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Il vaiolo
Il vaiolo
L’ospedale nuovo dal Regno italico al Lombardo-Veneto
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Ancora prima dell’efficacissimo intervento in età napoleonica volto a contrastare il diffondersi del vaiolo, conosciuto dall’antichità, anche la Repubblica aveva adottato provvedimenti importanti per contenere l’epidemia91. Nella città di Venezia i Sopra provveditori e i Provveditori alla sanità il primo marzo 1769 emanarono un proclama, in obbedienza al decreto del senato del 29 dicembre dell’anno precedente, per avviare nuovamente le procedure di vaccinazione, termine indicante in passato l’inoculazione, della popolazione
Compiutasi con esito il più felice ne’ scorsi mesi l’inoculazione del vaiuolo in questo pio ospitale de’ mendicanti, fu comandata con il decreto dell’eccellentissimo senato 29 dicembre 1768, in staggione opportuna la rinnovazione d’un tale esperimento, e fu incaricato questo magistrato di diffondere il pubblico comando nelle principali città dello Stato, perché in esse pure con il metodo qui tenuto abbiasi ad innestare il vaiuolo92 .
Per procedere all’operazione, furono arruolati tutti i medici e i chirurghi praticanti in città e nel dominio e pure tutti i professori di medicina e di chirurgia, che erano obbligati a consegnare ai rispettivi uffici di sanità, ogni mese, l’elen co dei sottoposti al trattamento. Si trattava di una vera e propria campagna antivaiolosa, condotta seguendo criteri tipici delle più moderne e avanzate profilassi contro le malattie infettive. Seguendo le direttive veneziane, a Padova, Giulio Antonio Contarini, podestà con i Provveditori alla sanità, diffuse un proclama che, facendo riferimento ai positivi risultati dell’inoculazione registrati a Venezia e in Europa, ordinava
91 G. Cosmacini, Storia della medicina dall’antichità a oggi, Roma-Bari, Laterza, 20064, pp. 293-297. 92 ASPd, Ufficio di sanità, b. 397, fasc. XXII.
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che inerentemente alle predette pubbliche sovrane deliberazioni, ciascun padre di famiglia di questa città, che intendesse di far innestare il vaiuolo a qualche suo figlio, debba nel termine di giorni 8 darlo in nota in questa cancelleria di sanità, con l’età del medesimo, quale riconosciuto prima da’ professori destinati, sarà ricevuto, mantenuto e trattato senza aggravio e spesa alcuna de’ suoi genitori, ed usate ad essi quelle caritatevoli convenienze, che saranno credute adequate93 .
Tra il provvedimento adottato a Venezia e quello preso a Padova correva una differenza sostanziale: nel primo si faceva obbligo a tutti i medici di partecipare alla campagna, senza dire alcunché sui soggetti della campagna stessa; nel secondo, invece, si parlò di una volontaria adesione all’iniziativa. Venezia e le città di Terraferma non obbligarono, ma piuttosto invitarono con insistenza la popolazione a sottoporsi a ciò che venne chiamato un felice esperimento. E forse per incoraggiare sudditi e medici a procedere nell’impresa, il 5 ottobre 1770, i Sopra provveditori e Provveditori alla sanità di Venezia, decisero di rendere noto il metodo dell’intervento, secondo le direttive di A. Gatti, approvate dal senato e ritenute procedure assai semplici e sicure. La persona doveva essere sana e non bisognosa di alcuna specifica preparazione.
La marcia da inoculare sia fresca possibilmente e si prenda da un vaiuolo innestato quando se ne attrovi, o da vaiuole naturali che siano di buona qualità non ancora totalmente marcite [...] l’innoculazione si faccia in un braccio, o in una mano tra l’indice e il pollice e consiste semplicemente nel pungere e sollevare la prima cute dall’altra che l’è di sotto con ago o lancetta di marcia intrisa, in modo che vi rimanga qualche minima porzioncella di marcia tra cute e cute, che debbono poi comprimersi con un dito, lasciando la puntura senza ripari94 .
