38 minute read
La finanza del S. Francesco, l’ospedale vecchio della città e dello Studio
Dal S. Francesco al nuovo nosocomio
si attingevano le risorse per raggiungere i fini che erano stati indicati nelle tavole di fondazione, in atti di ultima volontà o inter vivos. Tale complessità rispondeva a un’organizzazione sociale e assistenziale tipica di una società dell’età moderna, che aveva lasciato amplissimi spazi di aggregazione a organizzazioni socialmente meritevoli. Se nessuno poté mai, verosimilmente, mettere in dubbio l’utilità, se non addirittura, l’assoluta necessità, di ospedali, scuole e congregazioni, non furono nemmeno molte le voci critiche verso altre realtà che svolgevano una funzione sociale in maniera meno immediata. Col tempo, soprattutto negli ultimi decenni della Repubblica, alcuni di questi enti entrarono decisamente in crisi, come gli istituti e i benefici ecclesiastici, mentre altri sperimentarono una nuova e più vigorosa vitalità. Questo fu il caso, appunto, degli ospedali.
Advertisement
La finanza del S. Francesco, l’ospedale vecchio della città e dello Studio
Ciò che accomunò questi enti, dalla mission così diversa, ma tutti definibili, pur in modo generico, come ospedali, fu il fatto di essere sottoposti a un ordinamento omogeneo che Venezia si preoccupò sempre di perfezionare. I luoghi pii furono oggetto di particolare attenzione da parte veneziana, nella consapevolezza del ruolo essenziale che essi giocavano nella vita sociale dello Stato. E non vi è neppure dubbio sul fatto che la città lagunare trattò tali organizzazioni, soprattutto sotto il profilo fiscale, applicando prelievi tributari omogenei, anche se talune particolarità, che si esprimevano soprattutto nelle esenzioni di parti consistenti di patrimoni ecclesiastici, furono sempre riconosciute, come peraltro sempre era accaduto negli ordinamenti tributari dell’età moderna, quando la fiscalità era stata lo strumento principale per sottolineare le disuguaglianze tra i contribuenti42. Osservare e analizza-
42 In generale, senza addentrarsi nei particolari, nella Repubblica di Venezia era vigente un ordinamento fiscale basato sulle differenze di stato del
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
re le obbligazioni tributarie dei luoghi pii in età moderna nello stato veneto consente di verificare la presenza di questi istituti nel tessuto sociale ed economico dei diversi territori. Attorno ai luoghi pii una fitta rete di relazioni, contratti e interessi si era nel tempo sviluppata, in grado di garantire loro operatività e presenza nella vita quotidiana dei centri urbani e rurali della Serenissima. Patrimonio e tributi furono per secoli gli indicatori essenziali ai quali Venezia faceva costantemente riferimento per monitorare presenza e funzioni dei luoghi pii nello Stato.
Alcuni di questi, attivi sia a Padova sia nel territorio, erano stati invitati dalla Deputazione alle cause pie a presentare un sintetico documento che ne attestasse la storia, descrivendone contemporaneamente la condizione finanziaria e patrimoniale. Risposero in 22 e, tra questi, la Scuola della Santissima Annunziata che, a fronte di una rendita pari a £. 1287.1, sborsò a titolo di gravezze della città e redecima £. 119.15.643. L’ospedale di S. Lazzaro, non troppo distante dalla porta Portello, assisteva 4 povere vedove e poteva contare su una rendita di £. 4452
contribuente, che poteva essere laico o ecclesiastico, veneziano, del Dogado, del dominio o delle città del dominio. Inoltre valeva pure l’ubicazione del bene sottoposto a estimo. Dalla combinazione di tutti questi fattori risultava un assetto fiscale assai complicato che certo non contribuì alla concordia sociale. Nemmeno la normativa sui dazi fu esente dal causare proteste e malcontento sociale. In età napoleonica i dazi furono in molte occasioni definiti «odiosi». Molti beni fondiari, inoltre, sulla base di antichi privilegi, godevano del beneficio dell’esenzione fiscale per cui spesso accadeva che enti cospicuamente dotai pagassero imposte assai contenute, come hanno mostrato Claudio Maddalena, Fisco statale e fisco locale nei domini di terraferma. La Repubblica di Venezia e il dibattito sulle gravezze de mandato dominii nel ’700, «Archivio veneto», 140, 2009, pp. 31-74 e G. Silvano, Fisco e società. Dalle riforme veneziane alla rivoluzione del 1797, in L’area alto-adriatica dal riformismo veneziano all’età napoleonica, a cura di Filiberto Agostini, Venezia, Marsilio, 1998, pp. 199-212. 43 La redecima era un’imposta. La Scuola faceva estimo con la Città, uno dei tre corpi allibrati; gli altri erano il Clero e il Territorio. Il documento non dice quali tra le gravezze imposte alla Città erano accollate anche alla Scuola (ASPd, Corporazioni soppresse. Deputazione alle cause pie. Catastico, Capsula A, b. 44). Tutti i documenti contenuti furono redatti nel 1788.
Dal S. Francesco al nuovo nosocomio
conteggiate per un quinquennio. Circa un quinto di esse veniva speso a titolo d’imposta: per la decima ecclesiastica, per le gravezze del Clero, per il campatico dell’Adige e per le gravezze della Città. Le obbligazioni tributarie di questo assai piccolo ospedale cittadino erano diverse da quelle gravanti sulla Scuola dell’Annunziata. Assai leggeri erano poi i prelievi a carico della confraternita di S. Giovanni evangelista di Padova. Antichissima, essa aveva scelto, tra i propri adempimenti, l’assistenza ai condannati a morte «l’altra singolare obbligazione [...] è quella di assistere ai condannati all’ultimo supplicio dal momento dell’intimazione della sentenza». Inoltre era impegnata ad assicurare alcune doti a fanciulle bisognose. Pagava gravezze con la Città e la redecima per poco meno di £. 300 all’anno. Queste forti disparità di trattamento tra enti si giustificavano sulla base della natura della rendita e dell’ubicazione dei beni che ne costituivano la base patrimoniale. In questa interessante raccolta di documenti riguardante i luoghi pii nel Padovano nel 1788 non c’è il fascicolo del S. Francesco poiché è andato perduto.
