Le avventure di Doki, il cagnolino... parlante!
8. La storia della farfalla che perde i colori I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
La farfallina colorata volò via allegra e danzerina e il cuccioletto Doki la rincorse abbaiando felice. Aveva trovato un gioco nuovo! Era senz’altro un filo invisibile quello che teneva in aria le due ali piene di colori e che le faceva piroettare ora di qua, ora di là: Doki si dimenticò del suo papà adottivo, della cuccia nell’ultimo cassetto del comò, del suo vecchio bambolotto odoroso e uggiolante, della pappa due volte al dì e della campana Argenta che suonava a ogni ora tirandolo poi su su fin quasi al cielo! Il cuccioletto corse via scodinzolando felice avendo per guida quell’esserino volante fragile e leggero: fu quindi una piccola farfalla dai mille colori a portar via dal Villaggio quel cuccioletto curioso e sempre allegro! – E adesso secondo voi cosa dovrei fare? – singhiozzò il povero Dindondolo, seduto sulla panchina in piazza e circondato da tutti gli spauracchi del Villaggio. – Doki è ancora un cagnolino troppo piccolo – sentenziò il maestro Abbecedario. – Da solo non riuscirà a sopravvivere, ma forse troverà qualcuno che si occuperà di lui… – Ma sono io quello che deve occuparsi di Doki! – strillò lo spauracchio sacrestano. – Sono io il suo “babbo adottivo”! Tutti cercarono, chi in un modo e chi nell’ altro, di consolare Dindondolo disperato: – Vedrai che tornerà… Quando meno te l’aspetti, lo sentirai grattare alla porta di casa! – gli sussurrò Casoletta.
– Sta’ tranquillo: un cane sa sempre come arrangiarsi, in qualsiasi situazione si trovi… – gli disse Tisana la Dolce. – Ma sul serio se n’è andato inseguendo una palla? – gli chiese il vecchio Empedocle, sordo come una campana rotta. – No, Empedocle – urlò con tono paziente Bellondina, – Doki s’è messo a inseguire una farfalla… una far-fal-la! – Ah, una fionda gialla! È ancora più strano, però: come fa a volare, una fionda gialla? Mah, è un mistero questa cosa… Un rombo cupo e lontano fece tremare il cielo e all’improvviso la luce del sole venne coperta da un immenso lenzuolo color grigio piombo. Il vento si fece gelido all’istante e cominciò a fischiare tra gli alberi, a sollevar polvere, ad attorcigliarsi in tanti piccoli mulinelli pericolosi. Stava per arrivare un temporale, la farfallina se ne accorse appena in tempo e subito andò in cerca d’un riparo per mettere al sicuro le sue piccole ali. Se la pioggia tempestosa l’avesse sorpresa all’aperto, per lei non ci sarebbe stata via di scampo: senza la polvere magica e colorata che le copriva le ali, non avrebbe potuto più alzarsi in volo! Fu un’enorme foglia di rabarbaro a offrire rifugio ai due fuggitivi: già, perché il cuccioletto era sempre alle calcagna della farfalla e, dove andavano quelle due ali variopinte, lì si dirigeva trotterellando felice anche il nostro Doki. Quando la farfalla cambiò all’istante direzione e piegò verso destra per raggiungere la foglia, immediatamente il cucciolo le fu dietro e
non la perse di vista. E quando l’esserino volante si precipitò al riparo di quel tetto verde, il cagnolino vi si tuffò d’un balzo solo, accucciandosi soddisfatto nell’angolo più riparato. E il cielo esplose in una serie di tuoni che rovesciarono di sotto cascate e cascate d’acqua torrenziale! Fulmini accecanti cadevano dappertutto, portandosi dietro scoppi terribili da far accapponar la pelle grossa e pelosa di un orso nella sua tana di roccia, figurarsi quella di un tenero cucciolino nascosto sotto una sottile foglia di rabarbaro! Doki… Uiiiuuuh! Uiiiuuuh! Uiiiuuuh!... piagnucolò spaventato, si tirò il più possibile vicino alla sua amica farfalla e chiuse gli occhi. Forse al buio avrebbe avuto meno paura! Là fuori l’acqua si rovesciò dal cielo come da una tinozza rovesciata, facendosi strada