93 ASPd, Ufficio di sanità, b. 397, fasc. XXII. Il proclama porta la stessa data di quello veneziano. 94 Secondo l’Ufficio di sanità l’inoculazione era un’operazione non particolarmente dolorosa per il soggetto al quale, tuttavia, si dovevano assicurare generi di conforto quali buon cibo, bevande fresche, abiti e un buon let-
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Tra i successi più significativi della medicina in età napoleonica si deve annoverare la campagna di vaccinazione antivaiolosa. Pier Luigi Sacco, coordinatore dell’impresa e consulente del Magistrato centrale di sanità, nel mese di novembre 1807, consigliò di inviare ai medici coinvolti nella vaccinazione un questionario per conoscere gli effetti della vaccinazione medesima. Chiedeva, in altre parole, se si fossero verificati effetti collaterali avversi all’inoculazione del vaiolo, che egli continuò sempre a ritenere utilissima, come ebbe modo di attestare in una lettera indirizzata al prefetto e presidente della Commissione sanità del dipartimento del Brenta95. Si trattò di un intervento che ebbe forti implicazioni sociali, che coinvolse l’autorità sia civile sia religiosa e soprattutto la disponibilità della popolazione a sottoporsi a una procedura che, sebbene conosciuta e sperimentata, non mancò tuttavia di sollevare, specialmente tra i meno acculturati, qualche perplessità. Furono anni durante i quali si poté sperimentare direttamente quanto potesse essere utile alla società l’apporto di pratiche di medicina preventiva, frutto di empiriche intuizioni e di ricerca scientifica. Inoltre, in occasione della vaccinazione antivaiolosa, si acquisì definitivamente in ambito sia medico sia sociale, l’idea che la salute era una questione pubblica, degna della massima considerazione possibile. Proprio per tale con-
to (ASPd, Ufficio di sanità, b. 397. fasc. XXII). Sulla figura del Gatti è interessante Calogero Farinella, Angelo Gatti, in Dizionario Biografico degli Italiani, 52, 1999 con ricca bibliografia anche sugli aspetti sociali della vaccinazione. 95 ASPd, Ufficio di sanità, b. 379, fasc. Sanità, numero 574. Tra le moltissime risposte inviate il medico Marangoni di Cittadella, l’11 febbraio 1808, scrivendo alla Commissione dipartimentale di Sanità del Brenta scrisse «Non potendo sin’ora produrre neppur con sospetto alcuna malattia proceduta dalla vaccinazione anche nel mio esercizio esteso in moltissimi individui di parecchie agiate famiglie dei limitrofi dipartimenti Bacchiglione e Tagliamento, così non ho che ridire in soddisfazione delli due proposti quesiti. Mi giova anzi ridire che i ricorrenti rumorezzi dell’anno scorso, denominati dal volgo bruschi roversi qua e là apparsi in alcuni vaccinati, furono piuttosto un dominio costituzionale, che risultanza dell’innesto vaccino» (ASPd, Ufficio di sanità, b. 379, fasc. Sanità, numero 174).
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sapevolezza, il fenomeno fu studiato anche da un punto di vista di tipo epidemiologico. In una lettera del prefetto del Dipartimento del Brenta al Magistrato centrale di sanità a Milano dell’8 marzo 1808, si ricordò che «il convincimento delle innumerevoli sperienze costituì per base la persuasione generale dei professori dell’arte e a questa successe quella della popolazione la quale passo passo abbandona i pregiudizi in confronto della verità dei fatti»96 .
La stessa lettera conteneva anche considerazioni in ordine al prospetto generale che da Padova era stato inviato a Milano, riguardante lo stato della vaccinazione nel 1807. Senza fare un ragionamento troppo approfondito, il prefetto fece tuttavia accenno a una proporzione che si sarebbe dovuta trovare tra la numerosità della popolazione, sottoposta alla campagna antivaiolosa, e il numero effettivo dei vaccinati. Purtroppo non c’è modo di quantificare esattamente tale proporzione, ma questo accenno nella lettera è in ogni caso spia di una nuova cultura sociale, molto moderna, che investì l’ambito non solo della medicina preventiva, ma anche quella ospedaliera. Il numero dei vaccinati era basso e, per giustificare ciò che poteva sembrare un insuccesso della campagna, il prefetto suggerì di tenere conto anche degli innestati dal 1803 al 1807, da quando tale pratica era stata introdotta nel Padovano.
