Le avventure di Doki, il cagnolino... parlante!
6. Il èpiccolo Doki scopre la bellezza delle... GIOSTRE I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
Qualche giorno dopo Doki s’ammalò. No, non la solita febbriciattola oppure quel mal di pancia che ti impedisce di mangiare la pappa come vorresti: il cuccioletto all’improvviso divenne stanco, debole, fragile e fiacco. Non riusciva più a restar sulle zampette! – Cosa vuoi che ti dica: è successo tutto così all’improvviso, che non saprei dire com’è cominciato! – disse Dindondolo a Gellindo Ghiandedoro, convocato dal sacrestano per aver consiglio. Lo scoiattolino si chinò sulla cuccia del cucciolo e lo accarezzò a lungo: – Dà proprio l’idea di essere un cagnolino stanco morto… Non è che magari lo fai giocare troppo? Lo fai correre dalla mattina alla sera? – Ma se ha solo un giochino per fargli compagnia! Ecco: lo vedi quel bambolotto di pezza? è il suo gioco preferito, gliel’ha regalato Pasticcia, e con quello non penso ci sia da stancarsi, cosa dici? – Vuoi mangiare qualcosa, piccolo Doki? – propose Gellindo, mettendo la ciotola delle crocchette davanti al musetto del cucciolo, che… Uiiiuuuh!... si lamentò, annusò l’aria, si girò dall’altra parte e chiuse gli occhi. – Ho provato a dargli da bere acqua fresca o latte tiepido… Non ha fatto nemmeno il verso di dare una leccatina! Cosa mi consigli di fare? Devo a chiamare un dottore? Gellindo si grattò la zucca e arricciò a lungo il pelo arruffato della coda: faceva sempre così, quando aveva da pensare. Poi… – Proviamo a sentire il farmacista Quantobasta.
Vestito come al solito con un lungo camice bianco candido, Quantobasta accorse immediatamente a visitare il piccolo cucciolo: gli auscultò il cuore, gli controllò la gola, gli occhi, le orecchie, gli massaggiò a lungo lo stomaco, lo fece alzare in piedi, lo obbligò a fare alcuni passi e poi lo aiutò a distendersi di nuovo nella cuccia. Il verdetto fu preciso: – Il nasino è bollente, gli occhi sono acquosi, la gola arrossata, la pancia un po’ dura, i muscoli delle zampe flosci e doloranti… Il tuo Doki, caro Dindondolo, è proprio malato! Il sacrestano guardò perplesso prima Quantobasta e poi Gellindo, che aveva assistito alla visita: – Posso dirti una cosa senza che ti arrabbi, spauracchio farmacista? – disse alla fine il nostro bravo sacrestano: – Che Doki fosse malato lo sapevo da solo e già da prima che arrivassi tu. Da te vorrei sapere come ha fatto ad ammalarsi e se c’è una medicina per guarirlo! – Purtroppo il cuccioletto non sa parlare, quindi non può dirci se ha mangiato qualcosa che non doveva, qualche veleno ad esempio, qualche cibo andato a male… può essere che abbia bevuto dell’acqua sporca… Facciamo comunque così: gli prepari due volte al giorno, al mattino e alla sera, una bella ciotola di latte caldo: fa’ attenzione che lo beva e vedrai che in qualche giorno si rimetterà in sesto! Dindondolo obbedì e da quella sera cominciò la cura a base di latte caldo. Inoltre, e questa volta su consiglio di Gellindo Ghiandedoro, cercò di non perdere mai di vista il piccoletto, di
fargli compagnia e comunque di averlo sempre a portata di occhi: se il cucciolo se ne andava in giro a mangiare qualche cibo strano, oppure a bere cose che non doveva, l’avrebbe scoperto! Da quel giorno Doki e Dindondolo divennero inseparabili. C’era poca fatica da fare, per carità, visto che il piccoletto se ne stava dall’alba al tramonto steso nella sua cuccia respirando a fatica e lamentandosi di quando in quando per qualche doloretto ai muscoli. E Dindondolo continuò a preoccuparsi sempre di più. Gli unici momenti in cui lasciava solo il suo “figlioletto” adottivo era quando, allo scadere di ogni ora, andava nel retro della casa, entrava nella stanzetta senza soffitto al piano terra del campanile e afferrava la corda della campana Argenta per suonare le ore: sette rintocchi alle sette del mattino e alle diciannove della sera, nove rintocchi alle nove e alle ventuno, undici rintocchi alle undici e alle ventitré, tutti i giorni dall’alba fino a notte inoltrata. – Sai che ti dico, Gellindo? – confidò qualche giorno dopo Dindondolo all’amico scoiattolo riconvocato per risolvere il mistero. – C’è una cosa che non capisco: Doki se ne sta in cuccia tutto il giorno e, quando mi alzo per andar a suonare l’Argenta, lo saluto con una grattatina e gli dico: “Sta’ tranquillo, piccolo: arrivo subito!” Il fatto è che, quando sono di ritorno di lì a dieci minuti, tutte tutte tutte le volte Doki è sparito! – Sparito?!? – Certo: la cuccia è vuota, il suo bam-
