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RENT il periodico sulla cultura dell’affitto Solo Affitti franchising immobiliare numero 07 - 2011

RENT il periodico sulla cultura dell’affitto

Come vivono gli italiani

Passati gli anni del boom edilizio e del miracle dream all’italiana, quale sarà la nostra casa?

Quando eravamo moderni

Nostalgia Ottanta. Rispolveriamo la storia della decade che ha cambiato la faccia all’Italia

Esperienza Italia

Porte aperte sul cantiere in fermento. È con tre grandi mostre che le Ogr celebrano il sogno patriottico

viva l’Italia Fuochi, feste e forche. 150 anni dopo il Blu Savoia e Garibaldi il nostro melting pot paesano si riscopre tricolore

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*3.876.355, fonte Nielsen SiteCensus – Marzo 2011

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07 vIvA L’ITALIA

RENT

il periodico sulla cultura dell’affitto numero 07 - 2011

il punto

12

casa e famiglia

20

osservatorio

13

cittÀ e futuro

34

tempo e denaro

14

abitare globale

38

mente locale

46

lifestyle

58

fashion story

66

portfolio

70

varietÀ

84

Dalle Alpi alla Sicilia, Solo Affitti in tricolore. In nome di un sogno diventato paese, tutti uniti per il nostro speciale ‘anno italiano’

007 licenza d’affitto: quando garanzia e stile vanno a braccetto. In uscita la nuova campagna che cambierà il volto del franchising

Porta a porta col mercato. È la volta del ciclone cedolare secca. Tra rumors, anticipazioni e smentite, capiamo perché c’è chi parla di grande occasione

diritto e rovescio

16

Aprire un mutuo per pagarsi la vacanza dei sogni o puntare sull’affitto? Se la locazione è di stagione, da quest’anno è la volta della casa

l’esperto risponde

18

Italia in affitto e multicolore. Inquilini morosi e nuovi italiani, a quali leggi appellarsi e che norme rispettare per vivere tutti felici e contenti?

Mille e più storie di noi. Chi eravamo e cosa saremo. Tra sogni di ieri e bisogni di oggi, nel compleanno più atteso del nostro paese scopriamo come sono cambiati i costumi, le abitudini, le case

Città dello stivale: un quarantennio di storie e trasformazioni. Dai geometri all’INA-Casa, ecco come visioni e fallimenti ci hanno consegnato il paesaggio italiano

Calcio, veline o Vaticano? Se è vero che gli italiani lo fanno meglio, diamo uno sguardo ai fenomeni e ai topoi che l’hanno resa celebre nel mondo

Bim bum bam anni ottanta e miracle dream all’italiana. Fasti e cadute di stile dentro la scatola nera. Com’eravamo moderni... prima che arrivassero gli Alpini!

Ultras: pugni, striscioni e filosofi da stadio. Tra le retrovie di un fenomeno popolare pressoché estinto, facciamoci raccontare l’Italia, al di là di moda, cucina e design

L’eroe dei due mondi e il suo guardaroba demodé. Tra aspri monti e frescure subalpine, torna la blusa rossa e ci conquista col suo stile

Non solo Italia di regime. Un viaggio nelle colonie della ridente Romagna, tra camerate, pensierini, divise e costumi da bagno. Generazioni a confronto: dalla prima conquista della libertà ai battititi di cuore

Banchi di scuola e universitari bolognesi. In sella alla biga e una visita alla gypsoteque. Per saperne di più sul paese di ‘O sole mio’ visitiamolo en plein air

illustrazioni di Elena La Rovere

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RENT il periodico sulla cultura dell’affitto Solo Affitti franchising immobiliare numero 07 - 2011

RENT il periodico sulla cultura dell’affitto

direttore responsabile

contatti

Silvia Spronelli

redazione@soloaffitti.it

format editoriale e direzione creativa

pubblicità

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adv@soloaffitti.it

direzione editoriale Carlotta Petracci

direzione

Undesign

Solo Affitti Spa via Tortona 190 47522 Cesena (FC) t +39 0547 41 81 01 f +39 0547 41 81 81 info@soloaffitti.it

redazione solo affitti

stampa

Francesca Cantoni Laura Magnani Giovanna Rossi Isabella Tulipano

Caleidograf srl via Milano, 45 23899 Robbiate (LC)

redazione

editore

art direction e progetto grafico

Vittorio Belafonte Edoardo Gentile Elena La Rovere Angelo Santachiara Seltz Massimo Teghille Sara Vindrola Camilla Wasser

Rentasì srl iscritto al Roc tenuto da CO.RE.COM Emilia Romagna al numero 19269 via Tortona 190 47522 Cesena (FC) t +39 0547 41 81 01 f +39 0547 41 81 81 info@rentasi.it

contributors

Valerio Andrea Fabio Boero Matteo Cardamone Orlando Casadei Elisa Facchin Eva Stonem

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RENT A RANT

editoriale

AFFITTA uNA PREdIcA testo di Carlotta Petracci illustrazione di Elena La Rovere

Tutto parte dai “Trofei di viaggio”. Se si vuole ricordare qualcosa di un luogo ci si aggrappa ai souvenir. E ce ne sono di belli. Come il piatto parietale che va per la maggiore a Latina, con Giovanni Paolo XXIII, i fratelli Kennedy e i Santi Cosma e Damiano; la famosa “aria di Napoli” in barattolo, in puro stile scugnizzo napoletano; le innumerevoli e sorprendenti metamorfosi della penna souvenir, da quella con aeroplano che si muove su Milano a quella alpina a forma di piccozza, a quelle giubilari; la cartolina “Souvenir d’Italie”, che probabilmente spopolava negli Autogrill degli anni Ottanta (a rigor di patina), raffigurante un mister muscolo, vagamente in posa da David, in mutande, con su scritto “Life”... Insomma, i souvenir rappresentano un mirabile concentrato di genius loci e goliardia. Sono opere d’arte di bassa estrazione, nate per diventare monu-

menti sui nostri mobili di casa (preferibilmente al mare o in montagna). C’è a chi piace in particolare collezionare altarini e chi, come Canestrini, raccoglie fotografie improbabili per farne un libro capace di spiegare queste meravigliose collisioni dell’immaginario. Questa loro capacità, in quanto simboli popolari figli dell’estro popolare, di unire l’Italia, raccontandone specificità e generalità. Come dire: nazione nello spirito, laddove i nostri costumi e le nostre affezioni territoriali, ci fanno percepire ancora divisi di fatto. Se le bandiere sventolanti della città sabauda dicono in quest’anno patriottico in maniera forte e chiara “Italiani!”, i souvenir, disseminati nelle bancarelle dello stivale, dicono in sordina e con un sorriso: italiano romano, italiano milanese, italiano napotelano, italiano delle alpi, italiano sì, ma della riviera; rappresentando l’italianità de-

I souvenir sono opere d’arte di bassa estrazione, nate per diventare monumenti sui mobili di casa gli insider. Non solo quella che i viaggiatori romantici volevano vedere, “Il Bel paese / Ch’Appennin spartisce, e ‘l mar circonda”, ma anche quella che i locals e i turisti di oggi hanno imparato ad apprezzare. L’Italia esotica e divisa nel profondo, quella fatta di monumenti, campanili e rarità.



il punto

AScoLTA LA LEPRE a cura di Silvia Spronelli Presidente di Solo Affitti Spa

HEAR THE HARE QuANTE ITALIE, uN’uNIcA ITALIA Tutti uguali, tutti a modo proprio. Ognuno parte di un sogno, col tempo diventato paese. Tutti uniti per festeggiare uno speciale ‘anno italiano’

A chi, in occasione delle celebrazioni per l’unità d’Italia non è venuto naturale canticchiare: “Viva l’Italia, l’Italia tutta intera. Viva l’Italia, l’Italia che lavora”. Ed io aggiungo, che lavora, certamente, ma ciascuno a modo proprio. “Perché ogni zona è particolare, perché dalle mie parti funziona sempre diversamente, perché qui il mondo gira così”. Frasi ricorrenti che risuonano tra i nostri affiliati di tutt’Italia. Unire l’Italia sotto un unico progetto 12

è la nostra piccola sfida da quindici anni. Ogni giorno un nuovo inizio, la scoperta di quante piccole realtà esistono, quante piccole italie dentro la Grande Italia unita 150 anni fa e ancora orgogliosa delle sue molteplici origini. Gli usi e le consuetudini del nostro mercato variano da provincia a provincia, e tra città e piccoli comuni le differenze sono notevoli. Così in questi anni abbiamo capito che ogni affiliato vive la propria città come una piccola repubblica: con la sua storia, il suo vissuto, le sue regole, le sue conquiste. Svariati modi per scrivere un annuncio, per sigillare la conclusione di un affare, esigenze esclusive dei clienti. Ma al di là delle differenze, è bello osservare come ci siano concetti, idee, immaginari e abitudini che uniscono. Il mondo della casa a questo proposito è paradigmatico. La casa che al di là della costruzione fisica, della sua destinazione di riparo e luogo di svolgimento delle principali funzioni di vita, ha una sua rappresentazione simbolica, uno sviluppo psicologico che la identifica con la figura di rifugio, di nido, di protezione, di focolare, ma anche di luogo domestico

incluso nel più ampio spazio cittadino. Al di là delle peculiarità geografiche, indipendentemente dalla grandezza e dal valore dell’immobile. Oppure la rappresentazione mentale di un ufficio: luogo deputato allo svolgimento di mansioni impiegatizie, di lavori di concetto. Tutti spazi da abitare, da condividere con i famigliari, gli amici, i colleghi. Luoghi in cui si fanno esperienze, come il lavoro, momento fondamentale di aggregazione, per i molti italiani che trascorrono qui la maggior parte del proprio tempo, commentando con i colleghi il calcio, la musica, la politica, la cucina: le passioni italiane. Quelle che uniscono e dividono, ma che ci fanno sentire così unici ed orgogliosi della nostra identità!

Unire l’Italia sotto un unico progetto è la nostra grande sfida


osservatorio

SoLoAFFITTI franchising immobiliare

AGENTE SoLo AFFITTI: IMMoBILIARE, SPEcIALE! Non nasconde una pistola nel taschino, ma ha tanti assi nella manica... Il suo nome è? Ispirata al celeberrimo personaggio di James Bond, l’Agente segreto 007, nasce la nuova campagna Solo Affitti. La licenza di un agente immobiliare Solo Affitti, naturalmente, è quella di affittare. E per lui nessuna missione è impossibile. Con professionalità e competenza gli agenti Solo Affitti affrontano il mercato e sono al servizio dei clienti per soddisfare le esigenze più disparate. Un immaginario di grande impatto che riprende una serie di valori positivi legati alla figura dell’agente speciale:

preparazione, eleganza, serietà, precisione, affidabilità. Valori che riflettono l’impegno dei nostri agenti, pronti ad affiancare proprietari ed inquilini nella realizzazione della ‘missione soddisfazione’. E per riuscirci, proprio come l’originale James, l’agente speciale Solo Affitti mette in campo doti di inventiva, talento, genialità e creatività. Una nuova campagna, quindi, per rappresentare il marchio Solo Affitti, specializzato nelle locazioni, specialista per professione e speciale per scelta.

AFFITToSIcuRo: GARANZIA ASSIcuRATA Più certezze per un mercato migliore. Ecco la nostra soluzione Affittare il proprio immobile per un proprietario è un modo per mettere a reddito l’investimento. Ed ogni investimento ha un suo rischio correlato. Per il proprietario il rischio dell’affitto ha un nome preciso: morosità. L’incubo di ritrovarsi con un immobile occupato senza ricevere compenso, una causa dall’avvocato e l’incertezza del futuro. Solo Affitti da anni si occupa di evitare questa situazione, attraverso la formula affittosicuro: un pacchetto di garanzie che tutelano il proprietario nel caso di morosità dell’inquilino. Una soluzione che perfezioniamo anno dopo anno e che prevede ora la messa a punto di un sistema assicurativo di polizze, pensate per la garanzia dell’investimento del proprietario, e pure come agevolazione dell’inquilino. Vi aspettiamo.

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Garanzia indennizzo canoni insoluti

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Garantisce, per tutta la durata del contratto di locazione, il rimborso dei canoni non pagati dall’inquilino moroso, per un importo massimo pari a 12 mensilità.

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Garanzia assistenza abitativa Garantisce assistenza immediata, tramite una chiamata mediante linea verde operativa 365 giorni l’anno 24 ore su 24, per il reperimento gratuito di artigiani quali: idraulico, elettricista, fabbro e simili, rimborsando il diritto d’uscita, il trasferimento del tecnico e 3 ore complessive di manodopera per la risoluzione dell’emergenza.

Garanzia danni Garantisce, per tutta la durata del contratto di locazione, il risarcimento dei danni arrecati dall’inquilino all’immobile ed al suo contenuto, per un importo massimo pari a 5.000 €.

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Tutela legale Garantisce, tramite il ricorso ad un avvocato liberamente scelto dal locatore e pagato dalla Compagnia Assicurativa, il rimborso delle spese legali e processuali sostenute in caso di controversie intercorse con l’inquilino, relative al periodo della locazione o al mancato rispetto degli accordi contrattuali.

13


SoLoAFFITTI franchising immobiliare

ALIQUOTA

Espressa in percentuale, è la quota d’imposta che si applica alla base imponibile per calcolare il tributo

dovuto. L’imposta può essere fissa, proporzionale o progressiva, se aumenta all’aumentare della base imponibile.

cEdoLARE SEccA: TRA cAoS E coNvENIENZA Dibattiti e clamore per la proposta che rivoluzionerà il mondo degli affitti. Una tassazione non più basata sul reddito, ma su percentuali fisse. A tutto vantaggio di proprietari e inquilini Sicuramente una novità che ha creato grande scalpore e che ha riempito per mesi le prime pagine di giornali e siti di economia sia politici che generalisti. Grande clamore intorno ad una nuova tassazione che in effetti rivoluziona il sistema di imposizione sui redditi da locazione. L’introduzione della cedolare secca appare come una novità piuttosto invitante soprattutto per i proprietari per i quali è previsto un generalizzato innalzamento della redditività dell’investimento immobiliare. Ma il nuovo regime presenta altri vantaggi: far emergere un’ampia quota di contratti in nero e, in aggiunta, ottenere una riduzione dell’affitto richiesto attualmente agli inquilini in forza di una minore tassazione in capo ai proprietari. Da un nostro studio di confronto con la tassazione europea sui redditi d’affitto si evince che le na-

25%

UNGHERIA 14

zioni più convenienti sono quelle dove ai redditi da locazioni si applica un’aliquota fissa: Ungheria 25%, Finlandia 28% e Olanda 30%. Per le altre nazioni il metodo di tassazione è lo stesso di quello previsto finora in Italia: i redditi da locazione si sommano a quelli personali e a questi si applicano le varie aliquote previste. Mentre la cedolare secca è un prelievo diretto in percentuale sul canone di affitto che sostituisce tutte le altre tassazioni, quali Irpef, Imposta di Registro e Imposta di Bollo che attualmente tutti i proprietari, che affittano il proprio immobile, devono pagare allo Stato. Ciò significa che le tassazioni sugli affitti saranno direttamente proporzionali ai canoni pattuiti, e non potranno variare in base ai redditi dei proprietari. Contenuta nel decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale, è stata

28%

FINLANDIA

approvata come regime alternativo, facoltativo rispetto al regime ordinario vigente. Dopo una proposta che prevedeva un’aliquota secca del 20% per i redditi derivanti da qualsiasi tipo di contratto, la versione definitiva prevede che per i contratti a canone concordato la soglia con cui tassare i redditi Irpef da locazione si abbassa al 19%; per quelli a canone libero al 21%. Fissata al 21%, per i contratti liberi, la convenienza in questi casi è sempre garantita. Per chi affitta, invece, con contratto a canone concordato, la convenienza è garantita per i redditi medio-alti, oltre i 28.000 euro. Infatti, poiché il fisco “tradizionale” prevede l’imposizione Irpef solo sull’85% dell’affitto, nel caso di contratti liberi e sul 60,5%, in caso di contratto “concordato”, scegliere la cedolare significherebbe, in questi casi, versare di

30%

OLANDA


tempo e denaro

CEDOLARE SECCA

È un prelievo diretto e fisso sul canone di locazione che sostituisce le tradizionali imposte inerenti l’affitto, come: Irpef, Imposta di Registro

e di Bollo. Il suo vantaggio consiste nell’essere direttamente proporzionale al canone pattuito e non più al reddito del proprietario.

vAcANZE IN AFFITTo: QuANdo LA LocAZIoNE È dI STAGIoNE Mercato turistico: soggiorni più brevi ma con più voglia di casa più. La cedolare secca, invece, benché più bassa e uguale per tutti, si paga sul 100% dei canoni. Il locatore che opta per la cedolare secca dovrà comunicare tale decisione all’inquilino con lettera raccomandata; tale scelta implica la rinuncia ad applicare, ai canoni percepiti, l’annuale aggiornamento Istat. Nelle intenzioni del Governo l’introduzione di questa nuova tassazione dovrebbe far emergere quei contratti in nero (si stimano almeno 500.000 abitazioni affittate senza regolare contratto) dalla cui regolarizzazione dovrebbe arrivare il gettito aggiuntivo con cui compensare le minori entrate tributarie sugli affitti. A questi si aggiunge la possibile emersione dei canoni sotto dichiarati, anch’essi colpiti dalle supersanzioni previste dal legislatore: raddoppiate dal 200 al 400% dell’imposta non versata.

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Canone d’affitto annuo 9600 € Tipo di contratto Concordato Libero Reddito annuo lordo 25000 € Risultato Con la nuova imposta 2016,00 € Con l'imposta Irpef 2203,20 € Differenza -187,20 €

Fissata al 21%, per i contratti liberi, è sempre conveniente. Per chi affitta con contratto a canone concordato, invece, conviene sceglierla se il reddito supera i 28.000 euro

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Canone d’affitto annuo 7200 € Tipo di contratto Concordato Libero Reddito annuo lordo 25000 €

Mandare in vacanza la crisi sembra l’antidoto con cui italiani e turisti di tutto il mondo vogliono esorcizzare questo difficile periodo. Così il mercato turistico registra una tenuta che lascia pensare a come le vacanze siano vissute ormai alla stregua di una necessità, un bene irrinunciabile. Certamente i desideri si adeguano al portafoglio e si registrano modifiche nei comportamenti: soggiorni più brevi; maggior frequenza nei periodi di bassa stagione; alternative alle classiche ed onerose strutture ricettive. Ad esempio dividendo un appartamento o una villa con amici e parenti: sfruttando la comodità e l’accoglienza di una casa, con il vantaggio della convenienza. Per far fronte alle evoluzioni di un mercato flessibile e in continuo cambiamento come questo, è fondamentale poter contare su regole altrettanto flessibili nella definizione dei patti contrattuali. Una possibilità garantita dal tipo di contratto che la disciplina delle locazioni riserva a chi voglia affittare un appartamento per finalità turistiche. segue a pagina 16

Risultato Con la nuova imposta 1368,00 € Con l’imposta Irpef 1176,12 € Differenza 191,88 €

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diritto e rovescio

SoLoAFFITTI franchising immobiliare

vAcANZE IN AFFITTo: QuANdo LA LocAZIoNE È dI STAGIoNE continua da pagina 15 Questo tipo di contratto è regolato dalle sole norme del Codice Civile (articolo 1571 e seguenti), che lasciano completa libertà ai contraenti nel determinare patti e condizioni, dalla durata al canone. Unico obbligo è quello di indicare nell’accordo scritto la finalità turistica che sta alla base della locazione. Quanto agli aspetti economici, il contratto prevede generalmente il versamento da parte dell’inquilino, al momento della prenotazione, di una caparra a titolo di acconto, pari a circa il 30% del canone pattuito. Il saldo verrà versato all’arrivo, al momento della consegna delle chiavi, durante il quale l’inquilino è tenuto anche a rilasciare una piccola somma che funge da deposito cauzionale e che gli sarà resa al momento della riconsegna dell’immobile, una volta verificata l’assenza di danni. Sul fronte fiscale, va ricordato che i contratti di locazione di durata inferiore a 30 giorni

IL RuoLo dELL’AGENZIA IMMoBILIARE Intermediazioni e affitti: non è mai vacanza. Estate e inverno, regione per regione, sempre pronti ad accogliere richieste e desideri del mercato di inquilini e proprietari 16

(dunque la stragrande maggioranza dei contratti turistici) non vanno registrati; la registrazione è obbligatoria solo per locazioni da un mese in su e comporta il versamento dell’imposta proporzionale del 2% sul canone complessivo. È sempre utile consegnare un inventario dettagliato degli arredi e degli accessori presenti. Alla consegna delle chiavi l’inquilino deve sottoscrivere il verbale, segnalando eventuali difetti dell’immobile e degli arredi.

La registrazione dei contratti è obbligatoria per le locazioni da un mese in su

La flessibilità delle esigenze e la breve durata delle richieste di case per villeggiatura, si riflettono anche nel rapporto con l’agenzia immobiliare: i proprietari che vogliono gestire il via vai degli inquilini sono indotti sempre più a rivolgersi al mediatore, il quale assume spesso il ruolo di “gestore” dell’immobile e si occupa, oltre che di mettere in contatto proprietario e inquilino, anche della pulizia della casa ad ogni subentro, come della riparazione di piccoli guasti. Sempre più diffusi sono infatti gli incarichi di gestione vuoto per pieno, attraverso i quali l’agenzia prende in gestione l’immobile, garantendo al proprietario un introito fisso per l’intera stagione, e i mandati a titolo oneroso, con i quali l’agente immobiliare rappresenta il locatore nei rapporti con l’inquilino, incassando i canoni per suo conto.

I PuNTI cHIAvE dEL coNTRATTo dI LocAZIoNE STAGIoNALE Durata Libera Canone Libero Caparra 30% del canone da versare al momento della prenotazione, a titolo di acconto Spese Spesso sono comprese nel canone, oppure determinate in maniera forfettaria Registrazione Non dovuta per contratti di durata inferiore a 30 giorni Comunicazione di cessione fabbricato Non dovuta per contratti di durata inferiore a 30 giorni Verbale di consegna È sempre consigliabile consegnare un verbale che attesti lo stato di consegna dell’immobile ed un inventario dettagliato dell’eventuale mobilio e accessori presenti


l’esperto risponde

SoLoAFFITTI franchising immobiliare

‘L’esperto di Solo Affitti’ risponde a tutte le tue domande su contratti di locazione, adempimenti fiscali e aspetti giuridici. Scrivici a: esperto@soloaffitti.it

cHI PAGA PER L’INQuILINo MoRoSo?

QuALI docuMENTI SERvoNo PER GLI INQuILINI STRANIERI?

Quando mancanze e inadempienze arrecano danno ai locatori

Italia in affitto e multicolore. Cosa consiglia la legge?

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LucA Circa un anno fa ho dato in affitto ad un giovane manager l’appartamento di cui sono proprietario. Dopo soli 6 mesi l’inquilino lo ha lasciato, riconsegnandomi le chiavi e dicendomi che doveva trasferirsi per lavoro all’estero. Ho scoperto di recente, però, che è andato via senza pagare la bolletta del gas. Il contratto era intestato direttamente a lui ed io non ho firmato alcun documento. Ora la società fornitrice del gas mi intima il pagamento della bolletta. Hanno ragione? Quale comportamento dovrei tenere? SoLoAFFITTI Caro Luca, in realtà se effettivamente il contratto di somministrazione del gas era stato stipulato direttamente dall’inquilino con la società, ora il fornitore non può rivalersi sul proprietario. Infatti, a norma dell’articolo 1372 del Codice Civile, il contratto ha forza di legge solo tra le parti. Purtroppo dobbiamo anche dire che di solito questi enti hanno la facoltà di non riallacciare l’utenza finché non siano state sanate eventuali precedenti situazioni di morosità. Questo vuol dire che la prossima volta che affitterà o vorrà abitare il suo appartamento, per poter riavere la fornitura di gas dovrà comunque pagare gli arretrati. In questo caso dovrà pagare e poi rifarsi sull’ex inquilino moroso.

MATTEo Sono proprietario di un appartamento all’interno di un condominio in un quartiere popolare di Milano. Dopo averci vissuto per oltre trent’anni, adesso io e mia moglie abbiamo deciso di goderci un po’ di vita tranquilla in provincia e così abbiamo comprato un piccolo immobile vicino a Como, e abbiamo deciso di affittare il nostro appartamento. Non avendo molta esperienza ci chiediamo se ci sono particolari adempimenti da rispettare e documenti da richiedere al potenziale inquilino e soprattutto se questi variano a seconda che si tratti di un inquilino italiano o extracomunitario. SoLoAFFITTI Per dare in affitto il suo immobile ad un cittadino italiano e in generale comunitario, è sufficiente che richieda e controlli la carta di identità. L’articolo 12, comma 1, della legge 59/1978, specifica, infatti, che “chiunque cede la proprietà o il godimento a qualunque altro titolo, per un tempo superiore a un mese, l’uso esclusivo di un fabbricato o di parte di esso, ha l’obbligo di comunicare all’autorità locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalla consegna dell’immobile, la sua esatta ubicazione, nonché le generalità dell’acquirente, del conduttore o della persona che assume la disponibilità del bene e gli estremi del documento di identità o di riconoscimento, che deve essere richiesto all’interessato”. Invece, per concedere l’immobile in affitto a stranieri/extracomunitari è necessaria la richiesta e verifica del passaporto o di altro documento di identità, oltre che del permesso di soggiorno. L’articolo 7, commi 1 e 2 del Dlgs 286/1998 dispone infatti che “chiunque, a qualsiasi titolo, dà alloggio, ovvero ospita

uno straniero o apolide, anche se parente o affine, (o lo assume per qualsiasi causa alle proprie dipendenze), ovvero cede allo stesso la proprietà o il godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato, è tenuto a darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore, all’autorità locale di pubblica sicurezza. La comunicazione comprende, oltre alle generalità del denunciante, quelle dello straniero o apolide, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione che lo riguardano, l’esatta ubicazione dell’immobile ceduto o in cui la persona è alloggiata, ospitata o presta servizio ed il titolo per il quale la comunicazione è dovuta”. A sua volta, l’articolo 12, comma 5-bis del richiamato Dlgs 286/1998 dispone che “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La condanna con provvedimento irrevocabile, ossia l’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del Codice di Procedura Penale, anche se è stata concessa la sospensione condizionale della pena, comporta la confisca dell’immobile, tranne nel caso in cui appartenga a persona estranea al reato. Si osservano le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Le somme di denaro ricavate dalla vendita dei beni confiscati sono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei reati in tema di immigrazione clandestina”. 17


glossario

SoLoAFFITTI franchising immobiliare

A AGGIoRNAMENTo cANoNE

Nel caso del ‘contratto a canone libero’ il locatore ha la possibilità di richiedere un suo incremento annuo che lo ripaghi dell’inflazione. Nella precedente normativa il livello massimo di questo incremento era pari al 75% dell’indice Istat del costo della vita per operai e impiegati. Con le nuove norme oggi si può arrivare anche al 100%, o scegliere altri parametri di incremento specificandoli nel contratto. Per le spese straordinarie è allo stesso modo concesso al proprietario di richiedere, inserendolo sul contratto, un incremento del canone annuo pari all’interesse legale (3%) sul costo sostenuto. In entrambi i casi si tratta comunque di diritti del proprietario ma non di obblighi da parte dell’inquilino, cosa che apre alla libera contrattazione tra le parti.

C cEdoLARE SEccA

Prevista nel decreto attuativo del federalismo comunale, recentemente approvato dal Parlamento, è un regime alternativo alla tassazione ordinaria sugli affitti con un’imposta pari al 21% del canone d’affitto (19% per i contratti a canone concordato nelle città ad alta tensione abitativa). Questa imposta oltre alla tradizionale Irpef va anche a sostituire quella di registro e di bollo sui contratti di locazione. La sua applicazione è facoltativa e dipendente dalla scelta del locatore, mentre la sua convenienza va tarata sul reddito. È più probabile per chi affitta a canone libero, mentre per i locatori che affittano a canone concordato scatta solo per i redditi lordi annui superiori ai 28.000 euro. coNTRATTo LIBERo

Comunemente chiamato 4+4, è regolato dalla legge 431/98. Prevede una durata di 8 anni, con rinnovo automatico, in caso di mancata disdetta, e la possibilità di concordare liberamente il canone di locazione tra le parti, compreso il suo aggiornamento, che può avvenire: di anno in anno, tenendo conto delle percentuali di inflazione e può essere 18

richiesto a mezzo lettera raccomandata dal proprietario. La suddivisione delle spese tra locatore e locatario invece viene stabilità dal Codice Civile e da alcuni articoli relativi alla Legge dell’equo canone n.392/78. La disdetta va data da ambo le parti almeno sei mesi prima di liberare l’immobile, attraverso lettera raccomandata e con specificata la motivazione.

