Sir Gellindotto de’ Ghiandedoro e i cavalieri della Tavola Rotonda -4- La Tavola Quadrata

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Sir Gellindotto de’ Ghiandedoro e i cavalieri della Tavola Rotonda

4 - La Tavola Quadrata I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


La Sala che ospitava la famosa Tavola Quadrata era uno stanzone circolare col soffitto sostenuto da nove colonne. Il tavolo al centro, quadrato appunto e costruito con solide assi di quercia, era coperto da una tovaglia di velluto color rosso sangue, al centro della quale era ricamata una marmotta addormentata e una corona imperiale. Su uno dei quattro lati del tavolone c’era il trono dorato di Empedocle Quinto, con accanto un tronetto argentato più piccolo; gli altri tre lati avevano ognuno due seggiole con lo schienale altissimo, destinate evidentemente a sei cavalieri. Gellindotto de’ Ghiandedoro, Cavaliere delle Terre di Risparmiolandia, era l’unico già seduto al suo posto, proprio di fronte al trono dell’imperatore: alle sue spalle era appeso un enorme vessillo celeste e rosso, con una ghianda d’oro ricamata al centro. Nel salone tondo non c’era nessun altro, se non il maggiordomo della casa imperiale, sull’attenti accanto alla porta. – IN PIEDI, CAVALIERE DELLA TAVOLA QUADRATA – esclamò il maggiordomo, battendo per terra lo scettro che stringeva in una mano ed aprendo la porta con l’altra. – Sta per fare il suo ingresso Sir Legendarius, Cavaliere delle Terre Antiche! La porta si aprì ed entrò uno spaventapasseri vestito con una leggera corazza di cuoio istoriato. Gellindotto lo riconobbe subito: «Ehi, ma quel cavaliere assomiglia in tutto e per tutto al mio amico spauracchio Passion di Fiaba, il cantastorie!». Non disse nulla,

chinò la testa in risposta al cenno del nuovo venuto, che andò a prender posto sulla seggiola alla destra dello scoiattolo: dietro le spalle di Sir Legendarius sventolava un vessillo grigio e blu con una penna d’oca ricamata al centro. – IN PIEDI, CAVALIERI DELLA TAVOLA QUADRATA. Sta per fare il suo ingresso Sir Dondolus, Cavaliere delle Pianure d’Oriente! Entrò un cavaliere corazzato anche lui, che salutò i due già seduti e andò ad accomodarsi sulla seggiola alla sinistra di Gellindotto, in corrispondenza del vessillo marrone e giallo con una campana ricamata al centro. Sir Dondolus pareva il fratello gemello dello spauracchio Dindondolo campanaro, e il nostro simpatico scoiattolo cominciò a non capirci più nulla. – IN PIEDI, CAVALIERI DELLA TAVOLA QUADRATA. Sta per fare il suo ingresso Sir Pagliamorbida, Cavaliere delle Isole di Meridione! Un gran schiamazzo di ferraglia annunciò l’arrivo di un cavaliere alto e magro, che salutò con deferenza i tre colleghi in piedi attorno al tavolo e andò a sedersi alla destra di Sir Legendarius, all’altezza del vessillo rosso e bianco con un forcone ricamato al centro. «Ohibò, e questo assomiglia come una goccia d’acqua al mio carissimo amico Pagliafresca!» disse fra sé Gellindotto pensieroso. – IN PIEDI, CAVALIERI DELLA TAVOLA QUADRATA. Sta per fare il suo ingresso Mago Abecedarius, signore indiscusso della magia nera e della


magia bianca! Il nuovo venuto non era un cavaliere: era un signore sorridente e cicciottello, coi capelli e i baffoni grigi e che indossava una lunga tunica blu ricamata con mille stelline d’argento, così come di stelline era ricoperta la bombetta scura che portava in testa. S’inchinò pure lui con un sorriso e si sedette alla sinistra di Sir Dondolus, dopo aver sistemato con cura alle sue spalle il vessillo blu scuro con una stella argentata ricamata al centro. «Ma guarda un po’: il mago appena entrato sembra in tutto uguale al maestro Abbecedario che conosco io!» pensò lo scoiattolo in silenzio. – IN PIEDI, CAVALIERI DELLA TAVOLA QUADRATA. Stanno per fare il loro ingresso Sua Altezza Imperiale Empedocle Quinto della dinastia degli Ottoni Altisonanti, imperatore delle Terre di Montagna, che è accompagnato da sua nipote, la bella Ondina, principessa della contea delle Marmotte Addormentate! I cinque cavalieri fecero un profondo inchino all’imperatore e un secondo inchino con tanto di riverenza all’indirizzo della principessa vestita d’azzurro che pareva una fatina. «Ma quella è Bellondina, ne sono sicuro – strillò Gellindotto in cuor suo. – È proprio la mia carissima amica Bellondina e l’imperatore, se non fosse il padrone delle Terre di Montagna, direi che è il vecchio Empedocle con la corona in testa!» Fu proprio l’anziano imperatore a prendere per primo la parola.

