non addetti ai lavori e che invece può rappresentare un esempio vitale e contagioso per nuove opportunità di crescita.
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‹ HOSPITALITY
RESTAURANTE DANI GARCÍA A MARBELLA, SPAGNA
GUSTO A VISTA Luminosità e candore dominano nella cucina open space dello chef Dani García realizzata con il materiale tecnico ad alte prestazioni Dekton di Cosentino
La cucina a vista, il candore dei rivestimenti, sul quale spiccano i complementi che caratterizzano il locale e fonti luminose nascoste e indirette trasemettono una sensazione di igiene e di pulizia senza risultare asettiche.
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La luce dell’Andalusia sembra invadere il cuore del nuovo ristorante di Dani García, chef di Malaga premiato con due stelle Michelin, famoso per le sue sperimentazioni che mixano avanguardia e tradizione. Inaugurato la scorsa primavera, il locale riflette la volontà dello chef di creare un ambiente unico e multisensoriale dove vige la regola dei contrasti e dove la fantasia è al po-
tere in ogni dettaglio, dal design degli ambienti al menu – che non a caso è intitolato C’era una volta – al design ironico e fiabesco di alcuni pezzi di arredo, come grandi teiere viola che rimandano agli scenari di Alice nel paese delle meraviglie. Fin dall’inizio, l’obiettivo principale del progetto d’interior design è consistito nel creare uno spazio aperto, continuo e soprattutto molto luminoso. Il concept del ristorante, che si estende su un’area di 340 mq, si basa su un’organizzazione open space degli ambienti che, secondo il desiderio dello chef andaluso, intende abbattere ogni tipo di barriera fisica tra gli ospiti e l’area dedicata alla preparazione dei piatti. L’idea di una cucina candida e piena di luce, fortemente sostenuta da Dani García, ha trovato la sua massima espressione nella scelta della tonalità bianco Zenith del materiale Dekton® di Cosentino che riveste i piani di lavoro e le pareti della cucina. La texture e il candore delle superfici assicurano un senso di profondità, eleganza e purezza all’intero
ambiente e creano un contrasto con il verde delle piante che decorano le pareti e con il colore scuro del pavimento in stile industriale rivestito con lastre di Dekton® nella tonalità Keranium. Il grande formato delle lastre offre la possibilità di ottenere superfici estese senza eccessive interruzioni e assicura un effetto di continuità e profondità. Il materiale ad alte prestazioni Dekton® di Cosentino è in grado di riprodurre qualsiasi texture ed effetto naturale o grafico e rappresenta la scelta ideale per un ambiente dedicato alla ristorazione grazie alle sue caratteristiche tecniche: ridotto assorbimento di liquidi, resistenza ai graffi e agli urti, grandi performance in condizioni di calore
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SCHEDA Località Marbella, Spagna Anno di realizzazione 2014 Committente Dani García Progetto e design Juan Carlos Rodriguez Superficie totale 340 mq
› HOSPITALITY
Dekton® by Cosentino Disponibile in lastre di grande formato, la superficie ultracompatta Dekton® offre un’ottima resistenza a graffi, macchie e abrasioni, raggi ultravioletti, fonti di calore ed è il rivestimento ideale per cucine, bagni, pavimenti interni ed esterni, giardini e piscine.
Applicazione piani di lavoro e piastrelle della cucina Colore Zenith bianco Superficie totale 154 mq
LA CUCINA DA FAVOLA DI DANI GARCÍA
Applicazione pavimento del ristorante Colore Keranium scuro con effetto industriale Superficie totale 333 mq in grandi lastre di formato 320 x 144 cm
Nato a Marbella nel 1975, chef pluripremiato e nome di spicco della gastronomia spagnola, Dani García coniuga nella sua cucina piatti classici della tradizione andalusa a proposte originali e contemporanee dettate da uno spiccato gusto per l’eccentrico e i contrasti. Ispirato al mondo delle fiabe e della letteratura, il suo menu degustazione
c’era una volta prevede piatti insoliti come il gazpacho di ciliegie, il latte di capra alla Malaga, la zuppa gazpachuelo con pesce merlano, gamberetti di Motril, puchero (spezzatino) con menta piperita e caviale e, come dessert, una torta di “non-compleanno” che cita le avventure fiabesche di Alice nel Paese delle meraviglie.
