19 minute read
La Deputazione comunale di sanità, l’ospedale e il suo funzionamento
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
La Deputazione comunale di sanità, l’ospedale e il suo funzionamento
Advertisement
Nei primi decenni dell’Ottocento l’ospedale, che ormai ospitava stabilmente reparti clinici, dipendeva strettamente, per quanto riguardava l’amministrazione, dalla Congregazione di carità. Di questo stretto rapporto sopravvive una documentazione piuttosto ricca, sebbene spesso costituita da fascicoli molto scarni che, comunque, consentono di disegnare il profilo di un ente, l’ospedale nuovo, che aveva assunto caratteri innovativi rispetto al vecchio nosocomio S. Francesco. La documentazione copre il periodo dal 1817 al 1821. Prima di questa data, parallelamente all’amministrazione ospedaliera, operava pure una Deputazione comunale di sanità di Padova, che ebbe cura di preparare un bilancio completo delle proprie spese a partire dal primo gennaio 1808. La Congregazione entrò in attività qualche anno dopo, senza interferire con la Deputazione che, invece, era impegnata a stanziare risorse per tutte quelle attività extra ospedaliere concernenti la salute della popolazione. Più di 1350 lire venete erano in cassa contanti della deputazione il 31 dicembre 180736. Le attività registrate in dare contarono anche il frumento conservato nel granaio e presso il monte; un moggio di frumento valeva 77 lire e poteva arrivare anche a £. 92. Tra le spese si annotarono i salari degli impiegati della Deputazione, ascendente a £. 551.19 il mese e vari trasferimenti a diversi aventi diritto. La Deputazione spese per il campatico annuale l’assai esigua somma di £. 2.7, allorquando per la rata di maggio dell’imposta prediale fu costretto a spendere £. 829.17. A marzo si erano spese solo £. 813.6.6 e a gennaio 706.19. I festeggiamenti in occasione della solennità di S. Rocco, il 16 agosto, costò poco meno di 40 lire. Tra i costi si scrisse anche quello a favore di un certo dottor Salmaso «per l’innesto della vaccina». La somma fu spesa il 15 settembre 1808. In cassa contadi si registrarono movimenti per un totale di £. 8625.19.4 fino alla
36 ASPd, Ufficio di sanità, b. 524. Bilancio dello scosso e dello speso per conto della Deputazione di sanità in Padova. Cassa contanti.
L’ospedale nuovo dal Regno italico al Lombardo-Veneto
fine di settembre 1808. Una contabilità separata fu tenuta per il monte frumento che complessivamente, comprese le rimanenze 1807, contò 62 moggi di frumento che furono venduti a prezzi variabili tra maggio e la fine di agosto e i primi di settembre. In primavera il grano costava più che in autunno.
Questo bilancio di cassa è accompagnato da molti altri documenti contabili generalmente su base mensile. Nel mese di dicembre 1809, la Deputazione introitò più di 1030 lire e ne spese solamente 723.12.637. Nel mese precedente ricavi e spese furono maggiori, attestandosi a oltre 4000 lire. Tra le spese talvolta si trova la generica indicazione di pagamenti per oggetti sanitari. Ben si comprende che la Deputazione era tenuta a monitore la spesa sanitaria assiduamente, nella certezza che il compito assunto era della massima importanza. Simili spese, che potrebbero definirsi di minuto mantenimento e per il funzionamento dell’ufficio, erano a carico, in età veneziana, del Magistrato di sanità, che di queste ha lasciato molta documentazione38 .
