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Introduzione
Introduzione
Le forme dell’assistenza furono davvero molte lungo tutta l’età moderna a Padova, nello stato veneto e negli antichi stati italiani. Pur mantenendosi differenze anche significative, una risposta alle esigenze delle moltitudini di bisognosi non si fece mai attendere. Soprattutto nelle città furono organizzate da gruppi di laici e di ecclesiastici, talvolta pure tra loro affiliati, associazioni che ci si attendeva avrebbero dato una risposta meno improvvisata e più duratura nel tempo ai bisogni della popolazione1. Tra gli enti sorti per la cura dei bisognosi, gli ospedali giocarono un ruolo essenziale nel tardo medioevo e in età moderna, quando erano ancora un luogo di ricovero piuttosto indifferenziato, pronti ad accogliere chiunque avesse bisogno di assistenza, non necessariamente dipendente da uno stato morboso2 .
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Tradizione e innovazione hanno caratterizzato la vicenda del maggiore ospedale padovano, il San Francesco e, in seguito, dalla fine del Settecento, il Nuovo Ospitale degli infermi, noto come Giustinianeo, dalla fondazione a oggi3. Se la sua
1 Nelle campagne operavano associazioni legate alle chiese locali e soprattutto a insediamenti monastici che furono in molte occasioni vere e proprie agenzie di sviluppo locale, come ha mostrato Giovanni Silvano, Il patrimonio dell’abbazia padovana di S. Maria di Praglia in età moderna (secoli XVIXIX), Palermo, Associazione no profit “Mediterranea”, 2012. 2 La più recente ricerca sul tema si deve ai contributi di Francesco Bianchi, Walter Panciera e Giovanni Silvano nel volume «Custode di mio fratello». Associazionismo e volontariato in Veneto dal medioevo a oggi, a cura di Francesco Bianchi, Introduzione di Giorgio Cracco, Venezia, Marsilio, 2010. 3 L’ospedale nuovo, appunto quello edificato a fine ’700, conosciuto come ospedale giustinianeo, nei documenti continuò a essere chiamato S. Francesco. Sulla questione ospedaliera a proiezione regionale è importante il contributo di Gian Maria Varanini, Per la storia delle istituzioni ospedalie-
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mission è rimasta fondamentalmente nei secoli la stessa, almeno da quando esso è esclusivamente luogo di cura, è tuttavia molto mutata, nel corso delle tante epoche storiche, la situazione culturale, economica e istituzionale di riferimento. Sorto in età medievale, ha attraversato poco meno di un millennio, fino a essere oggi una realtà al tempo stesso diversa e simile a quella delle origini. Allora, come oggi, l’importanza sociale di questa istituzione è legata o al recupero della salute o al sollievo dalla sofferenza, sia somatica sia psichica. Inoltre il S. Francesco fu anche qualcosa d’altro: un ospedale, in ciò simile a moltissimi altri, ma toccato dalla presenza in città dello Studio generale, che aveva annoverato, tra i suoi maestri più insigni, medici e scienziati di fama internazionale4. Anche se non è agevole pre-
re nelle città della Terraferma veneta nel Quattrocento, in Ospedali e città. L’Italia del Centro-Nord, XIII-XVI secolo, a cura di Allen J. Grieco e Lucia Sandri, Firenze, Le Lettere, 1997 (Atti del convegno internazionale di studio, Firenze, 27-28 aprile 1995), pp. 107-155. In particolare le vicende che hanno portato alla fondazione a Padova dell’ospedale di S. Francesco sono state oggetto di accurate ricerche di Silvana Collodo, Religiosità e assistenza: l’ospedale e il convento di San Francesco dell’Osservanza, in Una società in trasformazione. Padova tra XI e XV secolo, Padova, Antenore, 1990, pp. 473-538; Claudio Bellinati, Ospitale Sancti Francisci. Contributo alla storia della carità e dell’assistenza religiosa nell’ospedale di San Francesco a Padova (XV-XVIII