Sir Gellindotto de’ Ghiandedoro e i cavalieri della Tavola Rotonda -1 - L ’invito dell ’imperatore

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Sir Gellindotto de’ Ghiandedoro e i cavalieri della Tavola Rotonda

1 - L ’invito dell ’imperatore I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


Al portalettere Franco Bollo, col lavoro che faceva, erano passate per le mani migliaia e poi migliaia di lettere d’ogni tipo, di tutte le forme, colori e profumi, perciò non si meravigliò affatto quando pescò dal sacco della “posta in arrivo” una grande busta di pesante carta dorata, chiusa da un grosso bollo di ceralacca rossa. Quel che lo lasciò stupefatto fu invece l’indirizzo: Per Sir Gellindotto de’ Ghiandedoro Foresta delle Venti Querce Terra di Risparmiolandia (da consegnarsi immantinente) «Immantinente? E cosa vuol dire immantinente?» si disse Franco. «Adesso controllo sul vocabolario... I... Im... Imman... Immantinente: subito, istantaneamente, senza perder tempo...» – D’accordo, va bene: obbedisco e corro immediatamente da Gellindo Ghiandedoro! Lo scoiattolo risparmioso girò e rigirò a lungo la busta dorata senza aprirla. Anzi, all’inizio s’era addirittura rifiutato di accettare la lettera: – Ma chi è questo Gellindotto? Io mi chiamo Gellin... Si era bloccato a metà del nome: gli era venuto in mente che tra le mille cianfrusaglie ammassate nel suo deposito c’era un vecchio baule polveroso che aveva un’etichetta con scritto: Abiti e quant’altro, appartenuti a Gellindotto de’ Ghiandedoro.

Gellindotto, aveva spiegato lo scoiattolo al portalettere, era il nome di un suo vecchio bis-bis-bisnonno vissuto chissà quando e le sue cose erano chiuse ormai da secoli in quella cassa. – Andiamo subito a controllare! – esclamò Gellindo rivolto a Franco Bollo. – Ma... vengo anch’io? – balbettò il portalettere. – Certo, così mi aiuti! Nel terzo magazzino – il più profondo, quello in cui lo scoiattolo non metteva piede ormai da tantissimo tempo – regnava la più grande confusione. – Adesso capisco perché hai bisogno di aiuto – mormorò Franco. – Cercare un baule qui sotto è una vera impresa e servono due braccia robuste per farsi strada tra queste carabattole. Su dai: mettiamoci al lavoro. Dopo aver spostato ceste e scaffali, casse di legno e pile di vecchi libri, rotoli di fil di ferro e vecchi arnesi ormai inservibili, finalmente Gellindo e Franco raggiunsero un grosso baule rosso coi rinforzi color dell’oro. – Lo apriamo? – domandò il portalettere ansimando per la fatica. – Siamo qui per questo, no? Dai, procedi! Con un colpo di martello ben assestato Franco ruppe la serratura arrugginita del grosso lucchetto, dopo di che con uno sforzo immane sollevò centimetro per centimetro il pesante coperchio, che si aprì scricchiolando sinistro. Quando Gellindo poté guardare all’interno della cassa, solo allora


scoprì che il suo avo Gellindotto de’ Ghiandedoro a suo tempo doveva essere stato un personaggio molto, molto importante. Nel baule, infatti, c’erano, a partire dall’alto: una bandiera di seta celeste e rossa ripiegata in otto, con una bella ghianda ricamata al centro; una collana che pareva d’oro massiccio dalla quale pendeva un medaglione con inciso il disegno di una ghianda; un bell’elmo di ferro battuto, con tanto di visiera e di cimiero rosso e celeste... Gellindo se lo infilò in testa: gli andava a pennello; una pesantissima casacca di anelli di ferro intrecciati; una bellissima e luminosa corazza di ferro, con una ghianda d’oro e d’argento istoriata sul petto, all’altezza del cuore; ...e poi una spada pesantissima, uno scudo anch’esso con la ghianda al centro, guantoni e calze in maglia di ferro, schinieri, scarpe pesanti di metallo... – Ma questo è l’abbigliamento di un cavaliere! – sussurrò Franco Bollo. – Tuo bisnonno era un cavaliere? Gellindo non ebbe la forza di rispondere all’amico: recuperò invece la lettera dorata, l’aprì, cercò un po’ di luce e lesse a voce alta: Messer Gellindotto de’ Ghiandedoro, fedele cavaliere della Tavola Quadrata, ti restano cinque giorni di tempo per presentarti al Castello delle Marmotte Addormentate, al cospetto del tuo imperatore Empedocle Quinto, padrone delle Terre di Montagna.