In alto, anche la sala nel dehor protetto da pareti verdi e vetrate è pavimentata in Dekton. Sopra, lo chef Andaluso al lavoro.
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‹ HOSPITALITY
MAD / MAGAZZINI DONNAFUGATA A RAGUSA
DAL BAROCCO CON RIGORE Tra conservazione e trasformazione. Nel centro storico di Ragusa un intervento esemplare per rigore e rispetto del luogo converte in locale bar e ristorante alcuni ambienti di servizio del Palazzo di Donnafugata Tra i vincitori della prima edizione del Premio nazionale Bar e Ristoranti d’autore, indetto dall’Istituto nazionale di Architettura In/Arch con l’associazione Gambero Rosso e la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre, nelle motivazioni
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della giuria il MAD, progetto di Gaetano Manganello e Carmelo Tumino dello studio Architrend Architecture di Ragusa, è capace “di inserirsi in un contesto storico di eccezionale bellezza raccontando e valorizzando gli usi diversi e stratificati del tempo. Attraverso un uso raffinato dei contrasti tra materiali antichi e nuovi, il locale re-interpreta con un’interessante chiave di lettura la relazione tra elementi storici, memoria del passato ed elementi contemporanei necessari all’inserimento della nuova funzione”. Collocato negli spazi che erano i magazzini annessi al Palazzo Donnafugata nel centro storico di Ragusa Ibla, patrimonio dell’Unesco, il nuovo spazio si basa sul contrasto tra le preesistenze architettoniche e un design minimale e funzionale d’impronta decisamente contemporanea. L’ambiente principale del ristorante, cui si accede anche da Corso XXV Aprile, è formato da un solo grande volume scandito da una serie di archi in pietra. L’intervento ha previsto la realizzazione di una nuova pelle in doghe
Sopra, due foto dell’ambiente bar e, a destra, la pianta del locale che ne illustra le funzioni e la posizione nel centro storico della città (foto ©Giorgio Biazzo).
› HOSPITALITY
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5 PIAZZA POLA 2 1
1_Pizzeria 2_Cucina 3_Lavastoviglie 4_Bar 5_Sala 6_Ingresso 7_Cantina vini 8_Magazzino
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CORSO XXV APRILE
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‹ HOSPITALITY
di legno tinte in nero che riveste il pavimento, le pareti e la copertura della sala. In questa pelle è stata integrata un’illuminazione a Led lineare e minimalista che enfatizza la forma e la successione ritmica degli archi in pietra. Ricavata nell’area del locale prospiciente piazza Pola (l’antica piazza Maggiore del centro storico), la zona bar è caratterizzata dalla presenza del portale dell’adiacente chiesa di San Giuseppe, gioiello del barocco siciliano attribuito all’architetto Rosario Gagliardi, edificata agli inizi del 1700 sui resti della chiesa di San Tommaso, distrutta dal terremoto del 1693. Sul lato opposto al muro in conci di pietra nel quale è iscritto il portale è stata predisposta la cucina a vista separata dal bar da una grande vetrata. Collocato in posizione centrale, il bancone del bar è rivestito in lamiera grezza così come le pareti perimetrali senza soluzione di continuità. L’uso di materiali come il legno, il vetro, la lamiera grezza e il cemento conferisce un carattere contemporaneo all’intervento e crea un elegante contrasto cromatico con la pietra degli archi e la scenografica presenza storica del portale barocco
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SCHEDA
Nelle foto di Giorgio Biazzo, l’ingresso del ristorante e alcune viste degli interni.
