Un regalo caduto dal cielo..e Dondolo ringrazia

Page 1

Le avventure di Doki, il cagnolino... parlante!

1. Un regalo caduto dal cielo... e Dindondolo rimngrazia! I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


Che fosse un giorno d’estate, lo si capiva dal cielo sereno e da un bel sole caldo che inondava di luce l’intera Valle di Risparmio­landia. Che fosse invece un giorno di sabato, lo si poteva intuire dall’impegno e dal sudore e dalla fatica con cui il sacrestano Dindondolo stava lucidando le quattro campane del suo campanile! Tener lustre le campane era il lavoro che il nostro spaventapasseri-sacrestano amava di più ed era così affezionato alle sue amiche canterine, che ad ognuna aveva perfino dato un nome: Bassa la più grande e quella col suono più cupo; Tonda quella mezzana, che suonava imperiosa a distesa per chiamar tutti alle funzioni in chiesa; Argenta quella dal suono più squillante e argentino; Piccola era il nome infine della campanella che veniva suonata per avvisare che la scuola stava per cominciare oppure, a mezzogiorno, per terminare. Eppure, lucidarle tutte e quattro ogni sabato pomeriggio era un lavoro pesante e difficile. Ci voleva abbondante olio di gomito, ma soprattutto una grande concentrazione per evitare che i battacchi per errore toccassero le campane e queste si mettessero all’improvviso a suonare! Fu per questo che il buon Dindondolo non sentì in lontananza... Woooaaarrrr... il potente rombo del motore di un’auto rossa che s’avvicinava al Villaggio... che Scriiicck!... strideva in curva... Piiiti-Poooti!... suonava ripetutamente il clacson per farsi strada, frenava all’improvviso proprio davanti alla porta della chiesa e... e lì avvenne quel che avvenne!

Mentre... Borboròm-Borboròm-Borboròm... il motore dell’auto borbottava furente in sottofondo, ecco che... Ciiiggg!... una portiera si aprì e un fagotto venne lanciato in direzione della porta della chiesa; dopo di che Tonfff... la portiera si richiuse, il motore riesplose imbizzarrito in un rumore assordante e... Woooaaarrrr... l’auto color rosso fuoco se ne andò, lasciandosi alle spalle una grossa nuvola di polvere, di fumo e di stupore! Evidentemente anche gli altri spauracchi erano occupati nelle loro faccende, visto che nessuno s’accorse di quell’intermezzo rumoroso e misterioso: Casoletta continuò a dar acqua ai fiori sul davanzale della sua Cioccolateria; Tisana la Dolce non s’alzò dall’orto nel quale stava dando la caccia alle erbacce; Maestro Ab­be­cedario era così immerso nella lettura del suo libro, che non udì alcun rumore di portiera sbattuta o di motore spinto al massimo; Gellindo Ghiandedoro non venne distolto dai suoi pensieri e da quell’ottimo tè freddo che stava tranquillamente bevendo seduto nel giardino della sua amica Bellondina... Bastò però un semplice, un piccolo, un microscopico Snufff!... un lamento leggero leggero... Snifff!... un pianto sommesso... Sigh! Sigh!... un’uggiolare triste e lontano... Uhi! Uhi!... per scuotere dal torpore l’intero Villaggio! – C’è qualcuno che sta piangendo! – esclamò la civetta Brigida alzandosi nervosa in volo. – Avete sentito anche voi quei lamenti? – domandò Pasticcia, uscendo di


casa con le mani sporche di farina. – Forse qualcuno s’è fatto male! – disse il farmacista Quantobasta uscendo di corsa dalla sua Farmacia con la cassetta del Pronto Soccorso in mano. – E se invece avesse bisogno di aiuto? – urlò il vigile urbano Ros­so­VerdeGiallo, vestendo veloce la divisa rossa da pompiere... In meno di due minuti tutti gli spaventapasseri accorsero nella piazza del Villaggio, videro subito per terra, proprio sulla porta della chiesa, una copertina a scacchi che si muoveva e che piangeva disperata e fecero per avvicinarsi e controllare... – Fermi tutti! – strillò allora il sacrestano Dindondolo uscendo dalla chiesa e correndo a proteggere il fagotto. – La chiesa è casa mia, perciò questo fagotto me lo prendo io! – Ma se non sai nemmeno cosa c’è dentro! – lo beffeggiò Lin­gualunga. – Qualunque cosa sia – ribatté quell’altro inginocchiandosi accanto a quell’involto piangente, – tocca a me controllare per primo! Dindondolo, con le mani che ancora puzzavano di cera da campane, scostò appena la copertina a quadri e piegò di lato la testa per veder meglio. Quando si girò in direzione degli amici, aveva gli occhi sbarrati per la meraviglia! – Be’, vuoi dirci che c’è, lì sotto? – esclamò Casoletta, impaziente e incuriosita. – Perché hai gli occhi così spiritati? – Vuoi parlare, alla fine, Dindondolo?! – Guarda che ci arrabbiamo e il fagotto ce lo prendiamo noi, va bene?!

