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3.2.2 Il Re tutela i miserabili

ed il ser vizio militare.

Dunque, in conclusione, gli Autori affermano che non si può in alcun modo sostenere che le clausole del privilegio del Caprera possano trovare interpretazione tale da lorogorare o addirittura disconoscere, l'esistenza della giurisdizione Regia che sempre può conoscere un ricorso promosso da qualsiavoglia suddito che si ritenda da chiunque vessato.

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3.2.2 Il Re tutela i miserabili

Definita in ampi termini l'irriducibile giurisdizione del sovrano in ordine a qualsiasi doglianza di un suddito, si passa all'analisi di alcune singole prerogative in cui essa si scompone, a cui corrispondono un numero uguale di pretese da parte del Narbona. Il primo specifico argomento che viene affrontato è quello della tutela dei pupilli, vedove ed altre persone miserabili, ovvero sog getti che hanno come minimo comune denominatore uno tal stato di miseria da rendergli difficile l'affrontare una causa e resistere alla forza e prepotenza della controparte, vista la loro indubbia debolezza dovuta non solo alle condizioni economiche, ma alla tristezza stessa della loro condizione che trova nella misericordia del sovrano il suo rimedio naturale. Infatti solo in lui risiedono con “indifferenza [e in modo] inalterabile, la giustizia, e la rag gione”.

In questo secondo punto si nota come i nostri Autori evitino di ripetere le origini divine dell'autorità regia e di questa regalia, avendola già ampiamente spiegata e delineata all'inizio della loro trattazione e potendosi ogn'uno di quegl'argomenti adattare a questo specifico caso. Però, per quanto potessero essere di per sé bastevoli tali argomentazioni, non si rinuncia a trattare in modo specifico questa particolare regalia. Il fondamento di questa Regia competenza, oltre che poter poggiare sulla generica cognizione del sovrano in ordine a qualsiasi ricorso che un suddito può ad egli muovere, così come visto nel precedente paragrafo, è stata specificamente rinvenuto nei testi di Giustiniano77, sovrano “più che giusto” il quale, però Non ebbe riguardo [....] della lontananza della corte dal privilegio del

77 Cfr. Appendice B, Doc. III, p. 140.

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domicilio e giurisdizione de' primi magistrati e compassionando lo stato de poveri, fece che la miseria loro prevalga ad ogni altra raggione.

Non si manca di notare il grande problema dovuto alla eccessiva lontananza del sovrano, che nelle due Sicilie ha sempre suscitato rilevanti inconvenienti, in quanto il largheg giare dei meri e misti imperi ha comportato un frequente abuso da parte dei Signori concedenti, perciò più necessario e freguente è stato sempre l'uso di declinare il foro degli inferiori loro magistrati e ricourarsi i miserabbili sotto del supremo giudizio del Regnante.

Per far fronte a queste esigenze, l'imperatore Federico II Hohenstaufen, stabilì che le persone miserebili potessero ricorrere alla Regia Gran Corte, che come già visto rappresenta il “suo collaterale e più supremo magistrato” del Regno, lasciandolo espressamente scritto nel suo Liber Augustalis Ne non et miserbilium personarum quarum est privilegium forum eligere corporali prestito sacramenti quod adversariorum suorum forte potentiam perorrescunt causas audiat, iustitia mediante decidat.78

Individuato il fondamento normativo della competenza del Principe, gli Abili giuristi non mancano di ricordare, a sostegno di quanto detto, che tale disposizione può ulteriormente fondarsi sulla semplice raggion comune e buon senso d'ognuno, tant' è che nei secoli è stata sempre osser vata nella pratica, senza che mai

i feudatari del Regno, i quali sono i più strepitosi nel sostegno della loro giurisdizione, abbino mai potuto impedir la declinatorie.

In tal modo le pretese del Contado di Modica vengono presentate al lettore, tramite questo espediente retorico, come già in partenza verosimilmente infondate e pretestuose, vista l'incontestabilità della regia prerogativa alla luce del semplice buon senso e della lunga osser vanza da parte d'ogni feudatario. Tant'è che – incalzano gli Autori con toni ironici - si leg ge che sarebbe ben inutile trattare un argomento che trova il suo fondamento ne l'ampiezza di un privilegio originato dalle leggi imperiali, tanto indistinte ed indefinite.