Dal quadro medesimo risulta che il numero totale degli innestati assende a 17.885 nel numero di 284.066 abitanti nel Dipartimento. Sembrerebbe quindi che il numero degli innestati proporzionato non fosse a quello degli abitanti, ma è d’uopo riflettere che questo numero diviene maggiore, e si approssima ad una conveniente proporzione, qualora vi si aggiunga quello di 1.056 vaiuolosi naturali e l’altro degli innestati dal 1803 fino al 1807, epoca in cui ebbe la sua prima introduzione nella provincia padovana sì benefica scoperta.
96 ASPd, Ufficio di sanità, b. 379, numero 425.
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Il prospetto era stato preparato con la massima cura, suddiviso per distretto, cantoni e comuni. Si segnarono il numero dei residenti in ogni comune e quello dei vaccinati, prima e dopo la presenza sul campo di Luigi Sacco. Non tutti i comuni risposero all’ordine di Sacco di inviare i dati della vaccinazione e, pertanto, a fini di calcolo, il compilatore aggiunse la cifra di 4.000 vaccinati, considerato un numero verosimile. Padova contava allora 43.110 abitanti: si ammalarono di vaiolo 790 individui dei quali 171 morirono e complessivamente furono innestate 3.586 persone. Considerando la proporzione tra numero di abitanti e innestati nei diversi comuni, non risulta alcuna misura media: a Vo’ si era vaccinato poco meno del 25% della popolazione, a Megliadino San Vitale meno del 2%. In questa occasione, il prefetto di Padova volle anche riconoscere il lavoro svolto da Luigi Sacco «al cui peculiare distinto merito è da attribuirsi il quasi totale compimento della benefica operazione»97. Sacco fu il Direttore della vaccinazione nel Regno Italico98 .
Non è agevole stabilire chi tra i professori esercitasse anche la professione e fosse membro del Sacro Collegio dei filosofi e medici della città. In base a un confronto tra i nominativi dei professori dello Studio, esercenti la professione, e quelli degli aggregati al Collegio, ancora in età veneziana nel 1776, si chiarisce che solo Giacomo Maggioni, Alberto Zaramellin e Antonio Pimbiolo appartenevano a entrambi i repertori. Tra i professori esercenti, non aggregati al Collegio, c’erano Leopol-
97 Sulla figura di Luigi Sacco è da vedere Lorenzo Federico Signorini, Bianca Ademollo, Rosa Donato, Mentre altrove si discuteva, nel Regno italiano si operava con profitto. L’introduzione della vaccinazione in Italia (17991822), in Il vaiolo e la vaccinazione in Italia, I, a cura di Antonio Tagarelli, Anna Piro, Walter Pasini, 2004, Consiglio nazionale delle ricerche, Istituto di scienze neurologiche; World health organization, Collaborating centre for travel medicine, Villa Verucchio, 2004, pp. 199-212. 98 Filippo Briguglio, Medici e vaccinatori prima e dopo Jenner, in Il vaiolo, II, pp. 523-537. Sul coinvolgimento della scuola medica padovana Giorgio Zanchin, Monica Panetto, Nella terraferma veneta tra vaiolizzazione e vaccinazione: Padova, in Il vaiolo, III, pp. 1305-1329.
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do Marcantonio Caldani, Giuseppe Bertossi, Omobon Pisoni, Luigi Calza, Giovanni Dalla Bona, Giovanni Sografi, Giuseppe Mingoni, Giovanni Lavagnolo e il professor Bianchini. Gli aggregati al Collegio praticanti la medicina erano complessivamente 2499 .
99 ASPd, Ufficio di sanità, b. 403, c. 55. Durante il 1797, l’anno della democrazia, i titoli per esercitare la professione furono approvati nuovamente dal Governo centrale del Padovano, anche se non tutti i medici furono sottoposti a giudizio. Di tale operazione esiste una rubrica (ASPd, Ufficio di sanità, b. 404).