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Località Ragusa Ibla (RG) Anno di realizzazione 2014 Committente Cum Ibla Srl Progetto Architrend Architecture, Gaetano Manganello e Carmelo Tumino
Impresa di costruzioni Polis Immobiliare Srl
› MOSTRE E PREMI
VERSO MADE expo 2015 SI AVVICINA IL TEMPO DI MADE EXPO, L’ORMAI TRADIZIONALE APPUNTAMENTO DEDICATO ALL'ARCHITETTURA, AL DESIGN E ALL'EDILIZIA IN PROGRAMMA A FIERA MILANO RHO DAL 18 AL 21 MARZO 2015
L’edizione 2013 ha visto la presenza di oltre 211mila visitatori di cui 36mila stranieri
MADE expo prosegue il percorso di innovazione che ha nella biennalità, nella specializzazione e nell’internazionalità le principali linee di sviluppo. In anticipo di un mese su Expo2015 la prossima edizione, la settima, ne anticiperà i contenuti con Building the Expo, evento che consentirà ai visitatori di conoscere in anteprima i padiglioni, le tecnologie e i materiali dell’appuntamento che porterà a Milano oltre 20 milioni di visitatori, uno stimolo importante, anche in funzione del fatto che il 96% delle imprese che stanno lavorando per Expo sono italiane. Progettisti, tecnologie e materiali saranno al centro della rassegna che si configura in quattro saloni tematici: MADE Costruzioni e Materiali, MADE Involucro e Serramenti, MADE Interni e Finiture, MADE Software, Tecnologie e Servizi.
Sul fronte della promozione internazionale, ricordiamo i road show programmati per il 2014/15 in Medio Oriente, Est Europa, Africa, Asia, America e il particolare successo della tappa di Lagos, Nigeria, il mercato più importante dell’Africa, e la prima edizione di MADE expo WorldWide (Mosca 15-18 ottobre 2014) che offre alle aziende partecipanti una presenza in uno dei mercati più promettenti per il made in Italy. La rassegna si svolge in contemporanea con i Saloni WorldWide giunti alla decima edizione. La prossima edizione di Made vedrà poi il rafforzamento di International Business Lounge: lo spazio per incontri B2B tra aziende espositrici e delegazioni di progettisti, developer e contractor da tutto il mondo, che nel 2013 ha ospitato più di mille incontri.
4 SALONI SPECIALIZZATI Costruzioni e Materiali Involucro e Serramenti Interni e Finiture Software, Tecnologie e Servizi
GLI EVENTI DI MADE BUILD SMART! e MADE4CONTRACT sono i due principali eventi che si svolgeranno nell'ambito di MADE expo 2015, Il primo affronterà i temi del costruire e del riqualificare in maniera sostenibile e sicura per anticipare il futuro delle costruzioni. Il secondo sarà focalizzato sul settore dell'ospitalità.
BUILD SMART! - Nell’ambito del palinsesto tecnicoculturale segnaliamo Build Smart!, il programma di eventi organizzato in collaborazione con Agorà si occuperà di prodotti, materiali, sistemi e tecnologie per progettare, costruire e rinnovare edifici sostenibili, sicuri, antisismici e performanti. Build Smart! prevede momenti di approfondimento e formazione organizzati in due postazioni, interconnesse anche se in padiglioni distinti. L’area Involucro e Serramenti ospiterà le LAB STATIONS: un percorso a tappe tra laboratori dedicati all'involucro, al sistema tetto, all’integrazione edifici-impianti, alla salubrità indoor, al pacchetto pavimento. Ogni station illustrerà le innovazioni e le motivazioni di scelta delle diverse tecniche costruttive e di posa, con approccio dinamico, pratico e operativo. Il tema dell’innovazione sarà declinato soprattutto nell’area Costruzioni e Materiali dove troveremo il modulo HI-TECH LAB for the Building Industry: spazio dinamico e interattivo, cui collabora anche il Politecnico di Milano, che consentirà ai visitatori di sperimentare nuove tecnologie e di ripensare il modo di progettare e costruire grazie alle ultime novità in tema di BIM, Stampanti 3D, droni, Augmented Reality.
MADE4CONTRACT - Come vengono scelti gli arredi, le finiture e gli altri elementi costruttivi quando un albergo decide che è giunta l’ora di rinnovarsi? Quali linee deve seguire un’impresa per essere selezionata come fornitore? In questo processo che differenze ci sono tra una grande catena internazionale, una nazionale e un grande albergo indipendente? Queste ed ad altre questioni verranno affrontate in una serie di incontri che consentiranno a committenti e aziende di entrare in contatto per creare rapporti commerciali proficui e duraturi.
