Riflesso Magazine Maggio-Giugno 2016

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M A G A Z I N E D I I N F O R M A Z I O N E , C U LT U R A E L I F E S T Y L E

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Il Posto Giusto #annaritasetti

Il Re Dorato #sambuco

Equilibrio #moriko


In copertina DIRETTORE RESPONSABILE Mario Timio VICEDIRETTORE Carlo Timio REDAZIONE CENTRALE Alessio Proietti, Giulio Siena, Noemi Furiani, Alessia Mencaroni, Marilena Badolato, Walter Leti, Elisabetta Bardelli, Elisa Giglio REDAZIONI REGIONALI Piemonte: Margherita Carpinteri Liguria: Jessica Chia Samantha Chia Lombardia: Francesco Colamartino Francesca Fregapane, Elena Ciulla, Chiara Franzosi, Claudia Piccoli, Stefano Spairani Righi Trentino Alto-Adige: Giuseppe Doria Francesco Taufer, Mauro Volpato Veneto: Carolina Bruno Toscana: Livia Ballan Ilaria Vannini Umbria: Claudio Cattuto Laura Patricia Barberi, Italo Profice, Alessandro Biscarini Giuliana Spinelli Batta Marche: Elisa Cataluffi Carlo Trecciola Abruzzo: Sara Bernabeo Maria Concetta Dercole, Davide Gerbasi Campania: Giuseppe Ariano Molise:Andrea Mastrangelo Basilicata: Marco Caldarelli Puglia: Veronica Sonoro Christian Chiarelli Sicilia: Paola Faillace Sardegna: Marina Sotgiu Anna Paola Olita Principato di Monaco: Marinella Cucciardi Miami: Francesco Famà RINGRAZIAMENTI Mariano Di Vaio, Elena Sacco EDITORE Ass. Media Eventi

smart fashion

Smart e Fashion è un abbinamento che veste bene. Ci siamo interrogati sull’origine e prospettive di questo binomio attraverso le esperienze di chi del settore moda ne ha fatto oltre che un lavoro, una filosofia di vita. Etica, sostenibilità e trasformazione sono leve fondamentali di un approccio valido e di un processo ineluttabile. La contaminazione della fashion industry con i campi della scienza, dell’arte e del design generano un concetto di bellezza assolutamente contemporaneo. Realizzazione Classe di Design della Comunicazione, Y2-15/16, IED Comunicazione, Milano. Coordinamento Didattico IED Elisa Bergamaschino, Marianna Moller, Cinzia Piloni Direzione Artistica Alessio Proietti

REGISTRAZIONE Tribunale di Perugia n. 35 del 9/12/2011 IMPAGINAZIONE E GRAFICA R!style Project STAMPA Tipografia Pontefelcino Perugia CONTATTI direzione@riflesso.info editore@riflesso.info artdirector@riflesso.info info@riflesso.info SITO WEB www.riflesso.info FACEBOOK Riflesso Magazine

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EDITORIALE

DISCOVERY

5 Se la crisi aguzza l'ingegno

PRINCIPATO DI MONACO

6 Il Gran Premio storico di Monaco

EVENTI

40 Odore di zolfo nei dintorni di Brescia 43 Quel Santo assassino

ARCHITETTURA

14 Eventi nazionali selezionati

46 48 50 54 56

DESIGN

BORGHI

12 15esima Biennale di Architettura

AGENDA NEWS

18 Salone e Fuori Salone 20 Fondazione Kartell

58 Locorotondo

NATURA

MODA 22 26 30 32

Il tempio di Segesta Castel Toblino Castello Monforte I nuraghi in Sardegna Piazza del Duomo a Lecce

60 La fioritura di Castelluccio 62 La costa dei trabocchi 64 Le grotte di Toirano

Spring trends for men Smart fashion / pills Un desiderio fatto Ligneah L'etica intelligente di Stella

BRIEFING CULTURALE 66 Chicche culturali disseminate in Italia

ARTE

34 Bice Bugatti Club 36 Quel genio artistico di Lorenzo Lotto GIRI DEL GUSTO 68 I fiori edibili in cucina 38 Collezione Gori

FOOD&WINE

70 Educazione ambientale e alimentare 72 Sommelier Andrea Galanti

BENESSERE

74 Qualche consiglio per vivere meglio

AMBIENTE

76 Riscaldamento globale e cambiamenti climatici

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FLORIDA

78 Come avviare un'attivitĂ lavorativa negli Stati Uniti



EDITORIALE

Se la crisi aguzza l’ingegno di Mario Timio

“È

nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato”, scriveva Albert Einstein negli anni ’50. E noi aggiungiamo in tono meno aulico ma storicamente più robusto perché di stampo latino: “Mater artium necessitas”, la necessità aguzza l’ingegno. E mai come in questo tempo di crisi, che ci riporta al secondo dopo guerra, assistiamo ad un florilegio di iniziative, di starup, di invenzioni ed anche di brevetti. Negli ultimi anni l’Ufficio europeo dei brevetti ha pubblicato 14.000 domande con prevalenza del Manifatturato avanzato (69.5%), Biotecnologia (6.8%), Micro e nano elettronica (5.7%). Nel campo della tecnologia green i brevetti italiani sono cresciuti del 5.4% e quelli del Ket (Key Enabling Technology) dell’1.1%. Nel complesso le tecnologie abilitanti sono ritenute capaci di innovazioni accelerate in modo trasversale. Scendiamo un po’ in basso. Se è vero che la crisi è un’occasione per ritrovare fiducia, per adottare un approccio resiliente, per coinvolgere in questo percorso le formazioni giovanili, l’obbiettivo è in progress. O meglio, stiamo navigando in una rivoluzione culturale incredibile per l’Italia fino a poco tempo fa. Oggi, se un giovane ventenne decide di fare l'imprenditore, non si evoca più la figura del figlio di papà, ma di un creativo, che rischia e che si mette in gioco. Fotografano questa rivoluzione le pagine di un libro: “Il Sud vola. Viaggio tra start-up e giovani innovatori” di Alessandro

Cacciato (Edizioni Medinova), recensito recentemente sul Sole24 Ore. Si scopre così che in Sicilia – terra di storie e di povertà – si è deciso di scommettere su artigianato e digitale, su scuola e territorio che finalmente dialogano e si aprono a giovani di buona volontà e alle menti migliori. “Questi ragazzi e ragazze non hanno ceduto alla disperazione, ma si sono anzi ingegnati per fare impresa nella legalità, cercando di riappropriarsi del loro territorio, lontani dalle logiche della clientela politica e dall’azione delle mafie”. Certo, le start-up non risolvono la crisi economica della Sicilia e del Mezzogiorno, ma sono segnali tangibili di ripresa poiché alimentano speranze, potenziano talenti, trasmettono saperi e fiducia. Non solo, queste iniziative valorizzano tesori artistici, scoprono borghi e paesi devastati dall’incuria, creano centri culturali. A Favara (Agrigento) hanno addirittura istituito il Museo delle Persone dotato di una galleria d’arte contemporanea che ospita i maggiori artisti emergenti internazionali. Con grande ricaduta sul turismo. Se questo messaggio culturale partito dalla Sicilia potesse risalire l’intero stivale, molti dei nostri problemi economici e occupazionali sarebbero in via di risoluzione. Sarebbero così ancora attuali le parole di Antonio Gramsci: “Preparatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”. E allora, entusiasmo, forza, intelligenza rappresentano un trittico che serve all’Italia per superare la crisi e progredire.

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Ph. ACM Michael Alesi

PRINCIPATO DI MONACO

IL GRAN PREMIO STORICO DI MONACO ALLA SUA DECIMA EDIZIONE di Marinella Cucciardi

A

ppuntamento imperdibile per i collezionisti di tutto il mondo e gli appassionati di auto d’eccezione, il Gran Premio di Monaco ha celebrato quest’anno la sua decima edizione. La celebre competizione si svolge ogni due anni ed è uno degli avvenimenti faro della stagione automobilistica, il must delle auto storiche:

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una retrospettiva dell’età d’oro delle corse automobilistiche. Il percorso e la formula di gara di velocità la domenica e delle prove il sabato sono le stesse del Grand Prix di Formula 1 che si svolge due settimane dopo. La prima edizione si è svolta nel 1997 in occasione del 700° anniversario del regno della dinastia Grimaldi. Gara vera e propria, che si tiene sul leggendario circuito del


Ph. ACM Michael Alesi

Principato, il Gran Premio Storico di Monaco è un evento che gli appassionati della meccanica di un tempo, piloti o spettatori, desiderano non perdere. Nel giro di due giorni e mezzo il Principato di Monaco si trasforma in un vera e propria macchina del tempo: quasi cinquant’anni di storia delle corse, infatti, si sono succeduti, grazie a otto eccezionali categorie (Serie A: Vetture da corsa costruite prima della guerra, Serie B: Vetture Gran Premio F1 e F2, costruite prima del 1961, motore anteriore, Serie C: Vetture da Sport con motore anteriore che abbiano gareggiato dal 1952 al 1955 incluso, Serie D: Monoposto Formula Junior, motore anteriore, freni a tamburo, dal 1958 al 1960 incluso, Serie E: Vetture Gran Premio di Formula 1-1500, dal 1961 al 1965 incluso, Serie F: Vetture Gran Premio di Formula 1 dal 1966 al 1972 incluso, Serie G: Vetture Gran Premio di Formula 1 dal 1973 al 1976 incluso. Sono da segnalare alcune modifiche rispetto all’edizione del 2014. Innanzitutto l’aggiunta della Serie H, l’ottava, chiamata “Solo Ferrari”, riservata ad auto sportive e GT con motore anteriore e freni

Un evento di grande richiamo internazionale dove si ripercorrono i brividi dell’età d’oro delle corse automobilistiche

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Ph. ACM Michael Alesi

a tamburo del marchio italiano, costruite dopo il 1955. Un’occasione unica di vedere le più belle creazioni del celebre Cavallino Rampante. La serie H sostituisce in pista la Serie A, riservata alle vetture da Gran Premio costruite prima della guerra, che ha perso il suo status di gara per diventare una vera sfilata. In occasione di questo Gran Premio Storico è stata anche assegnata la coppa del Cinquantenario per celebrare le auto di Formula 1 - 3 litri - che hanno partecipato al Gran Premio di Formula 1 tra il 1 gennaio 1966 e il 31 dicembre 1969 (Serie F - Classe 1). Infine, le vetture di Formula 3 hanno lasciato il posto alla Formula Junior (motore anteriore, dotato di freni a tamburo - Serie D), che

ha celebrato il suo Giubileo di diamante. Ancora una volta partner d’eccezione della manifestazione la Maison di orologeria e gioielleria Chopard, che dal 2002 ne è il cronometrista ufficiale. Collaborazione di lunga durata, celebrata dalla splendida collezione Chopard di cronografi d’eccezione, che prende il nome dalla celebre competizione. Ispirati nelle finiture e nelle performance alle automobili d’epoca questi fantastici orologi sono tutti dotati di calibri cronometrici certificati dall’ente ufficiale svizzero. Altri sponsor di rilievo, il Crédit Suisse e lo champagne Veuve Clicquot, per aggiungere prestigio ed eleganza a un evento davvero unico.

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3/4/5 June 2016

Nick Corline - Paul Richard - Jacky Greco

MIDEM participants displaying a MIDEM badge will have free entrance to each day of CMS until the venue has reached capacity

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EVENTI

15esima Biennale di Architettura: Reporting from the Front di Carolina Bruno

“D Ca' giustinian_external view

L’architettura internazionale torna a occuparsi di società civile e si incontra a Venezia per dichiararlo al grande pubblico 12

obbiamo evitare di essere condiscendenti con la possibile tentazione degli architetti di presentarsi come artisti.” Il direttore della Biennale Paolo Baratta si esprime senza mezzi termini nel presentare le intenzioni della 15esima Biennale di Architettura, che porta il titolo Reporting from the Front e che si svolgerà a Venezia dal 28 maggio al 27 novembre. Che l’architettura debba riappropriarsi della sua funzione politica, in quanto bene pubblico e strumento per migliorare la condizione di vita delle persone, è il messaggio che l’esposizione di quest’anno dichiara apertamente a tutti i portatori di interesse coinvolti nell’organizzazione dello spazio del vivere. Nelle intenzioni dell’organizzazione della Biennale e della curatela di Alejandro Aravena, architetto nominato nel 2010 Fellow Internazionale del Royal Institute of British Architects e identificato come uno dei 20 nuovi eroi del mondo dalla rivista Monocle per il suo impegno nell’edilizia sociale, Reporting from


EVENTI

Ph. Javier Callejas

Ph. Andrea Avezzù

EDUcare by C+S

Unbound, The Library of Lost Books, Barcelona, 2014

Aravena

the Front dovrà infatti svincolarsi dal concetto di congresso specialistico, od occasione di auto-elogio per soli addetti al settore, per aprire le sue porte al più vasto pubblico possibile, offrendo l’occasione di confrontarsi con le soluzioni e le ricerche delle professionalità più competenti del panorama internazionale. L’immagine simbolo della Biennale di Architettura di quest’anno ci suggerisce in modo evocativo la prospettiva offerta al suo pubblico: una signora osserva, da una posizione sopraelevata, una distesa di vuoto. Per comprenderne a fondo il significato, bisogna conoscere la storia dell’incontro tra lo scrittore e viaggiatore britannico Bruce Chatwin, e l’anziana archeologa tedesca Maria Reiche, mentre questa attraversava il deserto portando con sé, in spalla, una scala a pioli. Il suo intento era quello di studiare le linee Nazca che, osservate dall’alto, si tramutavano da informi disgregazioni di pietrisco in disegni dai contorni precisi. Alejandro Aravena così commenta la scelta dell’immagine simbolo della 15esima Biennale di

Architettura: “Di fronte alla complessità e alla varietà delle sfide alle quali l’architettura deve dare risposta, Reporting From The Front si propone di dare ascolto a quelli che hanno potuto acquisire una prospettiva e che sono quindi in grado di condividere sapere ed esperienze con noi che stiamo in piedi sul terreno”. Temi sensibili e socialmente urgenti sono quelli che la Mostra affronta nel suo percorso espositivo: la segregazione, le disuguaglianze, le periferie, lo spreco, il traffico, la criminalità, l’inquinamento, la partecipazione della comunità. Chi visiterà la 15esima Biennale di Architettura si confronterà con 64 partecipazioni nazionali di cui 5 presenti per la prima volta, e 88 partecipanti provenienti da 37 paesi. L’allestimento interessa gli storici Padiglioni dei Giardini, l’Arsenale, e prestigiose sedi nel centro storico di Venezia. Ad arricchire il percorso di visita, molti gli incontri organizzati dalla Biennale con i protagonisti dell’architettura di oggi, che racconteranno i risultati ottenuti e soprattutto la continua ricerca ancora in opera.

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AGENDA NEWS

a cura di Elisa Giglio CATANIA, MODICA (RG), NOTO (SR) E TAORMINA (ME)

TARANTO PALIO DI TARANTO 8 maggio/ 3-4-5 giugno

MOSTRA “BUFFONI, VILLANI E GIOCATORI ALLA CORTE DEI MEDICI” dal 9 maggio al 4 settembre

A maggio ritorna in Sicilia il Med Photo Fest, la manifestazione internazionale dedicata alla fotografia d’autore che si svolge in varie location: Catania, Modica, Noto e Taormina. L’ottava edizione, dedicata al tema Luce, presenta tante novità. Vittorio Graziano, presidente della direzione artistica, consegna il Premio Mediterraneum 2016 per la Fotografia, alla ligure Lisetta Carmi. In programma le mostre personali di Raul Amaru Linares, Aurora Bruno, Chulsu Kim, Andreas Kruppi, Kosuke Okahara, Colette Saint Yves, Giuseppe Tangorra, Lisetta Carmi. Sono previsti anche seminari culturali e tecnici, spazi dedicati all’editoria fotografica, mostre di giovani fotografi emergenti, eventi teatrali e musicali collaterali.

Il Palio di Taranto, che arriva quest’anno a festeggiare i trent’anni di attività, è una competizione sportiva in costume. Dieci equipaggi con due vogatori si sfidano a rappresentanza dei rioni cittadini in due occasioni, la prima gara si tiene l’8 maggio, concomitante con i festeggiamenti del santo patrono San Cataldo, mentre la decisiva seconda gara si svolge in concomitanza della Festa del Mare a giugno nei giorni 3, 4, 5. La vittoria è data dal percorrere in meno di mezz’ora il periplo del Borgo Antico, partendo da Mar Grande e attraversando Mar Piccolo per tagliare il traguardo nel Canale Navigabile. Di Christian Chiarelli

La Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze ospita la mostra “Buffoni, villani e giocatori alla corte dei Medici”. Circa trenta opere del Seicento e Settecento, provenienti dai depositi della Galleria, mostrano soggetti figurativi bizzarri delle collezioni medicee. Si tratta di scene cosiddette “di genere”, che illustrano, spesso con intenti morali o didascalici, aspetti comici della vita sociale e di corte, tematiche altrimenti ritenute basse e prive di decoro. Al centro della mostra personaggi marginali e devianti come buffoni, contadini ignoranti o grotteschi, nani e giocatori.