In seguito, l’amministrazione dell’ospedale ricorse sempre alla Congregazione per fare fronte a tutti i pagamenti di generi e servizi che si rendevano necessari per il mantenimento dell’ospedale nuovo. La procedura prevedeva che l’ospedale inviasse alla Congregazione i mandati di pagamento emessi a favore dei fornitori per chiedere l’avallo dell’ufficio di ragioneria della Congregazione stessa, che conseguentemente disponeva anche il trasferimento delle necessarie risorse39. In moltissime
37 ASPd, Ufficio di sanità, b. 524. Foglio delle esazioni e pagamenti fatti dalla cassa della Deputazione comunale di sanità di Padova. 38 ASPd, Ufficio di sanità, b. 524. Filza Polizze e conti diversi. Si comprarono filo, tela, fustagno e altri simili generi. 39 Esempi di tale procedura sono molti, anzi moltissimi. Ciò che importa sottolineare è la procedura amministrativa: presentati i mandati «si sono trovati a dovere e quindi sono staccati gli analoghi mandati di saldo il primo per la somma». In tal modo il maneggio delle risorse da parte dell’ente ospedaliero era sottoposto a uno stretto controllo da parte di un ufficio incaricato della gestione di quasi tutte le risorse destinate alla beneficenza (ASPd, Ospedale Civile - Congregazione di carità, b. 1323, numero 2806 del 6 luglio 1819).
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
occasioni poteva trattarsi di generi, come nel caso significativo del fornaio incaricato di somministrare il pane quotidianamente ai pazienti dell’ospedale. Attraverso l’amministrazione del nuovo ospedale, si chiedeva alla Congregazione il conferimento di 5 moggi e 4 stari di grano, avendo egli già consumata la somministrazione precedente40 .
In Congregazione arrivarono anche questioni di natura assai diversa, come l’aspra controversia tra il primario della chirurgia ospedaliera e il direttore della clinica chirurgica, occorsa nel mese di giugno 1819, riguardante un paziente deceduto. Visitato dal primario, fu diagnosticato «un poco d’aneurisma alla gamba»41. Ritenendo che il caso potesse essere utile anche in clinica per scopi didattici, il primario stesso, Lorenzo Fabris, chiese al Ruggeri di visitare il paziente. Dopo la visita, la diagnosi fu confermata e «trovai che questo aveva un vasto aneurisma popliteo all’arto inferiore sinistro, occupante anche il terzo inferiore della coscia ed associato a varici di tutta la gamba». Il caso fu ritenuto non così interessante dal clinico e per questo motivo non fu trasferito nelle sale cliniche. Fu curato con una stretta fasciatura dell’arto, avendo egli rifiutato di sottoporsi all’intervento chirurgico ma, visitato nuovamente dal Ruggeri, quest’ultimo trovò la terapia del tutto inadeguata. Di questo parlò e discusse con gli studenti, ma mai al letto del malato. L’opinione del clinico giunse anche al primario che, chiamato l’assistente della clinica, lo pregò di riferire al professore che egli non aveva bisogno di maestri e che nel suo reparto faceva quello che riteneva più opportuno. La disputa non si fermò allo scambio di lettere tra i due chirurghi coinvolti, ma fu chiesto un parere a Luigi Brera, cesareo regio consigliere di governo, professore e direttore dello spedale civile di Padova, che inviò alla Congregazione una lettera
40 ASPd, Ospedale Civile - Congregazione di carità, b. 1323, numero 2431 del 23 giugno 1819. 41 ASPd, Ospedale Civile - Congregazione di carità, b. 1323, lettera di Cesare Ruggeri, direttore della clinica, del 9 giugno 1819, indirizzata alla Congregazione.
