Le avventure di Doki, il cagnolino... parlante!
7. Alcuni consigli per essere un perfetto “capo branco” I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
– Me lo sai dire, tu, perché i cuccioli di cane nascono tutti disobbedienti? Questa semplice osservazione di Dindondolo fece andare di traverso la limonata fresca che Abbecedario stava bevendo all’ombra del ciliegio nel giardino della sua Scuola. – Mica solo i cuccioli di cane, sai? – rispose il vecchio maestro tossendo e sorridendo insieme. – Anche gli spaventapulcini e pure i cuccioli di uomo nascono ribelli! è la Natura che ha deciso così, forse perché ha voluto dare ai grandi la possibilità di fare i genitori e di mettere così in mostra il lato migliore del loro carattere! Hai per caso qualche problema con il tuo piccolo Doki? – Problema? Dramma, vorrai dire, catastrofe… tragedia! Quel cagnolino sta trasformando la mia vita in un orribile disastro! – Solo perché non obbedisce? – Oh, disobbedire è solo la prima delle complicazioni. Il fatto è che lui sistematicamente fa una cosa diversa o contraria rispetto a quella che gli chiedo di fare. Se io gli dico “Andiamo a destra”, lui che fa? Normale: gira a sinistra! “Vieni che andiamo a fare una passeggiata”, e lui corre a dormire nella sua cuccia! “Ecco qui la pappa”, gli dico mettendogli davanti la ciotola colma di crocchette, e lui? Niente: si gira e comincia a bere dalla ciotola dell’acqua! “Fa’ la pipì”… e lui fa la cacca! “Andiamo a giocare?”…e Doki si mette finalmente a mangiare le crocchette di prima… Abbecedario aveva ascoltato tutte quelle lamentele con un sorriso nascosto sotto ai baffi grigi. – Ti ricordi,
Dindondolo, quand’eri piccolo e venivi a Scuola? Durante l’ora di aritmetica ti mettevi a leggere il libro di geografia. Quando ti chiedevo di scrivere dieci frasi ognuna col verbo avere, tu che facevi? Ti mettevi a studiare le tabelline del tre, del sei e del nove! Quando c’era da andare a giocare in cortile, te ne stavi in classe a disegnare e, quando era il momento del disegno, allora volevi uscire per dondolarti sull’altalena… Tu sarai anche il “padre adottivo” del piccolo Doki, ma mi sa che gli hai già trasmesso un bel po’ del tuo carattere! Dindodolo sapeva che Abbecedario aveva ragione: i primi anni di scuola aveva sempre fatto di testa sua, senza badare a quel che gli dicevano il maestro o i suoi genitori. “Sei uno spirito troppo ribelle, piccolo mio” gli diceva sempre la mamma… – E sai perché tu a scuola eri così indisciplinato? – Perché? – Perché, come tutti gli spaventapulcini intelligenti, all’inizio pensavi di saperne una più del maestro, anzi, eri sicuro di essere proprio tu, il vero maestro! – E tu che facesti? – Con molta, moltissima pazienza, ma anche con polso fermo e talvolta aiutandomi con qualche piccolo castigo, un po’ alla volta ti feci capire che io ero il maestro e che tu eri uno scolaro. Che tu eri quello che aveva bisogno di imparare e che io ero quello che poteva insegnarti moltissime cose belle e importanti. – Cosa c’entra questo col mio Doki? Lui mica pensa di essere un… un mae-
stro! – Un maestro no, ma, essendo un cucciolo di cane, lui nasce convinto di essere il capo del suo branco, e come tale di poter fare quel che vuole! Vedi: per Doki, tu non sei altro che un cucciolo un po’ più grosso, ma il vero capo è soltanto lui! – Ed è per questo che è così strano? è per questo che fa il contrario di quel che gli dico io, di fare? è così testardo non perché sia capriccioso o cattivo, ma solo perché lui pensa di essere il capo di casa? – Proprio così: lui è convinto di essere il capo-branco e che tu faccia parte del suo… “branco”! – Ah, ma allora è semplice – concluse il sacrestano, – il problema è già risolto! Adesso torno a casa, prendo Doki in angolo e gli spiego con parole semplici che il capo di casa sono io e che lui deve obbedirmi come fanno tutti i cuccioli perbene. Maestro Abbecedario scrollò la testa e sorrise bonario: – Magari fosse così semplice, Dindondolo mio! Non basta dire di essere il capo di un branco, bisogna esserlo nei fatti! E tutti i giorni, con costanza e con pazienza! Il sacrestano però non sentì queste ultime parole perché, dopo aver salutato con un breve cenno della mano il maestro, stava già saltellando giù per la strada in direzione di casa sua. Prima risolveva quel problema, e meglio era! Innanzitutto non fu così semplice convincere Doki ad ascoltarlo, perché quando Dindondolo lo chiamava, lui se
