22 minute read
Un bilancio dell’ospedale prima della riforma
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
inizialmente un vero e proprio luogo di ricovero e cura in particolar modo chirurgico, ma dopo l’intervento di Crispi si cercò di individuarne una mission alternativa, che non si confondesse con quella dell’ospedale civile e delle cliniche universitarie. Furono presentate diverse proposte di riforma e alla fine prevalse l’idea di ridurre il Fatebenefratelli a luogo di ricovero non specialistico, aperto anche alle esigenze dei convalescenti. Nei bilanci dell’ospedale civile, questo istituto continuò a comparire come ente preposto all’accoglienza di malati cronici e convalescenti, potendo erogare i propri servizi nei limiti imposti dalle risorse sulle quali poteva contare12 .
Advertisement
Un bilancio dell’ospedale prima della riforma
Ai sensi della legislazione sanitaria italiana, che Crispi aveva contribuito a riformare non solo con il provvedimento del 1890, ma soprattutto con quello di poco precedente del 1888, promulgando il Codice d’igiene e sanità pubblica, la presentazione del bilancio dell’ospedale cittadino aveva assunto il carattere di un avvenimento pubblico. Il documento doveva essere pubblicato nel registro degli Atti municipali ed esposto nei luoghi più frequentati. Ogni opera pia e, in seguito, ogni istituto di pubblica beneficenza, era tenuto a seguire questa procedura: veniva pubblicato un avviso generale contenente le informazioni essenziali per accompagnare il cittadino interessato a visionare il documento di bilancio, che, generalmente, rimaneva a disposizione per una settimana. Anche prima dell’entrata in vigore di tale normativa, l’amministrazione dell’opera pia, denominata Spedale civile, avvisava
12 Il Fatebenefratelli poteva, secondo le più diverse indicazioni, essere adibito «per le malattie causate da traumi o che si specializzi ancor più facendone un reparto per la cura radicale degli erniosi, o che se ne faccia un nosocomio misto per bambini e adolescenti d’ambo i sessi, o che si voglia adibirlo per il ricovero di quei fanciulli che, non potendo essere accolti nella clinica pediatrica, non devono essere ricoverati in sale comuni agli adulti», P. Borgonzoli, L’azione dello spedale, p. 27.
Verso la grande riforma: l’ospedale istituto pubblico di assistenza
che i bilanci presuntivi, tanto di questo Spedale quanto delle altre opere pie tenute sotto la stessa amministrazione, e qui in seguito specificate, rimarranno depositate presso la segreteria della locale direzione per giorni otto consecutivi, ossia dal primo all’8 ottobre p.v. inclusivo, dalle ore 9 antimeridiane alle 3 pomeridiane, con facoltà a chicchessia di prenderne visione e presentare alla scrivente i suoi eventuali reclami13 .
Questo avvenne il 20 settembre 1871. L’ospedale, che amministrava e poteva contare sugli introiti di sei commissarie, era, a sua volta, sottoposto all’occhio vigile dalla Congregazione di carità. Il bilancio era un documento complesso, ricco d’informazioni sul profilo dell’ente. Il rendiconto consuntivo 1872 dello Spedale civile, detto Pubblico generale, di Padova fu preparato dal servizio ragioneria dell’istituto, che suddivise le entrate in tre titoli: rendite patrimoniali, avventizie, interinali e di giro e le uscite in spese d’amministrazione, di beneficenza interna, di beneficenza esterna, in partite interinali e di giro. Le rubriche riguardanti sia le rendite sia le spese erano numerose e nel complesso mostravano con precisione le funzioni del nosocomio cittadino. A fine 1872 la differenza tra entrate e uscite, calcolata tenendo conto dei residui dell’esercizio 1871 e delle somme in dare e in avere per competenza 1872, è pari a 48.414,34 lire, pure a fronte di un saldo attivo di 13.196,84 lire, se si considerano sia le somme esatte sia i residui pari a 13.196,84 lire14 .