Trattandosi di luogo pio situato in una città del dominio, oltre al quartese e alla decima, dovute a enti ecclesiastici di varia natura, esso era pure tenuto a fare estimo e a pagare le imposte con la Città e con il Territorio sui beni allibrati in questi estimi. Gli enti ecclesiastici, ai quali l’ospedale era a tutti gli effetti equiparato, erano tenuti al pagamento delle gravezze de mandato dominii, che appunto colpivano i proprietari del dominio veneto. Gli istituti veneziani, anche sui beni posseduti in Terraferma, non furono mai soggetti alle gravezze de mandato dominii. Queste furono introdotte proprio per sottolineare la differente condizione cui erano soggette le proprietà dei veneziani e degli altri contribuenti. Inoltre ogni singolo fondo era sottoposto a specifiche imposte, dando luogo in tal modo a ulteriori differenze. Proprietà dell’ospedale erano obbligate al pagamento dei campatici, altre al sussidio, altre ancora a entrambe44. Anche gli enti ecclesiastici contribuirono in
44 La natura del fisco in vigore in età moderna nella Repubblica di Venezia è stata al centro di molte pregevoli ricerche. Tra queste si segnalano il
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
modo continuativo al gettito fiscale dello Stato e contribuirono pure al fisco ecclesiastico che poteva essere centrale o periferico, ma sempre piuttosto esigente. Non si contano i casi di richieste di contribuzioni, denominate genericamente decime, che molti pontefici delegarono a Venezia e che, in un secondo momento, giungevano a colpire gli enti del dominio. La catena del prelievo era sempre stata piuttosto lunga e giungeva a coinvolgere anche il contribuente più povero. In un’epoca di fragili legami tra gli apparati pubblici e la popolazione, il fisco tenne uniti i contribuenti dello Stato non solo a Venezia, alla propria città, al territorio e a tutti i luoghi pii di riferimento, ma pure a Roma, collettore finale di un prelievo capillare per sua natura extraterritoriale45 .
Per conoscere il trattamento fiscale al quale fu sottoposto il più importante ospedale cittadino si può fare ricorso alle poste contabili presenti nella serie dei libri dell’entrata e della spesa che, senza soluzione di continuità dal 1552 fino al 1808, registrarono ogni movimento contabile che interessò l’ospedale. Si tratta di 144 registri di grande formato, a carte contrapposte: a sinistra sono scritte le partite in dare, a destra quelle in avere e la numerazione delle carte è la medesima. In ogni registro compaiono migliaia di registrazioni riguardanti tutti i soggetti a vario titolo coinvolti in un qualche rapporto di natura finanziaria con l’ospedale. Esaminando questa serie di libri contabili, emerge che essi furono tenuti come se fossero i veri e propri quaderni: ci sono le poste, ognuna intestata a un ente o persona fisica, e ogni valore è nuovamente scritto all’interno del con-
contributo di Michel Knapton, Il fisco nello Stato veneziano di Terraferma tra Trecento e Cinquecento: la politica delle entrate, in Il sistema fiscale veneto. Problemi e aspetti, XV-XVIII secolo, a cura di Giorgio Borelli, Paola Lanaro, F. Vecchiato, Verona, 1982, pp. 15-57, il saggio di G. Gullino, Considerazioni sull’evoluzione del sistema fiscale veneto tra il XVI e il XVIII secolo, in Il sistema fiscale, pp. 59-91 e G. Silvano Padova democratica. Finanza pubblica e rivoluzione (1797), Venezia, Marsilio, 1996, pp. 66-127. 45 Enrico Stumpo, Il capitale finanziario a Roma fra Cinque e Seicento. Contributo alla storia della fiscalità pontificia in età moderna (1570-1660), Milano, Giuffrè, 1985, pp. 184-218.
Dal S. Francesco al nuovo nosocomio
to intestato alla cassa dell’ospedale. Tra tutte queste scritture vi sono gli opportuni rimandi alle carte dei quaderni ove possono essere rintracciate e seguite. Mancano conti riassuntivi intestati a singoli intestatari delle poste, ma attraverso il conteggio della cassa contadi ogni movimento riguardante il vecchio e nuovo ospedale può essere seguito e controllato. Questo metodo contabile, che di certo presuppone la scrittura di un giornale o di una prima nota, è testimonianza di una pratica contabile raffinata che nello stato veneto aveva trovato ampia diffusione già agli albori dell’età moderna46. Questi registri di grande formato erano siglati con una lettera dell’alfabeto e riposti in modo che tali sigle potessero essere facilmente viste dal contabile, così da poter rintracciare rapidamente un conto o una scrittura sintetica. In modo molto simile, ma ancor più articolato, erano stati scritti i quaderni del Monte di pietà di Padova. Nel fondo archivistico del S. Francesco la serie dei giornali, ai quali pure molte poste dei quaderni fanno preciso riferimento, non è stata trovata. Tali scritture generalmente non contengono informazioni aggiuntive rispetto a quelle registrate nei quaderni, ma avrebbero potuto dare qualche indicazione circa le motivazioni delle diverse disposizioni. Una serie di giornali esiste nell’archivio dell’ospedale, ma questa registra unicamente gli introiti a titolo di dozzina; si riferiscono all’età austriaca e a i primi anni del Regno d’Italia.