L’ospedale nuovo dal Regno italico al Lombardo-Veneto
basata su una precisa analisi dei disciplinari in vigore. In base ai quali risultava che tutti gli ammalati, inviati in chirurgia, fossero di pertinenza del professore della disciplina il quale era tenuto a visitarli entro un giorno, per decidere «se gli convengono per lo stabilimento clinico»42. I pazienti, per così dire scartati dall’attività clinica e trasferiti in ospedale, erano così sottoposti alla cura esclusiva del chirurgo primario e, solo nel caso in cui si fosse ravvisata la necessità di un intervento così impegnativo da richiedere la competenza del professore, solo allora il paziente poteva essere trasferito in clinica. Ma a questo punto, se il clinico avesse ritenuto di non procedere all’operazione, il paziente stesso poteva essere operato dal primario ospedaliero. In realtà già «durante il corso delle vacanze scolastiche, cioè dai 15 agosto ai 15 ottobre, al solo chirurgo primario dello spedale sono esclusivamente devolute tutte le operazioni di alta chirurgia e d’ostetricia, che si devono eseguire nello spedale». Secondo Brera, il chirurgo ospedaliero aveva sempre seguito questa procedura, anche nel caso dell’ammalato di aneurisma popliteo. Inoltre aggiunse che il Ruggeri è «in errore credendosi in diritto di sorvegliare tutta la chirurgia dell’ospedale». Di certo si trattò di una disputa di basso profilo, ma altamente indicativa di una difficile relazione tra l’assistenza e la clinica che ha tante volte contrassegnato le relazioni tra lo Studio e l’ospedale, nonostante l’approvazione e sottoscrizione di tanti documenti d’intesa tra i due. Nei primi decenni del secolo, l’attività clinica stava allargandosi molto in ospedale e non stupisce che proprio per questo possano essere nate molte controversie. Qualche giorno dopo, lo stesso Fabris fu incaricato dell’insegnamento di clinica ostetrica dal rettore dell’università, dopo che il governo di Vienna aveva stabilito che «l’insegnamento pratico da darsi al letto delle partorienti [...] tanto agli studenti che alle levatrici, deve essere affidato esclusivamente al solo professor provvisorio Lorenzo Fabris»43 .
42 ASPd, Ospedale Civile - Congregazione di carità, b. 1323, lettera del 26 giugno 1819. 43 ASPd, Ospedale Civile - Congregazione di carità, b. 1323, fasc. n. 2841.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
Ancora in piena età napoleonica, l’ospedale di Padova e tutti gli altri enti di beneficenza della città ebbero a soffrire un sensibile calo delle risorse che tradizionalmente riscuotevano dai propri capitali a causa dell’obbligo imposto dal governo francese di trasferire presso il Monte Napoleone a Milano l’amministrazione di quei beni che erano stati demanializzati. In base a un «foglio dimostrativo le somme annue competenti alla Congregazione di carità di Padova, in causa d’interessi dovuti dal Monte di Milano sui capitali regolarmente inscritti di ragione delli sotto segnati stabilimenti di pubblica beneficenza» la diminuzione degli introiti fu pari a £. 8.096,76, considerando che gli interessi che si incassavano prima dell’avocazione erano pari a £. 17.185,71 e quelli riscossi dal monte milanese a £. 9.088,9544. L’ospedale degli infermi disponeva di 4 capitali sui quali il Monte Napoleone corrispondeva un interesse oscillante tra 1,4 e 2%, mentre prima dell’avo cazione l’interesse andava dal 3,5 al 7%. Gli interessi complessivi erano stati pari a 9.443,66 lire e, dopo le avocazioni, a 4.566,38. Gli altri enti di beneficenza, coinvolti in questa procedura, furono, la Casa di Dio, gli Orfani nazareni, le zitelle gasparine, il Soccorsetto delle vergini, il Soccorso per le donne e i Poveri vergognosi45. L’organo padovano che dovette fare i conti con questa nuova sfavorevole congiuntura fu la Congregazione di carità, che era diventato il corpo principale di coordinamento e di gestione delle risorse destinate alla pubblica beneficenza, come allora si definivano le spese per l’assistenza. La finanza ospedaliera, inoltre, fu costretta ad affrontare la questione delle risorse provenienti da enti, soprattutto ecclesiastici, che erano stati soppressi, ancora in età napoleonica ed erano obbligati a corrispondere generi o numerario all’ospedale stesso. Dopo le avocazioni, se qualche reddito poteva ancora reclamarsi, questo doveva transitare tutto alla Congregazione di carità, che si
44 ASPd, Ospedale Civile - Congregazione di carità, b. 1323, fasc. n. 3. In questo fascicolo ci sono documenti diversi. 45 Di quest’ultima congregazione fu scritta una sintetica storia in epoca democratica che ne attesta la nascita nel 1558 (ASPd, Ufficio di sanità, b. 429).