Il consuntivo 1872 e lo stato della cassa mettono a disposizione i dati essenziali riguardanti l’ente. Le entrate complessi-
13 ASPd, Prefettura italiana, b. 939, fasc. Prefettura di Padova, I/26, anno 1871. Le opere pie amministrate dall’ospedale erano sei commissarie: Dal Fiume, Ceroni, Capodilista, Fontaniva, Orologio, Volpe. Qualche anno dopo, nel bilancio dell’ospedale del 1872, la commissaria Volpe risulta amministrata dalla Commissione di pubblica beneficenza. 14 I dati complessivi sono stati resi disponibili in Appendice B. Qualche utile apporto è pure presente nel saggio di Andrea Antonelli, Cenni storici sull’origine e sulle vicende dello spedale civile di Padova, Padova, L. Penada, 1885, pp. 71-96. Si tratta di un bilancio che esprime fedelmente attività e passività dell’ente e la sua mission.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
ve, insufficienti a far fronte a tutte le uscite, coprivano, tuttavia, onorari, spese d’ufficio, affitti, pensioni, salari, medicinali, combustibili e altro ancora; qualche ritardo si registrò nel pagamento d’imposte e d’interessi su capitali a mutuo. L’ospedale, opera pia, era tenuta al pagamento dell’imposta prediale sulla rendita imponibile degli immobili e su quella censuaria dei fondi rustici15. Nella provincia di Padova le partite erano complessivamente 82, e solo 6 erano immobili. Alcune tra queste proprietà erano anche gravate da una sovrimposta comunale. La somma era pari a poco meno di 28.000 lire e, di queste, rimanevano da pagare solo 22,26 lire16. Altre proprietà l’ente vantava nelle province di Venezia, ad Arino, Fossò, Vigonovo, Mellaredo, Pianga e di Verona a Zimella, Quinto, Cerea, Porto Legnago. Si trattava di altre 18 proprietà. L’ospedale saldava un’imposta consorziale agli esattori di 23 consorzi, Bacchiglione e Brentella, Tergola, Quinta Presa, Sesta Presa, Fossa Paltana, Colli Euganei e altri ancora. Pagava pure all’esattoria comunale di Padova la tassa di ricchezza mobile sul ricavato da obbligazioni sulle Valli veronesi; alla tesoreria provinciale le trattenute sul pagamento degli interessi posticipati sopra obbligazioni dello Stato e al ricevitore dell’Ufficio del Registro la tassa successioni e manomorta. L’ospedale onorò le non poche obbligazioni tributarie alle quali era sottoposto con puntualità e il debito si assestò a poco meno di 23 lire. Una somma così esigua non significa che il debito dell’ospedale a titolo d’impo-
15 Quando si rese necessario procedere all’unificazione del Regno sul piano degli ordinamenti, la Destra storica si era trovata costretta a omogeneizzare sistemi tributari diversi tra loro, giungendo all’approvazione, il 14 luglio 1864, del conguaglio provvisorio dell’imposta fondiaria. Fu un risultato importantissimo, conseguito lo stesso giorno in cui fu approvata la legge istitutiva dell’imposta sui redditi di ricchezza mobile. A proposto della fondiaria, Marco Minghetti ricordò alcuni anni dopo l’approvazione «Chiunque risalga col pensiero ai primordi del Regno d’Italia ricorderà facilmente come, non appena le diverse province della penisola si furono riunite, si manifestò universale e vivissimo il sentimento della perequazione nella imposta fondiaria che essi pagavano», citato in Gianni Marongiu, Storia del fisco in Italia, I, La politica fiscale della Destra storica (1861-1876), Torino, Einaudi, p. 77. 16 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte passiva, allegato IV.
Verso la grande riforma: l’ospedale istituto pubblico di assistenza
ste fosse realmente così basso, giacché a bilancio non risultano eventuali debiti d’imposta.