tra saette luccicanti e rombi di bombe minacciose, quand’ecco che la foglia di rabarbaro ahimè venne all’improvviso investita da un turbine d’aria che la stracciò a metà lasciando a cielo aperto il piccolo Doki e l’ancor più minuscola farfallina. Quando un rovescio d’acqua gelida investì i due poverini, al cane successe di bagnarsi tutto dalla testa ai piedi, ma nulla di più. La farfalla invece vide i colori delle sue ali svanire in meno d’un secondo e si sentì morire di paura! Per lei era finita… – Sapete che vi dico! – esclamò lo spauracchio sacrestano alzandosi infine dalla panchina e asciugandosi gli occhi. – Se resto qui seduto a piangermi addosso, il piccolo Doki da solo non ritrova la via di casa, perciò vi saluto e vado
in cerca del mio figlioletto adottivo! Gli altri si guardarono e dopo un cenno d’intesa Gellindo Ghiandedoro parlò a nome di tutti: – Non dimenticare, caro Dindondolo, che Doki è affidato a te, ma che noi tutti siamo i suoi “zii” adottivi, per cui zampe e bastoni in spalla e andiamo tutti in cerca del fuggitivo! Proprio in quel momento da occidente giunse il brontolio lontano di un temporale e il cielo da quella parte divenne color del piombo. Dindondolo guardò con occhi seri in quella direzione: – La farfalla è volata da quella parte, verso quel temporale laggiù… Io non sono per niente tranquillo: Doki non sa ancora quel che significa esser sotto un temporale… Corriamo, amici! Facciamo veloci, altrimenti lo perdiamo! In una cosa Dindondolo aveva ragione: Doki non aveva mai visto un temporale, ma era anche un cuccioletto coraggioso e intelligente, perciò gli bastò quella sola volta per capire che un temporale poteva essere molto, molto pericoloso. E non solo per i fulmini e per i tuoni! Se ad esempio sei una farfalla con le ali fragilissime e ricoperte da colori vivaci che spariscono con una sola goccia d’acqua, ti lascio immaginare quando ti cade addosso una cascata di pioggia gelata! Al termine di quella furia temporalesca la farfallina fradicia e senza più colori si ritrovò a terra, protetta a malapena da quel che restava della grande foglia di rabarbaro. Provò, la poverina, a mettersi in piedi e ci riuscì, anche: quando però tentò di allargare le alette e di spiccare il volo aiutandosi con gli ultimi soffi di vento d’un
temporale che si stava pian piano smorzando del tutto, non ci fu nulla da fare: senza la polverina colorata che aveva ricoperto le ali fino a qualche minuto prima, la farfalla non poteva volare! Doki se ne accorse e… Uiiiuuuh! Uiiiuuuh! Uiiiuuuh!... si mise a piangere disperato, pensando intensamente al suo “papà”… Al primo raggio di sole che si fece strada fra i rami degli alberi, la farfalla si distese per catturarne il calore fino all’ultima stilla: chissà, forse asciugandosi le ali si sarebbero ricoperte di nuova polverina variopinta e tutto sarebbe tornato come prima… Il piccolo Doki non poté far altro che accucciarsi accanto all’amica, cercando di vincere la tentazione che lo spingeva a darle una leccatina per farle capire che non era sola…. E proprio in quel momento un’ombra gigantesca oscurò dall’alto quell’angolo di bosco: l’ombra misteriosa atterrò strisciando sull’erba e due occhi immensi e spaventati andarono a fermarsi a pochi centimetri dal musetto del cucciolo. Che di certo non erano meno spaventati! Dindondolo e gli altri cercarono in lungo e in largo, spingendosi verso occidente fin là dove si alzavano montagne impervie e invalicabili. Giunsero nel cuore di quel furioso temporale e sul limitare di un prato assistettero timorosi a una vera “battaglia” di tuoni, di fulmini e di vortici di vento che se la prendevano soprattutto con una grossa foglia di rabarbaro ormai mezza stracciata. – Speriamo non ci sia nessuno, riparato sotto quella foglia – mormorò Casoletta sfregandosi le mani per il freddo.