secolo), in Il complesso di San Francesco Grande in Padova. Storia e arte, Padova, Signum, 1983, pp. 13-24 e Francesca Fantini D’Onofrio, Le origini dell’ospedale di San Francesco di Padova, «Padova e il suo territorio», 109, 2004, pp. 13-17. Su questa vicenda ancora F. Bianchi, Il governo della carità. L’ospedale di San Francesco e il patriziato di Padova nel XV secolo, in Sanità, amministrazione e cura. La ricerca della salute a Padova tra pubblico e privato (sec. XVXX), a cura di Claudio Maddalena, Maurizio Rippa Bonati, G. Silvano, Milano, FrancoAngeli, 2013, pp. 11-43. Sull’ospedale nuovo, nello stesso volume, è da considerare M. Rippa Bonati, Carità privata e pubbliche virtù. Aspetti economici della realizzazione dell’ospedale «Giustinianeo», pp. 283-312. 4 Tra questi devono essere ricordati almeno Pietro d’Abano, Realdo Colombo, Girolamo Fabrici d’Acquapendente, Giovanni Battista da Monte, Gabriele Falloppio, Girolamo Fracastoro, Girolamo Mercuriale, Andrea Vesalio, Prospero Alpini, Galileo Galilei, Santorio Santorio, Johann Wiesling, Johann Georg Wirsung, Leopoldo Marco Antonio Caldani, Andrea Comparetti, Giovanni Battista Morgagni, Bernardino Ramazzini, Antonio Vallisneri, Edoardo Bassini, Achille Breda, Valeriano Luigi Brera, Achille De Giovanni, Francesco Luigi Fanzago, Pietro Gradenigo, Filippo Lussa-
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cisare i rapporti tra il luogo pio e lo Studio, tuttavia è del tutto ragionevole pensare che una qualche relazione dovette pur esserci anche prima dell’intervento veneziano che istituì, nella seconda metà del Settecento, gli insegnamenti di clinica medica e di clinica chirurgica5. I professori dello Studio, nella loro attività scientifica e assistenziale, erano verosimilmente entrati in contatto con l’ambiente propriamente ospedaliero di Padova, anche prima che il rapporto tra ospedale e Studio si formalizzasse in accordi stipulati tra le parti, già verso la fine del Settecento6 .
L’ospedale di Padova e le cliniche universitarie hanno sempre cercato di rispondere alle necessità assistenziali della cittadinanza, offrendo una cura figlia di un sapere medico e scientifico frutto di esperienza e, soprattutto, di ricerca clinica e di base. L’avventura quasi millenaria dell’ente imboccò un cammino nuovo proprio quando iniziò a stipulare accordi di stretta cooperazione con le cliniche, dilatando enormemente le proprie competenze e gli interessi d’origine. Questa storia, economica e istituzionale anzitutto, lambisce spazi di ricerca quali l’evoluzione dell’arte medica e dell’assistenza nosocomiale, il miglioramento delle pratiche di gestione, di bilancio e di controllo, l’imporsi di un modello di assistenza sanitaria che considera la salute un diritto della cittadinanza. È un passato di sofferenze, di relazioni umane profonde, di delusioni e succes-
na, Francesco Marzolo, Vincenzo Pinali, Bartolomeo Signorini, Arrigo Tamassia. Un primo importante orientamento sul significato della presenza di tali personalità a Padova e nella storia del sapere medico più in generale si deve a Giuseppe Ongaro, Medicina, Farmacia, Veterinaria, in L’Università di Padova. Otto secoli di storia, a cura di Piero Del Negro, Padova, Signum Padova Editrice, 2001, pp. 241-249. 5 Gaetano Thiene, La medicina patavina nel Giustinianeo, in Nicolò Antonio Giustiniani vescovo di Padova nel terzo centenario dalla nascita (17122012), Padova, Grafica Veneta, 2012, pp. 175-198. 6 G. Ongaro, La riforma della didattica clinica e dell’assistenza ospedaliera a Padova tra Settecento e Ottocento, in Sanità, amministrazione e cura, pp. 235-281. Inoltre sulla nascita della clinica a Padova si sofferma C. Maddalena, Dal S. Francesco all’ospitale civile: trasformazioni e continuità tra XVI e XIX secolo, in Sanità, amministrazione e cura, pp. 45-126.