TORINO

ORVIETO (TR)

ACCETTURA

MED PHOTO FEST dal 6 al 29 maggio

SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO dal 12 al 16 maggio

Il tema conduttore del Salone internazionale del Libro di Torino, atteso al Lingotto Fiere, si intitola sinteticamente Visioni. Vuol dare ospitalità alle esperienze di chi ha la capacità di guardare lontano, di darsi e vincere sfide che sembravano impossibili, di lavorare nel futuro. Al centro dell’edizione sono i visionari che, nei rispettivi rami di attività, si sono distinti per la lungimiranza del progetto, le capacità d’innovazione, l’originalità dei metodi operativi, ma anche la sapienza comunicativa: fisici, biologi, neuroscienziati, filosofi, artisti, architetti, economisti capaci di affrontare in modo creativo i temi cruciali della contemporaneità e di tradurre in pratica programmi mirati sul medio-lungo periodo.

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ORVIETO IN FIORE dal 13 al 15 maggio

Durante il giorno della Pentecoste e in concomitanza della tradizionale festa della Palombella, Orvieto si riempie dei profumi e dei colori dei fiori, si tratta della manifestazione conosciuta come “Orvieto in fiore”, promossa dall’Associazione “Comitato Cittadino dei Quartieri di Orvieto”, giunta quest’anno alla sua quarta edizione. Terrazzi e balconi si rivestono dei colori dei quattro quartieri cittadini, Santa Maria della Stella, Corsica, Serancia, Olmo. Le infiorate sono fatte seguendo i bozzetti preparati dagli studenti del locale Liceo Artistico, quest’anno il tema da seguire è il Giubileo Eucaristico della Misericordia. Sabato 14 maggio viene fatta la premiazione della “vetrina in fiore”.

FIRENZE

(MT)

IL MAGGIO DI ACCETTURA dal 14 al 17 maggio

Una tra le più belle feste popolari del Mediterraneo, la solennità del “Maggio” è dedicata al patrono della città lucana San Giuliano ed ha inizio il sabato precedente la Pentecoste fino al martedì successivo. Si tratta di un antichissimo rito nuziale e propiziatorio in cui il Maggio, un albero di alto fusto, si unisce ad un agrifoglio, la Cima, rappresentando i tradizionali culti arborei molto diffusi soprattutto nelle aree interne della Basilicata e della Calabria. La festa inoltre è ricca di aspetti antropologici, sociologici e religiosi.


GUBBIO (PG) LA FESTA DEI CERI 15 maggio

MOSTRA “SGUARDI SUL NOVECENTO. DISEGNI DI ARTISTI ITALIANI TRA LE DUE GUERRE” dal 17 maggio al 4 settembre

FIRENZE

MILANO

Festa religiosa e popolare per eccellenza con un’antica tradizione datata 1160. Uno storico borgo, migliaia di persone, strade gremite e una corsa travolgente. Sono i Ceri di Gubbio, che il 15 maggio di ogni anno, “riprendono vita” per festeggiare il suo patrono, Sant’Ubaldo. La manifestazione folcloristica è una delle più antiche d’Italia. I ceri, diventando sempre più imponenti, nel Cinquecento furono sostituiti con tre gigantesche strutture di legno, del peso di circa quattro quintali ognuna, e sormontate dalle statue di Sant’Ubaldo, San Giorgio e Sant’Antonio, che con vari restauri sono arrivate fino ai giorni nostri.

Trentasette opere, fra disegni e stampe, per lo più inedite al pubblico, riferibili ai primi trent’anni del secolo scorso. Questo è il contenuto di “Sguardi sul Novecento. Disegni di artisti italiani tra le due guerre”, mostra degli Uffizi dedicata a una serie di opere che rivelano la complessità dei primi trent’anni del cosiddetto secolo breve, preannunciandone i drammi futuri. Tra gli autori selezionati Jacques Villon, Alberto Giacometti, Anders Zorn, Ram e Thayat, Giovanni Costetti, Giuseppe Lunardi, Pietro Bugiani, Kurt Craemer, Primo Conti, Giuseppe Lanza del Vasto, Marino Marini.

Chibimart è l’evento fieristico dedicato al mondo dell’accessorio moda e del bijoux che evolve in un concept nuovo, completo ed essenziale, orientato a generare nuove opportunità di business. Cadenza semestrale per una vetrina dove scoprire gli stili e le tendenze, una passerella dove i segni distintivi sono la creatività innovativa, l’accuratezza nella lavorazione dei prodotti esposti e la completezza nell’offerta. La fiera recepisce le continue evoluzioni del mercato e rinnova la propria formula espositiva per dar vita ad un innovativo modo di fare fiera.

LECCE

CHIBIMART dal 20 al 23 maggio

ARTIGIANATO D’ECCELLENZA dal 20 al 22 maggio

VERONA MINERAL SHOW dal 27 al 29 maggio

VERONA

SPELLO (PG)

La VII edizione della vetrina del manufatto d’autore italiano vedrà in esposizione 70 artigiani italiani, percorsi enogastronomici e presentazioni di libri a tema. Tra gli espositori diquest’anno: Alessandro Solaro del Borgo con Wolfram Von Der Leyen e i gemelli da uomo “Muchimoo”; Valeria Ferlini e il suo “Movingshop”; “Bams”, scarpe e borse di tessuti colorati e originali; Mariolina Dufour e i suoi dipinti su oro; le borse di Domitilla Gucci; le porcellane d’autore di Giovanna Amoruso Manzari; le cornici di velluto di Cristina Marchini Pellegrini Tebaldi Lassotovitch; “Spazio Omnia”, i monili di Silvia Genovese e Alessandra Rimini; l’abbigliamento bimbo di Tenny Maresca di Serracapriola; Marcello Meli e le sue cornici in tartaruga; i coralli di sale di Daniela Neri. La vera novità sarà la presenza di “FabLab Lecce”, officina con stampanti 3D e altre strumentazioni in grado di realizzare prodotti artigianali digitali in poche ore.

Oltre 220 espositori provenienti da 24 diverse nazioni sono presenti con decine di minerali, fossili, gemme e pietre dure. Si tratta del Verona Mineral Show, mostra di pietre preziose e ornamentali, fossili, conchiglie da collezione e derivati e oggettivistica in pietra, che si svolge a Veronafiere. Durante l’evento viene allestito uno spazio dedicato al fai da te, con la presenza di alcune aziende specializzate che danno la possibilità al pubblico di creare con le proprie mani e la propria fantasia dei veri gioielli. Questa manifestazione rappresenta un appuntamento imperdibile per gli appassionati di geologia, gemmologia e collezionisti di minerali.

Le Infiorate di Spello sono una manifestazione che si svolge ogni anno nella cittadina umbra in occasione della festività del Corpus Domini, la nona domenica dopo la Pasqua. Un percorso di circa 1,5 km caratterizzato dall’alternarsi di oltre sessanta diverse composizioni, tutte realizzate con fiori freschi raccolti in natura. Gli infioratori lavorano un’intera notte per realizzare tappeti e quadri floreali che si snodano per le vie del centro storico del caratteristico borgo destinati ad onorare il passaggio del Corpo di Cristo, portato in processione dal vescovo la domenica mattina. Ogni anno in occasione dell’Infiorata si tiene anche la Mostra di Florovivaismo presso i Giardini Pubblici di Spello.

LE INFIORATE DI SPELLO 28 - 29 maggio

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L’AQUILA

INTERNATIONAL L’AQUILA TANGO MARATHON & FESTIVAL dal 1° al 5 giugno

CATANIA ETNA COMICS dal 2 al 5 giugno

Cinque giorni indimenticabili all’insegna del ballo in un’unica e suggestiva location immersa nel meraviglioso scenario del Gran Sasso d’Italia. Sono questi gli ingredienti dell’International L’Aquila Tango Marathon & Festival, organizzato da Helga, Andrea e lo Staff dell’Accademia di Tango Argentino Istinto Tango. La manifestazione, arrivata alla sua quinta primavera, si articola in quattordici ore di tango ogni giorno, otto milonghe, quattro pomeridiane e quattro serali, otto dj internazionali, workshop per tutti i livelli con grandi maestri, tra sorrisi, abbracci, buon cibo e relax. Il successo è assicurato!

Per quattro giorni Catania ospita il festival dei nuovi manga. Si tratta di Etna Comics, manifestazione internazionale dedicata al fumetto, al cinema d’animazione, ai giochi da tavolo e ai videogiochi, in programma dal 2 al 5 giugno al Centro Fieristico “Le Ciminiere”. Il programma del Festival internazionale del fumetto e della cultura Pop è densissimo e tanti gli ospiti in serbo. Tra i grandi attesi della sesta edizione l’artista della saga “Guerre Segrete” Esad Ribic, che ha rivoluzionato l’assetto del Marvel Universe e che con il suo stile pittorico ha rilanciato “Loki”, fatto commuovere con “Silver Surfer” ed impressionato con “Namor”.

FIRENZE

LA MADDALENA E CAPRERA (OT)

MOSTRA “SPLENDIDA MINIMA. PICCOLE SCULTURE PREZIOSE NELLE COLLEZIONI MEDICEE: DALLA TRIBUNA DI FRANCESCO I DE’ MEDICI AL TESORO GRANDUCALE”

dal 21 giugno al 2 novembre

Nelle Gallerie degli Uffizi si conserva la più importante raccolta esistente di un settore rarissimo dell’arte della glittica: piccole sculture in pietra dura, prodotte in età ellenistica e romana. Tali opere sono al centro di “Splendida Minima. Piccole sculture preziose nelle collezioni medicee: dalla Tribuna di Francesco I de’ Medici al tesoro granducale”, esposizione a Palazzo Pitti nel Museo degli Argenti. La mostra, la prima dedicata a questa particolare produzione artistica, riunisce tutte le microsculture della collezione medicea, affiancandole ad altri esempi di plastica in materiali preziosi, esaltando le peculiari caratteristiche tecniche e stilistiche.

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LAGO D’ISEO, SULZANO E MONTISOLA (BS) INSTALLAZIONE “THE FLOATING PIERS” dal 18 giugno al 3 luglio

Cinque chilometri di passerella sul lago d’Iseo. È questo il nuovo progetto italiano di Christo, l’artista di origine bulgara che con la sua produzione artistica, insieme alla moglie Jeanne-Claude, ha stupito il mondo intero. Torna in Italia dopo 40 anni per realizzare una passeggiata: due chilometri sulla terraferma e altri quasi tre su un pontile galleggiante coperto da 90mila metri quadrati di tela poliammidica color giallo intenso. Una struttura temporanea, un ponte adagiato sull’acqua, che unisce per la prima volta nella sua storia, la sponda bresciana a Montisola, l’isola più grande del lago. È un progetto intimo, essenziale, palpabile. Christo sottolinea il contrasto tra fluidità dell’acqua e rigidità dei materiali legati alla terra.

ROVERETO (TN)

TOUR DELLA MADDALENA E CAPRERA 25 e 26 giugno

MOSTRA “PITTURA DI LUCE. DAL DIVISIONISMO AL FUTURISMO” dal 25 giugno al 9 ottobre

A grande richiesta ritorna il Tour La Maddalena e Caprera con buySardinia, un viaggio unico e carico di emozioni, due giorni intensi nella quale storia, cultura e bellezza diventano un tutt’uno per rendere magico il weekend. Visite guidate nelle due isole, a Caprera alle Fortificazioni di Candeo suggestiva batteria militare antinave armata dalla Marina Militare durante la seconda Guerra Mondiale. Poi, il giorno dopo visita al Forte Di Punta Rossa, una delle grandi Fortificazioni della Maddalena. L’appuntamento per la suggestiva gita è a Cagliari in Piazza dei Centomila. Da non perdere.

Dopo Madrid la mostra arriva in Italia. Un progetto internazionale in due tappe, la prima nella capitale spagnola fino al 5 giugno, la seconda al Mart di Rovereto (Tn) dal 25 giugno al 9 ottobre. L’esposizione racconta l’arte dei maestri italiani che, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, introdussero il rivoluzionario cambiamento di mentalità su cui poggiarono le proprie basi le avanguardie del Novecento e in particolare il Futurismo. Si tratta di una nuova poetica, che irrompe sulla scena dell’arte italiana, ancora oggi, con tutta la sua forza travalicando i confini tra due nazioni. Tra i curatori del progetto Gianfranco Maraniello, Daniela Ferrari, Pablo Jiménez Burillo, Beatrice Avanzi, e Fernando Mazzocca.



DESIGN

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Salone e Fuori Salone: due realtà ormai imprescindibili

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nche quest’anno si è registrato un altro record di presenze. Al Salone del Mobile di Milano oltre 370 mila persone hanno varcato la soglia di ingresso per veder le novità nel mondo dell’interior design, dai complementi da arredo, al mobilio, dalle cucine ai bagni. Un evento internazionale confermato anche dalla presenza del 67 per cento di operatori esteri e dalla forte rilevanza dell’export che in questo settore ormai fa da traino. La Design Week si conferma così un comparto strategico a testimonianza del fatto che tutta la filiera produttiva del made in Italy rappresenta un valore aggiunto per la promozione del Brand Italia. Numerosissimi gli eventi satellite che si sono avvicendati a Milano, a partire da tutti gli appuntamenti del Fuori Salone che hanno riempito la città di appassionati, esperti e curiosi del settore, con un’affluenza di pubblico aumentata del 30 per cento in zona Tortona rispetto allo scorso anno. Ma questa vivacità creativa non finisce qui. Fino al 12 settembre 2016 alla Triennale di Milano, nel contesto della XXI Triennale International, sarà possibile visitare la mostra “STANZE. Nuove filosofie dell’abitare”, in cui il curatore Beppe Finessi fa il punto sullo stato dell’arte dell’architettura degli interni.

Fondazione Albini con Paola e Marco Albini

Al centro Philippe Daverio

IED Torino, Superspazio Più/Jaguar

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DESIGN

Una storia di successo di disegno industriale made in Italy che comunica il valore culturale e la qualità dei suoi prodotti

MUSEO KARTELL E I SUOI NUMERI DA RECORD

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a cura della Redazione

naugurato nel 1999 dal presidente Claudio Luti per il cinquantesimo anniversario di Kartell – azienda leader del design, fondata a Milano nel 1949 dall’ingegnere Giulio Castelli – il Museo Kartell – che ottiene il Premio Guggenheim Impresa & Cultura come il migliore nel settore aziendale – presenta numeri impressionanti: 67 anni di storia, 2500 metri quadrati di esposizione, 1000 oggetti in mostra, 5000 disegni originali in archivio, 8000 oggetti tra prototipi, modelli e pezzi di produzione conservati, 15000 immagini nell’archivio fotografico. Si tratta di una delle aziende simbolo della progettualità made in Italy, una realtà di successo raccontata attraverso una lunga serie di oggetti, mobili, complementi

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d’arredo, illuminazione, accessori per la casa, che sono diventati parte del paesaggio domestico. La struttura è collocata nello spazio della storica sala mostre dello stabilimento di Noviglio (Mi), sede dell’azienda dalla fine degli anni Sessanta, ed è organizzata con una mostra permanente in cui sono esposti circa un migliaio di prodotti in materia plastica suddivisi in diversi ambiti: autoaccessori, casalinghi, lampade, articoli per laboratorio, articoli per arredamento, complementi d’arredo, stampe e disegni dei prodotti. L’allestimento, progettato dall’architetto e art director Ferruccio Laviani, è pensato nel rispetto dell’architettura dello spazio: una sala espositiva molto suggestiva che si estende su tre piani affacciati su un ampio cavedio, progettata


nel 1967 da Anna Castelli Ferrieri e Ignazio Gardella come parte conclusiva dello stabilimento aziendale. Nell’allestimento odierno, inaugurato ad aprile 2015, il museo si arricchisce di prodotti e i progetti più interessanti sono corredati da immagini e video. Il colore dominante è il grigio scuro, gli oggetti emergono da grandi teche, enfatizzati nell’estetica, quasi scultorei. Pur mantenendo l’ordine cronologico e la vocazione didattica iniziale, la rinnovata mostra, curata da Elisa Storace, espone la collezione Kartell attraverso temi diversi, quali, ad esempio la modularità, la nascita della trasparenza o le prove d’artista a confronto con la produzione industriale. A conclusione della mostra, al piano terra, sono esposti a rotazione i progetti più recenti

che esplorano i temi del pezzo unico e dell’edizione limitata, nonché delle “contaminazioni” con i mondi dell’arte e della moda. All’inizio del percorso compare l’elenco dei designer che hanno collaborato con l’azienda nel corso degli anni, contando quasi 100 nomi. La mostra si apre con il portasci del 1949, il primo prodotto realizzato dall’azienda ed il più noto della Divisione Autoaccessori Kartell degli anni ’50. Ha poi conquistato una serie di importanti riconoscimenti internazionali, fra cui nove Compassi d’Oro. La continua evoluzione nell’utilizzo dei materiali e la sperimentazione di nuove tecnologie per la produzione sono fondamentali per lo sviluppo dei prodotti dal punto di vista sia funzionale che estetico.