Osservando la contabilità che va dal 1699 ai primi anni del ’700 si nota che l’introduzione del conteggio della cassa dell’ospedale avvenne il primo aprile 1699 in una scrittura che fa riferimento a un precedente saldo scritto nel quaderno B del
46 Sono più volte intervenuto su questo tema, appassionante e al tempo stesso così tecnico. G. Silvano, A beneficio dei poveri. Il Monte di pietà di Padova tra pubblico e privato (1491-1600), Bologna, il Mulino, 2005, pp. 73129 e Far di conto in Età moderna: interessi pubblici e privati nella contabilità del Monte di pietà a Padova e dintorni, in I conti dei monti. Teoria e pratica amministrativa nei Monti di Pietà fra Medioevo ed Età Moderna, a cura di Mauro Carboni e Maria Giuseppina Muzzarelli, Venezia, Marsilio, 2008, pp. 173-195.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
169547. Nella carta di sinistra sono elencati in ordine cronologico i movimenti finanziari in dare, gli incassi dell’ospedale; in quella di destra, l’avere, le spese incontrate, anch’esse disposte in ordine cronologico. Le poste che indicano una riscossione sono introdotte da una «A», quelle che attestano una spesa da un «Per». Le uscite dell’ospedale furono imputabili a una grande varietà di bisogni: approvvigionamento alimentare, mantenimento dello stabile, personale di servizio e altro ancora. Ogni carta termina con un saldo parziale che si riferisce alle poste registrate nella carta in questione e un saldo generale delle entrate e delle uscite che si riferisce invece al conteggio generale della cassa. Era questo il modo attraverso il quale il contabile riusciva a esercitare un certo controllo sulla correttezza delle scritture. Almeno sulla carta, il pareggio tra entrate e uscite costituiva la prova che il bilancio, se non altro sul piano formale, era in ordine. Naturalmente nessun controllo di merito poteva essere esercitato disponendo di questa documentazione. La somma parziale in dare veniva poi trascritta in avere in una carta successiva del quaderno. Il 21 maggio 1699 fu scritta una posta in dare «per spese di gravezze lire 4.10» non meglio specificate48. Il 30 maggio un’altra posta attesta una spesa per gravezze pari a £. 130.4.
Altre simili poste furono registrate l’11 giugno, il 16 ottobre, il 13 novembre, il 2 gennaio 1700 e il 31 marzo49. L’ospedale pagò a titolo generico di gravezze in un anno una somma pari a £. 1007.12. Il contabile incaricato della tenuta di questo
47 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1211, c. 298 «Cassa de contadi di ragione del pio hospedale di San Francesco nelle mani del nobil signor Nicolò di Tessari priore di detto pio loco, deve dare a se medesmo lire 1087.13.2. Sono per tante restò in cassa per tutto il mese di marzo 1699, tratte dal quaderno B intitolato 1695 per saldo di quella». Segue l’indicazione della carta ove trovare detto importo 48 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1211, c. 304. Tra le altre uscite molto si spese per spese di palazzo, di fabbriche, per salariati, per il riso, per i poveri, per prodotti di «speciaria» e di «medicaria». 49 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1211, c. 306 per un importo di £. 14; c. 329 per un esborso di £. 701.16; c. 334 per £. 57.2; c. 341 per £. 52.1; c. 346 per £. 47.19.
Dal S. Francesco al nuovo nosocomio
libro ritenne inutile aprire un conto particolare intestato appunto alle gravezze che furono semplicemente registrate nei movimenti della cassa dell’ente. Asciutte informazioni si trovano nella sezione del dare, quando talvolta si nomina l’imposta specifica. Il 30 maggio 1701 si dovevano dare poche lire per gravezze, quando il 5 ottobre dello stesso anno l’ospedale risultò obbligato per una somma di £. 52 al pagamento del campatico50. In una scrittura successiva si registrarono £. 44 spese per argini e «chiaveghe», calcolate su 22 campi a £. 2 il campo. Altra interessante scrittura prova che furono sborsate al Territorio per gravezze per tutto il 1698, su particolari beni, £. 430.8.6. Altre somme si contarono alla vicaria di Conselve per l’estimo reale e il 20 maggio 1703 ben £. 4209.4 furono contate in camera fiscale a titolo di campatico 1701, senza don e senza pena e con bonifico del don per il 170251. Molte poste attestavano il pagamento da parte dell’ospedale di diversi dazi su generi che l’ente comprava. Anche a questi non fu mai aperto un conto particolare, se non molto tardi. Dal 1796 al 1801 fu conteggiato il dazio macina in un conto intestato a questa imposta e alle spese del granaio. Si tratta di poste interessanti perché danno la misura dell’imposta: 125 moggia di grano e 4 staia comportavano £. 1269 di imposta, grano macinato per poveri e famiglia dal dicembre 1800 a ottobre 180152. Ancora una posta del 1710 prova che l’ospedale fece estimo e pertanto pagò gravezze con la Città e con il Clero «spese di gravezze della magnifica Città, reverendissimo Clero et altre devono dare a dì 7 aprile 1710 a cassa £. 30»53. Molti anni dopo, le obbligazioni tributarie dell’ospedale erano rimaste le stesse, ma l’importo da corrispondere era notevolmente aumentato: a titolo di campatici straordinari dal 9 novembre 1775 al 26 mar-
50 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1211, c. 362. 51 I dati sono alla stessa c. 362. 52 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1233, c. 318. 53 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1213, c. 273. L’ospedale pagò pure diversi campatici, Brentelle e Conselve per una somma superiore a £. 1000. Inoltre pagò le gravezze dell’estimo reale su ancora altri beni e il sussidio su quelli acquistati a Bovolenta.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
zo 1777, l’ospedale sborsò £. 11625.18.6, per pubblici campatici dal 17 ottobre 1777 al 24 marzo 1778 £. 2975.17, per redecime e campatici, nello stesso periodo, £. 7100.4. Allo stesso titolo il S. Francesco corrispose per un periodo d’imposta dal 27 aprile 1778 al primo febbraio 1779, £. 6890.1.6 e dal 19 maggio all’11 gennaio 1780 £. 8538.854 .
Molte altre poste subirono il medesimo trattamento; solo alcune furono anche scritte in specifici conti. Nel conteggio della cassa contadi appare solamente a fianco di alcune poste l’indicazione della carta ove il medesimo movimento viene registrato due volte. Nel caso delle gravezze ciò non accade mai. Ancora all’interno di questo quaderno, scritto l’ultimo movimento del 31 marzo, fu predisposto un ristretto «delli dinari scossi come appare in questo alle carte come segue [e] delli dinari spesi». Complessivamente dal mese di luglio furono riscosse £. 57733.16.8 scritte in dare e spese 59402.19.2 poste in avere; l’ente attestò uno sbilanciamento di cassa pari a £. 1669.2.6. Secondo il quaderniere Francesco Redolfi, l’ospedale era creditore della stessa somma che fu girata «dal qual credito si dibate £. 530.6, £. 186 et £. 296.15 che devono avere il becaro, speziale et casolino per tutto il mese de marzo 1700. Sono in tutto £. 1013.1 avendo avuto credito in cassa sino a detto tempo»55. Questo ristretto fu firmato dai due «calcoladori» Gaspare Scovin, Annibale Saviolo e dal priore Crescenzio Camposampiero. Il resto fu portato in avere «a se medesma £. 656.1.6 porto avanti in questo per saldo della contro scritta summa c. 402».