bolotto è in un angolo ma del cuccioletto non c’è traccia. Io lo cerco in tutta la casa e anche fuori, ma devono passare circa venti minuti perché Doki faccia ritorno, ancora più stanco di prima, così stanco che fa fatica a restare in piedi. Io continuo pure a dargli latte caldo mattina e sera, ma non penso che quella sia la cura giusta. Anche Gellindo aveva dei dubbi, e andò a chiedere consiglio alla civetta Brigida. – Tu che faresti, se fossi nei panni di Dindondolo? – le chiese lo scoiattolo. – Per prima cosa laverei più spesso i miei pantaloni e imparerei anche a stirare! – D’accordo, ma cosa faresti per aiutare il piccolo Doki a guarire? Brigida rimase in silenzio per alcuni lunghi istanti, poi ruotò il capo tutt’attorno al collo e cominciò a parlare: – Cosa farei se fossi Dindondolo? Semplice: per poter capire un cucciolo di cane non bisogna ragionare con il cervello di uno spauracchio campanaro, ma con quello di un cagnolino nato da poco. Un cagnolino che è pieno di energie, curioso, intraprendente e coraggioso, ma anche facile a stancarsi. Io – sussurrò la civetta, – se fossi nei panni del sacrestano, controllerei dove sparisce il cucciolo quando debbo andare a suonare le ore nel campanile. Tutto il mistero, secondo me, è racchiuso in quei venti minuti! Fu così che Gellindo e Dindondolo si misero d’accordo: – Quanto manca allo scadere della prossima ora? – chiese lo scoiattolino risparmioso. – Fammi controllare – rispose il cam-
panaro, che con gli occhi andò a cercare uno dei settantasette orologi sparsi per la casa, tutti sincronizzati sulla medesima ora. – Tra ventidue minuti esatti sono le tre del pomeriggio. – Bene, tra venti minuti tu ti comporti come sempre: dai una grattatina al cuccioletto, gli dici che tornerai presto e poi va’ nella stanzetta ai piedi del campanile. Lì suoni i rintocchi delle tre in punto e poi torni nella tua stanza. A quel punto entrerò io in azione: toccherà a me controllare dove va e cosa fa il piccolo Doki! Alle tre meno due minuti Dindondolo si alzò dalla seggiola, si piegò sulla cuccia e accarezzò a lungo il povero cagnolino malato di stanchezza. Poi si alzò e uscì: da dietro il divano lo scoiattolo Gellindo seguì la scena e si mise in attesa. Dopo pochi secondi Doki si alzò piano piano, si stiracchiò con attenzione, prima le zampette davanti e poi quelle dietro, e quindi trotterellò a fatica fuori dalla cucina. Gellindo lo seguì. Il piccolino attraversò tutto l’appartamento di Dindondolo e raggiunse la porta che dava nella stanza delle campane. Gellindo non lo perse di vista nemmeno mezzo secondo e vi lascio immaginare la sua sorpresa quando vide il cucciolo correre a nascondersi all’ombra dell’armadio che conteneva tutto l’occorrente per pulire e per tenere in ordine le campane. Dindondolo, intanto… Dooonnn! Dooonnn! Dooonnn!... suonò i suoi tre rintocchi, lasciò andare la corda e
uscì dalla stanza per raggiungere il suo amato cagnolino. Che invece balzò dal suo nascondiglio e corse al centro della stanza mettendosi a saltare per aria furioso, tentando invano di raggiungere la corda della campana che… su e giù… su e giù… su e giù… non la smetteva di oscillare impertinente. Doki saltò come un ossesso per almeno dieci minuti, il tempo occorrente alla fune per fermarsi a meno di un metro dal pavimento. A quel punto anche il cagnolino si fermò boccheggiante di fatica, tremante sulle gambe e col fiatone che gli impediva quasi di respirare. Gellindo Ghiandedoro non aspettò altro: uscì dalla penombra e corse a sorreggere il cucciolo che rischiava di cadere per terra. – Ti gira la testolina, vero? E sei stanco morto come una gazzella che è sfuggita al re della foresta! Adesso ho capito tutto, sai? Hai scoperto che le funi delle campane, quando Dindondolo le suona, possono trasformarsi in un gioco divertente: se riesci ad afferrarne mentre oscilla ancora, vieni tirato in aria e poi lanciato verso terra quasi fossi su una giostra! Ecco qua: il nostro piccolo Doki ha scoperto la bellezza delle giostre! Vieni con me, cucciolotto: corriamo subito a dirlo al povero Dindondolo! – Oh santo cielo campanaro! Ma allora è stata tutta colpa mia! – si disperò lo spauracchio sacrestano quando Gellindo gli rivelò il mistero di quella stanchezza. – Sono stato io col mio lavoro a stuzzicare il povero Doki e a farlo stancare finché s’è ammalato!