Ben più consistente era l’importo non ancora pagato per interventi edilizi contabilizzati nel 1872 sulle proprietà dell’ospedale. Sono a bilancio 73 ordini di pagamento e, fra questi, uno a favore di un muratore, di un falegname e di un «finestraio» per lavori eseguiti in piccole abitazioni concesse gratuitamente a povere vedove della città. Per lavori eseguiti su altre proprietà dell’ospedale, non furono effettivamente pagate più di 1.000 lire e, per far fronte al debito, l’estensore del bilancio annotò che si sarebbe addebitata la commissaria Volpe17. Indicativo era anche il debito per interessi su somme prese a prestito grazie a due livelli censuari contratti, il primo, nel 1723 e, il secondo, nel 1755. Le somme mutuate erano originariamente conteggiate in fiorini, l’interesse fu calcolato sull’equivalente in lire al tasso del 5 e del 3%. Con ogni evidenza l’ospedale intese non affrancare il capitale mutuato18. Non pagò nel corso del 1872 gli interessi, pari a 2.351 lire, alla tesoreria provinciale di Padova, sulla metà del capitale dipendente dall’affrancazione di due legati, ma puntualmente liquidò gli interessi alla Banca del Popolo di Padova su capitali presi a prestito e regolarmente autorizzati dalla prepositura dell’ospedale.
Sessantadue tra enti e persone fisiche erano titolari di un contratto di livello. Tra questi figurano l’ospedale Fatebenefratelli di Padova, creditore di 7,57 lire, S.A.R. ex arciduca di Modena di 53,64 lire, la commissaria Volpe, amministrata dal-
17 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte passiva, allegato V, partita 36. L’ospedale doveva oltre 600 lire al comune di Padova, che aveva provveduto a sistemare il porticato di via S. Francesco (partita 68), e poco meno di 6.000 lire per altri lavori eseguiti ma non specificati per il pagamento dei quali si obbligarono le rendite della commissaria Fontaniva per l’anno 1872 e 1873 (partita 70). 18 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte passiva, allegato VII, partite 1-2. I notai che rogarono gli atti furono Tommaso Festari e Francesco Fantuzzi. Le somme mutuate erano pari a fiorini 2.084.125, equivalenti a 5.145,99 lire e a fiorini 3.707.525 pari a 9.154,52 lire. L’importo annuo degli interessi era di 257,28 e di 274,63 lire.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
la Commissione di pubblica beneficenza di Padova, di 18,90 lire19. Molti erano gli enti ecclesiastici che godevano gli interessi su un livello censuario contratto dall’ospedale: la Congregazione dei parroci, benefici parrocchiali, cappellanie, il seminario, la mensa vescovile e fabbricerie diverse, ma non pochi erano anche i privati cittadini che riscuotevano somme: Pietro Selvatico, Arpalice Papafava, Moisè Vita Jacur, Antonio Dondi dall’Orologio, Giulio Mussato, Benedetto Giovanni Selvatico Estense, Francesco De Lazzara e molti altri ancora. Analogamente l’ente ospedaliero doveva sobbarcarsi gli aggravi che insistevano sui legati a suo favore, come accadeva da secoli nel caso della
commissaria Volpe Giacomo, istituita con testamento 26 settembre 1423, in forza del quale, le cinque qui sotto descritte, oltre l’uso gratuito delle cinque casette poste in Padova, descritte in allegato fitti, percepiscono stara 6 frumento e lire 1,52 per cadauna20 .
Tra gli enti beneficiari ci sono molte cappellanie e mansionerie, l’Istituto degli esposti e chiese della provincia.