Tutto ciò di cui l’ospedale fu responsabile dal punto di vista finanziario, per un periodo di dodici mesi, da marzo 1699, è racchiuso in queste carte del quaderno; il ristretto, invece, faceva riferimento a un periodo più breve. Considerate nel loro complesso, tali scritture consentono di esplorare non solo quantitativamente gli impegni del nosocomio padovano, ma soprattutto qualitativamente, in quanto la predisposizione di
54 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1213, c. 334. 55 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1211, c. 347.
Dal S. Francesco al nuovo nosocomio
un certo numero di conti particolari attesta uno specifico interesse dell’ospedale per l’andamento di ben determinate partite. Le spese per i poveri, sebbene ricorrenti, ma mai troppo onerose, furono trascritte anche in un conto particolare, forse più per la ragione che si celava dietro tali esborsi, che per altro motivo. L’ospedale era sempre tenuto a mantenere viva la propria mission originaria, consistente appunto, nell’assistenza dei poveri. Nemmeno degne di particolare attenzione furono le spese in conto salari: queste ricorrono spesso, talvolta con l’indicazione del nome, più spesso con la dicitura generica di salariati. Nel caso del Monte di pietà padovano, il conteggio dei salari fu sempre assai analitico.
La Serenissima ebbe rapporti finanziari rilevanti con l’ospedale padovano: si trattò di un livello censuario di 80.000 ducati presi a censo
La serenissima signoria di Venetia deve dare a dì 30 giugno 1696, ad entrade a dinari dell’hospedale di S. Francesco di Padova, ducati tre mille sei cento all’anno, sono per suo livello francabile per capitalle de ducati ottanta mille ricercati a questo pio loco, in vigor de ducali di sua serenità de dì 10 maggio 1696. Per li quali ducati 3600 doverà corrispondere questa magnifica ducal camera di Padova, in ragione di quattro e mezo per cento liberi et immuni da gravezze, di sei mesi in sei mesi, che sono per ogni ratta ducati mille otto cento, sono il livello assegnato sopra il dacio della macina [...] dovendo principiare a correre il prò di detto livello il giorno 30 giugno 1696 e così di sei mesi in sei mesi e di anno in anno [...] deve dare dalli 30 giugno 1699 sino 30 giugno 1700 £. 2232056 .
Una posta così complessa per attestare un debito di 80.000 ducati che comportò un impegno a corrispondere un certo interesse, quantificato in 3600 ducati all’anno. Il prestito era stato accordato dopo che era stato preso in garanzia il dazio macina;
56 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1211, c. 250. In questa stessa carta la contabilizzazione giunge fino al 30 giugno 1704, riportando una somma complessiva di £. 133487.12.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
in altri livelli affrancabili veniva generalmente dato in garanzia un bene fondiario che era fittiziamente venduto al prestatore, il quale, a sua volta, affittava lo stesso bene al debitore. Il canone pagato era pari agli interessi sul denaro avuto. In tal modo si aggiravano i condizionamenti morali e culturali che si opponevano al prestito a interesse57. Ottenere un credito così cospicuo dovette essere impresa non facile anche per un ente come l’ospedale cittadino, titolare di un vasto patrimonio immobiliare, tanto che alla fine la garanzia per l’erogazione, fu presentata dalla città di Padova che impegnò, appunto, i proventi del dazio macina. Alla contabilizzazione particolare degli interessi corrisposti su tale prestito nel 1731 fu tenuto un quaderno specifico della cassa contanti situata in piazza, nelle mani del fattore Ludovico Donadoni, tenuto a dare una certa somma, proveniente dalla camera fiscale cittadina, per pagare gli interessi sul debito dell’ospedale58 .
Considerando la natura medesima dell’ospedale cittadino, nel primo ’700 ancora luogo di cura e di generica accoglienza per i più poveri, fu deciso di contabilizzare separatamente il «granaro de formento di raggione del pio hospedale di San Francesco» che ad aprile 1699 contava 104 moggi e 8 stari di grano. Il prezzo di vendita del prodotto era pari a £. 68 il moggio, secondo quanto scritto in una posta attestante la vendita di 23 moggi del 23 maggio. Secondo il ristretto che va a tutto marzo 1700 la situazione era che in granaio rimanevano 915 moggi e 4 stari di frumento a fronte di una quantità ricevuta superiore a 2.875 moggi59. Stesso trattamento per il vino, conteggiato in un conto della caneva di proprietà dell’ospedale consistente, a fine marzo 1699, in 913 mastelli e quarti due.
57 L’uso del livello affrancabile fu assai diffuso in età moderna e fu molto praticato dai monasteri femminili, spesso veri e propri depositi di risorse finanziarie, come suggerisce Gigi Corazzol, Fitti e livelli a grano. Un aspetto del credito rurale nel Veneto del ’500, Milano, FrancoAngeli, 1979. 58 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1243. Il registro consta di 78 carte e giunge fino al 1761. Dal 1747 il debito si assestò a 59.000 ducati. 59 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1211, c. 339. Il moggio era costituito di 12 stari di 20/23 chili ciascuno.
Dal S. Francesco al nuovo nosocomio
Del vino fu presentato il solito ristretto che certificò come a fine marzo 1700 ne restavano in caneva poco più di 779 mastelli, che erano 614 al 30 giugno dell’anno precedente60 .
Alle spese di «medicaria» fu pure aperto un conteggio come anche a quelle di «speciaria»61. Questi computi, molto più oneroso il secondo del primo, danno informazioni solo molto generiche sul tipo di merce che l’ospedale era solito comprare62 . Notizie molto precise sulla farmacopea della seconda metà del ’700 erano invece presenti in diversa documentazione prodotta dall’Ufficio di sanità di Padova, braccio esecutivo di quello veneziano, destinatario di un ordine del senato veneziano del 3 settembre 1768 inteso a
impedire la continuazione di un mercimonio sì scandaloso, che oltre l’essere direttamente contrario al prescritto da sacri canoni e da bolle de’ pontefici, viene pure ad offendere li gelosi riguardi di salute e ferir l’interesse e la facoltà privativa de spetiali da medicine che devono perciò sottostare a pubblici aggravi ed essere responsabili di ogni difetto o disordine che derivar potesse dalle loro medicinali composizioni63 .
