Sir Gellindotto de’ Ghiandedoro e i cavalieri della Tavola Rotonda
2 - Preparativi per la partenza I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
Se il problema di trovare uno scudiero era stato risolto assoldando all’istante il povero portalettere Franco Bollo, ne rimanevano molti altri prima che Gellindo potesse partire alla volta del castello delle Marmotte Addormentate per presentarsi al cospetto di Sua Altezza Reale Empedocle Quinto, imperatore delle Terre di Montagna. – Allora – esclamò lo scoiattolo scrivendo col gesso su una lavagna, – ecco le cose di cui abbiamo bisogno: 1. innanzitutto di un cavallo... 2. poi di qualcuno che lustri perbene la mia corazza e le armi da torneo... 3. e anche di un amico che mi aiuti a tornare in forma per poter indossare tutta la ferraglia del baule... 4. infine, dobbiamo trovare qualcuno che sappia la strada giusta per arrivare al castello... Tu che ne dici, scudiero Bollo? – Io per il cavallo un’idea ce l’avrei – rispose Franco. – Che ne dici di andare chiedere al contadino Gioacchino se ci presta uno dei suoi? – Perfetto! Bravo! Sì, corriamo subito... così non ci pensiamo più! – strillò Gellindo buttando via il gessetto, prendendo per mano lo scudiero e mettendosi a correre in direzione del campo di Gioacchino. – Insomma, vorreste uno dei miei cavalli? – borbottò Gioacchino il contadino, dopo aver ascoltato con attenzione l’intera storia dei Cavalieri della Tavola Quadrata. – Avete bisogno di un cavallo per partecipare al torneo organizzato da questo imperatore Empedocle Quinto... Non so se vi sarò d’aiuto, per-
ché l’unico cavallo che posso prestarvi è un vecchio ronzino che ha smesso di lavorare da tre mesi... – Un cavallo in pensione? – chiese Franco Bollo. – Proprio così: un cavallo a riposo dopo aver trainato il suo carretto per la vita intera. Ma è un cavallo buono, ve lo posso assicurare, forte e generoso... anche se un po’ lento! D’altronde io non l’ho allevato per farlo correre e nemmeno per iscriverlo ai tornei cavallereschi Gellindo fece una piccola smorfia, poi domandò: – E come si chiama questo tuo cavallo? Gioacchino non rispose. Fece un cenno ai suoi due amici e... – Venite con me, ve lo presento! Arrivati all’altezza di un recinto tondo, ecco lì il cavallino di Gioacchino, in piedi al centro che mangiava tranquillo da un mucchietto d’avena. Che fosse anzianotto lo si notava subito dalla magrezza e dai modi prudenti con cui si muoveva, ma aveva due occhioni buoni e tranquilli, un manto scuro, coda e criniera d’un bel colore biondo e quattro zampe robuste da cavallo contadino: dava l’impressione che mai nulla l’avrebbe spaventato. – Ecco a voi... Bradamante! – esclamò orgoglioso Gioacchino accarezzando la criniera della sua creatura. – Quattro zampe forti e un cervello sopraffino, ve lo garantisco! Potete prenderlo, se volete... basta che non lo strigliate troppo e soprattutto che non lo affatichiate. Ma se lo tratterete bene, vi darà un sacco di soddisfazioni,
statene certi! – Sai che ti dico? – sussurrò Gellindo Ghiandedoro rivolto allo scudiero. – Prendiamoci Bradamante e che sia finita! Così il problema più grosso sarà risolto, no? Franco fece un cenno d’assenso, afferrò la cavezza di Bradamante e s’avviò per tornare a casa. – Ah, mi raccomando – urlò il contadino per farsi sentire dai due amici ormai lontani: – non usate mai la frusta col cavallino, non c’è abituato e potrebbe arrabbiarsi furioso! – Casoletta, avrei un favore da chiederti. Gellindo se ne stava in piedi sulla porta della Cioccolateria, stropicciandosi nervoso la punta della coda. – Vieni avanti, dai: non dirmi che ti sei messo a dieta e che non bevi più le mie cioccolate dolci! – No no: le tue cioccolate sono sempre buonissime, ma quel che devo chiederti mi imbarazza un po’! – Tra due amici non dev’esserci nessun imbarazzo. Forza, dai: spara! – Ecco, sai cos’è questa? – mormorò lo scoiattolo tirando fuori da dietro la coda una parte della corazza trovata nel baule di bisnonno Gellindotto de’ Ghiandedoro. Casoletta s’avvicinò, prese la ferraglia e la rigirò a lungo tra le mani: – Sembra una vecchia corazza, una di quelle che i cavalieri usavano una volta per andare in battaglia o per divertirsi ai tornei... È bellissima questa ghianda d’oro e d’argento incisa proprio sul
punto del cuore! – Ecco, hai ragione. È proprio la corazza che dovrò indossare fra quattro giorni esatti, quando mi presenterò al cospetto dell’imperatore Empedocle Quinto... – È un po’ messa male, come corazza. Avrebbe bisogno di una bella ripulita e di una lucidatina a fondo! – Sono qui da te proprio per questo: mi potresti aiutare a far tornare lucente la corazza dei de’ Ghiandedoro? La corazza, ma anche lo spadone e lo scudo da torneo, gli schinieri e le scarpe di ferro... Insomma, dovresti lustrarmi tutto l’armamentario da cavaliere! Casoletta sorrise, allungò una mano, aprì un cassetto della credenza e tirò fuori un barattolo: “LucidaSprint” c’era scritto... – Questa è una pasta miracolosa per far tornare lucidi tutti i tipi di metallo. Io la uso per far brillare i miei cucchiaini da tè e da caffè... andrà benissimo anche con la tua corazza, vedrai! Ritorna fra due giorni e farai di sicuro una bella figura con questo tuo imperatore! Il cavallo stava brucando ai piedi dell’albero più grande della Foresta delle Venti Querce, dove abitava Gellindo Ghiandedoro. La corazza e le altre carabattole da cavaliere erano alla Cioccolateria di Casoletta per essere lustrate a dovere... – Il destriero e la corazza sono a posto, ma dove lo trovo qualcuno che mi aiuti a tornare in forma in meno di due giorni? – piagnucolò lo scoiattolo.
