Sir Gellindotto de’ Ghiandedoro e i cavalieri della Tavola Rotonda
5 - Il segreto di Ondina I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
La mattina del giorno dopo Gellindotto e gli altri cavalieri della Tavola Quadrata si ritrovarono a passeggiare nel parco del castello. Nella notte appena trascorsa nessuno di loro aveva chiuso occhio e, quando all’alba finalmente s’erano addormentati, avevano tutti sognato capitani brutali e fracassoni e principesse prigioniere del destino. – Ma non c’è proprio nulla che possiamo fare per evitare questo disastro? – mormorò Sir Pagliamorbida. – Potremmo organizzare i sudditi dell’imperatore Empedocle – propose Sir Legendarius, – creare una nuova milizia, un esercito popolare e... – Già, e per fare cosa poi? – borbottò Sir Dondolus. – Per metterci alla testa di contadini e artigiani armati di forche e badili e andare allo scontro con un esercito di sgherri equipaggiati con le armi più moderne? Fu la voce stentorea e seria di Mago Abecedarius a metter una pietra sopra a quella discussione: – Ricordatelo, amici: non siamo arrivati fino al castello delle Marmotte Addormentate per provocare una guerra! – Ma tu, mago, con le tue magie bianche e nere, non puoi far qualcosa? – chiese Gellindotto de’ Ghiandedoro. Abecedarius si sedette su un tronetto di pietra e parlò: – A dire il vero ieri sera il maggiordomo ha leggermente esagerato, nel presentarmi. Io non sono esperto di magia nera, ma solo di pratiche bianche, di sortilegi buoni per far crescere il grano nel campo, per aiutare una mucca a figliare un vitello senza danno, per diradare le nubi in
cielo... cose così, insomma! – Ma prevedi il futuro, no? – s’interessò Sir Legendarius. – Conosco il passato, e molto bene anche, e in base a questo so prevedere il futuro... nel senso che so dirti che cosa sarà di questo castello tra cent’anni, ma se mi chiedi che tempo farà domani al torneo, be’, come tutti mi tocca aspettare che venga l’alba e guardar dalla finestra il cielo com’è! Stavano ancora tranquillamente chiacchierando, i quattro cavalieri e il buon mago, quando un calpestio improvviso interruppe i loro discorsi. Si girarono a guardare in direzione del palazzo e videro due figure avanzare lungo i viali del parco. La bella principessa Ondina si stava avvicinando e camminava a fianco d’un giovane che stringeva in mano un liuto. – Buongiorno, Cavalieri della Tavola Quadrata! – mormorò la fanciulla con un timido sorriso. – Buongiorno a te, principessa! – dissero in coro i cavalieri e il mago. Dopo di che tutti guardarono il giovane. – Lui è messer Tiramissù, il menestrello di corte – disse Ondina. – Che fosse un amante della musica lo si era capito dallo strumento che tiene in mano – osservò Sir Pagliamorbida. – Messere, facci sentire come sai cantare e suonare, dai! Tiramissù sorrise, impugnò il liuto, attese due soli secondi perché i primi versi cominciassero a formarsi nella sua testa e poi cominciò a cantare improvvisando una piccola ballata:
Miei quattro baldi cavalieri giunti al castello proprio ieri, state attenti alle vostre spalle che un pericolo rotola a valle! Si nasconde nella notte chi non risparmia le botte: ma se uniti rimarrete la vittoria voi avrete! Applaudirono i cavalieri, il mago e la principessa, felici di quella canzoncina benaugurante. Ma toccò poi alla fanciulla tornare ad argomenti più dolorosi. – Ieri sera, amici miei, quando eravamo riuniti attorno alla Tavola Quadrata, mio nonno Empedocle non ha potuto raccontarvi l’intera verità su di me e su Capitan Fon Raspe! Nell’udire quel nome, il menestrello Tiramissù impallidì e le mani gli si strinsero a pugno. Una rabbia folle balenò nei suoi occhi e i denti digrignarono, trattenendo a stento l’ira. Ma Ondina proseguì nel racconto: – L’imperatore vi ha detto della corte serrata che quel bruto ha avviato per ottenere la mia mano, l’unico modo che ha per giungere al potere e comandare poi a suo piacimento su tutte le Terre di Montagna. Vi ha parlato anche del torneo che è stato indetto per domani domenica e il cui vincitore potrà chiedermi in sposa... ma nemmeno lui, nemmeno l’imperatore sa che io non potrò mai esser la moglie di Capitan Fon Raspe! – E perché? – domandò sir Gellin-
dotto, che però già intuiva quale sarebbe stata la risposta. Ondina abbassò il capo, arrossì e continuò a parlare sottovoce, come se temesse che anche gli alberi del parco avessero le orecchie: – Perché io ho già promesso il mio cuore a qualcun altro! – Però tuo nonno non lo sa – sottolineò Mago Abecedarius. – Vedi, mago, per Empedocle Quinto io sarò sempre una nipotina appena uscita dalle fasce... che volete che ne sappia lui di cuori innamorati, di dolci menestrelli che cantano toccandoti il cuore... Che ne sa lui di quanto bravo e bello e valoroso sia il mio buon Tiramissù! – Lui?!? – esclamò Sir Legendarius. – Sei innamorata del tuo menestrello? – È un amore vero e pulito, il nostro – disse Tiramissù, che parlava con un leggero accento francese. – È un amore nato nel silenzio, coltivato con tenere occhiate, allevato e fatto diventar grande nel buio. Ci vogliamo bene, Ondina e io, ed è già tutto deciso: se a vincere il torneo di domani sarà, come ahimè sembra, il malvagio Fon Raspe, Ondina e io fuggiremo, ancora domenica sera! Ce ne andremo lontani, al di là dei monti e delle pianure, andremo a vivere in una piccola casetta sul limitare di un bosco e vivremo del nostro orto e della nostra stalla. Proprio come fa la gente comune! – Tuo nonno però morirà di crepacuore, Ondina – mormorò Mago Abecedarius. – E allora, miei prodi cavalieri –
