L’economia raccontata ai bambini - 7 - Gellindo Ghiandedoro e un inverno senza fine

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L ’economia raccontata ai bambini

Gellindo Ghiandedoro e un inverno senza fine

1 - Nessuno all ’inizio se ne accorse I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


Inverno Avvenne in modo così impercettibile, che nessuno veramente se ne accorse prima: fu una cosa talmente lenta da sembrar ferma, e invece quel freddo polare aggredì il Bosco delle Venti Querce e il vicino Villaggio degli Spaventapasseri, imprigionando nel ghiaccio gli alberi, i prati e le case della Valle di Risparmiolandia. Non vennero risparmiati gli spaventapasseri e, uno dopo l’altro, Tisana la Dolce e Bellondina, Mangia-torte e Paciocco, Chiomadoro e Quanto-basta vennero trasformati in tante buffe statue gelate, ferme immobili nel freddo di quel gennaio terribile. Ma non fu risparmiato nemmeno Gellindo Ghiandedoro: era in letargo ormai da due mesi, il nostro scoiattolo, accoccolato fra le coperte della sua tana quando il freddo s’insinuò con le sue dita lunghe e sottili: penetrò nelle fessure del tronco, avvolse quel batuffolo di pelo rossiccio e di lana soffice e… – Brrr, che freddo – sussurrò Gellindo sbuffando nuvolette di vapore e gettando un occhio al di sopra delle coperte. – Devo essermi dimenticato la porta aperta… Adesso vado a chiuderla e poi torno a dorm…! – e il poveretto si addormentò di botto, vinto dalla stanchezza di quell’inverno gelido. Per fortuna quando il gelo divenne insopportabile sul serio, Gellindo si risvegliò, s’alzò in piedi tirandosi dietro tutto il fagotto delle coperte e… – Ma guarda tu che strano – borbottò grattandosi la coda arruffata, – la porta

è ben chiusa, le finestre sono tappate… e questo freddo da dove viene, allora? – Gellindoooo! – urlò qualcuno da fuori. Era la voce di Brigida, la civetta del Bosco delle Venti Querce. – Gellindooo, sei sveglio? – Ciao, Brigida… brrrrr!!… – balbettò lo scoiattolo aprendo la finestrella che dava sul prato. – Ma come mai c’è tutto questo freddo? – Non dirmelo! Sono due giorni e due notti che sto svolazzando di qui e di là, cercando qualcuno di sveglio: sono tutti ghiacciati, Gellindo! Tutti prigionieri di questo gelo improvviso! – E la talpa Melesenda? – Sparita sotto terra! Deve aver scavato una galleria profonda fino a raggiungere qualche caverna tiepida… – E l’aquila Cassandra? – È volata via lontano: forse è emigrata in qualche paese caldo del Sud, chi lo sa… Gellindo si tirò la coperta sulla punta del naso, già insensibile per quel gelo che addormentava ogni cosa. Ed era un guaio, chiudere gli occhi e lasciarsi andare al freddo: glielo aveva raccomandato fin da piccolo, la sua mamma. “Non addormentarti mai, quando c’è grande freddo: il gelo ti trasformerebbe in una statua e…”. – Hai provato a vedere giù, al Villaggio degli Spaventapasseri, come stanno i nostri amici piantati negli orti? – chiese Gellindo riscuotendosi dal torpore nel quale era caduto. – Sono tutti là, all’aperto, immobili come tante statuine vestite in modo strano… Dormono tutti, bianchi di neve


e di ghiaccio! Nell’udire la fine che stavano rischiando di fare i suoi amici, Gellindo si riscosse, rientrò in casa e strinse attorno a sé tutte le coperte che aveva a portata di zampa. Poi aprì la porta di casa e affrontò il gelo col cuore in gola: doveva correre ad aiutare i suoi spaventapasseri, ma poteva contare solo sull’aiuto di una vecchia civetta infreddolita! – Brigida, vola in alto e seguimi: andiamo a salvare i nostri amici! Solo Anche se lungo poche centinaia di metri, il tragitto dal Bosco delle Venti Querce al Villaggio degli Spaventapasseri fu lungo e faticoso. Il freddo s’impadronì subito del corpicino della civetta e, dopo solo tre colpi d’ala, centinaia e centinaia di piccoli pinnacoli ghiacciati appesantirono le ali e la coda. – GELINDOOOOO – urlò allora Brigida con tutto il fiato gelato che aveva in corpo, – non ce la faccio più a volare… Guarda, sono troppo pesante: non riesco a stare sollevata nemmeno mezzo metro da terra! – Aspetta che ti aiuto – strillò lo scoiattolo, che saltellando più in alto che poteva, si mise a staccare furioso con le zampe quella selva di minuscoli ghiaccioli. Quando Brigida fu di nuovo libera… – Ecco, adesso posso nuovamente alzarmi in volo, così… Nulla da fare, cari miei: quel gelo era così forte e insinuante, che le sue dita fredde penetrarono sotto le piume, accarezzarono il corpicino leggero dell’uc-

cello e… – Gellindoooo, aiutoooo… STOMPFFF! …Brigida cadde a terra e vi rimase immobile. In quell’inverno insolitamente freddo, con un mare bianco di neve e ghiaccio che copriva ogni cosa e ogni essere vivente, Gellindo Ghiandedoro, intabarrato fin sopra le orecchie nelle coperte di casa, rimase solo! Solo ad affrontare quel gelo; solo a cercar di aiutare gli amici; solo a combattere contro quel mostro di inverno; solo a consolarsi e a piangere lacrime ghiacciate; solo a trovare una soluzione a quel grosso guaio… Solo e… basta! Senza mai fermarsi un secondo per paura di finire ghiacciato come tutti gli altri, Gellindo corse al Villaggio degli Spaventapasseri per rendersi conto di persona di come stessero le cose. Semmai ne avesse visitato uno prima di allora, gli sarebbe parso di entrare in un museo delle cere: i suoi amici Paglia-fresca e Palo-sghembo, Empedocle e Lingua-lunga, Candeloro e Passion di Fiaba, tutti gli Spaventapasseri erano immobili e senza vita, incappucciati di neve gelida… – Bellondina, rispondimi, ti prego! – supplicò Gellindo ai piedi della sua spaventapasseri preferita. – E anche tu, Paciocco, svegliati, ché andiamo a far colazione alla latteria di Casoletta! Rosso-Giallo-Verde, il vigile urbano del Villaggio con tanto di berretto a



visiera in testa e fischietto al collo, era piantato al centro dell’incrocio principale con le braccia stecchite verso l’alto, come se all’ultimo istante avesse provato a dirigere il traffico dei passerotti più coraggiosi che stavano volando via. Dormivano tutti un sonno innaturale, il sonno del freddo, il sonno che non fa bene, il sonno che non fa riposare! “E adesso cosa faccio? – si disse il nostro amico, trovando rifugio proprio nella chiesetta di Din Dòndolo, lo spa-

ventapasseri sacrestano. – Da solo e intirizzito dal freddo, non riuscirò mai a risvegliare i miei amici e a riportarli in vita. Devo trovare qualcuno che mi aiuti… LA TALPA MELESENDA! È l’unica che può darmi una mano ed è proprio quel che farò: andrò fino al centro della Terra a cercarla!”. Gellindo diede un’ultima occhiata al Villaggio dei suoi amici, si allungò ad accarezzare i capelli neri a boccoli di Bellondina e scappò (continua)


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