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MODA

SPRING TRENDS FOR MEN GUIDA ALLE TENDENZE PRIMAVERILI di Mariano di Vaio

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a primavera è ormai iniziata, con annessa tutta la positività che porta sempre con sé. E allora via libera a colori e fantasie, linee sartoriali e geometrie originali. È una stagione da amare, la stagione in cui a sbocciare non sono solo i fiori, ma anche nuovi trends sempre interessanti. La primavera regala

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ogni anno una ventata di novità dopo l’austera sobrietà invernale, dominata dal trend dell’uomo che si prende sul serio. È l’inizio della stagione calda, quella in cui si inizia a giocare con accostamenti di colori e tessuti, per creare la novità. E allora, ecco che una smart guide ai trend primaverili è d’obbligo!


BOHO CHIC ALLURE Il dandy è sostituito dall’artista bohemienne, senza rinunciare all’attitudine elegante del gentleman: i volumi si moltiplicano, creando silhouette morbide e atmosfere comfort. La silhouette è larga soprattutto sulla gamba, un vero de rigueur per questa stagione. I colori sono caldi e terrosi, i tessuti morbidi e leggeri. Anche l’abito elegante subisce questa influenza, accostando il lino ai colori del deserto.

MICRO E MACRO FANTASIE Questa primavera le fantasie variano dall’allure romantica, con fantasie broccate e floreali, a quella ultra-moderna, piena di fantasie geometriche. Personalmente adoro i pattern geometrici nelle giacche e nelle t-shirt, sempre attuali, mentre amo le micro-fantasie broccate sui pantaloni, molto eleganti e mai noiose.

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BOMBER Sulle passerelle spring/summer 2016 abbiamo visto bomber ispirati agli anni ’50: Alexander Wang, Simon Miller, Salvatore Ferragamo, Versace e Louis Vuitton hanno progettato e reinterpretato una loro versione del capospalla evergreen. Quello che indosso in foto fa parte della collezione estiva di Nohow.

LEATHER BAGS Le borse di pelle sono un must per questa stagione: ti accompagnano in ogni occasione, da quella piĂš elegante a quella piĂš casual. Sono un accessorio di grande bellezza, e sanno rendere sofisticato ogni outfit. Si possono trovare in varie forme e dimensioni, dalla ventiquattrore in pelle saffiano (come quella rossa in foto di Hugo Boss), alla travel bag in pelle morbida (come quella che indosso in foto, parte della mia collezione di pelletteria fatta a mano in Italia, MDV Leather Mind).

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MODA

SMART FASHION / PILLS a cura degli studenti IED – Istituto Europeo di Design di Milano Art direction: Michela Russo e Alberta Chiminelli Immagine di copertina: Riccardo M. Bruno, Lorenzo Gonnelli, Shani Yakuti (Docente: Cinzia Piloni)

Iris Van Herpen: moda o arte? di Carolina Valaguzza

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Parlando di fashion intelligente, non si può non citare Iris Van Harpen, stilista di origini tedesche che ha rivoluzionato completamente il concetto di fashion. La Herpen si avvicina al mondo della moda partendo dalla sua passione per la danza classica. Si diploma in Fashion Design all’ ArtEZ e nel 2007 crea il suo marchio. Definire il suo stile “smart” è riduttivo: la sua filosofia (e non esiste aggettivo più corretto) è visionaria. Il design incontra la moda, che incontra l’arte, che incontra la tecnologia e tutte queste componenti danno vita alla Wearable Technology. Ogni sua creazione richiede un trattamento dei materiali studiato ad hoc o la creazione di un materiale totalmente nuovo. Per questo motivo Van Herpen collabora spesso con artisti o scienziati, promuovendo la contaminazione interdisciplinare (ancora una volta, smart!).


“In all my work I try to make clear that fashion is an artistic expression, showing and wearing art, and not just a functional and devoid of content or commercial tool.” Possiamo dunque affermare che questa donna incarna perfettamente i principi dello smart fashion. Per lei la crescita sta nel ricercare costantemente nuove forme di arte e di espressione della emotività femminile. Le sue creazioni hanno l’obiettivo di ispirare non solo chi le guarda ma anche chi le fabbrica. Le regole “normali” non si applicano - sostiene - ma ogni collezione diviene pretesto di ricerca. Il futuro dello smart fashion non è necessariamente la fusione della tecnologia con ciò che indossiamo; è la contaminazione dei campi sia della scienza sia dell’arte per generare un concetto di bellezza assolutamente contemporaneo.

Poliestere is the new ECO

“Poliestere” è una parola che abbiamo sentito dire tante volte, spesso in contesti negativi. Viene associata a cheap, abiti dismessi e a basso costo comprati nei grandi magazzini. Ma la verità su questo tessuto è tutt’altra. Infatti, se n’è fatta di strada da quando nel 1951 l’azienda chimica americana Du Pont ha messo in vendita i primi prototipi di tute realizzate con questo materiale. Il progresso tecnologico ha portato il poliestere ad essere uno dei materiali ecosostenibilmente migliori per creare capi d’abbigliamento. Facciamo un passo indietro e cerchiamo di definire in cosa consiste esattamente questo tipo di tessuto. I poliesteri sono una categoria di polimeri costituiti da unità ripetitive tenute insieme da legami chimici di tipo estere. In base ai monomeri inseriti in queste catene polimeriche, si ottengono svariate tipologie di poliesteri con diverse caratteristiche e applicazioni d’uso. Detto in parole più semplici si può affermare senza fatica che i nostri vestiti sono fatti di plastica. Il polietilene tereftato o PET è quel materiale, derivato dal petrolio greggio, che viene usato per fare le bottigliette di plastica da cui ogni giorno beviamo acqua. Il PET viene sciolto e assume una consistenza viscosa, dopo di che viene pressato e passato attraverso una filiera per ottenere lunghi filamenti che vanno a creare il tessuto. Cos’ha a che fare tutto questo con lo smart fashion? La risposta è semplice. Ecologicamente parlando il poliestere è per certi aspetti addirittura migliore del cotone tradizionale: infatti, uno studio della Commissione Europea ha dimostrato che a causa delle quantità di pesticidi tossici e fertilizzanti usati durante la coltivazione del cotone, l’impatto che ha questa fibra naturale sull’ambiente è maggiore rispetto al poliestere.

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Per quanto riguarda il poliestere invece le sostante chimiche impiegate nella produzione non vengono rilasciate nell’ambiente e può essere ottenuto da vecchie bottiglie di plastica, permettendo la trasformazione di rifiuti in abbigliamento. Il progresso tecnologico ha fatto in modo inoltre di migliorarne la consistenza per renderla piacevole al tatto, la lucentezza e il drappeggio, tanto che ormai il poliestere non ha niente da invidiare ai tessuti tradizionali.

Cambiamo in meglio! di Matteo Iaboni

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La moda “etica” è una delle chiavi per il rilancio del “Made in Italy” simbolo di qualità e di ricerca nel mondo dell’imprenditoria intelligente. Ecco per esempio come pensa e agisce Cangiari (in dialetto calabrese “cambiare”), il primo marchio di moda eco-etica di fascia alta in Italia. Cangiari attinge a piene mani dalla tradizione della tessitura calabrese, personalizza tutti i suoi capi e sceglie tessuti ecosostenibili. Ma la sua autentica innovazione è quella di cambiare culturalmente il territorio e di fornire risposte concrete - recuperando mestieri e dando occupazione. Come loro sostengono, un marchio etico deve essere innanzitutto efficace e non accontentarsi di essere giusto. Etico è un marchio che genera un processo osmotico di interscambio di idee e conoscenze con tutto ciò che lo circonda. Tale apertura è fondamentale per il suo allineamento con bellezza e varietà proprie del fashion field. Altro esempio di moda etica è costituito da Socially Made in Italy, un marchio che si definisce come “una comunità tra etica, fashion e diritti umani”. Nasce nel 2015 e opera per unire territori apparentemente lontani come quello del lavoro e quello delle carceri femminili. E’ una sorta di distretto produttivo tra le cooperative sociali e i marchi di alta moda. Socially Made in Italy si occupa di ridare dignità alle donne rinchiuse nelle carceri attraverso la produzione di borse e gadget. L’azienda collabora anche con associazioni e fondazioni che offrono le “borse di lavoro” per le lavoratrici. Un ciclo produttivo e riabilitativo fatto di connessioni intelligenti fra imprese e donne alla ricerca di una seconda possibilità.


www.maremmanisetti.com


MODA

UN DESIDERIO FATTO LIGNEAH di L. Castellaneta, E. Lightowler, M. Zugni (IED – Istituto Europeo di Design di Milano)

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l desiderio di Marta era quello di trovare un materiale che connettesse le sue due più grandi passioni: la moda e gli animali. E proprio le passioni sono diventate le fondamenta di MyMantra - brand fondato da Marta Antonelli con l’aiuto del padre Marcello - in seguito al successo di Ligneah. Ligneah è un progetto che propone, come alternativa alla pelle, l’utilizzo di un materiale brevettato dalla designer stessa a base legno morbido come pelle e flessibile come un tessuto. Marta, come definiresti lo smart fashion? “La moda del presente che si trasforma, portando con sé un bagaglio di tradizione che si fonde con il nascente dinamismo innovativo e sostenibile”.

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Come può “aiutare” il consumatore nella vita quotidiana? “Semplicemente presentando delle alternative; chi fa un tipo di moda all’avanguardia crea nel consumatore una nuova consapevolezza, gli presenta un ventaglio di possibilità e novità che arricchiscono e stimolano l’interesse per un settore che stava divenendo ormai un ripetersi ciclico e periodico”. Se dovessi definire il tuo progetto con tre valori quali sarebbero? “Innovativo, sostenibile, visionario”. Dove nasce il tuo interesse verso i materiali cruelty free? “Nasce dai valori che mi accompagnano ogni giorno


nella mia vita e dal bisogno di coniugare piacere e rispetto per ciò che mi circonda in un’unica formula; tutto questo è nato perché mi sono chiesta se ci fosse un prodotto che soddisfacesse le mie esigenze di appassionata di moda e di animali. Ho pensato che come me, là fuori, c’erano altre milioni di persone che non trovavano nel mercato un qualcosa che rispondesse a determinati criteri nel settore-moda”. Quale consiglio daresti per una moda più sostenibile? “Ogni giorno sono a contatto con materiali nuovi ed innovativi, che rispettano sia i criteri stilistici che etici; basta poco per poter cambiare. Noi come brand abbiamo una storia alle nostre

spalle: non è un semplice marchio il nostro. Le persone sanno cosa acquistano e sanno tutto ciò che c’è dietro al nostro progetto. Anche i grandi brand stanno seguendo il cambiamento e questo lo dimostra il continuo interesse che tutte le più grandi realtà della Moda hanno nei confronti del nostro materiale. Basta visionare le più importanti materioteche internazionali come Matrec e Material Connexion per capire che la Moda sostenibile è già qualcosa di concreto. L’importante è informarsi, essere spinti dalla curiosità e dalla passione e soprattutto andare al passo con i tempi”. Ligneah il connubio perfetto tra moda e design.

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MODA

Il forte impegno della stilista McCartney a favore della sostenibilità è divenuta l’essenza della filosofia del suo brand di lusso

L’ETICA INTELLIGENTE DI STELLA di Roberta Abdanur (IED - Istituto Europeo di Design di Milano)

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tella McCartney è una fashion designer inglese portavoce di uno stile inconfondibile, improntato su un’elegante sartorialità. L’impegno di Stella McCartney in favore della sostenibilità, evidente in tutte le sue collezioni, è parte integrante della filosofia del marchio, che si pone l’obiettivo di essere responsabile, onesto e al passo coi tempi. La stilista non usa né pelliccia né pelle né piume per le sue creazioni. L’impero della McCartney spazia dal ready to wear femminile, agli accessori, agli occhiali, alla lingerie, ai profumi fino a una linea per bambini.

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Stella McCartney è il primo marchio di lusso a collaborare con la National Resources Defense, l’Ethical Trading Initiative e Enviromental Profit and Loss con l’obiettivo di migliorare l’impatto ambientale degli stabilimenti tessili. Per Stella essere moderno significa pensare al futuro: non solo al futuro del design, ma anche quello del pianeta: “Siamo un’azienda vegetariana impegnata ad agire in modo responsabile, onesto e moderno. Desideriamo contribuire a una nuova percezione delle persone nei confronti della moda ecologica. Crediamo che la sostenibilità possa esprimersi in

capi d’abbigliamento e accessori belli e moderni”. Questa giovane donna è stata la prima stilista a creare un’intera capsule collection certificata dal marchio Green Carpet Challenge (GCC). Questa collezione è stata realizzata nel rispetto dei più elevati standard ambientali, impiegando unicamente materiali certificati come sostenibili e riciclati: poliestere riciclato per i capispalla e una microfibra riciclata per le borse. Entrambi i materiali sono prodotti a partire dal riutilizzo di bottiglie di plastica. Si tratta di una scelta guidata da ragioni etiche e ambientali.

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ARTE

BICE BUGATTI CLUB di Stefano Spairani Righi (Out 44 - Accademia di Belle Arti di Brera)

Particolare opera

Spazio dedicato all’arte nelle “ville delle delizie” in Brianza divenute luoghi di fermento culturale in cui si organizzano anche premi per artisti emergenti

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arà il risveglio della primavera, saranno le persone stufe del letargo invernale, sarà il Miart – la più grande fiera d’arte contemporanea di Milano – fatto sta che le mostre e gli eventi artistici nei territori milanesi in questo periodo tornano a fiorire. Ovviamente la maggior parte di queste manifestazioni si concentrano nella città di Milano ma esistono molte realtà di provincia che, rimettendosi in gioco, stanno aumentando i territori conosciuti nella grande mappa dell’arte contemporanea. Una delle associazioni più attive, che negli ultimi anni sta lavorando per la creazione di una fitta programmazione, è il Bice Bugatti Club, associazione no profit nata nel 1959, che attualmente ha trovato sede per le sue attività all’interno di due splendide “ville delle delizie” seicentesche: Villa Vertua e Villa Brivio di Nova Milanese (MB); residenze di campagna in cui i signorotti milanesi si rifugiavano per scappare dal caos cittadino. Una location incantevole che sta diventando sempre di più luogo di fermento culturale, date le numerose mostre presentate all’interno e i vari premi organizzati dall’associazione che porta artisti e curatori, giovani e meno giovani, a confrontarsi con gli spazi del Club. Tra le varie attività quali mostre e conferenze di primaria importanza è il Premio Internazionale Bice Bugatti-Giovanni Segantini, che dal 2009 si è arricchito con una sezione speciale legata ai territori del sud America con la collaborazione del Proyecto mARTadero di Cochabamba (Bolivia) che porta ogni anno a Nova Milanese non solo artisti provenienti da tutte le parti d’Italia ma anche dalla Bolivia, dal Cile, dall’Argentina e dal Perù. Ancora più longevo però è il rapporto di stretta collaborazione tra il Club e l’Accademia di Belle Arti di Brera, che ha portato nel tempo alla creazione un fitto dialogo tra provincia e metropoli, tra la città e la campagna, tra giovani artisti e istituzioni e che anche quest’anno rinnova i suoi propositi. In particolare dal mese di aprile e per i successivi sei mesi il sodalizio tra questi due enti ha portato


Esterno Villa Brivio

Allestimento

ad invitare il collettivo curatoriale OUT44 a curare la programmazione semestrale di uno degli spazi all’interno di Villa Brivio. Il collettivo OUT44, nato a Brera un anno fa, dal 17 aprile lavora negli spazi del Bice Bugatti Club, sotto la guida di Luigi Rossi (presidente del Club) e Simona Squadritto (direttore artistico), ad una programmazione semestrale in cui, nello spazio di ingresso di Villa Brivio, saranno presentate cinque mostre. Il progetto prende il nome di [TRAPARENTESI] e intende rielaborare le cinque lezioni che Italo Calvino era stato chiamato a tenere presso l’Università di Harvard, l’anno in cui morì. Le lezioni sono state pubblicate tre anni dopo, nel 1988, sotto il nome di Lezioni americane – sei proposte per il prossimo millennio, e questo testo è stato lo spunto per ricercare all’interno della pratica di artisti contemporanei quelle qualità che Calvino intendeva salvaguardare in una letteratura che, come ogni altra cosa, si stava avviando verso un nuovo millennio. Il proposito del gruppo curatoriale è quello appunto di sviscerare queste qualità e darne nuovo senso attraverso il lavoro degli artisti che nei vari mesi saranno chiamati ad esporre i propri lavori.

