Le fiabe del Bosco delle Venti Querce - L’orsetto Puf a caccia di miele

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Le fiabe del Bosco delle Venti Querce

L ’orsetto Puf a caccia di miele I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


Il piccolo Lampurio stava leggendo un libro sulla panchina in piazza, quando passò di lì Franco Bollo, che si trascinava appresso un pesante borsone pieno zeppo di lettere. – Ciao, Franco – disse lo spauracchietto, chiudendo il libro. – Sempre al lavoro, eh? – Già – rispose quell’altro, che si lasciò andare seduto sulla panchina. – Mai e poi mai avrei detto che un giorno mi sarei ritrovato a parlar male di Gellindo Ghiandedoro! – Gellindo? E perché? Che ha fatto? – Cosa ha fatto? – strillò il portalettere asciugandosi la fronte col fazzoletto. – Se n’è andato in letargo dopo aver spedito un bel po’ di lettere a tutti gli spaventapulcini del Villaggio e ai topolini della discarica! E adesso mi tocca portarmele dietro per consegnarle di persona ai destinatari! – Non ci vedo niente di male: le lettere ci sono apposta per essere scritte e voi portalettere le portate a destinazione per lavoro. Tutto qui, tutto semplice! E cosa contengono mai, queste lettere? Franco Bollo aprì il borsone, vi infilò la mano e ne trasse una lettera. – Ecco, guarda! Questa lettera è indirizzata a te... – A me? – esclamò il piccolino balzando in piedi. – Vuoi dire che Gellindo ha scritto proprio a me? – Ma certo, leggi l’indirizzo... Lampurio lesse, scosse la testa e aprì la busta. Prese la lettera e lesse: “Caro Lampurio, si sta avvicinando il Natale e tutti regalano qualcosa ai propri amici. Io purtroppo sono in letargo e non avrò il tempo di venire di persona a portati il dono che ho in serbo per te. E allora eccoti una bella fiaba che ti farà compagnia fino alla prossima primavera: leggila tu e poi leggila anche ai tuoi amici. Sarà bello sentirci vicini sulle onde della fantasia! Buon Natale, il tuo amico GELLINDO GHIANDEDORO. Puf era un orsetto simpatico, chiacchierone, goloso, allegro, canterino, giocherellone, screanzato, furbetto. Insomma, era un gran bell’animaletto! Grassoccio quanto basta per far

vedere agli amici che era sempre in buona salute, Puf non stava mai fermo: saltava dalla mattina alla sera da un cespuglio all’altro in cerca di bacche e more selvatiche, di cui


faceva enormi scorpacciate, si tuffava nello stagno a caccia di pesciolini, s’intrufolava nelle tane abbandonate nella speranza di trovarvi un po’ di cibo. C’era però una cosa della quale Puf non poteva veramente fare a meno: il miele! Dolce, buono, profumato, Puf avrebbe dato chissà che cosa, pur di averne in cambio due o tre chili al giorno! Era tuttavia un’impresa procurarsene: l’assemblea delle api, infatti, aveva stabilito che il miele prodotto negli alveari sparsi un po’ in tutta la Valle

di Risparmiolandia, doveva servire unicamente per loro... – Ma come facciamo, noi poveri orsi e scoiattoli, a fare colazione? – si lamentò un giorno Puf con Gellindo Ghiandedoro, anche lui abbacchiato per la decisione presa dalle api. – Ti ricordi quant’erano buone le bacche intinte nel miele? – Non parlarmene – singhiozzò lo scoiattolo, ricordandosi le scorpacciate di noci, nocciole e ghiande col miele e che ormai erano solo un sogno ormai lontano. – Non parlarmi di miele, ti prego! Sono già quattro giorni che non ne tocco più nemmeno un goccio! – Ascolta, Gellindo – disse Puf sedendosi accanto allo scoiattolo, – dobbiamo escogitare un modo per rubare un po’ di miele alle nostre amiche api. – Amiche? – strillò Gellindo asciugandosi gli occhi con le zampette. – E tu chiami ancora amiche quelle... quelle sciocche vanitose aperonzole che voglion tenersi tutto il miele per loro? Ma io... io... – E il povero scoiattolo balzò in piedi e cominciò a urlare come un ossesso battendo le zampette arrabbiato: – Io vi distruggo tutte, sapete, brutte api dei miei stivali?! Ma chi credete di essere: siete solo degli insignificanti insettini... adesso vado a cercarle e al primo alveare che incontro... – Su, stai calmo, Gellindo – lo


