I racconti indiani dell ’Oca Bernardina
6. Il contadino che cercava un misterioso tesoro I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER
– È proprio un paese strano, questa India, vero? – disse la topolina Rattina Glassé. L’oca Bernardina drizzò il collo e piegò di lato la piccola testa: – Strana, dici? No, l’India non è strana, è soltanto diversa! Sono diversi il paesaggio, la lingua, le tradizioni... In una cosa, però, gli indiani sono uguali a noi... Gli spaventapulcini e le simpatiche panteganotte pendevano dal becco di “zia” Bernardina. – Voglio raccontarvi la storia di un contadino di nome Kisan che voleva a tutti i costi trovar moglie... State a sentire! L’oca Bernardina si sedette sull’erba, si tolse il cappello di paglia e lo depose ai suoi piedi, dopo di che si guardò in giro soddisfatta, aspettò che tutti facessero silenzio, tossicchiò appena e infine cominciò a raccontare... Alla periferia della grande città indiana di Rampur, là dove le povere case dei contadini indiani lasciano finalmente il posto ai campi di riso e di grano, viveva un giovanotto di nome Kisan1). La famiglia di Kisan lavorava ormai da generazioni un piccolo appezzamento di terra poco distante dalle rive del Gange, il fiume sacro dell’India: coltivavano ortaggi e frutta che poi Kisan andava a vendere nel mercato giornaliero di Rampur. Il giovane era ormai arrivato all’età giusta per metter su famiglia, ma in tutta Rampur non c’era una ragazza che gli andasse bene. Chi era troppo ricca, chi troppo altezzosa, chi troppo nervosa, chi abitava troppo lontano, chi troppo vicino... Insomma, Kisan in fatto di ragazze
era proprio incontentabile e correva il rischio di restare zitello per colpa della sua cocciutaggine, finché un giorno... Un giorno, mentre stava raccogliendo le zucchine nell’orto, vide una bellissima farfalla dalle grandi ali gialle e rosse che svolazzava in cerca di un bel fiore su cui posarsi. E all’improvviso si ricordò di un’antica leggenda che gli aveva raccontato un giorno il vecchio santone che viveva in una catapecchia giù, sulle rive del Gange. Prese quella leggenda, la mise nell’angolo più segreto del suo cuore e decise di partire immediatamente. Prese una borsa di tela, la riempì delle sue poche cose, salutò i genitori e gli amici e fece per andarsene, quando venne bloccato sulla porta di casa. – Ma si può sapere dove stai andando, Kisan? – gli chiesero i parenti. – Cosa vai a cercare? – gli domandarono gli amici, che lo vedevano impaziente di partire, irrequieto, nervoso e con lo sguardo puntato sulla strada che andava verso meridione. – Devo andare a cercare un tesoro – rispose il ragazzo, che si liberò dall’abbraccio dei suoi e se ne andò. Accadde però che la storia di quel giovane contadino che se ne andava in giro in cerca di tesori fece ben presto il giro di tutta l’India, portata di qui e di là dalle rondini, che notoriamente sono uccellini molto pettegoli e altrettanto vagabondi. – Sei quello che ha perso il ben dell’intelletto a causa di un tesoro? – lo rimbrottò un giorno un oste grasso e dall’animo un po’ cattivello. – Ehi, amici, c’è qui quel matto che sta cercando un
tesoro... Vorrà dire che d’ora in avanti lo soprannomineremo Khasciana! Ah! Ah! Ah! Infatti Khasciana, che in lingua hindi significa proprio “tesoro”, divenne da quel giorno il soprannome del nostro giovane amico. A Kisan non piaceva che gli altri lo chiamassero “tesoro” e, anzi, s’arrabbiava quando i bambini lo rincorrevano e gli urlavano alle spalle «Stai cercando un tesoro? Eccolo lì, il tuo khasciana d’argento e d’oro!», indicando di volta in volta la cacca di una mucca sacra, oppure i ciottoli di un torrentello, oppure ancora i resti del pranzo di chissachì! Un giorno Kisan-Khasciana giunse nella vecchia Delhi e, gira di qua, gira di là, gli capitò di trovarsi nella grande