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ARTE

QUEL GENIO ARTISTICO DI LORENZO LOTTO

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di Carlo Trecciola

a magnificenza pittorica e il genio artistico di Lorenzo Lotto oggi sono inopinabili, ma le opere e la fama di colui che fu uno dei più grandi esponenti del Rinascimento veneziano furono tormentate per secoli da una damnatio memoriae che solo verso la fine del XIX secolo cessò, quando l’opinione generale dei grandi storici dell’arte di allora decise di riconoscere e valorizzare il talento di questo pittore veneto, naturalizzato marchigiano. La vita di Lorenzo Lotto principia a Venezia intorno al 1480 e fu attivo in molte città dell’Italia settentrionale, come Treviso, Venezia e Bergamo, ma è nelle Marche che la sua fama verrà finalmente consacrata. Nel 1506 infatti i frati domenicani di Recanati gli commissionarono il celebre e maestoso polittico per la Chiesa di San Domenico, ora conservato presso la Pinacoteca Comunale. Quest’opera, illuminata da una luce fredda e cristallina, risalta il plasticismo dei personaggi che profondono all’unisono tutta l’umana disperazione per la morte di Cristo. Nell’ancona centinata principale vi è Maria col Bambino benedicente che è intenta a consegnare, grazie all’intercessione di un angelo, lo scapolare bianco a San Domenico, che è raffigurato in ginocchio ai piedi del trono, causando uno squilibrio verso sinistra, considerato moderno e anticonformista per i canoni pittorici del XVI secolo. Lotto dipinge gli stati d’animo, le sensazioni e ne sono evidente esempio i due angioletti musicanti alla base del piedistallo, ritratti nel loro improvviso spavento per il movimento genuflessorio del santo. L’elemento del “cogliere il baleno”, unitamente al formidabile e ben studiato accostamento dei colori rappresentano l’innovativa ed originale intuizione, tipica della pittura di Lorenzo Lotto. Nella cimasa invece è raffigurata la suggestiva Pietà

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Polittico di san Domenico completo

La Pietà


Il Polittico di San Domenico e la Crocefissione: due prestigiose opere rinascimentali ammirate ed esaltate dai critici d’arte con un ritardo di circa quattro secoli

La Crocefissione

di Cristo con un angelo, Nicodemo, la Maddalena e la Madonna che si copre il viso piangente; l’espressione delle figure è resa ancor più oberata grazie al fondo scuro che risalta i tratti e i colori, mettendo in evidenza il corpo teso ed abbandonato alla morte di Gesù, che emana un indescrivibile senso di sospensione, una particolare energia che si profonde a cascata in tutti i pannelli del polittico. Lotto è noto per la straordinaria capacità di prodursi in una innumerevole campionatura di soggetti umani e per il suo distacco dalle correnti del classicismo; egli infatti rimase estraneo ai maggiori centri culturali della sua epoca. L’intensità esistenziale e la sconfinante creatività pittorica li ritroviamo veementemente nel dipinto ad olio su tela che raffigura la Crocefissione, ubicato nella Chiesa di Santa Maria della Pietà in Telusiano a Monte San Giusto (MC). In questa grandiosa pala il trepidante sentimento esce vigoroso dalla tela ed investe tout court l’interlocutore. Le tre croci svettano altissime avvicinandosi più al cielo che alla terra, staccando nettamente la folla incosciente e colpevole sotto di loro. Maria non riesce a sopportare il dolore e sviene abbandonandosi tra le braccia di San Giovanni ed una pia donna. La posa della Madonna evoca fortemente il martirio subito da suo figlio e smarrisce quasi completamente le forme del suo corpo nei panneggi del lungo vestito nero che richiama chiaramente il colore apocalittico del cielo. In questo dipinto la tragedia assume un duplice aspetto: universale ed individuale. Il movimento dei personaggi è confusionario e c’è una turbinosa instabilità tra il primo piano e lo sfondo che solo il gesto della Maddalena riesce ad accompagnare: le sue braccia allargate infatti sono la liaison tra i diversi ordini prospettici. Il dramma è corale e raggiunge l’apice del pathos nello svenimento di Maria e nella parte superiore della tela, dove l’atmosfera sconvolgente confonde il viso dei due ladroni e una parte della croce di Cristo, lasciandolo come sospeso a mezz’aria, mentre tutte le lance indicano la sua Persona. Quasi tutte le commissioni furono destinate alle chiese e per questo si può affermare senza dubbio che per ammirare i capolavori di Lorenzo Lotto vale la pena di visitare tutte quelle cattedrali in cui lasciò impressa la sua originale firma: LOTUS:

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Ph. L.B.

ARTE

In un giardino all’inglese nelle colline pistoiesi, un collezionista d’arte ha trasformato un ampio spazio in un laboratorio di sperimentazione per artisti di fama internazionale

COLLEZIONE GORI, UN PERCORSO ALLA SCOPERTA DELL’ ARTE AMBIENTALE

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di Livia Ballan

mmersa nel verde delle colline Pistoiesi, Fattoria Celle e l’ampio parco che la circonda ospitano una tra le più importanti raccolte di opere d’arte ambientali in Italia: la collezione Gori. Un giardino all’inglese, di circa trenta ettari, fa da cornice alla Villa: progettato nell’Ottocento dall’architetto Giovanni Gambini in tipico stile romantico, si caratterizza per un’alternanza di

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elementi naturali (rigogliose specie arboree e piante secolari) a elementi artificiali (una voliera, un piccolo tempio neoclassico, un ruscello che diventa laghetto). Un susseguirsi di episodi emozionanti, capaci di stupire e incantare il visitatore. Nel 1970 l’intera proprietà è acquistata da Giuliano Gori - imprenditore tessile pratese, collezionista e appassionato d’arte -, e trasformata in un laboratorio di sperimentazione per artisti


di fama internazionale, chiamati a eseguire opere da collocare nel giardino e nelle sale interne della villa. È il luogo a dare ispirazione, guidando l’atto creativo. Nelle installazioni ambientali lo spazio nel quale si colloca l’opera non costituisce un mero contenitore, ma diventa parte integrante della stessa. Ecco perché Giuliano Gori seleziona con cura ogni artista, chiamandolo a scegliere uno spazio che sia compatibile al proprio progetto e a sviluppare un’installazione che nasca in stretta relazione con il sito che la ospita. Il risultato è un museo a cielo aperto unico nel suo genere, nel quale natura, architettura e arte convivono in perfetta armonia. Aperta al pubblico dal 1982, Fattoria Celle ha consolidato negli anni la sua fama, divenendo modello di riferimento per i numerosi “parchi d’arte” sorti in seguito. La collezione vanta, ad oggi, più di settanta opere. Tra i tanti artisti che hanno contribuito con le loro installazioni vi sono (solo per citarne alcuni) Alberto Burri, Robert Morris, Richard Serra, Sol Lewitt, Daniel Buren, Fausto Melotti, Michelangelo

Pistoletto, Mauro Staccioli. Da maggio a settembre la villa è aperta al pubblico, prenotando gratuitamente una delle visite organizzate messe a disposizione della fondazione. Una guida condurrà gli ospiti alla scoperta delle opere ambientali che compongono quest’affascinante collezione privata, generosamente offerta al pubblico dalla famiglia Gori. L’opera “per quelli che volano” di Luigi Mainolfi è tra le prime ad accogliere i visitatori che iniziano il percorso. Spicca, tra le chiome degli alberi che circondano la fattoria, un particolare insolito che colpisce l’osservatore: una panchina di ferro verde resta in equilibrio, sospesa sul tetto dell’edificio, mentre una scritta in caratteri neri, “per quelli che volano”, è impressa sulla facciata della fattoria. Un’opera dal forte impatto emotivo, che non solo è un omaggio alla memoria di Pina Gori, moglie del collezionista, ma è anche un inno alla leggerezza e un invito rivolto all’osservatore ad elevarsi, con lo sguardo e con la mente, andando oltre le questioni terrene. Un ottimo incipit per iniziare il percorso alla scoperta dell’arte ambientale.

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DISCOVERY

Rezzato-Località Laghetto

Odore di zolfo nei dintorni di Brescia

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di Francesco Colamartino

e mai doveste imbattervi in un abitante della provincia di Brescia, non ditegli che avete “un diavolo per capello”. Potrebbe prenderla molto sul serio. Soprattutto se lo incontrate nel fitto del bosco non lontano dall’antico convento francescano di San Pietro in Colle, che domina dall’alto la cittadina bresciana di Rezzato. Qui, tra alberi e cespugli, si cela un misterioso e grottesco volto, dalle sembianze in parte d’uomo e in parte di bestia, scolpito nella viva roccia chissà quanti secoli fa: è il “Diaol”, diavolo in dialetto bresciano, detto anche “mostasù”, faccione. Secondo alcuni starebbe lì a commemorare la morte di un uomo avvenuta sul posto in un tempo lontano e ricordata anche da una data ormai appena leggibile (1798). Secondo altri, invece, raffigurerebbe un demone, se non il Diavolo in persona. Si narra anche di una fanciulla che proprio lì sarebbe stata

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arsa viva al rogo e di streghe e diavoli che in quel luogo si davano convegno per i loro sabba notturni. Il Diaol in realtà ricorda moIto da vicino le antiche rappresentazioni di satiri e fauni (e il flauto di Pan ritorna misteriosamente nel Duomo di Brescia) ma anche tante raffigurazioni dell’arte celtica, come quelle delle falere nella necropoli di Manerbio, non distante da Rezzato. Ma se si aguzza la vista non si può far a meno di notare che il faccione è circondato da segni realizzati dall’uomo. Croci, numerose croci incise nella roccia, insieme a date (1640, 1655) a un’invocazione al Figlio di Dio rappresentata dal simbolico “IHS” (Iesus Hominum Salvator) e alla parola “diaboli”, quasi illeggibile per l’erosione dell’acqua e del vento. Graffiti incisi in epoche lontane per esorcizzare, e forse cristianizzare, zone ritenute dimora di spiriti maligni. Non distante dal Diaol di Rezzato, a Nuvolera, sulla cima del Monte


Rezzato

Parte del cerchio

Cavallo, vi è l’arcano cerchio di pietre del Sercol (“circolo” in dialetto bresciano) proprio quello del detto “Se non fai il bravo, ti porto nel Sercol” con cui i genitori bresciani scoraggiano dalla notte dei tempi i loro figli dal fare qualche bravata. Il Sercol, con il suo diametro di 42 metri e una profondità di 2, è disseminato di croci di cristianizzazione lungo tutto il perimetro, come se i monaci avessero provato invano a ingabbiare e non far dilagare i demoni pagani che vi dimoravano, per poi darsela a gambe terrorizzati da sinistri canti di galli. Questo secondo la leggenda. Ma il vero enigma del Sercol si trova al suo centro: una figura umana scavata nella roccia con le braccia rivolte verso un astro circolare, identificabile come un orante devoto al sole orientato ad ovest, verso il tramonto. Insieme ad essa compaiono altre forme tipiche della simbologia pagana, come un centinaio di piccoli cerchi di pietra di 130-180 centimetri di diametro (forse delle sepolture a pozzetto) delle coppelle naturali di 8 centimetri di diametro e una forma che richiamerebbe un teschio. E proprio qui, in seguito ad alcuni scavi, sono stati scoperti numerosi reperti che proverebbero una presenza umana nel posto tra il Mesolitico e il Neolitico Antico (6000-5000 a.C.) mentre a partire dall’Età del Rame (3000 -2500 a.C.) la zona potrebbe essere stata utilizzata come luogo di culto, come lascia ipotizzare il ritrovamento di

Nelle contrade della provincia si nascondono le tracce di antichi culti pagani che il cristianesimo ha marchiato come opera del diavolo buche isolate destinate ad accogliere statue-stele in legno. Di certo quest’area fu adibita a necropoli per tombe collettive. Sul Lago di Garda, invece, isolata sul promontorio di San Sivino, vi è una chiesetta ormai abbandonata e in rovina. Forse non è un caso che sia stata abbandonata, dal momento che sulla parete sud dell’edificio è possibile intravedere il segno di un patto con il Diavolo. Secondo la leggenda, un mugnaio del lontano 1200 aveva così tanto lavoro da riuscire a macinare il grano per metà della popolazione del territorio, ma un evento naturale gli fece mancare improvvisamente l’acqua per il suo mulino. Così pregò San Sivino di aiutarlo, ma, essendo rimasto inascoltato, si rivolse al demonio che gli offrì un vero e proprio contratto, firmando il quale il mugnaio avrebbe riavuto lavoro e ricchezza in cambio della sua anima dopo la morte. Il mugnaio accettò e firmò il patto con l’impronta della sua mano impressa nella pietra sulla parete del mulino, mentre il Diavolo fece altrettanto con l’orma del suo piede. Cioè i segni tutt’oggi visibili. Gli affari del mugnaio aumentavano di giorno in giorno, ma, giunto ormai alla soglia della vecchiaia, decise di confessare il suo patto diabolico a un prete e gli promise di regalare tutto il suo denaro e il mulino alla Chiesa. Il prete, così, esorcizzò la pietra che riportava il patto e la spezzò per sempre imprimendo una croce tra le due orme.

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il Cristorante antinone - pizzeria

Via Ritorta, 6 - Perugia 075 5734430 - 347 4426739 42


DISCOVERY

Fig. 1 - Il San Giuliano della Pieve di Santa M. Assunta a Fematre

Fig. 2 - Il San Giuliano della Collegiata a Visso

QUEL SANTO ASSASSINO

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di Claudio Cattuto

na decina di anni fa, il settimanale Famiglia Cristiana commissionò un’indagine sulla fede popolare. Agli intervistati veniva chiesto quale Santo avessero invocato e quale fossero i Santi più conosciuti. Con grande sorpresa emerse che il più invocato era Padre Pio, seguito da Sant’Antonio e poi San Francesco, Santa Rita da Cascia, San Giuseppe, San Gennaro, San Rocco, Madre Teresa di Calcutta, Sant’Agata ed addirittura San Gerardo. E San Giuliano? A parte gli abitanti di Macerata di cui è patrono, nessuno o pochissimi lo conoscevano. Ma

non è stato sempre così se, visitando le nostre chiese, ci imbattiamo in sue raffigurazioni. Andiamo per ordine. Il Giuliano di cui sto per scrivere è quello noto come l’Ospitaliere che non deve essere confuso con uno degli altri ventinove, tra santi e beati, martiri ed eremiti che portano lo stesso nome. Il “nostro” Giuliano, secondo una leggenda nordica, era nato in Belgio nel 631 dopo Cristo da una nobile famiglia. Non doveva avere quello che si dice un bel carattere. Trascorreva il suo tempo tra esercizi di violenza e battute di caccia. Fu durante una di queste,

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che un cervo, agonizzante per le ferite mortali che il giovane gli aveva inferto, gli predisse che un giorno questa cieca violenza lo avrebbe condotto a uccidere i suoi genitori. Sconvolto da tale prodigio partì dal suo paese con l’intenzione di non tornarci mai più ed evitare così che la profezia si avverasse. Ma si sa come vanno queste cose. Una profezia è una profezia e se non si avvera che profezia è? Accadde che Giuliano cominciasse a girare il mondo e finalmente si stabilì in un castello dopo averne sposato la nobile e vedova castellana. Ma la passione per la caccia non era certo svanita ed un giorno che lui inseguiva qualche preda nei boschi intorno alla sua magione, il destino bussò alla porta del suo castello. Veramente più che il destino a bussare al portone erano i due genitori che dopo lunghe ricerche avevano finalmente scoperto la residenza del loro figliolo. La premurosa nuora ospitò l’anziana coppia e pensando di fare cosa gradita, cedette ai suoceri la propria alcova. Quando la mattina successiva Giuliano rientrò dalla caccia, entrò in camera e vide i due corpi sotto le coperte. Pensando che si trattasse della moglie in compagnia di un occasionale amante, non ci pensò due volte. Sguainò lo spadone e sgozzò i due malcapitati. “Ah la maledizione !” urlò come Rigoletto più di un millennio dopo. Anelante ad espiare la colpa, insieme alla sua sposa, iniziò un lungo viaggio che lo portò infine nei pressi di Macerata dove iniziò con fervore a traghettare viandanti e pellegrini sul fiume Potenza allora impetuoso e navigabile. Ma si sa: le vie del Signore sono infinite. Un giorno uno di questi poveri viandanti, perlopiù lebbroso, stava per cadere dalla barca e sarebbe morto affogato se Giuliano non lo avesse afferrato e poi condotto a casa sua per rifocillarlo e dargli un letto per la notte. Ma il lebbroso era in realtà un Angelo del Cielo (secondo altri addirittura Gesù in persona) che gli comunicò che il suo pentimento era stato accettato e che di lì a poco lui e la sua sposa sarebbero stati presto in paradiso. A ben ragione e per questi meriti, Giuliano s’è meritato il patronato di Viandanti, pellegrini ed albergatori. Ho raccontato questa storia perché in una delle mie consuete passeggiate, sono giunto in un piccolo borgo a confine tra Umbria e Marche: Fematre di Visso, mille metri di quota circa, quarantotto abitanti in via d’estinzione ed una Pieve, Santa Maria Assunta che potremmo definire la Sistina dell’alta Valnerina. Qui operarono gli Sparapane di Norcia, una famiglia di

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Fig. 3 - Il San Giuliano di San Francesco a Gualdo Tadino

Storie di santi ed eremiti tra Umbria e Marche, saperi della pittura e controversi personaggi raffigurati in opere d’arte in borghi lontani dal mondo artisti del ‘500, che si trasmise i segreti della pittura di padre in figlio per almeno cent’anni. Tra i soliti santi affrescati abbiamo trovato un “San Giuliano” completo di tutti gli attributi iconografici: vestito da cavaliere, spadone sulla sinistra e falcone – emblema di nobiltà – accoccolato sulla mano destra (Fig.1). Dopo un paio d’ore ero a Visso, nella collegiata di Santa Maria ad ammirare un altro affresco, questo attribuito a Giovanni di Pietro (meglio noto come Lo Spagna) raffigurante ancora una volta il Santo Ospitaliere in compagnia di San Nicola da Tolentino, Sant’ Antonio da Padova, Sant’Agostino e l’Arcangelo Raffaele con Tobiolo. San Giuliano vi appare bellissimo, di una avvenenza angelica, nello splendore dei suoi anni giovanili, amabile e seducente (Fig.2). Per vedere il truce assassino Giuliano devo rientrare a Gualdo Tadino, dove nella Chiesa di San Francesco un tardo seguace di Ottaviano Nelli, nel 1469 ha immortalato il “nobile” (si fa per dire) nell’atto di sgozzare i poveri genitori (Fig.3).