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‹ DESIGN
L’INNOVAZIONE CHE VIENE DALLA TRADIZIONE
SLOW WOOL Trasformato in pixel, un marchio del 1873 si fa trama e ordito di un tessuto e racconta una storia di resilienza industriale. Sulla Sila, tra cultura e artigianato Questa storia nasce con la scomparsa, dai monti della Calabria, della “pecora gentile”, razza autoctona di qualità comparabile alle merinos. Per effetto delle politiche agricole comunitarie, nel giro di pochi anni scompare un’intera filiera produttiva (allevatori, tosatori, chi lava la fibra grezza, i tintori, i produttori di filato) e il destino del Lanificio Leo, il più antico di Soveria Mannelli, sembra segnato. Ma il padre di Emilio Leo non si rassegna e rileva le quote degli altri soci. A quel punto (siamo nel 1993) Emilio, che studia architettura, deve fare i conti con: i preziosi telati Jacquard di fine Ottocento dell’opificio, il cui valore – secondo i punti di vista – può essere quello del ferrovecchio o del reperto museale. Tra le due opzioni Emilio ne sceglie una terza: trasforma la fabbrica in luogo di sperimentazione e ricerca. Un percorso che nel 2001 lo colloca nella rosa dei finalisti del Premio Guggenheim – Impresa & Cultura e che gli vale il premio Cultura di Gestione di Federculture. Il Lanificio Leo diventa una FabLab: per alcuni anni la fabbrica ospita un festival estivo – Dinamismi Museali – che richiama artisti, musicisti, creativi e designer dall’Italia e dall’estero. È qui che, nel 2004, i ragazzi di Studio Charlie incontrano Emilio e si innamorano dei telai Jacquard, una tecnologia “informatica” ante-litteram che opera precisi rilievi tridimensionali in trama e ordito per mezzo di schede perforate. L’idea che ne [ 60 ]
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nasce – trasformare il marchio “rasterizzando” la pecora del vecchio opificio per trasferirla con i vecchi telai su coperte e plaid in lana – caratterizza la nuova produzione del Lanificio Leo, avviata con continuità dal 2008 utilizzando filati italiani, anche se purtroppo non più di origine locale. È il Punto Pecora di Studio Charlie, entrato nel 2007 nella selezione ADI Design Index. Ogni anno il Lanificio Leo produce nuove collezioni di un tessuto che, come abbiamo visto da dePadova, nelle sue versioni Pleut e Brzz funziona benissimo anche come tessile per arredamento (copridivano, copriletti, tappeti). La collaborazione tra i designer e l’impresa prosegue poi con il disegno di decori contemporanei per l’antica tecnica della stampa xilografica su tessuto, realizzata a mano utilizzando stampi in legno di pero e una pasta a base di ruggine e aceto. Nel frattempo, con nuovi macchinari a controllo numerico l’azienda, che oggi impiega 10 persone, ha avviato un reparto maglieria e accessori-moda che assicura efficienza e continuità produttiva con una gamma di prodotti molto amata dal pubblico del Nord Europa. Degli anni della sperimentazione rimane il reparto museale, attivo come nelle intenzioni iniziali di chi voleva conservare un pezzo di memoria muovendosi secondo le logiche del mercato, senza chiedere sovvenzioni o finanziamenti a fondo perduto. La cultura produce reddito anche con tecnologie low-tech
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› DESIGN
Studiocharlie Fondato nel 2002 a Rovato (Brescia) da Gabriele Rigamonti, Carla Scorda e Vittorio Turla, lo studio di design Studiocharlie collabora da anni con aziende estremamente diverse per mercati, dimensione, modalità produttive e collocazione geografica. Oltre a Lanificio Leo: Atipico, Billiani1911, Boffi, Designercarpets, Lema, Made a Mano, Mipa, Nemo, VittorioBonacina. www.studiocharlie.org
Il Punto Pecora Il Punto Pecora è un lavoro di astrazione sul segno che identifica il Lanificio Leo: l’immagine di un agnello. Il disegno, portato al limite della riconoscibilità e sviluppato in scale diverse (S, M, L), diventa l’unità minima di tre tessuti diversi appartenenti ad un’unica famiglia. L’intreccio tra trama e ordito viene reinterpretato in chiave tecnologica: una griglia di punti come un foglio bianco, sul quale disegnare attraverso il linguaggio della tessitura. I l progetto dà vita a tessuti contemporanei, nei colori e nel disegno, per mezzo di una tecnologia antica, il telaio Jacquard.