Grandi feste sono in programma, con balli e tornei, disfide e singolar tenzoni. Lustrate le corazze e date aria alle bandiere, miei prodi cavalieri: la Compagnia della Tavola Quadrata sta per tornare a vivere! Cordiali saluti Sua Altezza Reale Empedocle Quinto della dinastia degli Ottoni Altisonanti, imperatore delle Terre di Montagna Fu il postino a rompere il silenzio sbalordito che riempiva il deposito: – Ma allora Sir Gellindotto è ancora vivo! Gellindo si girò a guardare l’amico con due occhi persi nel vuoto: – Il problema non è mio bisnonno Gellindotto, non è di lui che dobbiamo preoccuparci. Il vero problema, la vera domanda che dobbiamo porci è: ma questo imperatore Empedocle Quinto è ancora in vita? Perché, se così fosse, dovrebbe avere almeno cinquecento anni d’età! Te lo immagini un vecchietto che si porta dietro più di cinquecento anni? – Be’, però tu in ogni caso non puoi rifiutarti di presentarti tra cinque giorni esatti al Castello delle Marmotte Addormentate! Gellindotto era tuo bisnonno... quindi tu sei uno dei suoi pronipoti, sei un suo erede: per forza di cose devi metterti questa corazza e recarti all’appuntamento con gli altri Cavalieri della Tavola Rotonda! Lo scoiattolo appoggiò la lettera sulla corazza ai suoi piedi: – Ma lo sai che cosa significa essere un cavaliere? – Basta indossare tutte queste belle


cose e il gioco è fatto, no? – D’accordo, allora facciamo come dici tu: infilo la corazza e l’elmo, impugno la lancia e imbraccio lo scudo, ma... – Ma? – ...ma che cavaliere sono, se non ho un CAVALLO? Un cavallo? Già, è vero: un cavaliere senza cavallo è solo un povero fante, pensò sconsolato Franco Bollo. Ma se è solo per questo, basta procurarsi un cavallo... – E poi un cavaliere deve avere anche uno scudiero che l’assiste – continuò Gellindo, cominciando a camminare nervoso avanti e indietro per il deposito, – deve saper usare la spada e la lancia da battaglia e da torneo, soprattutto dev’essere capace di suonare il liuto e cantare belle romanze d’amore per intenerire il cuore delle damigelle... Mi vedi tu, che strimpello canterellando versi in rima sulle gesta del prode Gellindotto che corre in difesa dei poveretti e dei torteggiati? Il portalettere non si diede per vinto. – Una lettera è pur sempre una lettera, per di più poi se contiene un invito. Ma ci pensi? Hai ricevuto l’invito di un imperatore e tu sei qui che ti chiedi come e dove trovare un cavallo e uno scudiero? – La fai facile, tu, che quella lettera l’hai solo consegnata: pensa se Empedocle Quinto avesse invitato te a recarti al suo castello per farti sedere alla Tavola Quadrata assieme a chissà quanti altri cavalieri che nemmeno conosci! Comunque a Franco quella cosa di

cavalieri e di corazze piaceva un sacco, per cui: – Sai cosa facciamo? Innanzitutto portiamo di sopra il baule di tuo bisnonno con tutto quello che c’è dentro e poi decideremo il da farsi, va bene? Gellindo, che proprio in quel momento stava guardando assorto la grande ghianda ricamata al centro della bandiera celeste e rossa, impallidì e sentì la testa che cominciava a girargli forsennata, risucchiandolo come in una macchina del tempo. Volò a lungo in un vortice colorato di azzurro e di rosso e, quando il viaggio finì, si ritrovò nello stesso esatto punto da dov’era partito, al centro del suo deposito pieno di cianfrusaglie. Era tornato al punto di partenza, insomma, ma adesso sentiva in cuore una sensazione nuova. Era la sensazione di calma e di forza che provano tutti i Cavalieri della Tavola Quadrata quando il loro imperatore li convoca a castello! Era la sensazione di gioia che sentono i Cavalieri quando sanno che tra poco rivedranno i loro amici!! Era la sensazione di benessere che prova Gellindotto de’ Ghiandedoro quando sente che può esser utile a qualcuno!!! – Dobbiamo sbrigarci, Franco: cinque giorni fanno presto a passare e sono moltissime le cose che abbiamo da fare! Il povero portalettere, che stava già rimettendo nel baule la pesante spada da cavaliere, si fermò, si girò e chiese: Ma perché dobbiamo sbrigarci? Per-


ché sono molte le cose che abbiamo da fare? E io che c’entro? Sei tu quello che deve andare al castello delle Marmotte Addormentate, mica io! – Certo, io sono Sir Gellindotto de’ Ghiandedoro, cavaliere della Tavola Quadrata dell’imperatore Empedocle

Quinto... Ma non muoverò un passo se non sarò accompagnato dal mio giovane scudiero, il fido Franco... Bollo! Forza bello: rimettiamo tutto nel baule e saliamo di sopra. Mi sa che sta per cominciare un’altra meravigliosa avventura! (1 - continua)



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