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2.3 Epilogo: L'invasione della Sicilia ed i nuovi negoziati
conquistare il Ducato di Milano; in cambio di ciò il Duca di Savoia avrebbe restituito la Sicilia al suo “legittimo” proprietario; d'altro canto, a Vienna, avanza la tanto spregiudicata proposta: la cessione di ogni suo dominio avuto in cambio della Sicilia, Napoli e Sardegna. In un tale clima Filippo V era tutt'altro che ben disposto nei confronti del Duca di Savoia; infatti questi aveva acquisito la Sicilia parteg giando per il nemico rompendo un alleanza che da poco era sorta tra i due. Inoltre, ottenuta la tanto agognata Isola, non aveva (a suo dire) rispettato i trattati di Utrecht, violando i diritti sui beni riser vati che gli spettavano in virtù delle clausole dell'atto di cessione. Ma ciò non era tutto: a ciò si aggiunse il vocio, circolante nei salotti dei diplomatici, che Vittorio Amedeo trattava con l'Imperatore per ceder vi la Sicilia (notizia che chiaramente era falsa, ma che nel contesto di caos e belligeranza andò ad ag giungersi ai tanti addebiti mossi al detto Duca). In ultimo, venuto a conoscenza dei termini che erano alla base dell'Alleanza va su tutte le furie: non poteva in alcun modo accettare ciò che si era disposto intorno alla Sicilia, che reputava ancora un prezioso gioiello della sua corona; anzi, questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Sebbene ne fosse venuto a conoscenza per vie traverse, a dare notizia ufficiale del contenuto degli accordi sono il Reggente di Francia ed il nuovo Re d'Inghilterra; con tale comunicazione lo invitano ad aderire; a risposta negativa ricevuta, rispondono con la dichiarazione di guerra. A tal punto Filippo V riprende i negoziati con Vittorio Amedeo nei termini in cui sopra è stato prospettato, chiedendo un'alleanza di orientamento anti-austriaco ed offendo il suo aiuto per la conquista del ducato di Milano, da scambiare poi con la Sicilia. Nel frattempo le ambiguità ed in controsensi non mancano nemmeno alla corte spagnola, la quale in parallelo arma una flotta a scopo non molto chiaro: logorare l'Imperatore nei suoi domini italiani...o riottenere manu militari la Sicilia?
2.3 Epilogo: L'invasione della Sicilia ed i nuovi negoziati
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Il 17 giugno del 1718 la flotta salpa dalle rive spagnole, per comparire dinnanzi a Palermo il primo del luglio seguente. Il Viceré Maffei non dà molto peso alla situazione, sicuro dei rapporti pacifici con
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la Spagna, sentendosi rassicurato dalle negoziazioni in corso con la stessa. Nel mentre, la flotta si sposta verso Bagheria e nelle vicinanze inizia lo sbarco di truppe spagnole; a questo punto il Viceré, essendone venuto a conoscenza, manda una spedizione di dragoni a prendere atto della situazione; questi però sono respinti dalle truppe spagnole: vi era in atto l'invasione della Sicilia, fatto che venne accolto come incredibile in quanto (a suo dire) imprevedibile. In un primo momento Maffei pensa di difendere la città, ma consultatosi con la nobiltà locale e con il pretore, il Conte di San Marco, capisce che la città non poteva reg gere l'invasione: troppo tardi si era scelto di agire. Con un piccolo esercito lascia dunque la città insieme ad un modesto seguito di fedeli, senza che nessun nobile locale si fosse degnato anche solo di salutarlo: i signori siciliani erano rimasti legati ai vecchi dominatori, e questo evento alimentava la speranza di un nuovo ritorno; tale operazione aveva come fine quello spostare la difesa sulla costa orientale, più facilmente difendibile, e nelle principali piazze d'armi, tra cui Messina.
Rimasta la capitale in mano alla nobiltà locale, questa si premura immediatamente di mandare una rappresentanza al marchese de Lade, comandante delle truppe spagnole; offrendo la città, pregano di non arrecare alcun danno ad essa ed alla sua popolazione, e di poter godere dei privilegi che questa aveva avuto sotto il dominio spagnolo; il de Lade fu ben felice di accogliere le richieste, negando privilegi ai soli piemontesi rimasti in città insieme la libertà di risiedere o partire a loro arbitrio. La flotta fa dunque ritorno dinnanzi ai mari di Palermo, mentre nel frattempo alcune truppe spagnole, precedentemente sbarcate, occupano il palazzo reale ed il relativo quartiere; la città capitola pacificamente ed il Marchese de Lade, assunte de facto le funzioni di Viceré, invia lettere a tutte le città annunciando il “nuovo” possessore dell'Isola: Sua Maestà Cattolica Filippo V di Spagna. Non essendo mai troppe le risorse in guerra, al contempo si ordina il sequestro del denaro contenuto nelle pubbliche casse nonché si invita la nobiltà riunire truppe a favore del nuovo Re. Preso il possesso della città, il 4 luglio si svolgono le consuete cerimonie per formalizzare la sua posizione.
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Nel mentre Maffei marcia per Siracusa, tagliando in diagonale l'Isola e passando per il suo entroterra. Il cammino è difficile e privo di sostegni da parte della popolazione, che non aveva tardato a cambiare bandiera; così è Caltanissetta, che si rifiuta di dare aiuto al suo Viceré ma questi non si lascia intimorire e con le armi viene preso quanto ser viva; il 14 dello stesso mese la marcia ha fine a Siracusa. Da lontano Vittorio Amedeo seguiva la vicenda, ma ormai era troppo tardi per contrastare gli invasori; poco dopo Palermo, cade anche Castellammare per la resa ordinata del suo comandante, successivamente sottoposto a giudizio militare e condannato a morte dai Savoia.