Il Pleut
Sopra il titolo, immagini dei tessuti del lanificio Leo. Nella pagina a fronte una scheda perforata che programma il funzionamento di un telaio Jacquard, in basso in un’immagine della fabbrica calabrese. A destra, le trame di Il Pleut e Brzz (foto ©Alessia Musolino).
Una pagina scritta è una trama di segni che, ancor prima di essere interpretati, ci comunicano molte informazioni, come ad esempio il genere letterario cui il testo appartiene. I calligrammi di Apollinaire sono poesie in cui il senso è trasmesso anche dalla composizione tipografica. Ogni tessuto è una trama di punti, colori, filati che potrebbe appartenere a un alfabeto immaginario. Ogni tessuto è “poesia visiva”. Nel tessuto Il Pleut il modulo base si ispira alla forma visiva dell’omonimo calligramma di Apollinaire, e moltiplicato dalla tessitura genera un motivo in cui i punti cadono come gocce.
Brzz Come se un retino a quadretti con copertura del 50% avesse subito delle smagliature, stirature, che hanno deformato (secondo passi finiti) i quadretti, mantenendo però la caratteristica della copertura media, per cui “da lontano” si percepirà il colore medio, da vicino invece la texture geometricamente irregolare, sfasata, distorta. La classica trama a scacchi ha subito una (o più) distorsioni. L’effetto è una trama dinamica: Brzz.
Altri lavori di Studiocharlie: la sedia Nota e l fermalibri Classico per Atipico, i rubinetti Eclipse per Boffi
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ARTEFACTS
ARTBASEL 2014
L’ARTE È DENARO (ANCORA UNA VOLTA) Atto Belloli Ardessi e Ginevra Bria 16-21 giugno 2014: la quarantaquattresima edizione di una delle matrici fieristiche più rilevanti e replicate al mondo ha, quest’anno, ampliato esponenzialmente l’indice dei propri moltiplicatori. Dopo l’edizione vincente di ArtBasel Hong Kong e l’avvento più che consolidato della rassegna dicembrina di Miami il format svizzero dell’appuntamento fieristico dedicato alla compravendita e all’esposizione di opere d’arte più noto della Contemporaneità torna in patria. È d’obbligo parlare di struttura, dato che ArtBasel si sviluppa seguendo due direttrici, due ritmi strategici, due piani di movimento.
Nelle hall praticamente infinite di Herzog & de Meuron sono emerse aree di approfondimento e di ricerca che hanno promosso artisti sepolti dal passato e dal mercato e giovani gallerie con altrettanto emergenti progetti artistici Da un lato, al proprio interno, a partire dalle migliaia di metrature di Messeplatz, la fiera composta da 233 gallerie selezionatissime si sviluppa secondo insiemi intersecanti e comunicanti tra loro. Nelle hall praticamente infinite appena am[ 62 ]
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pliate da Herzog & de Meuron sono emerse quest’anno aree di approfondimento e di ricerca che hanno promosso, con una certa distinzione, ad esempio, per quanto riguarda le sezioni di Feature e di Statements, artisti sepolti dal passato e dal mercato, oppure giovani gallerie e altrettanto emergenti progetti artistici. Mentre Unlimited, dipartimento espositivo dedicato all’allestimento di opere monumentali pianificate da artisti le cui gallerie espongono ad ArtBasel, ha deluso le aspettative, avendo esasperato tanto le proporzioni dei progetti presentati quanto la ricerca di un’impressione visuale spesso dispersiva (come nel caso di Rodney McMilian e Haegue Yang), alla continua ricerca dell’impatto forzato (come con Giuseppe Penone). Dall'altro lato, al di fuori di ArtBasel, la città riverbera e accoglie l’eco della fiera. Luoghi e spazi ospitano, quasi come pianeti vicini, allineati secondo precise orbite concentriche, fiere (come Liste, dedicata alle più importanti gallerie emergenti del mondo; Volta, che sotto la Markethalle propone una crème delle proposte newyorkesi e latinoamericane; e anche
Alcune installazioni di Unlimited, ArtBasel 2014. Hague Yang, Volume of dispersion; sotto, Doug Wheeler, Untitled e Carsten Nicolai, Unidisplay. Nella pagina di sinistra in basso David Nash, Cork Spire. In apertura, un'immagine della mostra di Gerard Richter alla fondazione Beyeler (foto ©Atto Belloli).