L’ospedale nuovo dal Regno italico al Lombardo-Veneto
sostituì non solo all’ospedale, ma anche ad altri istituti di pubblica beneficenza, nel godimento di questi interessi. Le risorse che in tal modo si accumulavano nella disponibilità della Congregazione, potevano essere, in un secondo momento, impiegati anche a favore degli enti di beneficenza. Il mutamento stava tutto nella perdita di autonomia da parte di questi istituti, che nei secoli precedenti erano soliti amministrare autonomamente le proprie risorse.
I monasteri di S. Caterina, di S. Anna, di S. Maria di Praglia, di S. Matteo, di S. Maria del Carmine, degli Ognissanti e l’Università dell’arte della lana erano stati tutti toccati dai provvedimenti napoleonici che ne avevano decretata la soppressione, colpendo in tal modo anche tutti quei soggetti che da tali enti, a titolo o di livello o di censo o di legato, qualche risorsa pur traevano. Furono colpiti l’ospedale, la Scuola della carità, la Casa di Dio, le congregazioni dei poveri orfani nazareni, delle zitelle gasparine, del soccorso per le donne, dei poveri vergognosi, la Commissaria Volpe, il Monte di pietà e altri ancora46 .
L’ospedale fu molto coinvolto nel mercato finanziario che si era aperto nel Lombardo-Veneto. In molti casi, obbligazioni, certificati di deposito e altri strumenti continuarono a garantire una certa rendita anche dopo l’annessione del Veneto al Regno d’Italia. Presso il Monte Lombardo-Veneto dal 12 luglio 1862 erano attive obbligazioni «in ditta Spedale civile di S. Francesco in Padova, procedenti dal concambio dei due certificati del Monte regio Lombardo Veneto di luglio e settembre 1833 e coll’aggiunta di capitale nell’importo di fiorini 93.405 pari ad italiane 230,62 come da mandato»47. Nonostante i mutamenti radicali intervenuti in ambito politico e istituzionale, obbligazioni di natura finanziaria passarono senza soluzione di
46 ASPd, Ospedale Civile - Congregazione di carità, b. 1323 «Stato dei livelli, censi, e legati in titolo a credito di congregazione e stabilimenti di pubblica beneficenza ed a debito di corporazioni avocate al demanio». Praglia non fu soppressa, sebbene figurasse tra gli enti destinati a questo fine. In questo documento, il riferimento all’abbazia euganea coinvolse un monaco soltanto. 47 ASPd, Ospedale Civile, b. 1594, c. 2.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
continuità dall’età veneziana al Regno d’Italia. Alcune cartelle dell’ospedale, depositate presso il Monte Lombardo-Veneto dal primo aprile 1823, attestavano una rendita perpetua a favore del nosocomio padovano derivante da un capitale in Zecca a debito dell’ex Repubblica veneta «liquidato e consolidato dal fu governo italico sotto il titolo cartelle del Monte napoleonico, a cui venne surrogata la presente cartella. Li fiorini 637.70 sono pari a £. 1574,57»48. Il mercato finanziario e i capitali in esso investiti sopravvissero a ogni rivoluzione.