Le ispezioni che furono in tal modo autorizzate coinvolsero le spezierie dei monasteri, dei conventi e degli ospedali. I Provveditori potevano e dovevano recarsi dove ci fosse maneggio di preparati e accertarsi della qualità dei semplici, impedendo pure il commercio dei composti se non nelle forme autorizzate. Era stato fatto divieto agli enti ecclesiastici di aprire nelle città
60 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1211, c. 331. La vendemmia dell’ospedale dal 25 settembre al 21 ottobre 1699 produsse 402 mastelli di vino. Altri 71 ne comprarono. Inoltre in ottobre l’ospedale acquistò 90 mastelli di mosto al quale aggiunse una generosa quantità d’acqua ottenendo in tal modo la somma complessiva di 1.670 mastelli di vino. 61 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1211, c. 325 e c. 328. 62 La farmacia ospedaliera del nosocomio non era l’unica; anche il monastero di S. Maria di Praglia ne gestiva una a Padova in piazza del vino all’insegna dell’Agnus Dei per la quale corrispondeva £.12 l’anno di affitto al S. Francesco (ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1233, c. 143). 63 ASPd, Ufficio di sanità, b. 144, c. 3.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
spezierie anche se gestite direttamente da laici. Fu controllato tutto il territorio padovano e redatto un inventario di quanto fu trovato. Sciroppi, estratti, conserve, acque, droghe, tinture, unguenti, pillole, sali, balsami, estratti furono le principali categorie entro le quali si elencarono i diversi componenti: centinaia di semplici che opportunamente preparati costituivano il farmaco allora in uso. Non ci sono in questo interessante documento riferimenti alla spezieria ospedaliera, anch’essa sottoposta alle regole generali riguardanti l’esercizio della professione. Nei documenti di bilancio non c’era differenza alcuna tra i conteggi e, pertanto, il calcolo della spesa per farmaci non era, sotto questo profilo, diversa dalle altre.
Le somme legate all’uso della cucina, dell’olio, del sapone, della sacrestia furono tutte ritenute meritevoli di appositi conteggi. Curiosamente l’ospedale intestò molti conti a diversi monti che si identificavano nel quaderno per essere il monte dei pollami, del miglio, del mais, delle uova, della carne di maiale e di manzo, degli stracci, della paglia, delle galline, dei capponi, dei legumi. La preoccupazione di poter mantenere gli ospiti del nosocomio traspariva anche dalla contabilità dell’ente che, appunto, monitorò costantemente la spesa per alimenti e, più in generale, per il miglior funzionamento possibile dell’istituzione. L’ospedale fu anche ente economico, una particolarissima specie di proto azienda, intenta a valorizzare il proprio patrimonio poiché da ciò dipendeva largamente la possibilità di perseguire i fini statutari ai quali doveva ispirarsi la sua azione. Da questo punto di vista, allora, ben si comprende l’enorme lavoro impiegato dall’ente per predisporre e conservare la documentazione finanziaria. Questa, e questa sola, svela ogni aspetto dell’operatività e delle molteplici relazioni dell’ospedale di Padova. I medici del nosocomio nel secondo decennio del ’700 furono pagati £. 434 l’anno, al qual compenso si dovevano aggiungere galline, oche e 25 uova64. Fino alla
64 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1213, c. 398. Tre sono i medici elencati in questo registro. Il chirurgo percepiva un salario inferiore pari a £. 372 l’anno. Anche a lui spettavano galline, oche e uova (c. 392).
Dal S. Francesco al nuovo nosocomio
fine del secolo questo salario rimase costante almeno a tutto il 1798, passando a £. 648 l’anno successivo e a £. 672 nel 180065 . L’ospedale fu pure molto coinvolto nella vita finanziaria cittadina: parecchi monasteri intrattenevano con questo pio luogo rapporti debitori o creditori attraverso contratti di livello censuario, lo strumento più adatto per il mercato del denaro. Il Monte di pietà non era un ente nato per erogare prestiti cospicui e pertanto, in età moderna, il livello affrancabile divenne il mezzo per poter elargire prestiti elevati. I monasteri di S. Marco e di S. Maria erano creditori nei confronti dell’ospedale di 1.000 e 2.500 ducati che comportavano una spesa annua per interessi pari a £. 279 e a £. 697.10. L’interesse era stato determinato nella misura del 4,5%66 .
Le procedure contabili rimasero immutate per decenni, fino a quando, saltuariamente, si iniziò a corredare i quaderni di un indice, strumento assai utile all’uso dei registri medesimi. In più, se nei documenti del primo ’700 compariva, accanto a ogni posta, il riferimento a una carta di un giornale di cassa, tale annotazione in seguito non fu più mantenuta. Si tratta di un’anomalia importante. La serie dei giornali risulta non disponibile nel fondo del S. Francesco; potrebbe essere stata perduta oppure semplicemente non conservata, dopo che il quaderno era stato scritto. Una prima nota dovette pur essere stata fatta dal momento che, senza questa, mai un quaderno si sarebbe potuto redigere. Ancora più problematico è poi il fatto che nei quaderni di fine ’700 scomparve del tutto il riferimento al libro giornale. In questi registri i riferimenti sono tutti interni, dal conto individuale a quello della cassa generale dell’ospedale e, pur non rimandando a precedenti scritture, tuttavia di queste, non se ne poté fare a meno. Non avendo l’ospe dale per sua natura maneggio quotidiano di denaro, è verosimile pensare che i preposti alla contabilità, «calculadori» e quaderniere, disponendo di un certo tempo per compilare i
65 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1233, c. 286. 66 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1213, cc. 349-350. Molti titolari di livelli affrancabili erano persone fisiche.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
mastri, abbiano deciso di scartare ogni documento, giornali inclusi, che in realtà nulla di più fornivano in termini di informazione rispetto a quelli da loro redatti in un secondo momento. È del tutto inverosimile pensare che i quaderni siano stati scritti quando accaddero i movimenti finanziari appunto certificati; essi appartengono necessariamente a un secondo momento del procedimento contabile quando, sulla base di note di spesa e di entrata, esse possono essere trascritte all’interno di alcuni conti, spesso riferiti a più esercizi finanziari.