La tipologia delle spese contabilizzate era davvero assai articolata: tra queste si conteggiarono esborsi a favore del personale per prestazioni particolari e nell’allegato pensioni e vitalizi sono a carico dell’ospedale sei persone. Tali uscite furono regolarmente saldate e non dettero luogo a debito alcuno. Con la stessa puntualità l’ospedale pagò i salari al proprio personale. I dipendenti erano divisi in quattro sezioni: la prima raccoglieva tre primari, 10 medici e impiegati e due cappellani che percepivano mensilmente tra poco più di 100 e poco meno di 44 lire21. Il secondo gruppo di addetti era costituito dalle suore terziarie infermiere delle sale, 20 in tutto, che riscuotevano, ciascuna, 29,37 il mese. Gli infermieri di sala e i facchini erano
19 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte passiva, allegato VIII, partite 60, 58, 52. 20 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte passiva, allegato IX, partita 6. 21 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte passiva, allegato XIII, partite 1-21.
Verso la grande riforma: l’ospedale istituto pubblico di assistenza
37 e percepivano salari variabili, attorno a 40 lire mensili. Infine c’erano gli infermieri e i facchini in servizio presso le quattro cliniche universitarie: sette in clinica medica, sei in quella chirurgica, cinque in oculistica, due in ostetricia, gli uomini di fatica erano complessivamente due. Questi ultimi guadagnavano 40,18 il mese; l’infermiere in chirurgia e medicina 45,92 e in oculistica 42,86. Nel complesso per i salari l’ospedale spendeva annualmente 11.809,40 lire per medici e impiegati, 5.255,59 per le suore terziarie, 13.731,98 per gli infermieri e 9.412,65 per quelli delle cliniche universitarie. La contabilizzazione dei salariati dell’ospedale era piuttosto complessa. Mensilmente l’ente emetteva un mandato di cassa del valore dei salari dovuti e un documento riassuntivo suddiviso in categorie salariali: suore terziarie e laiche infermiere, infermieri di sala, personale sanitario, di cucina, di farmacia, di guardaroba e di lavanderia. Seguivano gli elenchi nominativi del personale, che riportavano il compenso annuale e mensile22 .
Se qualche debito l’ospedale pur si accollò per il pagamento d’interventi di manutenzione, assai puntuale si mostrò invece nel pagamento delle forniture di generi alimentari e, più in generale, di quanto era necessario al ricovero del paziente. Veniva fatto il conto delle presenze giornaliere in ognuna delle divisioni ospedaliere e a ogni giorno di degenza era riconosciuto un determinato importo. Nel 1872 ogni giorno di ricovero di maniaci, scabbiosi, sifilitici e di meretrici comportava un esborso di 1,30 lire; per i malati comuni la spesa era pari a 0,95 centesimi il giorno. Il costo totale per patologia era pari a 29.364,40 per i maniaci, a 240,50 per gli scabbiosi, a 15.217,80 per i sifilitici e le meretrici e a 77.035,50 per tutti gli altri23. Il grafico 4 riporta il numero dei giorni di degenza, suddivisi per patologia, su base mensile con riferimento al 1872.
22 ASPd, Ospedale Civile, San Francesco, b. 1555, 1885, titolo 4°, Spese di beneficenza, XVII, Salari. 23 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte passiva, allegato XV, partita 1. Complessivamente la spesa era pari a 121.858,20 lire.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
10.000
9.000
8.000
7.000
6.000
5.000
4.000
3.000
2.000
1.000
0 gennaio marzo maggio luglio settembre novembre
Grafico 4
Maniaci
Scabbiosi
Sifilitici e meretrici
Malati comuni
La seconda partita era parzialmente diversa: essa si riferiva ai degenti presso le cliniche universitarie ed è organizzata tenendo conto del costo del tipo di dieta dei pazienti. Queste erano quattro e a ciascuna corrispondeva un prezzo oscillante da 0,84 centesimi a 2,30 lire. Per ogni dieta, mensilmente, si conteggiavano le giornate di ricovero che erano state, nel 1872, 21.822, contro le 115.569 calcolate in ospedale. La spesa fu pari a 36.681,40 lire per l’intero anno. Quest’uscita figura a carico dell’ospedale in base all’accordo del 31 ottobre 1870 che aveva consentito la stipulazione di un contratto, il 6 giugno 1871, tra l’erario e l’ospedale. Questo aveva fissato il corrispettivo a favore dell’ospedale «i quali importi emergono in attivo nell’allegato X dozzine del R. Erario». Era operativo un vero e proprio protocollo d’intesa tra l’amministrazione dell’ospedale civile di Padova e le cliniche universitarie in base al quale l’ospedale si accollava le spese di degenza dei pazienti in esse ricoverati, potendo contare su un contributo erariale determinato per legge. Fu compito del Ministero dell’Interno attivare e perfezionare questo tipo di contratti.