– Vi ringrazio dal più profondo del cuore, miei prodi Cavalieri della Tavola Quadrata, per aver risposto senza esitazione al mio invito. Sono felice di avervi qui con me, mio caro mago Abecedarius, mio saggio Sir Legendarius, mio simpatico Sir Dondolus, mio fedele Sir Pagliamorbida, mio coraggioso Sir Gellindotto de’ Ghiandedoro... Ora che siete qui, seduti attorno al nostro tavolo e ognuno con il proprio vessillo alle spalle, mi sento più tranquillo e protetto! A quel punto fu Sir Legendarius a parlare. – Lascia che ti faccia alcune domande, mio dolce imperatore, alcune domande per diradare le nebbie che hanno accompagnato fin qui il mio viaggio e, penso, anche il viaggio dei miei fratelli cavalieri. Per prima cosa vedo una seggiola vuota, a questo tavolo: a chi è destinata? Esiste forse un sesto cavaliere? Empedocle Quinto chiuse gli occhi e strinse le mani a pugno. La bella Ondina impallidì e girò il volto dall’altra parte per non far vedere le lacrime di rabbia che le salivano agli occhi. Poi l’imperatore tirò un lungo sospirò e parlò. – E va bene, veniamo al dunque miei prodi! Vi ho fatti chiamare perché a volte anche gli imperatori sbagliano e si fanno prendere dalla fretta. Il fatto è che mi sono cacciato in un gran bel guaio, amici miei, promettendo al capo dei miei sgherri, il Capitano Fon Raspe, il titolo di Cavaliere della Tavola Quadrata e... e...


– ...e la mia mano nel caso il capitano riesca a trionfare nel prossimo Torneo al castello delle Marmotte Addormentate! Era stata Ondina a parlare tra le lacrime, trattenendo a stento i singhiozzi. – Vedete – proseguì Empedocle, – io sono ormai anziano e un vasto impero come il mio ha bisogno di braccia giovani e forti per essere guidato. Ondina è giovane, troppo giovane: bisogna che accanto a lei ci sia qualcuno di energico e all’inizio mi pareva che il capitano Fon Raspe fosse la persona giusta. Poi quel malandrino ha tradito la mia fiducia, s’è impossessato delle leve del potere, si è tirato gli sgherri e l’esercito dalla sua parte, convincendoli con le cattive e con le buone, ma soprattutto con la promessa delle ricchezze che verranno da tasse sempre nuove... E poi è venuta fuori questa storia del torneo cavalleresco... – Ma perché non ci hai chiamati prima? – esclamò Sir Dondolus balzando in piedi e portando la mano all’elsa della spada. Scattarono in piedi anche Sir Pagliamorbida, Sir Legendarius e Sir Gellindotto, ma il fracasso della porta che sbatteva con violenza contro la parete ammutolì tutti quanti. Fece così il suo ingresso il feroce Capitano Fon Raspe: – Come vi siete permessi di cominciare senza di me? – sbraitò l’omone, che a grandi passi andò a piantare il suo vessillo nero e grigio dietro l’unica seggiola vuota, per poi sedersi al suo posto poggiando