Tra le uscite che meglio qualificavano l’attività del S. Francesco vi furono quelle per la farmacia; dal 31 agosto 1775 al 31 marzo 1777 complessivamente si impiegarono £. 7282.19.6 e dal 13 aprile fino al 31 marzo 1778 £. 5043.-.6. L’anno successivo, fino al 31 marzo la spesa fu di £. 6917.1667. Tra maggio 1784 e aprile 1789 le spese furono ogni anno pari £. 7402.7, 2926.12, 2953.13.6, 2469.9 e 2773.14, evidenziandosi una diminuzione e poi un assestamento su valori simili nel quinquennio68. Per il medesimo periodo di tempo si dispone pure di un conteggio, appunto su base annuale, del conto dei salari. Dal mese di maggio 1784 fino al 30 aprile dell’anno successivo si impiegarono £. 5668.14 e poi per ogni successiva annualità £. 5705, 5727.16, 6070.8, 6541.8. Complessivamente si trattò di un esborso pari a £. 29713.6, in aumento rispetto ai conteggi riguardanti esercizi precedenti69. Un’ulteriore particolarità sta nel fatto che le spese, genericamente intese, furono scritte in questo quaderno senza tenere conto delle norme comunemente applicate e riguardanti l’iscrizione dell’importo nelle sezioni del dare e dell’avere. Tale fondamentale distinzione fu mantenuta nel conteggio della cassa dell’ospedale all’interno del quale ogni voce di spesa fu posta nella sezione dell’avere. Le uscite, divise in titoli, furono trascritte una dopo l’altra. Semplicemente queste sono scritte a cassa. Per i salari dal 30
67 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1227, cc. 372, 471. 68 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1229, cc. 575-576. 69 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1229, cc. 578-580.
Dal S. Francesco al nuovo nosocomio
aprile 1778 al 31 marzo 1779 l’importo fu pari a £. 5546.1470 . Per il funzionamento del pio luogo, soprattutto per assicurare il vitto ai tanti poveri che vi si affollavano, le uscite furono ben più elevate rispetto a quelle sostenute per le cure ai pazienti, se queste possono essere messe in relazione con le uscite per la farmacia. Dall’ottobre 1775 a marzo 1777 per una quantità di riso ignota si spesero £. 2876, per l’ortolano si spese di più, poco meno di £. 3000 l’anno e per acquistare olio, burro e sapone in sette mesi si contarono uscite per £. 1294.271. Il mantenimento della caneva costava molto, quasi £. 2500 l’anno, pressappoco tanto quanto l’acquisto di uova, che ammontò a £. 2475.10.6 dal 30 aprile 1777 al 31 marzo 177872. Per il grano si pagò meno: dal 26 agosto 1775 al 19 febbraio 1777 £. 2048.17.6 e dal 22 aprile 1777 al 19 aprile 1779 £. 120373. Molti altri impegni finanziari costrinsero l’ospedale a un sempre attento uso delle risorse disponibili, provenienti da affitti, livelli, donazioni e da molti livelli affrancabili. Secondo il ristretto firmato da Giuseppe Classer, quaderniere dell’ospedale, da aprile 1779 ad aprile 1780 entrarono in cassa £. 84424.5.6 e ne furono spese 81804.7.6. Il risultato fu in tal modo positivo e in cassa, maneggiata dal fattore Antonio Crivellari, restarono più di £. 260074. Durante l’esercizio precedente erano rimaste in cassa £. 508.10, ammontando le entrate a £. 71383.11.6 e le uscite a 70815.1075 .
Spesso accade che nella prima carta di questi quaderni si trovi scritto «Ospitale di S. Francesco fu fondato da madona
70 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1213, c. 471. Nel conto generale talvolta è specificato il profilo professionale dell’interessato al pagamento. Le informazioni sono davvero essenziali. 71 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1213, c. 374; 375; 373. 72 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1213, c. 369; 368. 73 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1213, c. 367. 74 Introiti e uscite oscillavano molto di mese in mese. A ottobre si incassò e si spese molto. In agosto e febbraio le uscite furono limitate e a febbraio e marzo anche le entrate furono assai modeste (ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1213, c. 490). 75 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1213, c. 461.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
Sibilla Bonifaria che morì l’anno 1421 li 15 dicembre. Con suo testamento 20 novembre di detto anno nodaro Zuanne Borghese come si vede in cattastico vecchio a c. 1»76. E ciò come a ricordare il soggetto diretto o indiretto delle partite descritte di seguito. Si elencavano per primi gli affittuari di fondi o case situati a Padova o nel territorio padovano ove l’ospedale possedeva beni. A ognuno si aprì un conto particolare che certificava il pagamento dell’affitto o del livello e la quantificazione dei beni in natura che il fondo produceva. Figuravano anche le obbligazioni a favore del nosocomio che gravavano o su altri luoghi pii, come l’ospedale della Casa di Dio, la pia Casa dei catecumeni di Venezia o la pia Casa del soccorso, mansionerie, fraglie, enti e benefici ecclesiastici77. Il quaderniere preparò poi il conteggio della cassa dell’ospedale che, a fine aprile 1780, contava £. 2634.11.6. Da maggio 1780 a marzo 1781, le entrate di cassa furono pari a £. 68287.1.4 e le uscite a £. 67663.12.6 per un avanzo di £. 623.8.1078. La rimanenza fu ancora maggiore l’anno seguente, quando ascese a ben £. 4459.13.479. Il trend fu positivo incrementandosi sia le riscossioni sia le spese, un fatto quest’ultimo, positivo per un ospedale che verosimilmente impiegava le risorse per provvedere ai bisogni dei più sfortunati. Nel ristretto annuale che giunge ad aprile 1784 gli introiti erano ascesi a £. 119832.1 e l’avanzo di cassa a £. 2299.580. Anche il bilancio dei costi per garantire ai poveri e loro famiglie grano sufficiente fu in questi anni in attivo. Non fu un conteggio in numerario, ma l’ospedale preferì tener conto dei moggi di grano entrati in granaio e di quelli impiegati per uso caritate-
76 ASPd, Ospedale S. Francesco, bb. 1233 e 1228. 77 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1228, cc. 287, 159, 151. 78 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1228, c. 363. G. Classer era il quaderniere e Antonio Crivellari il fattore. 79 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1228, c. 378. Le riscossioni erano state pari a £. 70570.12.4 e le spese a £. 66110.19. L’anno seguente l’avanzo fu un poco inferiore attestandosi a £. 3617.1.4. Durante l’anno erano lievitati i ricavi ma con essi anche gli esborsi. L’ospedale incassò ben £. 88397.19.10 (c. 393). 80 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1228, c. 408.