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Il tempio di Segesta e la sua perfetta conservazione di Paola Faillace

L

a splendida e immutata visione di un tempio dalle forme greche ci si offre nel territorio di Segesta, zona archeologica situata nelle vicinanze di Calatafimi in Sicilia. Il tempio di Segesta è un periptero esastilo di ordine dorico costruito nel V sec. a.C. Il peristilio ha conservato quasi completamente intatte le 36 colonne in roccia calcarea dorata, prive di scanalature. La mancanza di rifiniture e di una cella interna fa supporre che la costruzione sia stata abbandonata prima della fine. Questo fatto dà un ulteriore valore storico al sito perché è possibile trovare traccia di elementi che indicano come venissero costruiti i templi. Il tempio costituisce il reperto più importante dell’antica città di Segesta che, sorta durante il periodo degli Elimi nel XII sec. a.C., ebbe il suo massimo sviluppo in epoca greca per poi decadere durante il periodo romano. Devastata da Vandali e Saraceni durante

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il medioevo se ne dimenticò anche il nome. La città sorgeva più in alto del tempio sul monte Barbaro dove tuttora è possibile visitare l’acropoli e accedere al teatro conservatosi in perfette condizioni. Sull’acropoli settentrionale si trova l’agorà, i resti di abitazioni rupestri e la necropoli di età ellenistica. Lungo lo stesso versante intorno al II sec. a.C. fu costruito il teatro che ha come scenario naturale il panorama del golfo di Castellammare e del monte Inici. Dal punto di vista costruttivo il teatro di Segesta riassume in sé i caratteri degli edifici di spettacolo greci coniugati con la tecnica di costruzione romana, come indicato dalla presenza di un muro di contenimento della cavea realizzato in blocchi di calcare. L’unica fonte sulle origini di questa città rimane la storiografia greca. Il primo autore che fa riferimento agli Elimi è Ellanico di Lesbo, storico del V sec. a.C. il quale sosteneva che sarebbero una stirpe proveniente dalla penisola italica, rifugiatasi in


Una testimonianza della Magna Grecia in Sicilia che nel periodo estivo fa rivivere con laboratori teatrali gli scenari suggestivi del tempio Sicilia per sfuggire agli Enotri; mentre secondo Tucidide si tratterebbe di profughi troiani scampati alla distruzione della città. Entrambe queste testimonianze purtroppo non possono essere verificate, ma il dibattito intorno alle origini degli Elimi e di Segesta non si è mai del tutto placato. Il comune di Calatafimi Segesta organizza nel periodo estivo delle manifestazioni e dei laboratori teatrali al fine di far rivivere gli scenari suggestivi del teatro e del tempio. Se si visita l’area archeologica

nel periodo estivo è consigliabile controllare se sono state organizzate manifestazioni in modo da abbinare ad una piacevole passeggiata tra questi resti ellenistici la visione di spettacoli teatrali e concerti, che di solito sono organizzati al tramonto permettendo di godere della vista del tempio illuminato di notte. Sembra quasi che la storia si sia fermata e abbia lasciato un segno su queste montagne. La possibilità di sentire un coro greco ripetere le stesse parole di testi che hanno più di mille anni su un palco realizzato proprio per mettere in scena quegli spettacoli fa riflettere. La modernità può esistere senza un passato? La tecnologia che ci consente di disegnare architetture sempre più complesse dovrebbe fermarsi a studiare quelle forme geometriche semplici che resistono ai secoli e quelle leggi dell’acustica che vengono rispettate senza alterazioni, senza leghe di metalli o legni pregiati dalle curve improbabili.

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Le numerose leggende che si intrecciano con le diverse vicende storiche rendono l’atmosfera all’intero della roccaforte magica e incantevole

CASTEL TOBLINO TRA FIABE E FATE

È

di Francesco Taufer

il più celebre dei castelli del Trentino. Deve la sua fama alla singolare posizione e al bellissimo ambiente che lo circonda. Attraversato il ponte che divide il Lago di S. Massenza da quello di Toblino, la Valle del Sarca si apre ariosa verso il Lago di Garda. Quasi a custodire questo orizzonte, emerge dal lago il Castello di Toblino, arroccato su di una piccola penisola. Lo spettacolo è suggestivo, specie nelle giornate autunnali quando i colori più caldi rafforzano il sapore romantico di questa zona che assieme all’alone di mistero emanato dal vecchio maniero immerso in un verde parco, afferrano i sentimenti dei turisti, specialmente quelli che per la prima volta giungono in questi luoghi. La valle

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gode di un clima mite grazie all’effetto benefico del Lago di Garda. Ecco allora il castello circondato da essenze arboree mediterranee come il leccio, l’olivo, il terebinto. Il castello deve la sua notorietà alla bellezza dell’ambiente e alle numerose leggende che esso ha suscitato. Circa 2.000 anni fa si pensava fosse abitato dalle fate e a loro, nel corso del III secolo, fu dedicata la costruzione di un tempietto, di cui abbiamo notizia grazie ad una piccola lapide murata nel portico del maniero. Si tratta di una testimonianza esclusiva che l’archeologo Paolo Orsi non ha esitato a definire “unica nel suo genere nella realtà epigrafica romana”. Con il passare del tempo, il tempio, avvolto nella sua aurea magica e religiosa, venne trasformato in una roccaforte di


notevole importanza militare e strategica. Secondo un’altra leggenda, di origine letteraria e non nata dalla fantasia popolare, Toblino sarebbe stato nel XVII secolo, luogo di delizie per Claudia, figlia di Lodovico Particella, oriundo di Fossombrone, con Carlo Emanuele, principe e vescovo di Trento e ultimo dei Madruzzo. Risultate vane le suppliche al Papa onde ottenere lo scioglimento dei voti sacerdotali, il prelato si sarebbe abbandonato a ogni sorta di nefandezze fra cui la peccaminosa tresca con Claudia. Un insieme di leggende relativamente recenti vedono Carlo Emanuele cospiratore della morte di Claudia e del fratello Vincenzo, entrambi annegati tragicamente nel lago. Un’altra più robusta leggenda ci narra il contrastato amore di Aliprando di Toblino con Ginevra, la bella castellana di Sténico. Una notte, mentre Aliprando ritornava al suo maniero in riva al lago cavalcando lungo l’aspro sentiero che dalle Giudicarie scendeva nella Valle del Sarca, cadde in un’imboscata tesagli da Graziadeo di Castel Campo, suo rivale in amore, e ucciso. Il vecchio ingresso era una volta “via lago” dal lato di mezzogiorno. Secoli orsono, il livello del lago era più alto di un paio di metri. Il sito quindi era interamente circondato dall’acqua. Il viale d’ingresso che a settentrione costeggia la cinta di mura, a sud affianca il parco, opera del conte Leopoldo di Wolkenstein che nel 1845 fece venire dall’America, secondo il gusto di quegli anni, i tassodi, le sequoie e altre piante esotiche. Si giunge presto dinanzi alla porta ferrata con i colori dei Wolkenstein. A destra la torre cilindrica.

A sinistra la cappella barocca. Eretta nel 1688 da Gaudenzio Fortunato conte di Wolknstein, come riporta un’epigrafe incisa sull’architrave, fu da lui dedicata a S. Antonio da Padova. Il castello è a pianta quadrata con corte interna. I fabbricati con il tetto ad un’unica falda, sono addossati al torrione eretto nel punto più alto dello scoglio, convergenza reale del quadrilatero formato dai vari corpi del castello. La sua forma cilindrica richiama il torrione di Castel Campo ricordando la presenza dei Signori giudicariesi anche sul Lago di Toblino. Una volta entrati nell’angusta corte si cammina sulla viva roccia levigata dal tempo e dall’uso. Una tenue luce diffusa penetra dall’alto. Gli archi del portico, tutti di pietra rossa di Calavino, si sposano felicemente con le balaustre cinquecentesche di legno del ballatoio del sottotetto dando all’ambiente un’atmosfera romantica. Un quadro delizioso nel quale il rustico tradizionale alpino sposa mirabilmente l’edilizia castellana rinascimentale. Oggi in questi luoghi trovano posto la cucina e le sale di un rinomato ristorante. Salendo per l’ampia scala, opera di Gasparo Wolkenstein, si giunge alla loggia del primo piano sulla quale si aprono il salone dei ricevimenti e le stanze attigue, tutte in comunicazione tra loro e sempre con vista sul lago. Le stanze, trasformate in saloni da pranzo per il ristorante, mantengono i portali e i vecchi caminetti di pietra rossa. Un luogo unico nel suo genere, in cui storia e leggende si fondono e creano un’atmosfera magica. Il Castello è proprietà privata e, salvo accordi con i proprietari, è visitabile solo esternamente.

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CASTELLO MONFORTE

CASTELLO MONFORTE CON VISTA OLTRE REGIONE

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di Andrea Mastrangelo

a lì si domina letteralmente tutto il panorama circostante: le pianure pugliesi, la vicina Maiella, i piccoli centri abitati che sembrano fare da guardia al grande capoluogo che si espande sotto la collina a mo’ di ventaglio. Il Castello Monforte, monumento nazionale e simbolo di Campobasso, nasce essenzialmente per scopi militari: in origine infatti si collegava a mura di circonvallazione lungo le quali correvano piccoli fortilizi ed altre strutture unite fra loro a formare un complesso sistema di difesa costituito da una doppia fila di mura: quella superiore chiamata “apportico” era adibita al cammino di ronda, quella inferiore chiamata invece “supportico” serviva

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Collocato in cima a una collina, e divenuto una vera e propria fortezza militare, oggi la struttura rappresenta l’immagine e il simbolo dell’identità del capoluogo molisano


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per gli spostamenti dei soldati. L’origine del nome “Monforte”, come quella di tutta la struttura, è indissolubilmente legata alla figura di Nicola II dei Monforte – Gambatesa, passato alla storia con il nomignolo di “Cola”, conte e feudatario della città di Campobasso. Alcuni autori infatti attribuiscono l’edificazione del castello proprio a questo nobile signore, altri invece, percorrendo una via di ricostruzione storica alternativa, fanno risalire l’intera struttura all’epoca normanna costruita per sostituire una fortificazione precedente in materiale ligneo. Certo è però che proprio il conte Monforte si occupò della sua ristrutturazione in seguito al terribile terremoto del 1456 facendo abbattere le poche case rimaste in piedi sulla collina, spostando l’intero abitato a valle e rendendo il castello una vera e propria fortezza militare. L’ingresso principale, che era posto ad oriente, si affacciava sulla sottostante città ed era staccato dal suolo da un profondo fossato sul quale scendeva un imponente ponte levatoio ma, con la caduta del potere temporale del conte, venne murato ed il ponte abbattuto.

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Attualmente è possibile accedere alla struttura soltanto dall’ingresso secondario che, posto sul retro, si affaccia sul piazzale della chiesa della Madonna. La dura roccia calcarea della collina è la base per la pianta quadrangolare dell’intero edificio eretto come un mastio con degli imponenti torrioni posti ad ogni angolo, le poche finestre presenti sono quadrate e spartane, mentre è da sottolineare la presenza dei merli guelfi alla fine di ogni muro. Anche gli interni sono essenzialmente austeri, quasi tutti privi di copertura, e si presentano come un grande spazio vuoto sulle cui pareti sono presenti ancora le tracce delle scale e dei diversi piani. Le uniche strutture interne coperte sono: il sacrario per i caduti costruito nel 1937, le sotterranee e buie carceri funzionanti fino agli inizi del XVII secolo ed infine la stazione meteorologica dell’Aereonautica Militare situata su una delle torri. Acquistato per 470 ducati dal comune di Campobasso nel 1861, castello Monforte è indubbiamente l’immagine ed il simbolo dell’identità stessa del capoluogo molisano.


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I nuraghi in Sardegna di Anna Paola Olita

Villaggio Tiscali (fonte www.museoarcheologicodorgali.it)

Santu Antine a Torralba

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el paesaggio sardo un ruolo fondamentale è ricoperto dai nuraghi. Questi maestosi edifici sono simbolo ed emblema di un intero popolo, di una grossa civiltà, quella nuragica, che nacque e si sviluppò in Sardegna a partire dall’età del bronzo fino al secondo secolo a.c. Oggi possiamo contare circa 7000 nuraghi ma all’origine il loro numero doveva essere decisamente maggiore. Il nome deriva dal vocabolo “nurra” che significa “accumulo” ma anche “cavità” infatti si tratta di una struttura cava costruita grazie all’accumulo di grosse pietre talora grezze, talora lavorate, legate tra loro senza l’ausilio del cemento, grazie a una particolare tecnica costruttiva. Ancora oggi ci sono diverse

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ipotesi su quale fosse la loro reale funzione. Le più accreditate parlano di luoghi di culto, torri di avvistamento, fortezze difensive. Tra i nuraghi più noti vi è quello di “Santu Antine” a Torralba (SS), un vero e proprio complesso nuragico, costituito da una torre centrale rinforzata e protetta da tre torri minori. Tutto attorno si estende un abitato di capanne circolari tra cui spicca la “capanna delle riunioni”, unica nel suo genere, chiamata così perché ha al suo interno un sedile e un focolare sopraelevato in pietra calcarea, un vero gioiello. Non si può non citare il notissimo villaggio nuragico di Tiscali-Dorgali (NU) costruito sulla cima del monte Tiscali. La tecnica costruttiva differisce da quella degli


Su Nuraxi Barumini

altri villaggi nuragici e si pensa che la sua costruzione possa coincidere con la conquista romana dell’isola. Il complesso è costituito da circa 40 capanne la maggior parte circolari, divise in due quartieri, in parte crollate; però le fondamenta sono ancora visibili. Il sito fu frequentato a lungo vista anche la presenza di reperti riferibili ad epoca medievale. Al centro della cavità circolare trova posto un antico bosco di lecci e lentischi. Il più importante sito archeologico della Sardegna, riconosciuto dall’Unesco quale sito patrimonio dell’umanità, è “Su Nuraxi” a Barumini (CA), il complesso nuragico più completo e meglio conservato dell’isola. Il nuraghe si trova all’interno di un recinto costituito da torri più

piccole collegate da muri massicci. Intorno alla costruzione principale, alta ben 18 metri, si trova il villaggio con piccole case a pianta circolare risalenti al VII-VI sec. a.C., quando il territorio era sotto la dominazione punica e romana. Vi è poi una cortina muraria esterna ancora più antica risalente al IX-VIII secolo a.C (età del ferro) che ingloba il più antico settore del villaggio risalente all’XI-X secolo a.C (età del bronzo). La particolarità di questi complessi nuragici è che, oltre a visitare il nuraghe, si può passeggiare tra i resti di un intero villaggio risalente a migliaia di anni fa, un’esperienza indimenticabile e suggestiva. In Sardegna, in questa piccola isola del mediterraneo, è possibile trovare reperti e culture che abbracciano oltre 5000 anni di storia.

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PIAZZA DEL DUOMO A LECCE, IL TRIONFO DELLO STILE BAROCCO di Alessia Mencaroni

I

n età romana questa piazza corrispondeva forse al foro della città, posta all’incrocio del cardo e del decumano massimi. Il primo Duomo viene costruito in età paleocristiana dando allo spazio una connotazione sia civile che sacra. Mantiene la sua funzione centrale in età normanna: polo delle principali funzioni civili e religiose, tenute nelle due aree con termini in cui ancora oggi risulta diviso lo

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spazio. Nel primo grande quadrato si svolgeva la fiera del Vescovo che richiamava mercanti e compratori da tutto il territorio; l’area del Duomo e dell’Episcopio accoglieva invece i fedeli per le benedizioni e le cerimonie sacre. La piazza, racchiusa da un recinto difensivo e sorvegliata dall’alto campanile, utilizzato come torre di vedetta, assolveva anche il ruolo di cittadella fortificata accogliendo la popolazione in caso di pericolo.


Racchiusa da un recinto difensivo e sorvegliata dall’alto campanile, la piazza leccese si caratterizza per una sorprendente solennità e armonia di rapporti tra edifici, spazio e giochi di luce

Piazza del Duomo

L’area cambia totalmente aspetto alla metà del '600 quando Sant’Oronzo diventa patrono della città, prendendo il posto di Sant’Irene, salvando i leccesi da un’epidemia di peste. Il vescovo, Luigi Pappacoda, commissiona a Giuseppe Zimbalo, uno dei più importanti artisti del periodo, la ristrutturazione della cattedrale. Da questo momento la piazza avrà esclusivamente funzioni religiose.