Gli spagnoli portano avanti con audacia il loro progetto di recupero dell'Isola da un lato tramite atti politici, quali la nomina di un commissario per ogni Vallo (provincia) della Sicilia, con lo scopo esplicito di fomentare la rivolta contro i vecchi sovrani, e dall'altro portando avanti continue operazioni militari. La tappa successiva a Palermo era Messina, che è rag giunta nel 23 di Luglio e velocemente sottomessa per il 29 del mese seguente57; infatti la città non era nelle condizioni di poter sostenere un assedio: poche erano le risorse finanziarie ed il tempo necessario per apprestare le difese necessarie tant’è che sin da subito si valuta la possibilità di una negoziazione al fine di far capitolare la città pacificamente, cosa che in effetti avviene, dopo notevoli scontri.
La diplomazia però si era data da fare: il 2 Agosto 1718 viene siglata la quadruplice alleanza da parte dell'impero, Francia ed Inghilterra; l'Olanda, sottoscriverà solo in febbraio del 1719. Questa prevedeva la rinuncia da parte dell'Imperatore ai suoi diritti sulla Spagna, la quale avrebbe dovuto, a sua volta, rinunciare ai Paesi Bassi ed agli Stati d'Italia. A Vittorio Amedeo si riproponeva il sacrificio della Sicilia per la Sardegna ed il diritto di succedere al trono spagnolo; questi prova una mediazione per ottenere qualche vantag gio ma non avendo alcun potere contrattuale le sue proposte58 non hanno alcun seguito. Al fine di strappare quanto chiesto, si cerca di agire tramite l'Inghilterra; per
57 Cfr. A. LO FASO DI SERRAFALCO, I Piemontesi in Sicilia. L'assedio di Messina (luglio-settembre 1718) in «Studi Piemontesi» II (2003). 58 Vittorio Amedeo propone di togliere la reversibilità della Sardegna alla Spagna o ancor meglio di ottenere il Ducato di Parma e la successione di Toscana col titolo di Re di Etruria (l'ultimo
Gran Duca, Gian Gastone. non aveva eredi e sarebbe morto nel 1737).
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accaparrarsene le simpatie, il plenipotenziario sabaudo fa presente il rifiuto di aderire agli accodamenti di Filippo V e millanta il contestuale invio a Vienna di plenipotenziari per ricevere truppe imperiali in Sicilia (cosa che in effetti avviene poco più tardi). Sebbene si ottiene in questo modo l'appog gio degli inglesi contro la Spagna, essi spingevano per l'adesione alla pace ai termini della quadruplice alleanza così per come era stata delineata. Dopo aver tentato inutilmente di trovare appog gio in Francia, Olanda e nell'Inghilterra, Vittorio Amedeo manda un suo plenipotenziario a trattare con l'Imperatore in ordine alle sorti della Sicilia; questi è ben lieto di accogliere la richiesta di aiuto sabauda. Invero il Duca di Savoia era indeciso e titubante ma l'aiuto austriaco era determinante, sebbene così si sarebbe potuto correre il rischio di occupazione dell'isola da parte di Carlo VI.
Si era giunti ad una situazione di stallo. I Piemontesi rimasti in Sicilia, giunti in Siracusa, sono privi di ogni risorsa e difficile era far arrivare approvvigionamenti, posto che i mari erano presidiati da navi nemiche. La via più conveniente è quella della Calabria di levante in cui si poteva godere di prezzi migliori (quella di ponente era impegnata ad approvvigionare le truppe Imperiali, ed i prezzi, vista la maggiore domanda, erano meno convenienti), e si cerca di sfruttare ciò che vi era in città tramite il sequestro di quanto necessario e l'occupazione di abitazioni per adibirle a ricovero delle truppe. Oltre ai viveri si sentiva la necessità dare qualche soddisfazione allo stesso esercito, che poteva tuttalpiù essere data con una maggiore razione di cibo; mancavano infatti anche le monete necessarie per la loro retribuzione. Si studia l'opportunità di far venire un mastro coniatore da Napoli, cosa che non si riesce a fare; ci si avvale per cui di carcerati di origine Maltese ricoverati presso le carceri della città a cui si assegnerà il compito di provvedere alla battitura di nuove monete. Anche per gli spagnoli la situazione iniziava a mettersi male; l'assistenza dei siciliani, la cui fedeltà mai era venuta meno, andava ad affievolirsi: maturava la consapevolezza che l'Isola non poteva andare a Filippo V. La stessa Spagna si rende conto che nonostante avessero le vittorie riportate e l'occupazione di Palermo e Messina, era difficile resistere e che era molto
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probabile un successo militare da parte degli imperiali: si deciderà dunque di aderire alla quadruplice, nei termini sopracitati, cosa che avverrà, dopo alcune titubanze, il 17 febbraio del 1720. La diplomazia oramai era l'unica via anche per il Duca di Savoia: non riesce ad ottenere quanto chiesto ed è costretto a firmare l'8 novembre del 1718 subendo quanto sancito dalle altre potenze: questa era l'unica via, la guerra non poteva andare più avanti.
I conflitti proseguo no ancora per poco, giusto il tempo per rendere operativo quanto stabilito con la quadruplice alleanza; le ostilità cessano definitivamente il 3 maggio del 1720. Nello stesso giorno, le potenze interessate, concordano i termini di evacuazione. La Sicilia era ormai Imperiale: l'11 mag gio ha luogo in Palermo il giuramento di fedeltà al nuovo Re di Sicilia Carlo III d'Asburgo.
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