– Sono troppo debole per sopportare il peso di una corazza, per impugnare uno spadone da torneo e per imbracciare uno scudo grande così! – Non preoccuparti – lo tranquillizzò Franco Bollo, – andiamo a far visita a un’amica! I due amici raggiunsero il Villaggio degli Spaventapasseri e si fermarono davanti alla casa di Ghira Bakira, su cui era fissata un’insegna che parlava da sola: “Tutti in forma con la ginnastica di Bakira” – Ecco – esclamò lo scudiero, – Ghira Bakira è l’unica dei paraggi che può darti una mano per ritrovare forza e resistenza, che può farti crescere i muscoli giusti in due sole giornate. Fidati di me e va’ a bussare alla sua porta! Bakira impazzì di gioia, quando Gellindo le ebbe raccontata la storia dell’appuntamento al castello delle Marmotte Addormentate. – Ho sempre sognato di poter aiutare qualcuno a diventare un forzuto! Anzi, ho il programma giusto per te, Gellindo: in quarantotto ore potrai indossare quattro corazze una sopra l’altra e impugnare spadone e scudo come fossero grissini e pane da toast! Forza, mettiamoci subito al lavoro: il tempo stringe e non possiamo buttar via nemmeno un minuto secondo! Fu così che il povero Gellindo per due giornate intere, giorno e notte, visse in balia della simpatica Ghira Bakira. Il fatto è che dopo quarantotto ore
di corse e saltelli, piegamenti e rotazioni, arrampicate sulla corda e addominali a non finire... e poi salto in alto, in lungo e di lato, ginnastica aerobica, nuotate a stile libero e capriole... – Adesso sei pronto per correre la maratona! – esclamò soddisfatta Bakira. – Ma io devo solo indossare una pesante corazza, salire in groppa a Bradamante e recarmi al castello delle Marmotte Addormentate. Cosa c’entra la maratona? – si lamentò lo stanchissimo Gellindo. – Se corri di filato per quarantadue chilometri, caro il mio coraggioso cavaliere, pronto a superare qualsiasi fatica e qualsiasi sforzo! – sentenziò Bakira. – Forza: tre... due... uno... Via! Corse per quarantadue chilometri filati, il nostro scoiattolino, che però mise a frutto l’allenamento fatto e, strano a dirsi, più i chilometri passavano e meno fatica sentiva! Insomma: arrivò al traguardo sorridente e fresco come una rosa, pronto a partire per la sua avventura! – Ecco la tua corazza, lustrata come nuova! – esclamò felice Casoletta, deponendo ai piedi della quercia di Gellindo una montagna di ferraglia lucida e brillante. – La ghianda d’oro e d’argento splende che sembra di fuoco! – Adesso che hai recuperato tutte le tue energie, sei pronto ad affrontare un viaggio lunghissimo – disse Ghira Bakira continuando a saltellare sul posto e facendo roteare le braccia. – E cavalcherai Bradamante, un bel cavallino che ti sarà di grande aiuto –
aggiunse Gioacchino il contadino. Si era radunato l’intero Villaggio degli Spaventapasseri per salutare i due loro amici in partenza. – Avete ragione, amici: grazie a voi adesso sono pronto per cominciare la mia strana avventura – mormorò Gellindo, – ma una cosa ancora mi manca: in quale direzione dobbiamo andare, per raggiungere quel castello? – A questo ho pensato io – strillò lo scudiero Franco Bollo. – Mentre tu ti allenavi da Ghira Bakira, ho chiesto intorno dove fosse questo benedetto castello delle Marmotte Addormentate. E indovina chi è venuto in nostro aiuto? Proprio in quell’istante dal cielo un’ombra chiara scese con un chiassoso frullar di ali e l’Oca Bernardina atterrò a meno di mezzo metro da Gellindo. – Ma certo che so dove si trova quel bel castello – rise felice la
grossa oca. – Se non lo so io, che per sei mesi all’anno volo in tutti i cieli della terra, da nord a sud e da est a ovest! Anzi, sai cosa ti dico, Gellindo? Indossa quella corazza; tu, Franco, aiutalo a montare sulla schiena di Bradamante e poi seguitemi: vi accompagno io personalmente all’appuntamento con il vostro imperatore Empedocle Quinto! Si parteee! Se Gellindo avesse fatto più attenzione, si sarebbe accorto che nella piccola folla di spauracchi festanti mancavano alcuni amici: non c’erano Bellondina, maestro Abbecedario e Passion di Fiaba, ad esempio, ma non c’era traccia nemmeno di Dindondolo e di Pagliafresca. Che fine avevano fatto i quattro spaventapasseri? È quel che sapremo la prossima puntata! (2 - continua)