Per cassa l’ospedale pagò le spese riguardanti oggetti di culto. Si trattava di esborsi per cera, vino da consacrare, biancheria da usare per gli altari delle divisioni ospedaliere e per il tem-
Verso la grande riforma: l’ospedale istituto pubblico di assistenza
pietto dell’istituto, che, nell’insieme, ascesero a 613,30 lire24 . Ben più consistente era la spesa per accogliere gli affetti da vaiolo presso il lazzaretto comunale agli Ognissanti. Anche in questo caso l’ospedale aveva stipulato una convenzione in base alla quale amministrava il lazzaretto ed era finanziariamente responsabile di 12 presenze giornaliere a una lira il giorno. Questo contributo era classificato come una «dozzina». Anche per i salari vigeva un accordo; il primario era a carico del comune e l’assistente dipendeva dall’ospedale. Cappellano, infermieri e inservienti erano salariati del comune, che pure provvedeva al vitto degli ammalati e degli infermieri «reclusi», al salario degli addetti alle cucine e alle spese di funzionamento25. L’ospedale distribuiva risorse anche a titolo di elemosina e di sussidio. In questo caso particolare, il contabile determinò anzitutto l’ammontare delle risorse disponibili a tal fine nel corso del 1872, per descriverne, poi, l’impiego. La somma era stata fissata in 915,85 lire che fu assegnata ai medici dell’ospedaletto di Abano, dove i poveri di Padova e di Abano potevano recarsi per cure termali gratuite, godendo anche delle risorse a ciò destinate da Giovanni Dondi dall’Orologio nel suo testamento del 1789. Altri fondi andavano al vetturale che trasportava, da Padova ad Abano e viceversa, pazienti poveri. L’ospedale non onorò prontamente queste obbligazioni, tanto che restarono da pagare 932,38 lire26 .
Il nosocomio era anche attivo nell’assegnazione di doti a fanciulle bisognose. La povertà di molte famiglie impediva alle figlie di contrarre matrimonio o di entrare in convento, poiché una dote, pur modesta, era condizione irrinunciabile per spo-
24 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte passiva, allegato XXI. 25 Complessivamente la spesa fu pari a 2.852,53 e coprì il periodo estivo del 1872 (ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte passiva, allegato XXIV). 26 L’ospedale amministrava anche fondi derivanti da atti di ultima volontà, come nel caso del legato di Antonio degli Ovetari del 1843 per «redimere i carcerati per debiti» o del testamento di Santa Bidella del 1446, a favore di prigionieri, a titolo di elemosina, per pane e vivande (ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte passiva, allegato XXVIII).
