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1.2.1 I Chiaramonte (1296 – 1392

Manfredi Chiaramonte aveva valorosamente combattuto contro tale partito. Per cui, il Re Federico III, da un lato premia il valoroso Chiaramonte, e dall'altro priva del suo titolo il Mosca: l'entità creata prende appunto il nome di Contea di Modica e si estende entro i limiti dei due feudi precedenti (Modica, Scicli, Ragusa e Gulfi).

1.2.1 I Chiaramonte (1296 – 1392)

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Manfredi I, oltre che essere ricompensato dal proprio sovrano con la Contea, ricopre notevoli incarichi di governo. Egli riveste prima la carica di Capitano di guerra5 del Val6 di Noto e Maestro Giustiziere di Palermo, poi Siniscalco (ovvero sovrintendente della Casa reale del Regno) nonché prende parte alla missione diplomatica presso Ludovico VII del Sacro Romano Impero al fine di stringere alleanza tra i due stati; possiede inoltre ulteriori feudi, tra i quali si ricorda la ricca contea di Caccamo. A lui si deve la ricostruzione di Gulfi, distrutta nel 1299, che prende successivamente il nome di Chiaramonte Gulfi nonché del palazzo dello Streri (successiva sede del Vicerè di Sicilia a partire dal 1400).

Dimorando in Palermo per gli incarichi ricoperti, amministra il suo stato tramite un governatore affiancato da alcuni funzionari analoghi a quelli che nella capitale governavano il Regno7. Le università (o comuni) del contado sono governate dai giurati, con a capo un sindaco. Questi provvedono alle esigenze della città, deliberando a mag gioranza in seguito a discussione nonché si occupano dei processi civili di lieve entità (in tal senso si parla di corte giuratoria), coadiuvati da un maestro notaro, un algoziro ed un monterio. Della piccola giustizia penale se ne occupa invece un capitano di nomina comitale assistito da un giudice laureato in legge, un consultore, un mastro notaio e da una forza di algoziri e guardie, per

5 Responsabile della difesa militare di una provincia, ricomprendente anche funzioni giurisdizionali. 6 Suddivisione amministrativa introdotta in epoca normanna. 7 Tali funzionari erano: Il Maestro Razionale (per la gestione del patrimonio feudale nonché con funzione di giudice in materia fiscale e patrimoniale), il Mastro Segreto (coordinava i Segreti di ogni comune nella riscossione dei tributi e si occupava della manutenzione e costruzione di opere edilizie), il Protonotaro (sovrintendente alle scritture notarili relative alla Contea), il

Protomedico (controllore dei medici, cerusici ed ostetriche nonché ufficiale sanitario relativo ai controlli igienici presso le botteghe dei speziali, droghieri e barbieri; provvedeva alle loro licenze), Mastro Giurato (sovrintendente alla gestione dei comuni del Feudo). Cfr.

G.RANIOLO, Op. Cit., pp. 61-63.

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arresto e l'esecuzione delle pronunce.8

Nelle mani di questo Casato va dunque a concentrarsi un immenso potere derivante dalla titolarità di feudi (anche al di fuori dei territori modicani) e di cariche che permetteranno de facto un progressivo aumento dell'influenza non solo nei territori limitrofi ai loro possedimenti, ma determinante per le sorti del Regno9 . A Manfredi I succede il figlio Giovanni, figura dalla vita assai turbolenta che riceverà addirittura una scomunica dal Papa per aver partecipato nel 1322 ad una ambasceria del Regno di Sicilia in Germania presso Ludovico IV, intenzionato con questa alleanza a rafforzare il partito ghibellino, avverso a quello guelfo rappresentato dalla casa d'Angiò (motivo per cui lo stesso Imperatore era stato anch’egli scomunicato). E' inoltre temporaneamente bandito dal Regno per aver ag gredito il cognato Francesco Ventimiglia, il quale ne aveva ripudiato la sorella; ma dietro questo atto vi è più di semplice onore! Infatti il casato dei Ventimiglia Conti di Gangi rappresenta la principale fazione avversa ai Chiaramonte, che come questi ultimi aveva avuto modo ottenere notevoli incarichi e feudi nel Regno. Fallita però l'alleanza matrimoniale, si apre un conflitto diretto tra i due Comites, che vede in un primo momento prevalere i Ventimiglia, con conseguente espulsione dalla Sicilia del Chiaramonte; esiliato e privato del contado, nel 1335 trova riparo alla corte di Napoli ed al ser vizio del relativo sovrano prende parte ad una spedizione militare contro la Sicilia.