esortò Puf. – Senti, invece di urlare come un matto, perché non studiamo un piano per procurarci tanto buon miele alle spalle delle api? E studia che ti studia, alla fine, dopo ore e ore di pensatoio in comune, i nostri due amici erano ancora al punto di partenza. – Potremmo inventare una scusa per farle uscire tutte dalle loro cellette – propose l’orsetto Puf, – dopo di che uno di noi due scappa nella foresta inseguìto dalle api, mentre l’altro s’infila nell’alveare, fa il pieno di miele e... – Già – lo rimbeccò Gellindo, – e chi sarebbe questo altro che fa il pieno? Tu magari, vero? – Beh, ecco – balbettò l’orsacchiotto, – se vogliamo essere sinceri, tu corri più veloce, ma io ho le zampe più grosse e riesco a portare più miele... in ogni modo, se proprio ci tieni... – No, no – concluse Gellindo dopo averci riflettuto un poco sopra, – bisogna scovare qualcos’altro. Su, dai, mettiamoci a pensare... E i due amiconi s’impegnarono a fondo. Passarono le ore, si fece notte e poi venne una nuova alba e Puf e Gellindo se ne stavano ancora là, ai piedi di una quercia, immersi nei loro pensieri... – RRROOONNN... Bzzz... BISBI... Bzzz... Rrrooonnn... HO TROVATO! CI SONO! M’È VENUTA UN’IDEA

– Puf si svegliò urlando e facendo prendere un grosso spavento all’addormentato Gellindo. – Ascolta, stammi bene a sentire – proseguì l’orsacchiotto, incurante dello spavento dell’altro, e... BISBI... BISBI... BISBI... i due amici parlottarono a lungo. Puf e Gellindo corsero ognuno nelle rispettive tane e di lì a poco si ritrovarono di nuovo ai piedi della quercia. Avreste dovuto vederli, quei due mattacchioni! Chissà in che modo, ma erano riusciti a procurarsi l’occorrente per travestirsi da... api! Si erano entrambi dipinti di nero e di giallo, avevano innalzato due antenne in testa (quelle di Puf sembravano le corna di un cervo!) e infilato un bel pungiglione nel fondoschiena (quello di Gellindo era grosso e lungo quasi come la sua coda!), il tutto completato da due belle ali trasparenti. – Siamo pronti? – domandò Gellindo. – Pronti, capo, andiamo! – rispose Puf che, vestito in quel modo, si sentiva alquanto strano. Quella mattina nell’alveare più grosso della foresta successe il finimondo. Alle api-portinaie, infatti, si presentarono due... due che cosa? – Noi siamo due api del Bosco delle Venti Querce – disse Gellindo con una vocetta sottile sottile,


mentre la zampa di Puf, di nascosto, agitava le due piccole ali incollate alla schiena dello scoiattolo. – Care amiche – proseguì Gellindo, – avreste un po’ di miele per due api affamate come noi? Le api-portinaie chiamarono le api-portalettere, che volarono subito all’interno dell’alveare per andare a consultarsi con le api-dame-dicompagnia, che corsero dall’Aperegina. Quando le api-portalettere furono di ritorno all’ingresso dell’alveare, dissero ai nostri due amici: – La nostra ape-regina vi manda a dire che qui di miele ce n’è in abbondanza, ma che voi dovete provarci d’essere veramente delle api! – Come sarebbe a dire! – esplose Puf con il suo vocione di orso. – Ehm... cioè... E come sarebbe a dire – ripeté parlando sottile sottile. – Adesso vi facciamo vedere! E i nostri due birbantelli golosi presero a saltellare da un fiore all’altro, annusando ogni corolla e infilando la punta dei musi tra i petali dei fiori più grossi. – No, no, no – esclamarono le apiportalettere e quelle portinaie. – È troppo poco... questo lo sanno fare tutti! Allora Puf e Gellindo si mise-

ro a danzare per il prato, facendo BZZZ... BZZZ... BZZZ... con la bocca, per imitare il brusìo delle api. – No, no, no – urlarono ridendo le api, quelle vere, – è ancora troppo poco! Tutti sanno fare BZZZ... BZZZ! La voglia di miele era troppo forte, per cui lo scoiattolo e l’orsetto s’impegnarono ancor di più nella loro esibizione, mostrando feroci il pungiglione, facendo vibrare le ali, insomma, comportandosi in tutto come dossero api vere. Alla fine le api dell’alveare si convinsero, spedirono le api-operaie nel magazzino e... – Ecco, questo è il miele che ci avete chiesto! – esclamarono consegnando agli ospiti due minuscoli secchielli, piccoli come un ditale da bimba e pieni a metà di miele! Gellindo e Puf, stanchi morti, sudati da capo a piedi, con gli occhi stravolti e la testa che girava per le continue piroette, presero i due secchiellini, si guardarono negli occhi e caddero a terra scoppiando a ridere come matti, rotolandosi nell’erba e premendosi le mani sulle pance nere a strisce gialle. Erano proprio due tipi strani, i nostri amici. Voi che ne dite?



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