I INA cASA

È il piano di intervento statale, riguardante l’edilizia pubblica, attuato nell’immediato secondo dopoguerra su tutto il territorio italiano, con fondi gestiti da una specifica organizzazione presso l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni. L’obiettivo di questo piano, oltre al rilancio dell’attività edilizia, era quello di assorbire un considerevole numero di disoccupati e costruire alloggi confortevoli per famiglie a basso reddito. Ispirato dalle teorie economiche keynesiane e all’anglosassone ‘Piano Beveridge’, diede, grazie alla struttura organizzativa di Ina-Casa, grandi risultati, facendo salire il ritmo di costruzione fino alle 2800 unità abitative a settimana, con la consegna, sempre a settimana, alle famiglie assegnatarie di ben 550 alloggi. Per i primi sette anni di vita comportò un investimento pari a 334 miliardi di lire, per la costruzione di 147.000 alloggi. Alla fine del quattordicesimo anno, gli alloggi realizzati furono 355.000. Giò Ponti fu molto critico nei confronti di questo piano, giudicando troppo uniforme e scontata la resa architettonica. Nonostante ciò la maggioranza dei migliori architetti dell’epoca partecipò ai progetti previsti, da Franco Albini allo studio BBPR, da Castiglioni a Figini, Pollini e Sottsass. L’impostazione di massima fu comunque quella Neoralista, fortemente legata alla tradizione ma con una spinta reinterpretativa nuova nei confronti dei temi razionalisti: dalla coerenza compositiva dei materiali, alle scelte tecnologiche, all’interpretazione dello spazio architettonico, a partire da

direttrici oltre che funzionali anche psicologiche e sociali.

T TASSA dI REGISTRo

Alla stipula di un contratto di locazione di durata superiore ai trenta giorni, lo Stato italiano obbliga a pagare una tassa di registro pari al 2% del canone annuo pattuito, per un minimo di 67 euro. La tassa di registro non interessa però solo il primo anno. Al contrario va pagata entro il 30 del mese di inizio di ogni nuova annualità, pari, questa volta, al 2% effettivo e non più alla tassa minima. Nel momento di registrazione del contratto si può scegliere di pagare l’imposta per tutto il periodo previsto della locazione, ottenendo in questo modo piccoli sconti.

U uSo TuRISTIco

Tecnicamente definito ‘contratto di locazione transitoria per finalità turistica’, è un tipo di contratto, ormai sempre più popolare, menzionato dall’art.1 comma 2 della Legge 431 del 1998, e regolato dagli articoli 1571 e seguenti del Codice Civile. Viene comunemente utilizzato per la locazione di case estive o per periodi di vacanza, e non prevede necessariamente il versamento di una caparra (seppure spesso questa venga richiesta dal locatore come anticipo sulle utenze o su eventuali danni che possono essere arrecati all’immobile). Essendo durata e accordi normalmente concordati tra le parti, legalmente si fa rientrare questa tipologia di contratto all’interno del più grande insieme dei ‘contratti liberi’. Unici obblighi da parte dell’inquilino: prendere in consegna la casa gestendola con la ‘diligenza del buon padre di famiglia’, e pagare il canone nei termini pattuiti. In caso sia stata versata una caparra o un acconto, bisogna distinguere tra quella ‘penitenziale’, che si perde in caso di recesso, e quella ‘confirmatoria’, che si perde ugualmente in caso di recesso ma che dà la possibilità al locatore di richiedere un ulteriore risarcimento danni.


12 MENSILITÀ GARANTITE RIMBORSO DEI DANNI TUTELA LEGALE ASSISTENZA ABITATIVA

La tua casa in mani sicure Affittosicuro è il pacchetto di garanzie assicurative offerto in esclusiva da Solo Affitti per vivere la locazione in tutta tranquillità. Affittosicuro garantisce al proprietario dell’immobile il rimborso dei canoni non pagati dall’inquilino moroso, fino ad un massimo di 12 mensilità, il risarcimento degli eventuali danni arrecati all’immobile o al suo contenuto per un importo fino a 5.000 euro, oltre a rimborsare le eventuali spese legali.

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19


IN QUALE CASA?

Nel nostro paese la tipologia abitativa più diffusa è senza dubbio la casa unifamiliare, al suo interno vive il 50% delle famiglie italiane, prevalentemente

nel nord-est, al sud e in piccoli comuni. Mentre le famiglie che vivono in fabbricati più ‘intensivi’ con più di 6 appartamenti, sono localizzate prevalentemente a nord-ovest, in

comuni di grandi dimensioni e fanno riferimento a piccoli nuclei familiari. Chi abita in piccoli fabbricati, rispetto a chi abita in case con più appartamenti, tipo condomini, è normalmente proprietario.

Vicini tuoi, amici miei testo di Isabella Tulipano in collaborazione con l’Osservatorio Immobiliare di Nomisma infografica di Undesign

L’Italia e i suoi valori. Perché ci stanno così a cuore? Un popolo di tradizionalisti, ma con una marcia in più. In un passato in cui acquistare significava essere e in un presente in cui mutuo e famiglia vanno a braccetto, torniamo a guardare il nostro Paese, i suoi passi verso il cambiamento e le sue piccole eccezioni Famiglia e proprietà sono da lungo tempo i due punti fermi degli italiani. La nostra nazione, tradizionalista per vocazione, ha costruito il proprio sistema socio-economico e di pensiero a partire da queste due grandi ‘istituzioni’. Il mutuo aiuto tra consanguinei e il possesso. L’Italia è l’unico Paese europeo in cui ad un alto livello di scolarizzazione non corrisponde una maggiore mobilità sociale. Con le debite proporzioni e differenze tra nord e sud, la tv sembra tutto sommato aver ragione: gli italiani sono ‘mammoni’, tendono cioè a vivere a lungo nei nuclei familiari di origine e ad essere restii ai cambiamenti. Fatta eccezione per le ondate migratorie da sud a nord, intense dal dopoguerra fino agli anni ottanta, motivate dalla ricerca di la20

voro, la condizione del piccolo comune, della media città, ha creato una mentalità che potremmo definire di ‘vicinato’. Ossia gli italiani, regione per regione, si sentono legati alla propria terra e al proprio intorno, habitus in qualche modo derivato dall’economia contadina, che per lungo tempo ha sostenuto il nostro paese, ritardando la sua industrializzazione. Per quanto gli anni ottanta abbiano diffuso una visione maggiormente individualista, grazie al contributo fondamentale della Milano ‘da bere’, la centralità dei legami familiari è sempre stata da noi preponderante. E ad essa, annessa e connessa, la proprietà, di un piccolo appartamento tanto quanto del grande casolare del passato. Acquistare casa o riscattarla è stata anche una

La condizione del piccolo comune, della media città, ha creato una mentalità che potremmo definire di ‘vicinato’


casa e famiglia Anche da questa prospettiva emerge che l’affitto interessa principalmente le città più grandi e le famiglie più piccole, composte anche da un solo componente.

i giovani italiani, tra i 18 e i 34 anni, che vivono assieme ai genitori sono ancora 8 milioni. Perché le nuove generazioni trovano difficoltà a formare un proprio nucleo familiare? Quel che è certo è che il fenomeno è in crescita e riguarda non più solo i disoccupati e gli studenti, ma anche chi lavora

29,24% - condominio da 6 a 20 appartam. 19,1% - casa plurifamiliare da 2 a 4 appartam. 30,3% - casa unifamiliare 12,5% - condominio con oltre 20 appartam. 8,6% - casa plurifamiliare fino a 6 appartam.

prerogativa della ‘generazione operaia’ degli anni settanta. Perché nella visione tutta italiana, in qualche modo possedere è sinonimo di potere. A dispetto delle fasi alterne che hanno regolato il rapporto tra proprietà e affitto, in relazione ai periodi storici e agli interventi di agevolazione messi in atto dal nostro welfare, oggi la quota di famiglie che vive in affitto, circa il 21%, sembra essere lievemente aumentata. Certo sono lontani i tempi in cui l’affitto era una prerogativa della classe operaia (anni ‘77-‘80) interessando il 40% dei nuclei familiari, ma sono più vicini quelli in cui l’affitto diventa una scelta rispetto ad una mera necessità. Perciò, per quanto sia oggettivamente ancora bassa la quota di chi in Italia vive in affitto, cambia in maniera sostanziale l’atteggiamento delle persone nei confronti di questo stile di vita. E se l’economia non è solo una questione di numeri, dobbiamo riconoscere che da un punto di vista valoriale, per il mercato della locazione, il cambiamento è significativo. É principalmente la maggior mobilità del mercato del lavoro del nord ad aver determinato nuove scelte e condizioni di vita sia per i singoli che per le famiglie. Ci si sposta per trovare lavoro in un’altra città e per trasferta, anche se la percentuale di chi vive in affitto in Italia confrontata con il resto d’Europa evidenzia la particolarità della nostra nazione, legata alla proprietà e pertanto meno propensa agli spostamenti. L’aggravante della crisi dell’ultimo periodo sta senza dubbio determinando una generale situazione di difficoltà, nella classe media, cambiando la sostenibilità del mercato rispetto alla disponibilità di spesa (ovvero del reddito). In un orizzonte di medio-lungo periodo, in cui si sono alternate fasi riflessive ed espansive, il settore immobiliare si è significativamente apprezzato rispetto alla capacità di spesa delle famiglie. La modesta crescita dell’economia e la prolungata ascesa recente dei valori immobiliari hanno finito per determinare un problema di accessibilità al mercato della casa. Con riferimento al mercato dell’affitto, nel periodo 1991-2009, a fronte di una crescita delle disponibilità familiari nell’ordine del 18%, l’incremento dei canoni di mercato nelle aree 21


POLITICHE PUBBLICHE

incentrate sull’edilizia residenziale pubblica, con la costituzione di un sistema alternativo, orientato al mercato, verso l’edilizia sociale. Il rischio abitativo non riguarda più solo le fasce

urbane è risultato addirittura del 105%. L’incidenza della locazione di un’abitazione di 70 mq sul reddito familiare è così passata dal 10,2% dei primi anni ’90, all’attuale 17,6%. Un sostegno alla diffusione dell’affitto è l’introduzione, con la riforma della legge sulla locazioni, della possibilità di stipulare contratti a canone concordato. La condizione fondamentale per usufruire del canone concordato è che le associazioni territoriali di proprietari e inquilini sottoscrivano accordi specifici (depositati presso i Comuni) con prezzi d’affitto più bassi rispetto a quelli di mercato. Utilizzando questa tipologia di contratto di affitto l’inquilino, oltre a pagare un affitto inferiore a quello di mercato, può usufruire di detrazioni fiscali ai fini Irpef nel caso in cui l’immobile diventi la sua residenza principale. Al proprietario sono concessi consistenti agevolazioni fiscali (deduzione complessiva Irpef pari al 40,5% a fronte del 15% del contratto libero), un’imposta di registro agevolata (il 2% sul 70% del canone annuo, invece che sul 100%) e in alcuni casi il rimborso totale dell’importo versato per l’ICI che

i contratti a canone concordato sono cresciuti significativamente e oggi rappresentano il 36% circa del totale. Lo sviluppo maggiore si registra nel centro Italia, soprattutto in Toscana e Umbria, dove il “concordato” raggiunge il 41% dei contratti, con picchi nei comuni di Grosseto (90%), Arezzo (70%), Perugia e Firenze (60%), Prato (40%), Pistoia (35%), Siena (30%). Nel resto d’Italia, fra i grandi centri Bologna fa registrare l’80% di contratti a canone concordato, Padova il 50%, Torino il 32% (con punte del 40% nella zona sud della città), Trieste e Verona il 30%. Sulla spinta della crisi il “concordato” sta conoscendo una buona diffusione anche nella capitale: a fronte di una media cittadina del 32% si registrano vette dell’80% nella zona nord della città. Fra le città con meno di 250 mila abitanti, Modena riporta il 55% di contratti a canone concordato, Bergamo il 50%. Non va meglio sul fronte del mercato della compravendita: a dispetto di coloro che sono riusciti a comprare casa, e in una buona percentuale anche più di una, insieme ad altri immobili, la condizione di molte delle famiglie italiane che non scelgono l’affitto è comunque quella del mutuo. Basti pensare che nel periodo 2001-2009 i mutui erogati per l’acquisto di abitazioni sono cresciuti del 70% passando da 30 miliardi di euro a 50,8 nonostante la flessione dovuta alla reticenza delle banche a concederli in tempi di crisi. Come nel caso dell’affitto la sostenibilità dei mutui da parte delle famiglie è un tema scottante, con la differenza che all’indebitamento non corrispondono delle politiche sociali e di sostegno. Nel 2009 le famiglie con mutuo in difficoltà erano il 25,4% di quelle indebitate, la stima per il 2011 è che tale percentuale possa raggiungere addirittura il 40%. Un rischio alto sia per le famiglie che per le banche, oltreché per il sistema capitalistico nel suo insieme, la cui forza sta senza dubbio nell’indipendenza rispetto allo Stato. La proprietà del resto ha sempre avuto una pesante contropartita, nel bene e nel male, la libertà e la capacità di sostenerla. Forse il suo mito parte proprio da questo ‘eroismo’ di fondo, o forse si tratta semplicemente di una vetusta e miope visione del mondo.

Le politiche per la casa, in questi ultimi anni, rappresentano il tentativo di coniugare la gestione delle tradizionali modalità di intervento, ancora tutte

Un sostegno alla diffusione dell’affitto è stata sicuramente l’introduzione dei contratti a canone concordato

gli permettono di percepire, nell’arco dell’anno, un reddito maggiore rispetto a un contratto con canone libero. Il contratto a canone concordato può essere stipulato solo nei comuni delle 11 aree metropolitane, nei comuni capoluogo di provincia e nei comuni ad alta densità abitativa. La locazione ha una durata minima di 3 anni, al termine dei quali, se non c’è disdetta, si rinnova automaticamente per altri 2. Negli ultimi anni 22

economicamente più svantaggiate, ma si estende a fasce sempre più ampie della popolazione, fino a coinvolgere le classi medie, per le quali però il divario tra reddito e canoni d’affitto si sta ampliando.

le motivazioni di chi sceglie di vivere in affitto sono: – per il 35,7% di motivo economico: “spendo meno”; – per il 34,3% per poter “cambiare casa più tranquillamente”; – nel 15% dei casi per motivi di tranquillità/ sicurezza; – il 12,9% vuole “degli investimenti più liquidi”; – solo l’1,6 % perché si ritiene “soddisfatta di stare in affitto”; – appena lo 0,5% lo ritiene una “buona forma di investimento”


casa e famiglia

IL MERcATo dELLA cASA Quota di famiglie in affitto per area geografica (Numero indice 1977=100)

Forme di godimento dell’abitazione nei Paesi EU-15.

Italia

Centro

famiglie in affitto

Sud

Nord

famiglie in proprietà 100%

120

80% 100

60% 40%

80

20%

40 77

79

81

83

85

87

89

91

93

95

97

99

01

03

05

07

08

Fonte: Eurostat, Eurostat yearbook 2010

UK EU -1 5 S Da vez nim ia ar c O a lan da Fr an ci Au a st G er ria m an ia

Sp a Po gna rto ga llo ITA LI A G re cia Lu Irla ss n em da bu rg o Be lg Fin io lan di a

0%

60

Fonte: Eurostat, Eurostat yearbook 2010

Proprietà o affitto? Che l’Italia si caratterizzi per una situazione di ownership diffusa è cosa nota. Ma la scelta tra affitto e proprietà denota interessanti identikit. Le famiglie che abitano in case di proprietà hanno caratteristiche comuni: capofamiglia oltre i 55 anni; residenza in piccoli centri urbani; reddito elevato; case di dimensioni superiori ai 100 mq e facenti parte di piccoli fabbricati. Mentre la popolazione che sceglie la locazione come soluzione e stile di vita si distingue per: persone giovani; residenza in comuni di grandi dimensioni; famiglia monocomponente; abitazioni

piccole. A preferenza libera la proprietà sembra battere l’affitto, la prima viene scelta dal 95,2% di italiani contro il marginale 4,8%, evidenziando ancora una volta il tradizionale e radicale attaccamento alla casa del nostro sistema paese. La propensione all’affitto è comunque in crescita, soprattutto in relazione alle seguenti condizioni: aumento dell’età del capofamiglia; residenza in grandi centri urbani; principalmente in nord Italia; per nuclei familiari di piccole dimensioni; in abitazioni piccole; e in caso di necessità, per nuclei familiari con redditi bassi e un basso livello di istruzione.

Le motivazioni di chi è in affitto (sono state escluse le risposte “non so” e “altro”).

PROPRIETÀ Capofamiglia oltre i 55 anni Residenza in piccoli centri urbani Case in piccoli fabbricati Case di dimensioni superiori ai 100 mq

AFFITTO Persone giovani Residenza in comuni di grandi dimensioni Famiglia monocomponente Abitazioni di piccole dimensioni

QUANTO GRANDE?

DIMENSIONE ABITAZIONE fino a 80 mq 81-100 mq 101-120 mq 121-200 mq oltre 200 mq

DI PROPRIETÀ %

IN AFFITTO %

A RISCATTO %

IN USUFRUTTO %

AD USO GRATUITO %

63,1 79,1 83,4 91,5 88,8

31,6 13,9 12,1 3,9 6,2

1,0 0,7 0,5 0,3 0

0,7 2,0 0,4 1,9 1,7

3,7 4,3 3,6 2,5 3,4

Fonte: Indagine Nomisma, novembre 2009 Evoluzione dei prezzi, canoni di abitazioni e del reddito familiare nel periodo 1991-2009 (valori in numero indice, 1991 = 100)

spendo meno

rendere più liquido l’investimento

prezzi Italia

posso cambiare casa più facilmente

soddisfazione a stare in affitto

canoni Italia

tranquillità/sicurezza

buona forma di investimento 280 0,5% 1,6%

260 35,7%

240 220 200

12,9%

180 160 140 120 100

15,0% 34,3%

80 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09

Fonte: Indagine Nomisma, novembre 2009

Fonte: Elaborazioni e stime Nomisma su fonti varie

23


5 MILIONI

Di lire era il valore di un’abitazione nel 1966 (45 euro odierni!), che all’anno 2008 poteva vantare un’equivalenza con 210.000 euro.

4 MILIONI

Di case nel 1951 risultavano sovraffollate, per un totale di 14 milioni di persone coinvolte. Per circa 6,7 milioni di italiani la situazione era

particolarmente problematica, con un indice medio di 6 abitanti per stanza, per la maggior parte si trattava di famiglie meridionali.

Come vivono gli italiani testo di Sara Vindrola foto di White

In un’Italia precaria e indebitata, la casa è un diritto poco scontato. Ma cosa ci racconta la nostra penisola? Tra facce, sfaccettature e contraddizioni, di fronte all’Unità scopriamo che siamo tutti parte di una grande famiglia La nostra storia comincia dal ‘c’era una volta un Paese’… Un Paese appena nato, subito dopo sceso in guerra, dilaniato e poi ricostruito. C’erano povertà, miseria e analfabetismo, ma nonostante tutto anche speranza e voglia di ricominciare. Ci siamo rimboccati le maniche e ripresi in mano le nostre vite. Abbiamo vissuto il boom edilizio, gli anni delle contestazioni e quelli della modernizzazione. Le nostre famiglie si sono dimezzate, poi allargate e poi ristrette ancora. Le nostre città si sono ingrandite e i comuni si sono arricchiti. Ed in tutto questo tourbillon siamo stati noi, assieme alle nostre case, i protagonisti. Passati gli anni del boom edilizio, del miracle dream all’italiana, oggi la questione abitativa è più sentita che mai. L’emergenza casa non è più solo un problema che riguarda le famiglie a basso reddito, ma anche chi, né povero né ricco, ma sicuramente giovane, una casa non riesce nemmeno ad affittarla. Qui fuori è pieno di mancati figli di papà e di laurea24

ti senza zii d’America alla ricerca di una casa che si possano permettere, di famiglie alla Mulino Bianco ma senza fattoria e di immigrati regolari che sognano un futuro. Ma anche di persone che hanno trasformato le loro gocce di sudore in sogni concreti, le loro mancanze in punti di forza. Al termine della seconda guerra mondiale l’Italia era quindi un paese dalle grandi prospettive. Il suo patrimonio abitativo, profondamente danneggiato, non riusciva a coprire il fabbisogno di milioni di persone. Il tema del diritto alla casa e delle condizioni di vita della popolazione era al centro del dibattito politico, e fu il celebre ‘piano Fanfani’ del 1949 a porre le basi per la ripresa. Con la costituzione dell’Istituto INA-Casa si iniziarono a costruire migliaia di abitazioni. Problemi di sovraffollamento a parte (erano quasi 4 milioni le case che registravano questo fenomeno), tra il 1951 e il 1961 il patrimonio abitativo della penisola crebbe di quasi 3 milioni di unità. L’impennata conti-

Silvia De Santis 35 anni, architetto Oggi è tempo di famiglie che scappano fuori dalle città. “Basta con il traffico, lo smog, il parcheggio a pagamento e la mancanza di luce. Sono cresciuta in un paesino e lo stesso voglio per i miei figli. Abbiamo pazientato per anni, ma ora i nostri sforzi sono diventati realtà. Questa casa è il nostro investimento per il futuro.” Ma se da un lato ci sono i vantaggi dei nonni sitter, del panettiere di fiducia e del prete d’infanzia, messe da parte ragioni etiche e sociali, vivere in provincia costa decisamente meno.


casa e famiglia

1978

Anno in cui viene varata la legge sull’equo canone, che sulla base delle caratteristiche dell’abitazione fissa il canone d’affitto e una serie di regole sulla durata del

contratto. Una legge eccessivamente rigida che contribuì alla riduzione dell’offerta abitativa, incrementando il numero di case sfitte e incentivando il mercato del nero.

Anna e Franco De Santis 60 anni, pensionati Quando ad emigrare eravamo noi: “Sono arrivata a Torino nell’inverno del ‘71 – racconta Anna - c’era la neve e tanto freddo. Stavamo in una stanza, con quattro brande, un lavandino e un fornelletto. La turca era comune in fondo al ballatoio. Ci si lavava ai bagni pubblici e l’affitto era di 10.000 lire.” Il marito Franco invece arriva su da Bari, come poliziotto. Era della ‘madama’, visto male dai delinquenti ma non dai piemontesi: “Il Nord mi ha dato tutto: lavoro, famiglia, casa. Ma quando riesco, scappo al mare, è l’unica cosa che mi manca.” Anna e Franco si sono sposati giovanissimi, oggi sono nonni e felici proprietari di un appartamento. Anna Zucca 57 anni, ex direttrice di scuola d’infanzia C’era un tempo in cui nel nostro paese le case spuntavano come funghi e le famiglie potevano costruire la casa dei propri sogni. “Era il boom edilizio degli anni ’60, dove io, appena ragazzina, ho visto trasformare la mia cascina in condominio e il mio paese di provincia, in periferia del grande centro urbano. Ci siamo trasferiti in questa casa nel 1969, il terreno lo coltivavamo già da anni e dopo aver venduto quella vecchia, i miei genitori hanno deciso di costruirne una nuova. Fin da subito è stata pensata per due nuclei familiari e dotata di quelli che, allora, erano solo comfort: il bagno con vasca e un grande garage.” Da allora Anna la sua casa non l’ha più lasciata e le generazioni continuano a succedersi.

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60%

delle abitazioni nel 1951 non aveva l’acqua potabile e oltre il 50% il bagno. Il 20% non aveva la corrente elettrica, mentre il 15% era sprovvisto sia di acqua che di servizi igienici.

nuò fino agli anni novanta, a metà dei quali si registrò una drastica riduzione dei ritmi di crescita e una progressiva liberalizzazione del mercato degli affitti (fino a quel momento retto dalla legge dell’equo canone: la vera responsabile della sproporzione tra desiderio d’acquisto e orientamento all’affitto nel nostro paese). Lo stock di case, occupato nel 1951 per il 40% da proprietari e per il 48,8% da affittuari, non era comunque nelle condizioni che oggi comunemente ci si aspetta. Il 60% non aveva all’interno l’acqua potabile, il 50% il bagno e il 15-20% era completamente sprovvisto di acqua e servizi igienici. Nonostante ciò solo vent’anni più tardi la capacità d’acquisto degli italiani era cresciuta considerevolmente, basti pensare che nel 1966 un’abitazione valeva 5 milioni di lire (45 euro odierni) e che oggi possedere una casa è diventato due volte e mezzo più oneroso che negli anni ottanta. In oltre sessant’anni la casa quindi si è evoluta, ingrandita e perfezionata. Non basta più ‘un tetto sotto il quale ripararsi e un letto per dormire’, perchè gli italiani sono diventati un popolo esigente: c’è chi vuole la zona giorno separata dalla notte, chi la vasca e non la doccia, chi il balcone o l’ascensore, chi la ‘prateria’. Insomma, l’Italia cerca ancora casa, ma lo fa con un certo ‘tenore’. Raccontare la sua storia non è facile, perchè l’Italia, la nostra Italia, prima che di leggi, carte e numeri, è fatta di volti e di persone.

40%

Luca Ledda, Anna Costa, Alessio Callari e Arianna Strusa Rispettivamente 26, 26, 25, 25 barista e illustratore, insegnante elementare, barista, studentessa di psicologia e cameriera C’era un tempo che ora non c’è più. Spopolano le condivisioni, crescono i complessi residenziali e si sovraffollano i quartieri popolari. Ma non tutto il ‘male viene per nuocere’. “Quando voglio bere una tazza di thè, fare due chiacchiere o un po’ di conforto, so che posso contare su ognuno di loro – spiega

Veronica Jardan 49 anni, infermiera in Moldavia, badante e donna delle pulizie in Italia Oggi la ‘guerra’ si è fatta un pò più silenziosa: passata l’era del ‘qui non si affitta ai meridionali’, l’immigrato rimane comunque un emarginato sociale. “Per farmi forza pensavo alla mia famiglia – ricorda Veronica, con gli occhi un po’ lucidi – altrimenti, dopo due mesi di clandestinità, senza

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delle case all’inizio degli anni cinquanta era di proprietà, mentre il 48,8% in affitto; la restante parte di abitazioni era occupata da persone in qualità di usufruttuari o a titolo gratuito.

Arianna – sono l’ultima arrivata, ma mi hanno accolta a braccia aperte.” Un appartamento per quattro coinquilini, in pieno centro, è oggi la scelta più ovvia per giovani ragazzi, che studiano o che un lavoro fisso ancora non ce l’hanno. “Anche se avessi più soldi – aggiunge Luca, barman e illustratore – sceglierei di dividere la mia casa con gli amici: è come una grande famiglia, solo con un po’ meno ‘doveri’ e più libertà, ma alla fine la mamma del gruppo non manca mai e ognuno fa la sua per far funzionare la casa”.

telefono né pasto caldo, sarei tornata indietro di corsa.” È arrivata dalla Moldavia nel 2006 per dare un futuro migliore alle sue figlie, per permettere loro un’istruzione. Si muove attraverso l’Italia grazie ad una fitta rete di amicizie e parentele, “perché tra connazionali ci si aiuta”. Oggi è regolare e vive in un modesto appartamento diviso con il fratello e la cognata, ma aspetta il giorno in cui sarà la sua famiglia ad essere riunita.


casa e famiglia

FRIENDS

La serie tv narra le avventure di Rachel, Ross, Monica, Joey, Phoebe e Chandler, che si ritrovano a condividere, tra traslochi, relazioni e litigi, due appartamenti a New York, nel Greenwich Village.

Giovani, carini e (quasi) disoccupati, diremmo. Ma non è così: i sei amici sono lo specchio della nostra società: se nemmeno uno stipendio fisso garantisce un affitto, la soluzione è coabitare. Benvenuta nuova generazione Friends.

Casa dolce casa Chiacchiere da ringhiera, lotti tirati con la squadra o prairie piccolo borghesi? A ciascuno la propria amata dimora

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villette a schiera uniformità del gusto e simmetria Quando alla famiglia si sostituisce l’impresa edile, le abitazioni singole non sono più concepite come un unicum personale e personalizzabile dal futuro proprietario, ma il risultato di un ‘gusto comune’

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case a ballatoio panni al vento e vite da pianerottolo Ballatoio, ringhiera, parapetto, balaustra, balconata, protezione. Pur nascendo come elemento architettonico destinato a cattedrali e torri, nell’edilizia residenziale la casa a ballatoio

stabilito, appunto, dall’impresa costruttrice. Le villette a schiera sono le dirette discendenti della casa unifamiliare, e sorgono nei quartieri residenziali, in continua espansione ai confini delle grandi città, assecondando quel trend in atto nell’ultimo decennio di inversione: non più dalle campagne alle città, ma viceversa. Ogni agglomerato è costituito da una serie di abitazioni, le une uguali alle altre, allineate, di cui ciascuna dispone di una serie di ‘comfort’: garage, giardinetto, mansarda. A separare gli spazi vialetti ordinati, un trionfo della simmetria.

rappresenta una particolare tipologia di condomini in cui la ringhiera funge da spazio di accesso alle diverse unità abitative. Questa tipologia, particolarmente diffusa in Piemonte e Lombardia, sfrutta, da un lato, lo sviluppo in altezza dell’edificio, con pianta chiusa e piccolo cortile interno, ‘portando fuori’ le parti comuni, dall’altro guadagnando internamente dello spazio. Non più il classico pianerottolo, quindi, ma un vero e proprio corridoio all’aperto addobbato da panni stesi, piante, gatti più o meno randagi e bambini in corsa. Una comunità nella comunità.

