Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
inizialmente un vero e proprio luogo di ricovero e cura in particolar modo chirurgico, ma dopo l’intervento di Crispi si cercò di individuarne una mission alternativa, che non si confondesse con quella dell’ospedale civile e delle cliniche universitarie. Furono presentate diverse proposte di riforma e alla fine prevalse l’idea di ridurre il Fatebenefratelli a luogo di ricovero non specialistico, aperto anche alle esigenze dei convalescenti. Nei bilanci dell’ospedale civile, questo istituto continuò a comparire come ente preposto all’accoglienza di malati cronici e convalescenti, potendo erogare i propri servizi nei limiti imposti dalle risorse sulle quali poteva contare12.
Un bilancio dell’ospedale prima della riforma Ai sensi della legislazione sanitaria italiana, che Crispi aveva contribuito a riformare non solo con il provvedimento del 1890, ma soprattutto con quello di poco precedente del 1888, promulgando il Codice d’igiene e sanità pubblica, la presentazione del bilancio dell’ospedale cittadino aveva assunto il carattere di un avvenimento pubblico. Il documento doveva essere pubblicato nel registro degli Atti municipali ed esposto nei luoghi più frequentati. Ogni opera pia e, in seguito, ogni istituto di pubblica beneficenza, era tenuto a seguire questa procedura: veniva pubblicato un avviso generale contenente le informazioni essenziali per accompagnare il cittadino interessato a visionare il documento di bilancio, che, generalmente, rimaneva a disposizione per una settimana. Anche prima dell’entrata in vigore di tale normativa, l’amministrazione dell’opera pia, denominata Spedale civile, avvisava 12
Il Fatebenefratelli poteva, secondo le più diverse indicazioni, essere adibito «per le malattie causate da traumi o che si specializzi ancor più facendone un reparto per la cura radicale degli erniosi, o che se ne faccia un nosocomio misto per bambini e adolescenti d’ambo i sessi, o che si voglia adibirlo per il ricovero di quei fanciulli che, non potendo essere accolti nella clinica pediatrica, non devono essere ricoverati in sale comuni agli adulti», P. Borgonzoli, L’azione dello spedale, p. 27.
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