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si terapeutici e di scoperte scientifiche, nonché di conflitti tra poteri e competenze7 .
Ma cos’era l’ospedale del passato? Ente pubblico o privato? Oppure realtà privata sottoposta a controlli pubblici o, ancora, istituzione laica o religiosa? Sono questioni di grande rilievo dalla cui definizione dipende il significato di questa storia. Pubblico e privato in età moderna evocavano realtà e confini assai più mobili di quelli che si vennero definendo in modo particolare durante e dopo il processo d’industrializzazione del Paese. Se, da una parte, la titolarità di un potere o di una giurisdizione avevano da sempre identificato l’esercizio di una funzione pubblica, perché avallata da un potere posto a monte, non importando la natura o laica o religiosa, riconosciuto come superiore, diverso, da quello esercitato a valle, dall’altra, la natura di enti che non potevano vantare lo stesso grado di dipendenza da un altro potere, fu sempre di difficile definizione. Essi, come gli ospedali, tuttavia, espressero sempre una forte valenza pubblica, in quanto trovarono la propria ragione sociale nell’essere sorti per soddisfare bisogni diffusi, appunto, pubblici.
Le opere pie o i luoghi pii erano intesi come istituzioni pubbliche o private? Considerando gli atti di fondazione, per la maggior parte voluti da privati, si sarebbe dovuto trattare, appunto, di enti privati, ma tenendone presente la mission, allora, la loro natura assunse senza dubbio caratteri pubblici. Nella storia, per limitare l’analisi agli enti ospedalieri, molti tra questi erano stati il frutto di precisi interventi di privati cittadini, anche se non pochi ospedali furono fondati dal potere pubblico o da quello religioso, oppure da entrambi. Spesso il potere pubblico si limitava a controllare la gestione di enti privati che fornivano servizi pubblici. L’ospedale, insomma, il più delle volte, era nato da una volontà privata, che assunse immediatamente carattere pubblico poiché erogava servizi pubblici, fi-
7 Delinea assai efficacemente il profilo dell’ente ospedaliero Giorgio Cosmacini, Storia della medicina e della sanità in Italia. Dalla peste europea alla guerra mondiale 1348-1918, Roma-Bari, Laterza, 1995, pp. 293-310.
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nanziati da patrimoni privati e non attraverso il ricorso al prelievo fiscale. Privati furono assai di sovente gli atti di fondazione e i patrimoni posti alla base dell’impresa, ma pubblici furono funzione e servizi. E a complicare ulteriormente il quadro sta pure la difficoltà di tracciare una linea precisa di confine tra l’esercizio del potere civile e quello religioso sugli ospedali. Questi furono in molte occasioni in competizione o, addirittura, in conflitto tra loro, non solo nel momento della fondazione di una nuova istituzione, ma pure nella gestione degli enti già attivi. L’ospedale fu per secoli un luogo pio o un’opera pia e, come tale, sottoposto alla vigilanza e all’autorità religiose; solo alla fine dell’età moderna esso iniziò ad attirare l’interesse del potere politico che faticò non poco ad assumerne il controllo. Entro questi spazi si snodarono la vicende del S. Francesco e dell’ospedale nuovo: un caso paradigmatico di una storia che portò l’ente dalla dimensione privata a quella pubblica, grazie soprattutto, alla fine del tragitto, all’opera riformatrice di Francesco Crispi.
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