Ma essendosi presentata l'occasione, la si coglie per dare “una scorsa alle clausole della concessione del contado”, nella parte in cui trattano del mero e misto

78 Liber Constitutionorum o Costituzioni di Melfi (1231), Tit. de Uffici Magistrer Iustitiarius

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imperio, al fine di definire una volta per tutte quella che ne è la loro effettiva portata. Si riporta dunque nuovamente il testo del privilegio martiniano, che per quanto pregnante non è da se bastevole a derogare tale alta, e sovrana, giurisdizione; e questo non solo per la mancanza di una espressa deroga, e non solo per il fondamento di tal competenza in una augusta legge, ma anche perché, se così non fosse – proseguono - si svuoterebbero di signifcato “le potentissime raggioni” di tale privilegio conceduto ad ogni miserabile affinchè – scrivono con tono paternalistico - li si “preser v[i] da i pregiudizy” che potrebbero arrecargli i più forti e che possa dunque rifuggire da ogni autorità inferiore e eleg gere il foro della propria causa presso il buon Principe, che rappresenta la giustizia divina in terra.

In sostanza, il fondamento di tal competenza ancora una volta pare toccare la teologia; è l'infinita pietà e la commiserazione che le persone miserabili suscitano nel buon Principe che lo spinge a fare giustizia; e per tal ragione mai il diritto positivo potrà derogare la giurisdizione del sovrano; così infatti affermano molti autori, tra cui spicca il napoletano Vincenzo de Franchis et hoc maxime refere quia privilegium concessum causa miserationis nunguam tollitur per generales derogationes79

Ne – lo si ricorda ancora una volta – la concessione dei due gradi d'appello al Conte Caprera può essere in alcun modo travisato; infatti Codesta generalità [del privilegio] ben comprender potrà la cognition delle cause, di prima e seconda istanza, giammai quelle di persone misere e privileggiate.

Ma non solo questo ricorso è un privilegio esclusivo ed irriducibile delle persone miserabili, ma gli Imperatori, prevedendolo nelle loro costituzioni, hanno a contrario fondato una loro competenza e riser vato a se medesimi una privativa cognizionione. Invero – si ammette - che per derogare80 la competenza regia vi dovrebbero essere

delle claosole individuali apposte dal Prencipe nella concessione de meri misti e che sino così chiare e pregnanti che à niente altro riferir si possano81

79V. FRANCHIS (DE), Decisiones, Lib. II, Dec. 292, n. 6-7. 80Gli Autori utilizzano in questo caso il termine “deroga”, che noi ci limitiamo a riproporre, sebbene sarebbe più corretto parlare di “delega”. 81 E, a rigor di logica, comunque revocabili dal sovrano, cfr. paragrafo 2.1

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ma questo, di certo, non è il caso del contado di Modica; infatti per quanto possa essere il suo foro più somigliante a quello della Regia Gran Corte, rispetto a quello di ogni altro Barone, il privilegio su cui si fonda contiene solo una claosola [che] può ben interpretarsi in diminuzione della giurisdizione della Gran Corte rispetto ogn'altra persona, giamai per le miserebbili.

Ma ammesso – e non concesso – che sussista una clausola in tal senso, come è nel caso di Catania e Palermo, non si crede che “ciò basti ad impedire alle vedove, e à pupilli ed altre miserabili il ricorso al supremo Prencipe nelle cause loro.”; infatti gli Autori sottolineano come per quanto le Corti di queste due città possano conoscere e decidere le cause che vedono come parte una persona privilegiata, ciò non impedirebbe di “venire le cause [avocate d]alla Gran Corte colle declinatorie di quel foro”, come una diffusa prassi conferma.

Gli autori affermano inoltre essere sostenuto dalla communis opinio82 la tesi secondo cui

un privilegio introdotto per il pubblico favore in riguardo della loro commiserazione non può coi patti, e private convenzioni delle medeme togliersi o diminuirsi, durando tanto in se, quanto sarà durevole la povertà, e la miseria che gli fanno aver orrore del contrario che litiga.

Infatti, questo è un grazioso privilegio volto a soccorere i bisognosi per cui nel loro interesse non si potrà mai rinunciare, nemmeno volontariamente, a questo foro speciale; cosa a cui potrebbero esser ben spinti dall'arroganza della controporte, a cui essi, vista la loro triste condizione, non possono o non sanno resistere. Ci si troverebbe, dunque, difronte ad un diritto indisponibile di cui è titolare il “miserabile”, mantenendone la titolarità per tutto il tempo in cui dura tale condizione a cui corrisponde un corrispettivo dovere morale ed una competenza (auto)riser vata del Principe alla sua soddiziafione.

Fatta dunque questa ampia introduzione teorica dell'istituto, si passa all'analisi del caso concreto, rappresentato dalle pressioni fatte dal Procuratore Generale a danno due vedove83 che, “senza poter tirare alcun fomento raggionevole del

82 Cfr. Appendice B, Doc. III, p. 143. 83 Le donne in questione sono Vincenza Comitino, “vergine di Ragusa” e Domenica Isabella

Bonanno Duchessa di Castellana, “ sedotta da qualche stravagante Curiale”.

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