Allo sguardo di chi proviene dalla Via Palmieri, la Piazza del Duomo appare maestosa in tutto il fascino del barocco leccese. Superato l’ingresso, con i due propilei di destra e di sinistra, costruiti nel 1761, il cortile ci si mostra come un enorme palcoscenico i cui fondali sono rappresentati dal Campanile, dal Duomo, dall’Episcopio e dal Seminario. Nel secolo XVII, fu infatti demolito il portone di ingresso alla piazza e si realizzarono i propilei, che rappresentano il passaggio tra la città e la piazza. Il Vescovo Carafa abbellì tale ingresso facendovi apporre una significativa scritta in latino. L’ambiente si presenta estremamente unitario, tutto chiuso come un grande cortile interno. Lo circondano serrate masse edilizie, rivestite di un’ornamentazione plastica esuberante: lo slanciato, altissimo campanile e la compatta volumetria del Duomo, entrambi eretti dallo Zimbalo nella seconda metà del ‘600, da un lato, ed in fondo l’edificio ad angolo dell’Episcopio, del 1632, con un arioso loggiato ad archi che corre lungo tutto il piano nobile; mentre sull’altro lato si trova il palazzo del Seminario, del 1701, dalla nobile facciata a bugnato liscio, spartita da alte paraste. I precisi rapporti che intercorrono tra gli edifici e lo spazio e i giochi della luce su sporgenze e rientranze, creano un ambiente di sorprendente solennità e armonia. Entrando nella piazza la facciata che viene offerta alla vista del visitatore è quella laterale del Duomo, di grande effetto e ricca di decori barocchi, che acquista quasi l’aspetto di un arco trionfale. Il Duomo è costruito con un materiale tipico del territorio: la pietra leccese, che assume colori particolari e crea giochi chiaroscurali che variano al variare della luce.

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Ph. Livio Andronico

BORGHI

Locorotondo

LOCOROTONDO, UN LUOGO DA GUINNESS DEI PRIMATI

L

di Veronica Sonoro

ocorotondo, dal latino locus rotundus, è un borgo d’origine medievale, arroccato su un colle al centro della Valle d’Itria, nella Terra dei Trulli. Non si hanno notizie certe riguardanti le sue origini ma sicuramente oggi appare come un luogo fuori dal tempo, dall’atmosfera quasi cristallizzata. L’impianto circolare si adatta alla rotondità del colle sul quale gli abitanti realizzarono le prime abitazioni, addossandole una all’altra, creando una sorta di corona edificata: in dialetto locorotondese viene chiamato “U curdùnne”, proprio per la sua forma circolare. Il

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centro storico, con le sue stradine concentriche e radiali, i muri bianchi in calce per contrastare il calore del sole ed i balconi in ferro battuto ricolmi di fiori, è entrato a far parte dell’associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) “I borghi più belli d’Italia”, che raggruppa i paesi più belli del territorio nazionale. Passeggiando lungo le deliziose vie del centro, non si può fare a meno di restare affascinati dalla luce calda e dilagante che si diffonde in ogni angolo e si percepiscono la serenità e la tranquillità di un luogo armonioso e curato nei minimi dettagli. Particolari sono soprattutto i tetti a spioventi delle abitazioni,


Ph. V.S. Strada del centro storico con archi

Strada del centro storico

Abitazione con luminarie

Costituito da una corona edificata nella terra dei trulli e considerato uno dei borghi più belli d’Italia, vanta anche un record mondiale: è l’unico paese al mondo con un nome composto da ben cinque lettere "O" chiamati le “cummerse”, ricoperti di chiancarelle, lastre calcaree simili a quelle utilizzate per i trulli. Il centro storico, circondato da mura fino alla metà dell’800, si sviluppa attorno alla Chiesa Matrice di San Giorgio, realizzata alla fine del XVIII secolo, splendido esempio di architettura neoclassica, che spicca per le sue dimensioni ed è visibile da ogni punto del territorio circostante; un altro monumento degno di nota è Palazzo Morelli, che presenta una facciata in perfetto stile barocco. Marziolla, una delle 146 contrade del paese, ospita il trullo più antico della Puglia, datato 1509. Da alcune terrazze panoramiche è

possibile ammirare la bellezza della Valle d’Itria, che si spande tutt’intorno mostrando gli splendidi colori della terra pugliese, abbinati a quelli del mare. Una delle curiosità del piccolo borgo è la sua presenza nel Guinness dei Primati, in quanto unico al mondo con un nome composto da ben 5 lettere O. Numerose sono inoltre le tradizioni e le feste folkloristiche che vengono celebrate in alcuni periodi e giorni dell’anno; la più importante è quella estiva dedicata al patrono San Rocco, durante la quale il borgo si mostra in tutta la sua bellezza, vestito con le luminarie ed animato da eventi musicali e spettacoli pirotecnici.

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Un tripudio di colori e profumi pervade ogni anno la Valnerina, esprimendosi con una perfetta armonia di specie floreali e forme geometriche

Ph. Benedetta Scabissi

NATURA

LA FIORITURA DI CASTELLUCCIO, LA NATURA CHE MODELLA E SUBLIMA IL PAESAGGIO

L

di Laura Patricia Barberi

a Fiorita o Fioritura di Castelluccio di Norcia è uno spettacolo annuale imperdibile per chi ama la natura ed i suoi scenari; evento annuale oramai famoso in tutta Europa. Castelluccio di Norcia è un luogo magico e senza tempo che si trova nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini (a 1452 metri di altezza) e a una trentina di chilometri da Norcia, in Valnerina. Castelluccio si trova in cima a una collina, di fronte all’iconica bellezza del Monte Vettore e al centro di un altopiano, che si

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suddivide in 3 piani: Pian Grande; Pian Piccolo e Pian Perduto. La Fioritura dei Piani di Castelluccio è uno dei fenomeni più incantanti e complessi che la natura sia in grado di offrire. Secoli e secoli di isolamento e selezione delle specie hanno portato l’ambiente naturale ad esprimere la sua ricchezza di specie floreali in forme geometriche, tessiture di colori e un trionfo di sfaccettature cromatiche. Il fenomeno si condensa, almeno all’apparenza, in qualche settimana tra la fine di giugno e il mese di luglio. “Uno spettacolo per gli occhi e un


Ph. B. S.

Ph. B. S.

benessere per l’anima. Un dipinto che ogni anno si rinnova, con gli stessi colori, ma mai la medesima composizione”. Così Benedetta, abitante della zona, definisce la fioritura. Benedetta lavora per una famiglia di commercianti di Castelluccio da 6 anni e, pur avendo assistito numerose volte alla straordinaria fioritura, ne rimane ancora oggi estasiata. Ne parla in questi termini: “Gli abitanti e gli operatori del posto cercano i primi toni di giallo accendersi che corrispondono alle colze selvatiche. È la manifestazione di inizio di questo fenomeno naturale meraviglioso. Lo spettacolo unico è poter ammirare l’evolversi di diversa specie di erbe floreali che, giorno dopo giorno, dipingono progressivamente le vaste distese delle Piane di Castelluccio, nascendo in maniera spontanea grazie alla realtà fertile e naturale dei terreni, lavorati nella maniera agricola tradizionale con assenza di diserbanti e concimi chimici. A scaldare i terreni, ci pensa il rosso dei papaveri e a concludere questo meraviglioso ciclo naturale, a cavallo tra la fine di giugno e l’inizio di luglio, arriva il blu elegante dei fiordalisi”. Chiunque abbia la fortuna di poter assistere alla fioritura si accorge, infatti, che i 3 piani

esplodono di colori, con tonalità che vanno dal giallo ocra al rosso, dal viola al bianco. Ad esempio è possibile ammirare genzianelle, papaveri, narcisi, violette, asfodeli, viola Eugeniae, trifogli, acetoselle e molte altri fiori ancora. Non solo un’apoteosi di colori ma anche un’esplosione di profumi inebrianti; tutti i sensi sono appagati dalla visione della fioritura. Chiunque abbia il desiderio di visitare i piani di Castelluccio in fiore deve ricordarer che la Festa della Fiorita avviene nella terza e nell’ultima domenica di Giugno, ma che non c’è un periodo migliore o peggiore per assistere alla Fioritura, né esiste un culmine della sua intensità di forme e colori. Ogni anno tutto è affidato all’andamento climatico della stagione. A seconda del periodo si possono ammirare più o meno specie, più o meno colori. Molteplici sono i fattori che determinano i momenti della fioritura: quanto abbia piovuto nei periodi invernale e primaverile; il periodo di esposizione al sole; l’esatto momento dell’anno in cui sia avvenuta la semina delle lenticchie. Quello che è certo è che ogni specie floreale che sboccia diventa parte di unico, sconfinato e vibrante arazzo di strabiliante bellezza naturale. www.castellucciodinorcia.it

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Ph. Giovanni Ottaviano

NATURA

“All’estrema punta del promontorio destro, sopra un gruppo di scogli, si protendeva un Trabocco, una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e travi, simile a un ragno colossale…” (Gabriele D’Annunzio)

La costa dei trabocchi, un paesaggio incantevole dalla forte identitá territoriale

I

di Davide Gerbasi

trabocchi sono macchine da pesca, un groviglio ben dimensionato di tronchi, cavi, reti e funi; un trabocco consiste sostanzialmente in una piattaforma lignea sorretta da pilastri conficcati nel fondo del mare o ancorati agli scogli. Da qui lunghi tronchi permettono di calare in mare una grande rete da pesca. Tali opere di ingegneristica bellezza e di leggerissima architettura, venivano realizzate e

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utilizzate dai contadini che, insediatisi a pochi chilometri, volevano sfruttare le pescose acque per il sostentamento senza però l’utilizzo di imbarcazioni. Oggi il trabocco non è solo macchina da pesca, ricordo di tradizioni e pratiche antiche, ma diventa landmark, oggetto che caratterizza uno specifico paesaggio identitario e nello specifico quel tratto di litorale della provincia di Chieti che va da Francavilla al mare a San Salvo, passando per


Ph. G. O.

Ortona, San Vito Chietino, Rocca San Giovanni, Fossacesia, Torino di Sangro, Casalbordino, Vasto. Circa 50 km di spiagge, calette, scogliere a picco che non hanno nulla da invidiare alle blasonate spiagge della Sardegna, del Salento o le spiagge oceaniche rocciose del Portogallo; tutti i paesi e città che rientrano in questo contesto mantengono, seppur confinanti, le loro tradizioni enogastronomiche e socioculturali. Solo di recente si è vista sbloccare una realtà importantissima per questo territorio, ovvero la realizzazione della Via Verde Costa dei Trabocchi, un‘infrastruttura ambientale estesa circa 40 km facente parte dell’ambito costiero compreso tra Ortona e Vasto Marina. Questa importante opera strategica di livello regionale è costituita da un sistema di elementi puntuali naturali - quali spiagge e scogliere ma anche fabbricati ferroviari e stazioni dismesse e riconvertite ad uso turistico - e lineari, ovvero una pista ciclabile realizzata sul sedime dell’ormai dismessa ferrovia, che rappresenta il filo conduttore che mette in relazione gli elementi.

La pista ciclabile diventerà parte di un sistema complesso di mobilità lenta come il Corridoio verde adriatico (totale 130 km) che a sua volta è parte di Bicitalia (1650 km) e di Eurovelo, gruppo di itinerari ciclistici a scopo escursionistico che attraversano l’Europa. Importantissima per la tutela di questo territorio è l’istituzione di un parco atto a proteggere e tutelare i caratteri identitari di questo tratto costiero di Abruzzo, considerata l’alta concentrazione di riserve naturali. Il “Parco nazionale della costa teatina”, attualmente in attesa di delimitazione da parte del Governo, dovrà essere un grande contenitore di oggetti architettonici di pregio, bellezze naturali e paesaggi identitari tra cui ricordiamo oltre 10 trabocchi, località balneari tra le più importanti d’Italia come Punta Penna, Grotta delle Farfalle, Ripari di Giobbe; conterrà inoltre punti di osservazione privilegiata del paesaggio come la terrazza sul mare dell’Abbazia S.Giovanni in Venere, l’Eremo dannunziano e Punta Aderci.

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NATURA

La chiesa rupestre di Santa Lucia

La sala del Patheon nella Grotta di Santa Lucia

Le Grotte di Toirano, dove la mano della natura ha modellato la storia dell’uomo

C’

di Jessica Chia

è un luogo in Liguria, nascosto nell’entroterra savonese, dove la natura ha preservato la storia dell’uomo. Di recentissima scoperta, il complesso di cavità carsiche conosciute come Grotte di Toirano è venuto alla luce negli anni Cinquanta del secolo scorso; sono massicci calcarei solcati da valloni

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in cui si aprono caverne naturali che raccontano una storia modellata dalla natura, conservatrice di cambiamenti impercettibili. Il territorio della Val Varatella, dove sorge l’insediamento toiranese, è ricco di numerose cavità naturali, circa trecento, ma solo alcune di queste sono visitabili al pubblico, ammaliando i viaggiatori con la magnificenza di stalattiti, stalagmiti, laghi preistorici e ombre


Nascosto nell’entroterra savonese si trova un complesso di cavità carsiche da cui si aprono caverne naturali emerse soltanto cinquant’anni fa La grotta di Santa Lucia

silenziose, appartenenti a secoli lontani. Uno degli aspetti più affascinanti del complesso carsico di Toirano sono le tracce rinvenute dell’homo sapiens che, oltre dodicimila anni fa, si rifugiava in questi luoghi insieme all’ursus spelaeus, dove trovarono rifugio per sfuggire all’ultima glaciazione. Una delle grotte visitabili è quella della Bàsura (o grotta della strega) che, tra le varietà di concrezioni naturali, ha restituito alla luce un cimitero di resti ossei appartenenti all’orso, e i segni carboniosi sulle pareti che indicano le tracce di torce utilizzate dagli uomini, così come le tracce di mani, piedi e ginocchia rimaste scolpite nell’argilla. Nella sala dei misteri, non aperta al pubblico, sono state ritrovate le impronte di un fanciullo e i segni di pallottole di argilla, molto probabilmente scagliate da cacciatori per celebrare riti iniziatici. In questa grotta si nasconde l’antro di Cibele, una spelonca arricchita da meravigliose colate di alabastro che nella penombra preistorica cela secolari stalattiti

mammellonari, unici nel loro genere in tutt’Europa. Un essere unico al mondo abita ancora questi luoghi: si tratta del Niphargus, un minuscolo crostaceo di età preistorica, sopravvissuto all’estinzione, che nuota nei laghetti naturali della Bàsura. Un secondo antro visitabile è quello di Santa Lucia inferiore, scoperto nel 1960 che si presenta vestito di fiori di roccia (cristalli di aragonite) e di enormi stallatiti. Pochi metri più in alto si trova Santa Lucia superiore, conosciuta già in epoca medievale e sede di un santuario risalente al XV e XVI secolo. Le mura di questo santuario sono un libro che dialoga con la storia: ricoperto dalle incisioni dei pellegrini di passaggio, la tradizione vuole che tra queste scritte vi sia un’incisione dello scrittore dei Sepolcri, Ugo Foscolo. Le grotte di Toirano sono un tesoro di testimonianze preziose racchiuse nelle viscere della terra, dove luce, ombra e acqua sono le mani scultrici di una meraviglia naturale unica al mondo.

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BRIEFING CULTURALE

Non è fantacucina lo spaghetto in 3D

a cura della Redazione

Sgarbi e la sua collezione artistica Ad Osimo (Ancona) fino al 30 ottobre 2016 puoi godere della splendida esposizione delle opere di Vittorio Sgarbi che nel piano nobile di palazzo Campana mostra quanto di più bello ed interessante sia riuscito negli anni a collezionare e catalogare nella sua casa di famiglia nel Polesine. Si tratta di 135 opere selezionate tra le 600 che lo storico dell’arte definisce “presentabili al pubblico” che fanno parte delle oltre 4000 opere stipate in un magazzino di casa. É la prima volta che Sgarbi espone alcuni “gioielli” della sua collezione frutto di quel cercare che punta sul suo occhio ben allenato a riconoscere le cose belle con il criterio della qualità e della buona conservazione dei manufatti. Così nelle stanze del palazzo Campana si inseguono in senso cronologico opere del Rinascimento, come ritratti, disegni e sculture. L’esistenza di un maestosa Cappella palatina a pianta ovale gli ha permesso di esporre numerose pale d’altare della sua collezione, che rappresentano il punto forte dell’intera mostra. Agli amanti del libro antico Sgarbi si presenta con un “tesoro cartaceo” che inizia con opere del ‘500 e che rappresenta il suo primo amore artistico quando ancora giovane spendeva i suoi denari in importanti scritti della storia dell’arte.

Se hai fantasia e ami il design, la Barilla di Parma ha pensato a te bandendo un concorso per premiare i tre migliori design in 3D. Che significa? L’azienda parmense è alla ricerca di un prototipo 3D in grado di “stampare” pasta fresca in formati impossibili da ottenere con le tecniche tradizionali. In che modo? Si prepara un impasto di semola di grano duro, si aggiunge acque e sale, si riempiono le “cartucce” di una stampante 3D, si preme un bottone e dopo due minuti la pasta è pronta. Su questo processo da perfezionare si basa il razionale del concorso. Per inseguire ciò che nella Sylicon Valley degli USA è già una realtà: ambire a diventare la Food Valley, fucina del nuovo ordine mondiale dell’alimentazione. Il cibo Frankestain è già “in cottura”, preparato e messo sul mercato non da agricoltori, ma da ingegneri, biologi, informatici che elaborano nuovi cibi su base algoritmica. L’Italia, il Paese della Dieta Mediterranea, la più famosa del mondo, non vuole rimanere impreparata nella sfida planetaria del nutrire, ma tenta di innovarsi con nuovi progetti, come quello messo a punto da Barilla. Pur non mettendo in quarantena la dieta Mediterranea.