Salito al potere Pietro II, ottenuta ora prevalenza il partito dei Chiaramonte, è reintegrato nei suoi precedenti titoli e possedimenti (eccetto il castrum di Caccamo). La sua vita si chiude con un ultimo triste episodio, rappresentato dalla battaglia navale di Lipari nel 1339, in cui è imprigionato dal nemico e liberato dietro riscatto di 10.000 fiorini, pagati dal cugino Enrico in cambio del possesso della contea di Modica. Muore poco dopo aver fatto ritorno a casa, nel 1342.

Giovanni II muore senza aver avuto un erede maschio, ma il di lui padre valutata

8 Ibidem. 9 Cfr. G.BARONE (a cura di), La Contea di Modica (secoli XIV - XVII), Atti del settimo centenario,

Catania 2006, Vol. I pp. 52-59.

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questa eventualità, aveva a suo tempo disposto per testamento che la titolarità sarebbe dovuta passare in tal caso al nipote ex fratre Manfredi II (detto Manfreduccio), fratello del detto Enrico. Rimborsato10 quest'ultimo della somma a suo tempo pagata per il riscatto del cugino ed assicurato un vitalizio alla di lui vedova e figlia ottiene l'investitura nel 134311 dal vicario regio e tutore di Re Ludovico, insieme alla contea di Caccamo, che era stata espropriata a Giovanni II e non più infeudata con il suo ritorno in patria in seguito all'esilio.

Manfreduccio è uno dei signori feudali più potenti dell'isola sia economicamente che militarmente e per ciò lo si trova coinvolto in prima persona nella guerra civile tra il partito nazionale formato da signori siciliani, detto parzialità latina, contro quelli forestieri di origine catalana ed aragonese, riuniti nella così detta parzialità catalana. Questa contrapposizione ha alla base reciproci sospetti e pretese che vede da un lato i signori indigeni gelosi dei loro privilegi e della loro terra, e dunque ben sospettosi dei nuovi venuti al seguito degli Aragona; dall'altro i forestieri catalani si sentivano orgogliosi di aver essi salvato la Sicilia dalle invasioni angioine, e dunque si ritengono meritevoli di ricompense. Queste stato di cose è destinato a scaturire in un conflitto agitato da violenti tumulti e guerriglie nonché dall'ag gressione e reciproca occupazione delle terre. Tale conflitto ha una breve tregua nel 1353, anno di morte di Manfredi II, anche grazie all'inter vento energico del Re Ludovico e siglata da matrimoni tra le reciproche famiglie-fazioni. Però la pace è poco duratura, ed il giovane Simone Chiaramonte, nel mentre succeduto al padre, subentra anche nel conflitto che nel frattempo era ripreso. Essendo cresciuto tra le armi e la guerra aveva sviluppando un animo fiero e forte; lo si ricorda come una figura violenta e sprezzante , che al fine di ottenere potere e ricchezze non esita ad occupare terre demaniali e di altri nobili né a parteg giare

10 Il Solarino, nell'opera citata, ritiene che non vi fosse stato alcun testamento a prevedere tale successione. Infatti della relativa (e supposta) clausola non vi è menzione nell'atto di investitura del 1343, e se fosse stata in effetti sussistente e valida, non vi sarebbe stata la necessità di riscattare il feudo dal fratello Enrico (il quale ne aveva il solo possesso a titolo di pegno relativo al credito di 10.000 di cui era titolare il Conte, ora divenuto il fratello) né di comporre la controversia successoria con la zia e cugina tramite la corresponsione di un vitalizio. In sostanza il sovrano fu mosso da una mera valutazione politica, tenuto conto del prestigio e del potere di Manfredi II. 11 Il diploma di investitura rappresenta il più antico documento che ci conferma la titolarità della

Contea da parte di questi Signori; inoltre rappresenta la formalizzazione dei poteri acquisiti dagli stessi ed una chiara delimitazione dei feudi di pertinenza, con una dettagliata indicazione dei relativi confini.

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per gli Angiò, che mai avevano rinunciato alle loro pretese in Sicilia; è perciò privato dei beni e condannato a morte dal sovrano. Simone però se ne ride 12 di questi provvedimenti e chiede aiuto a Luigi d'Angiò, facendo sì che la guerra civile si trasformi in un nuovo conflitto tra aragonesi ed angioini. Non manca di essere crudele anche con la moglie, tramandone la morte al fine di ottenere più prestigiosi e lucrosi matrimoni, ma muore improvvisamente nel 1357 (forse avvelenato) prima che potesse raggiungere il turpe scopo.