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casa unifamiliare prairie tra privacy e convenienza Rappresenta la tipologia abitativa più ricercata, per l’ottimo compromesso privacyprezzo. Nasce con l’urbanesimo della Rivoluzione Industriale, come semplificazione ed

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case popolari welfare e edilizia sociale Pur essendo dal punto di vista architettonico simili ai condomini, le case popolari si diffondono col preciso scopo di aiutare le persone meno abbienti. Si tratta di abitazioni di proprietà di enti statali

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condominio unitè e lecorbusier all’italiana È la più diffusa tipologia abitativa in Italia. Gli abitanti della stessa unità immobiliare sono co-proprietari delle parti comuni, come scale, atrio, facciate e muri portanti. Il proliferare dei condomini

economicizzazione della villa borghese e della casa di campagna. In breve, per chi voleva mantenere un po’ di quello charme e snobismo della classe media, senza però mandare in rosso il portafogli. Nella storia dell’architettura, Wright è stato l’architetto simbolo di questo genere di case, con le sue “prairie houses”: le case della prateria, semplici e accoglienti, funzionali e intime. Spesso la casa è circondata da un giardino per accentuare ancora di più la funzione di alcova domestico, chiuso e personale.

o comunali, che vengono date in affitto con canoni agevolati. La graduatoria per accedere a questi appartamenti tiene conto del reddito, del numero di persone a carico nella famiglia, della presenza di invalidità fisiche o mentali e, in generale, di qualsiasi punto di svantaggio. L’idea nasce assieme ad un organo per la sua gestione, l’INA-Casa, nell’immediato dopoguerra. I quartieri si localizzano ai margini delle grandi città, assecondando l’esodo dalle campagne ai centri urbani e da sud a nord.

nasce col boom edilizio post-bellico, ai tempi dell’emergenza casa. L’edificio, dall’architettura generalmente semplice e banale, è la trasposizione moderna, e spesso impoverita, delle unitè d’habitation lecorbusiane. Ciò che lo caratterizza è la vita condominiale, o meglio la ‘sopravvivenza’ tra i condòmini: sebbene l’assemblea sia l’incubo ricorrente di molti italiani, il fastidio maggiore è dato dai vicini di casa impiccioni o troppo rumorosi. Mai sentito nessuno lamentarsi de ‘l’inquilina al piano di sopra che cammina coi tacchi la notte’?

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Caccia, pesca e nomadismo, poi d’un tratto: voglia di ‘mettere su casa’. É con l’economia agricola che tutto ha inizio, fino alle città

Tutte le case della penisola testo di Vittorio Belafonte illustrazioni di Elena La Rovere

Regione per regione, secolo per secolo, dalle alcove preistoriche fino alle città moderne, ecco una piccola antologia degli insediamenti italiani tipici Al principio c’erano la caccia, la raccolta, le tende e le caverne. L’uomo primitivo era un ‘animale mobile’, e allo stesso tempo in continua tensione tra libertà e stabilità. Una dialettica antica, quella tra movimento e sedentarietà, che con la civilizzazione ci ha regalato concetti come comunità, territorio, nazione. In nome del movimento e del suo esatto opposto, il radicamento, l’uomo ha abbandonato grotte e luoghi sicuri, per conquistare la Terra: spingendosi alle latitudini più remote, attraversando oceani e circumnavigando continenti. La conquista del West e l’epopea del colonialismo, il bisogno sfrenato ed occidentale di segnare ovunque il proprio passaggio, di stanziarsi, appunto, nello spazio, sono paradigmatici di questa dialettica movimento-insediamento. I primi tentativi di dimore fisse cercano infatti di dare forma a questa primaria esigenza di riparo. Si tratta di rifugi che, in parte, richiamano il passato primitivo, o più semplicemente ricercano modalità di adattamento al clima e al territorio circostanti. Luoghi multifunzionali, per riposare e lavorare, senza troppi comfort ma con funzioni specifiche: un pagliericcio per dormire, una stufa per scaldarsi e cucinare, il tutto senza fronzoli né abbellimenti. Le evoluzioni delle tipologie abitative seguono quella che è l’evoluzione delle società, passan-

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do a grandi balzi dai rifugi primitivi alle vere proprie case: monofamiliari, contadine, urbane, per la vacanza. Un percorso lungo, di insediamento e differenziazione culturale, che però non ha annullato la natura nomade dell’uomo, che ha preso ben altre strade. Siamo nomadi globali, si dice oggi, perchè la società postmoderna, con il suo nuovo costrutto di valori, tende a prediligere nuovamente: flessibilità e mobilità, ma anche nomadi per scelta, perchè lo sviluppo tecnico e tecnologico ci permette di raggiungere ogni luogo del pianeta, pur avendo, fissa dimora. Ogni anno oltre un miliardo di turisti gira il mondo. Sostituendo auto in coda, file ai check-in aeroportuali alle carovane. Circolano le persone e le informazioni, e il movimento sembra essere diventato una condizione oltre che fisica, esistenziale. Turisti e turismi si avvicendano e differenziano. Se pochi anni fa andavano di moda pacchetti all-inclusive, con camere mozzafiato e animazione da villaggio, ora si registra un’inversione, in nome di un viaggiare più autentico. Il nuovo turismo vuole conoscere le culture, le storie, fare esperienza dei luoghi nelle dimore più inconsuete. ‘Case primitive’ fatte di argilla e mattoni e week-end rigeneranti in bio-agriturismi di vecchia e nuova generazione. Ogni curiosità, in Italia, fa tendenza e anche un po’ di nostalgia.

L’evoluzione delle tipologie abitative è andata a braccetto con l’evoluzione della società


casa e famiglia

TURISMO RURALE

Puoi entrarci da semplice ospite o collaborare attivamente all’attività agricola. Ogni agriturismo è sempre un delicato equilibrio tra tradizione

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e modernità. L’aia con le galline, la vasca per lavare i panni, ma anche la piscina, il solarium, il cibo biologico. Perché in vacanza, in fondo bisogna essere bucolici, ma con stile.

Nuraghi Su Nuraxi, Barumini Sardegna Si tratta di piccole torri coniche in pietra, datate II millennio a.C., simbolo dell’antica civiltà nuragica sarda. Oggi ne rimangono circa 7000, sparse su tutta l’isola. La loro effettiva funzione rimane tutt’ora un mistero: esistono nuraghi costruiti in pianura, sulla sommità di colli, ma anche nei fianchi riparati e non panoramici dei monti. Si pensa che quelli

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collocati sulle alture fossero torri di avvistamento in contatto visivo l’un l’altra, mentre i grandi complessi avessero funzioni comunitarie differenziate. Tra i tanti usi ipotizzati, c'è quello di fortezza, di parlamento, di tempio o di residenza del capo del villaggio. Unici nel loro genere, costituiscono i monumenti megalitici più grandi e meglio conservati d’Europa.

Trulli Alberobello, Bari Puglia Sono antiche costruzioni in pietra a secco, coniche, di origini protostoriche. Quelli più antichi, di cui ancora oggi c'è traccia, sono stati costruiti nel XVI secolo a ridosso dell’altopiano pugliese della Murgia. L’unità costruttiva modulare del trullo presenta una stanza a pianta circolare, caratterizzata da muri molto spessi. Questa soluzione, da un lato restringe gli spazi interni, ma

dall’altro, unita alla quasi totale assenza di aperture, ne fa un interessantissimo esempio "antelitteram" di bioedilizia passiva, garantendo un’ottima inerzia termica dello spazio. In pratica: fresco e areato d’estate, caldo e accogliente in inverno. Anche se nato come costruzione contadina, oggi è possibile soggiornare in un trullo, esperienza senza dubbio ‘rinfrescante’.

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NOMADI VOLONTARI?

Si dice che sia una nuova categoria sociale, diversa dagli infranomadi, ossia da coloro per cui lo sradicamento è una necessità, e pure

dai sedentari, le cui scelte sono in tutto contrarie al nomadismo. Per i ‘nomadi volontari’ lo spostamento è un orizzonte di sviluppo personale e professionale. Lontani dall’essere

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Dammuso Isola di Pantelleria Sicilia Tipologia abitativa caratteristica dell’isola di Pantelleria, rappresenta una forma di urbanizzazione spontanea dalle radici molto antiche, ma tutt’ora molto apprezzata. Oltre all’abitazione, costituita da un agglomerato irregolare di pietre e calce, il dammuso è completato da altre unità: il forno all’aperto, le stalle, l’aia, lo stenditoio, e “u jardinu”. Ossia, un giardino pantesco, un vero e proprio tempio di pietra

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dedicato all’albero d’agrume, costituito da un’alta cinta muraria a base circolare, che permette alle specie coltivate nel suo interno, di rimanere isolate e quindi protette dall’impeto dei venti. Con l’avvento dei romani il tetto, fino ad allora piano, venne trasformato a cupola, consentendo di canalizzare la pioggia dentro cisterne e quindi di creare grandi riserve d’acqua da usare durante la lunga e secca estate.

considerati degli accumulatori di beni, sono piuttosto dei portatori di know how. Commercianti di idee senza fissa dimora, per i quali il mondo è un campo d’azione.

Masseria Puglia e Sicilia Simili alle cascine, se ne differenziano per tre aspetti: la struttura più imponente e un numero maggiore di famiglie che vi lavoravano; un’agricoltura ricca, caratterizzata dall’alternarsi di colture cerealicole e allevamento e una struttura capitalistica determinata da una produzione destinata soprattutto alla vendita. Un’azienda agli albori, basata sull’economia del latifondo, la grande proprietà terriera che alimentava le rendite delle classi aristocratiche e della borghesia, sfruttando la manodopera dei contadini. Lo schema tipico della masseria è un edificio chiuso verso l’esterno, le cui mura perimetrali fungono da difesa e l’unico portone d’ingresso regolamenta l’accesso. I padroni, i braccianti e le rispettive famiglie vivono all’interno di questo edificio, assieme anche al bestiame.


casa e famiglia

Turisti globali o autentici? Rispetto dell’ambiente, sostenibilità economica, ‘arcaicità’ dei sentimenti e lentezza sono i valori dei nuovi turismi

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Malga Zone alpine Altrimenti definite abitazioni ‘stagionali’, sono luoghi in cui si soggiorna solo in determinati mesi dell’anno. Il consumo di queste case è strettamente legato all’attività agro-zootecnica dell’alpeggio, che si svolge tra un'altitudine minima di 600 m e una massima di 2500, iniziando con la monticazione, cioè la salita sull’alpe, che avviene tra la fine di maggio e la metà di giugno e terminando con la demonticazione, cioè la ridiscesa in pianura a fine settembre. È durante questo periodo che il pastore occupa la malga, un piccolo rifugio, genericamente auto-costruito dal proprietario stesso, utilizzando i materiali locali, legno e pietra. Siccome la monticazione avviene con passaggi graduali a diverse quote, i casolari occupati ogni stagione sono più di uno e situati ad altezze strategiche. Una modalità di seminomadismo tutt’ora viva e presente in molte comunità montane d’Italia.

Corte Colonica Pianura Padana Lombardia e Piemonte La campagna italiana ne è costellata. Si tratta di grosse fattorie, diffuse tra il XVIII e il XIX secolo, la cui struttura rappresentava perfettamente la razionalizzazione della produzione agricola; la pianta quadrangolare, con al centro l’aia, distribuiva le diverse sezioni sui lati, tra cui: stalle, fienili, silos, granai, caseifici, pozzi-fontane, forni, magazzini, mulini ed abitazioni dei contadini, riunite tutte in un'unica struttura. Anche se, nel Novecento, a seguito dell’urbanizzazione, molti casolari vennero abbandonati, oggi si sta verificando un fenomeno inverso. Molti li stanno riscoprendo e ristrutturando: gli agriturismi, i bed&breakfast e i farmer markets sono l’ultima ‘evoluzione’ delle vecchie fattorie, dove si accompagnano piccole produzioni biologiche, soggiorni e ospitalità.

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Dalle famiglie allargate del secolo scorso, dove ogni figlio era una risorsa per il lavoro e ogni ragazza una dote, alle ‘nuove famiglie’. Quale sarà la sfida?

Si fa presto a dire “famiglia” testo di Giovanna Rossi illustrazioni di Elena La Rovere

Vatala obsedet nostrectam noc ipio ium oc, et vir adhuidi fac is. Maet, supient iacioste patusserrio ium terfectu quam ac re rehendum in ad consus

L’Italia col suo territorio dalle mille sfumature linguistiche e culturali, negli ultimi quarant’anni è stata protagonista di importanti cambiamenti sociali. Il concetto ‘austero’ e tradizionale di famiglia, su cui da sempre si fonda il nostro Paese, si è via via trasformato in qualcosa di più variegato che riflette come uno specchio i nuovi orizzonti degli italiani. Perché la famiglia, in qualunque forma si presenti, è e rimane il primo nucleo sociale di una nazione, quello che forma i cittadini e a cui si rivolgono le attenzioni di operatori sociali e legislatori. La famiglia moderna, che aveva avuto il suo consolidamento nel XX secolo fino agli anni sessanta, vede nel decennio seguente l’inizio di una radicale trasformazione. Cardini della famiglia moderna erano il matrimonio, l’ideale di un unico amore romantico e la cura dei figli. Negli anni settanta, tut32

tavia, la società mette in campo alcune dinamiche che trasformano in maniera determinante i rapporti sociali, in particolare l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, la scolarizzazione di massa e l’affievolirsi del controllo religioso. Cambiamenti epocali che restituiscono un nuovo tessuto sociale. Per quanto riguarda il nostro Paese, fondamentalmente legato a valori di matrice religiosa e restio ad assorbire i cambiamenti, oggi possiamo parlare di modello mediterraneo di famiglia, in cui prevalgono le famiglie sposate classiche ma si fa avanti a grandi falcate la famiglia contemporanea i cui cardini fondamentali possono essere identificati nell’autorealizzazione personale, nella parificazione dei sessi e nelle forme di unione alternative al matrimonio. Il panorama pur rimanendo “famigliare” si è così arricchito di diverse realtà.

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le famiglie ricomposte Dall’inglese ‘reconstituted family’, indica la famiglia che, spezzatasi a seguito del divorzio, si è riformata con il genitore a cui sono stati affidati i figli, il suo nuovo coniuge e talvolta anche i figli nati dal nuovo matrimonio. In queste nuove costellazioni familiari, i nuovi membri non si sostituiscono ai vecchi, ma si aggiungono. Mentre in passato l’instabilità familiare (con annesse e connesse scomposizioni e ricomposizioni) era data dalla morte precoce di un coniuge, oggi è determinata, sempre più spesso, da una rottura volontaria. La percentuale delle famiglie ricomposte, in crescita anche in Italia, seppur più lentamente rispetto ad altri paesi, ha toccato, nel 2006, il 5,2%, rispetto al 4,3% del biennio 1993-94, evidenziando un significativo calo della propensione a risposarsi. Le coppie ricomposte non coniugate tra il 1994 e il 2006 sono salite al 40%, mentre è interessante notare come nel 63,5% dei casi di coppie sposate, almeno uno dei due coniugi abbia un divorzio alle spalle e il 39% una vedovanza. Nel nostro paese le donne divorziate sono più deboli degli uomini, anche se spesso, orgogliose della nuova autonomia, preferiscono la convivenza.


casa e famiglia

FROM CRADLE TO GRAVE Il modello di benessere nordico si basa sul liberismo economico e la tutela dei cittadini ‘dalla culla alla tomba’, facendo del principio di uguaglianza

il proprio punto di forza. Pari opportunità e individualismo per una società indipendente e in pieno boom, e non solo di nascite.

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L’ espressione fa riferimento alla specifica situazione in cui “due persone vivono insieme sotto uno stesso tetto come sposi, senza essere uniti da matrimonio”. Questa tendenza sviluppatasi a partire dagli anni settanta, principalmente in Svezia, Danimarca, e più in generale in tutto il Nord Europa, ha determinato una nuova visione del matrimonio tradizionale, da rito di passaggio all’età adulta a rito di conferma della vita famigliare e di coppia. Affermazione ancor più vera se si considera la recente impennata delle convivenze, che inquadrate inizialmente come fenomeno giovanile di transizione, oggi sembrano essere diventate il leitmotiv di molte unioni. In Italia, però il ritardo è sensibile, e indica al contrario una maggiore propensione alla conservazione dei valori tradizionali. Le motivazioni a sostegno della convivenza sono comunque tante e spaziano dall’impossibilità di sposarsi (per le coppie omosessuali, tanto quanto per le persone divorziate), al rifiuto ideologico del matrimonio, alla volontà di mettere in discussione i ruoli dei coniugi, all’idea di prova prematrimoniale, fino alla tendenza, sempre più diffusa, di non progettare il futuro, scegliendo di vivere solo il qui ed ora.

Sono la punta estrema del processo di individualizzazione contemporaneo, anche se il significato del ‘vivere da soli’ è diverso a seconda dell’età e del sesso. In Italia la maggioranza dei casi di persone sole riguarda anziane vedove, anche se la tendenza a perpetuare questo stile di vita sta crescendo tra i giovani di venti e trent’anni. Questa nuova condizione di vita, definita anche Lat (living apart together), non è comunque priva di legami affettivi. Si tratta semplicemente di una scelta: vivere separati dal proprio compagno, pur avendo una relazione stabile. Potrebbe essere questo il motivo della sua larga diffusione. Secondo le stime del 2006, le persone sole in Italia ammontano a circa 6 milioni, pari al 26,1% (con un incremento del 5% rispetto al 1994). Da un punto di vista sociologico, la quota di famiglie unipersonali sale col crescere dell’età: più della metà sono persone anziane over sessantacinque, un terzo adulti tra i trentacinque e sessantaquattro e una minoranza è costituita da giovani, nella fascia di età compresa tra i venticinque e i ventinove anni, per i quali il ritardo ad uscire di casa è una questione di crescita. Nel 1994 i ‘mammoni’ erano il 49%, nel 2006 il 59%.

le famiglie di fatto

le famiglie unipersonali

637.000

Unioni di fatto su 14 milioni di coppie, percentuale ancora bassa, ma in continua crescita: dall’1,6% del 1994 al 4,5% del 2006 (dati Istat 2006).

il genitore solo è nell’80% dei casi è una donna. Altra specificità italiana è la massiccia presenza di famiglie con un solo genitore e figli già maggiorenni, dovuta sia al fatto che i figli tendono a uscire più tardi di casa, sia alla presenza ancora alta di vedove, e la quota di madri lavoratrici sole con figli minorenni, che è di gran lunga superiore rispetto alla media europea per via della difficoltà a risposarsi. Il principio della bigenitorialità o cogenitorialità, comunque, è le famiglie con un solo genitore stato riconosciuto nel nostro Paese molto tardi, con la legge Presenti sin dall’antichità e 54 del 2006 sull’affidamento caratterizzate da marginalità, condiviso. Passando ai numeri, povertà e debolezza, negli ultimi è interessante notare come nel cinquant’anni hanno finito 2005, le separazioni siano state col corrispondere sempre più 82.291 e i divorzi 47.036, con un con la situazione di vedovanza incremento rispetto al 1995 del (prima) e di separazione (poi). 57,3 % delle prime e del 74% dei La nuova monogenitorialità secondi. Più della metà delle infatti appare come il frutto di separazioni e più di un terzo dei una scelta, possibile in tempi di divorzi, hanno coinvolto figli rinnovata libertà, ideologica e minorenni, che nell’80% dei casi comportamentale. In Italia si parla di circa il 5-10 % delle famiglie, dove sono stati affidati alle madri.

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le famiglie miste Si tratta di quelle coppie in cui un cittadino di una nazione si unisce a quello di un’altra, con alle spalle un’esperienza migratoria. In Italia la tendenza è in aumento, soprattutto se confrontata al calo dei matrimoni tra connazionali.

All’anno 2005 si contavano ben 23.500 matrimoni misti, rispetto agli 8.634 del 1992. Gli uomini italiani, in particolare, sono molto propensi a sposare donne straniere. Tra i paesi più gettonati ci sono senza dubbio Romania, Ucraina, Est Europa in generale e America Latina. Le donne italiane invece prediligono uomini provenienti dall’Europa Occidentale (Germania, Inghilterra) e Nord Africa. Spesso si dice che queste tipologie di matrimonio siano più fragili, perché dettate dalla convenienza, come l’acquisizione della cittadinanza. Non è un caso, che facendo riferimento sempre alle stime del 2005, il 10% delle separazioni riguardasse matrimoni misti.

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1949

Anno di apertura del primo cantiere del Piano INA-Casa, dei 650 che verrano poi aperti entro l’autunno. Il ritmo di costruzione fu

particolarmente efficiente, con 2800 unità abitative consegnate settimanalmente, per un totale (sempre settimanale) di 550 alloggi.

Case per tutti

334 MILIARDI

Di lire, investiti complessivamente nei primi sette anni di vita del piano, per la costruzione di 735.000 vani, corrispondenti a 147.000 alloggi.

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testo di Camilla Wasser

Tra utopia e welfare, uno dei piani più discussi degli ultimi sessantanni. Modelli abitativi compiuti e compatti nati come sperimentazioni architettoniche. Neo-realismo all’italiana. Cos’è rimasto? Ci sono luoghi nelle città che sono come monumenti sommersi. Occupano il paesaggio, la periferia, in maniera profondamente disconnessa rispetto ai centri propulsori del lavoro, del consumo, della socialità. Eppure al loro interno, tendono a ricreare in maniera autonoma tutte queste funzioni, senza però rendersi disponibili, se non a chi li abita. Da un punto di vista urbanistico e architettonico, hanno tratti familiari tra loro, a Roma, Torino, Milano e bene o male in tutto il nord. Si tratta dei quartieri INA-Casa, figli di quel piano statale che tra il ‘49 e il ‘63 portò alla realizzazione di ben 355.000 alloggi in tutta Italia. Il Tiburtino, il Tuscolano di Roma, le Spine Bianche di Matera, quello di Cesate in provincia di Milano, solo per citarne alcuni. Alla realizzazione di questi nuovi spazi-funzione della città parteciparono tutti gli architetti più noti dell’epoca: da Franco Albini a Castiglioni, dallo studio BBPR a Figini, Pollini, Ettore Sottsass, oltre ad una schiera molto composita di professionisti locali, architetti, geometri, ingegneri, che aiutarono queste grandi ‘firme’ a realizzare quelli che, nelle intenzioni e nella visione del nuovo stato assistenziale del dopoguerra, dovevano essere degli interventi urbani dal carattere fortemente identitario e finalizzati alla costruzione di nuove e confortevoli case per i lavoratori. Sempre in bilico tra tradizione e modernità, razionalismo e qualcosa di più, questi quartieri avevano la caratteristica comune di presentarsi 34

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come nuclei compiuti e autonomi. Insediati nelle città italiane a partire dall’importazione del modello neo-empirista scandinavo, caratterizzato da un’ideologia naturalistica e marcatamente antiurbana, avrebbero dovuto innescare un nuovo modello di sviluppo. Nonostante la reinterpretazione in chiave storicistica, mediterranea e popolaresca, in un Paese come l’Italia, con una differente storia

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L’INA-Casa fu un’esperienza di rottura rispetto al passato, che portò ad un generale rinnovamento urbanistica, questi modelli di fatto non funzionarono mai, traducendo, anche e sopratutto attraverso l’utilizzo degli spazi da parte dei loro abitanti, il carattere marcatamente utopistico di tutto il piano. Rintracciabile ancora oggi in quelle targhette sulle porte, condicio sine qua non per il rilascio dell’abitazione, che al-

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cittÀ e futuro

355.000

Alloggi, realizzati alla fine dei quattordici anni di durata del piano, comprensivi di un totale di 2.000.000 di vani. Con 20.000 cantieri aperti,

41.000 lavoratori edili impiegati all’anno, il Piano INA-Casa comportò un incremento costruttivo e di lavoro senza pari.

Il piano INA-Casa

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Guida al panorama dei quartieri popolari italiani: i complessi fantasma che popolano ancora oggi le periferie delle grandi città.