Il labirinto della Scarzuola Se vuoi cimentare la tua intelligenza e il tuo senso di orientamento lasciati trasportare al “labirinto” iniziatico del sapere alla Scarzuola (MontegabbioneTerni). Progettato dall’architetto Tommaso Buzzi negli anni ’70 del secolo scorso dentro il convento francescano del 1200 e ristrutturato dal suo nipote Marco Solari, il labirinto ricostituito in erba è collocato all’interno di una cittadella ideale precisamente nell’anfiteatro da lui costruito scavando sette gradinate di tufo nel terreno ricreando una serie di sedili pronti ad ospitare improbabili spettatori, ma certi visitatori che nel labirinto ricercano i rebus della propria vita o se volete la perfezione spirituale. Il labirinto si presenta come una serie di meandri apparentemente senza fine. É ingannevole la sua struttura che sembra indicare subito la via di uscita. Ma non è così. Man mano che avanza il visitatore si confonde e deve girare per ritrovarsi al punto di partenza per poi risalire ad una struttura complessa dell’edificio. Il labirinto simboleggia il regno stesso della ricerca dell’uomo, ove il percorso è rappresentano da un filo che gira e si dipana verso l’uscita che può confondersi con l’entrata. Appunto come il labirinto “regno di fantasia pietrificato”.

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Quando i “santini” vogliono visibilità La Mostra di santini e stampe devozionali è in corso (fino al 28 Maggio) a” Kronos” il museo della cattedrale di Piacenza dedicata al santo pellegrino per eccellenza, Rocco. Il pellegrinaggio caratterizza fin dai primordi il Giubileo. Ed allora perché non celebrare l’anno del Giubileo della Misericordia con la valorizzazione della collezione di immaginette donate da Don Sergio Zilani al medesimo museo, a partire da quelle di S.Rocco con il suo inseparabile cane che gli portava pane mentre si trovava malato di peste? E così nasce la mostra in due sezioni con 83 santini stampati tra Cinquecento e Novecento: xilografie, incisioni a bulino, disegni realizzati a mano e ornati come fossero pizzi. Una cinquantina occupano la prima sezione e sono dedicati a Rocco di Montpellier nobile del quattordicesimo secolo che volle andare a pregare a Roma sulla tomba di S. Pietro. La seconda sezione contiene immaginette di santi celebri come Giacomo il Maggiore da Compostela, Francesco Saverio missionario in Cina, l’inglese Valburga, patrona degli agricoltori, la pisana Bona grande pellegrina nei più famosi santuari del tempo.

I vetri degli architetti a Venezia

In mostra la rinnovata chiesa Santa Maria Antiqua a Roma Fino all’11 settembre è visitabile la mostra della chiesa altomedievale costruita ex novo nel pagano Foro Romano. È la chiesa Santa Maria Antiqua. Un’autentica meraviglia, un gioiello medievale nel cuore della Roma antica. La chiesa è un vero miracolo reso ancora più attraente dal recente lungo restauro, i cui risultati sono condensati nel video e nelle installazioni di luce realizzati per la mostra che celebra appunto la riapertura della chiesa. Degna di rilievo è la famosa “parete palinsesto” dove la luce mette in evidenza uno dopo l’altro i sette strati di dipinti sovrapposti, a partire da una ieratica Madonna in trono tipicamente bizantina, per culminare con un’annunciazione delicatamente rappresentata nei particolari. L’edificio risale all’imperatore Diocleziano su idea di Caligola con l l’intento di dilatare con le murature il colle Palatino verso il Foro Imperiale. La bellezza e l’imponenza della struttura stimolarono molti papi a lasciarvi la propria impronta fino a Giovanni VII che vi trasferì la sede papale ricavandovi anche una cappella palatina. Tanti motivi culturali per non lasciarci sfuggire una visita alla meravigliosa chiesa di Santa Maria Antiqua tra Roma, Bisanzio e splendori papali.

Un’esposizione di vetri degli architetti secessionisti si svolge a Venezia alle “Stanze del vetro” della Fondazione Cini dal 18 Aprile a 31 Luglio, L’iniziativa si avvale dell’ opera di Rainald Franz curatore delle collezioni di vetri e ceramiche del MAK di Vienna, uno dei più affascinanti musei di arte decorativa del mondo. Si tratta di opere inseribili in un movimento culturale dei primi del secolo scorso, a partire dalla scuola Arts&Crafting di Glasgow e a diffusione mitteleuropea, basato sul rigetto di ciò che era sdolcinatamente romantico e sulla esaltazione della reciprocità tra eleganza e funzionalità, dall’evidente elevato standard di comfort per una clientela alto borghese. Si sostenne ”il superamento del sottile vetro mussolina e della rinascita della pittura a smalto e nuovi metodi di molitura del vetro”, come ricorda il curatore, e l’adattamento allo stile contemporaneo dei vetri veneziani. Furono rivisitate varie possibilità di lavorazione ad alto rilievo e molati bicchieri di cristallo dalle forme eclettiche con pareti spesse. L’esposizione si avvale di vaste serie di vasi e bicchieri disegnati e varie vetrerie come sintesi di progetto, alta artigianato artistico e produzione industriale.

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GIRI DEL GUSTO

I fiori edibili in cucina. La rosa dal profumato viaggio olfattivo

L’

di Marilena Badolato

impiego in cucina di petali di fiori per impreziosire i nostri piatti non è una tendenza glamour, ma un’idea che in passato era una vera e propria consuetudine. Tecnicamente chiamati edibili, ne esistono circa 50 specie differenti, alcuni sono di uso comune come carciofi, fiori di zucca, cavolfiori, zafferano, capperi. Altri esempi meno comuni comprendono rosa, begonia, crisantemo, ibisco, primula, margherita, calendula, garofano, lavanda, viola del pensiero, fiori di acacia, gelsomino, sambuco, fiori d’arancio. Prima della loro utilizzazione, occorre assicurarsi che non abbiano subito trattamenti chimici e ricordarsi

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di rimuovere sempre pistilli e gambi. Si trovano anche nei supermercati e sono coltivati a scopo alimentare. Ma attenzione, non tutti i fiori sono commestibili: ciclamini, azalee, oleandro, iris, anemone, mughetto hanno un effetto velenoso. Prima di essere utilizzati vanno lavati delicatamente in acqua salata, immersi in una ciotola con acqua e ghiaccio per un minuto e stesi su un tovagliolo per l’asciugatura. Dal punto di vista nutrizionale sono poveri di grassi e invece ricchi di sostanze nutritive come minerali, proteine e vitamine. Possiedono interessanti proprietà diuretiche, antiossidanti, emollienti e antinfiammatorie. E regalano bellezza e sapore ai nostri piatti. Spesso in cucina si utilizzano


per preparare insalate, zuppe, dessert, gelati, conserve e sciroppi e la loro funzione non è sempre solo decorativa, ciascuno di loro conferisce un sapore differente alle preparazioni, speziato, erbaceo, pungente o dolce: la calendula è leggermente piccante, i nasturzi apportano il sapore del peperone, l’ibisco conferisce dolcezza, il cerfoglio il sapore di anice, il crisantemo un gusto lievemente amarognolo, la verbena ha il profumo di limone, mentre la violetta, il garofano, il gelsomino e i petali di rosa addolciscono e profumano. Per catturare le note naturali della rosa in origine si lasciavano semplicemente macerare i petali in acqua, in seguito si scoprì che scaldando il liquido si sprigionava un olio fragrante, più tardi si è usata la distillazione in caldaia e infine il vapore per estrarne i sentori in modo delicato a vantaggio dell’aroma. E così è nato l’intramontabile profumo che utilizza maggiormente la rosa Damascena, o Bulgara e la Centifolia del Marocco, il cui nome definisce bene i suoi oltre cento petali. Le rose, tra varietà antiche e moderne, raccontano sempre un profumato viaggio olfattivo. Una idea per impreziosire una bevanda o per rendere più attraente una brocca d’acqua è quella di creare dei cubetti di ghiaccio con dentro petali e boccioli. Oppure servirli, ora che inizia la stagione calda, nei nostri tumbler a rinfrescare e donare bellezza e gusto a innocenti quanto salubri spremute e centrifugati o a intriganti cocktail. La rosa, in particolare, ha una storia antichissima: ha sempre stregato scrittori, artisti, poeti che ne hanno cantato la bellezza, la fragranza, ma anche il gusto. Gli Egizi ne utilizzavano l’olio per imbalsamare i defunti, Cleopatra ne cospargeva il pavimento della sua residenza prima degli incontri con Antonio; Omero ne fece l’emblema della bellezza femminile; i Romani utilizzavano petali di rosa e violette per decorare le pietanze ed insaporivano carni e insalate con un’originale “vinaigrette” preparata con fiori di calendula, rosa e aceto e con i soli petali di rosa aromatizzavano il vino addolcito con il miele. Apicio, per conferire profumo al nettare di Bacco, raccomandava un metodo semplice: si trattava di mettervi in infusione dei petali di rosa, bene asciutti e ai quali era stata tolta la lunetta bianca, e ripetere questo procedimento per tre volte ogni sette giorni. Al momento di utilizzare questo vino, chiamato rosatum, bisognava aggiungervi del miele e del pepe. Diventava così complice di notti d’amore: “nox, mulier, vinum” era tutto quanto desiderato.

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FOOD & WINE

Nuovi scenari per la diffusione di un’educazione ambientale e alimentare

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di Giuliana Spinelli Batta

a storia dell’uomo è vista anche come storia del cibo, elemento che ha deciso le dinamiche economiche politiche e sociali dei popoli. L’uomo da raccoglitore a cacciatore ha inventato per ultimo l’agricoltura. Essa nei millenni è stata l’attività principale che ha regolato lo scambio tra uomo e ambiente a partire dalla produzione di cibo. Ha plasmato la cultura e le tradizioni delle comunità locali italiane, ne ha scandito i ritmi di lavoro e i giorni di festa, ha disegnato i territori e il paesaggio. Nell’ultimo secolo il ricorso massiccio alla chimica di sintesi, alla selezione genetica, agli

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allevamenti industriali e alla meccanizzazione agricola ha favorito un balzo nella produttività delle colture e una trasformazione dei meccanismi della distribuzione e dei consumi alimentari. Ha consentito almeno in Occidente, di eliminare lo spettro secolare della fame dalle campagne ma ha provocato un drastico impoverimento degli ecosistemi. Le forme di industrializzazione dell’agricoltura del Novecento sono tra i principali responsabili di molti degli attuali gravi squilibri ambientali del pianeta: cambiamenti climatici, minore disponibilità delle acque di falda, impoverimento del suolo, deforestazione, forzatura


“Dobbiamo credere all’utopia possibile di unire cibo, cultura e sviluppo: è l’unica strada per una prosperità sostenibile” (Marc Augè) della maturazione e stagionalità dei prodotti con perdita dei sapori, cibi contaminati da residui chimici pericolosi per l’uomo e l’ambiente, rischi di malattie gravi anche per l’uomo come il virus dell’influenza aviaria e batteri resistenti agli antibiotici. Ma se questo è il passato speriamo che le nuove politiche agricole diano più importanza al fatto che proprio l’agricoltura può essere il più importante alleato per le attuali sfide ambientali e per lo sviluppo di una economia verde. Una agricoltura attenta ai processi naturali e alla complessità e specificità locale degli ecosistemi. Il principale motore di questo cambiamento è l’agricoltura biologica con le sue molteplici varianti come l’agricoltura biodinamica e in genere le mille forme di agricoltura che operano per salvaguardare le risorse naturali e la biodiversità e sono aperte alla ricerca e alla innovazione. È questa la nuova agricoltura che può destare passione nei giovani riportandoli a questo antico mestiere. E sarà proprio l’agricoltura il formidabile fattore dell’identità culturale e sociale di un territorio nonché delle sue peculiarità naturalistiche ed ambientali. Purtroppo dall’inizio del ‘900 la biodiversità degli ecosistemi agricoli si è notevolmente ridotta, fino al 75% fra i prodotti coltivati. Essa è fondamentale perché permette di creare quel pool di individui diversi su cui l’evoluzione può operare garantendo la capacità di adattarsi al variare delle condizioni siano esse mutazioni climatiche o comparsa di nuovi parassiti. L’esistenza di varietà diverse permette di ottimizzare la produzione a seconda dei climi e dei terreni e di

progredire con la selezione varietale garantendo l’evoluzione di varietà più produttive e resistenti. Il livello di biodiversità di un ecosistema è indicatore del suo stato di salute, maggiore è la varietà di esseri viventi, migliore è la salute dell’ambiente che li ospita: un prato con molte piante, fiori e insetti è indice di salubrità perché significa che qui la vita si sviluppa con facilità. La perdita di biodiversità naturale è perdita di diversità culturale e di conseguenza delle caratteristiche alimentari dei popoli. Il cibo è sicuramente un elemento culturale, nell’uomo l’uso degli alimenti varia a seconda della sua cultura. Agli italiani si associa la pasta, ai francesi la baguette e il vino rosso, ai tedeschi birra e salsicce e così via. In fondo noi siamo ciò che mangiamo. Per mantenere questa identità culturale abbiamo bisogno di un'agricoltura sostenibile che non solo sia rispettosa dell’ambiente, ma anche economicamente conveniente, che rispetti le comunità e le culture di cui fa parte, sia diversificata perché le pratiche di questo modello agricolo non sono valide universalmente ma specifiche per ogni luogo. A tal proposito in aiuto all’agricoltura sostenibile dal 2014, dagli Stati Uniti, è arrivato il nuovo progetto online di finanziamento collettivo (crowdfunding), il Barnraiser, che mira a finanziare gli “innovatori del cibo di domani” con l’obiettivo di promuovere la cucina locale e regionale, sostenere le lavorazioni enogastronomiche di tipo artigianale, diffondere l’educazione ambientale e alimentare tra le nuove generazioni, insomma sostenere sempre più la produzione e l’uso di cibo di qualità.

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FOOD & WINE

ANDREA GALANTI, IL SOMMELIER ITALIANO NUMERO 1! a cura di Giulio Siena Andrea Galanti

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lasse 1984, fiorentino di nascita e di spirito, Andrea Galanti, dottore in economia, è stato insignito nel novembre 2015 del più alto e prestigioso titolo nazionale di campione italiano sommelier Ais (Associazione Italiana Sommelier). La sua carriera si accende nel 2011, quando ha conseguito il titolo di Sommelier Professionista Ais nell’ambito del quale ha ottenuto diversi successi e riconoscimenti che lo hanno spinto a consacrarsi come uno dei Sommelier italiani più stimati. Nell’ultimo anno, una sequenza di successi di alta caratura, quali il Master Sangiovese, il titolo di miglior sommelier della regione Toscana seguito dalla vittoria del Master Soave, lo hanno condotto a competere e vincere il titolo italiano Ais. La sua passione nasce pertanto da diversi anni, coltivata nella Gastronomia Enoteca di famiglia in Piazza della Libertà, dove, a 2 passi dal gremito e

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iperturistico centro storico di Firenze, si assapora ancora quell’educata e genuina fiorentinità che in cucina e nei vini trova uno dei suoi più amati riconoscimenti internazionali. Andrea Galanti, quali credi siano stati gli ingredienti per la conquista del titolo e cosa in questi anni ha più contribuito per raggiungere la vetta? “Studio e passione i fattori che mi hanno costantemente accompagnato negli anni della formazione e dei primi riconoscimenti, senz’altro determinanti in ogni competizione. Allenamenti continui, partecipando a degustazioni nel territorio nazionale, su tutti il Vinitaly di Verona, che offrono possibilità concrete di sperimentazioni e sensibilizzazioni a molte tematiche. Approfondire gli studi sui territori e i produttori, disciplinari di produzione, sono alcuni dei passi doverosi che quotidianamente compio, perché la professione implica un aggiornamento costante”.