Dal S. Francesco al nuovo nosocomio
vole e di assistenza81. L’ospedale continuò a tenere conto delle uscite per altri generi alimentari e per accudire gli ammalati e i poveri. Si quantificarono le spese per fabbriche non meglio specificate che, da maggio 1780 ad aprile 1784, sommarono a £. 20155.2, per la farmacia a £. 37460.16.6 e per salari a £. 22679.682. Per la legna si spese una somma maggiore di quella impiegata per i salari.
Nel quinquennio seguente la situazione finanziaria generale non cambiò e l’ospedale continuò a contare avanzi di cassa di un qualche rilievo. Secondo il ristretto presentato a fine aprile 1785, restarono in cassa £. 3831.13.6 e ne erano state incassate 96095.9.683. Era allora fattore Stefano Ghisleri. Ad aprile 1786 in cassa c’erano ben £. 8555.18.8, a fronte di esborsi pari a £. 69712.9.6; un anno dopo l’avanzo era sceso a £. 3769.7.8, lievitando a £. 5360.10.2 ad aprile 1788, avendo introitato risorse per £. 94550.19.2 e assestandosi a £. 2964.1.8 nell’aprile del 1789, avendo speso complessivamente la somma di £. 83629.384. Non si può certo dire che le condizioni del S. Francesco fossero poi così critiche, almeno stando ai bilanci presentati annualmente che pure, come ogni bilancio, consentono di mascherare almeno in parte situazioni anche difficili85. Il 30 aprile 1790 in cassa rimasero poche lire solamente 543.13.6 poiché gli esborsi furono quasi pari alle entrate di £. 94665.19.686 . L’anno seguente l’avanzo migliorò sensibilmente, assestandosi a £. 3427.15, a fronte di esborsi pari a £. 72493.13, nel 1792 fu di
81 Tutti i dati necessari per fare un conteggio assai preciso sono in ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1228, cc. 445-457. Ci sono anche i ristretti anno per anno. 82 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1228, cc. 604, 633, 636-637. 83 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1229, c. 344. 84 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1229, cc. 359, 374 (gli introiti erano stati pari a £. 84172.12.2), 389, 404. 85 Sul bilancio come fonte della ricerca storica Gaia Petroni, I bilanci degli ospedali di San Luca e di Fregionaia, in Dal monastero allo Spedale de’ Pazzi. Fregionaia da metà Settecento al 1808, a cura di Renzo Sabatini, Roma, Donzelli, 2012, pp. 169-180. 86 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1231, c. 425. Segnalo che questo quaderno inizia a c. 391.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
£. 4903.6.6, nel 1793 addirittura di £. 13359.13, avendo riscosso $ 102220.14, dimezzandosi quasi l’anno successivo ascendendo a £. 5562.11, ma avendo speso £. 103127.11.6; nel 1795 il risultato fu pari a £. 4838.17.7 con una spesa di £. 95170.14 e nell’anno successivo si erogarono £. 96122.1 e l’avanzo si fermò a £. 3031.12.187. Considerando le uscite per i salari nello stesso periodo, da maggio 1789 ad aprile 1794, esse aumentarono lievemente rispetto ad esercizi precedenti. Anche questo è un segno di disponibilità finanziaria del nosocomio padovano: nel primo periodo, fino al 30 aprile 1790, la somma fu pari a £. 6762.5, poi a £. 7173.18, ad aprile 1792 a £. 6939.6 e nell’anno successivo a £. 7090.788. Un capitolo di spesa particolare intestato alla fabbrica del nuovo ospedale non compare in questo quaderno: c’è solamente il tradizionale conteggio intestato genericamente a fabbriche, ma gli importi registrati, mediamente meno di £. 4000 l’anno, non possono riferirsi agli interventi, ben più onerosi, per l’edificazione del nuovo ospedale.
Nessuna crisi finanziaria colpì il S. Francesco prima che questo fosse abbandonato per il nuovo ospedale. Non fu una congiuntura finanziaria negativa a spingere la città a edificare un nuovo ospedale, quanto la coscienza che le condizioni del vecchio stabilimento erano ormai tali da non consentire più un adeguato esercizio né della cura né dell’assistenza. I beni che per secoli avevano sostenuto il S. Francesco continuarono a farlo, onorando così la mission originaria, in un ospedale nuovo e moderno. Dopo la contabilizzazione della cassa seguono diversi conteggi dei generi più importanti: grano e vino, lasciando in bianco un gran numero di carte del quaderno stesso.
Le condizioni finanziare del S. Francesco, proprio quando si stava pensando di avviare l’edificazione di un nuovo ospedale erano in buona salute. L’arrivo dei francesi in città e la caduta della Repubblica di Venezia non hanno dato luogo nei li-
87 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1231, cc. 441, 457 (gli introiti furono di £. 94643.3.6), 473, 488, 502, 519. 88 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1230, cc. 333-334.
Dal S. Francesco al nuovo nosocomio
bri contabili dell’ospedale a particolari innovazioni. Solamente si nota che alcuni titolari di poste erano ora chiamati cittadini o cittadine, quando non nobili. Sembra che nulla fosse avvenuto: molte poste continuarono a registrare movimenti finanziari avvenuti prima e dopo la rivoluzione del 1797. E in effetti non c’era proprio motivo per mutare procedure consolidatesi nei secoli e nemmeno vennero meno le ragioni di tante partite che avevano attraversato tutta la storia del S. Francesco. La Scuola della carità con continuità aveva da sempre gestito le risorse provenienti da un livello disposto attraverso un legato voluto da Sibilla Bonafari e destinate all’approvvigionamento di cera89. In molti altri casi, poi, contratti stipulati anche nei primi decenni di vita dell’ente si perpetuarono attraverso gli eredi, che avevano considerato vantaggioso non risolvere i vecchi patti, come nel caso degli eredi di Pietro Foscarini, che continuarono a pagare l’affitto per una casa presso la chiesa degli Eremitani, in base a un contratto stipulato nel 1539. Giunta la rivoluzione in città, la vecchia posta contabile non subì alcun mutamento, i municipalisti scelsero di non marcare l’avvenuto mutamento istituzionale. Addirittura molti introiti arrivavano al S. Francesco sulla base di contratti stipulati anche prima che il nosocomio fosse stato costruito. Alcuni beni giunti in proprietà di Sibilla, già dalla seconda metà del ’300, continuarono a costituire il patrimonio dell’ospedale per secoli90 .