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05 01. quartiere Falchera, 1954-61, Torino 02. edificio popolare Biscione, 1956-68, Genova 03. palazzine di via Pessina, 1949-53, Cagliari 04. edificio popolare Corviale, 1972-82, e Tuscolano, 1950-54, Roma

05. edificio popolare Vele di Scampia, 1962-75, Napoli 06. quartiere a Cesate, 1951-56, e quartiere Harar, 1951-55, Milano 07. quartiere Santa Barbara, Aquila 08. quartiere Spine Bianche, 1955-59, Matera

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9.150.000

Persone: è questo il dato più significativo relativo alle migrazioni interregionali in Italia tra il 1955 e il 1971. Un flusso da sud a nord che solo

tra il 1960 e il 1963 raggiunse l’acme di 800.000 persone all’anno; un rimescolamento formidabile, diretto dalle campagne alle città.

ludono (più nelle intenzioni che nei fatti) sommessamente alla casa come luogo felice. Interpretazioni critiche ex post a parte, va comunque detto che la sperimentazione introdotta con l’INA-Casa fu un’esperienza assolutamente nuova e di rottura rispetto al passato, che portò ad un rinnovamento sostanziale del linguaggio architettonico. La forte unità stilistica, l’accento posto sull’innovazione dei materiali, il carattere domestico della residenza e allo stesso tempo collettivo, nella forma della micro-comunità, rappresentarono senza dubbio una modernizzazione del pensiero e dell’attività del costruire. A trainare la svolta fu la figura dell’architetto, a cui venne data per la prima volta la possibilità di fare quasi della sociologia applicata, modellando la realtà a partire dal progetto di come sarebbe dovuta essere. Ciononostante il rapporto comunità-territorio non sempre venne pienamente rispettato e questo fu un punto nodale dei progetti del piano, perché già di per sé solo l’idea di creare quartieri autosufficienti, rispetto alla città, dal punto di vista dei servizi, significava (e significò) auto-ghettizzazione. Un aspetto fondamentale di questo problema fu la mancanza di collegamenti. Diversamente da ciò che succede in nord-europa, dove è diffusa da tempo la formula del quartiere autonomo, in Italia alla costruzione degli insediamenti non seguì quella del

tessuto connettivo. Il risultato spesso e volentieri fu l’isolamento. Dovuto e forse in parte voluto (da un disegno economico ben preciso) alla centralità dell’automobile come mezzo di trasporto e all'assenza dell’intervento pubblico in merito alla costruzione delle infrastrutture. È stata però proprio questa autosufficienza da un punto di vista sociale, a segnare e contribuire alla costruzione dell’identità di un’intera classe: gli operai, principalmente immigrati dal sud. Dai lavoratori impiegati negli oltre 20.000 cantieri aperti, a coloro che poi si sono effettivamente trasferiti all’interno dei quartieri, il ricambio sociale e generazionale nelle diverse città fu notevole, e portatore di un interessante rimescolamento delle carte dell’italianità. Solo una fase propulsiva, come quella del dopoguerra ha potuto, con i suoi aspetti positivi e negativi, immettersi nella direzione di un così grande cambiamento, riuscendo a ricostruire la società a partire da valori solidi, come il lavoro e la casa. La casa come diritto, e quindi concessa in affitto a condizioni agevolate e la casa come riscatto, ossia come proprietà ottenuta dopo anni di sudato e meritato lavoro. E qui torniamo al monumento. Cosa sono del resto, nei ricordi e nella loro tangibilità, questi quartieri per le periferie italiane? A rigor di sentimento tanto quanto di logica: simboli materiali della modernità.

a lato: riproduzione di un complesso abitativo nella periferia milanese di Cesate

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sopra: riproduzione di un edificio del Tuscolano, storico quartiere INA-Casa di Roma

Villaggio Eni Corte Cadore (BL) Fu progettato da Edoardo Gellner per il presidente dell’ENI Enrico Mattei, che desiderava un centro turistico per i suoi dipendenti. Dopo una serie di sopralluoghi scelse un bosco a Borca di Cadore, comune a 12 chilometri da Cortina d’Ampezzo. Il villaggio si inserisce nel favoloso ambiente dolomitico ricreando un luogo dove le famiglie ENI potevano trascorre le proprie vacanze, appianando le differenze tra le classi sociali, ancora evidenti in quegli anni. Il programma iniziale comprendeva 200 “casette” da vacanza unifamiliari da 8 posti letto ciascuna, isolate le une dalle altre: venivano consegnate completamente arredate e fornite di complementi e biancheria. A seguire, erano previsti: una colonia, un campeggio, un centro sociale, due alberghi, pianificazione del verde, viabilità e parcheggi. Il centro sociale e il complesso alberghiero costituiscono il fulcro dell’opera attraverso quattro piazze poste a quote diverse. La libertà da ogni vincolo formale ha consentito di trascurare qualunque riferimento all’architettura rustica di montagna, e di adottare un linguaggio moderno. La chiesa, costruita con Carlo Scarpa, è sicuramente i fulcro visivo del villaggio: è una capanna molto alta, con una guglia visibile da ogni parte del villaggio.


cittÀ e futuro

“Siamo geometri o caporali?” testo di Massimo Teghille

Architettura e società. Risaliamo alle origini di una sfida possibile, per capire come e perché è cambiato il volto del paesaggio italiano È inutile nascondersi! Quando se ne è presentata l’occasione, gli architetti non sono stati così incisivi. È accaduto esattamente quando tutti gli italiani avevano bisogno di una casa, ossia dal Dopoguerra fino agli anni Settanta. Non volendo chiudere con una dichiarazione così drastica, userò tutto il resto dell’articolo per difendere la categoria a cui, malgrado tutto, appartengo! Gli italiani erano senza casa e, soprattutto le grandi città del Nord, non riuscivano a sostenere l’ondata migratoria dal Sud. Non a caso, nasce il termine “periferia” a definire tutto ciò che non è centro storico, che proprio in questi anni, diventa sinonimo di emarginazione. L’architetto finora però aveva solo dialogato con l’alta società: ne sapeva sicuramente di marmi e di stucchi veneziani, ma non si era ancora specializzato in costruzioni a basso costo. Inoltre, il Razionalismo europeo era stato accolto in Italia più dal punto di vista formale che programmatico, ma soprattutto, si era legato ad un periodo storico che chiunque voleva dimenticare. Chi si fa carico di dare un nuovo volto al paesaggio italiano modificato morfologicamente dalla guerra e socialmente dall’immigrazione? Gli architetti saranno all’altezza? Dalle loro matite (si poteva ancora dire così!) nascono progetti con una forte carica utopica presa a prestito dagli esempi stranieri coevi come l’ “Unité d’Habitation” a Marsiglia: edifici con un programma più complesso rispetto alle semplici abitazioni, dove il senso di condivisione è molto sviluppato. Uno tra i maggiori esempi di tale tendenza è stato il Quartiere residenzia-

le “Forte Quezzi” a Genova, progettato da Luigi Daneri tra il 1956 e il 1968. Il “Quezzi” ancor oggi domina dall’alto il centro storico genovese ed è stato ribattezzato dagli stessi abitanti “Il Biscione” per la sua lunghezza e la sinuosità delle sue forme, modellate sul profilo della collina su cui è stato costruito. Rimane tuttora un modo alternativo di vivere a Genova, anche se la mancanza di servizi

Dalle matite degli architetti sono nati progetti con una forte carica utopica presa a prestito dagli esempi stranieri coevi previsti e mai realizzati, come il decadimento delle abitazioni, pur se progettate con cura e ricchezza di particolari architettonici, relegano il Biscione agli ultimi posti tra i desideri della vita in città. Un altro approccio recupera il linguaggio regionalistico di matrice neorealista e forme urbane riferite al paesaggio: uno stile vernacolare, più simile a quello dell’Italia contadina e provinciale propugnato da famosi architetti quali Mario Ridolfi, Carlo Aymonino, Franco Albini,

studio BBPR, Castiglioni, Ignazio Gardella, Luigi Daneri, Figini e Pollini fino ad Ettore Sottsass. Si sfruttarono tecniche all’avanguardia come l’impiego di sistemi di prefabbricazione di derivazione francese soprattutto per ridurre tempi e costi delle realizzazioni. Per alcuni abitanti, fu la prima esperienza con il bagno in casa! Uno degli esempi più interessanti è il quartiere di Cesate (15 km a nord di Milano) che rappresenta “un’occasione – dicono i progettisti- di realizzare un’opera unitaria nella sua sintesi urbanistica e architettonica e cioè in tutta l’estensione dei suoi termini tecnici, estetici e sociali”. “La loro accuratezza distributiva e l’eleganza nel disegno e del dettaglio iscrivono questi progetti nella ricerca razionalista sull’abitazione economica”. In questo caso, gli architetti hanno sostenuto una lotta “senza quartiere” con i geometri di provincia (il mio caro nonno fu uno di questi e, quotidianamente, mi imbatto nei suoi copia/incolla d’epoca), molto più inclini a questa visione rurale dell’edilizia residenziale. La sproporzione delle forze in gioco (ma anche delle parcelle professionali) ha spesso versato a favore di questi ultimi che hanno modificato le trame più fitte del paesaggio italiano, giocando sul recupero di una tradizione rassicurante. La diatriba non si è ancora risolta tutt’ora soprattutto per una mancanza di alternativa qualitativamente interessante. Prova ne è che, ancor oggi, il “centro storico” rappresenta spesso l’unico spazio realmente adatto alla vita quotidiana spicciola, forte di stratificazioni culturali secolari e praticità di scelta. 37


QUARTIER GENERALE

Cappella Pontificia, simbolo della città del Vaticano e monumento d’arte. È tra le basiliche più famose al mondo, ogni anno meta di frotte di turisti che

solcano la piazza adiacente. Ospita tutte le manifestazioni del culto cattolico: è qui che vengono proclamate le ‘fumate bianche’, si aprono i giubilei e si celebrano Pasque e Natali.

Uniti sotto il Cupolone? testo di Valerio Andrea

Chiesa globale o chiesa locale? Chiesa come multinazionale dello spirito o delle piccole parrocchie disseminate lungo lo stivale? Senza dubbio una presenza controversa, che nel dibattito mediale spacca, agita e divide. Ma se facessimo un esame al nostro senso storico, se assecondassimo i ricordi di bambino, chi vincerebbe la medaglietta al merito a favore dell’Unità? Al fondo di piazza San Pietro, proprio davanti al “Cupolone”, c'è una statua di Cristo. Grande. Con un braccio regge una croce a mò di gonfalone, mentre con l’altra benedice i fedeli. Quando alzi lo sguardo, e socchiudi gli occhi per la forte luce, quella figura incombente fa un effetto diverso da quel Gesù che eri abituato a vedere sul libro di catechismo delle elementari. Ti sta benedicendo, ma sembra quasi che ti ‘ammonisca’. Espressione del potere spirituale e temporale di una Chiesa di altri tempi, ti fa sentire in soggezione, piccolo e colpevole. È il potere dell’istituzione. Forte, solida, millenaria, misteriosa. Con le celebrazioni per il 150° dell’unità nazionale nella forma compiuta dello Stato, può affiorare nuovamente un sospetto, se non un’accusa: che la Chiesa, o meglio la Gerarchia e i suoi sostenitori, abbia subìto e contrastato questo processo, giungendo poi ad accettarlo a fatti compiuti, in contesto di autocritica. Il sospetto può estendersi fino al presente: la Chiesa può apparire diffidente, se non addirittura risentita, verso le istituzioni di cui il popolo si è

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dotato, quando non riesce a controllarle, a riprendersi il potere – sostengono i suoi avversari – che le fu strappato attraverso la sollevazione risorgimentale. Questa è storia, se si pensa all’eliminazione da parte di Cavour dei privilegi ecclesiastici, e alla condanna di Pio IX ai valori del liberalismo (e del comunismo, ovviamente) nelle pagine del “Sillabo”. Eppure lo Stato italiano, formatosi combattendo la Chiesa, si è retto a lungo proprio grazie a questa. I maligni penseranno subito ai Patti Lateranensi, che rattopparono definitivamente lo strappo tra Chiesa e Stato in piena ascesa del Fascismo. E magari al fatto che anche oggi il rapporto rimane ambiguo, basti pensare all'annosa questione dell’imposta ICI. Stato laico, per carità. Ma per favore, con un po' di senso storico. Non possiamo scordare che in un’Italia dilaniata dalla Seconda Guerra Mondiale, a tenere insieme il popolo italiano fu proprio la Chiesa. Le parrocchie, diffuse in maniera capillare su tutto il territorio, divennero punto di riferimento per una popolazione allo sbando. Questa è l’Italia. Dove le

21 novembre 2010, Città del Vaticano. Il papa Benedetto XVI in San Pietro in occasione della Santa Messa per il conferimento dell’anello cardinalizio. Fotografie di Franco Origlia/Getty Images News


abitare globale

LA VESTE TALARE

È il paramento liturgico indossato dal sacerdote nella celebrazione dei sacramenti e indica la missione che svolge nella celebrazione sacramentaria.

Mario Giacomelli Io non ho mani che mi accarezzino il volto

Lo Stato italiano, formatosi combattendo varie occupazioni, si è retto a lungo sulla presenza della Chiesa, ‘sfruttandone’ la forza aggregativa

Citazione ripresa da uno scritto di padre Turoldo, dà il titolo al famoso lavoro fotografico di Mario Giacomelli. Le immagini del progetto riportano alla memoria il Seminario Vescovile di Senigallia, che Giacomelli frequenta per un anno prima di dar forma alle proprie foto. In questo ambiente i giovani seminaristi sono ritratti in momenti di ricreazione, ma le foto restituiscono l’incanto di uno spazio umano e al tempo stesso astratto.

Benvenuti nel paese di Don Camillo Un duello nazional popolare tra Stato e Chiesa

istituzioni dividono e le persone uniscono. C’è una Chiesa, a Roma, che sembra la sede di una multinazionale dello spirito. E c’è una Chiesa, in Italia, fatta di uomini semplici e laboriosi, che rappresentano la radice profonda della cultura del popolo italiano, il suo modo di interpretare e di sentire la vita e il mondo. Con i suoi riti e le sue liturgie pubbliche, e le forme di devozione intima e domestica, la Chiesa è stata, con tutte le sue contraddizioni, elemento fondamentale di unità e coesione. Punto fermo per un paese unitosi in ritardo e radicato nei suoi millenari localismi. Al fondo di via Mantova, proprio davanti alla chiesa, c’è un campo da pallone. Piccolo. Quando sbagliavi a calciare un rigore e colpivi la porta della sagrestia, usciva don Gianni, il parroco. Quella figura incombente faceva un effetto diverso da quel Gesù che eri abituato a vedere sul libro di catechismo delle elementari. Ti stava ammonendo, ma lo faceva con l’affetto di un padre. Espressione dell’umanità di una Chiesa di altri tempi, che ti faceva sentire parte di una famiglia molto grande.

In un paesino emiliano, tra il lavoro dei campi e la partita a bocce, le lasagnette e il lambrusco si inserisce prepotentemente il fiero antagonismo politico fra il parroco, ovviamente democristiano, e il sindaco, comunista. Don Camillo e Peppone, amici-nemici: ‘costretti’ a farsi la guerra per dar prova dei propri ideali, ma uniti nelle lotte quotidiane. La bontà d’animo, nella Val Padana, si misura infatti molto meglio nei momenti di necessità, dove ai battibecchi si sostituiscono stima reciproca e collaborazione, a riprova della forza dei legami locali, a dispetto degli sconvolgimenti nazionali. I due protagonisti nascono dalla penna di Giovanni Guareschi, che colpisce in pieno il tema politico dominante in Italia negli anni cinquanta con la giusta dose caricaturale e regionalista per farlo apprezzare a tutti.

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Nel 1861 l’articolo 1 dello statuto italiano proclamava la religione cattolica unica religione di Stato, cosa accadde dopo?

Stato e Chiesa in 5 mosse illustrazioni di Undesign

Complesso, contraddittorio, senza dubbio travagliato. Il rapporto tra Stato e Chiesa non è mai stato disteso

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3

1 1870

La breccia di Porta Pia Per fare l’Italia si disfa lo stato Pontificio Il 1861 vede la rinascita del regno d’Italia, ma anche il drastico ridimensionamento dello Stato Pontificio. La Chiesa reagisce prima con “Il Sillabo” (1864), quindi con il Concilio Vaticano I, che sanciscono l’identificazione del mondo cattolico con l’autorità papale e l’infallibilità del pontefice. Nel

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1870, la breccia di Porta Pia e la fine del potere temporale della Chiesa rendono ancora più difficili i rapporti con lo Stato italiano. Sancita da Pio IX con la formula “non expedit” (1874), questa frattura priverà per lungo tempo le istituzioni pubbliche dell’apporto del mondo cattolico.

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1929

1943

1962

Il Concilio Vaticano II Dal Papa buono al rinnovamento della Chiesa

Il Papa mediatico Dalla lotta al comunismo ad una nuova autorità morale

La fase di assenza della Chiesa dalla vita pubblica termina nel 1913 con il cosiddetto Patto Gentiloni, che riapre la strada a un impegno diretto dei cattolici nella vita politica nazionale. Se ne vedono i frutti dopo la Prima Guerra Mondiale, quando di fatto il Partito Popolare di Don Sturzo ricuce i rapporti fra mondo cattolico e Stato. Il Fascismo, poi, con i Patti Lateranensi (1929) ricompone la crisi consumatasi nel 1870, attribuendo alla Chiesa un ruolo specifico, non solo rituale, nella vita degli italiani. Sarà fonte di successo e reddito per entrambe le parti.

Questa nuova posizione della Chiesa è del tutto evidente dopo il 1943, quando, in assenza di una compagine statale unitaria, sono la curia e le parrocchie a porsi come punti di riferimento per la popolazione allo sbando. E non si avverte di meno nel dopoguerra, quando Pio XII, preoccupato di fermare l’avanzata del comunismo, si adopera per diffondere un modello di società imperniato sull’autorità morale e politica della Chiesa. Sono gli anni in cui avviene la capillarizzazione degli oratori su tutto il territorio italiano.

Coerentemente con una società che si apre per via di un nuovo benessere economico e di una nuova propensione ai consumi di massa, anche la Chiesa, con il Concilio Vaticano II (1962), tende a trasformarsi da corpo mistico del Papa in una visione più comunitaria. Non è tuttavia un periodo senza contraddizioni: la febbre dei diritti civili maturata nella società italiana e un sostanziale cambio dei consumi pubblici e privati lasciano la Chiesa e la Democrazia Cristiana, il suo partito di riferimento, in ritardo rispetto agli incalzanti processi di secolarizzazione di quegli anni.

Gli ultimi trent’anni vedono la Chiesa riprendere un ruolo di fondamentale peso nella società italiana, grazie al carisma di Papa Giovanni Paolo II, al cedimento dell’Europa comunista e la caduta del muro di Berlino nel 1989, alla stessa estinzione della Democrazia Cristiana e del tradizionale sistema dei partiti. Dispiegata sulle piazze con la mobilitazione delle organizzazioni dei fedeli, o orientata a sfruttare oculatamente il mezzo televisivo, la Chiesa è tornata a divulgare i suoi messaggi contendendo spazi importanti ai fondamenti laici dello Stato italiano.

I Patti Lateranensi Un lungo riavvicinamento che culmina con il Fascismo

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Il crollo del regime fascista Le parrocchie punto fermo in un’Italia allo sbando

1978



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Sedi del Concorso di Miss Italia

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miss vincitrici per regione

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01 • Stresa (1946/1949 - 1958) 02 • Sanremo (1951 - 1982 - 2011) 03 • Merano (1952) 04 • Cortina d'Ampezzo (1953) 05 • Rimini (1954/1956) 06 • Pescara (1957) 07 • Ischia (1959) 08 • Vibo Valentia (1972/1973) 09 • Reggio Calabria (1974) 10 • Martina Franca (1975) 11 • Scalea (1976) 12 • Palmi, Siderno e Sant'Eufemia d'Aspromonte (1977) 13 • Reggio Emilia (1978) 14 • Viareggio (1979) 15 • Gallio (1980) 16 • Formia (1981) 17 • Salsomaggiore Terme (1950 - 1960/1971 - 1983/2010)

evoluzione delle miss

1946

1956

84 170

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163

Corona Dei 150 anni

Corona creata per i 150 anni dell’Unità d'Italia (2010/2011)

42

63 87

170

Nives Zegna

02

Corona Di Diamanti

2550 diamanti 150 kt, 567g d’oro bianco 18 kt (2004/2009)

1977

80

85

Rosanna Martini

01

1964 60 80

173

Corona Del Cristallo

Punto focale un enorme cristallo naturale del Brasile (2001/2003)

65 88

Corona Dei Cigni

Due magnifici cigni in oro bianco contornati da 77 perle (1999/2000)

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Anna Kanakis

04

2009

89

88

Daniela Giordano

03

1996 89

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Denny Mendez

05

Corona Dalle Volute

Eleganti volute ellitiche, oltre 200 perle e una gemma del cielo (1998)

88

Maria Perrusi

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Miss Italia nel Mondo

Forme moderne, oro bianco 18 kt e diamanti per 56kt (2003/2005)


abitare globale

08

12

maschi

Principali Stadi Italiani

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01 • San Siro, Milano (capienza 82.955) 02 • Olimpico, Roma (capienza 82.922) 03 • San Paolo, Napoli (capienza 82.000) 04 • Delle Alpi, Torino (capienza 69.041) 05 • San Nicola, Bari (capienza 58.270) 06 • Franchi, Firenze (capienza 47.282) 07 • Bentegodi, Verona (capienza 42.160) 08 • Friuli, Udine (capienza 41.652) 09 • Ferraris, Genova (capienza 40.117) 10 • Dall'Ara, Bologna (capienza 39.300) 11 • Renzo Barbera, Palermo (capienza 36.349) 12 • Nereo Rocco, Trieste (capienza 28.565) 13 • Ennio Tardini, Parma (capienza 27.906) 14 • Oreste Granillo, Reggio Calabria (capienza 27.543) 15 • Sant'Elia, Cagliari (capienza 20.270) 16 • Giuseppe Sinigaglia, Como (capienza 13.602) 17 • Erasmo lacovone, Taranto (capienza 10.100)

piazzamenti in serie A

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infografica di Undesign

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evoluzione dei calciatori

1934 169

73kg

1958 175

Giuseppe Meazza

01

Coppa Del Mondo

Italia 1934, Francia 1938, Spagna 1982, Germania 2006

76kg

1965 180

Gianpiero Boniperti

02

Mondiali per Club

Milan, Giappone 2007 Inter, Emirati Arabi Uniti 2010

78kg

1976 180

Luigi Riva

03

Champions League

Milan, 7 vittorie Inter, 3 vittorie Juventus, 2 vittorie

76kg

1995 182

Francesco Graziani

04

Coppa Uefa

Juventus/Inter, 3 vittorie Parma 2 vittorie Napoli 1 vittoria

75kg

2011 191

Alessandro Costaccurta

05

Scarpa D'Oro

Luca Toni (2005/2006) Francesco Totti (2006/2007)

83kg

Gianluigi Buffon

06

Pallone D'Oro

Omar Sivori, Gianni Rivera, Paolo Rossi, Roberto Baggio, Fabio Cannavaro

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TU VUO’ FA’ L’AMERICANO Fu la canzone che consacrò Carosone allo spettacolo, nel 1956. Il testo parla di un italiano che desidera imitare lo stile di vita americano contemporaneo,

bevendo “whisky e soda”, ballando il rock and roll, giocando a baseball e fumando Camel, pur continuando a essere mantenuto dai genitori. Viene spesso interpretata come una

satira al processo di americanizzazione dei primi anni del dopoguerra, quando l’Italia era ancora un paese rurale e tradizionale. Fu eseguita innumerevoli volte sul grande e piccolo schermo, nel

Italians do it better testi di Camilla Wasser illustrazioni di Fabio Boero

Figli della massiccia immigrazione del secolo scorso; oggi celebri nel vecchio e nuovo continente. Ecco il ritratto di una famiglia allargata d’oltreoceano

Al Capone Il gangster che tutti vorrebbero essere (stati) Brooklyn, 17 gennaio 1899 Miami, 25 gennaio 1947

Madonna Living on the American Dream Bay City, 16 agosto 1958 Artista, icona, performer, diva, “Regina del Pop”, provocatrice, trasgressiva, innovativa, camaleontica, ironica, donna, madre, Lady Ciccone è questo e molto altro ancora. Definita da Rolling Stone come una delle artiste femminili più influenti di tutti i tempi, esordisce nella scena musicale a inizio anni ‘80. Da questo momento in poi la musica, e il mondo, non saranno più gli stessi: ogni album è un nuovo stile musicale, ogni canzone è una hit, ogni videoclip è una nuova moda e ogni tour un’esplosione d’arte. Madonna è sulla cresta dell’onda oramai da quarant’anni e non accenna a rallentare: 450 milioni di dischi venduti e un patrimonio da un miliardo di dollari. Niente male per una ‘material girl’.

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Frank Sinatra The Voice Hoboken, 12 dicembre 1915 Los Angeles, 14 maggio 1998 Con 600 milioni di dischi venduti e una voce considerata ‘senza tempo’, Sinatra entra di diritto nell’olimpo della storia della musica. Personaggio controverso e carismatico, sempre al centro dell’interesse mediatico, diviso tra scandali, donne, legami mafiosi, successi indimenticabili e grandi flop. I numeri del suo show business

sono da capogiro: 2200 canzoni incise, oltre 50 anni di carriera artistica e quasi 60 interpretazioni cinematografiche, per un Premio Oscar, due Golden Globes, ventuno Grammy Awards e un Emmy Award. Insomma una vera e propria industria dello spettacolo concentrata in un solo uomo. “Il pubblico è come una donna: se sei indifferente, sei finito”.

La sua ascesa da semplice malvivente a signore della malavita organizzata è breve, Al Capone ben presto diviene boss di Chicago, una Chicago buia e fumosa, negli anni del proibizionismo alcolico, della corruzione politica e della criminalità organizzata. Il suo impero criminale si estende ovunque, a colpi di fucile e donazioni alla popolazione. La storia finisce quando viene dichiarato “nemico pubblico numero 1” dalla città, processato, accusato e richiuso in carcere. Ma la sua leggenda non muore e il suo personaggio passa alla storia con il celebrato capolavoro di Brian De Palma “Scarface”, interpretato da un giovane Al Pacino.


abitare globale 1999 anche da Fiorello nel film Il talento di Mr. Ripley. Celebre è la cover di Lou Bega You Wanna Be Americano, uscita nel 2005. Inversione di ruoli?

Rocky Marciano “L’indistruttibile” dalle origini tutte italiane Brockton, 1 settembre 1923 Newton, 31 agosto 1969 Molti hanno fatto la storia della boxe, ma nessuno ha avuto una carriera come quella di Rocco Francis Marchegiano, in arte Rocky Marciano. Considerato ancora oggi il peso massimo più forte di tutti i tempi. Si diceva che un suo destro potesse stendere un toro e che sul ring non provava dolore. Facile a dirlo, visto che la sua carriera non conta sconfitte ma ‘solo’ 43 vittorie KO su un totale di 49 incontri. Si è aggiudicato il titolo di campione dei pesi massimi dal 23 settembre 1952 al 30 novembre 1956: l’unico a ritirarsi imbattuto.

Sylvester Stallone La rivincita di ‘action-man’ New York, 6 luglio 1946 L’infanzia di Stallone non è particolarmente felice: figlio di un barbiere pugliese ed una trapezista ucraina, nasce con una paresi al lato sinistro del volto dovuta ad un errore medico durante il parto. Ma né la madre con problemi di alcolismo, né le sue sofferenze fisiche lo fermeranno: a scuola presto si distingue per le ottime capacità fisiche. Abbandonati gli studi, rincorre la carriera cinematografica. Non tutti sanno che la sua prima apparizione avviene in un film soft-porno anni settanta anche se la svolta arriva nel 1976. In quell’anno esce infatti Rocky, una pellicola che nel giro di pochi mesi trasforma Stallone in una superstar, aprendo la strada alla consacrazione della sua fama che arriva con Rambo, film uscito in piena era reaganiana in cui Stallone interpreta un reduce del Vietnam ritornato in patria che si ritrova a tenere testa ad un dispotico sceriffo. Violenza gratuita sugli schermi e polemiche a go-go, per un grande successo al botteghino, quattro remake all’attivo e un amore viscerale da parte dei fan, che dura ancora oggi.

Robert De Niro Il figliol prodigo della Little Italy New York, 17 agosto 1943 Cresciuto nel famoso quartiere di Little Italy a New York, De Niro rimane fortemente influenzato dalla cultura italiana, tanto che questo legame non lo abbandonerà per tutta la sua carriera. Amico e fiore all’occhiello del regista Martin Scorsese, è considerato uno tra i migliori interpreti della sua generazione, noto soprattutto per la scelta di personaggi travagliati e complessi. Primo fra tutti l’alienato paranoico Travis Bickle in Taxi Driver, il taxista dagli ideali nazionalistici un po’ ‘contorti’. De Niro e Marlon Brando sono i soli attori ad aver vinto un premio Oscar per aver interpretato lo stesso personaggio, il celebre Don Vito Corleone della saga Il Padrino.

Quentin Tarantino La rivoluzione del cinema indipendente Knoxville, 27 marzo 1963 La sua filosofia di vita può essere riassunta in una semplice frase: “non sono mai andato ad una scuola di cinema; sono andato a vedere film”. Cinefilo maniacale, appassionato delle pellicole d’exploitation, dei film d’azione coreani e degli spaghetti western, tutte le opere di Tarantino contengono omaggi, citazioni e

riferimenti a questi generi, che il regista sapientemente mixa e assembla tra loro. Anche se considerato da molti eccessivo e violento, Tarantino è stato in grado di creare un nuovo genere cinematografico a sé stante caratterizzato da dialoghi deliranti, trame ricche di flashback, ambiguità morale e scene splatter.

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COSA RESTERÀ

Di questi anni Ottanta. Così cantava Raf, alla fine di un periodo problematico e controverso. Crisi libica, disastro nucleare, caduta del comunismo, mediocrazia, sono

molti i ricordi di quel decennio, pop e moderno, che stretto tra il movimentismo anni settanta e la nuova società globale, ha innescato una frattura significativa nella storia d’Italia. L’ultima occasione per

discuterne la fornisce un volume, scritto dal giovane storico Marco Gervasoni e dedicato, giustappunto, alla Storia d’Italia degli anni Ottanta che porta l’eloquente sottotitolo Quando eravamo moderni.

Quando eravamo moderni testo di Matteo Cardamone foto di White

A colori e ruggenti, miracolosi, popolari e rampanti. Ottanta. La decade che ha cambiato la faccia all’Italia, costruendo riti e miti di una nuova generazione Negli anni Ottanta eravamo perfetti; gli anni Ottanta erano favolosi. Li guardavamo alla tv e nelle pallide fotografie di un’Italia che incominciava a riprendere colore. Si respirava dopo le contestazioni, dopo quella bocca impastata di polvere, di ricordi in bianco e nero. Ci vedevamo a colori nello schermo di casa. O in quello del salotto, della camera da letto, del bar di quartiere, strapieno di ogni genere di umanità, in quell’estate del 1982. Congelavamo con i primi registratori i nostri sogni, quello che saremmo voluti diventare rimanendo lì: sdraiati sul divano. Erano le immagini ad unirci renden-

doci uguali, e allo stesso tempo, desiderosi di cambiare. L’ipnosi mediatica riportava alla memoria mobilitazioni di massa, ma in modo diverso, perché a farci sentire nuovamente italiani, questa volta non erano gli ideali, i valori, le credenze, bensì il consumo, la produzione, lo status. L'ambizione al successo. Il mito del guadagno. La litania della spesa che riempiva le nostre giornate di fronte alla scatola nera. La tv prendeva alla pancia. Lo schermo di casa aveva azzerato il punteggio. La nuova borghesia pendeva dalle labbra di trasmissioni, telenovelas, film a stelle e strisce, e mentre dimenticavamo

Mazinga nostalgia I figli dell’invasione manga Mazinga è uno dei più rappresentativi personaggi dell’animazione giapponese degli anni ’70. È il simbolo dell’ “invasione nipponica” nella cultura occidentale, il punto di svolta tra gli eroi della tradizione e quelli

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delle anime giapponesi, la bandiera di un modo rivoluzionario di sognare e vedere. Si tratta della “Goldrake-generation”, come la definisce il sociologo Marco Pellitteri, nata a cavallo degli anni ’80, cresciuta a pane e anime. Un fenomeno che, non solo ha generato dibattiti e indignazione da parte del pub-

blico più ‘attempato’, ma che ha profondamente influenzato la formazione di nuova generazione di adulti (i kidults), creando un complesso sistema di valori e abitudini, e una modalità ‘laica’ e leggera di affrontare le tematiche sociali e culturali, mescolando alto e basso con estrema naturalezza.


mente locale

L’epopea della scatola nera. Tra apologia e finzione ripercorriamo le tappe della piazza mediatica e della voglia di self made men

Fininvest L’impero di Silvio Berlusconi Con un fatturato da 5,4 miliardi l’anno e quasi 20.000 dipendenti in tutta Italia, la Fininvest S.p.a. è la più importante holding finanziaria italiana. Le proprietà della società sono estremamente ramificate e coprono diversi settori: dal televisivo, con Mediaset, all’editoriale, la Mondadori, all’assicurativo/bancario (Mediolanum), lo sportivo (Milan) e il teatrale (Teatro Manzoni). Contraddistinta dal biscione visconteo, fu fondata nel 1978, dall’attuale Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dopo essere diventato azionista di maggioranza della Società Europea di Edizioni (che edita oggi Il Giornale) e aver rilevato Telemilano.