In quali attività sei stato maggiormente concentrato in quest’anno da miglior sommelier d’Italia e quali prevedi siano le tue future sfide? “Dopo i successi mi sono dedicato a ciò che più amo di questo mio lavoro: la comunicazione. Ho avuto la possibilità di prender parte a molte degustazioni guidate con focus su specifici territori (Franciacorta e Soave di recente), e di tenere anche alcune lezioni con Ais presso le varie delegazioni. Spero di continuare su questi binari, perché trasmettere agli altri la mia passione è la cosa che più mi appaga, tuttavia sono sempre aperto a nuove proposte. Ora mi dedicherò a competere su concorsi internazionali ed il mondiale è un obiettivo per il quale studierò con determinazione”. Sappiamo di paesi fortemente emergenti nella produzione vinicola come la California o l’Australia, per alcuni vere minacce concorrenziali. Cosa la nostra terra e le nostre aziende possono comunque vantare e su cosa si potrebbe puntare in prospettiva per continuare a guidare l’eccellenza del mercato? “Molti sono i territori emergenti e non mi meraviglierei se ne venissero valorizzati di nuovi; tuttavia la nostra forza è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo in Italia una varietà di vitigni autoctoni infinita accompagnata da una storicità anche paesaggistica unica. Le nostre regioni rappresentano territori impareggiabili, borghi antichi e storie vitivinicole non replicabili, di cui molti produttori ne sono splendidi esempi. Dovrebbe, forse, esserci una maggiore coesione territoriale ed una pianificazione del governo e dei consorzi mirata ad una maggiore tutela dei nostri marchi all’estero seguita parallelamente da una comunicazione più incisiva volta a dimostrare la reale qualità della nostra nazione”. Malgrado il vino italiano sia apprezzato in ogni dove, assunto ormai a simbolo identitario della coscienza italiana, tuttavia ancora molti, soprattutto tra i giovani, stentano a riconoscerne la qualità. Quali consigli ti senti di dare alle associazioni affinché si possa sensibilizzare la cultura e la conoscenza del vino? “Questo aspetto lo riscontro molto anche nel cibo; non sempre esiste una corretta percezione e distinzione della reale qualità. Dovrebbe far parte del nostro patrimonio culturale e anche su questo lavorano molte manifestazioni enogastronomiche,

focus specifici su denominazioni vitivinicole ed eventi simili che rappresentano il migliore canale per avvicinare le persone a comprendere la qualità di un prodotto, a partire dalla genesi ed il suo processo di lavorazione. Un ruolo fondamentale lo giocano anche le associazioni dei sommeliers, come Ais, che con immenso piacere, sta raccogliendo sempre un maggior numero di adesioni. Anch’ io presso la gastronomia enoteca di cui sono titolare organizzo eventi e degustazioni proprio con l’obiettivo di avvicinare appassionati e curiosi a scoprire come giusti abbinamenti o specifici prodotti possono essere realmente apprezzati”. Un immenso in bocca al lupo per le tue prossime sfide, su tutte il titolo mondiale, e un ringraziamento per aver contribuito al successo dell’evento umbro ‘Only Wine Festival’ tenutosi dal 23 al 25 Aprile a Città di Castello (PG) di cui sei stato uno degli ospiti più attesi.

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BENESSERE

QUALCHE CONSIGLIO PER VIVERE MEGLIO di Italo Profice

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olti decidono di rinnovare i propositi a gennaio, con l’inizio dell’anno solare; molti altri decidono di farlo a settembre, con la ripresa delle attività dopo la prolungata pausa estiva; la verità è che ogni inizio di stagione porta in dote dei cambiamenti, seppur piccoli. Il nostro benessere può passare in secondo piano ma è fondamentale ritrovarlo. È necessario avere la piena consapevolezza della nostra forza, fisica e mentale. Ecco alcuni consigli per preservarla, finanche coadiuvarla e darle slancio. Il riposo notturno è fondamentale per poter rendere al massimo delle nostre capacità, cioè con presenza mentale costante. É bene quindi dormire dalle 6 alle 8 ore quotidiane, avendo ben digerito al momento di coricarsi. E per conciliarlo ulteriormente si consiglia di leggere sempre qualcosa prima di addormentarsi. Gli studi sull’argomento confermano che un buon

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riposo aiuta a rinforzare il sistema immunitario. Allenarsi con costanza: tanti lettori potranno lamentare di non trovare gli stimoli giusti; ma è bene tenere a mente che fin dalla preistoria l’uomo ha dovuto correre, per nutrirsi, per fuggire, in sintesi per sopravvivere; ecco spiegato perché la corsa fa secernere endorfine al nostro cervello che ci infondono il buon umore. In sostanza ci si sente meglio oltre, ovviamente, a preservare la salute perché i benefici per la circolazione sanguigna, specialmente venosa, sono netti. Per chi è più avanti con l’età, la regola è fare del moto costante per una mezz’ora al giorno, ascoltando il proprio corpo senza esagerare. Questo ci permetterà di mantenere un peso costante regolando tutti quei disturbi legati ai chili di troppo, quali l’ipertensione, patologie metaboliche, diabete di secondo tipo e non ultimo i dolori a carico della schiena e delle ginocchia. Qualcuno può ignorarlo, ma ridere è un’ottima prevenzione. Certamente non si può imporre,


Una sana alimentazione, un buon allenamento, il giusto riposo notturno, ridere e allontanare i pensieri negativi: ecco gli ingredienti per una vita sana e soddisfacente

ma possiamo fare qualcosa per favorirlo. Studi scientifici lo dimostrano, il buon umore innalza il colesterolo buono (HDL) nel sangue e favorisce la produzione di endorfine, che ci regalano un diffuso benessere. La vita tutto ad un tratto assume un sapore differente, talvolta tale da poterci far esclamare “Che spettacolo la vita!”, evento tutt’altro che banale. Per riuscirci, ed ecco un altro dei consigli di Riflesso, è auspicabile riuscire a guardare le cose che ci circondano con gli occhi di un bambino. Così spontanei, così spensierati e gioiosi: ecco perché li adoriamo tanto. Per vivere meglio è impossibile prescindere da una corretta alimentazione che si basi su frutta e verdura di stagione. Gli ortaggi più colorati, oltre ad essere piacevoli da vedere, contengono preziose vitamine, minerali e antiossidanti, il vero ed unico modo di prevenire le malattie legate agli errati stili di vita del consumismo in epoca contemporanea. Gli antiossidanti contrastano i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento cellulare mentre

le vitamine sono fondamentali per il funzionamento delle differenti funzioni vitali del nostro organismo. La vita ci sorride, tuttavia senza fare sesso non è mai lo stesso: fare l’amore è benefico per il corpo e per la mente. Riduce lo stress e nelle donne, il rilascio degli estrogeni, dona lucentezza e vigore a pelle e capelli; negli uomini, invece, previene il cancro alla prostata. Periodicamente è auspicabile riordinare le proprie cose: eliminare gli abiti che non indossiamo più, buttare vecchi documenti ci aiuta a liberarci anche da zavorre emotive oltre che da oggetti futili, condizione necessaria per riprendere a volare. Infine ricordiamoci di perdonare: questo non è solo un dogma della cristianità ma anche, come tanti altri pensieri biblici, una massima estremamente lungimirante. Quando i sentimenti negativi ci assalgono, si tenti di fare una bella camminata cercando di passare oltre il risentimento. Non c’è nulla di più deleterio per la nostra salute che covare la rabbia o il rancore.

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AMBIENTE

Riscaldamento globale e cambiamenti climatici di Walter Leti

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state 2003, il primo segnale drammaticamente avvertito dalla popolazione in Europa che qualcosa di importante stava accadendo al clima. Dopo una primavera particolarmente avara di precipitazioni le temperature schizzano per quattro mesi consecutivi a valori mai registrati in precedenza negli ultimi secoli. Le piogge sono praticamente azzerate, con conseguente grave crisi idrica su scala continentale. I dati sulla mortalità dei soggetti a rischio, anziani, bambini, malati affetti da patologie croniche di varia natura si impennano oltre ogni limite con 35.000 morti in più rispetto alla media stagionale. Nel 2010 si replica in Russia, dove Mosca rimane a lungo pericolosamente assediata da vasti incendi generatisi per autocombustione. L’ovvia domanda a questo punto è: cosa sta succedendo al clima e quali ne sono le cause? In questo contesto le attività umane responsabili delle emissioni di enormi quantità di gas serra nell’atmosfera sono le principali indiziate, anche se non le uniche. La domanda è semplice, nella sua drammatica urgenza, ma le possibili risposte della scienza non lo sono altrettanto. Il “global warming” o riscaldamento

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globale sembra essere un dato incontestabile. Sulle effettive cause, invece, si discute, dal momento che non è stato possibile elaborare a tutt’oggi un modello matematico affidabile che identifichi in modo certo i parametri implicati nella determinazione del clima e ne quantifichi le rispettive influenze. Inevitabilmente la mancanza di certezze scientifiche ha portato a una sorta di “ideologizzazione” del dibattito fra gli addetti ai lavori che vede i “catastrofisti” fieramente opposti ai “negazionisti”. Tra questi ultimi va annoverato, per amore di verità, lo scienziato Kary Mullis, premio Nobel per la chimica. É da ritenersi autorevole, anche se non universalmente condiviso, il parere espresso nell’ultimo rapporto di valutazione dell’IPCC (Intergovernmental panel on climate change) su mandato delle Nazioni Unite. Il rapporto pone in evidenza i cambiamenti climatici più significativi intervenuti in particolare negli ultimi decenni e formula alcune previsioni in ordine a possibili scenari futuri. Il rapporto afferma esplicitamente: “É estremamente probabile che più della metà dell’aumento della temperatura superficiale dal 1951 al 2010 sia stato provocato dall’effetto delle


Per evitare scenari sempre più apocalittici occorre una maggiore sensibilità e una presa di coscienza sui rischi che l’inquinamento può causare se non viene affrontato con serietà

attività dell’uomo”. Gli ultimi tre decenni, dal 1983, sono stati i più caldi dal 1850, da quando cioè sono iniziate le misurazioni a livello globale. In base, poi, alle analisi dei record paleoclimatici il trentennio citato è stato probabilmente il più caldo degli ultimi 1400 anni. Dal 1950 sono stati osservati cambiamenti negli eventi estremi meteorologici e climatici. In vaste aree dell’Europa, Asia e Australia la frequenza delle ondate di calore è probabilmente aumentata. Altro fenomeno preoccupante è la cosiddetta “acidificazione oceanica” causata dall’assorbimento da parte degli oceani di CO2 di origine antropogenetica. Dall’inizio dell’era industriale si stima che la suddetta acidificazione sia aumentata del 26%. Nel periodo 1971 -2010, inoltre si è manifestato un incremento accentuato del riscaldamento oceanico, in ragione di 0,11 gradi per decennio nei primi 75 metri. Il rapporto IPCC riporta, poi, dati preoccupanti relativi all’innalzamento del livello globale marino medio ( con i connessi pericoli per gli insediamenti costieri), alla sensibile riduzione dei ghiacci in tutto il Pianeta e alla concentrazione atmosferica globale del gas serra CO2, aumentata del 40% dal 1750 ad oggi. Quale

futuro ci si prospetta? Secondo il rapporto IPCC le emissioni di gas serra che continuano a crescere provocheranno un ulteriore riscaldamento. Questo causerà cambiamenti nella temperatura dell’aria e degli oceani, nel ciclo dell’acqua, nel livello dei mari, in alcuni eventi estremi e nell’acidificazione oceanica. Molti di questi cambiamenti persisteranno per secoli. Se l’attuale trend di emissione di gas serra rimarrà inalterato l’incremento di temperatura globale superficiale della Terra potrebbe raggiungere i 5 gradi alla fine di questo secolo, con effetti devastanti sull’intero ecosistema del nostro Pianeta. La possibile difesa contro questo scenario apocalittico è estremamente semplice da enunciare e altrettanto difficile da realizzare, in considerazione dell’insufficiente sensibilità presente nelle nazioni maggiormente responsabili dell’inquinamento. Le emissioni di CO2 e degli altri gas serra dovranno essere sostanzialmente ridotte per tentare almeno di contenere il riscaldamento globale entro 2 gradi rispetto al livello pre-industriale. Vanno in questa direzioni i risultati del recente meeting sul clima tenutosi a Ney York il cui accordo finale è stato firmato da oltre 170 paesi.

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FLORIDA

COME AVVIARE UN’ATTIVITÀ LAVORATIVA NEGLI STATI UNITI HOW TO START A BUSINESS IN THE U.S. di Francesco Famà - Corrispondente da Miami

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e procedure per aprire una qualsiasi attività lavorativa negli Stati Uniti non sono particolarmente complesse, anche per i cittadini stranieri. Nonostante il fatto che in alcuni stati dell’Unione si abbiano passaggi più semplificati rispetto ad altri, come in Delaware o Nevada, tendenzialmente le operazioni richieste sono sbrigative e poco onerose. Ad ogni modo, è importante tenere a mente tre punti fondamentali prima di avviare un’attività: la scelta del nome e dell’adeguata struttura legale da darle, i permessi e le licenze necessari, gli aspetti finanziari. Per quanto riguarda il primo punto, la decisione sulla struttura legale è influenzata da vari fattori (e.g. numero di dipendenti, la responsabilità su eventuali procedimenti legali, il tipo di controllo sull’attività, la disponibilità fiscale ed altro). Il tipo di struttura legale – LLC, corporation, partnership,

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he procedures to start any kind of professional activity in the U.S. are not particularly hard, even for foreigners. Despite the fact that in certain American states (like Delaware or Nevada) the steps to follow are simpler than in others, the necessary things to do are usually quick and inexpensive. However, it is important to keep in mind three fundamental points before starting any new activity: choosing the name to use and the legal status to give it; permissions and licenses; and the financial aspects. In regards to the first point, the decision over the legal status is influenced by several factors, such as the number of employees, the responsibilities in case of legal actions, the type of activity, the fiscal availability and so on. The type of legal status – LLC, corporation, partnership,


cooperative, sole proprietorship, S-corporation – determina i requisiti per la registrazione che varia a seconda della specifica legislazione statale. Al momento della registrazione, si deve scegliere un nome che corrisponda al proprietario, o comproprietari, dell’attività. Il nome può essere un DBA (doing business as), un assumed name, o un fictitious name e bisogna essere sicuri che non sia già esistente per evitare di incorrere in problemi legali. A tal proposito, si può consultare sia il “Greenbook” (meglio noto come Thomas Register of American Manufacturers), attraverso cui accedere all’elenco della propria città, che il database dell’ufficio brevetti federale americano (detto Patent and Trademark Office). Per quanto riguarda il secondo punto, ogni attività deve avere permessi e licenze (federali, statali, locali) che variano da stato a stato e da città a città. I cartelli

cooperative, sole proprietorship, S-corporation – determines the requirements for the business’ registration, which can vary according to the specific state laws. During the registration phase, a name that corresponds to the owner or owners must be chosen. Such name can be a DBA (doing business as), an assumed name, or a fictitious name and it cannot be one that already exists in order to avoid legal troubles. In this respect, it is possible to review the “Greenbook” (better known as the Thomas Register of American Manufacturers), by which accessing the city businesses’ list, or look at the Patent and Trademark Office’s website. As per the second point, each activity must have federal, state and/or local permissions and licenses, which vary from state to state and from city to city. Moreover, signs, regulations and labor standards along with insurance policies represent

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esposti all’interno dei locali e le polizze assicurative rappresentano, inoltre, un altro elemento cruciale da non dimenticare, soprattutto nel caso in cui il business coinvolga anche la produzione, la vendita e l’importazione di bevande alcoliche o, ad esempio, mansioni legate al settore logistico e dei trasporti. Può quindi essere utile consultare il sito della Small Business Administration per rendersi conto dei tipi di permessi e licenze richiesti nella città o zona in cui si voglia avviare una certa attività. Infine, per quanto riguarda il terzo punto, è chiaramente necessario calcolare i costi e pensare alla possibile richiesta di sovvenzioni a istituti finanziari o anche direttamente alla Small Business Administration (cosa che comunque richiede un’attenta valutazione dato che non tutte le attività potrebbero essere idonee ad ottenere finanziamenti). Poiché è cosa comune che occorra all’incirca dai sei mesi ad un anno prima che il business cominci a produrre guadagni e che i costi potrebbero essere elevati, si suggerisce di procedere per gradi così come segue: scrivere un buon business plan; scegliere il luogo o l’area di apertura dell’attività; cercare assistenza e consulenza; reperire i fondi; scegliere la natura giuridica dell’attività ed il nome con cui registrarla; ottenere il codice identificativo per le tasse (Employer Identification Number) dal fisco americano, detto IRS; ottenere le licenze ed i permessi per lo specifico business; informarsi riguardo le responsabilità come imprenditore in America. Gli Stati Uniti, nonostante il particolare periodo economico in cui viviamo, rappresentano ancora il paese delle opportunità e Miami, caratterizzata da una forte crescita internazionale e recettività per nuove idee ed iniziative, può essere un’ottima meta per valutare la possibile apertura di un’attività lavorativa.

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other crucial aspects not to forget when opening new businesses, especially for those involving the production, sell and importation of alcoholic drinks or, for instance, for those services related to the logistics and the transportation sectors. Therefore, it may be useful to look at the Small Business Administration’s website in order to get information about the permissions and licenses that are required in the area where the new business will get started. Finally, as per the third point, it is clearly necessary to calculate the costs and think about the possible subsidy request to financial institutions or directly to the Small Business Administration (however, this must be carefully evaluated as an option since not every activity is suitable to get subsidies). In light of the fact that it is common for a business taking at least six months to a year to produce income and that the costs may be high, it is fundamental to proceed step by step as follows: set a solid business plan; choose the place or area where to start the business; seek assistance and consultation; find the necessary funds; choose the legal status of the business and the name by which to register it; get the Employer Identification Number from the American IRS; get the permissions and licenses for the specific business; get information about the responsibilities as an entrepreneur in America. Despite the particular economic moment that we are living, the U.S. still represents the country of opportunities and Miami, characterized by a steady international development and a great receptiveness for new ideas and initiatives, may be an excellent destination to consider when launching a business.




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