L’ospedale fu anche attivo nel mercato dei titoli del debito pubblico che liquidavano in genere un interesse attorno al 4%, un punto percentuale in meno di quanto fruttavano i capitali di livello. Il S. Francesco, così continuò a essere chiamato, sebbene ormai la sede fosse stata da tempo trasferita, comperò obbligazioni dello Stato che fruttavano 168 fiorini pari a 414,82 lire italiane, pagabili in due rate il primo aprile e il primo ottobre; l’investimento proveniva da una precedente operazione che era stata perfezionata il primo maggio 182349. In altri casi, l’ospedale incassava interessi su capitali che erano stati acquistati dalla Commissione di pubblica beneficenza istituita dal Lombardo-Veneto50. Molto significativa è una cartella depositata presso il Monte Lombardo-Veneto il 30 settembre 1851, in grado di assicurare una rendita perpetua, che veniva accreditata sul monte versamenti mensili degli impiegati dell’ospedale per il proprio fondo pensioni51. Ancora un esempio di continuità, tra i regimi che si susseguirono in Veneto, sta nel
48 ASPd, Ospedale Civile, b. 1594, c. 4. 49 ASPd, Ospedale Civile, b. 1594, c. 6. 50 ASPd, Ospedale Civile, b. 1594, c. 11. 51 ASPd, Ospedale Civile, b. 1594, c. 18. Dovevano passare ancora molti anni prima che l’Italia potesse dotarsi di un sistema pensionistico degno di questo nome. Prima dell’introduzione dell’obbligatorietà della cassa nazionale vecchiaia istituti particolari cercarono autonomamente di porre rimedio a tale grave lacuna. L’ospedale fu tra questi e operò in modo non troppo dissimile da quanto era stato fatto dalle casse di risparmio attive nel LombardoVeneto dal 1822 come ha mostrato Luigi De Rosa, Storia delle casse di risparmio e della loro associazione, 1822-1950, Roma-Bari, Laterza, 2003.
L’ospedale nuovo dal Regno italico al Lombardo-Veneto
fatto che il Regno d’Italia continuò a onorare le obbligazioni a favore dell’ospedale, che, in precedenza, aveva acquistato cartelle del prestito nazionale 185452. L’ospedale non cessò di investire nel debito pubblico anche dopo l’annessione e, già il 7 novembre 1866, sottoscrisse una cartella, appunto, del debito pubblico del Regno d’Italia per una rendita annua di 500 lire. La somma impiegata in tale investimento proveniva dall’incasso delle obbligazioni del prestito 185953 .
L’ente era anche titolare di depositi fruttiferi presso la Banca del popolo di Padova che dal 1872 pagava un interesse pari al 4,5% annuo, mezzo punto in meno di quanto remunerava lo Stato le obbligazioni sul consolidato italiano «tutte in data di Firenze primo luglio 1871»54. A pagare interessi sul debito fu coinvolta anche la Cassa depositi e prestiti che aveva sede a Firenze e che custodì alcuni certificati di deposito anche del S. Francesco, dopo che Roma era diventata la capitale del Regno. Anche in questi casi, i capitali necessari provenivano dall’affrancazione di livelli censuari che aveva messo nelle mani dell’amministrazione ospedaliera ingenti risorse da poter investire prontamente. Erano mutati gli strumenti finanziari, ma la strategia del nosocomio era rimasta la stessa: garantirsi una rendita finanziaria sicura i cui proventi potevano essere investiti nuovamente, come spesso accadde, oppure essere spesi liberamente secondo le molteplici necessità dell’istituto.
52 ASPd, Ospedale Civile, b. 1594, c. 20. Ciò si ripeté anche nel caso del prestito 1859 che vide il S. Francesco particolarmente attivo nell’acquisto di titoli. 53 ASPd, Ospedale Civile, b. 1594, c. 23. La finanza ospedaliera durante i primi anni del Regno doveva essere in buona salute se l’amministrazione dell’ente pensò di poter investire utili derivanti da precedenti investimenti finanziari. Anche in occasione dell’affrancamento di livelli censuari, l’ospedale spesso credé di dovere investire il capitale che in tal modo si era reso disponibile in certificati di rendita italiana che assicuravano un interesse pari al 5%. Ciò si verificò nel caso del principe Augusto d’Arenberg che saldò il proprio debito con l’ospedale pari a 32.100 lire italiane (ASPd, Ospedale Civile, b. 1594, c. 26). Casi di questo genere furono numerosi e coinvolsero, tra altri, il comune di Padova e l’università. 54 ASPd, Ospedale Civile, b. 1594, cc. 71-72.