– Se devi trovar rifugio per sfuggire all’acqua di un temporale – mormorò Abbecedario, – è sempre meglio correre sotto a una foglia di rabarbaro, piuttosto che ai piedi di un albero come noi adesso! Il saggio maestro non aveva ancora terminato di parlare, che… Spatastraaaccckkk!... l’ultimo fulmine di quel temporale furioso colpì la cima proprio dell’albero ai piedi del quale s’erano radunati gli spauracchi: l’albero si squarciò e prese fuoco, grossi rami pieni di fronde caddero dall’alto sfiorando gli spaventapasseri, che corsero via urlando e cercando protezione altrove. Alcuni si nascosero dietro a una siepe di noccioli, altri s’acquattarono all’ombra di un tronco marcio e altri ancora trovarono rifugio dietro ad alcuni enormi macigni… Dindondolo per parte sua si tuffò in direzione della foglia di rabarbaro e atterrò con la faccia nell’erba, a meno di cinque centimetri da… – Dookiii! Piccolo mio, eccoti finalmente! L’ho trovato, ho trovato il mio Doki! Correte… correte… correte subito! Lo spettacolo che si trovarono dinanzi gli spauracchi che corsero accanto alla foglia di rabarbaro era senz’altro unico, straordinario… commovente! Da una parte c’era Dindondolo disteso a terra e bagnato dalla testa ai piedi; a mezzo palmo dal suo naso ecco il piccolo Doki, che non sapeva se essere spaventato oppure felice, nel ritrovarsi praticamente tra le braccia del suo “papà” adottivo; davanti a lui, stesa al primo tenero sole del dopo temporale,
ecco una farfallina con le ali trasparenti e senza più colore, una farfalla quindi destinata a morire nel giro di poche ore! Uiiiuuuh! Uiiiuuuh! Uiiiuuuh!... si lamentò il cucciolotto, leccando la punta del naso del “suo” Dindondolo, ma al contempo girandosi a guardare con le lacrime agli occhi la piccola farfalla morente. Bellondina capì subito qual era il problema di Doki: – Il piccoletto ci sta chiedendo di aiutare la sua amica! – Già – borbottò Fra’ Vesuvio, che evidentemente di farfalle se n’intendeva – e chi la salva, ormai, quella poveretta senza più ali in grado di volare? Un silenzio profondo scese in quella parte di bosco, mentre tutt’attorno il sole tornato accecante e caldo asciugava in un baleno l’erba, le foglie e i muschi. Fu Gellindo a interrompere quel dolore silenzioso: – E se provassimo a chiedere a tutte le farfalle dei paraggi di regalarci un po’ della loro polverina? Se ognuna si priva di un pezzettino del proprio magico colore non le accadrà nulla, mentre noi riusciremo a ricostruire le ali della nostra piccola infortunata! E così avvenne, cari miei: fu un lavoro lungo e delicato, quello di convincere le farfalle a regalare un po’ della loro polvere, senza nemmeno saper parlare la loro “lingua”. Ma i guaiti del piccolo Doki avrebbero intenerito anche i sassi! Un po’ di rosso qua, una stilla di giallo là, del verde chiaro laggiù e un frammento d’azzurro intenso lì vicino, alla fine Gellindo ebbe tra le mani una montagnola di polvere variopinta, che sparse con cura sulle piccole ali della farfallina.
Uiiiuuuh! Uiiiuuuh! Uiiiuuuh!... Doki pianse a lungo, in attesa che il miracolo si compisse. Dopo una buona mezz’ora la farfalla si tirò in piedi, ammirò le sue ali nuove… be’, magari i colori non erano distribuiti a regola d’arte e senz’altro il disegno di prima era molto, molto più bello, ma quella era polvere magica e quindi bastava! La farfallina stese le ali, aspettò che un refolo di brezza leggera l’aiutasse a prendere il volo e… – Tu rimani qui, carino! – esclamò Dindondolo, afferrando Doki per la coda e infilandogli il guinzaglio al collo. – Già una volta sei scappato dietro alle ali di quella farfalla: non deve succedere mai più, d’accordo? Uiiiuuuh!... rispose il cucciolo, che seguì con occhi felici le evoluzioni allegre della farfalla che era rinata a vita nuova! In segno di ringraziamento le due belle ali colorate andarono a posarsi sulla punta del naso di Gellindo, poi solleticarono il mento di Dindondolo e alla fine si posarono direttamente sulla testa di Doki, come a dire: “Allora, vogliamo tornare tutti assieme a casa?” E proprio questo accadde: da quel giorno la farfallina divenne amica inseparabile del piccolo Doki, che finalmente aveva trovato qualcuno con cui giocare!