piazza del mercato in mezzo alla quale s’alzava un grande albero. – Ciao, ragazzo, ti sei perso? – squittì dall’alto una vocina simpatica. – Stai cercando qualcuno? Kisan alzò gli occhi per vedere di chi fosse quella voce acuta e, tra le foglie dell’albero, vide un grosso scoiattolo dal pelo fulvo. – Sei stato tu a parlare? Ma non s’è mai sentito di uno scoiattolo che parla! – Non dirlo a me – rispose Bangiupàl. – Ogni volta che qualcuno mi chiede come faccio a parlare, mi tocca inventare una scusa sempre diversa. Dunque, a te risponderò che parlo perché un giorno dalla cima dell’albero su cui vivo sono cadute mille e mille e mille parole e dormendo a bocca aperta le ho mangiate tutte. E adesso quelle stesse parole mi escono dalla bocca una in fila all’altra... eh! eh! eh! Dai, dimmi tu invece che cosa stai cercando... Non ti ho mai visto da queste parti... – Mi chiamo Kisan, vengo da lontano, da molto lontano – rispose il giovane, – e sto cercando un tesoro... Bangiupàl balzò in piedi e strabuzzò gli occhi: – Non dirmi che... che tu sei quel giovane contadino che se ne va in giro per l’India in cerca di tesori!? Tu sei quel Khasciana di cui tutte le rondini di passaggio non fanno altro che parlare? Il ragazzo si sedette e girò le spalle allo scoiattolo. – Ho detto qualcosa che non va? – chiese l’animaletto. – Ci sei rimasto male perché ti ho chiamato Khasciana? Le rondini me lo avevano detto che tu ti arrabbi, quando qualcuno usa quel
soprannome, ma che vuoi farci: la vita è fatta di nomi e di soprannomi strani... Io, ad esempio, mi chiamo Bangiupàl, che poi significa “ghianda” e non è granché come nome, non credi?... E poi che male c’è ad andare in giro in cerca di un tesoro. Ma tu puoi dirmi che tipo di tesoro vai cercando? Kisan, alla fine sospirò e si voltò a guardare Bangiupàl: tutto sommato era uno scoiattolo simpatico, quello, nulla a che vedere con gli osti impiccioni o coi ficcanaso antipatici. Fu così che il ragazzo cominciò a raccontare, parlando sottovoce. – Un giorno, quando ero ancora al mio paesello su, in riva al fiume Gange, nell’orto ho visto una farfalla bellissima, dalle ali color del sole e del sangue. Da allora mi sono messo in mente che devo cercare il luogo in cui nascono le farfalle gialle e rosse: quando l’avrò trovato, allora la mia felicità sarà al culmine e potrò tornare a Rampur per continuare a lavorare nel campo della mia famiglia! Certo che come tesoro era veramente strano, si disse lo scoiattolo scrollando la testolina. Niente ori, niente argenti, niente casse di pietre preziose o calici tempestati di rubini e di diamanti... – Farfalle gialle e rosse? È questo il tesoro che stai cercando? Kisan fece cenno di sì col capo e riprese a parlare ancor più sottovoce, come se temesse che qualcuno lo spiasse: – Un vecchio santone che vive in una casetta sulle rive del grande fiume sacro, un giorno mi disse che in ciascuna farfalla gialla e rossa è imprigionato lo spirito di una fanciulla in età da marito, bella, dolce e buona. Se qualcuno riesce a catturare
anche una sola di quelle farfalle appena nate, lo spirito si trasforma nelle sembianze di una ragazza pronta a innamorarsi del giovane che l’ha liberata... E voglio essere io, quel giovane! Bangiupàl, che d’amore non se n’intendeva più di tanto, proprio non capiva che motivo ci fosse di andarsene via di casa e di diventare lo zimbello degli sconosciuti per rincorrere una farfalla gialla e rossa... Però Kisan gli era simpatico e allora decise di aiutarlo. – Io so dove nascono le farfalle gialle e rosse – scandì bene perché quell’altro comprendesse quel che gli stava dicendo. – Se vuoi posso accompagnarti! Il giovane vagabondo non rispose nemmeno: saltò in piedi, afferrò la sacca, se la mise a tracolla e attese che Bangiupàl gli dicesse da che parte andare. Camminarono cinque giorni e cinque notti, e alla fine giunsero in una bella valle piena di prati, percorsa da un torrentello. – Nascono qui le farfalle gialle e rosse? – domandò Kisan. – Le vedi queste betulle al di là del muretto della strada? – Certo che le vedo! – E cosa c’è, appeso ai rami delle betulle? Kisan guardò bene e, appese ai rami sottili di quegli alberelli, vide mille e poi altre mille e ancora mille palline color dell’oro e dai riflessi rossi. – Sembrano tante piccole mele mature... – No – esclamò lo scoiattolo, – quelli sono bozzoli pronti a far nascere mille e poi altre mille e ancora mille farfalle dalle