Tra gli altri conti di questa dinastia si ricorda Federico III, zio del Simone, succeduto per mancanza di eredi (ed indicato nel testamento del fratello Manfredi II13). Nonostante fosse di partito angioino ed ancora in conflitto la fazione catalana, l'allora sovrano Federico IV (detto il Semplice), per ingraziarselo e spingere verso la pace con tale fazione, gli restituisce14 i territori confiscati al nipote ed è inoltre concesso il mero e misto imperio15: con questa concessione inizia quel percorso, che vede un aumento delle prerogative comitali, che porterà la contea di Modica ad essere detta Regnum in Regno. Tramite l'intercessione del sovrano si arriva una volta per tutte a porre fine alla guerra civile nel 1362, anno in cui è siglato un accordo con il capo della fazione catalana Artale Alagona che prevede il mantenimento dei territori demaniali usurpati16, il reintegro nelle cariche pubbliche nonché il diritto alla nomina di due membri della Gran Corte; le due fazioni si impegnano altresì al versamento di un vitalizio al Re Federico IV.

Venuto a mancare Federico nel 1363, vi succede Matteo Chiaramonte (detto Mazziotto), sesto Conte dal 1363 al 1377. Diversamente dai suoi precedenti è di indole mite e pacifica ma come ogni predecessore è ricoperto cariche e di onori dal Sovrano, tra cui quello di ospitare il Re nei suoi feudi nel 1366. Non grandi prodezze si devono alla sua persona, che si spegne non lasciando alcun erede maschio.

12 R.SOLARINO, Op. Cit., p.86 13 Testamento rogato dal notaio Bartolomeo Alemagna di Palermo in data 1 Luglio 1343. 14 Atto puramente formale; infatti la Contea era sempre rimasta sotto il controllo della famiglia

Chiaramonte. 15 Diploma datato 22 Febbraio 1361. 16 Tra cui la Torre e la foresta marittima di Cammarana.

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Di grandissimo prestigio ed interesse è invece Manfredi III, figlio naturale di Giovanni II ed in quanto tale primo nella linea di successione nei titoli aviti, essendo venuto a mancare il procugino Mazziotto senza discendenza maschile. E' un signore influente e potente, molto temuto dall'autorità sovrana, che in quel periodo era nient'altro che “un'idea astratta, una semplice finzione: di quanto si ribassava il livello della corona, di tanto si ergeva l'aristocrazia feudale, che oramai teneva ogni prerogativa ed adempiva da sola a tutte le funzioni politiche”17 . L'allora sovrano Federico IV molto lo teme e poco può contro di lui; emblematico è il caso dell'assedio di Messina del 1364 da parte degli Angiò in cui il Comites è incaricato di governarne la città; venuta la pace e riottenutone il controllo da parte dell'Aragona, questi lo riconferma in tale carica ed in ogni suo titolo.

Alla morte del Semplice, per disposizione testamentaria di quest'ultimo, Manfredi è ricompreso insieme ad Artale Alagona, Francesco Ventimiglia e Guglielmo Peralta nel consiglio di reggenza (i così detti Quattro Vicari) che affianca l'erede minorenne Maria d'Aragona. Oltre provvedere alle esigenze dello Stato, tra i compiti del consiglio vi è quello di trovare un marito alla giovane.

Mentre la giovane Regina rimane confinata nel castello Ursino in Catania, sono diverse le proposte di matrimonio che vengono valutate dai Vicari; chiaramente, ognuno ha i suoi interessi e le proprie convenienze, come l'Alagona che si accorda per darla in sposa a Gian Galeazzo Visconi, all'insaputa degli altri reggenti. Essendolo venuto a sapere il potente Chiaramonte, la situazione subisce un drastico cambiamento: Il Conte Guglielmo Raimondo di Augusta, su istigazione del primo, rapisce la giovane Regina; ma anche questi a sua volta cerca di sfruttare la situazione a suo vantaggio recandosi alla corte d'Aragona (con la speranza di un lauto compenso), al fine di darla in sposa al giovane Martino, figlio del Duca di Montblanc e nipote del regnante Pietro IV. L'astuto Monblanc, al fine di ingraziarsi il Conte di Modica, offre onori e convenienti matrimoni per i suoi figli; ma questo non ser ve a convincerlo. Anzi, dal suo canto porta avanti una politica filo-romana, legandosi sempre di più ad una corte storicamente avversa al casato d'Aragona; a ciò si aggiungono le

17R.Solarino, Op.Cit., p. 97.

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