ne andava; quando gli veniva ordinato di mettersi in cuccia ad ascoltare, il cucciolo zompettava via allegro e spensierato e di lui non si sapeva più nulla per almeno mezz’ora; e quando all’ora di cena, finalmente, lo spauracchio riuscì a prender per fame il piccoletto e a bloccarlo sotto al tavolo della cucina, Doki guardò fisso negli occhi il suo “papà” adottivo, gli leccò la punta del naso e s’addormentò di botto fra le sue braccia! – Ascoltami, bello! – esclamò alla fine Dindondolo quando Doki si svegliò di lì a un paio d’ore. – Sulla porta d’ingresso di questa casa c’è scritto “Qui abita Dindondolo” e ciò vuol dire che il capofamiglia sono io, d’accordo? Io ti voglio molto bene, per te farei qualsiasi cosa, mi arrampicherei a mani nude fino in cima al campanile qui fuori,. Se fosse necessario, ma tu devi capire che io sono il “capo” e che tu devi obbedire. D’accordo? Il piccolo Doki non aveva capito una sola parola: sapeva solo che il suo “papà” parlava in tono serio, senza ridere e senza far moine o carezzine, quindi quel che gli stava dicendo non doveva avere alcuna importanza. Piegò la testolina a destra e attese… – Adesso, caro mio, ci alziamo, mettiamo il guinzaglio e andiamo a fare una passeggiata! Per tutta risposta Doki si alzò, infilò il muso nella ciotola dell’acqua, ne bevve all’incirca la metà e poi si diresse all’uscita per andar a far pipì sul primo bastone piantato a terra che trovava. – Torna subito indietro, Doki! – stril-
lò allora il sacrestano arrabbiato. Doki scodinzolò felice e sgusciò all’esterno per rincorrere la prima gallina che trovò in strada. – DOKI, NON HO FINITO DI PARLARTI! Il cucciolo non lo ascoltò nemmeno: staccò coi denti un rametto di salvia dall’orto di Tisana la Dolce e cominciò a scavare una buca proprio nel luogo in cui la spauracchia aveva seminato da poco l’insalatina di stagione! – Ma cosa devo fare, con te! – piagnucolò Dindondolo sedendosi afflitto sull’uscio di casa. – Basterebbe ascoltare fino alla fine quel che ti sta raccomandando un amico! – borbottò maestro Abbecedario, che stava passando proprio di lì e che andò a sedersi accanto al “papà” afflitto. – Cosa vorresti dire? – Dico che quando sei venuto a chiedere consiglio, io ti parlai della faccenda del capo-branco, ti ricordi? – Come no… è proprio quello che ho cercato di dire al piccolino! – Appunto: tu però non mi hai ascoltato fino in fondo, perchè io aggiunsi che non basta dire di essere il capo di un branco, bisogna esserlo nei fatti! E tutti i giorni, con costanza e con pazienza… Dindondolo soppesò a fondo e una ad una quelle parole. – Significa che non basta dire di esser capi, bisogna anche saperlo essere? – Proprio così! Adesso ti do alcuni consigli pratici per far capir al tuo cucciolo chi è il “capo-branco” e chi è il “branco” e vedrai che le cose cambie-
ranno subito! Consiglio Uno: Al momento del pasto, il capo-branco mangia per primo e solo dopo il branco può mangiare! Consiglio Due: Quando si entra in casa o se ne esce, dalla porta aperta prima passa il capo-branco e poi il branco! Consiglio Tre: Quando si cammina per strada, il branco non passa mai davanti al capo-branco Consiglio Quattro: Quando il capobranco dà da mangiare al branco mettendo il cibo in una ciotola, il branco non comincia a mangiare finché il capobranco non gli ha fatto un cenno. Consiglio Cinque: Il capo-branco non alza mai la voce, ma quando vuole farsi ascoltare usa un tono serio e deciso. Consiglio sei: Il branco può giocare con le cose del capo-branco, ma quando il capo-branco dice “basta”, bisogna smettere. Consiglio sette... – Ho capito, ho capito! – lo interruppe Dindondolo, preoccupato e nervoso. – Ma sei sicuro che dopo il mio cucciolino starà meglio? – Te lo assicuro: sarà un cagnolino felice perché tu sarai il suo punto di riferimento, quello che lo renderà tranquillo e sicuro di sé! Con i miei spaventapulcini è sempre successo così! Da quel giorno la vita cambiò, a casa di Dindondolo, e cambiò in meglio. Ci vollero alcuni giorni, ma finalmente il cucciolino imparò a mangiare per secondo e ad aspettare che il suo “papà
adottivo” gli desse il via con un cenno del capo; ad entrare e ad uscire da una stanza sempre dopo il ”suo” Dindondolo; a giocare quando c’era da giocare, a passeggiare quand’era il momento della passeggiata, a girare a destra quando Dindondolo diceva di svoltare a destra, oppure a sinistra quando bisognava andare da quella parte… Insomma: Doki divenne un cucciolo obbediente, uno di quei bei cani che s’incontrano per strada e che camminano a lato del loro padrone senza tirare il guinzaglio o senza farsi tirare col guinzaglio… – Ma come hai fatto ad farlo diventare così bravo? – gli chiese un giorno Bellondina. – Oh, è stato molto semplice – si pavoneggiò il sacrestano. – è bastato fargli capire chi comanda in casa mia, e tutto si è risolto da solo! Proprio in quell’istante una farfalla si mise a volare davanti agli occhi del piccolo Doki: era una farfalla impertinente e alquanto birichina, che prima attirò
l’attenzione del piccolo cucciolo e poi se ne volò via soddisfatta. Doki fece un balzo in avanti liberandosi con uno strattone dalla mano di Dindondolo che lo teneva al guinzaglio e scappò via abbaiando furioso sulle tracce di quel minuscolo intruso che aveva avuto il coraggio di toccargli la punta del nasino! – Doki, fermo lì! – esclamò Dindondolo con voce seria e severa. Il cane fece finta di non udirlo e fuggì via inseguendo la farfallina. – Doki, il tuo capo-branco ti ordina di fermarti!! … – Doookiii, fermO Lì!!! … – Doki… ma sono io il tuo capo-branco… Sigh! Sigh! Solo in quel momento il povero Dindondolo capì che diventare “padre”, anche se adottivo, era una cosa lunga, faticosa e piena di ostacoli. Molti ostacoli! (7-segue)