Quando l’ospedale al pari di tutti gli altri enti ecclesiastici della città e del Padovano fu richiesto di presentare una polizza d’estimo attestante proprietà e rendite dell’ente, Francesco Saetta quaderniere, compilò tale documento certificando solamente i capitali censuari a credito del pio luogo. Si trattava complessivamente di 18 contratti, stipulati di recente, per una somma complessiva di 27.632 ducati91. Diversa fu la po-
89 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1233, c. 127. 90 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1229, c. 187. 91 ASPd, Estimo 1797, Ecclesiastici, b. 30, polizza n. 592. La pia Casa di Dio aveva 14 contratti di livello affrancabile.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
lizza del pio ospitale di S. Maria della carità che denunciò più di 200 contratti di livello tra i quali solamente 14 affrancabili. Nessuno di questi coinvolgeva il S. Francesco. A favore di quest’ultimo, alcuni dei beni della scuola erano obbligati a corrispondere annualmente una contribuzione, descritta come aggravio alla rendita. Finanziariamente la Scuola fu molto più impegnata a rispettare le proprie obbligazioni nei confronti della Casa di Dio piuttosto che nei confronti del nosocomio cittadino92. Nemmeno il conservatorio delle zitelle gasparine di Padova doveva alcunché al S. Francesco93. Tra enti ecclesiastici, e in particolare tra enti dediti all’assistenza, circolava denaro attraverso aggravi su quanto si riscuoteva a diverso titolo da ogni ente e questo dipendeva dalla volontà dei testatori che spesso affidando un bene a un ente ecclesiastico imponeva pure che parte della rendita fosse girata a un ente terzo. Così, un ente come la Casa di Dio, pur in possesso di un patrimonio inferiore a quello del S. Francesco, poteva godere di risorse provenienti da beni di proprietà altrui. Il S. Francesco fece sempre conto sulle risorse proprie delle quali era stato investito cospicuamente già dal momento della fondazione94 .
Dopo più di tre secoli di attività, l’ospedale intratteneva ancora un elevato numero di contratti d’affitto della propria vasta proprietà fondiaria. Ogni contratto fu raccolto in un registro, numerato e redatto seguendo un modello a stampa riportante in alto il logo dell’ente e l’intestazione Ospitale di S. Francesco. Ogni contratto iniziava il giorno di S. Giustina e durava tre anni in modo tale che ogni conduttore avesse la possibilità di effettuare tre raccolti e potesse così pagare tre affitti interi. Il patto era stipulato tra il priore dell’ospedale e due membri, scelti tra i più vecchi del sacro Collegio degli eccellentissimi si-
92 ASPd, Estimo 1797, Ecclesiastici, b. 28, polizza n. 317. Gli aggravi furono quasi pari alla rendita lorda che ascendeva a £. 49497.4. L’imposta si calcolò su poco più di £. 14000. 93 ASPd, Estimo 1797, Ecclesiastici, b. 28, polizza n. 333. 94 La dotazione iniziale del S. Francesco risulta dalla trascrizione di Francesca Fantini D’Onofrio, MCCCCXIIII Primo libro delle proprietà dell’Ospedale di San Francesco di Padova, Padova, Stampa Offset Invicta, 2002.
Dal S. Francesco al nuovo nosocomio
gnori dodici, i quali davano esecuzione a una precedente decisione adottata dal Collegio riguardante la proprietà da affittare e il nome dell’affittuario. Si fissavano le obbligazioni che generalmente prevedevano numerario e generi, all’interno di un obbligo più generale di custodia e di miglioramento del fondo concesso. Questo tipo di accordo era molto gravoso per il conduttore che, oltre a conferire generi e pagare l’affitto, era pure tenuto a portare presso il granaio dell’ospedale i grani e a pagare il dazio. Soprattutto egli era tenuto al rispetto delle clausole contrattuali indipendentemente dall’andamento del raccolto, che era strettamente legato a condizioni assolutamente non dipendenti dalla volontà dell’affittuario. Si trattava del tradizionale contratto «a terra e fuoco» tipico nella campagna veneta. Non poteva tagliare alberi e nemmeno costruire alcunché, ma nel caso di interventi edilizi voluti dall’ospedale, egli era tenuto a portare il materiale occorrente a sue spese e fornire prestazioni d’opera come manovale. Era pure tenuto a seminare a grano due terzi dell’intera proprietà. Talvolta al contratto si aggiungevano altre obbligazioni, come il pagamento di un debito pregresso95. Il contratto era preparato dal quaderniere e in alcuni casi compariva anche un garante. Dal 7 giugno 1785 al 26 febbraio 1796 furono perfezionati 128 contratti che attestano l’esistenza di un cospicuo patrimonio fondiario dell’ospedale. La medesima procedura fu seguita per ordinare gli affitti di case di proprietà ospedaliera. In questo caso il formulario era assai più semplice, limitandosi a definire il canone d’affitto, l’obbligo di consegna dell’immobile a scadenza nelle condizioni in cui era stato locato e l’impossibilità di sublocare ad altri. Dal 26 febbraio 1796 al 25 maggio 1802 furono stipulati 96 contratti di locazione. L’ultimo atto dell’età veneziana fu perfezionato il 31 agosto 1796, il primo della Padova democratica, il 30 agosto 179796. Il quaderniere F. Saetta mantenne l’im-
95 ASPd, Ospedale S. Francesco, b. 1256, contratto numero 153. 96 Così denominata da G. Silvano, Padova democratica. Finanza pubblica e rivoluzione.