Il partito dell’Amore Se l'abito non fa il monaco

Drive In Quando l’uomo è il cervello e la femmina il corpo Gag ultrarapide, montaggio incalzante, spot pubblicitari, monologhi, musica, parodie e abiti succinti. Questo è il concentrato del varietà televisivo ideato da Antonio Ricci e trasmesso su Italia 1 dal 1983 al

1988. Format perfetto per una tv commerciale in rapida crescita, è la trasmissione ‘cult’ dei favolosi anni ’80 italiani. Trampolino di lancio di un’intera generazione di comici e signorine maggiorate e scollacciate (ricordate Carmen Russo e le “ragazze fast food”?) ‘antenate’ delle varie veline, letterine, paperine che oggi spopolano sui nostri schermi.

Quando era ancora “in carriera” nel mondo del porno, era arrivata al Parlamento, rimanendoci 5 anni come deputato nelle file dei Radicali. Era il 1987. Ilona Staller, in arte Cicciolina, è stata la prima attrice di film per adulti ad essere entrata in politica, e la prima deputata ad avere portato il nudo nella televisione italiana. Un concentrato di contraddizioni e assurdità, eppure, volenti o nolenti, il Partito dell’Amore, con i suoi seni scoperti per raccogliere voti, ha fatto storia e rivoluzione.

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MEDIOCRAZIA Viene così definito il regime ‘democratico’ in Italia, inaugurato dalla politica berlusconiana. Fondato sul potere dei media, sulla loro capacità

di accendere le passioni, rappresenta per molti il punto d’arrivo della mediocrità. Da un punto di vista sociologico, l’intreccio di media, comunicazione e politica, invece, è

La Neotelevisione era sempre in onda, pronta a generare contenuti, desideri, ambizioni, ponendo le basi per il liquefarsi delle classi

felici i modelli del passato, il Neoclassicismo, i Futuristi, gli antichi romani, le lotte operaie, incontravamo nei film di Stallone, nelle canzoni di Madonna e nell’ambiguità di Michael Jackson, nuove virtù e altri eroi. Sì perché, a dare la svolta all’italianità furono le star d’oltreoceano, i manga giapponesi e quella rappresentazione ‘pubblicitaria’ della realtà che trovavamo nei film di Vanzina, nelle barzellette sui “bauscia”, nei giovani broker di successo, che da Oliver Stone in avanti avevano posto le basi per lo yuppismo e per ciò che rimaneva dell’estetica… l’edonismo. Il tubo catodico riuniva operai e avvocati come in una messa domenicale. La tv commerciale aveva dato inizio a una nuova storia. Canale 5, Rete Quattro, Italia Uno, e il Cavaliere divennero le nuove immagini con cui misurarsi. Un self made man all’italiana, un imprenditore, un uomo di spettacolo, un nuovo politico. Senza dubbio il primo ad inaugurare la stagione dello Stato come impresa televisiva. Il rilancio dell’Italia partiva dai suoi divi. Agnelli, De Benedetti, Berlusconi che figuravano in prima linea nella lista dei “Miracles Makers” di Newsweek nel 1987. La cultura pop si faceva strada tra programmi di successo come il Drive In di Antonio Ricci, trasmissioni di culto, cabaret trash capaci di sedurre un pub48

un’innovazione linguistica dell’era reaganiana. Il presidente repubblicano, infatti, ben prima di Schwarzenegger, costruì il suo personaggio pubblico grazie alla finzione mediatica.

Riccardo Luna L’altra faccia del pallone 44 anni, giornalista, scrittore, è il direttore della neonata edizione italiana di WIRED. La sua carriera decolla con la direzione del Romanista, l’unica rivista nazionale dedicata ad una squadra di calcio. Noto per essere una ‘penna scomoda’, è il primo giornalista a scrivere su Calciopoli, inchiesta che gli frutta la ‘scomunica’ dal Corriere dello Sport, di cui era il vice direttore.

blico per la prima volta desideroso di ricominciare daccapo, senza la propria storia. Ingombrante, intellettuale, così lontana da quel sentimento rionale, da quell’alto e basso per tutti, che se non fosse stato il simbolo di una nuova guardia forse si sarebbe guadagnato l’etichetta di ‘svago democratico’. La televisione aiutava a mischiare le carte e a farci sentire partecipi di un unico non-movimento culturale, fatto di politici, poeti, pornodive e persone comuni, che il grande Costanzo ospitava nel suo show. La Neotelevisione, così l’aveva definita Umberto Eco, era sempre in onda, pronta a generare contenuti, desideri e ambizioni. Il decennio più pop della nostra storia fece cadere le ‘barricate’, permise realmente il liquefarsi delle classi: borghesi e operai sedevano fianco a fianco, politici e attori si confondevano l’un l’altro, celebrità si improvvisavano uomini di stato. Partiti e istituzioni, succubi della nuova noncultura e della perduta identità dei propri elettori, ricercavano nei testimonial una nuova opportunità di piacere. E gli italiani? Francamente poco nostalgici e notoriamente sdraiati sul divano, lasciavano fare. Importava loro dell’uomo e non delle idee. Il successo, l'affermazione, il denaro sono sempre stati a colori, il resto lasciava solo la bocca impastata di polvere.

Vladimir Luxuria Un’Italia in trans-formazione Alle elezioni politiche del 2006, con l’elezione alla Camera dei deputati, è diventata la prima transgender al Parlamento in uno Stato europeo. Specchio di un’Italia in cambiamento. Su di lei ne hanno dette di ogni, tra gli appellativi più celebri quello della Mussolini a Porta a Porta, ma per Luxuria sono sempre contati più gli apprezzamenti. Accantonati diverbi e sarcasmi, l’impegno sul fronte del diritto civile l’ha portata ad essere la madrina della comunità GLBT italiana. Emblematica per l’emancipazione dei nostri costumi, la sua vittoria nel 2008 all’Isola dei Famosi, contro la seducente Belen Rodriguez, che le è valsa il paragone col presidente Obama da parte di Pietro Sansonetti.


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Tra cori, fondi di bonarda, pimped cars, campeggi improvvisati e muli, una sana boccata di vita sotto la stella alpina. Cin cin, evviva gli Alpin!

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mente locale

Le porte d’Italia

“Di qui non si passa” è il celebre motto che regola la vita, la condotta e il ruolo del corpo degli Alpini. Fu coniato dal generale Luigi Pelloux, che nel 1888,

in occasione di un banchetto ufficiale per la visita a Roma dell’imperatore di Germania, concluse un discorso sugli Alpini dicendo: “Essi simboleggiano

quasi, all’estrema frontiera, alle porte d’Italia, un baluardo [...]”, un avamposto estremo oltre il quale non è possibile andare.

Cuore alpino testo di Sara Vindrola foto di White

“Mi son Alpin e me pias el vin”. Intona Gianni, 63 anni, forlivese doc, 40 adunate alle spalle. Mani callose, sorriso contagioso, voce profonda e sincera. Si dice che il loro carattere sia schivo e chiuso, ma ovunque vanno, inaspettatamente mietono vittime (d’amor, s’intende). Ecco il baluardo di un’Italia veramente unita, grazie ad un po’ di vino e tanta tanta allegria 51


IL MULO SOTTO IL CULO

Consolidatosi durante la Seconda Guerra Mondiale, il legame tra alpino e mulo, ha un’ascendenza assai più lontana. Nelle retrovie si parla di 130 anni di sodalizio,

dai tempi dell’esercito del Regno di Sardegna e delle prime batterie da montagna con cannoni smontabili che vennero trasportate da ben 36 muli.

Quando al raduno va nel suo cuore c’è tanta emozione guarda il cielo, la sua penna nera mentre sfila per il tricolore

Alpini festanti: vino, cori e tanta passione. Pagine 52-55: le citazioni riportano la canzone “Cuore Alpino” dei Girasoli, gruppo originario di un paesino dell’Appennino parmense che nel proprio repertorio ripropone spesso ballate della tradizione popolare italiana

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mente locale

PENNE NERE

Lunghe 25-30 cm e portate sul lato sinistro del cappello, leggermente inclinate all’indietro, le penne sono il segno distintivo degli Alpini. La

gerarchia ne impone di colori e uccelli diversi: nere di corvo per le truppe, marroni di aquila per i sottoufficiali e gli ufficiali inferiori, bianche di oca

per gli ufficiali superiori e i generali. Sempre sul cappello per indicare battaglione, reggimento e specialità ci sono: nappina e fregio.

a lato: ogni adunata ha la sua medaglia. È così che il cappello dell’alpino diventa un vero e proprio cimelio da custodire con orgoglio: su di esso è narrata la storia del proprietario: luoghi, imprese, gesta

Cuore alpino tu pensi sempre a tutto il tempo passato sui monti cuore alpino tu sai trovare gli amici sinceri e li fai sognar

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ANA

Fondata nel 1919, è un’Associazione Italiana d’Arma di cui possono fare parte tutti coloro che hanno prestato servizio nelle truppe alpine

dell’Esercito Italiano, per un periodo di almeno due mesi, e coloro che hanno conseguito medaglie al valore, anche se con permanenza più breve. Nata per

in alto senso orario: il ‘bolide alpino’, Apecar rivisitata in chiave battaglione da combattimento. A seguire: alpino in cucina, con camicia da boscaiolo di montagna, e foto di gruppo rubata sullo sfondo cittadino. Occhio che ci scappa il coro!

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tramandare le tradizioni degli Alpini e le loro gesta, oggi si occupa anche di promuovere e favorire lo studio dei problemi della montagna.


mente locale

Tutti insieme

Le Adunate Nazionali degli Alpini sono manifestazioni che si svolgono in differenti città italiane, per celebrare ogni anno quella spontanea sul Monte

Ortigara. Per i 150 anni dell’Unità la prescelta è stata ovviamente Torino, con decine di migliaia di Alpini in bivacco e in sfilata per le vie del centro.

a lato: un alpino bresciano che posa orgoglioso a fianco della sua militar-vettura. Sotto uno dei tanti momenti goliardici e di festa, gli Alpini sono famosi anche per la loro proverbiale e contagiosa allegria. Come resistere?

Anche se non ha più la divisa nel suo cuore c’è un sol sentimento è il ricordo del suo reggimento che scordare mai più lui potrà vecchio alpino il freddo e il gelo non hanno spento il tuo grande amor cuore alpino

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Dalle Esposizioni Internazionali delle Industrie e del Lavoro alle Officine Grandi Riparazioni, dove a ‘riparare’ sogni e non più treni, tornano gli Artieri

Esperienza Italia testo di Elisa Facchin

Da marzo a novembre l’Italia fa tappa alle OGR. L’ex fabbrica, scenario storico per la città torinese, per l’occasione si tinge tricolore. Porte aperte sul cantiere in fermento 1861: si fa l’Italia. 2011: Torino, già prima capitale, oggi città di rinnovati fermenti, per non smentire la sua storica vocazione al primato, “rifà” l’Italia. Come? Attraverso il Comitato Italia 150 che ha organizzato le Celebrazioni per il Centocinquantenario dell’Unità nazionale: 17 marzo-20 novembre, oltre 9 mesi di eventi e grandi mostre, pensati per illustrare la nostra storia, ma anche per farci riflettere sulla nostra identità e per farci esperire un po’ di sano patriottismo. Non a caso, il nome: Esperienza Italia. Quattro i temi principali, che rappresentano altrettante eccellenze italiane: la storia, la creatività, l’arte e l’enogastronomia. Due le sedi prescelte: la Reggia di Ve-

naria e le OGR, Officine Grandi Riparazioni ferroviarie di Torino. Queste ultime, simbolo della prima trasformazione della città in grande polo produttivo, nonché mirabile monumento di archeologia industriale ottocentesca, ospitano tre mostre, Fare gli italiani, Stazione futuro e Il futuro nelle mani. Artieri domani. La prima guarda a ieri: è la mostra storica che non poteva mancare. Le altre due guardano invece al domani: una, Stazione futuro, conduce il visitatore a sperimentare in concreto l’avvenire; l’altra, Il futuro nelle mani, lo guida invece nel mondo del lavoro, avanzando la modesta proposta del rilancio, come reale prospettiva economica e occupazionale, di un

Botteghe reali L’eccellenza dell’eccellenza È un Arts & Crafts Supermarket unico nel suo genere. Un sapiente mix tra cultura materiale e genio artigianale: le sette botteghe, come sette vetrine ospitano, a rotazione, le eccellenze artigiane del nostro Paese. Da un lato l’ispirazione attinge al passato, a quella III Mostra Internazionale delle Arti Decorative tenutasi a Monza nel

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1927, dove le allora manifatture piemontesi, assieme ad artisti ed architetti, installarono una ‘galleria dei negozi’. Dall’altro riprende le azioni politico-culturali dirette dal MIAAO di Torino, che con il progetto Arts & Crafts Supermarket, promuove la conoscenza delle arti applicate anche attraverso lo shopping. A coronare il tutto, una grafica d’assalto che sorprende e trattiene lo spettatore. Insomma, formule moderne per mantenere vive le tradizioni.


mente locale

OGR

Un tempo vi si riparavano i treni, per trasportare i prodotti dell’industria subalpina in tutta la penisola ed in Europa. 190 mila metri quadri di porticati

in ghisa, edificati tra il 1885 e il 1895. Ieri fucina industriale, oggi cattedrale dei 150 anni dell’Unità, ospitano al loro interno tre grandi mostre.

uno spaccato della mostra Il futuro nelle mani. Artieri Domani. Officina Franco Sbarro, il palco delle Officine Sonore Italiane e il profilo continuo del Duce di Renato Bertelli

MIAAO ovvero Il ruggito delle arti applicate La bottega qui allestita mostra un display delle ricerche condotte nell’ultimo lustro dal MIAAO. Raccoglie manufatti eccentrici, talvolta irriverenti, presentati in due straordinari espositori: una libreria di cartone e uno scaffale in essenze lignee mixate.

Faenza Cent’anni dopo, le ceramiche alla riscossa La ceramica è una singolare materia, non ammette compromessi, e a Faenza si fanno ceramiche da molti secoli. Ma oggi .FATA. .IN. .FAENZA. non è più solo simbolo di arte, ma anche di scienza applicata.

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OFFICINA SBARRO

Franco Sbarro, italiano emigrato in Svizzera, è l’ospite d’onore de Le Nuove Officine, erede della tradizione automobilistica italiana, degli anni d’oro

delle grandi carrozzerie: Cisitalia, Fissore, Michelotti. Una passione, la sua, portata avanti fino a fondare la propria scuola, dove ritorna l’approccio rinascimentale, che non prevede frattura tra genio e fare.

a lato: parte della ‘rappresentazione continua’ con opere ispirate alla bellezza italica di Plinio Martelli. sotto: la 74, omaggio all’autoblindo usato da Marinetti nella grande guerra, dell’artiere Umberto Cavenago

nuovo artigianato metropolitano, da tempo sostenuto dal curatore, Enzo Biffi Gentili, che anche qui intende celebrarlo. Dandogli voce attraverso tre sue diverse accezioni corrispondenti alle tre aree espositive. La prima è quella del lavoro artigiano “metalmeccanico” illustrato nella sezione de Le nuove officine, dove vengono presentati i progetti più innovativi nel campo della tecnologia meccanica e delle arti tradizionali, opera di artieri di chiara fama, ma anche di giovani creativi emergenti, italiani, emigrati e oriundi. La seconda è quella del lavoro artigiano “digitale” illustrato nella sezione denominata Tunnel del treno fantasma, un corridoio verso il futuro, animato da un’installazione multimediale dedicata all’immaginario ferroviario, evocante il genius loci. La terza è quella del lavoro artigiano “tradizionale” illustrato nella Galleria delle 58

L’album rosso Una passione p-artigiana È il primo catalogo della mostra Il futuro nelle mani. Artieri domani. L’intento, esplicitamente dichiarato, è quello di occuparsi delle arti meccaniche, non liberali, proprie degli artieri, e non degli artisti. Una passione per cui Enzo Biffi Gentili, direttore del Museo Internazionale delle Arti Applicate Oggi di Torino, lotta da oltre vent’anni, e che oggi ha portato in mostra alle Officine Grandi Riparazioni. La sfida è rilanciare un artigianato dalle aspirazioni ‘metalmeccaniche’ e dimostrare l’alto valore qualitativo, estetico ed esistenziale di lavori fatti ad arte. Un lavoro che continua, in mostra e sulla carta, con il prossimo album. Ovviamente nero, par condicio.

Il nuovo artigianato metropolitano sarà l’Italia del futuro?

botteghe, una sorta di Arts and Crafts Supermarket articolato in sette shop dedicati alle arti ceramiche e tessili, al merchandising museale e al gioiello contemporaneo, che raccolgono prove di eccellenza dell’eccellenza artigiana di diversi territori del nostro Paese. Meditate gente, meditate: il nuovo artigianato metropolitano potrebbe essere parte fondante dell’Italia del futuro.

Enzo Biffi Gentili Direttore artistico e curatore della mostra Il futuro nelle mani. Artieri domani. Da sempre storico e critico d’arti applicate, curatore di mostre come L’ apprendista stregone nel 1991, Mater Materia nel 1999, Artigiano metropolitano nel 2002, ha fondato e tuttora dirige il MIAAO, Museo Internazionale delle Arti Applicate Oggi, sito nel complesso monumentale di San Filippo Neri a Torino.


mente locale

ESpERIENZA ITALIA

Un fitto calendario di eventi, che si svolgono nell’arco di 9 mesi, a Torino, la prima capitale del Regno d’Italia. Le preparazioni per le celebrazioni sono

iniziate nel 2007, con l’istituzione del Comitato Italia 150 e prevedono mostre, eventi, concerti, dibattiti, cene. Insomma un vero e proprio ventaglio di esperienze.

touch, video 3D e ologrammi. Ciascuno di questi spazi illustra un concetto, un’idea da sviluppare; come il quartiere Energia, quello dedicato al Lavoro, poi alla Salute, alla Casa e non poteva mancare il quartiere Internet. Si tratta dunque di un viaggio che, partendo dal presente, ci porta a scoprire l’Italia

di domani, quella che saremo, e anche quella che vorremmo, attraverso le idee già attuate o che entreranno a far parte della nostra vita nei prossimi dieci anni. Perché il futuro non è utopia, idealismo o fantascienza, ma è fatto di tante piccole e grandi storie giornaliere. Quale sarà per l’Italia?

L’ITALIA cHE vERRà A Stazione Futuro Wired dedica una mostra ai personaggi e ai progetti che rivoluzioneranno il nostro domani Si tratta di Stazione Futuro, la mostra dell’innovazione che metterà in scena progetti, idee, persone che faranno la differenza. Curata dal giornalista e direttore di Wired Italia, Riccardo Luna, è articolata in 12 quartieri (ma potremmo chiamarli anche portali) di forma cubica in pieno stile hi-tech con tavoli

A ScuoLA dEL NoSTRo PASSATo L’Italia s’è fatta e gli italiani pure. Ora tocca vedersi in mostra A cura di Walter Barberis e Giovanni De Luna, la mostra racconta la storia dell’Italia dall’Unità nazionale a oggi: non una successione di avvenimenti, ma una storia di persone. I protagonisti sono gli Italiani, considerati nella loro diversità e raccontati in tutte quelle fasi che li hanno visti unirsi in un sentimento di comune appartenenza. Un percorso lungo, durato 150 anni durante il quale siamo diventati connazionali. Per raccontare questo secolo e mezzo di storia a tutto tondo, la mostra

mette in scena sia le situazioni che hanno unito gli Italiani, sia i fattori che ne hanno alimentato le divisioni, rappresentandoli attraverso una pluralità di narrazioni e di linguaggi. Tredici “isole tematiche”, dedicate ai fenomeni che maggiormente hanno influito sul profilo degli Italiani: Italia delle città, campagne, scuola, Chiesa, migrazioni, Prima Guerra Mondiale, Seconda Guerra Mondiale, partecipazione politica, mafie, fabbriche, consumi, trasporti e mezzi di comunicazione di massa. 59


TESSERA DEL TIFOSO

È l’ultimo tassello della mercificazione della fede calcistica. Un modo per “schedare” i tifosi, dicono gli ultras. Prerequisito per potersi abbonare, ha suscitato le polemiche

del tifo organizzato che accusano la trasformazione degli stadi, da luoghi di aggregazione sociale, a centri commerciali per famiglie.

La fede nel pallone testo di Orlando Casadei

Il loro cuore appartiene alla squadra. La seguono, la sostengono, per lei si armano ad ogni partita. Spalle al campo, polmoni gonfi: cori, fumogeni e striscioni. Benvenuti in curva

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lifestyle

LA FINALE MALEDETTA

39 morti, di cui 32 italiani, e oltre 600 feriti: questo è il bilancio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool dell’85. Stadio di Heysel.

Tutto accade in pochi minuti: il settore ‘neutrale’, popolato per lo più da juventini, viene sfondato dalla foga hooligans. Protezione inconsistente,

struttura fatiscente: la strage è fatta. Dopo l’episodio esplodono i controlli negli stadi, ma quando l’agonismo sposa la violenza, c’è poco da fare.

a lato: le malinconiche rovine del Filadelfia, anche conosciuto a Torino come stadio Comunale. Simbolo intramontabile della passione granata che ancora oggi contraddistingue la popolazione doc della città subalpina

Quella curva riempiva un vuoto sociale. Era il porto franco di un popolo in odore di rivolta

La luce è soffice e la stanza profuma di legno. La moquette verde è consumata dal tempo e dai passi sporchi di terra. La gente che viene e che va. Si ferma, discute, prende una sedia e stasera ascolta la storia di Simone. Tifoso del Toro fin da quando ha memoria, per la precisione dall’età di sei anni; accecato dai fari del Comunale. Non si abituerà mai a quell’emozione, neanche dopo i gradoni della curva e i Leoni della Maratona. Il boato granata e le trasferte. Negli anni Ottanta il tifo era una fede. Specie se eri Torinista, perchè “Il Toro non è mai stato di moda”. Non è mai stato facile come con la Juve degli Agnelli. Il Torino bisognava saperlo prendere, rispettare e supportare perchè era diverso. Un vero Ultras granata

si carica infatti del peso asfissiante della storia che, destino vuole, inizia sempre e comunque da quel 4 maggio del 1949. Il Grande Torino spazzato via nella notte di Superga. Simone ha tatuato sull’avambraccio lo sguardo fiero di Valentino Mazzola che in quell’anno perse la vita e una lapide con su inciso “Solo il Fato li vinse”. Si perchè “il Toro è uno stile letterario” e una questione di cuore. I veri ultras si sono sempre distinti per i valori e l’impegno. Solo in questo modo hanno potuto sostenere la squadra durante la buia parabola discendente che accompagnò quella tragedia. Il “Toro è la città, come la Lazio è Roma. La parte nobile della capitale, quella vicina all’Olimpico è sempre 61


pOLITICA SÌ O NO?

Gerarchia, spazio, comunità e ritualità. Ogni tifoseria che si rispetti ha un rivale storico. Ma quando in campo scendono le rivalità politiche, cosa accade?

Calcio ed estremismo politico sono andati spesso a braccetto: un’indagine dell’Osservatorio del Viminale evidenzia che su 128 squadre, 27 tifoserie sono

schierate a destra e 15 a sinistra. Tra celtiche, stelle rosse, fanzine politiche: lo stadio si sta trasformando in un grande centro sociale?

negli anni Settanta si riempivano gli stadi per svuotare i movimenti politici, in modo che le ‘teste calde’ potessero esser controllate dalle forze dell’ordine. Gli stadi sono stati a lungo territori ex-lege e luoghi di aggregazione capaci di riempire quel vuoto sociale che le istituzioni (Stato, famiglia, scuola) e la politica non riuscivano a colmare. Oggi cosa è rimasto?

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lifestyle

Curve infuocate

Un viaggio nella follia ultras internazionale. L’attore e Hooligan Danny Dyer va alla scoperta del lato violento del tifo calcistico: dal Sud

America all’Italia, mettendo in luce le organizzazioni, i personaggi, i simboli e i segreti di alcune delle tifoserie più temute al mondo.

stata bianco-azzurra. A Roma come a Torino scegliere le grandi squadre significa solo due cose: bisogno di integrazione facile se vieni da giù e desiderio di una vita calcistica tranquilla. Le grandi squadre non sono per chi ama soffrire, per chi ha una visione eroica della fede calcistica”, a parlare questa volta è Cesare, romano di nascita e ‘Irriducibile di adozione’. Ha passato gli anni più belli della sua vita in curva a tifare per la maglia “l’unica cosa che resta, quando tutto passa”. Ci racconta di come gli Irriducibili siano nati dalle ceneri degli Eagles Supporters nel ‘87, di come abbiano spazzato via tamburi e cori all’inglese, abbiano affiancato gli storici Viking e Cml ‘74 (Commandos Monteverde), e si siano ‘corrotti’ e poi estinti con le proprie mani, dopo aver rivoluzionato il modo di tifare, scambiando fede e passione per la squadra con i Lazio style, la politica e gli introiti di magliette, sciarpe e gagliardetti, nel momento in cui il calcio è diventato industria, televisione e glamour. “All’inizio era tutto diverso – continua - i tifosi erano innamorati delle squadre di calcio, c’era complicità, coinvolgimento, rispetto reciproco. Essere un ultras (e non un ultrà, specifica, gli ultrà sono quelli della Roma e li odio tutti!) era un vanto e un impegno che riempiva la vita e le giornate. Una preparazione che iniziava ancora prima che finisse la partita”. Cesare ricorda con orgoglio ogni momento, ricorda nomi e cognomi di tutti i giocatori che hanno portato valo-

rosamente la maglia bianco-azzurra, da Fiorini e il suo mitico goal segnato a otto minuti dalla fine, che ha salvato la Lazio dall’inferno della C1, al grande Nesta, il capitano che li ha fatti sognare. Rievoca quella “spaziale” coreografia, raffigurante la terra coi satelliti, preparata per un derby, a cui lavorarono decine di persone per un mese e mezzo, in un immenso capannone in affitto alle porte di Roma, che poi vantò agli Irriducibili la chiamata della Coca Cola, che la utilizzò per il proprio spot in occasione dei Campio-

L’ultras è come il dodicesimo uomo e il coro è il suo mantra nati Europei. “Il derby romano è secondo solo a quello di Scozia, lì sì ci si credeva”. Cesare abbandona definitivamente il tifo organizzato, dopo la storica partita col Livorno, prima ancora dell’inizio. “La nostra fama ci aveva preceduto. A Livorno, città rossa, attendevano i fascisti. La stazione era ‘militarizzata’, sembrava una guerra. Le persone normali, le famiglie, allo stadio non c’erano neppure andate. E non ci arrivammo neanche noi. In quel

momento ho capito che il calcio era cambiato, che la curva oltre la politica non sarebbe più stata possibile. Che la tv aveva amplificato le svastiche, le celtiche e tutti i messaggi che avevano riempito il nostro stadio, diventando lo specchio pubblico di un’immagine che non mi sentivo più di condividere. Il calcio per me era finito”. Alla partita Simone e Cesare non ci vanno quasi più, per la tessera del tifoso, per colpa del lavoro o forse perchè qualcosa si è spento. Non la passione, non la fede, ma la voglia di continuare a lottare contro i mulini a vento. Negli anni settanta si svuotavano i movimenti politici e si riempivano gli stadi, negli anni ottanta erano nate nuove tifoserie, negli anni novanta è iniziata la fine. Il calcio mercato, la quotazione in borsa delle società calcistiche, il distacco di molti ultras dalla città e dai suoi valori, la corruzione con la politica e i calciatori superstar. Tutto questo può forse ancora valere il prezzo di un biglietto, ma non “lo sbattimento degli ultras”. Questa volta è Andrea Fabbri, 48 anni, a dar voce al malcontento. Presidente del collettivo cesenate Chi Burdèl, che raccoglie ben 25 club. Il tentativo di unire laddove gli ultras volevano spaccare e competere è forte, lo sport è al centro. Il tifoso per ‘quei ragazzi’ (questo è il significato dell’espressione romagnola “chi burdel”, che però allo stesso tempo vuole dire anche “che casino!”) è ancora il dodicesimo uomo, ma la “tessera”, dicono gli ultras, “quella è una dittatura della destra”. 63