esclamò la principessa sull’orlo del pianto, – datevi da fare, mettetevi d’accordo, trovate un modo, un mezzo, un sotterfugio... Tu, mago, fa’ una magia, trasforma la lancia del cattivo in un ramo di fior di pesco, fa’ sciogliere il ferro della sua corazza, insomma, fa’ qualcosa di magico e tirateci fuori da questa situazione! Piangeva, adesso, la principessa, e il menestrello corse ad abbracciarla e a consolarla. – Ha ragione la bella Ondina – disse Sir Pagliamorbida. – Noi siamo in cinque, quattro forti cavalieri e un mago: se uniamo le forze, se mettiamo assieme le nostre teste, se ci organizziamo, forse... forse... – Ma certo, forse si può fare! – concluse Sir Gellindotto de’ Ghiandedoro. – Sicuro: quando mai è la violenza a vincere? A me, nella contea di Risparmiolandia, il maestro Abbecedario ha sempre insegnato che la malvagità ha già dentro di sé la debolezza della vigliaccheria... Dindondolo, il buon campanaro, ha sempre detto che l’unione fa la vera forza... e il simpatico spauracchio Pagliafresca va in giro a predicare che l’astuzia intelligente è più importante della furbizia del cattivo... e infine sapeste quante belle storie di bontà che trionfa e di generosità che ha sempre la meglio ci racconta Passion di Fiaba! Un vento freddo che prende la schiena! Un ululato vicino da far accapponare la pelle!! Un tremore percorre l’aria e la rag-
gela!!! – Ma guarda questi cavalieri sfaticati che se ne stanno nel parco a gironzolare! Ah! Ah! Ah! La voce del capitano Fon Raspe interruppe tutti i discorsi. Il menestrello Tiramissù si ritirò nell’ombra e la principessa Ondina alzò uno sguardo di sfida per guardar negli occhi il nuovo venuto. – Mia dolcissima futura sposa... i miei omaggi! – sibilò dolciastro il perfido. – Futura sposa un corno, stupido! – lo zittì la fanciulla. – Come osi piombare nel parco a disturbarci mentre stiamo chiacchierando? – Oh, scusami bella Ondina... – Per te e solo per te io non sono bella, va bene? – D’accordo... Ondina! Scusate se vi ho interrotto, cavalieri, ma devo parlarvi con urgenza. – E di che cosa, poi? – domandò Mago Abecedarius, il primo a riprendersi da quell’arrivo inatteso. – Ma del torneo di domani, naturalmente... Vorrei farvi visitare la lizza del castello, dove i miei sgherri stanno preparando il terreno della gara... Poi dovete decidere se affronterete la sconfitta... Eh! Eh! Eh!... se affronterete la sfida usando i vostri destrieri oppure se volete montare qualche cavallo delle nostre stalle... io ne avrei già alcuni da consigliarvi... Dovete poi consegnare i vostri vessilli colorati, che verranno appesi ai merli del castello, e indicare i vostri scudieri: saranno gli unici che potranno avvicinarsi a voi du-
rante il torneo... Insomma: sono molte le cose che dobbiamo decidere, perché perdere tempo a passeggiare all’ombra degli alberi? – Tocca a noi, capitano Fon Raspe, decidere quel che ci aggrada oppure no – esclamò Sir Gellindotto trattenendo a fatica la voglia di saltar addosso a quella montagna di ossa e di muscoli. – Verremo a visitare la lizza del torneo quando ci farà più comodo, consegneremo i nostri vessilli solo domattina all’apertura della giostra e indicheremo i nomi degli scudieri all’ultimo minuto. Tanto per esser chiari! Quanto ai cavalli, quelli che ci hanno portato fin qui hanno dimostrato d’essere sufficientemente forti e resistenti: stai tranquillo, verremo coi nostri destrieri, non abbiamo bisogno dei tuoi consigli spassionati! Il Capitano ribollì d’ira: non era abituato a esser contraddetto. Nessuno, nemmeno l’imperatore Empedocle
Quinto, s’era mai permesso di rispondergli con quel tono. – Senti, piccoletto, ho già capito che sei stanco di vivere! Spero proprio di averti come ultimo avversario, domani pomeriggio: ci sarà veramente da divertirsi... Ah! Ah! Ah! E se ne andò, il ciccione, ridendo a crepapelle. – Dobbiamo comunque escogitare un piano – disse Sir Dondolus, quando la risata di Fon Raspe si spense al di là delle mura del parco. – A questo punto però il nostro dovrà essere un piano doppio – disse Mago Abecedarius. – Perché doppio? – volle sapere Gellindotto. – Perché il primo piano ci servirà per vincere il torneo contro quel bruto violento. Il secondo piano, invece, sarà utile per convincere l’imperatore Empedocle Quinto ad aver come parente e come futuro erede un menestrello! E non so se sarà più facile il primo compito, o il secondo! Si sedettero in cerchio sull’erba del prato, i quattro cavalieri e il vecchio mago, e cominciarono a confabulare tra di loro agitando le braccia, scuotendo le teste e invitando di volta in volta gli amici a parlar più sottovoce. – I castelli hanno mille orecchie – disse Sir Legendarius, – e sarebbe un vero peccato che le guardie di Fon Raspe ascoltassero quel che ci stiamo dicendo! Ma cosa si dissero, i cavalieri della Tavola Quadrata? Abbiate un po’ pazienza: saprete ogni cosa, o quasi, la prossima settimana! (5 - continua)