i gomiti sul tavolo. – Ma guardali qui questi infingardi di cavalieri dei miei stivali... – Ma come ti permetti, Fon Raspe! – urlò con voce tremante Empedocle Quinto. – E poi tu non hai ancora diritto di sederti alla Tavola Quadrata – esclamò rabbiosa Ondina. – Non sei stato ancora nominato cavaliere, visto che ancora non hai vinto alcun Torneo! – Ma li hai visti, questi qui? – sibilò il grassone indicando i cavalieri e abbassando la voce quel tanto che però la si sentisse per tutta la sala. – Pensi che ci sia ancora un solo, piccolo dubbio su chi sarà il vincitore del torneo cavalleresco di domenica prossima? – Do... domenica? – balbettò sir Legendarius. – Questo famoso torneo è previsto per questa domenica? Cioè fra due giorni esatti? – Certo, che speravi, vecchio rincitrullito – lo insultò Fon Raspe. – Pensavi di avere qualche mese a disposizione per tornare in forma? EH! EH! EH! E tu che dici, mummia silenziosa? – blaterò il cattivo all’indirizzo di Mago Abecedarius. – Ho ascoltato quel che avevano da raccontarmi le stelle nei mesi scorsi e sapevo fin dall’inizio che cosa mi aspettava al castello delle Marmotte Addormentate – mormorò l’anziano vestito di blu e di stelline d’argento, – perciò ti conosco fin nel profondo del cuore, perfido Fon Raspe. Ricordati, però, che la forza e la violenza a nulla servono, contro l’unione e contro la generosità! – Sentite, sciocchi – tuonò per tutta


risposta il capitano degli sgherri: – io ho fretta di diventar Cavaliere della Tavola Quadrata e di sposare la qui presente principessina. Ho voglia di diventar imperatore, insomma, e allora vedrete che fine vi farò fare, cavalieri dei miei stivali! Intanto andate pure a prepararvi per domenica: sarà un bel torneo, ve lo posso assicurare. Un torneo molto... CAVALLERESCO! AH! AH! AH! Se n’era andato sbattendo un’altra volta la porta, il malvagio, e ridendo in modo sguaiato giù per i corridoi del palazzo. – Questo è quel che succede a chi affida le sorti della propria vita e del proprio popolo in mani sbagliate! – sussurrò Mago Abecedarius a occhi chiusi. – Hai perfettamente ragione, gran mago – gli rispose Empedocle, – ma io sono anziano, non ho più forze e nemmeno figli maschi... Ho solo la mia bella Ondina: è pensando a lei e al suo futuro che io... – Che tu hai messo le sorti dell’impero nelle mani di un ladro, di un senza cuore, di un bruto! – sbottò Gellindotto, che in poche parole raccontò le tristi storie del vecchio rimasto senza casa, del bambino che non poteva più pescare, dei contadini senza più bestie in stalla e biada nel fienile... Parlò delle tasse assurde ed esorbitanti con cui Fon Raspe stava angariando le terre dell’imperatore... – E adesso c’è il rischio reale che costui diventi anche Cavaliere di questa Tavola Quadrata e

magari erede al trono di Empedocle! Ma ve l’immaginate, voi, il prossimo imperatore? Si chiamerò Fon Raspe Primo? Io mi rifiuto! – Anch’io mi ribello! – gridò Sir Legendarius. – Pure io! – aggiunse Sir Pagliamorbida. – E io chi sono? Pure io sono con voi! – esclamò Sir Dondolus. – Poche parole e un solo fatto, cavalieri miei – li rimbrottò invece Mago Abecedarius. – Domenica è fra due giorni esatti e dobbiamo scegliere fra voi quattro chi avrà l’onore di affrontare in torneo quella montagna di muscoli e di grasso! – L’onore, dici? – balbettò il piccolo Gellindotto. – La sfortuna vorrai dire! Il peso e la disavventura! E se lo affrontassimo tutti e quattro assieme? – Già – s’intromise la bella Ondina, – così poi passerete alla storia come i quattro cavalieri che se la son presa con un solo nemico. Combattere in quattro contro uno non è una gran bella prova cavalleresca! Aveva ragione, la principessa, però Empedocle Quinto s’era cacciato in un bel guaio e, per venirne fuori, aveva cacciato i suoi cavalieri in un ginepraio pieno di spine. – Be’, sapete che vi dico? – mormorò sottovoce Abecedarius. – Oggi è stata per tutti una giornata pesante, faticosa e piena di brutte sorprese. È giunto il momento che noi ci si ritiri nelle nostre stanze per riposare e recuperare le energie. Domattina vedrete, a qualcuno di noi verrà in mente un piano per


uscire da questo labirinto! Buonanotte, mio sire, buonanotte principessa Ondina... e buonanotte a voi, bei cavalieri della Tavola Quadrata! Sir Gellindotto a quel punto sbadigliò come uno scoiattolo pronto per il letargo, prese i suoi guanti celesti e azzurri che aveva appoggiato sul tavolo e andò

a nanna, portandosi nel cuore oscuri presagi per un’avventura che stava diventando sempre più difficile e pericolosa. Noi ne sapremo di più la prossima puntata! (4 - continua)



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