La rivolta delle 3 F

FuRNITuRE

testo di Angelo Santachiara

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Il Belpaese descritto attraverso i suoi tre punti di forza: il design, la moda e il cibo. Una storia fatta di eventi, personaggi, passioni e invenzioni Moda, design e cucina. Tre mondi apparentemente distanti eppure così vicini. Sì perché sono loro, le ‘tre effe’, che hanno rivoluzionato l’Italia contemporanea, ne hanno formato la cultura progettuale e determinato l’evoluzione. Ognuna con i suoi alti e bassi, ma comunque tutte e tre presenti e fortemente radicate nella tradizione del nostro paese. A partire dal disegno industriale, concepito come evoluzione e modernizzazione dell’artigianato, punto d’incontro tra manualità e serialità. Quel concetto di ‘buon design all’italiana’, nato con la cultura progettuale degli anni cinquanta e germogliato nei decenni successivi attraverso i ‘grandi maestri’, dai Castiglioni a Enzo Mari, da Munari a Sottsass. Oppure quell’universo fantastico e onirico creato dall’industria della moda, con i suoi principeschi esordi romani, per arrivare al boom degli anni ottanta dove sono stati i nostri stilisti a dettare legge indiscussa sulle passerelle. Infine la cucina, quello che da sempre ci contraddistingue al mondo, fatta di genuinità, freschezza, sapori mediterranei, mattarelli e farina. Ma che oggi sta prendendo un nuova piega, se vogliamo più ‘design oriented’, dove nell’eterna lotta contro i colossi mondiali, fanno pian piano capolino le realtà locali, i progetti che cercano di sottolineare e salvare ciò che di buono c’è ancora nel piacere della tavola. Ma se vi chiedessero di pensare chi può rappresentare oggi il nuovo design italiano, rispondereste Lapo Elkann? E se doveste individuare il nuovo fashion trend del nostro paese, direste le veline al Billionaire? E chi diventerà la nuova capitale del gusto italiano? In attesa di rispondere a queste domande, ripercorriamo passo per passo ciò che ci ha reso grandi. 64

La forma dell’utile È con la IX Triennale di Milano che si inaugura ufficialmente la storia del disegno industriale in Italia. È un po’ come se la guerra avesse dato un forte scossone alla coscienza progettuale italiana, risvegliandola tutto ad un tratto. Fondendo i dettami della

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La famiglia del bel design Dai Castiglioni, il design è sicuramente di casa. Il primo ad avvicinarsi alla cultura del progetto è Livio, il radio-amatore, diventato consulente di Phonola e Brionvega. ‘L’effetto Livio’ si trasferisce poi a tutti i fratelli, facendo della passione per la progettazione industriale una costante per la famiglia. Il secondo fratello: Pier

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Il radical-chic è così in È il 1981 quando Ettore Sottsass, già anticipatore del radical design, fonda il collettivo di progettisti noto con il nome di Memphis. Il gruppo vuole reagire al design minimalista che ha caratterizzato il decennio precedente, ritenuto povero e senza personalità. Mobili, macchine da scrivere, vasi e oggetti, ma anche edifici,

“Esthétique industrielle”, quelli della “Gute Form”, e la corrente organica scandinava, si fa avanti l’estetica funzionalista italiana: il bello dettato dall’utile, la forma influenzata dalla funzione. È la nascita del fenomeno dell’Italian Design, figlio del Razionalismo e padre (se non addirittura nonno!) di tutte le estetiche a venire. Il suo punto di forza è un’anomalia: il design italiano non nasce dalla Rivoluzione Industriale, ma ha radici per assurdo più antiche e, per fortuna, più legate alla cultura locale. È un design che si fa tra il progettista e l’artigiano, tra il piccolo magnate industriale e l’artista. Frutto di compromessi, ma anche di grande sapienza tecnica. Il proto-design è ‘arte funzionalizzata’. Giacomo, è stato senza dubbio il più talentuoso. L’ultimo, Achille, il più famoso: l’innovatore. Ogni prodotto ed ogni collaborazione dei fratelli Castiglioni si è rivelata un successo. Unici nella capacità di mediare tra un immaginario fantastico e le fredde esigenze del marketing, hanno progettato oggetti e ambienti, con forme sempre diverse: geometriche e organiche, irreali e funzionali, ma sempre vicine allo spirito surrealista e dadaista. Ma non solo: la sperimentazione tecnica è stata il loro cavallo di battaglia, come dimostra la fama, legata al mondo della luce, che ha permesso loro di “traghettare” il design italiano, succube del gusto e del costume, verso l’empireo del “senza tempo”. fotografie e disegni rivestono un nuovo ruolo: dove alla funzionalità si antepone l’ironia, il simbolismo e soprattutto il valore emozionale-affettivo. I toni sono vivaci, rumorosi, le forme giocose e moderne. Le matrici attingono dalla cultura pop americana, dal mito errante della Beat Generation, così come dall’Art Déco d’inizio secolo e dalle avanguardie futuriste. Il gruppo Memphis inaugura la stagione del radical design, dei salotti borghesi e degli intellettuali milanesi. Sono gli anni del lusso ostentato, della cultura come status quo, della ricercatezza come parola d’ordine. A metà strada tra cultura ‘alta’ e popolare, proprio come la libreria Carlton.


lifestyle

FASHIoN

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Dalla dolce vita ai miti del set È sullo sfondo del piano di recupero post-bellico Marshall, che l’Italia degli anni ’50 si trasforma in una vera e propria colonia statunitense. Il piano prevedeva il trasferimento e la spesa di beni all’interno del nostro Paese. L’occasione fu ghiotta e

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La fantasia al potere Designer, talent scout, imprenditore, ma soprattutto anticipatore. Elio Fiorucci è il primo a intendere la moda come stile di vita, come esperienza multi-sensoriale e globale. Non a caso, il suo team comprende una serie di talenti provenienti da ogni dove. Ben presto lo ‘stile Fiorucci’ si fa conoscere in tutto il mondo: aprendo a Carnaby

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Success woman cercasi Ora “la moda parla italiano” decreta Vogue America, con meraviglia nel 1979. Lasciato alle spalle il tempo delle principesse, negli anni ’80 scoppia il ‘made in Italy’. Quelli che secondo i francesi sapevano fare solo tessuti, rivelano immaginazione, energia e tanto talento. Sono gli anni della rivoluzione dei costumi e dei ruoli,

Roma diventa il boccone più prelibato. Grazie all’intramontabile Vacanze Romane, con una splendida Audrey Hepburn, il fascino della città eterna fa il giro del mondo, imponendosi nell’immaginario internazionale come simbolo dell’italianità e soprattutto dello svago. Via Veneto si trasforma in una passerella VIP, in cui sfilano divi hollywoodiani e celebrità nostrane dalle morbide curve (come dimenticarsi dei primi paparazzi e degli scatti ‘rubati’ alle giovani Lollo e Loren?). Con tutto questo via vai, la moda comincia a darsi un gran da fare: è l’epoca d’oro delle botteghe sartoriali, degli abiti principeschi delle sorelle Fontana e della prima sfilata di moda a Palazzo Pitti. I riflettori sono tutti puntati sul nostro Paese. Street, in Giappone e persino in Sudamerica. Nello stesso periodo il negozio di Milano diventa un vero e proprio punto di incontro e aggregazione giovanile. L’unica parentesi colorata nel grigiore della città meneghina. L’apice della popolarità arriva nel ’77 quando nel cuore di Manhattan organizza l’inaugurazione dello Studio 54: più che una discoteca, un fenomeno di costume, una fucina di creativi e personaggi del jet set internazionale. Fiorucci è riuscito a rimanere giovane, cavalcando l’onda delle tendenze per quattro decadi. Fiorucci-land non è semplicemente un marchio, ma un mix giocoso e individuale di storia e avanguardismo, in altre parole, inconfondibile. c’è la donna, non più la casalinga ai fornelli, ma in carriera, moderna e molto competitiva. Il look dello yuppie al femminile nasce così dall’intelligente intuizione di “Re Giorgio” che per primo veste la donna in carriera: la giacca da completo maschile viene presa, decostruita e riscritta sul corpo femminile, il risultato è decisamente androgino: linee morbide, spalle imbottite, tagli simmetrici e decisi. La donna, sotto il punto di vista del look, raggiunge l’uomo. The ‘King of jackets’, come viene definito dagli americani che tanto lo amano, ha scritto un nuovo capitolo nella storia del fashion system italiano e della vita sociale del nostro Paese.

Food

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La regina delle pizze Tradizione vuole che nel giugno del 1889, per onorare l’allora regina d’Italia, Margherita di Savoia, il cuoco Raffaele Esposito inventa la pizza Margherita, dove i condimenti, pomodoro, mozzarella e basilico, vengono scelti e accostati per

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La pubblicità dei buoni sentimenti Più di 130 anni di attività, 26 poli produttivi, tra pastifici, fornerie e mulini, e circa 900.000 tonnellate di pasta prodotte all’anno. Questi sono i numeri della Barilla, un’azienda italiana a gestione famigliare che, alla quarta generazione, detiene ancora la leadership nel mondo della pasta. L’intuizione geniale del fondatore è

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Perché tutta questa fretta? Suo padre faceva la pasta, il nonno era mugnaio, lui, Oscar Farinetti, 55 anni, albese purosangue, ha inevitabilmente ereditato la passione per il cibo. Ma la rivoluzione in questo campo l’ha cominciata il 26 gennaio 2007 giorno in cui ha inaugurato Eataly Torino. Obiettivo: dimostrare che il mondo alimentare può

rappresentare i colori della bandiera italiana. Nonostante la pizza sia presente nella tradizione culinaria del nostro Paese da molto tempo prima, Esposito è stato il primo a trasformarla in prodotto tipico dell’italianità. L’originale, da allora, per potersi fregiare di tale marchio dev’essere preparata con ingredienti e procedimenti codificati. Nata a Napoli ma presto diffusasi in tutta la penisola, e in tutto il mondo, è diventata un alimento di consumo in voga soprattutto a New York. Record dettato in parte dal massiccio flusso migratorio dello scorso secolo, e in parte grazie alle catene in franchising, che l’hanno standardizzata, trasformandola nel principale esempio di globalizzazione dell’italianità. stata trasformare la pasta, prodotto umile e povero, in un vero e proprio costrutto di valori fatti di genuinità, semplicità e raffinatezza. Ed è grazie al binomio qualità e pubblicità che il marchio ha oltrepassato i decenni diventando fenomeno sociale. Tutto è studiato per colpire: dal packaging in cartone (primi a utilizzarlo) con finestrella per il prodotto, agli spot televisivi. Pubblicità come “Dove c’è Barilla, c’è casa” o la “famiglia del Mulino Bianco” ideata da Armando Testa, ispirate ai buoni sentimenti e a un ritorno ad una visione più tradizionale della società, fanno parte della nostra memoria. I numeri del resto parlano chiaro: la Barilla è la più scelta dagli italiani. creare un’alternativa alla standardizzazione dei consumi. Un successo. L’iniziativa ha convinto i piemontesi e non solo loro: dopo Eataly all’ombra della Mole Antonelliana, ecco quelli di Milano, Bologna, Pinerolo; di Tokyo e New York. Cos’è dunque Eataly? Un supermercato di qualità, un insieme di negozi che vendono salumi, formaggi, carne, frutta e verdura, locali a km zero, sale da degustazione, ristoranti a tema, una biblioteca di settore, aule per corsi di educazione alimentare e di cucina. Insomma nessuna etichetta specifica per un concentrato di tutte le eccellenze della piccola gastronomia italiana. Il risultato? Educazione, intrattenimento e buona tavola a braccetto.

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Alla garibaldina testo di Edoardo Gentile foto di Eva Stonem

Padre della patria italiana. Rivoluzionario di professione. Volto del Risorgimento. Carattere irrequieto e desideroso di avventura, coraggioso e tenace. Scenario roccioso, volto accigliato. Pullover rosso, bastone, ‘pantalon turchin’. E l’immancabile foulard. Anno patriottico, allure garibaldina. L’eroe dei due mondi questa volta torna con stile 66

pullover Drumohr rosso al posto della più classica giubba, utilizzata dalle truppe per nascondere il sangue delle ferite; foulard in seta bianco, con fantasia bordeaux; pantaloni turchesi, in cotone; bastone da montagna; stivali John Spencer terra d’ombra


fashion story

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copricapo color senape, d’ispirazione rinascimentale; camicia a righe bianche e rosse su misura, di Ruffatti; giacca tinta prato, di L.B.M. 1911; pantaloni in cotone color sabbia; coperta scozzese Etro dai toni tricolore e sabaudi, bianco, rosso, verde e blu, indossata a mò di scialle

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fashion story

cappello in lana a coste, verde militare; giacca amaranto, di Valley Mills; foulard in seta bianco, con fantasia in nero stilizzata; polo verde padania, Lacoste; pantaloni in cotone color ocra; scarpe all’inglese scamosciate da Regain marroni

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Tra mare e montagna o giù nella valle: risa, pianti e schiamazzi. Le colonie riempivano un vuoto sociale dovuto alla guerra e alla povertà

Vacanza alla colonia testo di Carlotta Petracci

‘Con la maglietta candida, col berettino in testa. Abbiamo fatto festa, abbiamo fatto festa. Per chi lo sa. Noi siamo la beltà, noi siamo la virtù, siam fior di gioventù’. Così cantavano i bambini spensierati in quella calda estate del 1929. Un anno funesto per la storia mondiale, eppure per i piccoli 'Balilla' diretti alle colonie, un'altra stagione di festa Le chiamavano le torri. Torri Balilla, torri Fiat. Erano una novità per il paesaggio italiano degli anni Trenta. Edifici razionalisti minori, ma senza dubbio con un’importante missione sociale. Crescere sani e forti i piccoli Balilla, assistere i lavoratori, dando il privilegio ai loro figli di trascorrere una piacevole vacanza. Mare, montagna e sguardo rivolto verso il cielo, dove questi edifici svettavano, e giù nella valle o sulla spiaggia schiamazzi e lunghe code di bambini. Dovevano essere così le ‘città dell’infanzia’, luoghi di sperimentazione di un sistema sociale forte e ordinato; dove salute e filatropia incontravano

Tutti in Romagna Senza dubbio di colonie in Italia ce ne sono state tante, ma rimane la Romagna, il luogo onirico a cui pensare quando si parla di vacanze sul genere. Già verso la metà dell’Ottocento, ai tempi dei primi turismi nati come risposta alla modernità e

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l’assistenzialismo delle politiche dello Stato Fascista e della nostra amata ‘Fabbrica Italia’. Alte fino a ‘60 metri, le torri, marine e montane, non facevano che riproporre l'idea di corpo compatto della fabbrica e della caserma. L’organizzazione della vita sociale, al loro interno, era tipicamente moderna. Tempo frammentato in tante attività sequenziali; ordine, rigore e disciplina. Se da un punto di vista architettonico, la disposizione degli spazi, e la collocazione di queste ‘città dell’infanzia’, meglio conosciute come colonie, all’interno del paesaggio italiano richiamavano delle funzioni sociali ben precise, da quello

ai disagi dell’abitare in città, tra Toscana e Romagna, erano oltre cinquanta le colonie curative disseminate lungo tutto il litorale. Antesignane di quelle Balilla, della Croce Rossa, o delle più famose “Le Navi”, di quella Bolognese a Rimini, che contava nel ‘34 ben 2000 posti letto o di quella bolzanina

Riproponevano l’idea di corpo compatto della fabbrica e della caserma nel tondo: 2862 furono i bambini ospitati nelle colonie Fiat nel 1939. Le attività proseguirono fino al 1942, ma a causa della guerra, cessarono nei quattro anni successivi

a Cesenatico, chiamata le “12 stelle”, fortemente voluta dalla diocesi di Trento e gestita dai preti. Insomma la spartizione del ‘potere’ e dell’educazione sul litorale romagnolo fu paradigmatica: Stato Fascista, Chiesa e ‘Fabbrica Italia’. Mai la parola colonia fu più azzeccata!


portfolio

LE SIGNORINE Tutti concordi nel chiamarle così, perché erano belle e giovani. Erano un po’ come le maestre, ma più buone. Ognuna di loro aveva una sua classe di bambini, e

se qualcosa andava storto dovevano fare rapporto alla direttrice. Un po’ come in collegio o dalle suore. “Ma alle signorine volevamo bene”.

personale, però, ci troviamo di fronte alla ricostruzione di mosaici di ricordi a tratti nostalgici e felici. É la stessa Rita Pavone, nel libro di C.G. Jocteau (Ai monti e al mare, cento anni di colonie per l’infanzia, Torino, 1990), a raccontarci e ricordarci il privilegio di quelle ore spensierate: “Mio padre lavorava a Torino Mirafiori ed io ho frequentato le colonie Fiat per sei anni, dal 1951 al 1956 […]. Conservo un bel ricordo della torre, delle sfilate sulla rampa, dei giochi, del cinema e della festa di fine turno in cui mi facevano cantare. Dal punto di vista alimentare per me era una vera cuccagna: a casa mio padre, con il suo stipendio, non riusciva a comprare tanta carne in un anno quanta ne mangiavo io in un mese in colonia. E poi ci davano la cioccolata per merenda di domenica ed il latte col cacao a colazione”. Educazione rigida, ma belle giornate quindi per quelle centinaia e migliaia di bambini che dai tempi delle colonie del Duce, vestiti di tutto punto con le loro piccole ‘uniformi’, sono passati alla ricreazione e alla libertà vestimentaria dei ‘Centri Verdiblu’. A giustificare questo cambiamento di stile di vita e di immagine della colonia, c’è senza dubbio la storia del dopoguerra. Un periodo di grande ripresa economica e di maggiore libertà sociale, che vede il definitivo tramonto delle politiche assistenziali delle origini e un rifiuto da parte, prima di tutto dei bambini, delle rigide regole del regime. I ‘Centri Verdeblu’ Fiat degli anni settanta infatti rappresentano una grande innovazione, avvicinando i ‘soggiorni in colonia’ a delle vere e proprie permanenze all’interno di villaggi turistici. Un’educazione più permissiva, corsi di formazione per le educatrici, bambini divisi in piccoli gruppi, e mag-

sopra: bambini in divisa che giocano con una bambola, nello spiazzo verde adiacente alla Torre di Sauze. sotto: il litorale romagnolo e le colonie estive del riminese. Palloni con le righe, salvagenti con i cavallini, cuffie oversize. Un spaccato di puro divertimento sotto il sol leone. Non solo regime militare quindi, ma anche benessere e libertà

La Torre Balilla di Sauze Insieme a quella di Marina di Massa in Toscana, è uno degli edifici Fiat più interessanti, da un punto di vista sociale, culturale e architettonico. Sintesi perfetta di ideologia e funzionalità, la torre di Sauze, realizzata nel 1937, dall’ingegner

Vittorio Bonadè Bottino per volontà del senatore Agnelli e destinata al soggiorno estivo dei figli dei dipendenti della Fabbrica Italiana, rappresenta il naturale seguito di quelle di Sestriere e Marina di Massa. Quest’ultima elevata nel 1933 e concepita come un’unica interminabile camerata, vantava un altezza di 60 metri per

25 di diametro, per un totale di 17 piani e 750 posti letto. Un vero e proprio monumento all’infanzia, in cemento armato, e allo stesso tempo una costruzione esemplare dell’orientamento architettonico degli edifici del ventennio, in grado di alterare il paesaggio con la loro funzione pubblica e ‘pubblicitaria’.

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CITTÀ pER L’INFANZIA Le colonie, nate per rispondere alle moderne esigenze connesse alla salute e all’educazione dei bambini, e per apportare quel benessere fisico e mentale

che spesso mancava nelle città dell'epoca, rappresentano ancora oggi degli esempi di architettura sociale, risalente al periodo Razionalista, di notevole interesse

paesaggistico. Si inseriscono nel filone del movimento igienista e filantropico di fine Ottocento (avviato con i sanatori Agnelli di Pracatinat), evolutosi in

giore impulso, dato al branding e ai valori che il marchio, rigorosamente registrato e depositato, veicolava presso le famiglie dei lavoratori. Cambia la composizione. Se prima alle colonie andavano i figli di tutta Italia, ora, con questa specializzazione, la vacanza alla colonia diventa un fenomeno quasi esclusivamente operaio. All’uniformità organizzativa tipica degli anni Trenta: alza bandiera, canzone del Duce, ginnastica, igiene personale, svago, pranzo, riposino, sport, lettere di mamma e papà, cena, spettacolino serale e altro ancora fino all’ora del silenzio, gli anni settanta sostituiscono uno spirito più ludico. Meno attività militaresche, una concezione del tempo più flessibile e più intrattenimento. Sono forse questi gli anni migliori per i bambini, quelli più divertenti. Ma anche quelli che porteranno all’estinzione di questa formula vacanziera. Con gli anni ‘80 e ‘90 sulla riviera adriatica in colonia iniziano a vedersi solo bambini stranieri: tedeschi, francesi, qualche nordeuropeo ed è un lento spegnersi delle ‘case per l'infanzia’. Sulla spiaggia i piccoli italiani in vacanza se ne stanno con mamma, papà, fratelli, sorelle e nonni al seguito, con sacchettate di giocattoli da far invidia a Babbo Natale e oltre la pineta nulla più. Cespugli alti, abbandono, silenzio. Per chi curiosamente si ferma, rimangono solo le voci dei compagni reincontrati, ormai adulti, su Facebook, ruderi e ricordi. I tempi passano e di quei gruppi di bambini sulla spiaggia nessuna traccia. Niente pianti per tornare e niente capricci per andare. Lontano da casa, lontano dalla famiglia. Nelle parole dei più, quanta nostalgia, ma forse potremmo vederla anche così: quanta libertà!

Vacanza Verdeblu Alla fine degli anni settanta, epoca segnata da innumerevoli rivoluzioni, comincia il cambiamento. Venuti meno la rigida suddivisione in classi e il potere dello Stato Fascista, superato il concetto di ‘soggiorno in colonia’,

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si fa spazio un modello diverso, ricco di contenuti ricreativi e formativi. L’epoca dell’assistenzialismo stava terminando: il cibo e la disciplina non erano più sufficienti a garantire il successo della vacanza genere ‘giovani commilitoni’ e le nuove teorie sull’educazione predicavano

sopra: una tipica camerata nella Torre di Sauze. La forma elicoidale, le brande in stile militare, la luce forte che filtra dalle finestre. Ordine e silenzio in questa vecchia foto, incorniciata dalle pareti in cemento armato, quasi a memoria della rigida educazione imposta, ma anche svago (a lato) tra i prati in fiore, per chi frequentava le colonie montane

maggiore permissività e flessibilità nella concezione del tempo libero. Fiat si impegna per l’importante svolta: corsi di formazione per educatrici, bambini divisi in piccoli gruppi e tante novità. La colonia diventa il ‘Centro Verdeblu’, con tanto di logo depositato, proprio come un villaggio turistico.


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relazione alle spinte del regime fascista, nelle sperimentazioni architettoniche dell’ingegner Bonadè Bottino, protagonista di spicco del periodo

dell’edilizia Fiat degli anni Trenta. Tutte le colonie, marine e montane, furono costruite in tempi rapidissimi, senza però penalizzare la cura dei materiali.

Io c’ero. E tu dov’eri? Voci digitali si incontrano su una pagina di Facebook, e sono subito ricordi. C’è chi si ritrova e chi non si è mai lasciato e chi tiene viva la comunità elettronica. Lontani i tempi delle vacanze, ci pensano i social network a riunire tutti, signorine comprese!

Anna Maria Tordi 58 anni “Non mi piaceva la colonia, perché mi ammalavo sempre. A casa stavo bene, mi sentivo libera. Mentre ogni volta che arrivavo a Igea Marina, per godere di un po’ di meritato sole e aria di

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Angela Bernardino 73 anni “Ci chiamavano le “signorine”, perché non eravamo proprio delle maestre, ma più delle sorelle maggiori. Il nostro ruolo era controllare i bambini e farli divertire. Avevamo anche un po’ la funzione di mediatore, tra le rigide regole imposte dalla direttrice e la loro voglia di libertà. Ricordo che molti piangevano, e che all’inizio mi si stringeva il cuore, pensandoli così piccoli e lontani da casa. Ma quelle ‘piccole pesti’ me la facevano sempre, certe volte frignavano solo perché volevano un po’ di latte e cacao in più. Alla fine avevo imparato ad accorgermene e

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Daniele Valtorta 40 anni

avevo studiato un trucco per smascherali. Iniziavo a gridare che erano arrivati i genitori a prenderli e che non avrebbero finito l’estate al mare! Me li ritrovano poco dopo vicino alle sottane, con gli occhi enormi che mi imploravano di dire che erano malati perché non volevano tornare a casa. Eh sì, la verità è che alla colonia si stava bene. C’era un po’ di regime militare, ma stare tutti insieme era bello, guardare di sottecchi le prime cotte in riva al mare era a tratti emozionante. Mi faceva pensare che, nonostante i momenti difficili, ci sarebbe stato un meraviglioso domani”.

“Il primo anno fu terribile perché non la presi bene.

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Wilma Blandino 56 anni “C’è molta confusione nell’interpretazione del mondo delle colonie. Si parla tanto di educazione e disciplina, ma ci si dimentica spesso che un aspetto importante, sin dall’Ottocento,

mare, mi saliva un gran febbrone. Oggi che sono medico, mi verrebbe quasi da dire che era una forma di rifiuto, un po’ anche di ‘vendetta’. Forse mi sentivo sola. Mi vedo ancora in quell’immagine dalla finestra mentre saluto i miei genitori nello spiazzo. Le signorine non li facevano mai salire, anche se era il giorno delle visite comandate, perché dicevano che i bambini malati dovevano stare in isolamento. Gesù, in quarantena direi! E pensare che mia madre per venirmi a trovare faceva sempre grandi sacrifici. Sì, perché durante la stagione estiva al magazzino si lavorava anche nel fine settimana. A quei tempi se te ne stavi a casa la domenica, il lunedì non ti facevano neppure entrare.”

Vidi il mettermi in colonia come uno scaricarmi da parte dei miei genitori, che invece avevano i loro motivi per farlo: lavoravano. Sono della generazione cresciuta a suon di “se non fai il bravo ti mando in collegio” e quindi credevo di esserci realmente finito. Ricordo che pensai più volte a come scappare, in stile “fuga da Alcatraz”, senza curarmi del problema di dove sarei andato una volta fuori di lì”.

quando sorsero i primi sanatori e ‘Pracatinat’, era la salute. Le colonie Fiat degli anni sessanta, per esempio, erano concepite principalmente come curative più che educative. Basti pensare che una delle prime cose a cui si era sottoposti all’ingresso, era la famosa ‘visita medica’. Se tutto andava bene la vacanza continuava, altrimenti si rischiava di trascorrere tutto il periodo in isolamento, in un padiglione a parte. I bambini che avevano la sfortuna di capitarci vivevano in un mondo a sé”.

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12 STELLE SU FB Uno dei tanti gruppi nati in rete per reincontrare vecchi amici e amori. O semplicemente: “Per tutti quelli che non si dimenticheranno mai l’odeon e

le sue serate con i primi lenti, i gelati presi al chiosco, i bagni a mare, le partite a calcio sotto il sole cocente, le anguriate, le dediche al megafono,

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“Mia madre lavorava in fabbrica, mio padre faceva il cantastorie. Eravamo molto poveri e i miei fratelli più grandi, sebbene molto piccoli, lavoravano. Uno andava a bottega dal barbiere, l’altra serviva i signori. Erano tempi duri, non la facevano neppure mangiare al loro tavolo. Io ero la più piccola e non potevo lavorare. Così mi mandarono in colonia. Ricordo che ero felicissima. Vestita di tutto punto, con la camicetta bianca e la sottanina scura, partii insieme agli altri bambini con la corriera per raggiungere la colonia del Duce. Le colonie le aveva volute lui, come tante altre riforme sociali. A noi che eravamo poveri e numerosi ci aveva dato una casa. I bambini non conoscevano il mondo, ma volevano bene al Duce, perché li mandava in colonia a star bene e a giocare a spese dello Stato”.

“L’esperienza alla colonia? È stata sicuramente positiva, ci andrei anche adesso. La colonia è bella per motivi semplici. Si sta insieme ad altri ragazzi della propria età, senza genitori. Si ha un primo assaggio di libertà. Le regole certamente erano molto

Enrichetta Montalti 89 anni

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Cesare Minetti 54 anni “Ci sono persone che porterai nel cuore tutta la vita. Me lo ripeteva ogni sera prima di andare a dormire, mentre

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gli indovinelli, le canzoni da oratorio, le camerate giganti e le docce in comune, le prime cotte (…), ricordi indimenticabili.”

Antonio Saragnese 27 anni rigide, ma si giocava tanto. La sera c’era quasi sempre uno spettacolino preparato dagli animatori. Oppure si andava in una discoteca poco lontano. A ripensarci era terribilmente squallida, ma estremamente divertente”.