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
L’ospe dale fu interessato meno a incrementare il proprio patrimonio immobiliare e fondiario.
Quanto ai salari, qualche anno prima dell’annessione al Regno d’Italia, a Padova in ospedale i primari della medicina e della chirurgia guadagnavano 490 lire l’anno, il becchino 137, il capo infermiere 272,69, il medico assistente 42055. Gli stipendi subirono un incremento a decorrere dal 1867, quando al medico primario fu riconosciuto un salario di poco più di 1200 lire italiane. Anche gli altri salari furono aumentati56. I cappellani in servizio presso l’ospedale guadagnavano 734,57 lire l’anno, più dei medici chirurghi secondari e degli assistenti che si fermavano a salari oscillanti attorno alle 500 lire, e pressappoco tanto quanto un computista del nosocomio. Le suore non arrivavano a 400 lire. Un infermiere di sala percepiva nel 1872 un salario inferiore alle 500 lire l’anno. Non vi erano differenze di trattamento degli infermieri in base al reparto di assegnazione che poteva essere quello medico, il chirurgico, quello dei cronici, dei maniaci, dei sifilitici o per le meretrici. E nemmeno grandi differenze esistevano nel conteggio delle competenze spettanti a infermieri in servizio presso una delle quattro cliniche universitarie, la medica, la chirurgica, l’oculistica e l’ostetrica.
Le spese di beneficenza erano ben superiori a quelle in conto salari. Sotto questo titolo erano compresi tutti gli esborsi che avevano a che fare con la cura del paziente e con la gestione dell’ospedale stesso. Dal mese di gennaio 1832, alcuni decenni dopo l’apertura dell’ospedale nuovo, le spese per riparazioni ai locali dell’istituto furono piuttosto modeste, anche se il numero degli interventi fu molto elevato. Le spese per il vitto furono sempre elevate: solo per vino puro e annacquato, uova, grano e carne, in un anno come il 1832, potevano essere spese poco meno di 50.000 lire57. Nello stesso anno per la farmacia si stanziarono 21.792,94 lire e 15.918,25 per biancheria, letti,
55 ASPd, Ospedale Civile, b. 2413, c. 42. L’anno di riferimento è il 1863. 56 ASPd, Ospedale Civile, b. 2413, c. 45. 57 ASPd, Ospedale Civile, b. 1589, c. 12.
L’ospedale nuovo dal Regno italico al Lombardo-Veneto
mobili e utensili vari58. Furono conteggiate anche le spese per la manutenzione dei letti, per il bucato, per i lumi e per combustibili per somme non trascurabili, attestandosi a poco più di 12.500 lire. Per oggetti di culto si spesero solo 274,55 lire nel corso del 1832. Si trattò di cera, di piccole riparazioni alla chiesetta dell’ospedale e dell’acquisto di quanto necessario alla celebrazione della messa. L’ospedale si curava pure della sepoltura di morti le cui famiglie non potevano provvedere alle spese delle esequie. A tale titolo gli esborsi furono davvero molto contenuti, attestandosi a poche decine di lire l’anno59. Tra le elemosine e i sussidi assicurati dall’ospedale c’era pure il vestiario per gli ammalati ricoverati in nosocomio che ne fossero risultati sprovvisti60. Furono poi calcolati i denari anticipati dal l’ospedale per «spese straordinarie per gli ammalati delle regie cliniche che devono essere indennizzate dal regio erario a tenore del nuovo contratto»61. Pietro Macri, imprenditore o appaltatore della somministrazione di medicinali, secondo il contratto del 16 giugno 1835, doveva fornire al nosocomio medicinali per un importo pari a una somma oscillante attorno alle 15.000 lire l’anno. Per questo, considerata l’entità del contratto, l’ospedale aveva ottenuto dallo stesso 3.000 lire a titolo di cauzione.