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
sarsi o per monacarsi27. L’ente poteva, a questo fine, contare su alcune commissarie che mettevano a disposizione mezzi da destinare a doti. L’ospedale amministrava tale ricchezza e garantiva la realizzazione delle finalità che i diversi testatori avevano espresso istituendo, appunto, le commissarie. Nel 1514 Marco Fontaniva ne aveva istituita una, che assicurava la possibilità di finanziare ogni anno 21 doti del valore di 153,82 lire ciascuna. Le fortunate appartenevano a diverse parrocchie cittadine28. Per le stesse finalità, l’ente poté contare sugli interessi derivanti da un deposito presso la Cassa di risparmio cittadina e dai fitti di un fondo che complessivamente, tenuto conto anche di un resto dell’anno precedente, avevano messo a disposizione la somma complessiva di 3.551,27 lire nette, dopo che erano state pagate varie imposte, tasse e quota d’amministrazione alla Congregazione di carità e
con l’importo suddetto il consiglio d’amministrazione nella sua seduta del 20 febbraio 1873 deliberò la distribuzione a sole grazie n. 16, che a £. 153,82 per cadauna, danno l’importo di £. 2.461,12, limitando, anche in quest’anno, la beneficenza, onde formar il fondo per far fronte ai lavori di ristauro nelle fabbriche della commissaria Fontaniva, fondo che per l’anno 1872 ascese a 1.090,15 lire.
La seconda partita si riferiva alla commissaria istituita nel 1725 da Girolamo Dal Fiume per beneficiare due fanciulle residenti nelle parrocchie di S. Giorgio e di S. Agnese di Padova. In questo caso l’importo della dote era pari a 96,26 lire. La commissaria Ceroni, istituita dall’arciprete di Vigodarzere nel 1799, metteva a disposizione annualmente 9 doti del valore di 31,52 lire da mettere a disposizione di fanciulle residenti nel comune. Infine la commissaria Capodilista, istituita nel 1616, attribuiva annualmente 176,44 lire a una donna della parrocchia di S. Daniele e 56,72 lire a quattro fanciulle residenti nelle località
27 G. Silvano, A beneficio dei poveri, pp. 391-425. 28 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte passiva, allegato XXIX. L’importo originario era pari a 50 ducati e a fiorini 62.30.
Verso la grande riforma: l’ospedale istituto pubblico di assistenza
di Montecchia, Tribano, Mandria e Castelnuovo. Le doti erano pagate per cassa.
Nel bilancio 1872, infine, risultava ancora non pagata una somma pari a 465,58 lire, che l’ospedale doveva accreditare a un fornitore per somministrazioni avvenute nel 1866, a favore di militari italiani, ricoverati nei tre ospedali militari temporanei di S. Agostino, S. Giustina e Seminario29. Le passività dell’ospedale, come appaiono rendicontate in bilancio, mettono in evidenza una serie di obbligazioni, di diversa natura, che l’ente, nella maggior parte dei casi, onorò entro i termini fissati, con la stessa puntualità che si riscontra nella sezione delle attività.
L’ente intratteneva, a titolo d’affitto di abitazioni e di fondi rustici, 166 contratti. Molti erano a titolo gratuito, come quelli che regolavano l’uso di alcune casette destinate a vedove indigenti30. L’affitto dei locali in uso alle cliniche universitarie, per un importo complessivo di 2.000 lire l’anno, era girato all’ospedale direttamente dall’erario regio. Tra i conduttori figurano il comando militare, che affittò i bagni termali di Monteortone, il comune cittadino, che locò gli spazi per un cimitero militare nel circondario esterno della città e molti privati cittadini. Assai importanti erano le entrate che l’ospedale fece proprie a titolo d’interesse su capitali dati a mutuo. Anche sotto questo profilo, l’ente, nel 1872, manifesta ancora caratteri tipici degli enti assistenziali ed ecclesiastici d’antico regime, da sempre attivi nel mercato dei livelli censuari. Trentanove mutuatari avevano complessivamente avuto dall’ospedale somme pari a 198.546,10 lire, che fruttavano, a titolo d’interessi, 10.045,98 lire l’anno31. Una somma ancora maggiore l’ospedale lucrava dallo Stato per interessi sul debito pubblico. Alcuni importi non sono contabilizzati perché l’accredito degli interessi era in scadenza dopo il 31 dicembre 1872. Tutti i certificati del debito pubblico sottoscritti erano stati emessi a un interesse del 5% e solo l’acquisto effettuato
29 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte passiva, allegato XXXV. 30 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte attiva, allegato I. Via Fillastretta è il vicolo Caterina Davila. 31 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte attiva, allegato IV.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
in base all’offerta del 5 novembre 1869 assicurava un interesse del 3%. Alcuni certificati erano di proprietà della commissaria Ceroni e altri erano obbligazioni del prestito 1859 n. 23 che garantivano 2,46 lire per ciascun titolo posseduto. L’ospedale investì anche in cartelle del debito pubblico, che assicuravano il medesimo interesse e poteva contare su cinquantotto partite attive, che garantivano all’ente esazioni pari a 17.920,73 lire, tutte per cassa32. I livellari erano 150 che portavano all’ospedale generi e numerario per un importo complessivo pari a 11.089,44 lire33 .