“Le regole erano molto rigide. Vestivamo tutti la divisa. Lasciavamo i nostri averi in una stanza quando arrivavamo, dove ci facevano trovare i nostri completini. E poi tutto

d’un fiato, la giornata andava così. Sveglia con la tromba militare, in fila a lavarsi, alza bandiera con inno nazionale, in fila con l’attenti, colazione, laboratori, gite, pranzo, sparecchiare, lettere di mamma e papà, un po’ di tempo libero, riposo pomeridiano, sveglia, merenda, momenti di socializzazione, tornei sportivi, doccia, cena, riordino, ammaina bandiera, serate a tema, o film, o recita, lavarsi i denti e tutti a letto. Ogni giorno era uguale, ma anche speciale”.

sentivo il profumo dei suoi capelli che mi cadevano in faccia. E dire che sono sempre stato introverso. A scuola avevo pochi amici e anche nel mio palazzo. Ma quando andavo in colonia tutto cambiava, perchè c’era lei. Con lei mi sentivo invincibile, cambiavo, mi aprivo. Non ero più io. Quando mi venivano a trovare i miei genitori me lo dicevano sempre. All’inizio mi metteva in soggezione, perchè lei veniva da su, da Milano, e

oltre a essere bellissima era anche, per le mie fantasie di bambino, molto aristocratica. In realtà, dietro a quegli occhi azzurri e capelli biondi, era, come dicevano le signorine, una vera e propria “discola”. Ne combinava di tutti i colori e io imparai a seguirla a ruota. Forse di lei mi sono persino innamorato, ma non ci fu mai il tempo di dirselo. Era troppo bella la nostra amicizia, non l’avrei scambiata per nulla al mondo.”

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Claudia Bertoldo 48 anni

fotografie delle pagine 70-73: archivio personale di Claudia Bertoldo e Wilma Blandino. A loro un ringraziamento speciale per aver sottratto all’oblio questo ‘piccolo pezzo’ di storia italiana


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Il borsino tricolore A chi cerca casa, immobili e soluzioni vacanza. Un po’ di spazio ai brand più interessanti del nostro mercato. Dalla piazza virtuale del portale numero uno in Italia, al gruppo turistico che ha fatto sognare generazioni di italiani

La rete è casa mia Going digital. È questo il messaggio che Casa.it lancia alle agenzie dello stivale, dopo averci accompagnato per un caffè da nonna Lea. La reputazione e il business oggi si costruiscono online, provare per credere

Vacanze italiane Tre, quattro e cinque stelle. Alberghi, case estive e resort, Alpitour invita tutti in viaggio. Andiamo alla scoperta delle più belle destinazioni del nostro paese e godiamoci un po’ di meritato relax


La rete è casa mia testo di Carlotta Petracci illustrazioni di Elena La Rovere

I mercati sono conversazioni, la rete è un dono di Dio. I guru hanno detto di tutto e avevano ragione. Cavalchiamo anche in Italia l’onda digitale

nel tondo: Daniele Mancini, Amministratore Delegato Casa.it

Quindici anni di storia per Casa.it, partner storico delle agenzie immobiliari italiane e del mondo, con un vantaggio competitivo nel nostro Paese che si attesta intorno al 60%. 4 milioni di utenti sul proprio portale (quando appena qualche anno fa se ne contavano poco più che 800.000), tra agenzie, mediatori, costruttori, clienti privati, per uno stock di 700.000 annunci di vendita e affitto e un per un patrimonio totale di 185 miliardi di euro di case. Cifre che fanno riflettere al solo confronto con i dati dell’Agenzia del Territorio dell’anno 2010: 104 miliardi di euro di case vendute. “Internet è un dono di Dio” 76


casa.it

01 Italia vs Mondo Una sfida ancora aperta

direbbe certamente Riccardo Luna, non solo come strumento di pace nel mondo ma anche come tecnologia in grado di cambiare in maniera sostanziale l’assetto dei mercati. Niente di più vero per Casa. it, proprietà oggi al 30% di Sky Italia e al 70% di Rea Group, a sua volta proprietà della News Corp di Rupert Murdoch, che con 22 milioni di euro spesi nel proprio portale, sta rivoluzionando il mondo del Real Estate, spostando ‘commercio’ e reputazione sempre più online. 5 le aree di influenza: Australia, dove il gruppo è leader assoluto, Benelux, Lussemburgo, Hong Kong e Italia, per una strategia che punta attraverso la rete al confronto diretto dei mercati, all’apprendimento e trasferimento di usi, costumi e potenzialità e alla risoluzione di criticità o rallentamenti, dovuti alla mancata alfabetizzazione digitale. “Tutto oggi si può fare in un click – ricorda Daniele Mancini, Amministratore Delegato del Gruppo – si possono vedere gli indirizzi di interesse e quelli correlati, navigare

per mappe, liste e foto. Cartografare il mercato in tempo reale, confrontando prezzi e qualità delle offerte. La trasparenza è totale, la rete non mente, è a prova di tutti e per tutti; è una piazza virtuale dove si incontrano, prima che transazioni, interessi”. Giornalisti, consumer, imprenditori, costruttori, agenzie immobiliari, il dialogo è aperto e il trend è quello di sfruttare tutte le potenzialità del web 2.0. “Casa.it non è più una directory, è un brand, forte, che raccoglie ogni giorno sul proprio sito 280.000 visitatori realmente interessati a comprare o affittare casa.” Primo tra tutti ad innovare in questa direzione è stato il settore del turismo, per tradizione votato all’apertura, alla flessibilità della mente e del pensiero indotte dal viaggio (dall’abitudine a guardare lontano come direbbe Eric J. Leed in La mente del viaggiatore), ma oggi siamo pronti anche per la casa (da sempre baluardo del radicamento): a rendere nomade, se non altro, la sua ricerca.

100% contratti in esclusiva per 9800 agenzie immobiliari, ciascuna in media con 12-15 dipendenti. Questa è l’Australia, il mercato dove Casa.it è di casa, dove le agenzie sono strutturate come imprese, le commissioni ai venditori sono del 2% e le inserzioni sul proprio portale sfiorano cifre 15 volte superiori a quelle italiane. 1500 euro al mese per gli australiani contro le 150 euro spese in media dalle agenzie dello stivale. Per l’esattezza 32.000, con in media 3-4 dipendenti ciascuna. Il confronto, come sempre è impari. Il mercato italiano rispetto a quello internazionale è lento, rigido, restio ad innovare. Alla reputation online e agli investimenti in rete, si preferiscono ancora: giornalini di annunci, affissioni, rapporti faccia a faccia. La condivisione dei saperi che la rete mette in atto, la democratizzazione del suo utilizzo fa paura. Ma è qui che la sfida comincia. 77


03 Formazione In prima linea per l’alfabetizzazione digitale

02 Team Giovane e con reputazione online

Età media 34 anni, tutti con esperienza nel mondo digitale, un proprio blog e un pool di follower su Linkedin, Twitter, Facebook. “L’alfabetizzazione digitale è fondamentale all’interno del nostro gruppo, non prendiamo neppure in considerazione curricula di persone che non abbiamo una propria reputazione in rete. Internet impone un continuo rinnovamento, bisogna essere sempre sul pezzo e pronti a cambiare strategia. Ogni giorno ci si deve inventare qualcosa di nuovo, per fare crescere il mercato e incrementare la visibilità del brand; la formazione istituzionale per questo motivo non basta, il web apre la strada a chi vuol essere imprenditore o manager di se stesso. Questa è senza dubbio una qualità molto apprezzata da noi”. Per lavorare a Casa.it si devono saper utilizzare le tecnologie fino in fondo e l’ultima frontiera oggi è il videoblogging. Scrittura, videomaking, fotografia e orientamento al marketing online queste sono le skills richieste e chissà domani. 78

Cos’è internet? È questa la domanda che Casa.it ha posto a più di 1500 agenzie a corsi, convetion, digital forum, con l’obiettivo di stimolare la diffusione della cultura digitale. 700 macchinette fotografiche regalate per permettere agli agenti immobiliari di familiarizzare con tutti gli strumenti che consentono di guadagnare visibilità in rete, all’agenzia e al proprio stock di immobili. Consegna alla propria rete di agenzie di siti già collegati automaticamente a Facebook, Youtube, Twitter attraverso cui disseminare annunci o intrattenere conversazioni con i propri clienti. Suona sibillina la tesi n. 10 del Cluetrain Manifesto: “(...) i mercati stanno diventando più intelligenti, più informati, più organizzati. Partecipare a un mercato in rete cambia profondamente le persone”, perchè i mercati online si organizzano molto più rapidamente di quelli tradizionali. Non bisogna perdere tempo, occorre abbracciare l’immediatezza, di pensiero e azione.

04 Comunicazione Il brand prima di ogni altra cosa

Milioni di euro spesi ogni anno per dare visibilità al proprio marchio, online e offline. Partnership con tutti i principali portali: Google, Yahoo, Libero, Bing (solo per citarne alcuni), presenza televisiva sulle reti Mediaset; Rai, Sky e sulle emittenti locali, indicizzazione al top e inserzioni sui principali free press nazionali. Sono queste le carte da giocare per convincere gli agenti immobiliari del valore della ricerca online. “Il boom di utenti non basta, ogni agenzia deve capire che dietro al branding e alla visibilità c’è un potenziale di contatti illimitato. E noi ai nostri clienti ne mandiamo ben 600.000 al mese”. Il database è il valore di ogni azienda, sopratutto se si considera che la percentuale di contatti provenienti da internet e andati a buon fine oggi è davvero alta: il 45,7%. Tradotto in ‘moneta sonante’ significa che su 104 miliardi di euro di case vendute nell’anno 2010, il 55% ha visto l’intermediazione di agenzie immobiliari, che nel 45% dei casi si è realizzata attraverso la rete. Ossia 26 miliardi di euro.


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B2b Agenti tutti online

Nonna Lea Consigli ‘in da house’

Blogging ed expertise non sono mai andati a braccetto come oggi. Finita l’era dei blog aziendali della prima ora, adesso reputation online, strategie di marketing e crossmedia-selling si incontrano felicemente. Per vendere bisogna presidiare tutti i canali di comunicazione. Portali, blog e videoblog dove si compra e si vende, ci si conosce, si commenta e si raccolgono informazioni sul proprio business: l’esplosione è inarrestabile. “L’obiettivo per gli agenti deve essere il seguito; la meta: salire nel ranking dei più cliccati. L’endorsement dipende sempre più dall’immediatezza della soddisfazione e della sua manifestazione; perchè la prima regola in rete è la democrazia. Condivisione dei saperi uguale fama; uguale espansione del proprio mercato”. Per Casa.it questo è il b2b, contatto con le proprie reti di agenzie attraverso il portale numero uno in Italia, ma anche comunicazione e stimolo alla diffusione della cultura del web 2.0. “Più i mercati locali saranno preparati - sottolinea Mancini - maggiori saranno le nostre possibilità di espandere il network internazionale”.

Un vero e proprio fenomeno della rete. Un caso esemplare di viral marketing. 5.800.000 visualizzazioni totali, per 700-800.000 giornaliere e 200 commenti entusiastici. É la serie di video (12 per l’esattezza) usciti su Youtube con cui Casa.it ha ‘adescato’ il pubblico giovane, strappando un sorriso anche ai ‘creativi più stoici’ e agli utenti più navigati. Una faccia popolare quella di nonna Lea e una simpatica idea quella di ritrarla nella cucina di casa, intenta a dare consigli elementari, da come preparare un ottimo caffè a come sbucciare una banana, in uno slang da ‘in da house’. “Il modo migliore - sottolinea l’Amministratore Delegato Daniele Mancini – per far conoscere il nostro brand ed essere sempre un passo avanti nell’utilizzo delle tecnologie di informazione”. Un pensiero progressista che ha fruttato a Casa.it in Italia la pole position su Youtube. Terzo posto tra i canali più visitati.

06 B2c Le vie della rete sono infinite

Youtube, Facebook, Linkedin, Twitter, personal blogging: tutte le strade vanno percorse per raggiungere il cliente finale come quello intermedio (le agenzie immobiliari, per intenderci!). Investimenti in comunicazione da capogiro, ma soprattutto ricerca di sempre nuove frontiere e contatti attraverso il web. “Perché la rete non dorme mai e per chi la sposa vuol dire stravolgere il proprio modo di comunicare, addirittura di pensare, per creare ‘ponti’ e relazioni”. Le mode, gli stili di vita oggi transitano in rete, rendendosi visibili a chi vuole creare o consolidare nuovi business. La rete è un bacino antropologico sterminato e un linguaggio che il mondo immobiliare deve conoscere, per dialogare in maniera personalizzata con i propri pubblici, sempre più frammentati nei gusti e nelle abitudini grazie alla mutimedialità.

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Vacanze italiane testo di Raffaella Giordano – Alpitour/Prodotto Italia

In viaggio da nord a sud e nelle isole. Sono tanti i turismi, altrettante le mete. Anno patriottico, vacanze di casa Alpitour e il suo Mare Italia. Sono 482 le pagine in cui trovano spazio i meravigliosi alberghi da 3, 4 e 5 stelle, gli appartamenti scelti nelle località più amate dagli italiani, i residence e i villaggi, di piccole e grandi dimensioni, fino ai resort. Il Mare Francorosso per i ‘palati raffinati’, propone invece alberghi di prestigio, soluzioni eleganti, servizi e infrastrutture tra le più confortevoli. Neonato nella famiglia Italia è il catalogo Karambola. Giovane per i giovani, ma anche molto apprezzato da coppie e famiglie che amano viaggiare a costi accessibili a tutti in appartamento o alberghi di dimensioni più contenute.

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adriatico Vacanza come sinonimo di libertà, allegria e divertimento. Seguendo questa visione Alpitour ha scelto di combinare le offerte di residence e appartamenti sull’Adriatico con ricchi programmi di animazione, corsi sportivi, mini e young club, piscine e attrezzature sportive, comprese nel prezzo del soggiorno o nel pacchetto della tessera club. Tra le occasioni più interessanti: il Serena Majestic di Montesilvano Lido, il Villaggio Welcome di Tortoreto Lido, il Natural Village di Porto Potenza Picena fino ad arrivare alla Romagna, con i nuovissimi bilocali a Lido delle Nazioni dello Spiaggia Romea Residence, sul delta del Po. Per chi in vacanza invece cerca la tranquillità vengono proposte le suggestive soluzioni di appartamenti a Porto Recanati (Riva Musone, Villaggio Internazionale, I Giardini del Conero), a Rimini (Litoraneo) e Bellaria (Residenza Giardino). Tutte destinazioni molto amate dalle famiglie e a pochi passi dalla spiaggia e dal lungomare. 80


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TIRRENO Mimose in fiore, vigorose agavi che crescono tra le pietre dei muri a picco sul mare: la Liguria ha un fascino discreto e sofisticato e le proposte di Alpitour ben vi si accompagnano. Appartamenti all’interno di villaggi, come il Loano 2 Village e appartamenti privati, a due passi da centri animati e vitali, come Bordighera, e perfetti per cene a lume di candela e passeggiate en plein air. Liguria sì quindi, ma non solo. Altra meta ambitissima è senza dubbio la Toscana. Meraviglioso, nella maremma di mare, il Villaggio Girasole (di Alpitour World Hotels & Resorts) a Follonica, dove sono proposti trilocali e bilocali, anche abbinabili alla formula hotel. Ampia scelta di residence e appartamenti invece lungo tutta l’Isola d’Elba, da Portoferraio a Marina di Campo passando per Capoliveri.

Borgo particolarmente amato per i suoi vicoli e la sua romantica atmosfera al tramonto. Tornando alla Toscana Continentale, ogni località, da Tirrenia a Marina di Cecina, a Donoratico a Castiglione della Pescaia, conta almeno una soluzione di residence. Una nota di merito poi per il Riva del Etruschi Resort a San Vincenzo, rinomata e intramontabile meta di villeggiatura, suggerita nella comoda formula aparthotel, accompagnata da un ricco programma di attività, tra cui: sport, escursioni e benessere. Per gli ‘innamorati’ della Campania e dei suoi scorci mozzafiato Alpitour segnala invece sedici deliziosi e confortevoli appartamenti nel Residence Baia di Infreschi a Marina di Camerota, con spiaggia delle Lentiscelle raggiungibile anche con una bella camminata.

sono state ripensate in vista di una più popolare accessibilità, con sconti per prenotazioni anticipate e per ingressi in struttura infrasettimanali. In aggiunta pacchetti da dieci-undici notti e nuove mete “low cost & young” come Alghero, con appartamenti (Residence Picalè) sul lungomare. Per finire, per i clienti

più sofisticati vengono consigliate le soluzioni Bagaglino di Porto Cervo e gli appartamenti Vip al Residence Borgo di Punta Marana, dal panorama straordinario sul Golfo di Marinella e le ville con piscina privata, di Stintino, come le Paradise Villas, a pochi km dalla Pelosa, vera e propria spiaggia ‘da cartolina’.

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sardegna Da nord a sud sono innumerevoli le soluzioni proposte in tutta l’isola. Località diverse l’una dall’altra e appartamenti elegantissimi a Chia, Santa Margherita di Pula, Villasimius, Costa Rei, Budoni, Cannigione, Santa Teresa di Gallura e Isola Rossa. Oltre a queste destinazioni, dedichiamo particolare attenzione viene dedicata a San Teodoro, meta alla moda, a cui sono destinate ricche proposte: appartamenti e villette a schiera, a distanza variabile sia dal centro, molto vivace nelle sere d’estate, sia dalla spiaggia maldiviana de “La Cinta”, ricercata per la sua sabbia bianchissima. Ville prestigiose si trovano invece nel nuovissimo Resort Grade Baia, mentre appartamenti accompagnati da animazione il stile villaggio al Liscia Eldi Resort. Alla domanda “dove si può trovare una destinazione in grado di combinare un buon prezzo con scenari da ricordare”, Alpitour risponde con le proposte del catalogo Karambola. Dove mete, notoriamente costose,

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sicilia Nell’isola del sole brillano le località più suggestive, nelle quali Alpitour ha scelto appartamenti confortevoli, sia per una vacanza all’insegna del mare che per un viaggio di scoperta. S’inizia dalla punta ovest, da San Vito Lo Capo con ventotto appartamenti del delizioso Residence Il Baglio, passando per Cefalù dove la vacanza si assapora negli incantevoli appartamenti in pieno centro storico. Per chi ha un’età inferiore ai ventotto anni, la Cefalù Special Card garantisce agevolazioni e servizi extra, pensati per i più giovani. Correndo lungo la costa tirrenica, il Residence Baia di Tindari

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di Alpitour World Hotels & Resorts offre invece appartamenti nuovi, un’animazione vivace e una spiaggia riservata di 150 m, con all’orizzonte le isole Eolie, facilmente raggiungibili in escursione. Ancora: il residence Letojanni per chi ama la Sicilia ionica, l’Holiday Club e il Villaggio Alkantara per budget un po’ più contenuti e a due passi da Taormina, appartamenti e residence nella Sicilia barocca, da Marsa Sicla a quelli dall’atmosfera più informale del Villaggio Baia del Sole. Perfetti per chi arriva sull’onda del mito di Montalbano.

Nella deliziosa Tropea è stato selezionato il Villaggio Olivara, che ben si accompagna in formula hotel e residence. Dal catalogo Karambola invece il residence Miramare: soluzione low cost per chi ama mare e vivacità cittadina. Nella vetrina calabrese non bisogna dimenticare il Roller Club e il Villaggio Baia del Sole a Capovaticano in formula aparthotel (appartamento + mezza pensione), i bungalow del Residence Vascellero e tutta la selezione di appartamenti in piccoli e grandi resort della costa ionica, con animazione e servizi per giovani e famiglie.

famosi stabilimenti balneari della baia. E ancora: tanti residence con appartamenti semplici ma accoglienti nel profondo Sud (Jonio Club, Cala Verde, Riva Mare) fino a toccare la punta di Santa Maria di Leuca (Messapia Residence), per poi risalire sul versante adriatico dove a Torre dell’Orso, altra località particolarmente amata dagli italiani, è stato selezionato un villaggio, l’Iclub Sairon di Alpitour nel quale le 2 parole chiave sono: comodità e divertimento. Per chi è alla ricerca della villetta il Blue Area Village ne propone

di carine, con patio e doppio ingresso, doccia esterna e barbecue. Salendo verso nord, una nota particolare tra le tante proposte del Gargano merita il Villaggio San Lorenzo, commercializzato in Italia in esclusiva da Alpitour: gli appartamenti comodi e confortevoli, le ampie verande inserite in un contesto di fiori e piante particolarmente rigoglioso sono i “ricordi” che i nostri ospiti portano a casa di questa deliziosa struttura: a soli 30 m dal mare, a 1 km dall’incantevole borgopresepe di Vieste.

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puglia Dal Gargano al Salento le soluzioni di vacanza alternano colorati appartamenti all’interno di villaggi completi di piscine caraibiche, animazione per adulti e per bambini (come i Turchesi Club Village a Castellaneta Marina) ad appartamenti sparsi nelle località di maggiore attrazione turistica, come Gallipoli, bella tra le più belle città del Salento, famosa per il suo centro storico sospeso sulle acque cristalline dello Ionio e per i locali di tendenza, diventati la mecca per migliaia di giovani. Qui la vacanza in appartamento è proposta sia sul catalogo Mare Italia Alpitour con 3 combinazioni di prezzo e sia sui cataloghi Karambola Italia e Giovani 18-25, dove l’affitto dell’appartamento low cost si combina a speciali “card giovani” che danno ingressi gratuiti, navette per le discoteche e divertimento in spiaggia nei più 82


ILLUMINIAMO A REGOLA D’ARTE

Warp Lampada a LED per interni. Con la forma squadrata e di forte valenza architettonica, Warp trae ispirazione dalle prime radio prodotte industrialmente e alle casse Hi-Fi degli anni 80, dove l’elemento centrale era l’altoparlante rotondo, una sorta di ‘nucleo sonoro’. Il guscio esterno è realizzato in ceramica, materiale di forte

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Ilti leds apparecchi professionali.

richiamo all’ambiente domestico, che si presta a portare la dimensione della casa negli spazi pubblici. Disponibile in 6 colori in finiture lucide ed opache. Struttura interna di supporto con alimentatore integrato e fissaggio rapido girevole a 360 gradi grazie ad un sistema a scatti. Fissaggio

a parete, plafone, o pavimento. La sorgente, con un flusso luminoso di 850lm, è perfettamente integrata nel corpo tondo in alluminio. Disponibile in 3.000K o in 4.000K, con fascio ottico da 30° o 60°. Brevettato. design Changedesign


THE ITALIAN GYPSoTEQuE illustrazioni di Seltz

Forziere dei pirati? Non proprio, perché al posto di gettoni d’oro, rubini e diamanti, questa volta abbiamo a che fare con una wunderkammer di gessi, calchi e modelli. Uno scrigno a cielo aperto di simboli, che ci ricordano che cos’è l’Italia. Ecco un itinerario inusuale tra i suoi mille volti, le sue tante storie e i suoi capolavori dimenticati

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Il Nettuno Bologna

Il David Firenze

Per ospitare al Zigànt (‘il Gigante’ in dialetto locale) e la sua fontana, si narra che Bologna dovette abbattere un intero isolato. La sua stazza e nudità, entrambe ‘monumentali’, hanno per anni turbato i credenti locali e scaldato gli animi delle gentil signore. Eretta a simbolo della città rinascimentale che diede i natali ad artisti come Guido Reni e i fratelli Carracci, la statua è famosa soprattutto per la leggenda che l’avvolge: si narra che prima di un esame lo studente che voglia avere la fortuna dalla sua, debba girare due volte attorno alla fontana. Cosa non si farebbe pur di superare un esame.

Icona della ‘grandeur’ fiorentina, il David è considerato il capolavoro di Michelangelo. Preso a sassate prima ancora d’esser terminato, colpito da una saetta, gettato a terra e infine preso a martellate da un fanatico, il bell’imbusto è ancora lì, a vegliare sulle sorti della città scrigno d’Italia. Estetica rinascimentale a parte, che bella resistenza!

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La Lupa Capitolina Roma

Cesare Roma

È dai tempi di Vacanze Romane che Roma rappresenta il simbolo dell’italianità all’estero, è il sogno di ogni straniero: bella, classica, rumorosa e ciacionara. Veline e reality sono i nuovi protagonisti della città dello spettacolo, accanto a finti gladiatori e frotte di turisti giapponesi. “Roma nun fà la stupida stasera…”

Il primo imperatore di Roma, il dittatore, il tiranno, ma anche il magnifico. Non poteva che essere lui l’emblema della più grande metropoli dell’umanità. Roma, la capitale dai mille volti, gloria dell’Antichità classica e dell’Autorità religiosa, città eterna, pagana e cristiana. Con la sua dolce vita ha convinto tutti. O sarà forse per i suoi 3000 anni di storia?

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Corti sfarzose, comuni gloriosi, città-stato o metropoli? Insomma, paese che vai, statua che trovi

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giro d' italia

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Il Leone Venezia

Ercole Napoli

La Fontana della Vergogna Palermo

Garibaldi Genova

Maestoso e fiero è il leone alato, rappresentazione del riposo di San Marco, nelle acque della città riflessa. Santo dalle spoglie nomadi, si narra che due mercanti veneziani, trafugato il corpo ad Alessandria d'Egitto, avessero scelto di dargli sepoltura proprio nelle terre della laguna. Storia, mito e leggenda a quanto pare però non son nulla al cospetto di cinema e divismo. Chi vuol la statuetta?

L’eroe delle “12 fatiche”, la forza ed il vigore di un uomo straordinario come simbolo di una città tra le più belle d'Italia: capitale storica dell’Italia meridionale, sede di una grande corte regale, e, per contrasto, caratterizzata da sempre dalle vivide immagini della sua ‘povertà’. Napoli, i suoi colori, la sua fede, i suoi miti e i suoi Santi, rivelano il volto di una città figlia delle contaminazioni tra Oriente ed Occidente. Lo diceva pure Freda: “Vedi Napoli e poi muori”.

Ancora una volta la nudità. Vergogna delle vergogne per i benpensanti dell’intera città. Ma nell’intento del suo autore, c’era qualcosa di più alto: corruzione, scorrettezza, urlavano all’inizio del XIX secolo quei corpi senza vesti. La tradizione è più che rispettata. La fontana è costituita da tre vasche concentriche da cui parte il gioco d’acqua che viene versata dalla sommità da un Bacco, simbolo sin dall’antichità classica dei ‘piaceri della vita’.

L’eroe dei due mondi, Mazzini e persino il compositore Mameli. Genova, per secoli definita “La Superba”, “La Repubblica dei Magnifici” o “La Dominatrice dei mari”, è la madre del patriottismo italiano. Nella sua età d’oro è capitale finanziaria e dell’arte, una storia oggi ancora sussurrata dalle sue piazzette e carruggi. Anche se Dante, ai tempi, non fu certo benevolo verso questa città: tanto che finì per mandare i suoi abitanti all’Inferno!

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Caval de Brons Torino

Trittolemo Parma

La fontana del Carciofo Firenze

Leonardo Milano

Restituito alla città sulle note di Va pensiero dopo aver soggiornato al Louvre, il cavallo di bronzo, statua raffigurante Emanuele Filiberto nell’atto di ringuainare la spada dopo la gloriosa vittoria ottenuta nella battaglia di San Quintino, rappresenta il primo esempio di monumento pubblico, e senza dubbio il più amato dai suoi concittadini.

Famosa per il suo prosciutto e il parmigiano, per l’immaginario della famiglia stile Barilla, la Parmalat e tutti i suoi retroscena, Parma è la città del mecenatismo a tutto tondo. La sua Certosa ispirò Stendhal, ma come capitale non fu mai troppo gloriosa. La sua forza agricola è ben rappresentata dal Trittolemo, che benedice l'economia della città.

Ci troviamo nella corte di Palazzo Pitti, ed è proprio da qui, negli anni ’50, che Firenze tornerà alla ribalta: la culla del Rinascimento si riscopre paradiso della svago e dello shopping. Tra boutique d’alta moda, caffè futuristi, Negroni cocktail e gioiellieri del Ponte Vecchio. L’eredità della città decantata dai Grand Tour non è per nulla sopita.

Maestro delle arti e delle scienze, dà il suo benvenuto alla città da Piazza della Scala. Ma per la Milano della bela Madunina, da sempre grande centro propulsore culturale, la fama di Leonardo sarà sempre legata al tesoro del cenacolo. ‘In verità vi dico uno di voi mi tradirà’. Riecheggia forte la memoria della storia.

