L’economia raccontata ai bambini-8-Gellindo Ghiandedoro e un inverno senza fine

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L ’economia raccontata ai bambini

Gellindo Ghiandedoro e un inverno senza fine

2 - La talpa Melesenda I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER


La talpa Melesenda È proprio buio, sapete?, il regno delle talpe: buio sopra e buio sotto, buio davanti e buio dietro, se non fosse per i camini che dall’alto lasciano filtrare qui e là coni di luce abbagliante e, in quell’inverno strano, anche aria fredda e gelata! Ma non era il buio e nemmeno il freddo il pericolo più grosso: il fatto è che là sotto non ci sono solo le talpe, a scavare lunghi cunicoli. Ci sono anche topi di montagna e marmotte, vecchie volpi sempre affamate ed ermellini dal manto prezioso e bello: un intrico di buchi e gallerie, passaggi sotterranei e improvvise enormi caverne in cui è facile perdere l’orientamento. E se uno non trova la strada, là sotto, è veramente perso. Per sempre! Gellindo Ghiandedoro, però, è uno scoiattolo furbacchione, ormai l’abbiamo capito tutti: prima di affrontare quell’avventura sotterranea alla ricerca della talpa Melesenda, passò da casa sua, recuperò tutti i gomitoli di filo che aveva in casa e li legò uno all’altro fino a ricavarne una palla sola e bella grossa. Un capo, poi, lo legò a un chiodo piantato davanti all’ingresso principale della tana di Melesenda e srotolò tutto il resto via via che scendeva sempre più nelle viscere di quel labirinto enorme! Camminò per ore e ore, Gellindo, sempre più stanco, sempre più triste, sempre più agitato in quella confusione di passaggi sotterranei, ma anche sempre meno raffreddato a mano a mano che scendeva verso il basso. Anzi, a un certo punto si tolse una coperta, poco

dopo anche la seconda e infine rimase solo con una sciarpa di lana gialla attorno al collo. Quella non la lasciò indietro: se fosse finito il gomitolo di filo, avrebbe srotolato il filo di lana della sciarpa, per continuare la ricerca. Non ce ne fu bisogno, perché di lì a un po’, udì un flebile rumore lontano lontano… ROOONNNN… BZZZZ… ROOONNNN… BZZZZ… Gellindo dapprima quasi non se ne accorse, ma poi, continuando a camminare in quella direzione, il sibilo divenne più forte… ROOONNNN… BZZZZ… ROOONNNN… BZZZZ… …e infine assordante! ROOONNNN… BZZZZ… ROOONNNN… BZZZZ… Aveva trovato la talpa Melesenda! Se ne stava rannicchiata nell’incavo di un cunicolo, la poverina, con le zampette sugli occhi e una copertina sdrucita addosso, per non sporcarsi di terra. – Mele! MELE! MELEEEE, svégliati, forza! – si mise a sbraitare lo scoiattolo, scuotendo a lungo la povera talpa, che… – Mmmm… UAAAAUUUMMMM! Si può sapere chi è sceso fin quaggiù per svegliarmi? Due occhietti di talpa chiusi a fessura guardavano nel buio, ma fu solo quando Melesenda allungò le zampe per toccare il nuovo venuto, che finalmente indovinò chi fosse. – Questa… questa coda vaporosa non può essere che… che di Gellindo! Sei tu, Gellindo? – Certo, Mele, e meno male che ti sei svegliata!



– Già, perché non mi hai lasciato dormire? Sapessi quanto ho impiegato, quest’inverno, a prender sonno… – Il freddo, vero? – Il freddo? Il gelo, vorrai dire! Il gelo che non ti lascia respirare, che ti fa male ai polmoni, che ti rovina gli occhi… e i miei sono già deboli per natura! Il gelo che ti addormenta, che ti porta nel mondo dei sogni bianchi… Insomma: ho dovuto scendere fin sotto le cantine della mia tana, per trovare un po’ di tiepido! E tu, che ci fai qui? – Sono qui in cerca di aiuto: su, di sopra, si è ghiacciata ogni cosa e tutti i nostri amici sono stati trasformati in tante statue di ghiaccio. Io, da solo, non ce la faccio a risvegliarli e tu sei l’unica che può darmi una mano… Melesenda rimase a lungo in silenzio, valutando attentamente la situazione. Gellindo era un suo caro amico, e così anche gli altri abitanti del Bosco delle Venti Querce e gli spaventapasseri del vicino Villaggio. Ma loro due, da soli, avrebbero potuto far ben poco per risolvere quella brutta situazione. Bisognava assolutamente cercare altri aiuti, bisognava essere in tanti e questo significava faticare al di là di ogni previsione. – Vedi, Gellindo, la mia nonna talpa, benedetta lei, me lo diceva sempre: quando ti trovi di fronte a un problema difficile, hai tre strade da scegliere. Uno: puoi fare a finta che il problema non ci sia e andartene da un’altra parte come se nulla fosse successo, ma questa non è la soluzione che fa per noi. Due: puoi piegare la schiena, abbassare la testa, stringere i pugni e andare da solo contro