– Ma che colpa e colpa! – tagliò corto Gellindo deponendo il cucciolo nella cuccia. – Il fatto che tu faccia il tuo lavoro, e lo faccia bene, suonando l’Argenta ad ogni ora dall’alba fino a notte fonda, non vuol dire che tu sia responsabile di quel che avviene della stanza delle campane. Comunque adesso stammi a sentire: ti dico in un orecchio quel che dovrai fare da oggi in poi! E Pissi… Pissi… Pissi… Gellindo svelò all’amico il suo piano. Quando mancarono due minuti alle quattro, Dindondolo si alzò dalla poltrona sulla quale stava leggendo l’ultima pagina della “Gazzetta del Villaggio”, mise il giornale sul tavolo della cucina, si chinò sulla cuccia di Doki e… e prese in braccio il cuccioletto, portandoselo con sé fino alla stanza delle campane. – Visto che sorpresa t’ho fatto, piccolino mio? – mormorò il sacrestano al cucciolotto che lo guardava con occhi fissi e perplessi. – Non preoccuparti, vedrai che bel divertimento! Giunto nella stanza, Dindondolo appoggiò Doki per terra, afferrò la corda corrispondente alla campana Argenta e… Dooonnn! Dooonnn! Dooonnn!... Dooonnn!... la tirò per quattro volte, in modo da avvisare tutti gli abitanti del Villaggio che erano le quattro del pomeriggio. A quel punto Doki, con le ultime forze rimastegli, balzò in piedi e corse sotto la corda campanaria, cominciando a saltare furioso per afferrarla coi denti. A metà dell’ennesimo salto le mani di Dindondolo lo afferrarono con delicatezza e lo portarono all’altezza giusta
per aggrapparsi coi denti alla fune ballerina… Doki… Wuuummm... venne proiettato verso l’alto, per poi… Wooommm... ridiscendere veloce verso il pavimento… Ma non era finita: il dondolio… Wuuummm… Wooommm… andò su e giù per alcuni minuti, finché la corda piano piano si fermò e Doki poté staccarsi e scivolare a terra, felice ed estasiato come un cagnolino che abbia toccato il massimo del divertimento! La “malattia” misteriosa di Doki venne così svelata e guarita all’istante: saltare in aria come dei matti e ad ogni ora, serve solo a stancarsi per niente. Molto, molto meglio imparare ad aggrapparsi alla fune e a farsi trasportare per aria in una giostra bellissima e favolosa! Certo, è vero: talvolta l’entusiasmo del piccolo cucciolo era così straripante che la campana Argenta invece di tre rintocchi ne aggiungeva di lì a un po’ un quarto ed anche un quinto… insomma, invece di suonar le tre del pomeriggio, suonava complessivamente le quattro e talvolta anche le cinque! Poco male: gli spaventapasseri del Villaggio erano stati avvertiti che finché Doki fosse stato un cucciolo giocherellone, sarebbe stato meglio per tutti tener sott’occhio le pendole di casa oppure gli orologi da taschino… E poi è così bello salutare gli amici che s’incrociano per strada chiedendo loro… “Ciao, come stai? Mi puoi dire, per favore, che ore sono?” (6-segue)