Scope, dedicata a un buon livello di espositori provenienti prevalentemente dall'Europa); rassegne (fra le altre Filprogramm, Parcour e persino Design Miami/Basel) e mostre monografiche di altissimo livello (come Gerhard Richter alla Fondation Beyeler, Paul Chan alla Schaulager; un omaggio a Marcel Broodthaers al Museum fur Gegenwartskunst, Krištof Kintera al Museum Tinguely e Charles Ray al Kunstmuseum). Da sottolineare come quasi sempre, tra l’andamento delle vendite delle gallerie di ArtBasel e i progetti espositivi programmati in diversi spazi espositivi della città, si crei un’alchimia intesa a estendere idealmente tanto la durata della settimana dell’arte quanto la sua portata estetica e formale. Due le novità strutturali dell’edizione 2014. La prima ha riguardato la scelta di scaglionare i vernissage di apertura, conferendo precise gerarchie ad addetti ai lavori e collezionisti che hanno frequentato gli stand di Messeplatz, per un’intera settimana e non più per il tradizionale fine settimana esteso. Questo programma suddiviso ha lasciato maggior
tempo decisionale ai veri compratori, ai frequentatori di rilievo della fiera che quest’anno hanno potuto accedervi con più agio. I grandi galleristi come Lambert, Gagosian, Perrotin, Hauser and Wirth o i nostri Noero, De Carlo e Minini hanno più volte ribadito, durante i giorni di riapertura, quanto per trattare opere di determinata importanza (è stato venduto un dipinto per 40 milioni di euro e sono stati presentati oltre 4.000 artisti da tutte le parti del mondo) sia necessario offrire maggiore possibilità di ripensamento, meditazione e di trattativa dei lavori esposti, a numerosi addetti ai lavori, privati o istituzionali. La seconda novità – tutta svizzera – è stata 14rooms, un progetto espositivo di live art curato dal duo Biesenbach e Obrist. Sebbene fosse già stata presentata a Hong Kong, l’esposizione è stata nuovamente allestita e riadattata per l’occasione, all’interno del padiglione che ha ospitato le precedenti edizioni di Design Miami/Basel: quattordici stanze intersecanti un lungo corridoio sul quale si affacciavano altrettante porte specchiate hanno celato e segregato quattordici perfor-
mance di artisti. Come Laura Lima, con il suo spazio spezzato; Yoko Ono, con il suo buio indotto; Roman Ondàk con lo spec-
Il calendario quest'anno ha lasciato più tempo per le decisioni e per le trattative. A Art Basel erano presenti più di 4.000 artisti da ogni parte del mondo e un dipinto è stato venduto per 40 milioni di euro chio nudo; o Marina Abramovic con la sua Luminosity del 1977; lavoro affiancato, tra gli altri, da Nauman, dalla Jonas, da Zhen e persino da Nkanga. Ma la mancanza completa di una risultante interpretativa nei confronti di una specifica visione della realtà drammatica e corporea ha sottolineato una volta di più l’impossibilità di creare il giusto raccoglimento attorno alle performance (a causa della nevrosi fieristica di un pubblico sempre distratto), rendendo necessaria una fruizione seriale delle quattordici stanze che hanno mancato completamente un’analisi storica oppure spaziotemporale del rapporto fisico tra artista e visitatore
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ARTEFACTS
CONGOLESE PLANTATION WORKERS ART LEAGUE
KINSHASA
CHIAMA EINDHOVEN
2012: un momento della costruzione dell’insediamento dell’IHA in Congo. Tra le attività che si svolgevano nella piantagione, conferenze via skype come questa tra René Ngongo e Renzo Martens.