– minacciò Quantobasta con gli occhi seri. – Ma qui c’è un... – Un che cosa? – fecero in coro tutti gli altri – C’è un ca... un ca... – È forse un calabrone? – Oppure un cartoccio di castagne? – O un cavolfiore cotto lesso? – No – esclamò Dindondolo, interrompendo i suoi amici, – è solo un cu... un cu... – Un cubo di gomma? – provò a indovinare la topolina Rattina Glassè. – Un cuore di cioccolata? – buttò lì Casoletta – Un cus cus alle verdure – disse ridendo Fra’ Vesuvio. – Ma fate silenzio una buona volta! – strillò a quel punto il sacrestano tutto agitato. – State zitti e lasciate che finisca la parola, no? In questo fagotto c’è un cane! Un cucciolo di cane! A quella notizia gli spaventapasseri si fecero più sotto: tutti volevano vedere il piccolino, volevano toccarlo, prenderlo in braccio, grattargli la punta del naso, accarezzarlo fra le orecchie e sotto al mento, magari dargli anche qualcosa da mangiare... – Questo povero esserino impaurito ha senz’altro fame! – sentenziò Bellondina. Pasticcia fu la prima a reagire: d’un balzò raggiunse casa sua e tornò di lì a due minuti con un piattino di pastasciutta al ragù, mezza bistecca ai ferri, pane morbido, patatine fritte, insalata condita, gelato, pasticcino e un goccio di caffè!


Ci volle del bello e del buono per convincere la cuoca spauracchia che un cuccioletto di cane che aveva ancora gli occhietti chiusi non poteva mangiare tutte quelle cose. – Datelo a me – disse allora Casoletta, – lo porto su alla Cioccolateria e gli darò una tazza di buon latte caldo! – Giù le mani dal “mio” piccolo! – strillò quel punto Dindondolo, togliendo l’involto dalle mani di Casoletta. – Ma scusa, chi ti dice che il cucciolo debba essere per forza tuo? – obiettò Pagliafresca, appropriandosi del fagotto urlante e singhiozzante. – Questo cagnolino me lo tengo io: ho gli stessi tuoi diritti, vero?, Dindondolo. – E se invece lo volessi tenere io? – disse Còntolo. – Un cane a difesa della nostra Cassa Rurale potrebbe essere una bella idea, no? – A parte che di ladri, nella Valle di Risparmiolandia, non se n’è mai visto uno – esclamò Passion di Fiaba avvicinandosi a Còn­tolo, prendendogli delicatamente il nuovo venuto dalle braccia e restituendolo al sacrestano, – Dindondolo ha perfettamente ragione. Se fra di noi c’è qualcuno che ha diritto a tenersi in casa il nostro nuovo amico, costui è proprio Dindoldolo! – E perché poi? – fu l’obiezione generale. – Ci sarà pure un motivo, cari miei, se quest’esserino piovuto da chissà dove è stato lasciato da chissà chi proprio davanti alla porta della chiesa, no? L’avessero lasciato davanti alla Ciocco­la­te­ria, oppure alla Farmacia o alla Famiglia Cooperativa, avrebbe diritto a farsi

avanti Casoletta, oppure Quantobasta o Caramella... Il ragionamento di Passion di Fiaba non faceva una grinza, tanto che anche Abbecedario gli diede ragione: – È giusto che sia Dindondolo ad ospitare il nuovo venuto a casa sua, ma sia ben chiaro che questo significa anche responsabilità, lavoro e cure infinite. Te la senti, Dindondolo? Il sacrestano guardò quei due occhietti pelosi chiusi in un sonno finalmente tranquillo: il cuccioletto dormiva felice fra le braccia del suo nuovo “papà”, sicuro e al caldo fra quelle braccia forti e robuste di campanaro. – Me la sento sì – rispose Dindondolo con un fil di voce per non svegliare il suo figlioletto a quattro zampe, – però... – Però che cosa? – dissero in coro tutti gli altri. – Però vi chiedo di non lasciarmi solo, amici, di aiutarmi quando ne avrò bisogno, di darmi i consigli giusti quando verrò a chiederveli. Io sono nato per tirar le funi delle campane, non per allevare un cucciolo di cane, ma sono certo che se voi tutti mi darete una mano, riuscirò ad essere un bravo “papà”! – E allora sai che devi fare, per prima cosa? – lo incalzò Tisana la Dolce. – Cosa? – Devi dargli un nome! – Ah sì, è vero! Ma... sarà un maschietto oppure una femminucia? – Controllo io! – intervenne tempestiva Brigida la civetta, che s’appollaiò sul braccio di Dindondolo, infilò la testa sotto alla copertina e... – Maschio! È un bel maschietto!


– E allora chiamalo Agenore! – urlò dal fondo il vecchio Empe­docle, che amava tanto i nomi antichi. – Ma va là: Ronaldo è meglio – propose Palosghembo, che era un tifoso di calcio. – Perché non provi con Fido? – Rin Tin Tin è meglio! – Ma no: da grande dovrà chiamarsi Buck! – Stock! – Plink! – Tunk! – Basta così, amici – ebbe la forza di dire Dindondolo, – ho deciso! Ho già

scelto un bel nome! – Quale? – chiesero gli altri. – Ho scelto un nome facile, un nome corto, un nome che vada bene adesso che è piccolo, ma anche fra qualche tempo quando sarà grande: il nostro nuovo amico dovrete chiamarlo... DOKI! – Bauu! – abbaiò felice il cuccioletto, che finalmente aprì gli occhi e sorrise alla prima persona che vide in vita sua: uno stralunato, meravigliato e felice Dindondolo, che era all’improvviso diventato... “papà”! (1 - continua)



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.