al problema, ma il più delle volte ti fai del male, perché il problema è sempre più forte di te… – E la terza strada! – chiese Gellindo. – La terza soluzione di nonna talpa è cercare tutti gli amici che hai, unire le forze di tutti e trovare assieme il rimedio per risolvere quel problema! – Già – obiettò lo scoiattolo, – però i nostri amici sono qui sopra, tante belle statue ghiacciate ferme, immobili e silenziose! – Vorrà dire che noi, per svegliare gli amici gelati, andremo a cercare tutti quelli che sono riusciti a farla franca! A sfuggire a questo freddo terribile… Sarà lungo e faticoso, ma alla fine sono certa che ce la faremo! Non esistevano alternative, Gellindo lo sapeva bene: non gli restava che dar ragione a Melesenda e mettersi subito in caccia. Mille avventure e mille pericoli lo attendevano: li avrebbe affrontati tutti a muso aperto, pur di riportare in vita i suoi amici del Bosco e del Villaggio. Perciò, era meglio non perdere altro tempo… – Mele, io sono pronto. Andiamo! Il viaggio Per prima cosa si divisero i compiti. – Visto che io qui sotto ci vedo bene – disse talpa Melesenda, – rimarrò qua e andrò a cercare tutti gli abitanti del sotto-terra. Tu, invece, prenderai quel cunicolo laggiù a destra e lo percorrerai interamente, fino in fondo. Ci impiegherai più di tre giorni e tre notti, ma quando riemergerai alla luce del sole, ti ritro-



verai su un’isola dal clima tiepido, dove trascorrono l’inverno tutti i nostri amici uccelli migratori. Laggiù ci saranno anche l’aquila Cassandra, l’oca Bernardina, l’anatra Silvana… Convincile a rientrare a casa prima del tempo e se tutto andrà bene ci ritroveremo qui, esattamente fra sei giorni, a mezzogiorno in punto ai piedi della tua tana al Bosco delle Venti Querce. E speriamo che la fortuna ci sia amica! Gellindo procedette per ore e ore col cuore in gola e cento pensieri che si azzuffavano in testa: il buio del cunicolo, l’odore umido della terra scavata, i rumori misteriosi che lo inseguivano alle spalle… Fin che ne ebbe le forze, corse come uno scoiattolo terrorizzato; quando le forze lo abbandonarono, si sedette in uno slargo della galleria per tirare il fiato… – Ciao, scoiattolo – sussurrò una voce misteriosa alla sua destra. Gellindo si girò e vide una grossa marmotta addormentata. – Ciao… ehm!… marmotta – balbettò Gellindo, che solo allora sentì nell’aria una puzza leggera che non era odore di terra. – Ti ho forse svegliata? – Nooo, fa niente mio caro – rispose quell’altra, – anche perché il tuo arrivo mi era stato preannunciato! – E si può sapere chi di voi è così ben informato? – Oh, quaggiù si sa tutto di tutti, caro mio! Nel buio le notizie corrono più veloci… Comunque, se vuoi arrivare alla fine della galleria, avrai bisogno di queste… – concluse la grossa marmotta, passandogli un mazzo di radici. – Sono

radici dolci ed energetiche: danno forza e ti aiuteranno a vedere nel buio… Sono le radici della quercia nella quale abiti, caro Gellindo: radici di casa, insomma, e perciò magiche e ancor più nutrienti… – Ti ringrazio, ma… tu come ti chiami? – Mi chiamano tutti Marmotta e tu sei il primo che mi chiede il nome. Perciò sei il primo a sapere che mi chiamo Puzzetta, Marmotta Puzzetta… e che non ti venga in mente di chiedermi da dove viene questo nome, va bene? Sarà comunque un nome che ti porterà fortuna… Buon viaggio e buonanotte! – e Puzzetta la marmotta si riaddormentò di colpo, cominciando a russare come una sega circolare! Il viaggio riprese, ma grazie alle radici della sua quercia, adesso Gellindo si sentiva più forte e sicuro di prima. Almeno fino a quando non si trovò davanti a un bivio. Anzi, a un trivio! All’improvviso il cunicolo si divideva in tre gallerie più piccole, una girava leggermente a sinistra, l’altra appena a destra, mentre la terza proseguiva diritta dinnanzi a lui. – E adesso quale strada scelgo? – mormorò Gellindo con un groppo in gola, esplorando con gli occhi la penombra dei tre cunicoli. Fu il suo naso, quella volta, a venirgli in aiuto: “Puzzetta sarà un nome che ti porterà fortuna” gli aveva detto qualche ora prima la marmotta, e infatti Gellindo spinse la punta del naso ben dentro all’imbocco di sinistra: niente, da lì non veniva nessun odore. Poi provò in quello al centro: anche lì l’aria era senza odori particolari: aria tiepida, aria pulita, ma anche aria senza uscita! Quando, invece,


si spinse nell’imbocco di destra, venne investito da una puzza di mare, di salsedine, di piante e di legno marcio… – Ecco da che parte devo andare… Laggiù troverò senz’altro l’isola calda del Sud! Camminò e corse per altri due giorni e due notti, riposandosi di quando in quando solo proprio quando non ce la faceva a continuare. Non incontrò

più nessuno, anzi: sembrava che quella parte di cunicolo fosse deserta da chissà quante generazioni di talpe! La sua coda s’impigliava sempre più spesso nei fasci di radici che piovevano dal soffitto, mentre a terra pezzi di legno, sassi e buche rallentavano la corsa. Ma alla fine, dopo tre giornate intere di viaggio, sbucò su una bella spiaggia! (continua)


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