Esistono sfide alle quali l’Arte, come parte della Contemporaneità, non può sottrarsi. Dal 5 al 14 agosto il Van Abbemuseum di Eindhoven ha ospitato la conferenza inaugurale di presentazione della Congolese Plantation Workers Art League, un progetto dell’Institute for Human Activities (IHA), che nel 2012, all’interno di una expiantagione di palma da olio di proprietà dell’Unilever, 800 km a monte di Kinshasa, aveva avviato un programma quinquennale di gentrification con l’intento di ricalibrare, simbolicamente, il mandato critico dell’arte: un terreno di prova dove mobilitare pratiche e pragmatiche artistiche per comprendere e riconoscere i meccanismi economici attraverso i quali l’arte impatta sulla realtà sociale e un centro di produzione di arte contempo-
ranea che potesse diventare una nuova risorsa primaria per la popolazione locale. Solo sforzandosi di rendere analitica una riflessione artistica infatti essa può rappresentare un profitto e un accrescimento anche per i più poveri. L’intento finale era quello di mostrare i risultati del gentrification program condividendone i progressi con i diversi pubblici di riferimento, africani e occidentali, attraverso conferenze, mostre, proiezioni e video-documenti. A giugno 2012, infatti, l’Istituto organizzò un seminario presso la piantagione di palme da olio, nel cuore della foresta tropicale del Congo, a cui partecipò anche Richard Florida, studioso e ricercatore che ha più volte analizzato l’importanza delle arti nei piani di sviluppo economici africani. Ma nell’estate del 2013 il gestore della piantagione ha bloccato le strade pubbliche di accesso, rescisso i contratti ai quali era legata, distrutto la base dell’IHA e confiscato i lavori attraverso i quali i figli dei coltivatori della piantagione avevano espresso la loro visione del futuro. A partire da questo episodio, l’Istituto, oggi, intende esplorare in quale misura un’arte che sia coinvolta, impegnata con le condizioni globalizzate del suo stesso funzionamento, possa rendere più profondi i propri richiami con la realtà. Come prima serie di mostre, intersecanti anche con la collezione del Van Abbemu-
seum, l’IHA si è costituito parte curatoriale, selezionando video-progetti di Nauman, Baldessari e Graham per esplorare il debito dell’Istituto nei confronti del minimalismo e la sua transizione verso una primigenia critica istituzionale. Un’analisi della nozione di arte come di un costrutto tra la produzione di senso e il ruolo che esso riveste nei confronti della propria audience. In risposta agli eventi drammatici della scorsa estate, l’attivista congolese René Ngongo ha presieduto all’incontro inaugurale con la Congolese Plantation Wokers Art League all’interno di un’installazione del newyorkese Liam Gillick. In parallelo a questa prima presentazione, a Eindhoven è iniziata una serie di conferenze tenute dagli artisti congolesi Mega Mingiedi, Eléonore Hellio e Michel Ekeba, incontri durante i quali è stato mostrato una sorta di ritratto elaborato e composto dai progetti dei lavoratori della piantagione e dai membri della lega dei lavoratori, testimoniando la transizione da manodopera sottopagata a un più lucrativo sistema di affective labour. Del board dell’IHA fanno parte Renzo Martens, Pierre Bismuth, Oscar per la migliore sceneggiatura con Se mi lasci ti cancello di Michel Gondrì; Tino Sehgal, Leone d’Oro dell’ultima Biennale d’Arte di Venezia, Louise Bourgeois e una parte dello staff della Tate Modern. Tutti loro hanno contribuito ad ampliare voce e portata di questa iniziativa con l’intento di monitorare gli effetti dell’arte sulla realtà sociale dei luoghi in cui vengono messi in scena gli interventi artistici sovrastati dai sistemi dell’arte che avvengono in territori dove sussista una maggiore affluenza di pubblico
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Atto Belloli Ardessi
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‹ MOSTRE
Alvar Aalto nel 1945. In alto la biblioteca di Vipuri, 19271935 (foto Eino Mäkinen, VG Bild-Kunst, Bonn 2014). Foto grande: casa sperimentale a Muuratsalo,1952 (foto Maija Holma). Tutte le immagini ©Alvar Aalto Museum.