ali gialle e rosse! Ecco, guarda! Il ragazzo seguì la direzione indicata dal dito dello scoiattolo: una delle palline appese al ramo più vicino tremò leggera come se un vento delicato la sfiorasse facendole il solletico, poi la trama sottilissima di cui era fatta si lacerò e dal buio del bozzolo uscì una stupenda farfalla che dispiegò al sole le sue grandi ali gialle e rosse. Era nata una nuova farfalla! Kisan si ricordò della leggenda e reagì d’istinto: allungò una mano, attese che la farfalla si posasse sul palmo e poi con l’altra mano la bloccò senza farle del male. E accadde l’imprevisto! Anzi, accadde quel che Kisan sperava e s’aspettava. Un peso enorme costrinse il giovane ad aprire le mani e a lasciar volare via la farfalla. Lì, nell’aria tiepida di quel giorno miracoloso, prese forma la figura di una giovane dal capelli castani, lunghi e lucidi: aveva occhi color dell’ambra, un viso tondo e regolare, un sorriso che avrebbe sciolto anche il ghiaccio più duro... – Ciao, ragazzo – sussurrò la giovane. – Il mio nome è Titlì2), e il tuo? Kisan non sapeva che cosa rispondere: era felice, strafelice per aver trovato finalmente il tesoro così a lungo cercato, ma non poteva capacitarsi d’esser anche così fortunato da aver trovato una giovane così bella, così dolce, così gentile! – Sei muto, poverino? – Oh no no: parlo, eccome se parlo – balbettò arrossendo il contadino. – Mi chiamo Kisan ed è da molto tempo che
ti sto cercando! – Stavi cercando proprio me? È Titlì quella che volevi incontrare? Kisan non rispose: col cuore in gola allungò una mano e con un piccolo gesto chiese alla fanciulla di dargli la sua. Titlì mise la sua mano in quella del giovane e i due se ne andarono giù per il prato inondato di fiori variopinti, lasciando Bangiupàl sulla riva del torrentello. Sorrideva, lo scoiattolo, ed era molto, molto felice anche lui! Qualche anno dopo nella piazza del mercato della vecchia Delhi, ai piedi del grande albero che si alza nel mezzo, giunse una famigliola, mamma, papà e bambina, che stesero una tovaglia, imbandirono
un piccolo banchetto di nocciole, ghiande, castagne secche, pinoli e noccioline. Vedendo tutto quel ben di dio disposto per benino, Bangiupàl scese veloce dal suo albero e s’avvicinò alla tovaglia. Vi lascio immaginare la sua sorpresa quando udì la mamma chiamare il papà: – Mi passi quei fichi secchi, Kisan? – Ma certo, mia bella Titlì! So per certo che questo bel scoiattolo va matto per i fichi secchi! Piccola Uscia3), corri dal tuo papà, che voglio presentarti un amico senza il quale tu e nemmeno la mamma ci sareste! Fu gran festa, quella che la famigliola di Kisan fece al nostro bravo scoiattolo: cercarono in tutti i modi di convincerlo a trasferirsi a Rampur, sulle rive del Gange, ma Bangiupàl sorrise e ringraziò per il pensiero: – Questa è la mia casa e qui voglio vivere, ma voi potrete venire a trovarmi ogni volta che vorrete! E poi dovete sapere che anch’io ho un segreto. – Quale segreto? – domandò Titlì sgranando i begli occhi scuri. – Be’, sto cercando anch’io un tesoro... – Un tesoro come il mio di allora? –
esclamò Kisan sorridendo felice. – Quasi: sto cercando il posto in cui nascono le farfalle rosa e fulve! – Rosa e fulve? – ripeté il giovane contadino. – Stai cercando bozzoli rosa e fulvi appesi ai rami delle betulle? E cosa succede quando uno di quei bozzoli si rompe? – Be’ – arrossì Bangiupal, – dovrebbe nascere una stupenda farfalla dalle ali rosa e fulve, e con una coda vaporosa e lunga... Titlì finalmente capi: – Pronta a trasformarsi in una bella... – Ssshhh! – la interruppe lo scoiattolo. – La parte bella del mistero ancora non la sveliamo, d’accordo? Ma ormai tutti avevano capito quel che stava cercando Bangiupàl. E chissà che nel frattempo non sia stato accontentato! Kisan, in lingua hindi, significa “contadino”. Titlì significa invece “farfalla” 3) Uscia, infine, vuol dire “alba”. 1) 2)
(6 - continua)