Le cosiddette «dozzine» coprivano costi che, altrimenti, l’ospe dale non poteva fronteggiare, le obbligazioni alle quali era tenuto, non solo per legge, ma in base allo statuto e alla propria mission. L’erario doveva regolare al nosocomio i costi per il trattamento dei «malati clinici», ascendente a 41.907,06 lire per tutto il 187234. La stessa fonte sosteneva pure la cura dei detenuti, quasi 2.400 lire nel 1872, delle meretrici sifilitiche, per un importo di poco inferiore a 17.000 lire, delle guardie doganali, di pubblica sicurezza e dei vaiolosi ricoverati presso il lazzaretto comunale. I comuni della provincia di Padova davano un contributo per il ricovero di propri residenti in ospedale a Padova, così come ogni comune di residenza del ricoverato era obbligato a finanziare l’assistenza dei propri ammalati dichiarati poveri, vigendo la regola della reciprocità. A questo titolo l’ospedale incassò oltre 100.000 lire, rimanendo in credito di un importo inferiore a 9.000 lire35. Una som-
32 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte attiva, allegato V. 33 Il conteggio fu fatto tenendo conto del prezzo unitario per unità di frumento, pari a 80 lire e di granato a 24 lire. Galline, galli e capponi valevano poco meno di 6 lire. Inoltre, dalla somma così ottenuta, furono detratti i livelli passivi a carico dell’ospedale. Il numerario esatto per cassa fu pari a 7.182,28 lire (ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte attiva, allegato VI). 34 Per i malati ricoverati in clinica medica 7.645,66 lire, in quella chirurgica 13.786,01, nell’oculistica 7.630,79 e in clinica ostetrica 12.844,60. Inoltre l’erario provvedeva all’affitto dei locali, al pagamento degli infermieri straordinari e ad altre spese non meglio specificate. Complessivamente l’attività clinica a Padova costava all’erario 49.888,58 lire (ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte attiva, allegato X). 35 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte attiva, allegato XI.
Verso la grande riforma: l’ospedale istituto pubblico di assistenza
ma molto più contenuta risultò a carico dei cittadini assistiti: 116 ricoveri registrati che, nel complesso, comportarono un incasso di 6.309,30 lire36. Qualcuno donava all’ospedale o generi o denaro, che la ragioneria contabilizzava tra i proventi diversi. La Banca del popolo, per offerta spontanea, accreditò 500 lire all’ente e abbonò il pagamento d’interessi dovuti su un debito di 20.000 lire; alcuni privati donarono «acque catulliane, sciroppo di china ferruginoso e fernet febbrifugo»37. La stessa amministrazione comunale accordò un sussidio di 25.000 lire per coprire in parte la «deficienza» dell’anno 1872.