IL MAGO DEL NORD Con Alvar Aalto – Second Nature il Vitra Design Museum presenta un’ampia retrospettiva che rivela nuovi aspetti dell’opera del leggendario architetto finlandese
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27_09_2014 1_03_2015 Tutti i giorni 10:00_18:00 Tour guidati Sab_Dom 11:00 Ingresso 10 euro
Alvar Aalto (1898-1976) è stato il più famoso architetto finlandese, sostenitore di un Moderno incentrato sull’uomo. Edifici come il Paimio Sanatorium (1933) o Villa Mairea (1939) sono capolavori nel gioco di volumi organici, forme e materiali. Oggetti d’arredo come Stool 60 (1933) o la Paimio Chair (19311932) sono pietre miliari nell’evoluzione dell’arredo moderno. L’emblematico vaso Savoy (1936) è assurto a simbolo del design finlandese. Per comprendere il linguaggio dell’architettura organica di Aalto si fa spesso riferimento alla natura e al paesaggio finlandesi. Affiancando alle sue architetture lavori di artisti come Jean Arp, Alexander Calder e altri con cui Aalto intrattenne un serrato dialogo, Second Nature sottolinea piuttosto la mediazione dell’arte nella trasformazione della natura in una “seconda natura” per l’uomo moderno, da realizzarsi mediante
armoniose combinazioni di volumi e materiali, luce naturale e artificiale, patii e terrazze. Un approccio che si ritrova lungo l’intero percorso progettuale del maestro finlandese, dalla Biblioteca di Vyborg, del 1927-35, al KulturZentrum di Wolfsburg trent’anni dopo (1958-62). Dalle maniglie ai corpi illuminanti agli arredi su misura, Aalto progettava gli interni dei suoi edifici fino al minimo dettaglio. Nel 1935, con l’obiettivo di produrre e promuovere i mobili da lui disegnati, con sua moglie Aino e due collaboratori Aalto fondò Artek, concepita sia come fabbrica internazionale di arredi che come galleria d’arte. Artek divenne ben presto un indirizzo prestigioso per la cultura del Moderno. La sua espansione rifletteva l’ampia rete di relazioni internazionali di Aalto e al contempo gli assicurava influenza sul dibattito politico e sociale corrente, consentendogli, nel dopoguerra, di
ricevere commesse di architettura da Italia, Svizzera, Francia, Germania e dagli USA. La prolifica carriera di Aalto attraversa un periodo che va dai primi anni Venti fino ai ’70, con più di 400 edifici costruiti e centinaia di elementi d’arredo, corpi illuminanti, complementi e oggetti d’arte, e culmina in progetti su grande scala come la Finlandia Hall a Helsinki (1975), un anno prima della morte, e l’Opera House di Essen, completata postuma nel 1988. Con modelli, disegni originali, arredi, luci e lavori in vetro, Alvar Aalto – Second Nature copre i più iconici edifici e progetti di Aalto e progetti meno noti come la sua Casa Sperimentale a Muuratsalo (1952-53), straordinaria composizione di materiali diversi che appare come un collage di architettura del 21° secolo. L’ampio catalogo che accompagna la mostra include saggi di dieci autori tra cui EevaLiisa Pelkonen, Akos Moravanszky, il curatore del MoMA Pedro Gadanho, interviste con Kenneth Frampton e Álvaro Siza e una sezione con numerosi disegni originali inediti e foto di modelli dall’archivio dell’Alvar Aalto Museum. Il calandario degli eventi che accompagna la mostra include letture e incontri con Shigeru Ban, Claesson Koivisto Rune, Front Design, Harri Koskinen, Matthias Sauerbruch, de Vylder Vinck Taillieu e molti altri
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