L’ospedale anticipava pure le risorse per sovvenzioni ai praticanti infermieri in ospedale, che si sarebbero poi impegnati con gli affetti da colera62. L’amministrazione ospedaliera aveva
58 ASPd, Ospedale Civile, b. 1589, cc. 16, 21. 59 ASPd, Ospedale Civile, b. 1589, c. 38. 60 ASPd, Ospedale Civile, b. 1589, c. 41. 61 Ormai era in vigore un vero e proprio accordo tra ospedale e cliniche che regolava il rapporto tra i due enti soprattutto per quanto concerneva gli impegni finanziari di ciascuno (ASPd, Ospedale Civile, b. 1589, c. 45). Su questo tema fu anche in seguito stipulato ogni accordo tra ente ospedaliero e cliniche universitarie. Le somme impegnate a questo titolo furono assai modeste. 62 ASPd, Ospedale Civile, b. 1589, c. 59. Altre anticipazioni l’ospedale onorava per tutti quei pazienti poveri provenienti dai comuni della provincia o da altre province. Anche in questo caso le somme messe a disposizione furono basse (ASPd, Ospedale Civile, b. 1589, c. 64).
Assistenza e clinica nell’ospedale S. Francesco a Padova (secoli XVII-XIX)
poi previsto di anticipare 2 lire a ogni malato povero che usciva guarito dal nosocomio: dal primo gennaio 1836 al 10 luglio 1837 si impegnarono poco meno di 2.000 lire. Toccò poi a fornitori diversi di beni e servizi all’ospedale: tra questi figuravano la tipografia del seminario e molti venditori di legna63. Muratori e capomastri erano in gran numero impiegati alla manutenzione dell’ospedale e a ognuno di loro fu aperto un conto separato. Anche ai venditori maggiori fu riservato lo stesso trattamento, come nei casi di Giovanni Rinaldi o di Mosè Pincherle di Venezia64. Pizzicagnoli, fornitori di olio per uso dell’istituto, di carbone, di sapone affollavano la schiera dei già molti rivenditori dell’ospedale nuovo. Nel caso del mugnaio Giacomo Pinton si contabilizzarono sia il costo di macina sia quello del dazio. Per poco più di 30 moggi di frumento, l’operazione costava complessivamente 413,30 lire, 309,81 delle quali per l’imposta, nel mese di febbraio 183265. Tela canepina e lana erano procurate da Fuà Isach, da Basevi Isach o da Levi Aronne. Leone Wollemburgh forniva all’ospedale telerie e coperte in base a un contratto dell’aprile 1835 che comportò impegni finanziari molto elevati, diminuiti assai nel 1836 essendosi ridotti a 2.151,45 lire66. I marinai veneziani e altri residenti dei comuni limitrofi, se ricoverati a Padova, venivano poi, dopo le dimissioni, trasportati al domicilio d’origine con una
63 ASPd, Ospedale Civile, b. 1589, cc. 80-81. 64 Il primo era un macellaio che intrattenne rapporti con l’ospedale per somme davvero ragguardevoli, che si aggiravano a pressappoco 25.000 lire l’anno, nei primi anni del 1830; il secondo somministrò il vitto agli ammalati secondo una tariffa diversa tra i ricoverati delle sale e delle cliniche. Il conteggio fu fatto ogni mese: a gennaio 1835 a fronte di 7.757 giornate di presenza in sala furono corrisposte 3.490,65 lire. Nello stesso periodo i giorni di ricovero in clinica furono 2.352 per una somma di 1.176 lire. In totale il costo del vitto nel mese di gennaio fu pari a 4.666,65 lire. A ottobre si spese molto meno perché i ricoveri in clinica furono assai pochi per le vacanze scolastiche (ASPd, Ospedale Civile, b. 1589, c. 86). 65 ASPd, Ospedale Civile, b. 1589, c. 100. Il fornaio Andrea Sandri si era impegnato a fornire 146 libbre di pane per ogni sacco di frumento daziato e macinato per l’anno 1832 (c. 102). 66 ASPd, Ospedale Civile, b. 1589, c. 116.