Nel corso di questo esercizio finanziario, enti e persone fisiche restituirono o, meglio, rimborsarono all’ospedale somme che erano state anticipate. Molti comuni accreditarono ciascuno piccole somme, non superiori a 30 lire, «per rifusione spese di trasporto a domicilio di malati convalescenti nel corso dell’anno 1872»38. Per la gestione e il funzionamento degli ospedali militari, il nosocomio introitava contributi dal comune di Padova «per altrettante pagate a medici e chirurghi nello spedale militare di Santa Giustina e dal medesimo rifondibile, ritenendo a suo carico quel dispendio in £. 1.866,05»39. Inoltre l’Intendenza generale militare per cure e trattamento di militari infermi doveva una somma pari a 2.446,70 lire.
All’interno di questo registro è pure rilegata la «dimostrazione dello stato patrimoniale fruttante, che si unisce a corredo del consuntivo 1872, in ordine al dispaccio dell’eccelsa con-
36 Molti ricoveri erano di breve durata (ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte attiva, allegato XII). Anche l’Istituto centrale degli esposti pagò la dozzina per alcuni malati ricoverati in ospedale (allegato XIII). 37 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte attiva, allegato XIV. Virgilio Giormani, Girolamo Melandri Contessi, in Dizionario Biografico degli Italiani, 2009. 38 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte attiva, allegato XXII. La provincia di Padova pagava il trasporto presso il manicomio centrale di «maniaci pericolosi». L’ospedale vantava un credito ascendente a oltre 10.000 lire nei confronti dell’erario per somministrazioni straordinarie di medicinali, acqua e fanghi alle cliniche e al gabinetto patologico avvenute prima che il Veneto entrasse a far parte del Regno d’Italia. 39 ASPd, Ospedale, Consuntivo 1872, Parte attiva, allegato XXVII.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
gregazione centrale 29 novembre 1860». La prima rubrica stabilisce il valore degli immobili a Padova e dei fondi rustici nelle province di Padova, Verona e Venezia. Si determinarono imponibile e rendita censuaria che poi, secondo un determinato parametro, fungevano da base di calcolo per la determinazione del valore del patrimonio dell’ente. Al 31 dicembre 1872 possedeva fabbricati per una rendita imponibile complessiva pari a 22.131,82 lire e fondi rustici pari a una rendita censuaria di 29.268,72 lire. Tali importi erano poi «ridotti a capitale» che complessivamente si attestava a 1.074.985,27 lire. La proprietà fondiaria aveva un valore di 632.248,87 lire e quella immobiliare di 442.636,40. Il coefficiente di rivalutazione era più alto per la rendita censuaria. La seconda rubrica elenca i capitali prestati a privati cittadini e a enti, come l’Arca del Santo in debito di poco meno di 27.000 lire nei confronti dell’ospedale. In totale l’ente poteva vantare crediti per 205.953,51 lire. La terza registra i titoli del debito pubblico posseduti, pari a un valore di 387.283,66 lire. Il capitale impegnato in contratti di livello censuario era pari a 111.137,68 e il capitale sottostante alla rendita da legati attivi si attestava a 408,40 lire. L’ammontare complessivo del patrimonio dell’ospedale era di 1.779.768,52 lire. Da questa somma si dovevano sottrarre le passività; quelle a titolo di capitali a credito, come nei confronti della Banca del popolo, verso la quale nel 1872 l’ente era a debito per 50.000 lire, e quelle per livelli e legati passivi che, in totale, aggravavano il patrimonio attivo di un importo pari a 185.395,33 lire. Risultava in tal modo che l’ospedale poteva contare su un patrimonio netto pari a 1.594.373,19 lire. Completa il documento un giornale di cassa dell’ospedale che registra le partite in entrata e uscita durante l’anno in questione.
Questo bilancio, meglio di ogni altro documento, mette a disposizione elementi assai significativi per ricostruire la complessa fisionomia dell’ente in questione che svolgeva, oltre alle funzioni proprie, inerenti alla cura dei malati, anche un’intensa attività economica e finanziaria che consentiva all’istituto di far fronte alle necessità del caso, pur alla presenza di un sostegno