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IL cARo E vEccHIo ALEX testo di Angelo Santachiara

Jack Frusciante non è più uscito dal gruppo, non temete. Questa è la storia di Alex, un universitario un po’ speciale, in una giornata come tante

H 9.00 suona la sveglia. Troppo presto, posticipa. H 11.00 il cane comincia a spazientirsi, “è ora di fare due passi” sembra suggerire con gli occhi languidi e le orecchie all’ingiú. Bisogna mollarlo. Alex (per gli amici, perché di nome fa Alessandro Nardi) si trascina giù dal letto, una rassettata alla faccia e via a scaldare la moka. Guinzaglio in mano, si scende ad ‘annusare’ la giornata. Il sole splende sui tetti delle case, l’aria primaverile è ancora fresca. Se la prende comoda, “tanto al Dams oggi c'è il tipo di alfabetizzazione musicale. Uno sborone che tira sempre pacco. Ma comunque meglio non farsi sgamare dal Prof”. Sale in sella alla biga, rigorosamente noleggiata, direzione via Zamboni. C’è tempo di fare un salto in biblioteca, due chiacchiere con la sbarbina tanto carina dell’archivio ed in prestito l’ultimo di Palahniuk. È ora di pranzo: studenti provenienti da ogni dove 86

assaltano i bar all’angolo. “Meglio prendere un panino al volo. E poi il babbione alla cassa c’ha sempre la sbornia, chissà cosa ci mette negli hamburger..”. Il pomeriggio scorre veloce, tra una paglia e l’altra. H 18.00 gancio per un aperitivo con Paolo e Alice, un po’ di intorto, due chiacchiere, “cosa c’è stasera?” ed è tempo di rientrare. Squilla il telefono “ciao sono la mamma come stai?” e scende la catena. Pedala a casa, doccia veloce, due spaghi al ragù e un po’ di internet. Ma è già tempo di uscire di nuovo. Evvai con la sala prove, due ore di strimpello e via, ci si ritrova tutti al mitico Covo, viale Zagabria 1, “tanto la tessera ce l’ho già”. A casa si torna appena fa luce, breschi e stanchi, qualche volta dopo aver preso qualche cartone in faccia dal tipo della tipa, “diceva che ero molesto. Ma pollegiati!”. Letto, distruzione, sveglia e si riparte, per una nuova giornata.

900 euro/3

Affitto di un appartamento con tre camere

40 euro all’ora/5 Noleggio della sala prove

5 euro

Abbonamento bike sharing per studenti

29 euro al mese Collegamento internet adsl

5 euro

Tessera annuale associazione culturale

250 euro

Affitto spazio co-working

597 euro Costo totale


giornata in affitto

LA SLANG-oPEdIA TuTTA ALLA BoLoGNESE B

abbione [bab-bió-ne] agg., s.m. aggettivo utilizzato per indicare una persona genericamente non molto sveglia né perspicace. Insomma il classico amico un po’ sempliciotto o l’anziano credulone… “che babbione quello!”

cui si è soliti accompagnarsi. Alla domanda "dove l'hai messa la morosa?" il giovane bolognese che vorrà distinguersi per eleganza e modernità risponderà convenientemente "cioé, le ho dato la molla, mi aveva troppo zagnato!"

Bresco [brés-cò]

ancio [gàn-cio] s.m darsi appuntamento con gli amici da qualche parte. Occhio a non farsi tirare “pacco”! (vedi “tirare il pacco”)

agg.s s.m. o meglio "essere bresco". Definisce lo stato comatoso conseguente ad abuso di sostanze alcoliche e depone a grande sfavore del soggetto in quanto assolutamente incapace di intendere e di volere. Es.: "Regaz, ieri sera ero troppo bresco" esclamerà il fanciullo la giornata seguente ad una bravata con gli amici.

B

iga [bì-ga] s.f. velocipede a due ruote allineate di cui quella anteriore, innestata in un manubrio, serve per la direzione, mentre quella posteriore, azionata per mezzo di una catena da due pedali, serve da motrice. In breve bicicletta.

Alex Nardi, 24 anni. Nato a Imola, studia al Dams a Bologna. Da grande non sa cosa fare, vive il presente e suona a tempo perso nei locali con la sua band

Cartone [car-tó-ne]

agg., s.m. per “ti do un cartone”, si intende un pugno o schiaffone. Niente a che vedere con le scatole per gli imballi!

Cartola [càr-tò-la]

agg., s.m. tipo giusto, molto cool, di un’altra. Se si "ha la càrtola" significa che si possiedono tutte le caratteristiche necessarie per fare colpo sull’universo femminile.

Dare la molla

[dà-re-la-mòl-la] espressione mollare, scaricare. Utilizzato principalmente nel senso di liberarsi della persona con

G

I

ntortare [in-tor-tà-re] v. tr. (da cui il sostantivo "intorto"): circuire, ammansire con discorsi possibilmente lunghi e fastidiosi a fini persuasivi. La tattica è tipicamente attuata dal giovane di tendenza che “intorta” la fanciulla di turno al fine palese di ottenere la sua attenzione e non solo… Il risultato comunque è indefinibile!

P

aglia [pà-glia] s.f. sigaretta. Tipica l’espressione del galantuomo bolognese il quale, dopo avere sorseggiato il quinto "mojito", si rivolge elegantemente al tavolo accanto al proprio biascicando: "oh, regaz, avete una paglia?

S

bornia [ʃbòr-nia] s.f. dicesi di grossa ubriacatura, sbronza. Particolarmente difficile liberarsi dai suoi postumi.

S

borone [ʃbor-one] s.m. esibizionista, personaggio che si fa notare rumorosamente, privo del benché minimo senso di misura, tatto ed eleganza. La diffusione del malcostume nazional-popolare ci offre continui esempi di "sboroni" che spaziano dagli ostentatori di status simbol (auto, moto, abiti griffati, accessoristica elettronica) accomunati dalla caratteristica di avere elevati prezzi, ai più classici autocelebratori di prestazioni sportive, sentimentali nonché spacciatori di falsissime amicizie altolocate.

S

gamare [ʃga-mà-re] (sgàmo) v. tr. beccare qualcuno/scoprirlo mentre sta facendo qualcosa che non dovrebbe. Lo “sgamo” può anche essere un oggetto (spesso una sostanza!) da nascondere alla “pula”.

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Polleggio [pól-leg-gi-o]

cendere la catena [scén-de-re-la-ca-té-na] espressione tipica espressione che comunica il disarmo finale nei confronti di qualsivoglia evento al punto da non "volerne più mezza". Le due espressioni si rafforzano spesso a vicenda.

Sbarbino [ʃbar-bì-no]

irare pacco [ti-rà-re-pàc-co] espressione si subisce il “pacco” quando l’altra persona manca all’appuntamento dato. Per estensione, fregatura, anche in senso metaforico: “questa serata è un pacco!”

v. tr. riposarsi, stare calmi. Viene utilizzata spesso anche la forma imperativa del verbo in tono intimidatorio per raffreddare i bollori del maraglio di turno che spinge per non fare la coda all’ingresso della disco: "Oh, polleggiati subito!"

s.m. (f. -na) dicesi di un adolescente intraprendente ma privo di esperienza. Per cui, dall’alto della sua ‘esperienza’, l’universitario può tirarsela con le sbarbine del liceo.

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LA LEGGE cASATI

Varata il 13 novembre 1859, e rimasta in vigore fino al 1923, la legge è a favore della lotta che il Regno d’Italia conduce sin

dalla sua formazione per l’ottenimento di un sistema di istruzione pubblico, laico e diffuso. Visualizza una ‘piramide’

cARA MAESTRA testo di Edoardo Gentile foto di White

Frammenti di vite scolastiche, raccolte in qua e in là, tra vetusti banchi di legno, abbecedari, calamai e pennini stipati in soffitta, ma anche astucci colorati, righe, squadre e grembiuli blu

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dell’istruzione, al cui vertice sta l’università, a scendere l’istruzione classica e tecnica ed infine la scuola primaria.


carosello LA SCUOLA DEL POPOLO

È l’avvento della sinistra a promuovere l’obbligo scolastico, migliorare le condizioni dei maestri ed istituire una vera

e propria rete di scuole, per promuovere la formazione anche per i ceti popolari. Nel 1911 la legge Daneo-Credaro fissa

il passaggio allo Stato delle scuole elementari, fondamentali per la crescita e l’apprendimento dei futuri cittadini.

01/02 Primo giorno di scuola: un abaco per contare, matite Pelikan per disegnare e l’immancabile grembiule nero con colletto bianco inamidato. Un po’ ‘camice’ per piccoli lavoratori, un po’ divisa. Per bambini inquadrati, come soldatini, dalla preghiera del mattino alla ricreazione. Sotto i banchi di scuola: astuccio in legno, calamaio e pennino, assieme a matite, diario ed un giocattolo. L’automobilina di latta: prima della plastica e dei videogame, era così che i bambini si divertivano. Meno giocattoli certo, ma la fantasia galoppava comunque a mille.

03/04 C’era una volta “Cuore”. Scritto da de Amicis nel 1886, il romanzo racconta la scuola ai tempi del Risorgimento, quando obbedienza, rigore e disciplina erano valori fondamentali. E per gli alunni indisciplinati un bel paio di orecchie d’asino e in punizione dietro la lavagna! Niente marche o sindrome da ‘ultimo modello’: ai tempi si usava tutti la cartella squadrata in pelle, capiente e robusta, da portare a mano e non in spalla. Il suo intramontabile fascino non impallidisce neppure di fronte agli zainicartoon. Un must per ogni baby fashion victim. 89


I PIccoLI BALILLA

Nel 1923 la riforma Gentile modifica profondamente la struttura dell’amministrazione scolastica, accentuandone i poteri di controllo

ed intervento. Ben presto il fascismo finisce col colonizzare spazi e tempi dell’educazione: scuole e tempo libero

sono rigidamente scanditi da una visione militaresca. L’educazione dei giovani era ai primi posti tra le preoccupazioni del Duce.

05 Blu o rossa? Quello che conta è che sia cancellabile! Sono gli anni del consumismo all’italiana e i gadget scolastici vanno alla grande: le cartolerie sono presto invase da centinaia di biro, pennette, gommine e cancellini, come paesi dei balocchi, lanciano i trend tra i banchi di scuola.

06 Immancabile l’astuccio coi colori che spunta sui banchi di scuola, rigorosamente zeppo da stentare a chiudersi! Tra piccoli problemi di cuore, sogni, dediche e ritagli di giornale, ogni astuccio, compagno fidato del “Caro diario, ti scrivo…”, porta con sé un pezzetto della nostra vita.

Se di scuola si parla, la riforma Gelmini non può certo mancare, con tutto il suo corredo di obiettivi e polemiche. Lotta agli sprechi e a parentopoli; stop ai rettori a vita; autonomia delle università coniugata con una forte responsabilità finanziaria, scientifica e didattica; soldi solo in base alla qualità dell’istruzione e fine dei finanziamenti a pioggia; reclutamento e governance secondo criteri meritocratici e di trasparenza.

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Sono queste le principali novità della riforma sull’istruzione tanto temuta da molti e tanto desiderata da pochi. Nonostante gli innumerevoli cortei, scioperi e manifestazioni, questa riforma “s’ha da fare”. E così è stato: la legge è entrata in vigore a partire dallo scorso gennaio 2011. Tagli ai posti di lavoro (alle elementari torna la figura del ‘maestro unico’) e tagli ai finanziamenti scolastici. Meritocrazia o oligarchia?


carosello CONTINUITà E ROTTURE

Nel dopoguerra è boom di richieste di iscrizione per le scuole medie e superiori. L’analfabetizzazione è lontana e le nuove

generazioni rivendicano i propri diritti. Nel ’68 le contestazioni chiedono: democratizzazione delle scuole e delle università.

L’ISTRUZIONE MEDIA Inizio ‘900, i primi ‘effetti’ del sistema scolastico: la pervasività dell’istruzione determina il fenomeno della disoccupazione intellettuale. Tempi moderni, nuovi problemi: oggi si parla di ‘analfabetismo di ritorno’. Il 70% degli italiani non utilizzando le conoscenze apprese, retrocede ad uno stato di ‘semi-analfabetismo’.

É una storia che si racconta attraverso oggetti iconici, banali ma indimenticabili. La scuola odiata e amata, obbligata e scelta dai tempi di Cuore alla contemporaneità

Frequenza scolastica dal 1861 al 1923

07 Grembiule blu, sussidiario, maxi astuccio con tutti i colori, merendina in tasca e zaino così carico di libri da incurvare la schiena. Ecco il ritratto dello studente d’oggi, assai lontano da quel passato austero e militaresco della scuola di inizio secolo

1861/1862

1911/1912

1881/1882

1922/1923

Istituti Magistrali

3.742 8.865 45.215 59.705

Ginnasi e Licei

10.226 55.201 64.273 96.369

Scuole e Istituti Tecnici

3.431 32.691 116.212 181.298

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videoclub

AMARcoRd di Massimo Teghille

Di un’Italia contadina, rumorosa e goliardica. Solare e rinchiusa in un cassetto. E di quella barattata, per un completo inamidato e un pugno di glam, o ancor più soavemente col ricordo sbiadito, nostalgico e paesano di un immaginario felliniano. Quell’Italia, insomma, che fu Quando espressioni diventano parole, la Storia devia. È il caso del felliniano “Amarcord”, derivato dal romagnolo “a m’arcord”, col significato di "io mi ricordo" e entrato nel linguaggio comune per indicare il revival di un passato malinconico e inafferrabile, e allo stesso tempo da un punto di vista autoriale, in grado di riportare alla mente un mondo onirico con solide basi nella piccola Italia del dopoguerra. Un termine divenuto famoso grazie ai successi internazionali de “La Strada” e “La Dolce Vita”, che nella storia del cinema indica inequivocabile divergenza dal Neorealismo in favore di un dipinto dolce amaro di una Romagna che fu, forse più nei cuori che nei fatti, goliardica, in quegli occhi di giovane in epoca fascista. Uno spaccato di Italia paesana dove i personaggi locali si trasformano in icone, come la Gradisca, bellezza da pin-up e accento della costa, che rappresenta l’idealtipo erotico del giovane Titta. Il suo charme da diva hollywoodiana in contrasto col suo mestiere umile, da parrucchiera, la rendono ambita nel Paese e indimenticabile per gli italiani, che si riconoscono in quel carabiniere che la prende in sposa. E in quella percezione

“Mio nonno fava i mattoni, mio babbo fava i mattoni, faccio i mattoni anche me, ma la casa mia dov’è che l’è? ” 92

di tempo sospeso, che da sempre la Romagna ispira. Nel film nulla scalfisce la routine contadina. Ogni evento è semplicemente un divertissement per i protagonisti della storia. Che sia il nevone (una

“Uno spaccato di Italia paesana, dove i personaggi locali si trasformano in icone ” nevicata storica per il mite clima romagnolo), la futuristica Mille Miglia, la visita ufficiale del Duce piuttosto che il passaggio del mitico transatlantico Rex, non importa; si tratta solo di intermezzi nella vita degli infiniti personaggi che scivolano sulla scena. Tutto incede senza trame: cause, concause e accadimenti sembrano svilupparsi in maniera libera, quasi senza alcuna concatenazione. Il motore della storia sono le piccole dinamiche paesane: le invidie, le dicerie, gli sgarri, le soddisfazioni quotidiane, le dinamiche familiari, le amicizie da bar, il sogno di una vita altrove. L’incubo fascista incombe e alimenta la voglia del giovane Federico di fuggire: i richiami autobiografici sono disseminati ovunque nella narrazione, a partire dalla terra natia, ricostruita anch’essa a Cinecittà, dove il gusto di Romagna e il fausto ottimismo riecheggiano nella sceneggiatura di Tonino Guerra così come nella colonna sonora creata ad hoc da Nino Rota, un "main theme" dolce, stridulo e terribilmente poetico.

regia:

fotografia:

Federico Fellini

Giuseppe Rotunno

durata:

interpreti:

127 minuti

Bruno Zanin Pupella Maggio Armando Brancia Stefano Proietti Giuseppe Ianigro Nando Orfei Ciccio Ingrassia Carla Mora Magali Noël

sceneggiatura: Federico Fellini Tonino Guerra

montaggio: Ruggero Mastroianni

produzione: Italia - Francia 1973

genere: commedia

premi: Oscar al miglior film straniero, 1975 3 Nastri d’Argento, 1974 2 David di Donatello, 1974

La storia, ambientata tra le due primavere del ‘32‘33, in una Rimini onirica interamente ricostruita a Cinecittà, racconta la vita all'interno del ‘piccolo borgo’ e dei suoi ‘eccentrici’ abitanti: le feste paesane, le adunate del ‘sabato fascista’, la scuola, i signorotti, i negozianti, il suonatore cieco, la donna procace ma un po’ ‘vegliarda’ alla ricerca di un marito, il venditore ambulante, il matto, l’avvocato, quella che va con tutti, la tabaccaia dalle forme giunoniche, i professori di liceo, i fascisti e gli antifascisti, i giovani del paese tutti presi da una prepotente “esplosione sessuale”. Tra questi in primo piano c’è il personaggio di Titta Biondi (pseudonimo per Luigi “Titta” Benzi, amico d'infanzia di Fellini e attraverso il film suo vero e proprio alter ego) e tutta la sua famiglia: il padre, la madre, il nonno, il fratello e lo zio matto, chiuso in un manicomio. Attraverso le vicende della sua adolescenza, il giovane inizierà un percorso che lo porterà, piano piano, alla maturità. Il film è un divertente e melanconico affresco dell’Italia tra le due guerre, dove il Fascismo e la Chiesa esercitavano il loro potere, influenzandone la cultura e il costume.


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bastiaumbra@soloaffitti.it

ABRuZZo

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Ravenna 1

Livorno 2

Foligno1

Alba Adriatica

Anguillara Sabazia

viale Alberti, 27

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agenzia

viale della Vittoria, 62

largo dello Zodiaco, 11

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in prossima

t 0861 753001

t 06 9968902

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LAZIo

in prossima apertura

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ToScANA

livorno2@soloaffitti.it

apertura

albadriatica@soloaffitti.it

anguillarasabazia@soloaffitti.it

Ravenna 2

Arezzo 1

Lucca 1

Gubbio

Chieti

Aprilia

via Maggiore, 155/A

via A. dal Borro, 47

via C. Castracani, 85

via Perugina, 12

viale Abruzzo, 10

via G. Matteotti, 73

t 0544 461197

t 0575 401741

t 0583 396863

t 075 9222659

t 0871 574825

t 06 9200288

ravenna2@soloaffitti.it

arezzo@soloaffitti.it

lucca1@soloaffitti.it

gubbio@soloaffitti.it

chieti@soloaffitti.it

aprilia@soloaffitti.it

Ravenna 3

Arezzo 2

Montecatini

Perugia 1

Francavilla

Bracciano

via Sant’Alberto, 21

via Vittorio Veneto, 244

via Pistoiese, 25

via XX Settembre, 92/O

via Nazionale Adriatica, 1

via Agostino Fausti, 56

t 0544 453076

t 0575 942334

t 0572 091237

t 075 5733221

t 085 4916059

t 06 99802105

ravenna3@soloaffitti.it

arezzo2@soloaffitti.it

montecatini@soloaffitti.it

perugia@soloaffitti.it

francavilla@soloaffitti.it

bracciano@soloaffitti.it

Reggio Emilia 1

Bagno a Ripoli

Pisa 1

Perugia 2

Giulianova

Ciampino

piazza XXIV Maggio, 1/G

via Dante Alighieri, 33

via Giusti, 20

via Settevalli, 18

via Trieste, 71

via di Morena, 207

t 0522 406304

t 055 641288

t 050 579740

t 075 5058595

t 085 8004115

t 06 79327471

reggioemilia@soloaffitti.it

bagnoaripoli@soloaffitti.it

pisa1@soloaffitti.it

perugia2@soloaffitti.it

giulianova@soloaffitti.it

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Reggio Emilia 2

Campi Bisenzio

Pistoia

Perugia 3

Lanciano

Fiumicino

viale Regina Elena, 10/A

via B. Buozzi, 143/A

corso Fedi, 16

via A. Manzoni, 194

via Dalmazia, 9

via Giorgio Giorgis, 204

t 0522 512182

t 055 890150

t 0573 976198

t 075 393433

t 0872 709677

prossima apertura

reggioemilia2@soloaffitti.it

campibisenzio@soloaffitti.it

pistoia@soloaffitti.it

perugia3@soloaffitti.it

lanciano@soloaffitti.it

fiumicino@soloaffitti.it

Reggio Emilia 3

Empoli

Pontedera

Terni 1

Montesilvano

Frascati

via Campo Samarotto, 2/D

via Spartaco Lavagnini, 59

corso Matteotti, 140

via Cesare Battisti, 78

corso Umberto I, 315

via Cavour, 22

t 0522 409263

t 0571 74293

t 0587 59534

t 0744 404573

t 085 4492640

prossima apertura

reggioemilia3@soloaffitti.it

empoli@soloaffitti.it

pontedera@soloaffitti.it

terni1@soloaffitti.it

montesilvano@soloaffitti.it

frascati@soloaffitti.it

Riccione

Firenze 1

Prato1

Pescara 1

Nettuno

viale Ceccarini, 211

via Vittorio Emanuele II, 34 R

via Roma, 62/A

viale G. Bovio, 166

via Cavour, 57/59

t 0541 609008

t 055 4633278

t 0574 605280

t 085 4224546

t 06 9805958

riccione@soloaffitti.it

firenze1@soloaffitti.it

prato1@soloaffitti.it

MARcHE

pescara1@soloaffitti.it

nettuno@soloaffitti.it

Rimini 1

Firenze 2

Prato 2

Fano

Pescara 2

Roma 1

via XX Settembre, 74/76

viale Guidoni, 75/G

via Masaccio, 1/3

via IV Novembre, 11

viale della Pineta, 14/3

via Gregorio VII, 164

t 0541 787315

t 055 4288247

t 0574 072559

t 0721 1797005

t 085 4531281

t 06 39370021

rimini@soloaffitti.it

firenze2@soloaffitti.it

prato2@soloaffitti.it

fano@soloaffitti.it

pescara2@soloaffitti.it

roma1@soloaffitti.it

Rimini 2

Firenze 3

San Casciano in Val di Pesa

Jesi

Pescara 3

Roma 2 - Parioli

viale Tiberio, 18

viale dei Mille, 77 Rosso

piazza Pierozzi, 4

viale Lavoro, 4H

agenzia

via Po, 50/C

t 0541 709802

t

t 055 8294668

t 0731 215672

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t 06 8541654

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roma2@soloaffitti.it

Rubiera

Firenze 4

Scandicci

Macerata

Roseto degli abruzzi

Roma 3 - San Giovanni

viale della Resistenza, 4

viale Francesco Talenti, 22

piazza G. Marconi 26/27 A

corso Cairoli, 12

agenzia

via Gallia, 156

t 0522 1713931

t 055 700124

t 055 0516065

t 0733 291368

in prossima apertura

t 06 7004406

rubiera@soloaffitti.it

firenze4@soloaffitti.it

scandicci1@soloaffitti.it

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rosetodegliabruzzi@soloaffitti.it

roma3@soloaffitti.it

San Giovanni In Persiceto

Firenze 5

Sesto Fiorentino

Numana

Silvi Marina

Roma 4

via Circonvallazione Liberazione, 48

via Poggio Bracciolini, 25

via G. Matteotti, 7

via Firenze, 11

via Statale Sud, 5

circonvallazione Ostiense, 179

t 051 7162868

t

t 055 4484427

t 071 4606727

t 085 930759

t 06 97271418

sgpersiceto@soloaffitti.it

firenze5@soloaffitti.it

sestofiorentino@soloaffitti.it

numana@soloaffitti.it

silvimarina@soloaffitti.it

roma4@soloaffitti.it

San Lazzaro di Savena

Firenze 6

Siena

Ostra

Vasto

Roma 5 - Monteverde

via Repubblica, 24

Borgo Ognissanti, 153 R

via Vittorio Emanuele II, 52

via del Pescatore, 1

via Ciccarone, 67

via Alessandro Crivelli, 3

t 051 450823

t 055 0131815

t 0577 236210

t 071 7987021

t 0873 380407

t 06 83766787

sanlazzaro@soloaffitti.it

firenze6@soloaffitti.it

siena@soloaffitti.it

ostra@soloaffitti.it

vasto@soloaffitti.it

roma5@soloaffitti.it

Santarcangelo di Romagna

Fucecchio

S.Benedetto del Tronto

Roma 6

via Ugo Braschi, 60

via C. Battisti, 22

via Piemonte, 93

corso Regina Maria Pia, 57

t 0541 626435

t 0571 244301

t 0735 782792

t 06 56305532

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Roma 11 - Eur

Catania 2

Nuoro

Murcia 2

via dei Corazzieri, 13

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via Gramsci, 36

calle Cronista Carlos, 4 bajo

t 06 90200530

t 095 505585

t 0784 255077

t +34 968 903516

roma11@soloaffitti.it

cAMPANIA

catania2@soloaffitti.it

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Roma 12

Napoli 2

Catania 3

Olbia 1

Pamplona 1

via Andrea Baldi, 43

via Card. Guglielmo Sanfelice, 12

via V. Giuffrida, 135

via Porto Romano, 47

Monasterio de Urdax, 12 bajo

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Roma 13

Giardini Naxos

Quartu Sant'Elena 1

Valencia 1

via Galla Placidia, 13

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calle General Urutia, 8 bajo

t 06 43597522

t 095 6173089

t 070 8001500

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BASILIcATA

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Roma 14

Matera

Gravina di Catania

Sassari 1

Valencia 2

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via Turati, 49

calle Mùsico Ginés, 9 bajo

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t 095 7252124

t 079 218695

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valencia2@soloalquileres.es

Roma 19 - Eur bis

Messina 2

Sassari 2

Valencia 3

largo Filippo Juvara, 15

viale Italia, 143

corso Trinità, 205

av Reino De Valencia, 22 bajo

t 06 97271952

t 090 2403821

t 079 4921379

t +34 96 3282226

roma19@soloaffitti.it

cALABRIA

messina2@soloaffitti.it

sassari2@soloaffitti.it

valencia3@soloalquileres.es

Velletri 1

Catanzaro 1

Milazzo

Selargius

Valencia 4

piazza Cairoli, 24

via Corace, 14

via Umberto I, 158

via San Martino, 87

agenzia

t 06 9641197

t 0961 34464

t 090 9286586

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Cosenza

Modica

Valencia 5

corso L. Fera, 162

via Sacro Cuore, 38

avenida Dr. P. Alexandre, 18 bajo

t 0984 33861

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PuGLIA

cosenza@soloaffitti.it

modica@soloaffitti.it

SPAGNA

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Bari 1

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Siracusa

Castellón 1

Valencia 6

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via Aldo Moro, 24

via Tica, 161

Calle Trinidad, 30

Padre Jofre, 26 bajo

t 080 5760035

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Crotone

Trapani

Castellón 2

Valencia 7

via Salandra, 15

corso Messina, 2

via Marsala, 127

Paseo de Morella, 40

C/ Marti Grajales, 13 bajo

t 080 5567309

t 0962 665144

t 0923 361339

t +34 964 209380

t +34 962 063062

apertura

crotone@soloaffitti.it

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castellon1@soloalquileres.es

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Barletta 1

Diamante

Cordoba 1

Valencia 8

via Monfalcone, 22

piazza XI febbraio, 57

Calle de la Palmera, 17

Plaza Arturo Piera, 6

t 0883 534200

t 0985 87599

t +34 957 788524

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barletta1@soloaffitti.it

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SARdEGNA

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Brindisi1

Rende

Alghero

Estepona

Valencia 9

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viale della Resistenza, 152

agenzia

plaza San Fernando, 5

Rodrigo De Pertagas, 14 bajo

t 0831 563126

t 0984 464822

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t +34 951 965143

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Gallipoli

Cagliari 1

Granada 1

Bilbao1

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t 0833 262034

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RISoRSE numero 07

NuMERo SPEcIALE PER I 150 ANNI dELL’uNITà d’ITALIA

Si ringraziano tutte le persone che hanno collaborato a questo settimo numero ed in particolare:

Collettivo tifosi Cesena collettivochiburdel.it

Drogheria piazza Vittorio Veneto 18, Torino t 011 8122414 la-drogheria.it

Esperienza Italia Italia150.it

Facebook gruppi: Colonia estiva FIAT Colonia 12 stelle

L’imbarco del Valentino viale Cagni 37, Torino t 011 6566359 imbarchino.it

Libreria Luxemburg via Cesare Battisti 7, Torino t 011 540370 librerialuxemburg.com

MIAAO – Museo Internazionale delle Arti Applicate Oggi via Maria Vittoria 5, Torino t 011 0702350

Nomisma S.p.A. - Società di studi economici Sede legale: Strada Maggiore 44, 40125 – Bologna

Officine Grandi Riparazioni corso Castelfidardo 22, Torino t 011 4992333 officinegrandiriparazioni.it

Pizzo via Cavour 20, Torino t 011 8126455

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